chiudi | stampa

Raccolta di articoli di Antonio Terracciano
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

- Letteratura

Un piccolo errore di Modiano

Non credo che l'ultimo romanzo del premio Nobel Patrick Modiano, "Souvenirs dormants" , ed. Gallimard, 2017, sia stato già tradotto in italiano, e quindi l'osservazione che farò alla fine potrebbe essere utile all'eventuale traduttore o traduttrice.

Leggo Modiano dal 2001, quando scoprii il suo romanzo "Du plus loin de l'oubli" , e da allora, appena lo trovo nelle librerie, continuo a leggerlo con intenso piacere. Possiedo una quindicina dei suoi romanzi (tre dei quali, purtroppo per me, in italiano: li comprai nelle vacanze natalizie del 2014, quando, subito dopo l'attribuzione del Nobel, vari editori italiani, forse un po' frettolosamente, fecero tradurre gran parte della sua produzione, fino ad allora rimasta pressoché inedita in Italia) .

Io non mi meravigliai affatto della sua vittoria a Stoccolma, del riconoscimento dato a uno scrittore che si potrebbe sbrigativamente qualificare come "il Proust dei poveri" , perché anche Modiano va continuamente a caccia dei suoi ricordi giovanili, spesso in un mondo ambiguo, ma non lo fa con la memoria involontaria, bensì consultando continuamente vecchi appunti, vecchi elenchi telefonici, vecchi documenti, vecchi indirizzi, ecc. Ne consiglio la lettura a coloro che amano questo genere di letteratura a condizione che non sia troppo "pesante" , con periodi lunghissimi e con tante parentesi (cioè lo stile di Proust, al quale fu rimproverato di scrivere quasi come un "tedesco" ... ) ; con Modiano non si corre affatto questo "pericolo" : tutto scorre rapidamente, certo con minore profondità, ma in modo assai avvincente e con frasi brevi, nel più puro stile classico francese.

Ma vengo finalmente all'osservazione che avevo annunciato all'inizio. A pagina 88 di "Souvenirs dormants" (siamo già verso la fine del breve libro di ricordi personali) si legge, tra l'altro: "une chanson napolitaine de Roberto Murolo, 'Anema 'e core' " . Possiamo perdonare l'errore ad un francese (anche se di lontane ascendenze italiane, dal lato paterno) , ma sarebbe alquanto sbagliato lasciare così il titolo della famosa canzone napoletana (che, per la precisione, fu solo cantata da Roberto Murolo, mentre fu scritta da Tito Manlio e Salvo D'Esposito) in un'eventuale traduzione in italiano del libro. L'apostrofo va eliminato, e il titolo va riscritto semplicemente "Anema e core" . Quella "e" è infatti una congiunzione ("Anima e cuore" ) , mentre la presenza dell'apostrofo (che segna la caduta di una precedente consonante, in questo caso della "d" ) la trasforma in un'incongrua preposizione semplice, e la canzone citata da Modiano assume il ridicolo significato "Anima di cuore" ...

*

- Vari

Sull’ortografia del dialetto napoletano

Questo brevissimo articolo era nato, in realtà, come commento a una poesia in dialetto napoletano, pubblicata da un autore che, poche ore dopo, l'aveva cancellata. Sono stato invogliato a pubblicarlo (nella sezione "Articoli" , e l'argomento esatto sarebbe "Linguistica" ) da una brava autrice del sito che desiderava conoscerlo , e anche immaginando che esso possa essere utile a coloro che intendono conoscere meglio un particolare importante della scrittura di quel dialetto che nei secoli passati fu quasi la lingua ufficiale dell'intera Italia meridionale.

L'autore di cui sopra aveva scritto una breve poesia, usando, tra le altre, queste parole: "jamm" , "bell" (femminile plurale) , "caver" (femminile plurale) , "appriess" , "at" , " 'nzogn" e "puorc" , parole che in realtà vanno scritte "jammo" , "belle" , cavere" , "appriesso" , "ato" , " 'nzogna" e "puorco" .

Purtroppo è sempre più diffusa la cattiva abitudine di scrivere il nobile dialetto napoletano come si presume (erroneamente) che venga pronunciato. Infatti le vocali finali servono per lasciare alle parole lo "schwa" (in alfabeto fonetico riprodotto con una "e capovolta" ) , ovvero quel suono indistinto che il napoletano possiede, soprattutto alla fine delle parole, alla pari con lingue ben più prestigiose, come il francese e l'inglese  (cfr. ad esempio, che so, "règle" e "here" ) . Basta leggere, del resto, qualunque poesia napoletana classica, o perfino i testi di tutte le famose canzoni partenopee (non certo quelli degli attuali "rap" o cose del genere ) per farsene un'idea.