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- Letteratura
Diario poetico di Alessandro Pellegrini Guido Miano Editore
Diario poetico di Alessandro Pellegrini, a cura di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza Diario poetico di Alessandro Pellegrini, nato a Terlizzi (Bari) nel 1975, infermiere, costituisce un unicum in quanto si presenta come un originale connubio tra poesia e critica nel loro interagire tra loro. Esso è l’espressione felice di un’intelligente coscienza letteraria, sottesa alla forte ed efficace vena creativa che emerge con testi poetici di grande bellezza e originalità e contemporaneamente del lavoro esegetico di Concardi che consiste nella composita curatela del volume. Alle poesie, in questo lavoro, si affiancano infatti per ognuna di loro i commenti critici di Enzo Concardi che qui è presente come curatore e non in veste di prefatore come per consuetudine quasi sempre avviene per le sillogi poetiche. I componimenti sono preceduti da un Prologo e da uno scritto intitolato Diario poetico. È doveroso mettere in luce che, come s’intende dal suddetto scritto. per comprendere il senso del lavoro, che si tratta di un’opera giocata su due binari paralleli che finiscono per intersecarsi e interagire con i close-readings su ogni singola poesia. Bisogna aggiungere che ogni composizione presenta la data e il luogo in cui è stata scritta per la qual cosa si può parlare di una vera e propria agenda poetica,attraverso la quale s’individuano le coordinate del percorso esistenziale e della sensibilità di artista e uomo di Alessandro. Coglie nel segno nel prologo quella che si potrebbe definire una dichiarazione vera e propria di poetica all’insegna dell’autocoscienza dell’autore, dichiarazione che è espressione di fede incontrovertibile, da parte di Pellegrini stesso, nel valore salvifico della poesia. Come dichiara il poeta, a conferma di quanto affermava Goethe e cioè che la poesia stessa è sempre d’occasione, la poesia è nata in lui in un momento di buio, quando un’incomprensione sembrava spezzare un legame, lasciando spazio al silenzio e all’incertezza e da quel giorno qualcosa in lui si è acceso come un’intuizione meravigliosa di pascaliana memoria. Cifra distintiva del poiein poetico del Nostro in questo volume tripartito nelle sezioni Prologo, Diario poetico e La narrativa è una vena neo–lirica che tende ad una realizzazione affabulante. Essa si esprime attraverso bellezza e chiarezza e la natura pare essere molto importante, centrale, con le sue epifanie nel discorso complessivo dell’Autore che tocca anche il tema religioso ma anche politico e sociale nella bella lirica dedicata a Papa Francesco. E anche la tematica amorosa ed erotica che è centrale è affrontata da Alessandro Pellegrini con un fortissimo trasporto verso l’amata che mette alla prova l’intelligenza della capacità d’amare che non è abitudine ma un relazionarsi sempre nuovo verso le situazioni della vita che è quella di coppia. A volte prevale uno stupore creaturale per esempio nella poesia A Leonardo dedicata ad un ragazzino undicenne che viene felicemente paragonato ad un bellissimo fiore sbocciato e qui ovviamente s’inserisce con presunta vaghezza il tema della metamorfosi. Leggiamo nella suddetta poesia: «…A undici anni, nel nostro sud caro,/ sei già un uomo, di sguardo sincero,/ ma nel tuo animo, così raro e chiaro,/ brilla la purezza di chi è davvero…». Si tratta di versi profondi intrisi di umanità e creaturalità. In Pace del cuore leggiamo: «Sussurra il vento sulle vette alte,/ mentre il sole si tuffa nel mare./ Ogni fiore nel campo/ si piega al ritmo calmo del nostro respirare./ Non c’è guerra che scavi l’anima,/ né fiamma che bruci la speranza,/ solo il silenzio di chi sa ascoltare/ e la dolcezza di una mano che avanza./ La pace nasce in uno sguardo gentile,/ in un abbraccio che non chiede nulla…» Si tratta di versi permeati da ottimismo di tipo neo – lirico nei quali l’io-poetante è proiettato in un contesto naturalistico di grande e vaga leggiadria. Raffaele Piazza Diario poetico di Alessandro Pellegrini, a cura di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 44, isbn 979-12-81351-65-3, mianoposta@gmail.com.
Id: 3831 Data: 06/12/2025 19:49:40
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- Poesia
Alfredo Alessio Conti - Liriche scelte
Alfredo Alessio Conti LIRICHE SCELTE Recensione di Raffaele Piazza Composita per tematiche nettamente diverse tra loro e stati d’animo la poetica che attraverso i suoi versi chiari, leggeri e icastici esprime Alfredo Alessio Conti (scrittore di Livigno, SO); tuttavia sia che il Nostro tocchi il tema del pessimismo (che sottende però sempre un riscatto), sia che l’ispirazione sia di tipo amorosa-erotica, sia che sia di stampo religioso, si riscontra in tutte le composizioni un comune denominatore, un filo rosso che è quello di un io-poetante sempre molto autocentrato, che scava nel fondo della propria anima e proprio in questa sede si generano le parole della sua ricerca esistenziale quando dal nulla del mondo emerge un brandello d’essere che può essere una tonalità affettiva o un elemento naturalistico per esempio una foglia nella quale trasformarsi per una magica metamorfosi o un’indicibile gioia davanti a un tramonto o nel dolore nel contemplare il mare per fare qualche esempio. Conti si esprime attraverso una forma elegante e tutti i componimenti sono raffinati e ben cesellati e risolti con un perfetto controllo. Il volume Liriche scelte (Guido Miano Editore, Milano 2024)è un testo che scandaglia a fondo il poiein di Conti e presenta oltre la premessa di Guido Miano, tre prefazioni, nel campo della letteratura comparata, a firma di tre diversi critici (Enzo Concardi, Gabriella Veschi, Floriano Romboli) a tre sillogi di poesie accomunate ognuna da una delle tematiche (che sono anche problematiche) dell’autore (problematiche esistenziali, tema dell’amore, e spiritualità). Se neanche Conti come Montale non può non confrontarsi con il male di vivere, tuttavia trova la forza nella parola stessa che è sottesa alla visione e alla certezza di un ideale trascendente come termine e inizio di una vita infinita al termine del tempo terreno che è sempre breve. Quindi Conti riesce a fermare il tempo o lo vorrebbe per trovare una risposta alle aspettative di una vita di credente e in un bellissimo componimento intitolato E passeggio scrive: «Fermati, fermati primavera/ il bucaneve/ è già spuntato nel prato/ le giornate si sono allungate/ tra poco fioriranno/ anche le rose con le loro spine/ e gli alberi con le loro gemme/ si risveglia la natura/ sorrido/ chino il capo/ e passeggio/ attendendo l’inverno». Anche il tempo, dunque è un argomento centrale in questo autore; tempo che passa e che è scandito dal susseguirsi delle stagioni in attese, malinconie, gioie e stupori che Conti sa fare vivere anche nelle anime dei fortunati lettori delle sue poesie. Nelle poesie amorose serpeggia un tu al quale il poeta si rivolge in modo molto sentito come in Non sono più: «L’ho sepolto lì/ in quel piccolo cimitero di montagna/ il desiderio d’incontrarti/ su quelle vette impervie/ ad osservare il cielo/ e il mondo da lassù…». Sembra che i versi nascano da sogni ad occhi aperti, quasi come se il poeta con una cinepresa virtuale riuscisse a captare i dati più profondi della realtà che non è solo la natura che lo circonda e trasferire questi dati in versi che talvolta hanno qualcosa di epigrammatico. Tutto l’ordine del discorso è sotteso ad accensioni e spegnimenti improvvisi paralleli nella mente e nelle parole del poeta sempre in bilico tra gioia e dolore e tuttavia c’è la sicurezza che la felicità può essere raggiunta anche con l’intelligenza oltre che con il credere nelle bibliche parole che affermano che chi semina appunto nel dolore mieterà con giubilo. Raffaele Piazza Alfredo Alessio Conti, Liriche scelte, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2024, pp.104, isbn 979-12-81351-25-7, mianoposta@gmail.com.
Id: 3828 Data: 01/12/2025 21:06:57
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- Poesia
Francesco Terrone Quando finisce la luce
Francesco Terrone QUANDO FINISCE LA LUCE Recensione di Raffaele Piazza Francesco Terrone è nato a Mercato San Severino (SA); è autore di numerose raccolte di poesia. La sua produzione poetica è trattata in varie opere pubblicate da Guido Miano Editore tra cui Storia della Letteratura Italiana. Il Secondo Novecento, vol. IV (2015), Itinerario Organico delle Critiche Letterarie alle Poesie di Francesco Terrone (2016). Dizionario Autori Italiani Contemporanei (2017), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Francesco Terrone. Quando finisce la luce (Guido Miano Editore, Milano 2019)il libro di poesia di Francesco Terrone che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Nazario Pardini esauriente e ricca di acribia. L’opera è illustrata con fotografie di dipinti eseguiti con varie tecniche e di sculture in legno di molteplici autori. Si crea così una interessante osmosi tra poesia e arti figurative anche se non necessariamente le poesie hanno un’attinenza con le sculture e i dipinti. Del resto è indicativo a tale proposito l’inserimento nel testo prima della prefazione dello scritto Parallelismo delle arti di Michele Miano. Il titolo della raccolta è tratto dall’ultimo verso del primo componimento intitolato La rondine e la zanzara: «Un sogno non muore / quando è guidato / da ali d’amore. / Le rondini volano in aria / alla ricerca / di piccoli insetti / che volano anch’essi nell’aria, / ma il loro volo, / pur essendo utile, / è fastidioso e senza speranza: / finisce / quando finisce la luce». Lo stesso titolo evoca un senso di perdita e di pessimismo un sentore di spleen che è tipico nelle opere anche di poeti contemporanei. Del resto i poeti sono spesso ultrasensibili e la loro produzione poetica stessa diviene il viatico per superare le difficoltà della vita che non è arte e spesso dà scacco all’individuo. La raccolta non scandita potrebbe essere letta come un poemetto o canzoniere amoroso e se è vero che l’amore stesso fa soffrire può riservare gioie ineffabili connesse alla capacità di controllare le emozioni e tutto questo discorso è connesso alla capacità d’amare che è espressione nelle persone di intelligenza e sensibilità nel manifestare i propri sentimenti. Le poesie di Terrone neo liriche tout-court sono sempre in bilico tra gioia e dolore nel relazionarsi dell’io-poetante alla figura dell’amata nel creare situazioni nelle quali tutti potrebbero identificarsi. È struggente il pathos espresso da Francesco in molte poesie per il manifestato timore di non essere ricambiato dalla sua donna. Come contraltare incontriamo anche componimenti nei quali l’autore manifesta intima e profonda gioia vincendo la malinconia nel vivere lasciandosi andare nella sua passione. Nella lirica Ti amo il poeta ci presenta la rima cuore-amore che è tipica di molti poeti del passato. L’amore stesso trova sfondo in contesti naturalistici anche idilliaci e le emozioni provate dal lettore si amplificano attraverso la contemporanea fruizione delle opere figurative che sono di grande pregio. Il poeta esprime una notevole linearità dell’incanto attraverso composizioni che sfiorano anche l’elegiaco e si esprime con un versificare luminoso e narrativo nella sua forte chiarezza e immediatezza che ha una forte presa sul lettore. Raffaele Piazza Francesco Terrone, Quando finisce la luce, prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2019, pp. 80, mianoposta@gmail.com.
Id: 3827 Data: 29/11/2025 09:58:52
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- Poesia
Francesco Terrone .- Quando finisce la notte
Francesco Terrone QUANDO FINISCE LA LUCE Recensione di Raffaele Piazza Francesco Terrone è nato a Mercato San Severino (SA); è autore di numerose raccolte di poesia. La sua produzione poetica è trattata in varie opere pubblicate da Guido Miano Editore tra cui Storia della Letteratura Italiana. Il Secondo Novecento, vol. IV (2015), Itinerario Organico delle Critiche Letterarie alle Poesie di Francesco Terrone (2016). Dizionario Autori Italiani Contemporanei (2017), Analisi ragionata dei saggi critici riguardo Francesco Terrone. Quando finisce la luce (Guido Miano Editore, Milano 2019)il libro di poesia di Francesco Terrone che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Nazario Pardini esauriente e ricca di acribia. L’opera è illustrata con fotografie di dipinti eseguiti con varie tecniche e di sculture in legno di molteplici autori. Si crea così una interessante osmosi tra poesia e arti figurative anche se non necessariamente le poesie hanno un’attinenza con le sculture e i dipinti. Del resto è indicativo a tale proposito l’inserimento nel testo prima della prefazione dello scritto Parallelismo delle arti di Michele Miano. Il titolo della raccolta è tratto dall’ultimo verso del primo componimento intitolato La rondine e la zanzara: «Un sogno non muore / quando è guidato / da ali d’amore. / Le rondini volano in aria / alla ricerca / di piccoli insetti / che volano anch’essi nell’aria, / ma il loro volo, / pur essendo utile, / è fastidioso e senza speranza: / finisce / quando finisce la luce». Lo stesso titolo evoca un senso di perdita e di pessimismo un sentore di spleen che è tipico nelle opere anche di poeti contemporanei. Del resto i poeti sono spesso ultrasensibili e la loro produzione poetica stessa diviene il viatico per superare le difficoltà della vita che non è arte e spesso dà scacco all’individuo. La raccolta non scandita potrebbe essere letta come un poemetto o canzoniere amoroso e se è vero che l’amore stesso fa soffrire può riservare gioie ineffabili connesse alla capacità di controllare le emozioni e tutto questo discorso è connesso alla capacità d’amare che è espressione nelle persone di intelligenza e sensibilità nel manifestare i propri sentimenti. Le poesie di Terrone neo liriche tout-court sono sempre in bilico tra gioia e dolore nel relazionarsi dell’io-poetante alla figura dell’amata nel creare situazioni nelle quali tutti potrebbero identificarsi. È struggente il pathos espresso da Francesco in molte poesie per il manifestato timore di non essere ricambiato dalla sua donna. Come contraltare incontriamo anche componimenti nei quali l’autore manifesta intima e profonda gioia vincendo la malinconia nel vivere lasciandosi andare nella sua passione. Nella lirica Ti amo il poeta ci presenta la rima cuore-amore che è tipica di molti poeti del passato. L’amore stesso trova sfondo in contesti naturalistici anche idilliaci e le emozioni provate dal lettore si amplificano attraverso la contemporanea fruizione delle opere figurative che sono di grande pregio. Il poeta esprime una notevole linearità dell’incanto attraverso composizioni che sfiorano anche l’elegiaco e si esprime con un versificare luminoso e narrativo nella sua forte chiarezza e immediatezza che ha una forte presa sul lettore. Raffaele Piazza Francesco Terrone, Quando finisce la luce, prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2019, pp. 80, mianoposta@gmail.com.
Id: 3826 Data: 28/11/2025 15:06:39
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- Letteratura
Giuseppe Berton - Danza con me - Guido Miano Editore
Danza con me - Dance with me (Guido Miano Editore, 2023), con traduzione in inglese di Luisa Randon, la raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede ha come cifra dominante nel suo inverarsi una poetica intellettualistica sottesa ad una matrice che determina accensioni e spegnimenti di tipo neolirico e a volte elegiaco. Composito e articolato architettonicamente il volume nel suo essere scandito nelle seguenti sezioni: Parte I: L’ultima sera dell’anno;Parte II: Marocco;Parte III: Mille anni;Parte IV: Una volta ho scritto una poesia;Parte V: Alla luna;Parte VI: Danza con me. Giuseppe Bertòn DANZA CON ME - DANCE WITH ME Recensione di Raffaele Piazza Il testo presenta una prefazione di Floriano Romboli esauriente e ricca di acribia nel metterne in luce i moltepliciaspetti. Affascinante la prima composizione intitolata Il tempo che ha per argomento la stessa percezione soggettiva del tempo da parte del poeta e non solo del poeta, tempo che fugge inesorabilmente. Del resto il tempo è una dimensione imprescindibile nella letteratura e anche nell’arte in generale perché ogni forma estetica è nel tempo e per esempio T. S. Eliot aveva una forte coscienza del tempo che è segno di limite e di morte a meno che non sia presente nel bagaglio del poeta una categoria religiosa e mistica per la quale il tempo è infinito e sconfina nell’eternità come per esempio in Dante: «Questa sera, l’ultima sera dell’anno, / ho messo la legna / nella stufa di montagna, // e miracolosamente la casa si è scaldata, / ed è l’ultima sera dell’anno, / ed il tempo passa, e qualche volta vola. // E pensavo come pensiamo il tempo, / che i fisici misurano, i poeti soffrono, / i religiosi credono infinito. // Io penso che il tempo è un’illusione, / è solo un’illusione in questa vita sconosciuta. / E vale meno di un bacio» (Il tempo). Una parvenza di rêverie è presente costantemente nei versi e una magia e una malia caratterizzano gli stessi versi detti con urgenza, versi raffinati, ben cesellati e perfettamente controllati. Giustamente il prefatore parla di anafora e di iterazione lessicale e sintagmatica in questo poiein accattivante e intelligente. Intrigante per il lettore la traduzione a fronte in inglese che intensifica il piacere del testo. Anche un’aurea di mito e sacralità pagana è presente in queste pagine quando sono dette le divinità Apollo e Dioniso che per il correlativo oggettivo divengono simboli e metafore di bellezza e armonia cosmica che riportano alla Grecia attica dell’armonia per antonomasia di quando il tempio è costruito sul monte per una fusione ontologica con la natura. Anche l’amore è una tematica della poesia e l’io poetante non si rivolge alla persona amata ma parla genericamente d’amore. In Un giorno leggiamo: «Un giorno ero innamorato, / e guardavo il mio amore, / e guardavo le persone, / e le case, / e l’aria, / e le strade. // Guardavo il mio amore, / e sentivo le cose intorno cambiare. / Sentivo lo spazio ed il tempo modificarsi, // in qualche modo come la gravità modifica / lo spazio ed il tempo, / intorno all’universo. // Dove lo spazio è diverso, / dove il tempo è diverso. / Mentre guardavo il mio amore», poesia veramente notevole. I versi procedono per accumulo e il ritmo crea musicalità e a volte ci sono epifanie di freschezza e dolcezza come nel distico: «…Oggi è una bella giornata / e ho baciato il mio amore», Una bella giornata). Raffaele Piazza Giuseppe Bertòn, Danza con me – Dance with me, pref. Floriano Romboli, trad. in inglese di Luisa Randon, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 108, isbn 979-12-81351-06-6, mianoposta@gmail.com.
Id: 3824 Data: 25/11/2025 23:32:59
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- Scienza
Michele Petullà - Viola Petullà - Teorie evoluzionistiche
Michele Petullà – Viola Petullà TEORIE EVOLUZIONISTICHE IN ANTROPOLOGIA Modelli e sviluppi Recensione di Raffaele Piazza Il saggio che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una premessa di Enzo Concardi acuta e ricca di acribia; scrive il critico che siamo di fronte ad un lavoro che ci conduce all’interno dell’appassionante dibattito sviluppatosi intorno al tema dell’evoluzione, una vasta e complessa materia che si estende anche ad altre discipline oltre l’antropologia – come la biologia, la filosofia, la sociologia e in genere le scienze umane e della natura. Come leggiamo nell’introduzione nell’opera viene trattato ed approfondito il tema relativo ai modelli e agli sviluppi della Teoria dell’evoluzione nelle molteplici e diverse accezioni con cui è stata presentata nel corso della storia: un argomento che trova spazio e s’inserisce nell’ambito della disciplina dell’Antropologia. Evoluzione, nel senso biologico della parola, significa un lento e graduale perfezionamento delle specie umane e vegetali dalle forme più semplici a quelle più differenziate come organizzazione anatomica e funzionamento fisiologico. È stata spiegata variamente con le ipotesi di Lamarck e di Darwin e di altri sostenitori dell’evoluzionismo in generale. Come scrivono gli autorinel paragrafo Inquadramento teorico: Antropologia ed Evoluzionismo - Definizione della disciplina, l’Antropologia, come disciplina scientifica, può essere definita come “la scienza dell’uomo” la quale si concretizza come concezione, teoria, programma di ricerche sull’uomo inteso sia come soggetto individuale (persona a sé), sia come soggetto collettivo (all’interno di aggregati, gruppi, comunità). Sintetizzare il saggio nella sua totalità e complessità nello spazio di una recensione, nel tentativo di coglierne la chiave interpretativa e i concetti salienti, sottende ovviamente il risultato di una comprensione non completa del testo nei particolari per il lettore e lo rimanda alla lettura integrale tout-court per l’acquisizione di tutti i contenuti che sono articolati e compositi A proposito di quanto detto, Concardi nella premessa scrive che la pubblicazione ha un carattere e quindi uno scopo divulgativo-didattico: tant’è vero che se ne consiglia l’utilizzo anche da parte delle scuole superiori soprattutto nei licei ad indirizzo “scienze umane e pedagogiche”. È lampante che, in un mondo giovanile liquido e alienato come quello attuale dove domina il consumismo connesso alla tecnologia, parlare di antropologia ed evoluzionismo ai ragazzi è qualcosa di particolarmente interessante e pregnante. Da parte dei docenti serve per dare ai giovani coordinate nuove e diverse da quelle dominanti del mondo attuale e può essere paragonato questo modello culturale e didattico a quello dello studio delle poesie. Entrambi i modelli vanno sotto il nome di pensiero divergente diverso dai modelli dell’avere e del materialismo, da quello delle tre s sesso, soldi e successo. Non a caso l’antropologia come già detto è la scienza dell’uomo e con l’arte può aprire le porte ad un nuovo umanesimo. L’origine della specie è un tema affascinante e interessantissimo anche per gli uomini del terzo Millennio per venire a capo della nostra provenienza e molti studiosi si sono accostati a questo tema per fornire soluzioni diverse o meglio interpretazioni per spiegare il fenomeno. E, per esempio, il filosofo francese Jean Guitton nell’opera Dio e la scienza afferma che la materia che forma l’uomo, le specie animali e vegetali ma anche i mari, i monti il sole la luna, i pianeti e tutto quello che ha un’essenza sensibile è cosi composita e perfetta che solo una mente ordinatrice poteva realizzarla; e qui si tocca la tematica dell’esistenza di Dio. È un lavoro originalissimo quello che Michele e Viola Petullà ci presentano nel nostro panorama della contemporaneità, stimolante per tutti i lettori ma soprattutto per i giovani studenti di cui si diceva. Come scrivono gli autori nell’introduzione, l’opera muove dalla consapevolezza che fare una storia della teoria dell’evoluzionismo e dei suoi sviluppi nel tempo, non è cosa semplice, data la complessità della materia e i diversi e molteplici elementi che entrano in gioco nonché l’accavallarsi e il mescolarsi di considerazioni di carattere biologico e antropologico ma anche sociologico che nel corso della storia si sono verificati riguardo a questo tema. È veramente affascinante pensare che l’Antropologia scienza dell’uomo si arricchisce nelle sue cognizioni anche nella ricerca sul campo quando appunto gli antropologi si recano su luoghi particolari nei quali vivono comunità di persone ancora legate a modelli primitivi di vita, come gli aborigeni, i pigmei e gli eschimesi che hanno usi e costumi ancestrali e anche forme di religiosità e civiltà lontane anni luce da quelle del nostro postmoderno occidentale tecnologico e cibernetico quando per esempio alcuni popoli compiano ancora rituali di tipo religioso come la danza della pioggia e anche riti che servono nelle mentalità primitive a fecondare la terra. Un lavoro importante quello degli autori per il fortunato lettore che s’imbatte in queste pagine dense e redatte con una forte coscienza letteraria e anche scientifica. Raffaele Piazza Michele PetullÀ, Viola PetullÀ, Teorie evoluzionistiche in antropologia. Modelli e sviluppi, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-01-1, mianoposta@gmail.com.
Id: 3821 Data: 23/11/2025 22:43:41
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- Letteratura
Pasquale Ciboddo -Andar via - Guido Miano Editore
Pasquale Ciboddo ANDAR VIA Recensione di Raffaele Piazza Andar via, la raccolta di poesie del poeta sardo Pasquale Ciboddo che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Maria Rizzi centrata, esauriente e ricca di acribia. Il volume non è scandito e per la sua unitarietà formale, stilistica, contenutistica e semantica potrebbe essere considerato un poemetto. Come scrive la prefatrice, Ciboddo ha riassunto nel titolo l’essenza di una silloge dal raro tessuto strutturale. Non poteva esistere altro titolo per questa raccolta che, come lampo, squarcia le tenebre che ci avvolgono, e illumina il passato, il presente e inevitabilmente il futuro e il nostro Autore inizia il suo viaggio dai tempi del Secondo Conflitto e il filo rosso espresso da Pasquale sintetizza un’amara verità di valore universale: il rapido dissolvimento dell’esistenza e delle illusioni umane. Pare che queste osservazioni partono dalla coscienza dell’esistenza possibile dell’attimo heidegeriano, liberatorio come salvifico momento della vita nel suo fermare il tempo stesso e proprio da qui sgorgano dalla ferita i versi. La cifra essenziale di questa silloge pare essere la riflessione costante sull’hic et nunc della condizione umana a partire dalla riflessione proprio sul tempo che è il limite della vita biologica e sottende la morte; infatti non a caso in È meandro d’impattoleggiamo: «È la somma / di tutti i momenti / di vita vissuti. / Scomparire / in curve impensate / è il destino crudele / mai immaginato / da ogni nato…». Tuttavia non è assolutamente un gemersi addosso quello che esprime l’autore ma la consapevole ferma idea che si può superare il mare magnum di un quotidiano che dà scacco e che ci si possono ritagliare spazi per la gioia e l’ottimismo anche se veniamo dal nulla e andiamo verso il nulla a meno che non ci sia un’uscita religiosa, ma di questa non si parla. Quanto suddetto è confermato da accensioni nelle poesie che potrebbero essere considerate neo liriche come si legge negli splendidi versi: «… / È il Sole / l’orologio infallibile / dell’incedere lento / delle stagioni…» (È il sole). Così il tempo stesso si riscalda e s’illumina e anche se dura poco si avvera la sensazione di abitare poeticamente la terra. Una vena gnomica e apologica connota i componimenti che procedono tramite una parola sempre chiara, immediata e detta con urgenza, raffinata e ben cesellata che ha una forma vagamente epigrammatica. In un panorama letterario dominato dagli sperimentalismi è controtendenza la scrittura di questo poeta immediata e di grandissima leggibilità anche se sottende un fascino e la complessità è da riscontrarsi non nei tessuti linguistici ma nelle ragioni teoriche complesse che sono fondanti e sono a monte del discorso di Ciboddo che crea versi che sono espressioni di un pensiero profondo e di un’avvertita e intelligente coscienza letteraria. E il poeta ha la capacità di stupirsi nella linearità dell’incanto per scenari di squarci naturalistici fantastici, di naufragare leopardianamente nell’infinito anche se l’incedere del tempo inesorabile è assenza. Raffaele Piazza Pasquale Ciboddo, Andar via, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 136, isbn 978-88-31497-75-6, mianoposta@gmail.com.
