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una lettera al giorno toglie il medico da attorno [Romanzo]

Testo iniziato da Annalisa Farina il 21/04/2017 19:49:00

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Sono intervenuti a continuare il testo, nell'ordine, a partire dall'ultimo intervento: Sara Maddalena Cocuzzi ::

 Questa parte di testo è stata pubblicata il 21/04/2017 19:49:00 da Annalisa Farina Δ
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Caro amore mio,

quantunque mio su questa crosta terrestre tu non lo possa essere più della gallina che razzola nell'aia del vicino,
oggi ho scelto di risentire la tua voce.

Il calendario ha scandito un anno di silenzio e i rintocchi sono stati così assordanti che ho desiderato spegnerne il rumore soffiando su una candelina, non fosse altro per il compleanno che mai abbiamo festeggiato poichè la priorità del funerale dello zio nonchè della vita delle promesse eterne hanno prevalso su qualsiasi ricorrenza.

Ho risposto così al trillo delle 8 e 29 dopo 12 mesi di messaggi, 48 mail, 5 epistole: anche se contare ciò che non conta è spazzare foglie nel vento.

E tu, irridente all' attualità della metereologia e al crescere della quotazione della carruba in Asia minore, hai preferito parlare d' amore.
Amore...

Parlare smussa, lima, violenta l'impeto: non è modalità all'altezza dell' argomento, ho strillato come un gabbiano.

Ho slavinato che è non vedere il necessario ma vibrare per l'essenziale.
E' brillare per il rumore dell'emozione che ti striscia dentro mentre il groviglio del quotidiano ti inghiotte.
E' l'euforia di un secondo durevole più di qualsiasi destino.

Avvinghiata a questa effimera, effervescente, esaustiva emozione vorace come fosse l'ultimo granello di frumento nel pollaio, sono scivolata contro le eccezioni di buon senso, nella follia della sconvenienza, nell'affronto al pudore e alla morale dei più mentre il sussulto dell'anima cresceva all'eco del fruscio scrosciante di quegli attimi.

Fra risate e silenzi. Addii e ritorni.
Lanciata sull'altalena del sentire, senza economia di energia, generosa di creare diaspora di ebrezza vanigliata. Attorno.

E come farne a meno...

Mi parli d'amore chiedendomi di ricordare.
Sono schegge di un film muto ciò che rimane.
Le parole le ho sciolte in lacrime, disperse in fiumi di concretezza bugiarda.

Rammento per differenza.
Fra ciò che ora sono e ciò di cui manco.


 Questa parte di testo è stata pubblicata il 27/01/2018 12:15:00 da Sara Maddalena Cocuzzi Δ
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Posta indesiderata n°49

Dolcezza,

Potevo avere tutto ed ho avuto tutto fino al giorno in cui hai deciso di crescere più di quanto lo si faccia quando si sventaglia, sotto lo sguardo fiero e preoccupato di una madre, il foglio rosa a ridosso dei diciotto anni.
Hai scelto un giorno, un giorno ben definito, il tuo trentunesimo compleanno. Lo stesso in cui lo zio se ne è andato al creatore. La torta che mai mangiammo è rimasta nascosta dallo sguardo di lei nel bagagliaio della mia auto per una settimana da quella data. Era una bavarese al pistacchio, la tua preferita. Il funerale fu uno strazio: io, tu, lei e tutta la famiglia. I nostri sguardi appannati si sfioravano vergognosi, il corpo allerta impegnato a soffrire la perdita e a captare le mosse della malizia, del sospetto. Ti sei accasciata sul corpo in obitorio snocciolando la memoria di una preghiera. Lei ti fissava, io ti ammiravo estasiato.
Tra le fila nascoste delle tombe a terra nella parte vecchia del cimitero riuscimmo a parlarci. Mi imponesti il tuo ultimo addio avvolta in una mantella di lana nera e nebbia. Non ti credetti. E lei. Lei in questi dodici mesi di silenzio non è riuscita a bastarmi come non mi saresti bastata tu. Di notte sogno spesso due anelli che scivolano via dal mio anulare, aumentano di circonferenza, si infilino dalla testa, si fermano all’altezza del collo e cominciano a strangolarmi finché mi sveglio in un bagno di lacrime e sudore.
Ti chiamo. E’ sistematico, ho bisogno di comunicare con te. Mi hai risposto stavolta, farfallina. Volevo parlarti d’amore, è vero e l’ho fatto. Tu hai cercato di allungare la conversazione dicendomi che la parola non è l’arma giusta per questo campo di battaglia. Accolgo la sfida, lascio l’armatura nell’armadio coniugale e affronto questa guerra a mani nude. Vieni a cena da me domani sera, lei non ci sarà ed io ho bisogno di consolarti.
Sono ciò di cui manchi.

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