Id: 3814 Data: 18/11/2025 14:39:50
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- Poesia
Giuseppe Arrigucci - Liriche scelte - Guido Miano Editore
Giuseppe Arrigucci LIRICHE SCELTE Recensione di Raffaele Piazza Liriche scelte, laraccolta di poesie di Giuseppe Arrigucci che prendiamo in considerazione in questa sede, è scandita in tre capitoli che sono provvisti tutti e tre di titolie di prefazioni e sono preceduti da una premessa a cura di Guido Miano. Cap.1: La spiritualità nella poesia di Giuseppe Arrigucci: la contemplazione del volto di Dio (Prefazione di E. Concardi); Cap.2: I volti dell’amore (Prefazione di F. Romboli); Cap.3: Il senso del tempo e le problematiche dell’essere nelle liriche di Giuseppe Arrigucci (Prefazione di G. Veschi). Il testo è corredato anche da una Antologia essenziale della critica e dalle bio-bibliografie dell’Autore e dei prefatori. L’Autore (Arezzo, 1935 - ivi, 2020) ha pubblicato le raccolte di poesie: Volo libero (2000); Amen, canti dello spirito e della fede (2003); Voglia di una vita piena (2015); …io…tu? Forse… (2017). Scrive Enzo Concardi che la spiritualità nella poesia di Giuseppe Arrigucci vive di dimensioni verticali e di ascesi: è mistica ed estatica, chiede di vivere la Grazia santificante del Signore; è lode, preghiera ed invocazione a Dio sul cammino della salvezza; è imitazione della vita di Cristo e visita figure del Cristianesimo che hanno testimoniato la fede, divenendo modelli di santità e c’è un incessante dialogo con l’Assoluto. Il volume racchiude una scelta antologica delle poesie del Nostro, tratte da varie raccolte, e già da un rapporto empatico con i titoli ci possiamo accorgere della vena assolutamente mistica, spirituale e religiosa delle poesie di Arrigucci, che pur praticando una simile poetica, nella sua vita non è stato un sacerdote. Nel congiungersi ottimistico del sacro e del profano, del trascendente e dell’immanente, ritroviamo il titolo della raccolta Voglia di una vita piena, a conferma che oltre ai voli trascendentali dell’anima il poeta è del tutto conscio che la vita terrena può essere piena e perciò felice anche se vissuta in funzione di quella infinita, insomma si può abitare poeticamente la terra nonostante la forza del male perché il bene anche storicamente e non solo nella vita privata del credente finisce sempre per prevalere con l’aiuto di Dio Sommo Bene. E viene in mente l’atto dell’indiarsi del congiungersi con Dio in una fusione mistica come hanno scritto i mistici medievali, mettendosi in ascolto della Voce di Dio che si manifesta nelle pieghe della mente del credente. Tessuti linguistici affascinanti, compositi, nitidi, luminosi, veloci, leggeri e icastici quelli messi in scena da Giuseppe Arrigucci in questa raccolta che è un prodotto veramente originale e sembra ritrovare come modello la poetica di David Maria Turoldo che è stato poeta e autore di saggi come Il dramma è Dio. Il divino, la fede e la poesia (1992), categorie tra le quali c’è una forte concatenazione, un’osmosi intrinseca che sottende la forza salvifica di divino, fede e poesia nel nostro liquido e drammatico periodo storico tra pandemia e guerra per «varcare la soglia della speranza»come ha scritto Papa Giovanni Paolo II. Nella lirica Lacerazioni il poeta scrive: «Stasera ho bevuto la malinconia / fino ad ubriacarmi! / Passata la sbronza / mi sono riconciliato con la vita / anche se spesso è colma di dolore! / Solo di rado un lampo di gioia / illumina l’anima / e subito sprofonda nel silenzio! / Che almeno l’ultima giornata sia serena / in un abbandono fiducioso / senza nostalgie del passato / senza turbamento per le cose non fatte!». Emergono i valori salienti del Cattolicesimo che è dei forti all’insegna delle parole di San Paolo: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!». Raffaele Piazza Giuseppe Arrigucci, Liriche scelte, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2022, pp.96, isbn 978-88-31497-86-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3809 Data: 15/11/2025 23:28:26
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- Letteratura
Marisa Cossu -Sintomi poetici - Guido Miano Editore -Milano
Marisa Cossu SINTOMI POETICI Recensione di Raffaele Piazza In un panorama come quello della poesia italiana contemporanea che comprende in massima parte autori e autrici che esprimono poetiche di segno pessimistico che si aprono tuttavia alla speranza di varcare le porte della salvezza nell’autocoscienza del valore salvifico della poesia stessa, riprendendo, anche se va detto con cautela, il modello leopardiano, sorprende e fa piacere imbattersi nei Sintomi poetici diMarisa Cossu, che, andando controtendenza nel produrre testi poetici all’insegna dell’ottimismo, ci dà la testimonianza di una Weltanschauung che si traduce in un poiein e una poetica ottimistica, quando la felicità nella vita in versi e non in versi non è più una chimera. La raccolta che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Nazario Pardini esauriente e ricca di acribia e di citazioni, prefazione intitolata Una navigazione in un mare di sinestesiche onde peregrine verso l’isola della pace, titolo monto evocativo. Viene in mente l’approdo di Ulisse a Itaca dopo il suo viaggio, approdo rassicurante perché conosciamo il lieto fine della vicenda epica dell’eroe omerico. Del resto come scrive Roberto Mussapi siamo tutti eroi, noi persone gettate nella ressa cristiana del postmoderno occidentale, proprio perché ci troviamo in quella che va definita come epica del quotidiano, una dimensione che nel mondo ipertecnologico di inizio del Terzo Millennio diviene velocissima e nel bene e nel male anche affascinante. La raccolta è scandita nelle sezioni Sentire il tempo, Stanze segrete, e Amo divinamente e per l’unitarietà stilistica, formale e contenutistica potrebbe essere considerata un poemetto. Nella lirica Memoria persa leggiamo «Pane dorato, franto da una lama / di sole, ultimo raggio, è il volto tuo / dai solchi della trebbia / segnato ed appassito / mentre crescevo, esile spiga d’oro, / sotto il tuo sguardo mite; / ma il grano muta in pane, / in te si chiude di parola il suono /…». Magia, sospensione e linearità dell’incanto sembrano essere la cifra distintiva della Maniera della Nostra che si esprime in un modo che può essere considerato neolirico ed elegiaco. «… / Il tuo viso di terra nutre ancora / la mia anima e il corpo: / impallidiscono i confini noti / il vento soffia le morti stagioni, / scaglie impalpabili nel tuo perderti /…» scrive Marisa riferendosi ad un tu del quale ogni riferimento resta taciuto. Anche la religiosità cristiana emerge in questo intrigante libro e a questo proposito sono da citare due passaggi: il primo del quale è detto con urgenza il Figlio del Creatore che dorme in una mangiatoia e il secondo è quello nel quale viene detta con urgenza la madre della poetessa che è morta: «…/ Mi sfiori e non so più da dove viene / il ritorno dell’ombra / se dal mio desiderio è forse nata, / se voce di preghiera ora ascoltata, / dal cielo ti conduce nel mistero. / Madre sei qui, / ma non ti fermi mai / di nuovo in sogno forse mi verrai» (A mia madre). Un esercizio di conoscenza intelligente, armonico ed equilibrato nel confine tra forme e contenuti quando all’insegna del suddetto ottimismo, come scrive Pardini la vita si fa opera d’arte. Raffaele Piazza Marisa Cossu, Sintomi poetici, prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 92, isbn 978-88-31497-84-8, mianoposta@gmail.com.
Id: 3802 Data: 03/11/2025 23:28:08
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- Poesia
Marco Zelioli - Speranze di pace- Guido Miano Editore 2025
Marco Zelioli, Speranze di pace, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Marco Zelioli è nato a Monza nel 1951 e ha insegnato materie letterarie e diretto scuole statali in provincia e in città di Milano. Il Nostro si è occupato d’integrazione scolastica degli alunni con disabilità; ha pubblicato numerose raccolte di poesie. Speranze di pace presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Il testo è scandito in tre sezioni: Guerra e pace, Settimana santa e Via Crucis. Il titolo della raccolta parla da sé ed è quanto mai attuale in un contesto globale di conflitti nel mondo che con l’uso delle armi nucleari potrebbe portare alla distruzione totale del Pianeta e alla fine della specie umana. Si deve innanzitutto sottolineare che l’approccio del poeta alla sua materia è sotteso alla sua identità che è quella del cristiano cattolico. Rispetto alla suddetta affermazione si deve dire che proprio per questo Zelioli non è indifferente all’oceano di dolore e di morte che creano le guerre e quindi il poeta nella sua compassione per le vittime dei conflitti causati da motivi economici sottesi all’irrazionalità del male, assume un atteggiamento decisamente contrario alle guerre di ogni epoca. Si può definire un pacifista che coerentemente alla sua religiosità si conforma all’atteggiamento della Chiesa cattolica che tramite la voce dei Papi nella Storia, per esempio al tempo delle due guerre mondiali, si è espressa a favore della pace fermamente contraria alla distruzione delle vite innocenti dei civili e a tutte le devastazioni della guerra. Programmatica la prima poesia della prima sezione del volume intitolata In tempo di guerra sperando la pace: «Ipotizziamo pure la follia/ che s’intervenga a sostenere i “deboli”/ che Putin ha attaccato in Ucraina/ e che arriviamo ad uno scontro armato.// Il mondo che uscirà dalla vittoria/ di una delle parti sarà meglio/ di quel che c’era prima dell’attacco?// E cosa resterà della gran storia/ che Europa e Russia hanno già tracciato?// Onnipotente è solamente Dio…». A livello stilistico formale si deve sottolineare la chiarezza dei versi di Marco che sono improntati ad una certa narratività. e sono sempre connotati da un rigoroso controllo. E nella chiusa della composizione viene sottolineato che solo Dio è onnipotente e del resto per i credenti come il poeta Dio è anche il creatore di tutto quello che riguarda la realtà fenomenica: dell’uomo stesso, del cielo, del sole, e di ogni altra cosa vivente o non vivente non solo della terra ma anche dell’universo intero, delle galassie e di tutto quello che contengono. Quanto mai attuale, dunque, questa silloge nei giorni che tutti stiamo vivendo e comunque proprio nelle ultime ore si sono apprese tramite i mass media notizie che, anche se con cautela, possiamo definire come segnali positivi per la pace tra Israele e Palestina come se le speranze che magari fino a qualche settimana fa sembravano utopiche si stanno in qualche modo realizzando in gran parte per la mediazione americana che è stata considerata favorevolmente anche dal Papa. Così scrive Zelioli nella sezione Settimana santa nel componimento Domenica di Resurrezione: «Come da sempre l’orizzonte umano/ è segnato dal senso dell’attesa/ che dopo la caduta delle tenebre/ venga la luce a rischiarare il mondo,// così nella domenica di Pasqua/ di quell’attesa vede il compimento:/ Gesù ritorna in vita dopo morte…». Dunque che la speranza di pace si avveri nel mondo, che cessino tutte le guerre e anche se questa prospettiva sembra un’utopia è doveroso ricordare che San Paolo ha scritto che la Fede è la certezza della Speranza e del resto come Gesù ha vinto la morte cosi ci si augura che in un prossimo futuro continuino e s’intensifichino i segnali di pace che già sono cominciati a inverarsi nel tempo presente. Raffaele Piazza Marco Zelioli, Speranze di pace, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 72, isbn 979-12-81351-62-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3793 Data: 20/10/2025 14:58:54
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- Letteratura
Maria Angela Eugenia Storti - Itinerari di letteratura .
Maria Angela Eugenia Storti ITINERARI DI LETTERATURA DEL NOVECENTO TRA TRADIZIONE ED INNOVAZIONE Memorie artistiche a confronto: Mann, Kafka, Woolf, Eliot, Beckett, Wedekind, Pirandello, Montale Recensione di Raffaele Piazza Nella sua nota introduttiva, che ha un carattere programmatico, l’Autrice del saggio che prendiamo in considerazione in questa sede, scrive che il campo dell’opera mira a fornire un contributo alla cultura anglosassone e tedesca del Novecento e comprende manifestazioni italiane la cui espressione può intendersi per alcuni versi europea. Il testo include una prefazione di Lea Di Salvo esauriente e ricca di acribia nel suo addentrarsi nei motivi dell’opera che è connotata da osservazioni puntuali composite e articolate nell’analizzare gli autori che sono tutti ormai dei classici nella Storia del nostro Novecento letterario. Si tratta di scrittori che possono considerarsi delle vere cattedrali nell’ambito della letteratura di tutti i tempi e nell’impossibilità di realizzare un’analisi approfondita di ognuno di essi nello spazio di una recensione qui si tratta di tentare di arrivare al senso del volume, alle intenzioni della professoressa Storti dettate da una profonda ed esaustiva coscienza letteraria. Il fenomeno letteratura di ogni tempo dai classici greci e latini fino agli autori della nostra contemporaneità del nostro postmoderno liquido e alienato non dà ragione ad Adorno e a Celan che dopo la seconda guerra mondiale e l’Olocausto credevano fermamente nella fine della letteratura e dell’avvento di un periodo di afasia relativo alla poesia e alla letteratura in generale e i classici del Novecento che sono analizzati nel volume si possono considerare come i precursori i padri di quelli che sono gli scrittori i saggisti e i poeti del nostro tempo che esprimono le ragioni della nostra società così tecnologica da sembrare quasi fantascientifica ma che ha le sue radici nel periodo in cui non esistevano televisione, internet, e-mail, facebook, telefonini ed SMS, quando proprio la vita stessa probabilmente era più a misura umana e la stessa condizione umana aveva regole diverse. Come scrive la prefatrice la raccolta di questi saggi costituirà un testo esemplificativo, sarà atto ad evidenziare i moderni contesti storico – culturali al fine di consentire approfondimenti tematici legati prevalentemente all’evoluzione della cultura dei paesi anglofoni e mitteleuropei con squarci di memorie italiane, nel periodo tra le due guerre mondiali. Come diceva Focault la letteratura è sempre espressione del suo tempo ma ovviamente non si può prescindere dal passato. Interessante è il discorso delle interazioni tra gli autori insieme a quello delle influenze sulla letteratura italiana, in questo caso su Pirandello e Montale degli autori inglesi e tedeschi. Tutto si risolve in un esercizio di conoscenza in una possibilità di vivere delle vite parallele nell’identificarsi con i personaggi della letteratura prodotta in questo caso da Kafka, Eliot, Mann e gli altri. Dalla fantasia per l’effetto di un magico evento che si realizza proprio tramite la lettura si passa alla realtà. Tutto pare essere sotteso alla ricerca di quello che Mario Luzi definiva sotto specie umana. Se i tempi cambiano, se la vita umana ha delle regole a prescindere da uscite religiose rimane l’arte come contributo all’innalzamento delle coscienze e come porto franco nell’epica del quotidiano che vede tutti noi uomini e donne come degli eroi nel barcamenarci nella vita di ogni giorno. Il poeta e lo scrittore divengono dei veggenti per farci assaporare il vero senso della vita che in ogni epoca ha un denominatore comune. C’è da mettere in rilievo che contrariamente ai poeti e agli scrittori occidentali contemporanei le cattedrali sulle quali si fonda l’opera di Maria Angela Eugenia Storti hanno conosciuto sulla loro pelle gli orrori delle due guerre mondiali. Luci e ombre kafkiane sembrano pervadere le atmosfere della letteratura di ogni tempo e il testo cartaceo è efficacemente sopravvissuto al ciclone di internet. Letteratura e vita sono in perfetta osmosi e resta inequivocabilmente vero l’assunto di Flaubert sulla proiezione di se stessi nell’opera letteraria da parte degli Autori. Raffaele Piazza Maria Angela Eugenia Storti, Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione, pref. di Lea Di Salvo, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 82, isbn 978-88-31497-99-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3788 Data: 17/10/2025 18:35:18
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- Poesia
AdrianaDeminicisDaunpoemettoalla LunaI fiori di Gels0mino
Adriana Deminicis Da un Poemetto alla Luna I fiori di Gelsomino Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie di Adriana Deminicis, insegnante di Monte Vidon Corrado, in provincia di Fermo, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Maria Rizzi esauriente e ricca di acribia. Come scrive la prefatrice l’Autrice crea una sorta di romanzo in versi che tocca vette altissime di lirismo e trascina nel suo universo, in apparenza surreale, in realtà quanto mai vicino alla concretezza. Il riferimento Alla luna, l’idillio leopardiano dell’opera I Canti, è inevitabile, tanto più che il poeta di Recanati aveva come tema di fondo il ricordare, ovvero il rimettere nel cuore, per riferirci al significato etimologico del termine. Leggerezza che si coniuga a icasticità sembra essere la cifra distintiva del poiein e della poetica della Deminicis, connotato fortemente dalla linearità dell’incanto, ad una capacità di stupirsi, di fronte alle cose e alla natura e non manca un riferimento concreto alla quotidianità di componimento in componimento come quando vengono detti la medaglietta del cane Zoe e la caffetteria, che a loro volte divengono simboli della ricerca di un rassicurante profitto domestico. Tutte ben risolte le composizioni che sono sottese ad una forte dose di magia e malia e sembra che la poetessa raggiunga equilibrio e armonia nel suo approccio alle cose come quando, per esempio, prova un forte senso di amore per le piante, metafora di purezza, qualcosa che scende nel cuore e nell’anima. Tutto l’ordine del discorso pare essere immerso in una costante riscoperta della bellezza che trova la sua realizzazione in quello che potremmo definire Eden privato dell’io-poetante stesso. Chiarezza, nitore, luminosità e precisione sembrano connotare questi versi e la raccolta per la sua unitarietà contenutistica, semantica e stilistica potrebbe essere considerata un poemetto. «…/ Il fiore nasceva come sentimento d’Amore / ogni qualvolta passava un Cuore colmo / d’Amore /…» (La caffetteria) scrive Adriana riscoprendo la rima che per antonomasia appartiene ai giardini eterni, infiniti e salvifici della poesia. «Aspettavo la guarigione / andavo a cercare nei libri antichi / della memoria che dentro di me conservavo / per far venire alla Luce quel medicamento / antico, naturale, / quando ancora non c’era il caos / della disinformazione /…» (Aspettavo la guarigione): e qui pare essere sottintesoche proprio la pratica della scrittura poetica porta salvezza e guarigione dell’anima e del corpo. In Una pianta di ulivo vengono decantate le qualità terapeutiche dell’ulivo e dell’olio e l’ulivo stesso diviene animato perché saluta l’io-poetante. In un’epoca come la nostra di pandemia e guerra, di inquietudine per il destino dell’umanità, è raro incontrare una voce poetica, in questo caso autentica e originale come quella della Deminicis che non rifletta sul dolore e la morte. C’è qualcosa di virgiliano in questi versi quando l’amore per la natura che si fa poesia anima le pagine. Un esercizio di conoscenza tout-court intelligente e sensibile per ritrovare sintonia con se stessi e la realtà. Raffaele Piazza Adriana Deminicis, Da un Poemetto alla Luna – I fiori di Gelsomino, pref. Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 120, isbn 978-88-31497-32-9, mianoposta@gmail.com.
Id: 3779 Data: 13/10/2025 01:23:08
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- Poesia
Pasquale Ciboddo - Oltre il velo del Mondo
Pasquale Ciboddo, Oltre il velo del Mondo, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Pasquale Ciboddo è nato a Tempio Pausania (SS) in Gallura, nel 1936; già docente delle scuole elementari, è uno dei poeti sardi più noti n Italia (è conosciuto anche a Cuba) e ha al suo attivo molte pubblicazioni poetiche e anche di narrativa con prefazioni e introduzioni di prestigiosi critici. La raccolta di poesie Oltre il velo del Mondo presenta un’acuta e sensibile prefazione di Michele Miano. e include delle fotografie scattate dal Nostro che hanno per soggetto persone e opere d’arte. Queste foto, associate alle poesie, rendono ancora più intrigante l’approccio del lettore alla silloge in continuum con quelle precedenti per la bellezza della linearità dell’incanto, per la forma e lo stile dei versi. Importante è sottolineare il valore programmatico del titolo del libro che è molto chiaro e che sottolinea il desiderio consapevole, l’intenzione del poeta di giungere all’essenza delle cose della vita e del suo senso. E la vita stessa che è il Mondo per essere compresa deve essere privata dal velo delle apparenze per arrivare tramite la conoscenza alla verità o almeno per giungere oltre il limite in prossimità della verità stessa di tutte le cose. Rispetto a questo viene in mente il termine coniato da Schopenhauer Velo di Maya che è per il filosofo tedesco l’illusione metafisica che nasconde la vera essenza del Mondo, facendoci percepire la realtà come rappresentazione Velo che deve essere squarciato per un produttivo esercizio di conoscenza destinato a comprendere meglio i fenomeni. Tuttavia vi è una radicale differenza tra il poeta sardo e il filosofo nelle loro concezioni dell’esistere perché il primo crede in Dio e tale uscita religiosa nonostante il male e il dolore incontrovertibili gli apre un varco alla speranza nel credere che la felicità sia possibile, mentre il secondo era scettico riguardo all’idea di una divinità personale e la sua posizione filosofica si basava su una visione pessimistica della vita e dell’esistenza nella convinzione che la vita stessa è fondamentalmente sofferenza, come scrisse nella sua opera Il mondo come volontà e rappresentazione.. La cifra distintiva della poetica di Ciboddo è quella di una vena neo lirica tout-court una poesia che tocca ogni situazione collettiva o personale come quella in cui scrive che Papa Francesco che un giorno sarà Santo in vita ha lodato un componimento poetico che Pasquale stesso gli ha dedicato. La raccolta non è scandita e tutte le composizioni sono bene risolte e sono sottese ad un rigoroso controllo formale. Di fronte alla vanità della vita umana il poeta parla di guerre, malattie e odio tra gli uomini in una vita che dà scacco. Ma la vita è anche gioia e speranza come leggiamo in Ci salverà: «Dio ci ha messi alla prova/ ma, alla fine, si ricorderà di noi,/ ci salverà/ e ci riempirà di gioia/ in paradisi lontani/ pieni di splendore/ e della sua Santa Gloria». In Resta magico leggiamo: «Il cielo resta magico/ di notte./ Incanta e affascina/ trapunto com’è di/ miriadi di stelle/ l’attento osservatore./ Però non si è mai saputo/ se esiste la vita/ simile e diversa/ dalla nostra./ Ogni pianeta/ è a sé./ E nessun mortale/ può svelare/ i misteri/ di Dio creatore». Quindi nel suo messaggio in bottiglia nel discorso complessivo di Ciboddo emerge la possibilità che diviene certezza che la gioia può essere raggiunta dall’essere umano anche in una dimensione immanente e ciò è possibile proprio perché in quanto esseri creati da Dio siamo infiniti e siamo sulla terra solo di passaggio e perciò possiamo essere lieti di esserci anche in questo transito. Raffaele Piazza Pasquale Ciboddo, Oltre il velo del mondo, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 86, isbn 979-12-81351-53-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3768 Data: 04/10/2025 23:42:34
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- Poesia
Pasquale Ciboddo - Era segno sicuro
Pasquale Ciboddo ERA SEGNO SICURO Recensione di Raffaele Piazza Le ragioni e le coordinate che sottendono i contenuti della raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede sono esposte con acribia e chiarezza nella prefazione di Enzo Concardi al volume che per la sua coralità, unitarietà di argomento, omogeneità stilistica e formale, oltre che per il fatto di non essere scandito, può essere considerato in toto tout-court come un poemetto. Il tema trattato con versi chiarissimi e scabri da Pasquale Ciboddo è quello della pandemia, fenomeno di portata epocale che ha mutato in tutti i paesi del mondo l’approccio alla vita mettendo tutti gli uomini in angoscia in una contemporaneità già liquida e alienata oltre che consumistica. Come afferma Concardi alla radice del discorso affrontato dal Nostro c’è un evento mistico un sogno misterioso fatto dal poeta nel quale gli è apparsa la Madonna triste ed afflitta presaga della catastrofe imminente: infatti tre mesi dopo è iniziata l’era-Covid Nella concezione del poeta la malattia a livello globale si può considerare come causata da errori umani che hanno avuto per risultato una punizione divina per tutta l’umanità ed è stata preannunciata e profetizzata proprio dal sogno del poeta. Altri elementi che s’innestano nel discorso di tipo pessimistico sono quello della perdita dei valori nella società attuale con la fine della famiglia patriarcale allargata e la vita insostenibile nella città mentre il poeta elogia la vita in campagna a misura d’uomo per il contatto benefico con la natura. «C’è sofferenza nel nascere / e nel morire…»scrive Pasquale (nella lirica Questa la nostra sorte)a conferma di una concezionepessimistica dell’esistenza anche se c’è la speranza di un futuro migliore da chiedere a Dio tramite l’intercessione della Vergine nell’augurarci che possa tornare (è il caso di auspicarselo) mostrandosi benevola e sorridente ed apparire per annunciare la fine della pandemia e magari anche della guerra. Del resto, a proposito del termine del male, anche le due guerre mondiali sono finite e anche l’Olocausto come anche è caduto il muro di Berlino come l’impero comunista, e il fascismo e il nazismo sconfitti hanno lasciato il loro posto alle democrazie. Il linguaggio usato da Ciboddo in una poetica definibile come neolirica sgorga comprensibile per il lettore come acqua cristallina, farro rarissimo nel panorama attuale della poesia contemporanea e la poesia stessa diviene testimonianza: «Una notte di tre mesi fa, febbraio 2020 / prima di manifestarsi il Corona Virus / in sogno mi apparve / la Madonna Incoronata /…» (Era segno sicuro). L’assoluta leggerezza si coniuga ad una sottesa pratica devozionale nei confronti della Vergine divenendo il poeta stesso eletto destinatario del messaggio, stupito egli stesso perché dichiara di non essere uno stinco di santo. Non può non venire in mente Francesco Petrarca con il suo Inno alla Verginee il libro ipostaticamente diviene un unicum nel panorama mondiale della poesia contemporanea perché ha avuto come occasione generativa un accadimento eccezionale. Anche se Ciboddo è un laico e non un sacerdote con la sua testimonianza e il suo atto di Fede riesce a far crescere nel lettore la Fede stessa in quanto ha detto il Cristo: «Beati quelli che senza aver visto crederanno» e Pasquale ha visto da eletto e così fa ribollire anche la nostra Fede che per San Paolo è la certezza della speranza. Raffaele Piazza Pasquale Ciboddo, Era segno sicuro, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 122, isbn 978-88-31497-92-3, mianoposta@gmail.com.
Id: 3766 Data: 02/10/2025 09:26:10
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Stefania e Giuseppe Berton - Il Tempo dell Universo
Stefania & Giuseppe Berton, Il Tempo dell’Universo e altre piccole storie, Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza I coniugi Berton, entrambi medici, affermati nella loro professione, hanno scritto il volume di poesie a quattro mani di cui ci occupiamo in questa sede. Preliminarmente si deve sottolineare che un lavoro del tipo di quello suddetto è connotato da un fascino particolare perché prodotto non di una sola mente ma da quella che si potrebbe dire una coscienza duale forte perché amplificata dal legame sentimentale che unisce l’autrice all’autore. Veramente acuta e centrata la prefazione di Michele Miano che coglie con intelligenza i motivi ispiratori e le linee di codice e le tematiche di questa raccolta veramente originale nel panorama della poesia contemporanea. Il titolo del libro è veramente centrale per cogliere le intenzioni della poetica degli autori che a livello stilistico formale è tout-court neo lirica. Infatti quelle del tempo e dell’universo sono due categorie fondanti per l’esperienza di ogni essere umano. Si deve mettere in rilievo che l’Universo stesso non è solo la totalità di ciò che esiste ma anche un sistema ordinato e intellegibile, un cosmo che contrasta il caos che nel terzo millennio trova la sua realizzazione nelle esistenze spesso alienate specchio della liquida e consumistica società. In questo concetto di cosmo si apre un varco all’ottimismo perché nel cosmo stesso l’uomo può cercare e ritrovare la sua posizione e dare un senso all’esistenza di fronte alla vastità dell’universo stesso. Il tempo racchiude l’essenza dell’essere sotto specie umana e attraverso l’idea di attimo filosoficamente si può fermare nell’intendere l’attimo stesso come momento, istante di passaggio tra prima e dopo passato e futuro, virtuale feritoia atemporale. E quanto detto si ritrova nella definizione del cronotopo inteso come fusione del tempo nello spazio e viceversa. Come scrive il prefatore il testo è strutturato in modo composito e articolato architettonicamente. Da notare che tutti i componimenti sono icastici e leggeri, raffinati, ben cesellati ed elegantemente risolti. Leggiamo nella composizione di apertura della silloge che ha un carattere programmatico e che è intitolata appunto Il tempo: «Questa sera, l’ultima sera dell’anno,/ ho messo la legna/ nella stufa di montagna,// e miracolosamente la casa si è scaldata/ ed è l’ultima sera dell’anno/ ed il tempo passa e qualche volta vola.// E pensavo come pensiamo il tempo,/ che i fisici misurano, i poeti soffrono/ i religiosi credono infinito…». Nella suddetta concezione il tempo stesso è solo un’illusione in questa vita sconosciuta ed è doveroso aggiungere che la percezione soggettiva del tempo stesso e del suo trascorrere con il passare della vita diventa sempre più veloce e un bambino o un adolescente percepiscono le durate in modo molto diverso da quello degli adulti. Del resto nella suddetta poesia è molto efficace il riferimento all’ultima sera dell’anno che è sempre per tutti un tempo di bilanci e inventari della vita quando ci si augura che il nuovo anno sia più felice. In Il giardino abbandonato: «Mi sono seduto, un momento, mille anni/ in un giardino abbandonato./ Ed ho visto il nostro piccolo tempo,/ appena uno sguardo,/ appena un sorriso,/ appena un pianto,/ appena un amore/ e ci porta via così veloce». Veramente magica questa poesia nella sua sospensione nella tensione metafisica all’indicibile. Raffaele Piazza Stefania e Giuseppe Berton, Il Tempo dell’Universo e altre piccole storie, pref. di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp.92, isbn 979-12-81351-68-4, mianoposta@gmail.com.
Id: 3759 Data: 22/09/2025 23:29:46
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- Letteratura
Pietro Nigro -. Verso il nuovo mondo,,, Per rincontrarsi
Pietro Nigro, Verso il nuovo mondo… Per rincontrarci, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Pietro Nigro è nato ad Avola (SR) nel 1939; il suo primo libro di liriche, Il deserto e il cactus, è stato pubblicato da Miano Editore nel 1982 e gli è valso il 1° Premio assoluto per la poesia edita, Targa “Areopago” (1983, Roma). Verso il nuovo mondo… Per rincontrarci, la raccolta di poesie di Nigro che prendiamo in considerazione in questa sede, anch’essa pubblicata per i tipi di Guido Miano, presenta una prefazione di Michele Miano acuta e ricca di acribia. Entrando nel merito dell’analisi e del giudizio dei contenuti del volume il primo dato che emerge consiste nel fatto che le composizioni che incontriamo si situano in continuum con quelle delle precedenti opere poetiche del Nostro conservando l’originalità della forma e dello stile inconfondibili. Si tratta di quello che si potrebbe come un corale canzoniere dedicato alla presenza-assenza dell’amata scomparsa prematuramente e proprio lei è il tu al quale l’io-poetante si rivolge. La silloge non è scandita in sezioni e anche per questo è connotata da una forte compattezza formale e semantica e i componimenti sembrano sgorgare gli uni dagli altri in una virtuale lunga ed ininterrotta sequenza. Il libro per la sua alta qualità s’inserisce nel solco della grande poesia italiana contemporanea che ha affrontato il doloroso tema della dipartita di una persona cara e questo genere di poesia vede gli esempi più alti nelle poesie di Montale per la fine della moglie Drusilla e nelle poesie di Ungaretti per la morte del figlio nonché nel volume Tema dell’addio recente di Milo De Angelis dedicato alla memoria della moglie Giovanna. Cifra essenziale della poetica di Pietro è una vena neo lirica tout-court e consapevolmente i versi divengono una riattualizzazione produttiva dei momenti felici passati insieme all’amata e non un gemersi addosso. disperato. In Ci ritroveremo leggiamo: «Ci ritroveremo in quel luogo un giorno/ in un mondo senza inizio né fine/ io e te/ e gli altri che amammo./ Avremo nuove sembianze/ sprazzi di un infinito fulgore./ Aleggerà un etereo sorriso/ su rigenerate presenze…». Proprio nella poesia suddetta si esemplifica l’ottimismo di Nigro nel presentare a livello immaginario un incontro vivo con l’amata in un luogo del quale non viene detto nessun riferimento e che quindi potremmo immaginare come catartico per gli amanti e connotato da vaga bellezza un Eden e ci sono rimandi a temi religiosi. quando viene detto l’Eterno che dispiegherà un infinito splendore nel quale vivere insieme il nuovo sogno, immagini tratte dal componimento Il sogno di un poeta infelice. Le poesie spesso sono generate da un senso appunto di rêverie e un fattore x che ha qualcosa di magico le pervade e la raccolta assume il senso di un testamento spirituale. In L’approdo leggiamo: «Innaturale silenzio/ mentre percorro l’ultimo sentiero/ che porta all’approdo./ Forse si apriranno/ spazi inattesi/ dove buttare la mia impazienza…». Anche qui domina la speranza e sarebbe riduttivo parlare solo di una rielaborazione del lutto in versi. Invece nel poiein del Nostro domina la forza salvifica stessa della scrittura in genere e nel caso preso in esame di quella in versi e il libro in toto potrebbe essere paragonato a un messaggio in bottiglia destinato all’amata gettato in un oceano lunare della tranquillitàcon la viva speranza che le arrivi perché lei anima possa leggere le parole che quando era nel mondo lui non le aveva ancora detto. Raffaele Piazza Pietro Nigro, Verso il nuovo mondo… per rincontrarci, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 56, isbn 979-12-81351-69-1, mianoposta@gmail.com.
Id: 3749 Data: 16/09/2025 17:15:56
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- Letteratura
Gilberto Vergoni - Frammenti danima, di senso e spigolature
Gilberto Vergoni, Frammenti d’anima, di senso e spigolature sparse, Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza Gilberto Vergoni è nato a Fano (PU) nel 1955 e vive a Cesena (PC). Di professione neurochirurgo trova nella scrittura il varco salvifico, la leggerezza per emergere dall’oceano di dolore dei suoi pazienti che si riflette su di lui nell’enorme responsabilità che ha di curarli nel migliore dei modi. Del resto rimane anche nel Terzo Millennio il binomio poeta-medico che, per fare un esempio, tra i tanti è incarnato in Antonio Spagnuolo, il poeta napoletano che continua ad essere attivissimo e sulla cresta dell’onda con la sua attività di poeta, critico letterario e promotore che svolge da più di cinquanta anni a livello non solo nazionale ma internazionale. Il volume presenta una esauriente e acuta prefazione di Enzo Concardi e non è scandito in sezioni ma è strutturato in un continuum di poesie e prose che come dice il titolo rispecchiano l’anima dell’autore nel ricercare e trovare in vari modi il senso della vita e inoltre sono inseriti segmenti di carattere secondario che si presentano come curiosità, appunto le spigolature. Un’opera composita dunque ed anche originale e unica che supera per complessità ed articolazione la mera raccolta di poesie. Sempre in bilico tra gioia e dolore la poetica di Gilberto che fa degli affetti familiari una delle tematiche centrali e le prime due poesie che incontriamo sono dedicate alla figlia e al figlio mentre la terza all’amica Elena. Tutti i componimenti poetici sono suddivisi in strofe e lo stile e la forma sono affabulanti nel rivolgersi accorato all’interlocutore di turno. Si potrebbe definire tout-court neo – lirica la cifra distintiva di queste poesie nel senso di un’effusione dell’animo del poeta in modo preciso e con una forte dose di sintagmi che aggregandosi provocano, per i sentimenti forti che esprimono emozioni notevoli nei lettori che spesso riscoprono parti di se stessi nell’identificarsi con i messaggi veicolati dall’io-poetante. In Figlio leggiamo: «C’è sempre quella foto che amo/ ricordo gli occhi scuri sempre pronti al sorriso/ o quando timoroso ti scioglievi in un abbraccio.// Viandante solitario sulla mia stessa strada,// ho cercato di condividerne il percorso/ sussurrando echi di storie senza fine…». Nei suddetti versi c’è tutto il pathos di una paternità vissuta quasi come gioco felice quando il poeta afferma che avrebbe voluto condividere il percorso del figlio andando oltre il tempo lineare che va stretto sussurrando echi di storie senza fine. Realistiche e chiare le prose che sono dei frammenti dai titoli articolati e densi come Quelli che esercitano amore di sapienza fanno una meditazione continua della morte e in questo frammento l’io - narrante è l’autore stesso che si racconta al tempo dell’infanzia e in particolare qui viene detto l’episodio di Gilberto bambino con il suo senso empatico delle cose che tornato a casa dall’asilo trova a casa i genitori e altre persone affrante per la morte dell’amatissima nonna che abitava nella casa con la famiglia del piccolo. Si riscontra un comune denominatore che è quello di un realismo icastico sia in poesia che in prosa e non manca un richiamo al misticismo per esempio quando vengono nominati gli angeli. Raffaele Piazza Gilberto Vergoni, Frammenti d’anima, di senso, e spigolature sparse, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 116, isbn 979-12-81351-67-7, mianoposta@gmail.com.
Id: 3746 Data: 14/09/2025 06:03:15
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- Letteratura
Roberta Fava - Lo zoo naturale
Roberta Fava LO ZOO NATURALE (Se gli Animali potessero parlare…) Recensione di Raffaele Piazza LO ZOO NATURALE, la raccolta di poesie di Roberta Fava che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una premessa della stessa autrice e una prefazione di Enzo Concardi esauriente, sensibile e ricca di acribia. L’originalissima raccolta può essere letta e considerata come una serie di poesie-quadro che nel loro insieme costituiscono un bestiario ed è suddivisa nelle sezioni: Animali di terra, Animali d’acqua e Animali d’aria. L’autrice nella primeva descrizione delle specie animali si avvale di grazia e introspezione psicologica e si dimostra competente anche a livello etologico delle caratteristiche degli animali trattati con cura dei particolari, affetto e intelligenza e si può presumere che la poetessa preliminarmente si sia informata sulle caratteristiche stesse delle varie specie trattate con grande cura dei particolari. Ne risulta in toto un’opera bella e anche simpatica da leggere per la sua brillante lungimiranza nello studio dei caratteri dei protagonisti delineati che spesso divengono apologo per riferirsi a tipologie varie di caratteri degli esseri umani nel bene e nel male, con i loro pregi e i loro difetti. Interessante la definizione zoo naturale perché sottende una visione non necessariamente legata alla vita in cattività come può essere quella di un zoo e la stessa espressione zoo fa percepire una presunta familiarità dell’autrice con gli animali stessi che si trasmette anche al lettore quasi una confidenzialità. Il sottotitolo Se gli Animali potessero parlare… riporta alla mente la frase del poeta francese Ponge che ha scritto che sarebbe bello se l’albero potesse parlare. Si dice comunemente che al cane, amico per antonomasia dell’uomo, manca solo la parola e comunque gli animali stessi nella letteratura greca e latina antiche sono stati argomento di storie dall’elevato significato morale profondo perché ogni singola specie animale è complessa e anche gli stessi pesci non possono considerarsi solo degli animali stimolo-risposta. Sono espressioni comuni quelle che affermano per esempio che si è furbi come una volpe, puri come una colomba e prudenti come il serpente. a dimostrazione che fin dall’antichità, quando nell’epoca dell’oralità sono nati i proverbi questi si siano basati spesso anche sull’osservazione e sull’interiorizzazione del pianeta degli animali visto come ambito in osmosi con l’esperienza umana. La poetica della Fava si può definire neolirica e il linguaggio usato dall’autrice è connotato spesso da una chiarezza affabulante e da nitore e luminosità, icasticità e leggerezza Traspare con evidenza lo sconfinato amore dell’autrice per la natura che già era stato espresso in una precedente raccolta che aveva come tematica le specie vegetali e si può presumere connesso a questo amore il desiderio di abitare poeticamente la terra e la volontà nella ricerca dello stupore nel chiedere che sia almeno dato di immaginare quello vorremmo vedere. Un esercizio di conoscenza unico nel suo genere che trova nell’elencare i vari animali una definizione classificatoria unica perché raggiunta proprio attraverso la poesia che dà salvezza. Raffaele Piazza Roberta Fava, Lo zoo naturale (Se gli Animali potessero parlare), pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 296, isbn 978-88-31497-73-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3740 Data: 07/09/2025 22:40:47
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- Letteratura
Gabriella Carrano - Eros e Thanatos nel mondo greco e latino
Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano Antologia di saggi critici. Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza Gabriella Carrano, autrice del volume che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata a Salerno ed ivi residente; è titolare di Lettere greche e latine presso il Liceo Classico Torquato Tasso della sua città. Ha pubblicato monografie afferenti all’Anglistica ma i suoi interessi sono focalizzati soprattutto sul mondo antico. Con Guido Miano Editore ha pubblicato la raccolta di poesie Mosaici lirici (2023)e un saggio intitolato La scoperta dell’anima nell’apologia platonica (2024) rispettivamente nei volumi 17 e 18 di Alcyone 2000-Quaderni di poesia e di studi letterari. Come scrive Enzo Concardi nell’acuta premessa sono sei i saggi critici di questa antologia, visitatrice del mondo culturale e ideologico ellenico e latino, sulla tematica complessiva riguardante alcuni aspetti di Eros e Thanatos nel mondo greco-romano. A livello di categorie Eros e Thanatos in tutte le culture ipostatizzano un discorso complesso e approfondendo l’argomento si può affermare che all’Eros che dovrebbe incarnare l’amore e la vita, come contraltare esiste anche la modalità del Pathos che è dolore specialmente se riferito alla sfera erotica e amorosa. Il pregio della scrittura saggistica della Carrano è quello di raggiungere la sintesi tra acribia e discorsività, tra complessità e chiarezza, elemento che trasporta il lettore nelle atmosfere della classicità, che sembrano rivivere, riattualizzarsi con la loro visione del mondo diversissima da quella della nostra attualità e che sono portatrici, anche tramite l’arte, di un fascino arcano. Proprio per la chiarezza e comprensibilità dei concetti profondi espressi in queste pagine viene spontaneo credere che questa pubblicazione possa essere diffusa e letta non solo dagli addetti ai lavori, dai professori e dai cultori dell’antichità, ma anche dagli studenti liceali e universitari per perfezionare i propri strumenti nell’approccio alla cultura e alla letteratura greca e latina in modo empatico e profondo e forse questa idea era già presente nella mente della Carrano prima di scrivere questa acuta e poderosa opera. che non a caso pare avere anche un intento divulgativo. Eclettica è la serie delle tematiche che la Carrano ci presenta in questo composito lavoro, suddiviso nei seguenti capitoli: 1. Introduzione Le origini della tragedia e del tragico le riflessioni di Mario Untersteiner, 2. Eros e Thanatos nell’epos, il desiderio e il dramma della conoscenza nella trasfigurazione di Ulisse. Il viaggio dell’ulisside tra arethè e entropia planetaria. 3. Patogenesi dell’Eros al femminile nell’universalità del dramma classico Fedra, Medea, Didone tragedie di passione, passioni della storia. 4. Il fiore di Nosside in tessa Locrese balsami alessandrini per una mistica della femminilità. 5. Ovidio e le pratiche abortive Ethos elegiaco e scienza ellenistica in Lucrezio e negli elegiaci. 6. La meditatio mortis tra finis et transitus: i traslati del lessico e dell’interiorità. Tutto in questo volume diviene un esercizio di conoscenza e le concezioni sull’Eros e Thanatos nell’antichità divengono un viatico e una provenienza per la vita nel terzo Millennio che ha per modello delle società dei vari popoli caratteristiche lontane anni luce per usi e costumi, visioni del mondo e tecnologia da quella degli antichi greci e degli antichi latini. Nel Novecento Eros e Thanatos come pulsioni sono stati oggetti di studio e di approfondimento anche da parte di Freud e della psicoanalisi come poli antitetici della personalità umana che nel loro fondersi fanno in modo che in un certo senso si delinei ed emerga l’identità della persona. Emerge che Eros e Thanatos come categorie fondanti si realizzino in due maniere diverse ma che possono essere considerata l’una lo specchio dell’altra e viceversa e queste due modalità sono ovviamente la letteratura e la vita che è anche quella dei lettori delle stesse opere letterarie nei loro vari generi. Viene spontaneo leggendo i saggi che costituiscono il volume riflettere sulla varietà degli argomenti trattati e cercare di definire quali di essi hanno attinenza con la sfera dell’Eros e quali altri invece con quella di Thanatos. Per esempio quando viene detto l’omerico Ulisse con la sua sete di conoscenza e sapendo che l’eroe del mito greco è un vincente pare che implicitamente si voglia alludere ad argomenti che hanno a che fare con l’Eros non solo a livello amoroso, ma anche con quello della pienezza dell’essere, della realizzazione materiale e spirituale dell’individuo con il suo diritto alle felicità. Viceversa quando viene detta la patogenesi dell’eros femminile con gli esempi di Didone e Medea siamo ovviamente in un universo di pulsioni di sofferenza fortissima e di morte per la qualcosa si può affermare che qui si debba parlare di Thanatos e di perdita, connessa ad alienazione e al male di vivere del peggio possibile, del baratro. Nel momento in cui vengono detti i balsami alessandrini per una mistica della femminilità si rientra nella sfera dell’Eros perché misticismo ed erotismo si toccano mentre nelle riflessioni latine sulla morte ovviamente si entra nel campo di Thanatos anche se pare che la stessa morte venga vista serenamente. Un’opera profonda quella della Carrano perché ogni lettore riesce a scorgere nelle situazioni da lei utilizzate prese dalla mitologia greca e latina, avvenimenti che riguardano anche l’etica di tutti i tempi; per esempio quando Ovidio si scaglia contro il fenomeno dell’aborto possiamo vedere una similitudine tra l’atteggiamento del poeta latino e quello della Chiesa Cattolica del Terzo Millennio sullo spinosissimo tema dell’aborto stesso. Sicuramente se consideriamo questo volume in toto ai può affermare che oltre ad essere un’opera letteraria ha una fortissima valenza anche, filosofica, psicologica, pedagogica e anche vagamente antropologica. Una trattazione precisa esauriente e completa di tale opera non si può esaurire in una recensione come in questo caso e richiederebbe a sua volta un saggio corposo e profondo. Raffaele Piazza Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 124, isbn 979-12-81351-43-1, mianoposta@gmail.com.
Id: 3739 Data: 07/09/2025 22:33:27
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- Letteratura
Raffaele Piazza - Poesie per Alessia
Raffaele Piazza, Poesie per Alessia, Guido Miano Editore, Milano, 2025 Alessia: tempo, amore, visione In un tempo sospeso tra il 1984 e il 2014, tra il reale e il visionario, Alessia, in Poesie per Alessia di Raffaele Piazza di recente uscito per la casa editrice Guido Miano Editore, attraversa la vita come un campo seminato di simboli, presagi, stagioni e desideri. E la attraversa in un libro che non deve essere pensato come una raccolta di liriche ma piuttosto come un poema narrativo che è al contempo una liturgia dell’essere e un film interiore composto da fotogrammi poetici che si susseguono come respiri. Al centro del testo c’è appunto lei, Alessia, figura archetipica e profondamente umana, ragazza e donna, corpo e spirito, desiderio e meditazione. La sua è una traversata esistenziale che si compie attraverso l’amore per Giovanni - amore carnale e spirituale, concreto e metafisico - ma anche attraverso il paesaggio, il tempo, i segni naturali che punteggiano la sua esperienza: la fragola come simbolo di rinascita e piacere, la pioggia come purificazione, la luna come specchio d’anima, l’angelo come guida e soglia. Le stagioni, poi, si alternano come stati interiori, e quell’auto che si vede scivolare nel 1984 è come un’epifania, una sorta di ingresso nel mito personale. E ogni luogo, dal Parco Virgiliano all’Albergo degli angeli, è geografia interiore, trasfigurata dal sentire. Nulla è solo ciò che appare, piuttosto, ogni elemento è segno da decifrare, materia che si fa sogno, memoria che diventa futuro. Il linguaggio di questo libro è denso, stratificato, ricco di metafore, sinestesie, allitterazioni, come se la parola cercasse di avvicinare ciò che non può essere detto, ma solo percepito in una tensione continua tra flusso di coscienza e precisione evocativa. L’assenza poi di una punteggiatura forte e l’uso reiterato di immagini naturali e simboliche restituiscono la voce di Alessia come un canto antico, un respiro profondo nel corpo del tempo. Un poema, questo, che si presenta ed è un rito d’amore e insieme una preghiera laica che parla a chi ha amato, atteso, attraversato in silenzio il gelo dell’inverno aspettando il ritorno del raccolto e quell’istante in cui la vita si lascia toccare nel suo punto più fragile e per questo più luminoso. In queste pagine - che oscillano tra sogno, memoria e visione - il lettore non troverà una trama lineare, ma una mappa dell’anima, una geografia interiore, fatta di corpi, stagioni, parole non dette, e gesti minuti che illuminano l’ordinario con la forza di un autentico amore, in uno stile che sa mescolare con grande equilibrio flusso di coscienza, simbolismo naturale e tensione spirituale. Attraverso la voce di Alessia, donna-ragazza in continua metamorfosi, si compie così un viaggio lirico fatto di resurrezioni quotidiane, innamoramenti, ferite e incanti e Giovanni, figura dell’amore carnale e salvifico, è la presenza che accompagna il racconto, una presenza a volte reale a volte visionaria ma che è sempre punto di riferimento e chiamata. Viaggio lirico, dunque, le Poesie per Alessia ma anche una liturgia laica dove, come dice la stessa Alessia, “Il tempo non esiste” perché a esistere è solo questo canto, un canto limpido e solido che Raffaele Piazza ci ha generosamente donato. Silvia Comoglio
Id: 3735 Data: 03/09/2025 20:22:46
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- Letteratura
Don Giovanni Mangiapane .- Poesie del Santo Rosario e della
Don Giovanni Mangiapane, “Poesie del Santo Rosario e della Via Crucis”, Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza Giovanni Mangiapane, nato a Cammarata (AG) nel 1944, è stato sacerdote e parroco della diocesi di Agrigento per cinquantaquattro anni, ordinato nel 1970 e parroco fino al 2023. Ama scrivere in lingua italiana e in vernacolo, anche versi, con piccoli messaggi augurali, concorsi parrocchiali, epitaffi, ricorrenze di vita. Preliminarmente nell’addentrarci nella poetica del Nostro, si deve sottolineare che nella sua coscienza di letterato e poeta (e questo è un messaggio fondante per la corretta comprensione dell’ordine del discorso che si vuole trasmettere al lettore), il punto di partenza è il fatto che le poesie sono state scritte in lingua siciliana a poi tradotte in italiano dall’autore stesso. Nel contesto è doveroso mettere in luce che per Mangiapane quella che lui usa ha una vera e propria dignità di lingua e non (e questo sarebbe riduttivo) di dialetto e ovviamente i lettori siciliani saranno felicissimi di poter leggere ogni componimento con il testo a fronte e avranno una marcia in più per addentrarsi nei meandri del senso. È presente una acuta e centrata prefazione di Marco Zelioli che afferma che si tratta di un’opera poetica e nello stesso tempo un esempio di devozione che ci guida ad una meditazione fresca (come è fresca e genuina la lingua siciliana), ma assolutamente e rigorosamente valida dal punto di vista pastorale. Le due parti della raccolta si possono considerare un continuum di riflessioni e di stile. Le caratteristiche formali e stilistiche del poiein di Don Giovanni sono leggerezza e icasticità e nelle strofe l’uso sapiente della rima crea un piacevole ritmo, una musicalità che è veramente affascinante. I versi della sezione dedicata al Rosario, che seguono lo schema canonico di questa preghiera con i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, nei quali protagonista è Maria Regina sgorgano come purissima acqua di primeva sorgente gli uni dagli altri e incantano il lettore e per chi è credente sono veramente un refrigerio per la mente e l’anima. Tutto è improntato ad una fortissima chiarezza e trasparenza e i tessuti linguistici sembrano essere stati creati senza sforzo pur avendo una certa quota di complessità che si ritrova in ogni singola strofa. «Betlemme che tu chiami,/ col sapor del vero pane,/ ti ci porta Re Tiberio,/ con il suo calendario.// Non c’è posto, troppa gente:/ voglion essere presenti/ e una grotta li ripara/ per l’evento della storia…» (Terzo mistero gaudioso: Gesù nasce a Betlemme). La figura centrale della Madonna emerge felicemente nell’essere nominata con la sua duale identità creaturale e divina nel suo partorire il figlio di Dio del quale come scrisse Petrarca nell’Inno alla Vergine è anche figlia. Come si diceva nei versi affabulanti si ritrova una notevole freschezza nei dettati e una forte quota di sospensione e magia anima queste mirabili pagine. Per i cattolici che recitano il Santo Rosario questi versi divengono un segno di meditazione profonda per ogni singolo mistero. Molto toccanti e profondi anche i versi della Via Crucis dai quali emerge un Gesù in bilico tra trascendenza e immanenza. «Non è colpa di Pilato/ se Gesù è condannato:/ ci va Lui con il cuore/ a morire con amore…» (Prima stazione: la Condanna) e colpiscono per profondità i versi in rima: «…O gran Vergine Maria,/ la vostra pena è colpa mia» (ibid.). Una straordinaria trasfigurazione in versi delle vicende evangeliche che diviene esercizio di conoscenza e bellezza nella sua felice armonia. Raffaele Piazza Don Giovanni Mangiapane, Poesie del Santo Rosario e della Via Crucis, testi in lingua siciliana con traduzione italiana a fronte; prefazione di Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 72, isbn 979-12-81351-52-3, mianoposta@gmail.com.
Id: 3734 Data: 31/08/2025 09:10:53
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- Poesia
Raffaele Piazza - Poesie per Alessia
Nella nuova raccolta di Raffaele Piazza, Poesie per Alessia, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, giugno 2025, l’autore rievoca con voce ferma e delicata una figura femminile che sembra incarnare l’essenza stessa del desiderio adolescenziale, celato tra i sogni di un’estate lontana. L’autore trasforma l’ombra evanescente di Alessia in palpito poetico, in un intreccio di memoria, attesa e intensità sensuale, come definito nella prefazione: «Una cronaca immaginaria […] momenti giovanili di grande intimità ed intensità emotiva, di attrazione fisica verso una ragazza incontrata fugacemente nel lontano 1984 […] un amore di gioventù fatto di sogni e speranze» L’intero libro respira di un tempo sfuggente: fragile, sospeso, qui e altrove. In quest’atmosfera rarefatta, Alessia diventa un archetipo, simbolo di una passione che non si consuma, ma permane, vivida nell’immaginario del poeta. Il ricordo si contamina di fiaba, come se la storia fosse narrata attraverso il velo trasparente dei sogni: Viene trasportata dalla luce fino alla stazione/ a spargere la fragola tra i passanti/ ad Assisi dal “fascino incredibile”/ così descritto dall’amica Veronica./ E il cielo sta infinitamente /a detergere gli occhi di Alessia /che attende Giovanni nerovestito,/ per affinità d’amore./ Sentieri battuti dalla pioggia / restano nella stanza di mattina /dopo i sogni nell’ossigeno azzurro…( Alessia ad Assisi) Seguendo la tradizione di Piazza – già ammirata nella silloge Del sognato – anche qui la sensualità non è mai palese, ma evocata con colori, luci mediterranee, sfumature di desiderio. La natura si fonde con l’emotività: pare di intravedere il mare, le spiagge, gli orizzonti di quell’estate lontana, campi di fragole e fughe notturne, con quelle metafore cariche di atmosfera che il poeta sa evocare perfettamente: Sera serena in limine all’acqua / di sorgente fredda e azzurra, / a imprimersi nella mente di Alessia / (quella precedente che non torna). / Si apre una porta per il campo animato/ di grano profano / per sognare l’amore e rielaborare / le tracce della felicità conquistata. / Guarda la ragazza Alessia / una rondine azzurra e trasale. / Viene Giovanni nerovestito/ per la vita nova oltre la mietitura / e prende Alessia paria a felce. / Gioisce Alessia/ nell’unione dei sensi. ( Alessia e il campo animato) La prefazione parla di “meta ricordo”: non si tratta di un vivido flashback, ma di una reminiscenza mediata, come se ci si guardasse dentro da un tempo successivo, con occhi più saggi e malinconici. È un racconto interiore, un “mosaico di visioni” tra reale e immaginato, in cui il lettore è chiamato a ricostruire ciò che non è stato, ma che si è desiderato intensamente. La silloge si distingue per un’aura intima e riflessiva: un sentimento trattenuto, mai declamato, che sussurra al lettore più che urlare. Qui la poesia è elegante, rarefatta, ma potente: ogni parola pesa, ogni pausa conta. “Poesie per Alessia” è una raccolta che affascina per il suo equilibrio tra memoria e immaginazione. Raffaele Piazza dipinge Alessia come figura incandescente nel ricordo, sospesa tra desiderio e irrealtà. Il linguaggio, che danza con luce e colore, e l’atmosfera rarefatta rendono questo libro un’esperienza di poesia vissuta più che raccontata. È una lettura adatta a chi ama indugiare nei sussurri emotivi, nei rimpianti dolci e mai risolti, immersa in un sogno nostalgico e luminoso.
Marcella Mellea
Id: 3730 Data: 23/08/2025 14:03:27
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- Letteratura
Intervista a Maria Teresa Liuzzo di Taghrid Bou Herhi
Intervista condotta dalla poetessa e traduttrice libanese-brasiliana Taghrid Bou Merhi alla poetessa italiana Maria Teresa Liuzzo Quando si parla di multiculturalità, di leadership letteraria e intellettuale, il nome di Maria Teresa Liuzzo emerge come una figura imprescindibile. Scrittrice, filosofa, giornalista e ponte culturale tra Oriente e Occidente, ha costruito un percorso straordinario fatto di parole, pensiero e visione. Con opere tradotte in oltre trenta lingue e un’attività instancabile nel campo editoriale, culturale e accademico, la sua voce è oggi simbolo di universalità. In questa intervista, esploriamo alcune tappe della sua ricca esperienza intellettuale e umana. D. 1) Come è iniziato il tuo percorso letterario e intellettuale? Chi è stata la prima persona a credere nel tuo talento? R. 1) Ero ancora una bambina e il primo a credere in me è stato il grande scrittore e avvocato Massimo Di Prisco, marito della duchessa Maria Piromallo, amico di tanti attori e registi conosciuti e apprezzati dal cinema internazionale come Vittorio De Sica, Federico Fellini e Roberto Rossellini. All’avvocato e scrittore Massimo Di Prisco ho dedicato la poesia “E sarà ancora estate”, mentre le altre due prime poesie scritte da me furono: “Il mondo nella mia anima” e “Solitudine”. Questi miei primi versi li fece leggere a Giulio Einaudi, suo grande amico, e figlio dell’intellettuale ed economista di fama mondiale Luigi Einaudi, secondo presidente della Repubblica Italiana. D. 2) Qual è stata la motivazione principale che ti ha spinta a fondare e dirigere la rivista “Le Muse”? R. 2) La rivista fu fondata da me e da mio marito, il Prof. Paolo Borruto, giornalista, editore, scrittore, regista e produttore. Fu un suo omaggio affinché io potessi operare in modo libero e lontano dalle varie consorterie per dare risalto a quella che è la vera Cultura e ogni forma d’Arte. D. 3) Scrivi in molti ambiti: poesia, filosofia, giornalismo, critica. Come riesci a conciliare tutte queste attività? R. 3) Ho consacrato la mia vita alla cultura. Mi nutro spesso di parole, vocali, consonanti, virgole, apostrofi, parentesi, accenti e li seguo come se ognuno di essi avesse un corpo: dell’insieme ho fatto il mio esercito. Alla scrittura dedico ogni attimo del mio tempo e in ogni cosa che faccio c’è sempre un pezzo del mio cuore e della mia anima che offro a Dio e ai miei lettori sparsi per il mondo, che mi seguono e mi sostengono amorevolmente in tutto quello che scrivo, ma anche per la mia generosità, senso critico, di giustizia e per la trasparenza del mio lato umano, morale, etico e intellettuale. Mi sono occupata per anni degli emarginati, ho difeso i diritti dei carcerati- spesso innocenti- lottando contro le ingiustizie della vita che perpetuano senza vergogna (sfruttamento degli immigrati nei campi agricoli e non solo). Sono una grande sostenitrice della natura che sento viva, vegeta e Madre, in grado di dare vita persino ad una pietra quando dal suo cuore fa spuntare un filo d’erba. Soffro per quello che è accaduto in Amazzonia, le fiamme che hanno distrutto parte della sua foresta, minando il polmone verde del mondo. Ascolto e condivido il respiro di ogni singolo albero, il lacrimare delle piogge che lo bagnano, le cascate degli uccelli tra i suoi rami, tutto racchiuso in un rituale di vita e di morte. Lamenti che attraversano la memoria fustigandola, uncini che strappano la pelle con i suoi suoni onomatopeici. Le carestie, le recenti alluvioni che hanno messo in ginocchio l’India e parte del Bangladesh distruggendo abitazioni e piantagioni di cotone. In questa distanza che divide la notte io continuo ad ascoltare quel lamento di terre bagnate dal pianto dei popoli, soli a lottare contagiati dal verde sotto un riflesso opaco di luna e una vertigine di pioggia. Vivo da solitaria in una civiltà globale le amarezze della terra raccogliendo i linguaggi di tanti paesi. Bevo la luce antica del mare dove tutto vive nel silenzio; dove il seme viaggia col vento; uomo e natura sono un solo germoglio dove la materia affonda le proprie radici e si riproduce. Si edifica come un tempio antico nel ventre dell’assoluto. Nessuno trova il tempo per guardarsi intorno, altrimenti scoprirebbe che il vero paradiso è sulla terra. Basta pensare ad un albero singolare che vive in Amazzonia: il “calipso arcobaleno”. Credo che da una creazione così spettacolare si proietti la vera saggezza; così come nel raccogliere i linguaggi di tanti paesi sconosciuti e lontani ci fa sopravvivere ad ogni tempesta. Forse ci attende un nuovo Noè sotto l’albero dello “Spirito Santo” (Kupahùba) per esplorare la bellezza dell’eterno attraverso un viaggio antropologico che farebbe di ognuno di noi, un essere responsabile, lontano dal cancro del male, dal pozzo delle nebbie, e rendendo il nostro cuore divino. D. 4) Con le tue opere tradotte in oltre 30 lingue, come vedi la responsabilità della parola nel rappresentare la cultura italiana? R. 4) L’Italia, con Roma “Caput Mundi”, è stata la culla della civiltà, il regno di poeti, scrittori, filosofi, matematici. Proprio la Calabria dove io sono nata e cresciuta si chiamava Italia Prima, fu questa regione a forma di stivale che diede il nome all’Italia, ma rimase la Terra dei Miti con i suoi tremila anni di storia, arte e cultura nella terra dei giganti: Ibico, Pitagora, Nosside, Parrasio, Saffo, Talete, Campanella, Alvaro, Boccioni, Preti, Dulbecco, Maria Teresa Liuzzo, Monteleone, Calogero, Cilea, Versace (a cura di P. B.). I vari riconoscimenti mi hanno reso più responsabile come rappresentante dell’Italia nel mondo, in quanto le vere testimonianze e le conoscenze acquisite attraverso la lettura dei miei libri hanno appassionato i lettori oltre oceano, ho fatto di tutto per non deludere le loro aspettative. D. 5) In che modo la tua formazione in psicologia e filosofia ha influenzato la tua visione della letteratura e dell’essere umano? R. 5) Il nostro vissuto è la migliore dimostrazione che riusciamo a trasformare in parole l’amore vero verso il prossimo, i bisognosi, i soli, gli ammalati, i derelitti, i prigionieri, le vittime di guerra. Lo studio è necessario ma è il dolore della vita il migliore maestro. L’umanità siamo noi, e i versi sono i messaggeri della PACE e tutte le creature ne fanno parte. D. 6) Hai una presenza significativa nei media internazionali. Come vedi il ruolo della scrittrice italiana nel panorama culturale globale? R. 6) Forse questa domanda potrebbe essere una novità per qualcun altro, ma non per me che scrivo e pubblico da 55 anni, cioè da quando ero bambina su riviste letterarie nazionali. Pur non viaggiando i miei libri hanno camminato per me, sono stati le mie braccia e la mia bocca, la mia voce. Da oltre 40 anni, e quando i social non esistevano i miei libri erano arrivati in India, Oceania, America, Asia, Europa, Africa. Ho apprezzato molti scrittori arabi (che ritengo molto bravi) e ho avuto una fitta corrispondenza con la crema mitteleuropea. Sono stata prefata, presentata e tradotta dal grande poeta britannico Peter Russell, più volte candidato al Nobel per la Letteratura, da Athanase Vantchev De Tracy, altro Candidato al Premio Nobel per la Letteratura (2019) che ha tradotto in lingua francese il mio primo romanzo “…E adesso parlo!” e decine di poesie, Licio Gelli - candidato al Nobel per la Letteratura – ha recensito diversi miei libri di poesia e Maria Luisa Spaziani che mi ha letto e recensito sin dalla prima opera (Radici-Poesia dell’infanzia), anche lei candidata al Nobel per la Letteratura. Si è interessato alle mie opere persino il grande editore di Chicago Thomas Fleming che mi scrisse: “Lascio a te la fiaccola della Magna Grecia” dopo averlo ripetuto più volte al suo grande amico e poeta Peter Russell. Non sono delusa perché sono stata apprezzata dagli addetti ai lavori e da migliaia di lettori da tutto il mondo. D. 7) Sei Presidente dell’Associazione artistica “P. Benintende”. Qual è, secondo te, il ruolo dell’arte nella formazione dell’identità culturale? R. 7) L’arte è il centro della vita, l’universo intero, il terzo occhio del mondo. Appassionata di musica lirica ho avuto l’occasione di conoscere i più grandi artisti del mondo da Maria Callas, Luciano Pavarotti, Mario Del Monaco. D. 8) Secondo te, i premi e i riconoscimenti letterari rendono veramente giustizia agli scrittori? R. 8) Non credo nei premi letterari di oggi, destinati spesso, a chi meno li merita. Non sono i premi gettati come pula al vento, assegnati senza alcuna autorità né consapevolezza a definire grande uno scrittore ma le sue opere. Saggi, recensioni e prefazioni di illustri nomi di critici di indubbia onestà morale e intellettuale battezzano il poeta o lo scrittore di successo. La scrittura deve essere autentica, intelligente, che coinvolge l’esistenza e la società. Come diceva Peter Russell: “I poeti sono i legislatori dell’umanità”. La poesia analizza il legame tra senso e non senso, tra ombra e luce, tra vita e morte e li descrive così come sono nella realtà senza stravolgere il senso al di là di ogni suo interesse esistenziale ed ontologico, (linguaggio giuridico e letterario). Non siano passi d’aria nell’esplorare antico e moderno. I veri poeti scarseggiano, sono sempre di meno, anche di fronte a queste rivoluzioni di poeti e scrittori autoreferenziali tra manipolazioni e caos di linguaggi. Da improvvisati ed egoisti, quali sono, non sanno che ogni verso nasconde un segreto che non sempre insegna ma aiuta a capire, senza smarrire l’identità regionale della parola affinché sia la voce dell’esistenza e mai della separazione. D. 9) Hai scritto sull’umanità, sull’utopia, sull’ombra e sulla luce... Qual è il tema a te più caro fra tutti? R. 9) Il tema a me più caro rimane quello umano: l’uomo al centro dell’universo. Il sogno è necessario per farci vivere e superare il male pernicioso della realtà in cui viviamo, ma senza la luce del nostro cuore morirebbero le parole, le attese per lasciare spazio al dolore e a una convivenza estremamente distopica, come quella di oggi. D. 10) Quali difficoltà hai affrontato come donna intellettuale e pensatrice in un ambito letterario spesso competitivo? R. 10) Credo poco nella giustizia terrena ma molto in quella divina, Non mescolo il sacro con il profano, mi piace volare da sola, non essere parte del gregge, né strisciare come i serpenti in cerca di approvazioni. Ho molta esperienza della vita. Il dolore e la vita mi hanno reso più forte, perché più crepe hanno aperto più luce mi è arrivata. La competitività non deve essere una guerra, ma deve arricchire gli animi, senza cercare di occultare i talenti con bugie, prepotenze o potere illegittimo che le è stato dato solo per fare numero. La mia forza deriva dalla verità per la quale vivo e sono pronta a morire. Ma la realtà è diversa da quella virtuale, che continua a divorare l’innocenza della bellezza sostituendola con l’orrore. D. 11) Come scegli i testi o gli autori stranieri da tradurre in italiano? Quali sono le sfide nella traduzione di testi appartenenti a culture diverse, come quella araba o asiatica? R. 11) Ci tengo a chiarire che sono quasi sempre gli autori a inviare le loro opere per essere tradotte, autori a me sconosciuti. Leggo i loro contenuti, vivo le loro emozioni e le traduco se incontro un humus letterario e soprattutto umano. D. 12) Cosa rappresenta per te il concetto di “pace culturale” in un mondo attraversato dai conflitti? R. 12) La tua è una bella domanda e non riesco a immaginare una “pace culturale” dove la “guerra culturale” è più feroce del genocidio di Gaza e delle feroci tempeste che colpiscono forte al cuore già provato della terra. Non ci può essere “pace culturale” dove la forza del diritto soccombe dinanzi al diritto della forza, (P. B.) finché ci sono in giro persone - lupi travestiti da agnelli - che operano nella menzogna pur di apparire. Questi personaggi, oscuri, vorrebbero neutralizzare il bello, il sacro, il vero, ma sono soltanto l’ombra di se stessi. Forse, chi parla di cultura ha dimenticato la saggezza, l’amore, la fratellanza tra i popoli e non la corsa a imminenti vittorie ottenute con concorrenze sleali. Lo studio è rinuncia e sacrificio, non di certo uno spettacolo circense. D. 13) Qual è stato il momento di successo che ti ha lasciato il segno più profondo nel cuore? R. 13) Tutti i successi sono come figli, una madre non saprebbe e non dovrebbe scegliere. Sono i fiori di un prato che le lacrime di commozione innaffiano ad ogni ricordo indelebile. Forse il segno più profondo lo ha lasciato un’importante Associazione designandomi Benefattrice dell’Umanità. D. 14) Come contribuisci a scoprire e sostenere nuovi talenti? Quali qualità cerchi nelle voci emergenti? R. 14) I nuovi talenti sono rari. Li riconosci dalla loro umiltà, non conoscono l’arroganza del potere. Sono generosi, empatici nella loro solitudine. Scrivono senza pretese e non per superare gli altri, ma per dare il loro contributo alla letteratura. D. 15) Come direttrice delle pubbliche relazioni e corrispondente internazionale, quanto è importante oggi la diplomazia culturale? R. 15) La diplomazia è sempre stata importante per una civile convivenza, è indispensabile quando ci sono interessi comuni per il bene della società etica, morale e culturale. D. 16) Come vedi il futuro della letteratura nell’epoca della diffusione digitale? R. 16) La diffusione digitale se da un lato è stata importante per l’altro è stata deleteria, in quanto si fa abuso e non uso. Ognuno cerca di sovrastare l’altro. Molti sono spietati e cercano di emergere ad ogni costo con la convinzione di “seppellire” gli elementi autentici per fare prevalere la loro presenza che non è altro che un pacco ingombrante e misero agli occhi dei veri cultori del bello e del sacro. D. 17) C’è un nuovo progetto a cui stai lavorando attualmente e che vorresti condividere con i tuoi lettori? R. 17) Progetti in cantiere che ne sono tanti ed anche importanti, ma saranno piacevoli soprese per i miei lettori quando le opere saranno realizzate, se Dio vuole. D. 18) Come riesci a mantenere viva la tua passione per la scrittura nonostante i tanti impegni e responsabilità? R. 18) Ripeto ancora una volta che scrivo per non morire, non cerco applausi. La scrittura è la mia famiglia, la pace, il mio appuntamento con l’ignoto, il tempio del mio dolore e della mia consolazione, la speranza, la fede, la foresta delle emozioni dove le stelle sono scintille che accendono il sangue e riscaldano il cuore. D. 19) Nel cammino di ogni pensatrice o creativa, ci sono parole che, seppur ascoltate o lette per caso, diventano luce guida o principi indelebili. C’è una frase che hai letto in un libro, o ascoltato da qualcuno, che ti ha colpita profondamente al punto da farla diventare un riferimento costante nel tuo modo di vivere e di relazionarti con gli altri? Qual è questa frase? E perché è rimasta impressa così profondamente nel tuo cuore? R. 19) Ci sono frasi che sconvolgono o toccano il cuore, ma mai e poi mai avrei “lavorato” o scritto frasi di altri. Ogni parola che ho scritto e vissuto è carne del mio corpo, sangue delle mie vene e respiro della mia anima. Il mio motto è donare, non coniugo il verbo pretendere o assimilare. Sono me stessa e tale rimango. D. 20) Sei membro di istituzioni culturali e accademiche prestigiose come il Sirius Media Group, WOW e il Senato Accademico della Leibniz University. Quanto ritieni sia importante, per una scrittrice, essere coinvolta nei movimenti istituzionali e intellettuali? R. 20) È bello essere amati, raggiunti da persone di cultura, ma anche seri con obiettivi onesti. Sono felice di essere letta e di essere utile ai loro progetti che condivido e cerco di dare il meglio di me stessa, con tutto il cuore. D. 21) Hai una presenza molto ampia su riviste e siti internazionali, dall’Uzbekistan al Messico, dal Vietnam alla Danimarca. Come ha influenzato questa diversità geografica e culturale la tua voce letteraria? Ti sei mai sentita una “scrittrice oltre i confini”? R. 21) È importante per me essere presente per costruire qualcosa di utile, di umano, di bello e duraturo nel tempo. Guardo tutte le cose con umanità, a volte, per chi possiede una particolare sensibilità- non è difficile sentire battere il cuore di una pietra che si stringe in una mano. Oggi come ieri mi sento cittadina del mondo perché la scrittura, quella vera, non ha confini geografici né culturali se l’intento è raggiungere la pace, un sogno difficilmente realizzabile. Credo di essere stata da sempre “una scrittrice oltre i confini”. Con gli scrittori, editori, artisti abbiamo sempre edificato senza rincorrere poteri di gloria, ma per il bene del progresso. D. 22) Hai scritto centinaia di articoli di critica letteraria e artistica, e curi una rubrica poetica intitolata Miosòtide – Non ti scordar di me. Quanto ritieni sia importante documentare e archiviare le voci poetiche in un’epoca che tende a dimenticare velocemente? R. 22) Quello in cui credo non va mai dimenticato, la carta brucia, la memoria semina e arricchisce. Credo nei miei lettori, nelle biblioteche, ovunque ci siano i miei libri e riviste che hanno rappresentato e unito il cuore dei lettori dei cinque continenti, ancora prima che ci fossero le piattaforme social. D. 23) Hai scritto di tematiche esistenziali come L’ombra non supera la luce e Eutanasia d’utopia, e recentemente hai pubblicato Non seppellitemi viva. Vedi la scrittura come uno strumento di liberazione interiore o come una forma di resistenza? R. 23)Liberazione e resistenza, pur essendo due cose diverse hanno in comune l’intensità. La scrittura è testimonianza e testamento per i posteri. D. 24) Le tue opere sono state tradotte in decine di lingue e hai collaborato con figure letterarie di tutto il mondo. Tra queste esperienze di traduzione, c’è stato un dialogo culturale che ha segnato una svolta nel tuo percorso o ha cambiato la tua visione del mondo? R. 24) Il mondo lo cambia il nostro modo di pensare, io sono una persona molto positiva e anche dal male ho tratto il bene (con sacrificio e volontà ferrea). Il mondo siamo noi, per questo la collaborazione è indispensabile, ma non tutti accettano sacrifici né la verità. Amano le cose facili, di scarso valore. D. 25) Qual è la domanda che non ti ho posto e che avresti voluto ricevere? E quale sarebbe? R. 25) Per esempio se sono felice e quanto tempo dedico a me stessa. Felice lo sono nella mia famiglia con un figlio che adoro e un cagnolino che è la mia compagnia e la mia gioia. Sono una persona molto amata perché so vivere e comprendo l’animo umano, molto fragile. Quanto il tempo che dedico a me stessa non è mai esistito e so che quando passa non ritorna. Se fosse possibile risponderti ti direi: “Ferma questo tempo che mi fa impazzire!”. È l’unica cosa con la quale non posso competere. Maria Teresa Liuzzo
Id: 3726 Data: 21/08/2025 20:13:38
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- Letteratura
Franco Colandrea - A mio figlio Paolo - Guido Miano Editore
Franco Colandrea, A mio figlio Paolo (Dialoghi d’amore), Guido Miano Editore, Milano 2024. Recensione di Raffaele Piazza Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede si può definire come il diario di un’anima, di un padre che ha perduto prematuramente un figlio e così la morte del figlio Paolo diviene per Franco Colandrea occasione di uno scritto che virtualmente è indirizzato al figlio stesso; non un monologo, ma Dialoghi d’amore,come suggerisce il sottotitolo del volume. Il tema della morte di un figlio è stato già oggetto di opere letterarie come per esempio il libro di poesia Il dolore di Giuseppe Ungaretti e la letteratura diviene così strumento per la rielaborazione del lutto e del resto scrivere è sempre qualcosa di salvifico. Il libro presenta una prefazione esauriente e ricca di acribia di Floriano Romboli intitolata L’intensità di un amore senza confini. A livello strutturale il testo è costituito da una sequenza di brevi frammenti tutti forniti di titolo e il linguaggio usato da Colandrea è chiaro e icastico. Ricorre il tema del ricordo del sorriso di Paolo e il padre rievoca momenti felici a contatto con la natura passati insieme L’interlocutore dell’io-narrante è Paolo al quale Franco si rivolge come se gli mandasse lettere o messaggi in bottiglia come se fosse una presenza-assenza e Colandrea con queste missive destinate al figlio scomparso ne riattualizza il ricordo attraverso la memoria involontaria in modo positivo e costruttivo per rivivere nello scatto e scarto memoriale i momenti belli passati con lui. Si piò considerare architettonicamente questo volume come una serie di flash che descrivono situazioni profonde a livello affettivo tra un padre e un figlio molto legati tra loro e le situazioni descritte sono ambientate soprattutto nel tempo dell’infanzia di Paolo, anima in formazione sensibile e felice, anche perché ha la fortuna di avere un padre lungimirante, buono e intelligente che gli vuole veramente bene e credo che ogni lettore-genitore può identificarsi tout-court con l’io narrante. Una natura idilliaca fa spesso da sfondo, da cornice al binomio padre-figlio e anche il sogno e il sogno ad occhi aperti fanno parte delle tematiche espresse dall’autore. Molto suggestivo il frammento intitolato Un fiore nella notte dove è presente il tema della metamorfosi quando l’autore dice di vedere gli occhi scuri e profondi di Paolo e l’Io del figlio mostra al padre un fiore nero e Franco gli svela l’enigma dicendo che quel fiore è il fiore della notte, del buio e dell’oblio ed è egli stesso. Libro intelligente e felice che, pur partendo dal dato incontrovertibile del dolore, tramite l’esercizio di conoscenza e la riattualizzazione di situazioni passate, diviene salvifico e serve a rinnovare la gioia dell’amore nella sua inscindibile relazione proprio con la stessa morte. Raffaele Piazza Franco Colandrea, A mio figlio Paolo – Dialoghi d’amore, prefazione di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-40-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3722 Data: 18/08/2025 00:17:30
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- Poesia
Vincenzo Meo - Oggetti Preziosi
Vincenzo Meo, Oggetti Preziosi, Guido Miano Editore, Milano 2024 Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie Oggetti Preziosi(Guido Miano Editore, Milano 2024) di Vincenzo Meopresenta due prefazioni: una di Michele Miano e l’altra di Romeo Iurescia. entrambe centrate e ricche di acribia e anche una nota critica di Vincenzo Bendinelli. La silloge è scandita nelle seguenti sezioni: “Cielo grigio e squarci azzurri”, “Una luce diversa”, “Anonima”. Significativa la poesia eponima che non a caso è la prima del testo e che in modo incontrovertibile ha un carattere programmatico; “Da ragazzo/ mi avventuravo lungo il fiume/ cercando oggetti preziosi/ fossili, radici, pietre rare/ e tutto ciò che vi fosse/ di insolito e sconosciuto./ poi ad un tratto/ abbandonai quel mondo/ di palpabili oggetti,/ per cercare dentro di me/ oggetti più preziosi”. Nella suddetta composizione si assiste ad uno spostamento dell’attenzione da parte dell’io-poetante dal mondo delle cose esterne e tangibili all’interiorità del poeta stesso, sfere che hanno in comune la possibilità di contenere cose preziose per la vita e del resto fossili radici e pietre rare divengono correlativi oggettivi per una ricerca simbolica del senso della vita stessa di cose fisiche che sopravviveranno al poeta e a tutti pur essendo inanimate Poi per un secondo livello il poeta per un forte impegno etico si ripiega su se stesso per trovare nella sua psiche cose preziose e da questo scavo nasce, scaturisce la poesia stessa che è l’unica cosa che può salvare. Una forte e insolita chiarezza caratterizza i componimenti di Meo che sembrano sottesi ad una scaltrita e intelligente coscienza letteraria. La luce e le tinte numinose presumibilmente del cielo sembrano essere dette controcampo quasi come antidoto al male e alla violenza del mondo che turba Meo che però è perfettamente convinto che la vera felicità è nel bene e che una persona possa essere nel carattere fortissima e anche buona in una stabile gioia e che la poesia stessa può nell’attimo fermare il tempo in una forma d’infinito diversa da quella leopardiana se c’è un’uscita trascendente e ogni fenomeno è morale. Quanto suddetto è colto anche da Michele Miano nella sua prefazione e accade così che il pessimismo di fondo diventi ottimismo. Scrive infatti Miano che Vincenzo affronta la scrittura letteraria come affronta la vita di ogni giorno con forza, dignità e fiducia e con quello sguardo pulito e profondo dell’artista che non teme di scontrarsi con lo squallore della violenza della degradazione dei valori etici di una società ormai alla deriva. Non è solo la poesia che salva, perché intimamente connessa alla poesia stessa il poeta per la sua redenzione crede in Dio e fa bene a gettare su di Lui ogni sua ansia e ogni suo dolore e nella poesia Grazie Signore scrive: “ Grazie Signore!/ per averci dato le stelle che ci fanno un po’ di compagnia/ in questo mondo così triste e solo“. Intrigante un componimento della prima sezione che contiene il concetto della poesia nella poesia intitolato Un poeta; “Un uomo/ un operaio/ un medico/ un professore/ uno scienziato il capo di una nazione/ un poeta/ qualcosa di più/ qualcosa di diverso". Una vena e un’ispirazione poetica originali in questi componimenti connotati da chiarezza e da eleganza e la loro semplicità sottende la complessità di in pensiero intelligente e profondo che produce un interessante esercizio di conoscenza. Raffaele Piazza Vincenzo Meo, Oggetti Preziosi, prefazioni di Michele Miano e Romeo Iurescia, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 128, isbn 979-12-81351-35-6, mianoposta@gmail.com.
Id: 3721 Data: 18/08/2025 00:10:23
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- Poesia
Francesco Rossi - Scorie desperienza
Francesco Rossi SCORIE D’ESPERIENZA Recensione di Raffaele Piazza Scorie d’Esperienza,la raccolta di poesie di Francesco Rossi che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Floriano Romboli esauriente, acuta e ricca di acribia intitolata: Dare un senso alla vita: il coraggio, la fatica e la rabbia di un poeta, parole che hanno un valore programmatico da intendersi nel senso a livello di coscienza letteraria dell’incontrovertibile valore salvifico della poesia stessaper varcare la soglia del senso stesso per liberarsi da una vita alienante e giungere o almeno arrivare in prossimità della possibilità di abitare poeticamente la terra in fusione e armonia con essa. La poetica di Rossi è connotata da intellettualismo e anche talvolta da accenni di poesia civile (non a caso il riferimento esplicito a Pasolini): «Il Poeta tra l’umile s’addentra / Italia che vive sotterranea, / trìvia per il passato popolare, / lontana origine della coscienza… // Di fronte alla storia qual muta varia / si scontra l’ “ègo” borghese invischiato /…» (A miglior vate le ceneri…). Si diceva di liberazione e in realtà dal titolo della raccolta emerge la parola “scorie” da intendersi come residuo di un processo per esempio di estrazione di un metallo da un minerale, qualcosa di cui liberarsi. Sembrerebbe che qui metaforicamente le scorie (per antonomasia inutili e dannose) possano avere un risvolto ottimistico e positivo e divenire esse stesse poesie come frutto dell’esperienza. L’autore del volume è nato nel 1973 a Jesi (AN) e ha pubblicato numerose opere letterarie. Il libro è scandito nelle seguenti sezioni: Ouverture pasoliniana, Via Crucis, Ozio di Marca, ed è composito e articolato architettonicamente. Quindi nel suo poiein il poeta si rivela un eclettico ritrovando nella sua produzione tematiche svariate anche se a livello stilistico formale tutte le poesie sono connotate da un comune denominatore, quello di una parola detta con urgenza che provoca complessità e che ha un forte impatto con il lettore a livello emozionale, lettore stesso che è meglio che legga per due volte le poesie per una maggiore comprensione anche se non si ritrova mai né l’alogico, né l’anarchico nel distendersi dei versi dei componimenti che brillano per icasticità. C’è anche il tema della poesia che riflette sulla poesia, si ripiega su se stessa: «Smania il Poeta di parlare al mondo, / di raccontare, di offrire se stesso, / a un contesto sociale di valori!...» (L’usignolo che stonato canta…) e il tono usato dal poeta è spesso assertivo e gnomico. I titoli della prima sezione riprendono quelli dei libri pasoliniani: «Dalle contraddizioni alle storture / in cui s’organizza il politicare / al notar termina estemporaneo / lo strumento dell’animo al Poeta, / sgualcito fiore d’origine tersa…» (Predicatore visionario). Nella sezione Via Crucis ritroviamo inizialmente i componimenti per le tappe della via crucis stessa e il linguaggio intonandosi al tema si fa crudo e mistico: «…Dio non può esser che figlio a se stesso, / se la casa è l’equivalente Amore / che eguaglia i fini con la sua scienza, / che ogni speranza attende alla veggenza…» (Cristo condannato a morte). Quindi attraverso le scorie dell’esperienza si ricostruisce un discorso e se c’è un proverbio tedesco che afferma che se l’esperienza è il nome che noi diamo ai nostri errori si può affermare che dopo esserci corretti ed essere maturati ci vorrà solo un minimo di impegno per riuscire in tutto: amore, lavoro, amicizia. Raffaele Piazza Francesco Rossi, Scorie d’esperienza, pref. di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 188, isbn 978-88-31497-90-9, mianoposta@gmail.com.
Id: 3714 Data: 04/08/2025 01:26:57
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- Poesia
Marco Righi - Scienza, Fede...e Poesia
Marco Righi SCIENZA, FEDE… E POESIA La raccolta di poesie di Marco Righi (Milano, 1955), che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Enzo Concardi centrata, acuta e ricca di acribia. Il testo è composito e ben strutturato architettonicamente ed è tripartito nelle sezioni Scienza, Fede e Poesia. Una vena del tutto antilirica e antielegiaca connota i componimenti del Nostro che sono caratterizzati da chiarezza, narratività, precisione e luminosità con subitanee epifanie e accensioni. Ambizioso e riuscito è l’intento dell’autore che fa dei tre temi considerati tre linee di codice che si sovrappongono e s’intersecano tra loro. Sono categorie fondamentali i tre concetti messi in gioco ed è doveroso ricordare il saggio di Guitton Dio e la scienza che parte dall’assunto che l’universo e la natura, la materia animata e inanimata hanno una struttura così complessa, compiuta e articolata, non casuale, hanno una forma così esatta e meravigliosa tale da non potere essere sottesa al caso o all’entropia ma ad una forza ad un lavoro di quelli che gli antichi chiamavano demiurgo e i seguaci delle religioni monoteiste definiscono Dio. Il poeta a volte si rivolge a se stesso ripiegandosi sul suo ego come nel componimento Passione situato nella prima scansione: «E un’altra volta è notte / e un’altra volta / ti sembra di aver gettato la tua vita…»versi che esprimono un contenuto condivisibile dal lettore che può in molti casi identificarsi nell’io poetante anche se Mario Luzi ha scritto che la notte lava la mente. Nella sezione Fede incontriamo un continuo interrogarsi sul tema della Fede sia in senso personale, sia in senso collettivo. Da notare che in tutte e tre le parti il poeta si esprime con un tono speculativo e intellettualistico che sottende i versi nelle loro immagini che sono nello stesso tempo icastiche e leggere, veloci, precise e armonioso e si ravvisa sempre una base scientifica vista la professione di Righi, che lo porta ad affrontare armonicamente e con un’armonia matematica e geometrizzante il poiein e che è la cifra distintiva della notevole e originale raccolta. «…Passa la vita, / passan le tue azioni / resta la Fiducia / in chi tu incontrerai…» (Chiesa)e la persona dell’incontro potrebbe essere Dio stesso, un Dio immanente e trascendente nello stesso tempo. Del resto il filo rosso della raccolta pare essere ravvisato in una stabile ricerca del senso della vita e delle cose e centrale è il tema dell’approccio dell’io – poetante alla realtà nelle tredimensioni che il poeta esplora con sensibilità e intelligenza nel suo lanciare a chi legge il suo messaggio in bottiglia nel mare magnum della contemporaneità al tempo della pandemia e una poesia è dedicata proprio ad essa. In Il viaggio il poeta scrive: «Ciascuno nasce / aperto sulla vita / l’animo cieco / intriso di ignoranza // e viene al Fonte / lavacro e Fiamma Viva / occhi e orecchi / schiude alla Parola // Si parte / È il Viaggio / il sol che all’Uomo importi / che tutti gli altri / in tondo fa girare //…». Per questo volume è precisamente adatta tout-court la definizione di esercizio di conoscenza un continuo ontologico interrogarsi sulla realtà visibile e invisibile e la poesia stessa diviene la mediatrice tra Scienza e Fede. Da notare che il lavoro contiene dei disegni dell’autore che ben s’intonano alle poesie. Raffaele Piazza Marco Righi, Scienza, Fede… e Poesia, pref. Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 94, isbn 978-88-31497-71-8, mianoposta@gmail.com.
Id: 3713 Data: 04/08/2025 01:13:55
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- Letteratura
Ester Franzil - Abies alba e altre poesie
Ester Franzil, Abies alba e altre poesie, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Ester Franzil è nata nel 1951 a Cadegliano (VA) e vive a Marchirolo (VA): già docente alla scuola primaria è poetessa, studiosa di psicologia, sociologia e pedagogia e ha pubblicato le raccolte di poesie L’ allodola e il sole (1994) e L’incanto della natura (2021). Il sintagma Abies Alba significa abete bianco come scrive l’autrice della silloge in una nota, un albero, che nell’antico giardino è stato simbolicamente custode generoso dei suoi giochi infantili, altalena, arrampicate, rifugio materno di sospiri del cuore e del resto la tematica della metafora vegetale è stata motivo di ispirazione per molti poeti tra i quali è doveroso ricordare Andrea Zanzotto e il francese Ponge che disquisendo di detto e non detto affermava che sarebbe bello se un albero potesse parlare realmente e comunque aggiunge chi scrive che è una cosa felice anche solo immaginare quanto suddetto poeticamente come se accadesse in un sogno ad occhi aperti. La raccolta presenta un’acuta prefazione di Floriano Romboli intitolata L’amore per la vita come fonte di speranza e di gioia. Attraverso la poetica di Ester emerge con forza l’idea che nella vita nonostante tutto esiste ancora la possibilità di stupirsi e questo si evidenzia nella lirica Stupore: «Graniti rosa arrotondati e/ lisciati da distratte carezze del vento/ d’impossibile rosso s’incendiano».Qui come in molti componimenti si nota l’amore per la natura dell’autrice una natura che appare benevola e rassicurante contrariamente a quella matrigna teorizzata da Leopardi nelle Operette morali. I versi nel poiein della Nostra procedono per accumulo e sembrano sgorgare senza sforzo gli uni dagli altri e costante è una loro complessità che crea sospensione, una vaga bellezza e anche un’aurea di magia. A volte pare che l’io-poetante molto autocentrato provi un forte desiderio di fusione con la natura stessa un anelito a interanimarsi con essa; in Anelito leggiamo:«Si culla il mare/ danza coi raggi sulle onde/ il respiro trattiene/ Vorrei…/ sui flutti dell’oceano riposarmi/ nelle amorose braccia del vento cullarmi». Bella e originale la poesia dedicata a Pablo Picasso nella quale attraverso il denso tessuto delle parole sembrano materializzarsi gli inconfondibili quadri del pittore unici nella loro sensuale e numinosa bellezza. Particolarmente suggestivo il componimento Ciclico silenzio molto denso e carico di ipersegno: «Invernale silenzio/ vuoti, seminati campi sognanti/ sospeso cielo di cinguettii muto/ custodito tempo in candido piumone/ assopito d’attesa gravido/ autunnale silenzio/ vibrante tavolozza di/ sfavillanti, moribonde foglie.// Estivo silenzio meridiano/ grondante sonnolente/ estenuate cicale…/ primaverile silenzio/ germogliante il risorto/ divino mistero». Si tratta tout-court di un’immersione per il lettore in una dimensione incantata dove il dato materiale è sublimato tramite la parola poetica sottesa alle categorie del tempo e del silenzio che pare evocano beltà e nobili sentimenti. E ancora il silenzio in Prodigioso silenzio poesia dove sorprendentemente la poetessa ci parla con un’associazione di due unità minime inedita e magica di voce del silenzio, che potrebbe essere quella dell’invisibile connesso all’indicibile. Se in poesia tutto è presunto, attraverso le leggiadre liriche di Ester piene di mistero nella loro composita struttura architettonica sembra di entrare in una dimensione vivissima di costante linearità dell’incanto. Raffaele Piazza Ester Franzil, Abies alba e altre poesie, prefazione di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 52, isbn 979-12-81351-66-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3712 Data: 27/07/2025 18:46:43
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- Poesia
Gabriella Frenna - Regina Neferiti
Gabriella Frenna – Regina Nefertiti Mosaici di Michele Frenna Guido Miano Editore – Milano – 2023 – pag. 85 - € 15,00 Gabriella Frenna, poetessa, è nata a Messina e risiede, fin dall’infanzia, a Palermo. È sempre stata affascinata dai narratori, dal modo di descrivere e trasportare il lettore all’interno delle loro creazioni. Dalla dipartita dal mondo terreno della sua amata sorella e del padre Michele si è interessata alle opere che proiettano l’animo umano verso il mistero del divino, proponendosi di diffondere i principi cristiani impressi mirabilmente nei mosaici. La raccolta di poesie nella quale sono inseriti alcuni mosaici di Michele Frenna che hanno un rapporto osmotico con i testi stessi essendone motivo di ispirazione. presenta una prefazione di Marco Zelioli esauriente e ricca di acribia. Ancora una volta con questo lavoro la multidisciplinarità tra le arti si dimostra una scelta vincente e il volume può essere considerato un ipertesto. È una circostanza felice che la Frenna si ispiri agli splendidi e originalissimi mosaici del padre che essendo composti da tasselli di vetro creano tout-court un nuovo e inconfondibile modo di fare arte e questo dà valore all’opera di Michele e ci auguriamo che visto il fascino dei suoi mosaici possa avere dei continuatori, artisti che continuino ad esprimersi con la sua tecnica. La raccolta ha per oggetto l’Egitto e la sua civiltà che incanta l’autrice che in questo caso diviene portavoce di qualcosa di molto interessante. Infatti nelle poesie luminose che hanno qualcosa di didascalico sono fatti riferimenti ad accadimenti in campo geografico, storico, scientifico e artistico della civiltà dell’antico Egitto. Molto interessante per cogliere la chiave interpretativa del libro il componimento intitolato Voce narrante nella quale è protagonista l’artista musivo che attraverso la sua opere diviene storico della cultura egiziana toccandone tutti gli aspetti e suggerendo immagini e idee ai versi della figlia poetessa. Quindi il protagonista del lavoro è l’Egitto ai tempi dell’edificazione delle piramidi che in sé stesse sono già un mistero. In un certo senso il libro può essere considerato, fatto singolare, una lezione di storia ma anche di storia dell’arte nonché di geografia in versi e questo è un tratto assai singolare. La raccolta non è scandita e per la sua unitarietà stilistica, contenutistica e formale potrebbe essere considerata un poemetto. In sintonia con quanto suddetto il discorso del prefatore che scrive che torna a comporre i suoi versi, come mettendo le tessere d’un mosaico l’una accanto all’altra per meravigliarci con l’insieme del tutto la poetessa. Nella sua globalità il testo diviene un esercizio di conoscenza e la poetica della Frenna si dimostra portatrice d’intelligenza, consapevolezza e possiamo anche aggiungere un unicum con quest’opere. Da segnalare che nell’ espressione che è neolirica si evidenziano leggerezza, unicità, sospensione, bellezza e tutto l’ordine del discorso è sotteso ad un magistrale controllo della materia. Raffaele Piazza Gabriella Frenna – Regina Nefertiti Mosaici di Michele Frenna Guido Miano Editore – Milano – 2023 – pag. 85 - € 15,00 Gabriella Frenna, poetessa, è nata a Messina e risiede, fin dall’infanzia, a Palermo. È sempre stata affascinata dai narratori, dal modo di descrivere e trasportare il lettore all’interno delle loro creazioni. Dalla dipartita dal mondo terreno della sua amata sorella e del padre Michele si è interessata alle opere che proiettano l’animo umano verso il mistero del divino, proponendosi di diffondere i principi cristiani impressi mirabilmente nei mosaici. La raccolta di poesie nella quale sono inseriti alcuni mosaici di Michele Frenna che hanno un rapporto osmotico con i testi stessi essendone motivo di ispirazione. presenta una prefazione di Marco Zelioli esauriente e ricca di acribia. Ancora una volta con questo lavoro la multidisciplinarità tra le arti si dimostra una scelta vincente e il volume può essere considerato un ipertesto. È una circostanza felice che la Frenna si ispiri agli splendidi e originalissimi mosaici del padre che essendo composti da tasselli di vetro creano tout-court un nuovo e inconfondibile modo di fare arte e questo dà valore all’opera di Michele e ci auguriamo che visto il fascino dei suoi mosaici possa avere dei continuatori, artisti che continuino ad esprimersi con la sua tecnica. La raccolta ha per oggetto l’Egitto e la sua civiltà che incanta l’autrice che in questo caso diviene portavoce di qualcosa di molto interessante. Infatti nelle poesie luminose che hanno qualcosa di didascalico sono fatti riferimenti ad accadimenti in campo geografico, storico, scientifico e artistico della civiltà dell’antico Egitto. Molto interessante per cogliere la chiave interpretativa del libro il componimento intitolato Voce narrante nella quale è protagonista l’artista musivo che attraverso la sua opere diviene storico della cultura egiziana toccandone tutti gli aspetti e suggerendo immagini e idee ai versi della figlia poetessa. Quindi il protagonista del lavoro è l’Egitto ai tempi dell’edificazione delle piramidi che in sé stesse sono già un mistero. In un certo senso il libro può essere considerato, fatto singolare, una lezione di storia ma anche di storia dell’arte nonché di geografia in versi e questo è un tratto assai singolare. La raccolta non è scandita e per la sua unitarietà stilistica, contenutistica e formale potrebbe essere considerata un poemetto. In sintonia con quanto suddetto il discorso del prefatore che scrive che torna a comporre i suoi versi, come mettendo le tessere d’un mosaico l’una accanto all’altra per meravigliarci con l’insieme del tutto la poetessa. Nella sua globalità il testo diviene un esercizio di conoscenza e la poetica della Frenna si dimostra portatrice d’intelligenza, consapevolezza e possiamo anche aggiungere un unicum con quest’opere. Da segnalare che nell’ espressione che è neolirica si evidenziano leggerezza, unicità, sospensione, bellezza e tutto l’ordine del discorso è sotteso ad un magistrale controllo della materia. Raffaele Piazza
Id: 3711 Data: 24/07/2025 07:51:05
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- Poesia
Maria Elena Mignosi Picone - I colori della natura
Maria Elena Mignosi Picone – I colori della natura Guido Miano Editore – Milano – 2019 – pag. 79 - € 18,00 Un superlativo connubio tra poesia e pittura è questo lavoro nel quale interagiscono e s’intersecano le due linee di codice dei versi di Maria Elena Mignosi Picone e dei dipinti di Iginia Mignosi che è stata la madre della poetessa e questo dato amplifica l’alto risultato dell’unione tra arti diverse perché si riverberano nei tratti dei quadri e nelle poesie sentimenti d’intimità e affinità reciproci come solo possono essere quelli di una madre per una figlia e viceversa. Alcune poesie del volume sono ispirate dai quadri di Iginia che usa la tecnica ad olio, dipinti connotati da un acceso cromatismo e da una forma che pur essendo figurativa, tramite la tecnica usata dall’artista, deforma in qualche modo le figure espresse sulla tela in una maniera inconfondibile e per questo con consapevolezza Iginia riesce a trasfigurare la realtà sensibile in immagini che hanno vagamente una tendenza neoespressionistica. Come scrive Michele Miano nello scritto Parallelismo delle arti la pittura può risultare poesia muta e la poesia pittura parlante e sono numerosi nella storia dell’arte i rapporti di amicizia tra pittori e poeti. E infatti sono ancora attualissimi i rapporti multidisciplinari tra le due espressioni che si potenziano a vicenda e in Nei colori della natura la sintesi produce quello che si può definire un ipertesto. Come dal titolo dell’opera è la natura la protagonista di questo testo che per entrambi i livelli tende alla linearità dell’incanto, natura idilliaca e suggestiva che riesce a restituire il dato primevo di cieli, fiori, mari, ruscelli, monti, alberi e anche figure umane perché anche l’essere umano è natura in sé stesso. Da notare l’attenzione della Rivista Internazionale le Muse per le due artiste infatti sia Maria Elena, che è anche redattrice di Le Muse, sia Iginia sono state personaggi del mese della Rivista. Iginia è stata anche musicista e quindi da ciò si sottolinea l’importanza di tutte le arti per un accrescimento dell’anima sia per chi le pratica sia per i suoi fruitori che tramite l’arte arrivano anche ad ottenere una sintonia tra psiche e corpo e tra conscio, preconscio e inconscio, cose che sembrano del tutto perse nella nostra realtà spesso liquida e alienata, società dell’avere prima dell’essere, consumistica e ipertecnologica nell’epoca del villaggio globale. La poetica di Maria Elena è quella di un biografismo creaturale nel percepire in un sogno ad occhi aperti la realtà per trasfigurarla in poesia con il passaggio da creatura a persona in un felice ritrovamento dell’identità. Armonia pare diventare la parola che sottende le espressioni dei due livelli e come in altre opere della Mignosi Picone nella scrittura emerge anche il tema religioso e vengono nominati Dio come Padre e Creatore e anche Gesù. Nell’esaltazione della bellezza del creato in tutte le sue manifestazioni ed epifanie sembrerebbe risultare come modello per entrambe le artiste San Francesco D’Assisi con il Cantico delle Creature e la fruizione del fortunato lettore di questo volume nel mare magnum vorticoso della vita produce nell’animo del lettore stesso pace e letizia come un porto franco per l’essere. Raffaele Piazza
Id: 3710 Data: 20/07/2025 18:00:02
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- Letteratura
Angela Ragozzino - Cè ancora speranza .
Angela Ragozzino, C’è ancora speranza, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Angela Ragozzino è nata nel 1956 a Sant’Angelo il Formis, frazione di Capua, in provincia di Caserta, dove attualmente risiede. Ha pubblicato numerose raccolte di poesie tra le quali Essere nel tempo (2018), Il colore dei ricordi. Poesie e immagini 2022), Voci d’anima, d’arte e di natura (2023). Se per San Paolo La Fede è la certezza della Speranza e San Giovanni Paolo II ha scritto tra i suoi libri un volume intitolato Varcare la soglia della speranza e se in alcuni componimenti della raccolta sono nominate il Padre, la Fede stessa, la Divina Pietà e gli Angeli, si comprende che alle radici dell’ispirazione della Ragazzino ci sia un sostrato religioso, una matrice cattolica che diviene la base per i sentimenti che animano le sue tematiche tradotte in versi. come l’amore per la natura e l’amore per il padre e per la persona amata. Del resto la fiducia nella Provvidenza e nella Speranza stessa è un cardine incontrovertibile per la forma mentis di un vero cristiano. Inoltre si deve ricordare che anche Giovanni Paolo II è stato un eccellente poeta come anche il sacerdote David Maria Turoldo e lo stesso Mario Luzi, candidato al Nobel per la poesia, era cattolico. Il volume C’è ancora speranza, pubblicato da Guido Miano Editore, 2025, presenta un’esauriente e acuta prefazione di Michele Miano centrata e ricca di acribia. In questo libro ci sono anche delle foto spettacolari abbinate alle poesie che accrescono il piacere dell’immersione nelle pagine del testo. La silloge non è scandita e se la poesia, come diceva Goethe, è sempre d’occasione, non è un caso che la poesia della Ragozzino a volte abbia per argomento la sua professione di medico-rianimatore nel suo interagire con colleghi medici e infermieri dell’ospedale nel quale lavora. Per avvalorare quanto suddetto si cita la poesia Agli angeli della notte che non a caso è la prima che apre la raccolta ed è dedicata al Personale della Rianimazione della clinica dove la poeta svolge la sua attività. i cui rappresentanti sono denominati come angeli metaforicamente proprio per il tipo di attività umanitaria che svolgono. Leggiamo l’incipit di Agli angeli della notte: «A chi lotta per la vita/ Altrui/ A chi piange/ Destino/ A chi prega per un fratello/ che muore/ A chi nella notte veglia/ tra luci ed ombre/ A chi ha Fede e spera/ nella Divina Pietà…». Per un’analisi compiuta e composita del volume è doveroso soffermarsi anche sulle fotografie in esso contenute alcune delle quali riproducono dipinti e sculture di vari autori per cui, per i rapporti osmotici tra poesia e arte, il lavoro in toto può essere considerato un ipertesto; inoltre alcune delle foto inserite nel volume riproducono paesaggi di grande suggestione e si possono definire tout-court fotografie artistiche e c’è da mettere in rilievo che già in opere precedenti Angela aveva realizzato simili commistioni di linee di codice. Il testo non è scandito in sezioni e l’ispirazione che anche in questa prova connota il poiein della Ragozzino è tout-court di matrice neo-lirica. In Profumi d’autunno leggiamo: «Cadono le foglie/ partono le rondini/ per lidi lontani/ S’alza la prima nebbia/ sui campi arati,/ si prepara la vigna alla vendemmia/ I verdi teli distesi sotto gli olivi/ raccolgono i frutti maturi…». Qui nella linearità dell’incanto s’invera il tema della natura nella descrizione mirabile di una campagna idilliaca. Raffaele Piazza Angela Ragozzino, C’è ancora speranza, prefazione di Michele Miano; Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80, isbn 979-12-81351-63-9.
Id: 3709 Data: 15/07/2025 13:43:48
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- Letteratura
Michele MianoSo che ti prenderai cura di mePoesie e appunti
Michele Miano, So che ti prenderai cura di me, Poesie e appunti, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Michele Miano (Milano, 1971) editor e co-editore di Guido Miano Editore. Studi classici e laurea in Giurisprudenza. Consulente legale, insieme alla professione, coltiva la passione per la storia del libro e della stampa. Umanista bibliofilo, da sempre nel mondo dei libri e dell’editoria indipendente con la casa editrice di famiglia è operatore culturale, poeta, critico letterario e d’arte. Per la sua natura composita il volume del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, può essere considerato un ipertesto attraverso le linee di codice che si affiancano intersecano e sovrappongono e che sono poesie, appunti, riflessioni, ricordi e una sorta di soliloquio con il genitore. Evocativo il titolo del libro So che ti prenderai cura di me, affermazione o per meglio dire invocazione che l’autore pare rivolgere sia ad ogni singolo potenziale lettore, sia alla memoria della figura paterna che è centrale nel discorso complessivo. quasi come un nume tutelare. Se in tutti i rapporti non solo tra esseri umani è fondamentale e presente una quota incontrovertibile di affettività, se nella vita tutto è un fatto affettivo, questo fattore x, legato intrinsecamente alla condizione umana, acquista ridondanza proprio nel titolo stesso di quest’opera e sta al lettore interlocutore dello scrittore ritrovare il filo rosso che lega le parti del libro che diacronicamente si dipana attraverso la storia di persone che virtualmente potrebbero essere considerate come eroi nel muoversi attentamente per la creazione e poi la gestione di una Casa editrice e se nella vicenda c’è un protagonista è proprio Guido Miano padre di Michele e Carmelo e fondatore della Casa Editrice stessa. Il libro è impreziosito da alcuni aneddoti e foto di repertorio di alcuni personaggi della cultura che lo stesso letterato ha conosciuto e frequentato in varie occasioni e con cui ha stabilito rapporti di lavoro produttivi e felici. Il lavoro si apre con due scritti introduttivi, A te che leggi e Lettera a mio padre Guido, nel quale il figlio afferma che con Guido stesso forse senza volerlo già si erano detti tutto e continua il Nostro scrivendo che “le cose non dette” hanno il sopravvento su di noi e hanno il fascino del mistero, di cose rimaste in bilico in sospeso nel limbo di chiaroscuri, di parole mai chiarite, mai decifrate, mai capite in fondo. In A te che leggi il poeta scrive che la sua opera è una sorta di Zibaldone (così lo avrebbe chiamato scherzosamente mio padre) appunti / riflessioni / poesiole sgangherate dell’età giovanile. A proposito delle poesie presenti nel volume è doveroso definirle neo-liriche tout-court e riconoscere che in esse una natura interiorizzata è la protagonista; inoltre si deve constatare che è ironica e segno di modestia la suddetta autodefinizione di tali liriche da parte di Michele perché si tratta invece di testi leggiadri e compiuti, intensi e icastici nella loro leggerezza. In Primavera leggiamo: «Primavera ritorna/ e il dolore mi addenta/ con morsi di gelo./ È il vento che scuote profonde solitudini./ Lieve cielo/ terra che respiro./ Sospeso ad un filo di vento/ scioglimi da questo peso./ Volteggiate rondini/ come bianche colombe…». A livello stilistico e formale le poesie sono raffinate e ben cesellate e in esse prevale la linearità dell’incanto. In Vita: «Un alito di vento/ accarezza le foglie./ L’aria tiepida/ avvolge il volo delle farfalle./ Un usignolo geme da lontano/ Scroscia il limpido gorgheggio.» Una vena sorgiva, trasparente e luminosa nella sua complessità connota i versi di Michele Miano e le suddette caratteristiche si ritrovano anche nelle sue prose contenute in questo libro nei loro vari generi. Raffaele Piazza Michele Miano, So che ti prenderai cura di me. Poesie e appunti, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80 , isbn 979-12-81351-64-6 mianoposta@gmail.com.
Id: 3707 Data: 07/07/2025 11:36:39
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- Letteratura
Intervista a Maria Teresa Liuzzo
INTERVISTA A MARIA TERESA LIUZZO RILASCIATA AL GIORNALISTA JAKHONGIR NOMOZOV (UZBEKISTAN) D.1 COME VALUTA LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE NELLA LETTERATURA E NELL’ARTE? R. La libertà di espressione che dovrebbe rappresentare l’umanità indivisibile si sbriciola come neve lasciando ovunque l’ombra delle pecore. Stendiamo un velo pietoso per i giovani: capacità critica o inesistente, dai riflessi spesso marci e disumani. Come sottolinea il sociologo Franco Ferrarotti, scomparso di recente “Un popolo di frenetici, informatissimi idioti. La scuola e la società hanno perso ogni autorità e non esiste più lo spirito solidaristico”. La cultura è condivisione e sostegno e non la corsa al trono. L’unità poetica non esclude gli “ultimi” laddove la poesia è sentimento, coraggio, giustizia. È il corpo e il cuore della bellezza e come tale deve essere adorato e non smembrato. Sia una corolla di popoli che disseti la fame di conoscenza e vessillo d’orgoglio. Ma nulla è come appare. È doloroso ammettere che troppi individui sono lontani dallo spirito artistico, trasformati in bestie feroci contro la natura e il sacro della vita, ciechi, ottusi e sordi alle meraviglie della Luce. Nel fulcro della bilancia i mercanti di morte, il dio denaro, lo sfruttamento, il dominio. Si moltiplicano le morti violente delle anime ambulanti, i fantocci che ignorano il cielo e le stagioni con le stelle, il profumo dei fiori, e dell’erba, le belve feroci dalla buia coscienza, stupidi, ipocriti, infernali. La strategia è ciò che va oltre il visibile dove l’arroganza sostituisce l’umiltà e inizia quel lato oscuro che nessuno vorrebbe vedere e rifiuta di gestire la sconfitta in quanto privo di conoscenza, umanità, spiritualità, senso di giustizia e dell’onore. Saranno condannati a non vedere mai lo stupore della vittoria. E tutto questo appartiene e nasce dall’invidia che partorisce vendetta ed è l’unico scudo che si addice agli incapaci. D.2 IN CHE MODO LE SUE VISIONI FILOSOFICHE INFLUENZANO LE SUE OPERE? COME VEDE IL LEGAME TRA FILOSOFIA E LETTERATURA? R. Il vero messaggio di verità e coerenza e dove la chiarezza viene a mancare si tradiscono gli elementi più sacri della vera scrittura. Si fa strada la manipolazione abnorme creando dolorose fratture nel corpo sociale, intellettuale, e umano della Storia. Credo che ogni opera sia influenzata dalla propria coscienza, è una condizione pensante, un’incessante autopsia ai propri penseri, che recepisce secondo la propria sensibilità e la propria conoscenza. Il filosofo è uno scienziato della parola, ama riflettere, ragionare, e da vero studioso approfondisce i temi trattati, discussi nel corso delle proprie esperienze. Lo scrittore sogna, immagina, altre volte scopiazza, ricuce, ricava molto dalla cronaca esibendosi con frasi sterili, magari scritte in un sottofondo di nervosismo e scatto d’ira. Spesso non troviamo legami umani, ma soltanto interessi. D.3 COME INDIVIDUARE LA DIFFERENZA TRA SCRITTORE E FILOSOFO? COME AFFRONTA LA COMBINAZIONE DI QUESTI DUE AMBITI? R. Come già detto il filosofo è uno studioso che conosce le scudisciate della vita e della storia, molto vicino al sociologo. Oggi poeti e scrittori nascono come funghi, mancano gli strumenti per esercitare il pensiero critico. Si coltiva l’ignoranza per acquisire consensi, invece di essere rivoluzionari della parola, concreti nella fede, nella vita, liberi da ogni cosa e dal suo contrario. D.4 COME VALUTA LE RELAZIONI LETTERARIE A LIVELLO INTERNAZIONALE? IN CHE MODO LA COMBINAZIONE LETTERARIA TRA L’ITALIA E ALTRI PAESI HA INFLUENZATO LA SUA PRODUZIONE ARTISTICA? R. Chi possiede una miniera di preziosi realizza ogni tipo di bellezza iniziando a impegnare i materiali grezzi. Lavora su se stesso e lotta contro la guerra, le leggi liberticide, la gelida tristezza indifferente, la melma del materialismo più dogmatico. Ci appare persino l’ombra di ARIMANE che blocca Lucifero, - i due estremi del nostro doppio, dove le fondamenta etiche di una società sono irriconoscibili e decadenti. D.5 COSA PENSA DELLE RELAZIONI LETTERARIE E DELL’ATTIVITA’ NEL SETTORE? CHE OPPORTUNITA’ CREANO? R. Le opportunità che si vengono a creare sono assai rare: oggi esiste soltanto il tornaconto accompagnato a concorrenza sleale e rivalità. Ho sempre camminato da sola, mai avuto bisogno di stampelle. Scrivo (forse da quando ero in fasce, quando non ero ancora in grado di pronunciare l’alfabeto) e pubblico da 54 anni. Non partecipo a inutili gare, non mi interessano le apparizioni ridicole, non amo mercanteggiare il tessuto vivente e sacro della mia scrittura (sia essa poesia o romanzo). La poesia è voce che grida, fa “scandalo”, smuove la coscienza, è in definitiva un messaggio di fede, di verità e di speranza. D.6 IN CHE MODO I PREMI LETTERARI INFLUENZANO GLI SCRITTORI? COSA PENSA DEL PROCEDIMENTO DI RICONOSCIMENTO E PREMIAZIONE? R. Per poter sopravvivere bisogna essere saggi, plasmare la sapienza dell’ignoto laddove la coscienza continua ad essere assente. Nella mia carriera letteraria ho ricevuto moltissimi premi e riconoscimenti, ho accettato soltanto quelli importanti, come i PREMI ALLA CULTURA dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, diverse Lauree H.C. ottenute all’estero e ho rinunciato a ritirare persino premi consistenti in denaro. Credo che chi è non abbia bisogno di apparire. Sarebbe merce in saldo. D.7 COME SONO CAMBIATI GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DEGLI SCRITTORI OGGI? COME POTREBBE CAMBIARE IL PUBBLICO DEI LETTORI’? R. I premi che piovono come foglie d’autunno mi sono indifferenti, non sono quelli che determinano l’attività di uno scrittore o il suo prestigio, così vale anche per il poeta ma sono le Opere a testimoniarne il valore. Purtroppo molti individui, pur riconoscendo la loro mediocrità, pur vivendo nella pescheria del giullare e ipnotizzati da quell’oblio, non sopportano chi è libero da cordami e può vivere serenamente in un mondo libero e civile, a differenza di coloro che continuano a stare abbottonati nella loro ignoranza e nel loro limbo menzognero. D.8 COME VALUTA L’EQUILIBRIO TRA L’ECLETTISMO E LE TECNICHE TRADIZIONALI NELLA LETTERATURA CONTEMPORANEA? R. In tutte le cose bisogna saper guardare lo scopo della riuscita di un “disegno” ambizioso, seducente, accomodante o deleterio. Spesso si cerca di armonizzare elaborazioni teoriche o artistiche senza un preciso criterio e provenienti da dottrine diverse, un bel bouquet di idee che si mescolano fondendo il tradizionale al moderno, trasformandolo in “biada” per tutti. Oggi i grandi scrittori e i critici letterati sono molto rari, mentre i semi di quelli improvvisati si moltiplicano come il miglio, offendendo la regalità della parola. Secondo le mie esperienze avute con grandi letterati italiani e stranieri, umili e devoti allo studio- sino alla morte, sono certa che soltanto gli Autori classici rimarranno nella Storia, il resto dei tanti sfrenati “concorrenti allo sbaraglio”, scribacchini e novelli Dante- saranno soltanto scorie, pula al vento, spazzatura di un lontano ricordo. Per questa gente, ricca solo d’illusioni, “ancor prima che si faccia giorno scenderà la sera, innanzi a loro”. Non rimarrà traccia, è il premio che meritano i furbi che utilizzano le scorciatoie, che si nutrono del “sangue” degli altri, le cosiddette sanguisughe moderne o “squali” e vorrebbero ancora oggi costruire metropoli sull’acqua. D.9 COME SONO CAMBIATI GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DEGLI SCRITTORI OGGI? COME POTREBBE CAMBIARE IL PUBBLICO DEI LETTORI OGGI? R. Scarseggia la qualità. Siamo costretti a vivere e lottare in un clima di odio, di rivalsa, muoverci su un terreno minato. Sociologicamente molti soggetti (border line) esprimono la loro rabbia verso chi in modo libero e democratico si espone in modo diverso da loro. D.10 COME INFLUENZANO LA SOCIETA’ LE OPERE DEGLI SCRITTORI E DEI POETI OLTRE LA LETTERATURA STESSA? R. Abbiate pazienza che anche i giorni più lunghi sono destinati a finire. “Non dimenticate che i momenti creativi sono arrestabili, costruite giardini e non alzate muri. Non permettiamo che si trasformi in realtà la profezia che descrisse Hermann Hesse ne: “L’ultima estate di Klingsor”. Siamo nella decadenza. Colui che crede nelle proprie capacità sa che: “Il vero valore di un essere umano si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è giunto a liberarsi dell’io” (Albert Einstein), mente Immanuel Kant individua la radice del male nell’eccesso dell’amore per sé, di cui diceva che: “adottato come principio di tutte le nostre massime, può diventare la fonte di ogni male”, o come “Legno storto”, per non prolungarci oltre. Chi ha l’animo sereno sopravvive a qualunque critica e alla montagna delle falsità laddove la verità è scomoda, ma l’importante è essere liberi non condizionate dal contingente, dal potere di turno, dalle ambiguità e dalle opportunità. La trascendenza non sta nella potenza, nella schiavitù del potere, ma nel promuovere ciò che unisce il bene e la giustizia, la pace tra i popoli. (Non dimentichiamoci che siamo nell’età dello spirito). La lucida maturità è non lasciarsi condizionare da coinvolgimenti, da provocazioni, e invidia. Bisogna recidere il cordone ombelicale da gente allucinate e allucinogena dall’effetto tumorale. È difficile se non impossibile per certi individui liberarsi dall’ego patologico che come ci ha insegnato Platone è il padre di tutti i vizi. Al di là della porta ci sarà sempre un sorriso ad aspettarci e la nuova conoscenza sotto forma di amore, quell’amore che si fa parola attraverso un itinerario che interroga le dinamiche spirituali ed esistenziali dell’essere umano. L’amore, quindi, come sigillo ontologico. Bisogna rendersi conti che gli zeri hanno bisogno di accompagnarsi ad altri numeri, come compagni di sventura, con l’illusione di acquistare valore. Vivono nel buio delle loro illusioni, non riescono a distinguere la realtà dalla fantasia, la loro megalomania è fuori controllo, sono abbonati alla bugia che mercificano, con la stola della santità, forse perché la loro uscita stessa è un inganno. Sono avidi, non accettano verità, la luce distrugge la loro ombra, e i pipistrelli, come le blatte sono abituati a vivere al buio, la luce li ferisce perché non gli appartiene. - Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce” (Platone).
Id: 3704 Data: 30/06/2025 21:30:07
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- Letteratura
Maria Teresa Liuzzo . Lutopia della scrittura
L’utopia della scrittura e l’io polifonico nell’intimità del sé cosciente Di Maria Teresa Liuzzo Oggi l’uomo, schiavo del computer e del cellulare, ha sostituito un organo iper-concreto che non lascia spazio al futuro, così come si nega a quelli che sono i sacri valori del vivere programmato –com’è a – dare risposte, seguace dello scontato e dell’ovvio. Ma non è possibile una vita priva di domande, altrimenti lo spirito muore e l’uomo rimane lontano da ogni tipo di ricerca che conduce all’essenza della sola verità. Tibullo suggerisce: “Sii una folla per te stesso”. La verità è necessaria, perché senza di essa non si avrà mai un punto d’incontro che possa rivelare sé stessi agli altri, e gli altri a sé stessi. La tragedia peggiore è l’indifferenza di Dio che non si rivela a nessuna preghiera. Un silenzio che graffia il tempo e il cervello dell’Umanità in attesa di quella “linfa vitale” che ci liberi dal rimorso dell’impossibile quiete-attesa di quest’alter ego alieno e ci avvicini all’icona del mistero. La pietà è amore dell’uomo per l’uomo se nasce dal quel tipo di sentimento, altrimenti è cosa ben diversa. Non sempre il “viatico” è morte, laddove si va alla ricerca della luce, alla conquista della radice esistenziale. Il corpo e lo spirito, sebbene legati dalla medesima sorte, sono due universi completamente opposti, dove l’utopia è un “eroe” che vive, anche da morto (tenendo presente il concetto di Tommaso Moro, per il quale i defunti realizzano le realtà passate e presenti nello spirito della divinità, e di Tommaso Campanella, che nella “Città del Sole” accoglieva gli uomini buoni). L’utopia, come la poesia, spesso si rivela dolorosa quando vuole essere: conquista, ed è qualcosa che si vive ed uccide. Sappiamo che la realtà della poesia è una strada semichiusa e ardua. Mai lavorare a opere per l’eternità, ma sdoganarsi dell’ipervalutazione della propria infelicità privata per denunciare i mali del sistema mondiale; per offrire ai contemporanei messaggi di civiltà in questo buio che ci avvolge come una chimera, come unica favola che ci accarezza. Offrire versi che siano ciocche della nostra anima, lacrime come magici gioielli. Sensualità panica quando il vento ci accarezza con labbra di zagara e la luna ci scalda col sangue dei papaveri. Tutte le parole, però, risulterebbero misere a descrivere l’entità di questo sentimento (Amore Universale) dove tenebre e luce convivono come la vita e la morte. Nel concreto tutto si riduce, perché l’anima sa che oltre l’amore è il Nulla. Presenza, dunque, come amore, difesa, entità, rispetto, essenza per l’Amore; ma anche dignità, equilibrio verso gli uomini e le cose, sintesi suprema di raccolta. Realtà della Morte che rafforza il valore della Vita. E l’amore del “Padre”, in quella Sua Presenza e Potenza che si manifesta, e ne è la ragione. Sensazione di cose che verranno, o realmente vissute dentro di noi che devono ancora accadere? Emozione disperata come visione che si completa entro qualcosa che si sgretola e l’essere torna parte delle macerie umane: colore, nota, linguaggio. Utopia come realtà irreale dove il miracolo si compie eternando la memoria in ogni suo gesto; in cui noi, rappresentiamo la magia della parola nella più completa e isolata sospensione. Ci troviamo contemporaneamente dinnanzi a due realtà: una sincera, l’altra bugiarda; il micro e il macrocosmo, entrambi eterni e inattingibili. Utopia, come gioia che ci possiede ma anche come morte che ci consuma vivendo: il respiro di un istante, l’attimo contagiato da un riflesso; una strada che unisce o una che disgiunge: frammenti di reazione che legano i vari tempi della condizione e traggono dall’inutilità la meschinità del loro utile. Ecco, allora, il collocamento lapidario del verso dove risiede l’unica realtà del duplice senso. Emergono la sofferenza e l’amore estremo, i due opposti che hanno in comune l’intensità. Ci viene in mente Rachele, la protagonista del primo romanzo di Virginia Wolf, e la perfetta, impossibile felicità a cui anelava (che come la giustizia non è di questo mondo). “Cos’è la morte? Un nulla... La felicità, la perfetta felicità” ... Un gomitolo come un dio bifronte, rappresenta la gioia e il dolore, la trasparenza e l’inganno, il limite e il trascendibile, sostanze distinte da unificare nella vastità dello spazio. Burattini al guinzaglio del tempo, catturati da quella condanna chiamata libertà o mistero (nessuno fuoriesce dal proprio “Io” che genera la condizione della morale). L’uomo nemico di sé stesso, l’ombra a colloquio con l’estinto. Il corpo inamidato della cera dell’aria, “l’elettricità” del sangue tra le cellule, l’ipofisi dell’alta tensione, fulcro del controllo, l’emozione come universo d’immagini. Ma, anche quando la violenza non sfiora i nostri giorni, termina la stagione dell’esistere e si spalancano le fauci dell’incubo tra sacralità e invenzione: nullificazione, non come negazione degli affetti, ma come affermazione del contrario. In tutto ciò che non ha testimoni, in ciò che non si può raccontare, in ciò che vive e muore con l’essere, che ha saldato l’eterna simbiosi tra astratto e concreto, tra sangue e ossami. Universale, come sacralità tra certezza e dubbio, tra reale e inesistente, tra opinabile e dogmatico; il legame tra libertà e coscienza, il rapporto tra l’individuo e la collettività. Proiettare la nudità dei nostri segreti che illumina dentro e fuori il suo campo d’indagine. Alzare lo sguardo verso l’assoluto nel progressivo mutare delle forme, sorvegliare quel défilé di scenari che ci cattura. Emergono i fantasmi dell’inconscio, agitati e insoddisfatti e la distruzione del finito genera un nuovo inizio. Ecco, dunque, che la Poesia si fa dono, sfociando nel pessimismo cosmico, in quel verso che ci ha lasciato Silvia Plath “Morire è un’arte”. Una metamorfosi che dà vita a nuove scorie, un mistero fitto inviolabile di cui l’essere continua quale parte e non causa nella monade infinita che è Dio. Ordine enigmatico di questa sostanza umana che non si esaurisce per rendere omaggio ad un tappeto terreno, che sconosce la pietà della carne e l’angoscia del pianto: il Fil rouge della Vita che può iniziare soltanto nell’intimità del sé cosciente. Solitudine come creatività, recupero della memoria (Milan Kundera). Riallacciarsi all’Epochè (sospensione dell’assenso) per essere polso e respiro nell’urgenza della parola che si fa sacrificio. Fermarci al sintomo per non sconfinare nella sindrome. Scrittura come terapia. Heidegger afferma che: “Nella solitudine si decompone il linguaggio che è la dimora dell’essere”. Essere simultanei è il librarsi nell’inconscio porgendo al lettore “l’alloro” di un Io Polifonico. Il tutto, ci permette di accantonare il problema Metacronico del “Mutevole” e l’avvicinarsi alla reale sfera della solitudine per rivivere “nell’unico modo possibile che è quello attuale” (Leibniz). Una sorte che accomuna l’essere al Creato, la sostanza alla parola, il Principio al limite. Creta consunta dal giorno, la bocca purpurea di un bimbo che la bara dell’alba sacrifica nella sua matassa di orrori e illusioni... Miraggio come inganno e verità. I vari stadi dell’acqua, dell’uomo, dei sogni, dei conflitti, dei significati. Acqua, quale universo materno; protezione, rifugio, paura illusione di un oggi vincolato all’ieri ed estraneo al domani, tutt’ora ancorati al rifiuto della verità. Sentiero luminoso che conduce al Nulla Eterno: innamoratosi del proprio dolore compagno della vita, diorama del silenzio, Amore, di un’atmosfera irreale in un panorama infinito che capovolge qualsiasi apotema d’assurdo. Emozioni che non si possono raccontare ma solo vivere, travolgimento di una morale in collisione con l’essere medesimo dove l’emozione, allo stato puro, rende il fuoco della cenere. Un grande amore che ci veste di luce, conscio di scegliere il buio rendendoci l’ultimo frammento della sua unità. Il tempo, invece, è l’indumento che assorbe il nostro sangue nella verità che germoglia e che non può essere uccisa in quel punto, che fugge come l’ombra, seminando talee di morte. Immortale rimane il pensiero della conoscenza, dove l’angoscia profana il cuore della rosa che ha il sospiro del cielo e il colore della notte. Distanza dalle ipocrisie che, spesso, riempiono la bocca di tutti, ma come riflessione affinché lo Spirito operi nella verità, nel principio dell’onestà e che difenda ovunque e sempre i sacri valori della vita e della famiglia, bene comune, cellula della società. Siano gli adulti più presenti ai sogni e ai bisogni degli adolescenti, abbandonati spesso all’indifferenza e al degrado mentale degli stessi, agli orrori dell’infanzia negata che vanno oltre la guerra, le malattie, la fame. Siano scuola e famiglia modelli di humanitas e di rispetto, anche se spesso perbenismo e cultura non vanno mai di pari passo. Percepire che in questo spazio e tempo, l’apparenza, da sempre supera il reale. E l’innocenza è destinata a rimanere in bilico, umiliata, tra verità di fatto e verità di ragione. Scrittura come utopia, seme della parola che si gratifica nel suo continuo donare; come Fede che perfeziona la ragione della Verità; angoscia e unica salvezza dell’uomo, lontano da ogni odio politico e da invidia sociale. Attraverso la cruna di quella povertà radicale, egli, si libera dalla stessa; si svuota del proprio corpo nutrendosi della propria coscienza; è il lievito amaro della poesia, la cellula del percepire. È Dio che abita il cuore di chi opera e a sua insaputa compone. È preghiera che ci eleva; che edifica un Tempio spirituale dove l’anima è “impiegata” come pietra viva che dolora, che pretende sempre più dalla parola, non come questione di resa, ma semplicemente d’Amore. Aprirsi al mondo, è offrire il contenuto della nostra anima (res cogitans ed res extensa) sostanze distinte a Dio, creatore e figlio, di tutti i tempi. È seme e fiore, vetta e onda, radice e croce, quale culto al Dio dell’Amore, della bellezza e della verità; pregnante di umanità, segreto e passione; morte e resurrezione; ipogeo e stelle; splendore e linfa della memoria universale. Esperienza vissuta che esprime il sentimento integralmente inteso come simbolo di civiltà; di amore e dolore che attende di attingere alla sorgente misteriosa del domani (nessuno può ipotecare il futuro, né avere un abboccamento preliminare col destino), ma che ha la certezza di conoscere già, con gli occhi del cuore. Non va escluso che la mente (eco delle necropoli e del caos) è “costretta” al mimetismo di una realtà duplice e spartana; a differenze individuali; ai continui appelli alla paura, al vandalismo (che è disperazione degli emarginati ); ai ripetuti filtri di elaborazione, (in attesa che il lievito dell’urlo possa deambulare verso un corso d’acqua, (scelta autonoma); e la coscienza possa finalmente liberarsi dalle tante strettoie e sostare nella sua culla di luce, come Arte e parola ; Spirito e carne; sia nella vita di relazione, quanto nella profonda armonia. Sconoscere la soluzione non significa ignorare o non essere parte del problema, ma unificare il palpito e il dramma dell’esserci, comprensivo di ragione e interesse: luce e ombra, uomo e donna, bene e male, limite e origine di questa pietas, diaframma di segnali ed emozioni; crisalide del soffio, quale padronanza di linguaggio e ospite sacro nel contenitore dell’iride, che altro non è che l’emisfero boreale della Parola. In questo sapore di luce tutto è temporale; sopravvive soltanto l’embrione del verso fatto sangue, l’eterno confronto tra creatività e riflessione. Rimane, dunque, la speranza di ritrovarci sempre in questo grande mare di salvezza che è la poesia, pilastro di ogni esistenza, in questo grande miracolo, che è la vita nonostante l’utopia della scrittura e la realtà degli eventi. Cerchiamo, dunque, le radici dell’ “Io” non solo come sorgente dell’attimo ma come alimento puro della Vita. “Signore riallacciami all’albero a cui appartengo: non ha senso rimanere da solo”. (Antoine de Saint-Exupéry). Maria Teresa Liuzzo
Id: 3701 Data: 27/06/2025 20:51:55
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- Letteratura
Maria Francesca Borgogna - Stagioni
Maria Francesca Borgogna, “Stagioni”, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Maria Francesca Borgogna, insegnante di Lettere, è nata a Procida (NA), è narratrice e poetessa ed è presente in numerose antologie poetiche. La silloge poetica Stagioni presenta un’esauriente acuta e centrata prefazione di Marco Canzanella che esordisce nella sua trattazione con l’affermazione forte che il lettore graziato dal destino che s’imbatte nell’universo poetico di Francesca Borgogna, si trova immediatamente in un aperto arcano intramato di concretissime esperienze, e di baluginanti immagini del passato, che risorgono per essere ascoltate, per imporsi nuovamente alla memoria e all’esperienza dell’autrice, la cui sensibile e dolorosa meditazione, è riposta all’urgenza della meditazione, del canto, del mormorare sommesso di materne presenze. Alla prefazione segue una breve nota critica ricca di acribia a cura di Pasquale Cominale. La poetica della Nostra può definirsi di matrice tout-court neo lirica e in essa lo scatto e lo scarto memoriale divengono espressione e riflesso della memoria involontaria che porta ad una riattualizzazione di immagini e situazioni del passato che non si fa ansia nostalgica per gemersi addosso, ma produttivo esercizio di conoscenza per proiettarsi felicemente nell’attimo e poi per aprirsi un varco nel futuro. La raccolta non è scandita e per la sua unitarietà formale, stilistica e contenutistica e per la sua compattezza può essere definita un poemetto. In ogni singolo componimento i versi sgorgano con leggerezza e icasticità nel loro procedere per accumulo sottesi ad un ottimo controllo stilistico e formale e densità metaforica e sinestesica e la versificazione è connotata da un rigoroso controllo dei versi sorvegliatissimi. Tutto nel poiein di Maria Francesca pare divenire epifania secondo la linearità dell’incanto e la natura stessa si delinea come emanazione di Dio. Concordo pienamente con il giudizio laudativo del prefatore di Stagioni: infatti le poesie del volume sono veramente leggiadre e sono connotate da quello che sipotrebbe definire in senso positivo un fattore x che consiste nella loro vaga bellezza sottesa ad un’aurea di mistero che si situa tra detto e non detto e per queste osservazioni si può considerare la Borgogna come una delle figure più interessanti del panorama poetico italiano contemporaneo. Si citano i seguenti versi tratti da Volo componimento nel quale l’io-poetante è molto autocentrato. «Leggera come una foglia/ sul suo crepitio dorato/ sorvolo il fine estate delle mie illusioni.// Saranno sogni piccoli/ e barlumi di inezie ad accompagnarmi/ a reggere il fragile volo di fantasticherie/ come ali di farfalle balenanti…», magia e sospensione si notano in questi sintagmi densissimi di senso e debordanti nell’ipersegno in varie traiettorie oniriche e surreali. In Di novembre leggiamo: «Il fringuello canta/ la sua canzone d’addio/ all’ultimo migrante in volo.// Questo novembre a cavalcioni/ di un autunno bizzarro/ galoppa tra strapiombi di silenzio/ e luci azzurrine e/ sbuffi grigi di vento.// Fingendo primavere/ ti accoltella con schegge di pioggia.// Ha l’incertezza di questo tempo,/ che non ha più giorni…»il senso nel cronotopo natura-tempo inserito in un contesto nel quale il mese di novembre diviene personificato come un cavaliere che cavalca un autunno bizzarro si risolve e ricompone in un sogno ad occhi aperti descritto e il vero protagonista è il tempo, un tempo ansante che non ha più giorni. I componimenti sono tutti efficacemente risolti e a volte qualcosa di gnomico o epigrammatico. Raffaele Piazza Maria Francesca Borgogna, Stagioni, prefazione di Marco Canzanella, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-55-4, mianoposta@gmail.com.
Id: 3700 Data: 27/06/2025 12:57:57
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- Letteratura
A.A.V.V-La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana.
LA POESIA DI WANDA LOMBARDI NELLA CRITICA ITALIANA Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Wanda Lombardi, scrittrice e poetessa, è nata e vive a Morcone (Benevento), pittoresca cittadella dell’Alto Sannio. Laureata in Pedagogia ha insegnato materie letterarie nelle scuole secondarie. Ha partecipato a concorsi letterari, nazionali e internazionali, ottenendo numerosi riconoscimenti. Fa parte di Accademie e Associazioni Culturali. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia e volumi di narrativa e prosa e di teatro. L’autrice in gioventù ha sofferto per malattie e incomprensioni ma l’ha aiutata sempre la Fede in particolare con la devozione a Padre Pio. L’opera su Wanda Lombardi, che prendiamo in considerazione in questa sede, è una ricca antologia che comprende molti testi critici usciti in Italia su questa personalità eclettica: prefazioni, saggi e recensioni e include una presentazione di Maria Rizzi acuta e ricca di acribia, che sintetizza efficacemente la poetica e il poiein di questa figura. Nell’impossibilità, nello spazio di una recensione, di esaminare capillarmente i contributi dei vari autori si evidenzia preliminarmente il concetto generale relativo all’importanza della critica letteraria stessa come veicolo necessario per diffondere la cultura poetica sempre più viva e in controtendenza con l’alienazione e il consumismo della nostra liquida realtà sociologica e politica e espressione salutare e salvifica del pensiero divergente, nonché, ad esso connessa, di una migliore sintonia degli esseri umani con se stessi e con la natura. Si deve sottolineare che molte pubblicazioni della Lombardi sono state catalogate non a caso nelle biblioteche locali, nazionali e di alcune Università a disposizione degli studenti a conferma della stima e dell’apprezzamento che ha ottenuto nel circuito letterario e sicuramente la Nostra spera di lasciare un tesoro, una donazione, non solo morale alle nuove generazioni Da notare che della letterata di Morcone, Guido Miano Editore ha pubblicato Tempi inquieti e altre poesie, 2024, Opera Omnia, 2023 e Volo nell’arte, 2021 che può essere considerato un ipertesto perché è costituito da riproduzioni di opere pittoriche e scultoree di vari artisti, ispiratrici di poesie della Lombardi alle quali sono associate. In un contesto generale come quello poetico contemporaneo della poesia italiana dove prevalgono volumi sottesi a visioni del mondo laiche o materialiste la poetica della Lombardi di stampo religioso e mistico esce dal coro e presenta una vaga affinità con quella di David Maria Turoldo e con quella di altri sacerdoti – poeti. Nella presentazione la Rizzi nomina il “realismo mistico” che connota la poetica di Wanda che va inteso come un modo per avere conoscenza. Nel saggio di Guido Miano intitolato Le problematiche dell’essere in Wanda Lombardi e Emile Verhaeren l’Editore, critico e poeta, afferma che come è noto la problematica esistenziale presenta numerose sfaccettature degli aspetti sia positivi come anche negativi. Se esiste una memoria involontaria del dolore, che emerge in alcuni componimenti, dice Guido Miano che risulta naturale nell’animo sensibile il riscatto nel positivo che si rivela con immediatezza in versi trasparenti ed interiormente elaborati sorretti dalla coscienza letteraria e soprattutto dal dono della fede. Come dice la Bibbia “Getta tutto su Dio e Lui ti sosterrà” (Salmo 55:22). Raffaele Piazza AA. VV., La poesia di Wanda Lombardi nella critica italiana, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 104, isbn 979-12-81351-57-8, mianoposta@gmail.com.
Id: 3697 Data: 21/06/2025 20:13:19
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- Letteratura
Maurizio Cinquegrani-I dialoghi dellarancia
Maurizio Cinquegrani I DIALOGHI DELL’ARANCIA Appunti di viaggio Recensione di Raffaele Piazza I Dialoghi dell’Arancia è un’opera complessa che può essere letta e considerata come un ipertesto per la sua strutturazione che si basa sull’interazione di brani brevi di prosa dell’autore e di suoi dipinti e fotografie. In questa sede non si vuole dare un’interpretazione delle opere figurative a livello di critica estetica d’arte, quanto piuttosto ricercare le intenzioni lucidissime del Nostro nel veicolare messaggi che hanno a che vedere con il sogno e l’utopia nella loro funzione didascalica soprattutto tramite i dialoghi immaginari tra lo stesso Cinquegrani e l’Arancia, frutto salutare della sua Sicilia, che nella prima immagine, una fotografia, viene rappresentata sorridente come un volto ritagliato sulla sua buccia con bocca e denti, un’arancia quasi antropomorfica e che parla nel suo dialogare con Cinquegrana in una maniera intensa.. Preziosa per arrivare ad una definizione filosofica e filologica dell’opera la prefazione acuta, centrata e ricca di Enzo Concardi per farci entrare nel merito del composito e articolato progetto. E viene spontaneo chiedersi se tra tanti precipitati che la natura ci offre, fiori, frutti e animali, Maurizio abbia scelto proprio l’arancia e non la rosa, l’ulivo, il passero o il cane per fare degli esempi. La risposta alla suddetta domanda risiede nel fatto che l’Arancia stessa diviene qui un simbolo di solarità e viene in mente a questo proposito il poeta Goethe che nel Viaggio in Italia, rimaneva incantato dai limoni e dalle atmosfere mediterranee per esempio della Sicilia stessa lontanissime dalla tetraggine atmosferica della sua Germania. Nel suo progetto utopico quando viene citato Shakespeare nel suo assunto che noi tutti siamo fatti della stoffa dei sogni (non solo quelli che si fanno dormendo, ma anche quelli della reverie e quelli che esempio i politici e i potenti illuminati possono fare per la loro realizzazione per un mondo migliore soprattutto di pace ma anche di prosperità per tutti e più equa distribuzione dei beni). Viene in mente L’elogio della follia di Erasmo da Rotterdam che ha teorizzato quello che poi sarebbe stato il pensiero divergente, quello che trova la sua espressione nell’arte, in questo caso nelle arti figurative, nella pittura di carattere naïve, nella scrittura e nella fotografia. E non può non tornare alla memoria anche il saggio di Duccio Demetrio L’elogio dell’immaturità nel quale viene teorizzato come politically correct un approccio ai vari campi della vita dell’adulto nel suo ritornare consapevolmente ed empaticamente all’età adolescenziale con le sue speranze e il suo verginità morale. Il discorso articolato di Maurizio Cinquegrani non a caso viene fuori in un’epoca come la nostra con la guerra in Ucraina, l’emigrazione dei profughi siriani e della pandemia, quando i telegiornali come bollettini di guerra su più settori ci riconsegnano il senso di una cultura della morte e del nulla nel creare nelle nostre anime disagio e inquietudine per il nostro futuro personale e quello collettivo dell’umanità. Tuttavia l’Arancia sorride e ci fa intendere che per tutti si tratta di un tempo prima della felicità e che comunque nel credere nei valori dell’arte e dell’amore erotico e cosmico si può arrivare fin da ora a un riscatto per tutti. E allora il recupero della forma dialogica da parte dell’autore come se si trattasse di dialoghi di capi di Stato per un migliore futuro del pianeta terra perché sia possibile abitarla poeticamente la stessa terra, E intensi ed efficaci sono i dialoghi quando lo scrittore e l’Arancia si ritrovano per meditare davanti a un’immagine figurativa dell’autore stesso. Per esempio esaminiamo l’acquarello su cartone Il mondo sensibile al quale è associato il seguente dialogo. Arancia: Spiega il disegno che hai fatto. Cosa vedi? M5G: Un Sole che sorge già alto dalla montagna, con il suo nucleo caldo proietta la luce sul mondo già sveglio. Arancia: Guarda meglio, cosa vedi? M5G: Un gabbiano che va a guadagnarsi il pescato in un bellissimo e profondo mare azzurro. Arancia: Guarda cosa vedi? M5G: L’opera dell’uomo, le case, i tetti in cotto, una balaustra di legno, un balcone con infiorescenze, forse un simbolo del Barocco. ..... E nella contemporaneità così travagliata nella quale tutti ci troviamo quale indicibile sollievo le parole dell’acronimo che si è trovato l’autore: M5G: Vedo una pianta di gardenia, profumatissima e delicata, regala all’essere umano la leggerezza dell’Essere, racchiusa nello spessore dei suoi bianchi petali pesanti. Un inno corale (per le varie linee di codice) aperto alla speranza di in mondo migliore per tutti e di vera pace e di salvezza attraverso il varco salvifico dell’arte. Raffaele Piazza Maurizio Cinquegrani, I Dialoghi dell’Arancia, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 80, isbn 978-88-31497-76-3, mianoposta@gmail.com.
Id: 3695 Data: 15/06/2025 21:36:32
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- Letteratura
Tommaso Tommasi - Lamodeca
Tommaso Tommasi LAMODECA Lettere d’amore, Lettere ai genitori, Racconti, Memorie, Poesie Recensione di Raffaele Piazza Lamodeca,che per la sua struttura complessa e composita potrebbe essere considerato un ipertesto, è scandito in cinque sezioni: Capitolo uno Agenda Rosa (Lettere a Silvy), Capitolo due Agenda Grigio/Verde (Il soldato) Capitolo tre Agenda Gialla (Racconti), Capitolo quattro Agenda Blu (Reporter), Capitolo cinque Agenda Viola (Sogno e poesia). In un panorama di libri monotematici affascina e avvince quest’opera nella quale l’autore si cimenta con successo in vari generi letterari e ogni prova è sottesa al comune denominatore della chiarezza e della luminosità leggera delle scritture. Il volume presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente, centrata e ricca di acribia. Come scrive il prefatore il titolo di questa pubblicazione, Lomodeca, è frutto della fantasia dell’autore: inutile quindi cercare il significato in un qualsiasi dizionario della lingua italiana, non esiste. L’opera, nel suo insieme, sembra richiamare quella tendenza di una parte della letteratura italiana dei primi anni del Novecento, nota come Frammentismo, ovvero un gusto della scrittura che si avvale di un mosaico di frammenti, episodi, immagini, brevi avvenimenti slegati tra loro. Nelle lettere a Silvy lo scrittore vive in una dimensione che si potrebbe definire estatica l’amore per la sua amata che si delinea nella sua presenza – assenza e nelle lettere sono inserite anche poesie: «Ti amo così, / nel silenzio / Ti amo così, / al buio. / Ti amo così, / e mi basta per vivere, / anche se tu non sei qui. / Ti amo così, / ma ti aspetto / Ti amo». In una lettera scrive Tommasi, sfiorando una tematica ontologica: «…il pensiero di te, Silvy, mi tiene ancora in vita. Io sono in te, tu sei per me. Le nostre vite si sono armai intrecciate in un nodo indissolubile. Eppure manca qualcosa per essere completamente felici». Se la dimensione dell’amore ricambiato è la prima sorgente di felicità si avverte nel rivolgersi all’amata una forma di paura della felicità stessa e aggiunge il Nostro che i sensi hanno dunque una fonte fondamentale non solo nel piacere ma soprattutto nella felicità come ha scritto il filosofo che ha detto che niente è nell’intelletto che non sia stato filtrato dai sensi. In Agenda Grigio/Verde (Il soldato) ritroviamo delle lettere dell’autore indirizzate ai genitori presumibilmente dal luogo del servizio militare. In queste missive vengono toccati temi della quotidianità come l’assistere ad una partita di calcio con un amico e poi organizzare una cena insieme e anche in queste lettere predomina un’atmosfera di gioia, di stupore nell’apprezzare anche le cose elementari della vita. In Agenda Gialla si assiste a un variare del registro espressivo da realistico a vagamente visionario e surreale: «Mentre i bambini mostrano piccoli animali imbalsamati, gli adulti corrono con il camice aperte sul petto e solo qualcuno trova il tempo per cantare negli angoli delle strade. Una strana febbre occupa le ore, quasi momenti di follia: il segno della sveglia scatena immagini di delirio come picconi che battono la terra». In Agenda Blu (Reporter) la scrittura si fa introspettiva, riflessiva e di matrice vagamente filosofica nella sua vaghezza: «Al centro commerciale ho scoperto che la bambola non è più un giocattolo. Tutto questo significa che i canoni della bellezza sono transitori e soggettivi e che una bambola è sempre una bambola, non è un gioiello ma qualcosa d’altro che venga riposto in cassaforte perché di valore inestimabile. Essa servirà sempre per giocare». In Agenda Rosa l’atmosfera diviene eterea nell’alternarsi di frammenti concernenti i sogni e di poesie: «Sogno: Si aggirava nei camerini di un teatro una ragazzina esile, bellissima, con un vestitino corto che la faceva somigliare auna farfalla». Da notare che nei frammenti dei sogni come in tutti i testi dell’opera si respira un’atmosfera di rêverie, di sogno ad occhi aperti quando la capacità di stupirsi si fa esercizio di conoscenza. Raffaele Piazza Tommaso Tommasi, Lamodeca, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 96, isbn 978-88-31497-87-9.
Id: 3694 Data: 15/06/2025 20:53:48
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- Letteratura
Floriano Romboli-Il fascino e la forza della letteratura v.2
Floriano Romboli IL FASCINO E LA FORZA DELLA LETTERATURA VOL.2 Saggi su Fogazzaro - Dante – De Sanctis - Malaparte D’Annunzio - De Roberto - Sanminiatelli Recensione di Raffaele Piazza Dal titolo del saggio che prendiamo in considerazione in questa sede, emerge la forte convinzione dell’autore che la letteratura è un mezzo potente per elevare la mente umana e che la lettura di romanzi, poesie e saggi è un’arma formidabile per l’anima e la psiche del lettore come espressione del pensiero divergente che diviene esercizio di conoscenza prezioso e necessario producendo una preziosa sintesi di conscio e inconscio e anche di corpo e mente. Non c’è bisogno di essere psicologi, psicoanalisti o psichiatri per rendersi conto che immergersi in ottimi libri riequilibri il mondo interiore dell’essere umano che da caos diviene cosmo come l’entrare in un’oasi nel deserto soprattutto nel tempo della pandemia e della guerra e che la letteratura e l’arte in generale siano un valore fondante nel mare magnum di una società superficiale dove prevalgono i valori dell’avere su quelli dell’essere che portano ad una dimensione alienata e liquida dell’esistenza. Ed era politically correct uno slogan televisivo di qualche anno fa che mostrava la vignetta che raffigurava un uomo che leggendo un libro diviene più alto fisicamente ma soprattutto interiormente e il discorso complessivo si sintetizza con quello di una pedagogia della gioia e di un elogio dell’immaturità nel ritornare virtualmente il lettore stesso adulto bambino o adolescente. Quanto suddetto si collega sia alle considerazioni sul libro classico, quello cartaceo, che è sopravvissuto ai fenomeni computer e internet, fenomeni che d’altro canto hanno fatto aumentare il potenziale della letteratura stessa nell’avvicinare alla tradizione nuove modalità di fruizione del piacere dei testi con il sorgere di siti e blog letterari e con il proliferare dei PDF e degli e-book e quindi la letteratura stessa è diventata ancora più presente nella nostra complessa e contraddittoria ma anche affascinante contemporaneità. Originale e intrigante la scelta degli autori da analizzare con accostamenti inediti e originali e certamente non casuale per la stessa coscienza letteraria di Romboli acuta e profonda per il fatto di spaziare dalla cattedrale Dante Alighieri poeta medievale fino a Sanminiatelli poeta e critico dei nostri giorni. Questo procedimento fornisce al volume in toto un carattere seducente e movimentato e per un’analisi metodica dell’opera servirebbe non una recensione ma uno scritto delle dimensioni di un saggio vista la complessità e la profondità del discorso esauriente e ricchissimo di acribia portato avanti da Floriano. E c’è da mettere in rilievo come affermava Focault che la letteratura stessa è figlia del tempo in cui viene prodotta, della società nella quale si trova ad essere contestualizzata e quindi lo stesso Dante è figlio del Medio Evo come Sanminiatelli è figlio del postmoderno occidentale e come, per esempio, D’Annunzio è espressione della mentalità del Novecento. Come scrive Enzo Concardi nella premessa non c’è tema, argomento, problema, dimensione, aspetto dell’umano vivere che la letteratura non abbia trattato in ogni epoca, cultura, civiltà, territorio del nostro pianeta, ovviamente dopo l’avvento della scrittura, che ha gradualmente sostituito la trasmissione orale del sapere, delle conoscenze, delle creazioni spirituali dell’uomo. Scrive Romboli in L’opera di Dante nelle riflessioni storico culturali ed etico-religiose di alcuni Papi contemporanei che Benedetto Croce, alla fine de La poesia di Dante, la giustamente celebre monografia del 1921, dopo aver a lungo discorso del rapporto fra tradizione filosofico-culturale, problematiche teologiche e dottrinali, e valori artistico-letterari nella Commedia, concludeva sottolineando il significato universale del poema dantesco poiché in esso prontamente si riconosce «quella voce che ha il medesimo timbro fondamentale in tutti i grandi poeti ed artisti, sempre nuova, sempre antica, accolta da noi con sempre rinnovata trepidazione e gioia: la Poesia senza aggettivo. A coloro che parlano con quel divino o piuttosto umano accento si dava un tempo il nome di Genî; e Dante fu un Genio». Un saggio da divorare utile sia per il lettore comune che per i critici letterari. Raffaele Piazza Floriano Romboli, Il fascino e la forza della letteratura, vol.2, pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 148, isbn 978-88-31497-93-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3691 Data: 09/06/2025 02:27:43
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- Poesia
Grazia Marzulli - Nella carezza del vento, sbocciano fiori
GRAZIA MARZULLI Nella carezza del vento, sbocciano fiori Recensione di Raffaele Piazza Come scrive Michele Miano, nella prefazione al libro di poesia che prendiamo in considerazione in questa sede, la silloge di Grazia Marzulli Nella carezza del vento, sbocciano fiori, risulta un florilegio dei suoi volumi precedenti in aggiunta a vari testi inediti. Un verso strutturato il suo e non sempre di immediata e facile lettura proprio perché attinge dal mondo classico. Un fortissimo amore per una natura espressione dell’armonia del creato pare essere la cifra fondante della poetica dell’autrice, elemento costante nella sua ventennale attività letteraria. Un poiein tout court neolirico quello che Grazia ci presenta del tutto in controtendenza con i vari sperimentalismi e neo orfismi che sono tipici dei libri di poesia del nostro panorama letterario italiano contemporaneo e potremmo dire internazionale. Emerge nei testi una forte capacità di stupirsi nel seguire il sentiero della linearità dell’incanto e tale dono suscita nel lettore forti emozioni e gli restituiscono sentimenti e pensieri che pensava di avere sperimentato nel preconscio ma che non erano mai venuti fuori nell’inverarsi di un esercizio di conoscenza attraverso una parola detta con urgenza, parola stessa che è luminosa e icastica e leggera nello stesso tempo e nonostante la complessità architettonica il volume può essere letto come un poemetto che ha per protagonista la natura. E a proposito del tempo qui di lirica in lirica si realizza mirabilmente un’atemporalità, nella presenza stabile dell’attimo che s’innesta nel cronotopo nei versi levigati e sempre ben controllati. Leggiamo in Il tempo delle more:«Vorrei tornare / a cogliere le more / con la freschezza / di tanti anni fa. // Pei viottoli / andavamo spensierati / con i bambini / cicalanti intorno / che si pungevano / tra i rovi dei cespugli / pregustando / la buona marmellata…». Al discorso naturalistico si affianca nel pervaderlo quello religioso e quella della poetessa è una religiosità serena e di ringraziamento a Dio per i doni che le restituisce e le elargisce. Un ottimismo di fondo pare dunque permeare questi versi carichi di luminosità e speranza e la natura stessa espressione della divinità pare essere benevola verso l’essere umano che da creatura diviene persona, natura antitetica a quella della concezione leopardiana che la considerava matrigna e spietata nei confronti degli uomini. Natura come spazio scenico o scenografico per usare una metafora teatrale quella messa in scena da Grazia e a volte c’è un tu al quale l’io-poetante si rivolge in modo accorato un tu che presumibilmente è l’amato e del quale ogni riferimento resta taciuto in atmosfere sempre rarefatte. Leggiamo in Fuoco:«In cammino / sfidando nastri / dalla volta del cielo e annodando // All’arcobaleno i colori della vita / nella purezza dell’alba / ricerco essenze odorose. // E incontro tra i roghi / del crepuscolo virtuale un bimbo-eroe / solo tra i rovi al primo vagito…». Magia, mistero e sospensione connotano questi versi che varcano per la loro essenza positiva la soglia della speranza postulando che la serenità stessa posso divenire felicità anche perché irradiata da bellezza e suadente mistero. Raffaele Piazza Grazia Marzulli, Nella carezza del vento, sbocciano fiori, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 96, isbn 978-88-31497-98-5, mianoposta@gmail.com.
Id: 3690 Data: 09/06/2025 02:04:33
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- Letteratura
Wanda Lombardi - Volo nellarte
Wanda Lombardi VOLO NELL’ARTE Recensione di Raffaele Piazza «La pittura può risultare poesia muta, e la poesia pittura parlante. Per secoli sono prevalsi i principi dell’arte poetica di Orazio e l’assioma di Simonide di Ceo, riferito da Plutarco. E sono numerosi nella storia dell’arte i rapporti di amicizia tra pittori e poeti…»; così scrive Michele Miano nell’introduzione al volume che prendiamo in considerazione in questa sede: Wanda Lombardi, Volo nell’arte, Guido Miano Editore 2021. La coesione e forza sinergica di pittura e poesia, il loro fondersi, sovrapporsi e intersecarsi è un capitolo affascinante nelle espressioni estetiche contemporanee che diventano ipertesti secondo le due linee di codice creando connubi affascinanti e non si tratta solo di pittura ma anche di scultura in immagini che suscitano effetti felici esaltando la sana immaturità del pensiero divergente. L’Editore Guido Miano con questa pubblicazione e con altre della collana “Parallelismo delle Arti” ha capito la funzione catartica della poesia e dell’arte in generale come strumenti per esaltare giustamente la leggerezza della vita e che l’arte stessa è portatrice di serenità nel nostro liquido, consumistico e alienato postmoderno occidentale. Entrando nel merito di Volo nell’arte di Wanda Lombardi è doveroso sottolineare che presenta una prefazione di Rossella Cerniglia esauriente e ricca di acribia. Il volume si dipana come una sintesi di parole e segni giocati sulla tastiera delle immagini pittoriche e scultoree e delle poesie nel realizzarsi di un felicissimo effetto globale per la qual cosa può essere letto come un ipertesto. Scorrendo il sommario del testo si nota che le poesie sono talora accostate ad immagini con le quali si creano rapporti osmotici di ispirazioni reciproche, magiche armonie esteriori e interiori e di rimandi che producono malia e sospensione. Nella lirica Dipinto di poesia, titolo che racchiude l’essenza suddetta del testo, leggiamo: «Specchio della parola / una stupenda tela / ove il sorriso e la malinconia / soave s’intrecciano / al fascino di un paesaggio, / alla grazia di un interno. / Coinvolgenti storie / descritte con colori / ad ammaliar lo sguardo…»; questa poesia ben si accosta al dipinto Il poeta di Filippo Pirro che raffigura uno scrittore sognatore mentre dipinge parole sul mare. Tra le tavole inserite, molto suggestiva è anche quella del pittore Franco Ruggero, Ragazza che si pettina, quadro suadente dalle tinte tenui e sfumate che riproduce una giovane donna dai bei lineamenti e dalle belle mani, dalle vesti policrome campita su uno sfondo che tende al carminio; affiancata alla riproduzione d’arte possiamo leggere la poesia di Wanda Lombardi Vanità: «Sentimento mai sopito vanità. / Esso serve a rinnovarsi, / ad apparir sempre migliori e in forma. / Come quello interiore, / ognor l’aspetto fisico è importante, / più giovane fa apparire, aitante / e nella cura del corpo più attraente. / Vanità talvolta estendesi ai pensieri / scelti con cura, molto raffinati / tesi a stupire e di sicuro effetto. / Ben venga allora sobria vanità / se essa almeno, breve tratto, / al mondo darà / parvenza di nitore». I rapporti tra immagini e icone sono sottesi a qualcosa di indefinibile e di incerta identificazione che parrebbe trovare l’etimo nel concetto di tensione e di ricerca della bellezza come punto di coagulo di tensioni che tendono ad esaltare i valori dell’essere e non quelli dell’avere. Nella lirica Note nell’aria leggiamo: «Manciate di fiori / soavi note si diffondono nell’aria, / e al vento ondeggiando affidano, / qual poesia, ritmi, accenti, dolci silenzi. / Profumo imprecisato di magia / quasi a rincorrere chimere / a lontananze arcane giunge / come speranza mai stanca di viaggiare…». I «dolci silenzi» e il «profumo di magia» si possono scorgere anche nel quadro Anna Maria del pittore pavese Attilio De Paoli da Carbonara che raffigura la moglie seduta vicino ad un albero, immersa in un’atmosfera incantata e sognante, mentre contempla un fiore tenuto in mano. La poetica di Wanda Lombardi può essere considerata come neolirica tout-court e il suo poiein è sempre elegante e ben controllato e si articola come un esercizio di conoscenza implicitamente ispirato dalle immagini di autori eterogenei. Raffaele Piazza Wanda Lombardi, Volo nell’arte, prefazione di Rossella Cerniglia; Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-38-1; mianoposta@gmail.com.
Id: 3689 Data: 02/06/2025 01:01:46
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- Poesia
Giorgio Bolla - Navigando sotto il sole
Giorgio Bolla, Navigando sotto il sole, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Giorgio Bolla, poeta e saggista veneto, nato nel 1957, svolge la professione di chirurgo pediatra. La sua è una poesia probabilmente “filosofica”, sicuramente necessaria (per lui), se è vero che la poesia salva la vita. Il riferimento al sole nel titolo, nella raccolta che prendiamo in considerazione in questa sede, con la metafora della navigazione, che è quella dell’esistere, quella dell’affrontare la quotidianità che ha anche un risvolto epico, pare essere un segnale d’ottimismo nelle intenzioni di questo medico-poeta, perché il sole stesso per antonomasia è simbolo e portatore di luce e calore come elementi di consolazione e gioia. Egli come chirurgo pediatrico di “Medici senza frontiere” fa appunto della sua vita stessa una nobile missione e non a caso la sua poesia ha incontrovertibilmente anche un afflato mistico. La silloge presenta una prefazione di Michele Miano esauriente acuta e ricca di acribia. E’ inserita nel testo una breve premessa dell’Autore nella quale il Nostro afferma che nel volume la sezione eponima nasce dalle impressioni vissute come chirurgo pediatra in Monrovia, capitale della Liberia, mentre la parte Progressione poetica è per il poeta l’avvicinamento lirico ad una data per lui importante. I componimenti di Bolla formalmente sono connotati da una forte verticalità che si realizza attraverso versi scabri e brevissimi spesso costituiti solo da due o tre brevi parole. L’io-poetante nell’esprimersi pare pervaso dalla sensazione della vita come quella di un sogno ad occhi aperti ed è in sé stesso molto autocentrato anche se a volte c’è un tu al quale si rivolge che presumibilmente potrebbe essere un’entità trascendente e inoltre il lettore si sente immerso leggendo questi versi, attraverso le descrizioni nella natura e nei paesaggi della Liberia per noi occidentali infinitamente diversa dalle nostre città tecnologiche. In Dietro la notte: «Dietro la notte/ arriva il vento/ dietro l’albero/ la notte arriva/ dove uomini soli/ scelgono il tempo/ nella loro costruzione/ io guardo il passo/ ma dove sta il tempo/ quando io non so?». Molte poesie della raccolta sono brevi e molto concentrate come Raggiungi il bordo: «Raggiungi il bordo/ nel giorno più lungo/ raccogli la storia/ e vietane la stoltezza…». Attraverso le parole di Giorgio leggendo tra le righe traspare un forte amore, un affetto inevitabile e spontaneo per i suoi piccoli pazienti dell’ospedale da lui operati con professionalità come quando la professione di medico chirurgo diviene passione e si crea virtualmente un’osmosi tra i due aspetti, le due facce della stessa medaglia, quella del medico e quella del poeta e del resto anche nell’epoca attuale, come nei tempi passati, questo binomio è un fenomeno frequente. In Io e Te leggiamo: «Io e Te/ avevamo creduto/ vicino alla certezza,/ di aver vinto la/ Signora./ E’ la scelta del tempo/ che è stata/ sbagliata/ ed ora, in questo tempo/ navighiamo/ in quel mondo/ parallelo/ che mai potrà far toccare/ la nostra povera/ vittoria». Da notare che i componimenti della prima scansione appaiono anche tradotti in inglese e questo diviene motivo dell’accrescimento del fascino di questi versi effusioni dell’anima per il fortunato lettore e che suscitano forti emozioni. Quello che emerge nella superficie dei versi proviene da uno scavo interiore a dimostrazione del fatto che come diceva Goethe la poesia è sempre d’occasione e in questo caso in questi versi si avverte la manifestazione della condizione di un medico nato in Italia che vive in prima persona lo spaesamento in una terra lontana primitiva rispetto all’Europa dove inevitabilmente più che nell’Occidente la natura domina sull’essere umano e proprio attraverso la poesia in questo clima Bolla, realizzato nel lavoro e affascinato dalla parola, riesce a ritrovare una felice nuova identità. Raffaele Piazza Bolla Giorgio, Navigando sotto il sole, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 70, isbn 979-12-81351-56-1, mianoposta@gmail.com.
Id: 3688 Data: 02/06/2025 00:50:38
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- Letteratura
Claudia Messelodi - Emozioni
Claudia Messelodi EMOZIONI Recensione di Raffaele Piazza Emozioni è un titolo pregnante e forte in quanto è sottinteso che la poesia nasca proprio da emozioni del poeta che sono trasmesse al lettore, è un titolo per una raccolta di poesie coraggioso e spiazzante, forse un titolo che tutti i poeti darebbero alle loro raccolte. Presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia e include due splendide fotografie a colori: Croce di Baone e Panorama del monte Baone, immagini molto suggestive. Il testo è costituito da un alternarsi di poesie di media grandezza suddivise in strofe e connotate da titoli e da molte poesie haiku, caratterizzate dalla forma lapidaria e dalla straordinaria concentrazione intrinseca. La raccolta potrebbe essere letta come un poemetto per la sua unitarietà strutturale e contenutistica. Cifra essenziale di questa poetica è quella di una vena neolirica e romantica con esiti che raggiungono costantemente la linearità dell’incanto e una grande chiarezza che si coniuga a icasticità, luminosità e leggerezza che si fanno espressione di questi versi che viaggiano sulla pagina con rara precisione. Fascino, magia e malia sono costanti nei tessuti linguistici caratterizzati spesso da accensioni e subitanei spegnimenti e nei casi delle poesie di media lunghezza con il primo verso c’è un librarsi del senso che poi plana nelle chiuse associato a significati e significanti sempre controllati e nonostante la chiarezza emerge una forte dose d’ipersegno in queste suadenti ed equilibratissime pagine nel quale emerge un andamento sicuro non scevro da luminosità e grandissima bellezza. Tema dominante del volume è quello dell’amore, un amore che ha qualcosa d’intellettualistico ed è intriso di misticismo di stampo naturalistico. Anche una natura rarefatta e lussureggiante è messa in scena da Claudia con maestria e sapienza e fa da sfondo alle poesie, quasi uno sfondo controcampo. «Così per caso… / E se in quegli occhi c’è un Dio / cieli d’indaco». In Portami lontano leggiamo: «Portami lontano/ dove s’accende il desiderio/ dove l’onda dei pensieri/ si fa muta/ di stupori e di abbagli/ tra silenzi ambrati di roccia. / Portami nei lidi dove non si dice/ dove non si deve,/ ma solo è respiro/ la presa calda della tua mano,/ battito/ il carbone celeste dei tuoi occhi…». Densità metaforica e semantica caratterizza questi versi che sgorgano come acque di sorgente alpina, acqua di ghiaccio che la luce del sole irida come cristallo in un giorno che si trasfigura per entrare nell’eterno, nell’infinità. E c’è spesso un tu al quale l’io-poetante si rivolge, un’entità della quale ogni riferimento resta taciuto e che dovrebbe essere presumibilmente l’amato, se in poesia tutto è presunto, l’amato ricercato con parole che sfiorano e rasentano l’invisibile. Meraviglia è quella dalla quale viene sorpreso il lettore dinanzi all’esercizio di conoscenza in versi della Messelodi che colorato da tinte suadenti diviene il precipitato di un’anima e dei suoi sentimenti più intimi. In bilico tra gioia e dolore si rivela l’essenza di questa poesia che è intrisa di una vena forte. melanconica e nello stesso tempo gioiosa bellezza. Raffaele Piazza Claudia Messelodi, Emozioni, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 68, isbn 979-12-81351-12-7, mianoposta@gmail.com.
Id: 3684 Data: 26/05/2025 00:08:42
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- Letteratura
Claudia Messelodi - Emozioni
Claudia Messelodi EMOZIONI Recensione di Raffaele Piazza Emozioni è un titolo pregnante e forte in quanto è sottinteso che la poesia nasca proprio da emozioni del poeta che sono trasmesse al lettore, è un titolo per una raccolta di poesie coraggioso e spiazzante, forse un titolo che tutti i poeti darebbero alle loro raccolte. Presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia e include due splendide fotografie a colori: Croce di Baone e Panorama del monte Baone, immagini molto suggestive. Il testo è costituito da un alternarsi di poesie di media grandezza suddivise in strofe e connotate da titoli e da molte poesie haiku, caratterizzate dalla forma lapidaria e dalla straordinaria concentrazione intrinseca. La raccolta potrebbe essere letta come un poemetto per la sua unitarietà strutturale e contenutistica. Cifra essenziale di questa poetica è quella di una vena neolirica e romantica con esiti che raggiungono costantemente la linearità dell’incanto e una grande chiarezza che si coniuga a icasticità, luminosità e leggerezza che si fanno espressione di questi versi che viaggiano sulla pagina con rara precisione. Fascino, magia e malia sono costanti nei tessuti linguistici caratterizzati spesso da accensioni e subitanei spegnimenti e nei casi delle poesie di media lunghezza con il primo verso c’è un librarsi del senso che poi plana nelle chiuse associato a significati e significanti sempre controllati e nonostante la chiarezza emerge una forte dose d’ipersegno in queste suadenti ed equilibratissime pagine nel quale emerge un andamento sicuro non scevro da luminosità e grandissima bellezza. Tema dominante del volume è quello dell’amore, un amore che ha qualcosa d’intellettualistico ed è intriso di misticismo di stampo naturalistico. Anche una natura rarefatta e lussureggiante è messa in scena da Claudia con maestria e sapienza e fa da sfondo alle poesie, quasi uno sfondo controcampo. «Così per caso… / E se in quegli occhi c’è un Dio / cieli d’indaco». In Portami lontano leggiamo: «Portami lontano/ dove s’accende il desiderio/ dove l’onda dei pensieri/ si fa muta/ di stupori e di abbagli/ tra silenzi ambrati di roccia. / Portami nei lidi dove non si dice/ dove non si deve,/ ma solo è respiro/ la presa calda della tua mano,/ battito/ il carbone celeste dei tuoi occhi…». Densità metaforica e semantica caratterizza questi versi che sgorgano come acque di sorgente alpina, acqua di ghiaccio che la luce del sole irida come cristallo in un giorno che si trasfigura per entrare nell’eterno, nell’infinità. E c’è spesso un tu al quale l’io-poetante si rivolge, un’entità della quale ogni riferimento resta taciuto e che dovrebbe essere presumibilmente l’amato, se in poesia tutto è presunto, l’amato ricercato con parole che sfiorano e rasentano l’invisibile. Meraviglia è quella dalla quale viene sorpreso il lettore dinanzi all’esercizio di conoscenza in versi della Messelodi che colorato da tinte suadenti diviene il precipitato di un’anima e dei suoi sentimenti più intimi. In bilico tra gioia e dolore si rivela l’essenza di questa poesia che è intrisa di una vena forte. melanconica e nello stesso tempo gioiosa bellezza. Raffaele Piazza Claudia Messelodi, Emozioni, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 68, isbn 979-12-81351-12-7, mianoposta@gmail.com.
Id: 3683 Data: 26/05/2025 00:04:50
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- Letteratura
Angela Ragozzino - Voci danima, darte e di natura
Angela Ragozzino VOCI D’ANIMA, D’ARTE E DI NATURA Recensione di Raffaele Piazza Ricorre nel 2023 il 250° anniversario della morte dell’architetto Luigi Vanvitelli progettatore della celeberrima Reggia di Caserta, icona storica dell’arte di tutti i tempi. In questo libro che va oltre la mera raccolta di poesie, non a caso inserito nella Collana Parallelismo delle Arti accanto alle poesie, ritroviamo fotografie tra le quali spicca quella relativa alla statua di Luigi Vanvitelli stesso, opera del 1879 dello scultore Onofrio Buccini (1825-1896), immagine connessa, interagente, con l’omonima poesia encomiastica dedicata all’architetto della Reggia di Caserta. Da notare che la poetessa Angela Ragozzino è nata a Sant’Angelo in Formis, frazione di Capua, in provincia di Caserta dove attualmente risiede e quindi come punto di partenza c’è la vicinanza geografica proprio con Caserta come chiave d’accesso a questo volume che non a caso sarà presentato tra breve a Sant’Angelo in Formis e a San Leucio. A proposito di parallelismi il libro può essere considerato un ipertesto, frutto dell’interazione dei piani espressivi, delle linee di codice che si sovrappongono e intersecano appunto di poesia, fotografia e arti figurative. Affascinante e compiuto il progetto nella sua originalità e nella sua eclettica bellezza. Poetica neolirica ed elegiaca quella della Ragozzino dove non a caso la natura gioca un ruolo importante e dove la partita si gioca tra rêverie e linearità dell’incanto in un incantevole connubio. In A Luigi Vanvitelli, poesia ispirata dalla stessa scultura che raffigura l’architetto, leggiamo: «Lo sguardo spazia / nella fertile piana / e si ferma là sulla collina. / Il verde bosco è percorso / da cervi e cinghiali / tra ninfe e fauni giocosi. / E vedi mute di cani, creature silvane / tra alberi e acque sorgive…». Nella suddetta poesia c’è anche un chiaro richiamo al mito con figure mitologiche classiche che sono nominate, elemento veramente raro nel nostro panorama letterario in un recupero del passato magico e ammaliante. Filosoficamente in Canne al vento la poetessa riprendendo l’assunto di Pascal afferma di essere appunto una canna al vento ma canna pensante e parla di solitudine, ma comunque scrive ottimisticamente che al vento non si spezza nel mirare nuvole bianche e tasselli di una natura incontaminata: «Canne al vento / sulla riva, onde increspate / dalla brezza marina. / Rocce arse, baciate / dal caldo sole d’agosto. / Il fico d’India, verde / dai frutti spinosi, / ma dal cuore tenero e dolce. / Canna al vento, si piega / ma non si spezza…». Piacevole la poesia Il raccolto verrà in connubio con il dipinto olio su tela Al ritorno dai campi di Franca Maschio connotato da un fresco cromatismo che raffigura sei uomini visti di spalle che camminano per un suggestivo sentiero ai cui lati si stagliano coltivazioni di spighe alte e rigogliose e tutto pare pronto per la primeva mietitura che avverrà ancora anche nella nostra realtà liquida, alienata e consumistica tipica dei nostri giorni. Intenso il dipinto Notturno di Fabio Recchia che si può considerare di tipo figurativo perché rappresenta dei vaghi rami di pino, rischiarati dalla luna, sullo sfondo di tinte surreali rosse, blu, verdi e azzurre che creano sospensione e mistero accentuate dalla tecnica spray art che aumenta la suggestione e la rarefazione delle immagini. Tale dipinto ben si accosta alla poesia Nel silenzio della sera: «… / Oh! luna che brilli lassù, / illumina i miei passi / per questi ultimi scampoli di vita. / Solo nel silenzio della sera / ritrovo me stessa / e la mia anima trova la pace». Un globale e superlativo esercizio di conoscenza se è vero che l’unione fa la forza anche in campo estetico. Raffaele Piazza Angela Ragozzino, Voci d’anima, d’arte e di natura, prefazione di Enzo Concardi; Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-02-8.
Id: 3682 Data: 25/05/2025 23:56:14
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- Poesia
Rossella Abortivi - Corrispondenze
Abortivi Rossella CORRISPONDENZE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente, centrata e ricca di acribia. Scrive il critico che la poesia di Rossella Abortivi è essenzialmente di carattere esistenziale ed onirico allo stesso tempo con un’alternanza fra realtà e sogno che mette in luce i chiaroscuri di una vita vissuta con ritmi bipolari. Evocativo il titolo Corrispondenze che farebbe pensare ad un’idea della ricerca espressa simbolicamente di inviare messaggi in bottiglia gettati nel mare del web. Ogni singola poesia diviene una missiva per il fortunato lettore e tuttavia non può prescindere dalle altre, vista la compattezza semantica del volume espressione di una vita in bilico tra gioia e dolore come condizione umana imprescindibile per cui il lettore, cosa che accade spesso può identificarsi con l’io-poetante anche per l’universalità delle situazioni descritte in un’atmosfera di onirismo purgatoriale che ha un indiscutibile fascino, Tutti i componimenti presentano i versi centrati sulla pagina elemento che crea un ritmo sincopato che genera una felice musicalità. Sospensione e magia in questi versi leggeri e icastici che centrano l’anima del lettore generando forti emozioni. Poetica neolirica tout-court quella della Abortivi che sembra provocare nel lettore un’immersione nelle acque di un di un lago rilassante e protetto più che in un oceano con tempeste e del resto la natura è uno sfondo controcampo alle parole dell’autrice dette sempre con urgenza. Leggiamo nella splendida poesia Figlia: «È un segmento appuntito / che vibra nell’aria / il tuo lamento notturno / o bimba rosa, / batuffolo di rugiada mai spento...». Una chiarezza che si coniuga a luminosità pare essere la cifra essenziale del poiein di Rossella elemento connesso ad un forte amore per la vita che la poetessa mette in scena con levigate pennellate di stringhe di sintagmi e unità minime che si aggregano con effetti di straniamento. In Nebbia è affrontato il tema del tempo: «Nelle mie giornate di nebbia / c’è il calore del cuore / stretto nella morsa del passato di / sbarre pungenti / nere / pesanti». Il passato qui è una provenienza della quale ogni riferimento resta taciuto e la nebbia del titolo diviene simbolo del dolore. Mirabile il componimento Azzurro tratto dalla sezione Epochè che significa in filosofia sospensione del giudizio: «Vorrei entrare / nelle finestrelle del cielo / accucciarmi tra le nuvole / e dormire…». Il senso di una reverie si stempera nella linearità dell’incanto costituendo atmosfere suggestive di grande bellezza nella sottesa consapevolezza del ruolo salvifico della poesia stessa e spesso quella che si potrebbe chiamare dolcezza si adegua ai canoni del mal d’aurora anche se non manca la tematica del male di vivere di montaliana memoria. Anche il tema amoroso è affrontato in modo sublime in Lampadina: «Il mio amore è come una lampadina / a tratti si accende con bagliori di fuoco / e illumina intere contrade / di desiderio infinito…» Un esercizio di conoscenza in versi di spiccata originalità in controtendenza con l’oscurità dei nei orfismi e degli sperimentalismi. Raffaele Piazza Rossella Abortivi, Corrispondenze, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 68, isbn 979-12-81351-07-3, mianoposta@gmail.com.
Id: 3678 Data: 18/05/2025 23:53:51
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- Poesia
Enza Sanna - Epifane
Enza Sanna, Epifanie, Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza Poetessa, scrittrice, saggista e critico-letterario Enza Sanna è nata a Genova dove vive e opera. Come scrive Maria Rizzi con acutezza nella prefazione a Epifanie, la raccolta di poesie di Enza Sanna che prendiamo in considerazione in questa sede, molte delle poesie che costituiscono il volume sono state scritte durante il periodo della pandemia e questo non è un caso. A questo proposito si deve affermare che studi riconosciuti hanno dimostrato che nei tristissimi giorni della pandemia stessa molte persone che non avevano mai scritto poesie nell’era del verso libero si sono messe a scrivere versi, uomini e donne di tutte le età sono diventati poeti. Ancora una volta quindi la poesia è divenuta tensione verso la salvezza con l’attaccamento alla vita nei giorni della paura e del dolore affinché la vita stessa non desse scacco e anche in quei giorni non mancava il desiderio di varcare la soglia della speranza, di trovare il montaliano varco per aggrapparsi a qualcosa che non poteva non essere che la scrittura poetica, praticata anche solo per sé stessi. Epifania significa manifestazione e quindi anche misticamente la Sanna è conscia di essere mediatrice tra la musa, l’inconscio e lo Spirito Santo come diceva Borges, aggiungendovi l’impronta della sua soggettività, della sua anima e da questa mediazione con l’intervento dell’identità unica della persona, nascono i suoi versi sempre icastici e ben controllati. A questo proposito come scrive la Rizzi la poetessa realizza la prima fuga dal quotidiano nella natura: il suo spirito entra negli alberi, nei prati, nel mare. Da notare che il testo presenta una postfazione di Enzo Concardi profonda nel delineare la poetica della Sanna. Nell’incontrovertibile cifra neo lirica la poetica della Sanna, connotata da una vena di riflessione dell’io-poetante sulle cose e i fenomeni, si tende alla linearità dell’incanto con una esemplare chiarezza e cristallinità che è sottesa a un pensiero complesso che comunque tende all’ottimismo come quando in un verso capovolgendo l’assunto, afferma che non c’è spina senza rosa. Da notare che la silloge non è scandita in sezioni e che spesso leggendo queste poesie si ritrova la sensazione d’immergersi in un sogno ad occhi aperti. Spesso il discorso si realizza in un inno alla vita come quando la Sanna scrive in Una nuvola d’oro: «Si rinnova intorno primavera/ nel risveglio della prodiga natura:/ a noi non è dato/ se non godere con gli occhi e col cuore/ dei suoi girotondi…» In Quando la parola è immagine: «Fascinazione profonda per la bellezza/ la forza di trasmettere a chi legge/ la struggente densità dei pensieri/ degli affetti delle memorie/ dei sogni che abitano il cuore». Quella che potrebbe essere definita una poesia sulla poesia. In Dell’invenzione poetica: «Mi sorprendo spesso a pensare/ la necessità dell’invenzione poetica/ coltivata a lungo nel cuore/ linfa vitale della nostra esistenza/ Perché l’estro poetico non è menzogna/ parola contro ragione e coscienza/ ma secondo ragione/ la cosa doveva essere/ e non è stata...» Una grande originalità connota il poiein della Sanna in cui tutto è presunto, primevo e sorgivo. Raffaele Piazza Enza Sanna, Epifanie, prefazione di Maria Rizzi, postfazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 100, isbn 979-12-81351-48-6, mianoposta@gmail.com.
Id: 3677 Data: 18/05/2025 23:42:10
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- Letteratura
Alcyone 2000-Quaderno di poesia e studi letterari-n.17 2023
ALCYONE 2000 – QUADERNI DI POESIA E DI STUDI LETTERARI, vol.17 Guido Miano Editore, Milano 2023 Recensione di Raffaele Piazza La composita, corposa ed eclettica pubblicazione, che prendiamo in considerazione in questa sede, “Alcyone 2000 - vol.17”, costituisce un volume che per la sua essenza, vista la commistione di saggi di critica letteraria, recensioni, sillogi poetiche, con articoli su pittori e scultori, corredati da belle riproduzioni a colori delle opere, si può considerare un ipertesto, per l’infinito gioco di rimandi tra le varie parti per la qual cosa il fortunato lettore immergendosi nella lettura affonda nelle pagine incantato da tanta bellezza e intelligenza. I volumi “Alcyone 2000”, pubblicati da Guido Miano Editore, pur essendo impaginati come una rivista sono dei veri e propri repertori di critica letteraria e poesia e si occupano anche di arte: si distinguono per la qualità dei saggi pubblicati, la cura e la professionalità. Per esempio i nomi dei critici letterari e dei poeti nonché dei pittori e degli scultori che hanno firmato le parti letterarie e figurative sono tutti importanti nel panorama letterario, artistico e culturale non solo italiano. Un simile repertorio, nel mare magnum di una società postmoderna, globalizzata, liquida e consumistica come la nostra, che vede la caduta dei valori e il prevalere della mentalità dell’avere su quella dell’essere, come già stigmatizzato da Erich Fromm negli anni ottanta del secolo scorso, nella sua fruizione può divenire un’ancora di salvezza per ogni suo lettore, antidoto contro l’alienazione tipica nella vita attuale, attraverso una salutare immersione a trecentosessanta gradi nell’arte e nella cultura. Ben vengano questi quaderni quasi come espressione del pensiero divergente anche perché cartacei, non destinati solo a un limitato numero di cultori, ma a chiunque abbia voglia di fare propri felicemente gli alti contenuti eterogenei del repertorio, che evoca per il lettore atmosfere simili a quelle degli oceani della tranquillità lunari, o la vicinanza con i grandi laghi portatori di pace allo spirito per usare delle metafore. * * * Non avendo la possibilità, nello spazio di una recensione, di analizzare tutti gli articoli presenti nel volume, ci si limita ad esaminare - a livello esemplificativo - per la saggistica l’articolo Paesaggio di Quasimodo di Giuseppe Zagarrio; per l’arte l’articolo sullo scultore e poeta Don Marco Morelli e per la poesia la silloge di Cinzia Magarelli, per me una scoperta, una nuova poetessa di Milano alla sua prima pubblicazione. In Paesaggio di Quasimodo il saggista scrive sul tema affascinante del senso della notte per il Premio Nobel siciliano, la sua percezione anche di paura della notte, una notte che partendo dal dato fenomenico delle atmosfere del buio del firmamento, redento dalle stelle e dalla luna viene interiorizzata dal poeta e ovviamente diviene occasione per i componimenti poetici di Quasimodo stesso che il critico cita: «…Dammi vita nascosta / e se non sai me pure occulta, / notte aereo mare…»(Vita nascosta). «…mobile d’astri e di quiete / ci getta notte nel veloce inganno: / pietre che l’acqua spolpa ad ogni foce…»(Mobile d’astri e di quiete). Scrive Giuseppe Zagarrio che Quasimodo è poeta che ama a questo modo la notte per quella sensazione che da essa viene: di pienezza nell’annullamento e di delirio nell’angoscia. Per il poeta il timore di sperdersi nella notte, fa venire in mente L’infinito leopardiano e in particolare il verso «e il naufragar mi è dolce in questo mare», ma se il recanatese trova dolce la sua fusione con il cosmo, Quasimodo la vive anche con dolore e inquietudine: «…Ti cammino sul cuore / ed è un trovarsi d’astri / in arcipelaghi insonni, / notte, fraterni a me / fossile emerso da uno stanco flutto…»(Dammi il mio giorno). La notte è per Quasimodo ambivalente portatrice di un sogno ad occhi aperti pauroso e soave nello stesso tempo, residenza per l’anima in un misticismo naturalistico vissuto e sentito con tutti gli strumenti umani. * * * Per la sezione arte ci soffermiamo sull’articolo di Enzo Concardi riguardante Don Marco Morelli scultore, poeta e filosofo, del quale sono inserite varie riproduzioni di opere in terracotta e in bronzo. Nato nel 1942, il Nostro come scultore autodidatta ha avuto la prima commissione pubblica nel 1973 e ad essa sono seguite decine di commissioni per varie chiese. Dalle forme armoniche e plastiche in altorilievo le sue sculture hanno qualcosa di neoclassico; tra queste spicca una Crocefissione in bronzo, originale perché in essa Cristo, accolto dal Padre, è circondato da vari Santi e Sante che condividono il suo atrocissimo dolore per consolarlo. Come afferma lo stesso Don Morelli nella sua arte ritroviamo una commistione di Fede e filosofia che sottendono una consapevole coscienza artistica che non a caso raggiunge esiti mirabili. * * * La poetessa Cinzia Magarelli è presente con la silloge La carezza della vita composta da poesie brevi e concentrate neo liriche tout-court. Scrive nella sua nota Concardi: «…e vita è la dimensione, il luogo esistenziale, l’esperienza emotiva più visitata nel dipanarsi della sua ricerca di una serenità vissuta e forse conquistata…». Un ottimismo intelligente pervade queste liriche nel senso di ammirazione per il Creato e la pratica della poesia stessa fa in modo che la creatura diventi persona. È forte il tema dell’amicizia in Amica componimento pervaso da gioia: «Aperta era la porta / selvatica amica / dal cuore gitano / rifugio, / minuti rubati / alla vita che era / luce negli occhi / cuore intelligente. / La vita è bella». Nella lirica Per mio marito leggiamo: «Oggi ti vedo / luce nuova / vera promessa / le mani ti ho dato / arrese nelle tue, / coraggioso compagno / ti seguo». Il poiein di questa opera prima della Magarelli brilla per bellezza, originalità, icasticità, leggerezza e luminosità. Raffaele Piazza Alcyone 2000 – Quaderni di Poesia e di Studi Letterari, n°17; Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 108, isbn 979-12-81351-16-5, mianoposta@gmail.com.
Id: 3671 Data: 12/05/2025 00:28:39
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- Letteratura
Gabriella Carrano - Eros e Thanatos nel mondo greco - romano
Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano Antologia di saggi critici. Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza Gabriella Carrano, autrice del volume che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata a Salerno ed ivi residente; è titolare di Lettere greche e latine presso il Liceo Classico Torquato Tasso della sua città. Ha pubblicato monografie afferenti all’Anglistica ma i suoi interessi sono focalizzati soprattutto sul mondo antico. Con Guido Miano Editore ha pubblicato la raccolta di poesie Mosaici lirici (2023)e un saggio intitolato La scoperta dell’anima nell’apologia platonica (2024) rispettivamente nei volumi 17 e 18 di Alcyone 2000-Quaderni di poesia e di studi letterari. Come scrive Enzo Concardi nell’acuta premessa sono sei i saggi critici di questa antologia, visitatrice del mondo culturale e ideologico ellenico e latino, sulla tematica complessiva riguardante alcuni aspetti di Eros e Thanatos nel mondo greco-romano. A livello di categorie Eros e Thanatos in tutte le culture ipostatizzano un discorso complesso e approfondendo l’argomento si può affermare che all’Eros che dovrebbe incarnare l’amore e la vita, come contraltare esiste anche la modalità del Pathos che è dolore specialmente se riferito alla sfera erotica e amorosa. Il pregio della scrittura saggistica della Carrano è quello di raggiungere la sintesi tra acribia e discorsività, tra complessità e chiarezza, elemento che trasporta il lettore nelle atmosfere della classicità, che sembrano rivivere, riattualizzarsi con la loro visione del mondo diversissima da quella della nostra attualità e che sono portatrici, anche tramite l’arte, di un fascino arcano. Proprio per la chiarezza e comprensibilità dei concetti profondi espressi in queste pagine viene spontaneo credere che questa pubblicazione possa essere diffusa e letta non solo dagli addetti ai lavori, dai professori e dai cultori dell’antichità, ma anche dagli studenti liceali e universitari per perfezionare i propri strumenti nell’approccio alla cultura e alla letteratura greca e latina in modo empatico e profondo e forse questa idea era già presente nella mente della Carrano prima di scrivere questa acuta e poderosa opera. che non a caso pare avere anche un intento divulgativo. Eclettica è la serie delle tematiche che la Carrano ci presenta in questo composito lavoro, suddiviso nei seguenti capitoli: 1. Introduzione Le origini della tragedia e del tragico le riflessioni di Mario Untersteiner, 2. Eros e Thanatos nell’epos, il desiderio e il dramma della conoscenza nella trasfigurazione di Ulisse. Il viaggio dell’ulisside tra arethè e entropia planetaria. 3. Patogenesi dell’Eros al femminile nell’universalità del dramma classico Fedra, Medea, Didone tragedie di passione, passioni della storia. 4. Il fiore di Nosside in tessa Locrese balsami alessandrini per una mistica della femminilità. 5. Ovidio e le pratiche abortive Ethos elegiaco e scienza ellenistica in Lucrezio e negli elegiaci. 6. La meditatio mortis tra finis et transitus: i traslati del lessico e dell’interiorità. Tutto in questo volume diviene un esercizio di conoscenza e le concezioni sull’Eros e Thanatos nell’antichità divengono un viatico e una provenienza per la vita nel terzo Millennio che ha per modello delle società dei vari popoli caratteristiche lontane anni luce per usi e costumi, visioni del mondo e tecnologia da quella degli antichi greci e degli antichi latini. Nel Novecento Eros e Thanatos come pulsioni sono stati oggetti di studio e di approfondimento anche da parte di Freud e della psicoanalisi come poli antitetici della personalità umana che nel loro fondersi fanno in modo che in un certo senso si delinei ed emerga l’identità della persona. Emerge che Eros e Thanatos come categorie fondanti si realizzino in due maniere diverse ma che possono essere considerata l’una lo specchio dell’altra e viceversa e queste due modalità sono ovviamente la letteratura e la vita che è anche quella dei lettori delle stesse opere letterarie nei loro vari generi. Viene spontaneo leggendo i saggi che costituiscono il volume riflettere sulla varietà degli argomenti trattati e cercare di definire quali di essi hanno attinenza con la sfera dell’Eros e quali altri invece con quella di Thanatos. Per esempio quando viene detto l’omerico Ulisse con la sua sete di conoscenza e sapendo che l’eroe del mito greco è un vincente pare che implicitamente si voglia alludere ad argomenti che hanno a che fare con l’Eros non solo a livello amoroso, ma anche con quello della pienezza dell’essere, della realizzazione materiale e spirituale dell’individuo con il suo diritto alle felicità. Viceversa quando viene detta la patogenesi dell’eros femminile con gli esempi di Didone e Medea siamo ovviamente in un universo di pulsioni di sofferenza fortissima e di morte per la qualcosa si può affermare che qui si debba parlare di Thanatos e di perdita, connessa ad alienazione e al male di vivere del peggio possibile, del baratro. Nel momento in cui vengono detti i balsami alessandrini per una mistica della femminilità si rientra nella sfera dell’Eros perché misticismo ed erotismo si toccano mentre nelle riflessioni latine sulla morte ovviamente si entra nel campo di Thanatos anche se pare che la stessa morte venga vista serenamente. Un’opera profonda quella della Carrano perché ogni lettore riesce a scorgere nelle situazioni da lei utilizzate prese dalla mitologia greca e latina, avvenimenti che riguardano anche l’etica di tutti i tempi; per esempio quando Ovidio si scaglia contro il fenomeno dell’aborto possiamo vedere una similitudine tra l’atteggiamento del poeta latino e quello della Chiesa Cattolica del Terzo Millennio sullo spinosissimo tema dell’aborto stesso. Sicuramente se consideriamo questo volume in toto ai può affermare che oltre ad essere un’opera letteraria ha una fortissima valenza anche, filosofica, psicologica, pedagogica e anche vagamente antropologica. Una trattazione precisa esauriente e completa di tale opera non si può esaurire in una recensione come in questo caso e richiederebbe a sua volta un saggio corposo e profondo. Raffaele Piazza Gabriella Carrano, Èros e Thànatos nel mondo greco-romano, premessa di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 124, isbn 979-12-81351-43-1, mianoposta@gmail.com.
Id: 3670 Data: 12/05/2025 00:15:47
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- Letteratura
Pietro Rosetta - Poesie nascoste nella dispensa
Pietro Rosetta POESIE NASCOSTE NELLA DISPENSA Recensione di Raffaele Piazza Pietro Rosetta è un affermato medico oculista che nel 1997 ha pubblicato qualche poesia nel volume antologico Scrittori Italiani del II Dopoguerra. La poesia contemporanea edito da Guido Miano Editore. Nel mese di aprile del 2024, per la stessa Casa Editrice, ha dato alle stampe la sua raccolta di poesie, un’opera prima, silloge nella quale si rivela come un poeta eccellente, una vera scoperta letteraria il cui merito va proprio a Guido Miano Editore che lo ha incoraggiato e spinto ad uscire dal suo silenzio. Evocativo il titolo della raccolta che sembra mettere in luce la riservatezza del Nostro perché ha tenuto nascoste queste poesie presumibilmente per molto tempo prima di pubblicarle cosa che accomuna molti poeti. Ora Rosetta è uscito allo scoperto con questa raccolta e ha fatto bene perché le sue composizioni sono splendide nel loro essere connotate da vaghezza e grande originalità e bellezza affascinante. Ha tolto metaforicamente i componimenti dalla dispensa, elemento che evoca qualcosa di domestico, e senza esitare più ha messo le poesie nella bottiglia del messaggio e le ha lanciate nel mare magnum del circuito letterario con il volume che prendiamo in considerazione in questa sede. Veramente centrata e ricca di acribia la prefazione di Enzo Concardi a questa silloge nella quale il critico individua il tema dominante dei versi che è quello del dualismo amore - morte interiorizzato dal poeta; dualismo che emerge nel suo approccio alla poesia, alla scrittura che è la vita perché si scrive sempre di sé stessi e la poesia stessa è sempre d’occasione. La raccolta non è suddivisa in sezioni e per la sua unitarietà tematica, formale e stilistica potrebbe essere considerata un poemetto. Ad una prima lettura si nota nei versi un forte senso del dolore sotteso alla condizione umana e anche nell’approccio alla dimensione amorosa e si potrebbe pensare a questo proposito al pessimismo cosmico di Leopardi e al male di vivere di Montale. Tuttavia ci sono poesie connotate da un atteggiamento positivo verso la vita e l’amore e la poetica di Rosetta è piena della raffinatezza delle parole controllatissime e debordanti nella stessa tempo e i versi sono generati da una forte urgenza del dire e risultano chiari e complessi nello stesso tempo. Si tratta di poesie icastiche e leggere nello stesso tempo che si possono definire neo liriche e che hanno intrinseca una componente riflessiva e intellettualistica. «Un sottile brivido sbocciato / d’improvviso nel mio giardino / viene a sussurrare l’estate / ai miei pensieri, fioriti nella mente / senza più trovare le parole»scrive Rosetta in una poesia senza titolo (pag.16) che è affascinante perché per argomento ha il rapporto tra detto e non detto che crea nel breve tessuto linguistico una forte tensione che si lega a un senso di sospensione e di forte solipsismo nell’io-poetante molto autocentrato; anche un senso di magia e di malia emerge da questa poesia raffinata e ben cesellata come del resto sono tutti i componimenti del Nostro che nella maggioranza dei casi non presentano titolo e ciò ne accresce il senso del mistero. «Il tempo è sbocciato / figlio di un sogno che non si vuole realizzare // e le mie mani tra le tue mani / e la mia pelle contro la tua pelle / e i miei occhi dentro i tuoi occhi / e il mio domani, forse anche il tuo domani // sono magici incantesimi che le parole / trascinano impetuose al tribunale della realtà // il tempo è sbocciato / figlio legittimo di una pienezza sconosciuta / e le voci della città / sono fiori, sono frutti che tu hai sparso / intorno a me…». Nella suddetta poesia (pag.19) densa metaforicamente si respira un senso di ottimismo e molto bella è l’espressione anaforica «Il tempo è sbocciato»per la quale il tempo stesso è figlio di un sogno che non si vuole realizzare e figlio legittimo di una pienezza sconosciuta. Nel componimento è centrale il tema amoroso erotico e sensuale quando sono nominati gli occhi, la pelle e le mani del poeta e dell’amata che divengono biblicamente una sola carne. Quindi è una poetica quella di Rosetta in bilico tra gioia e dolore e la complicità, la connivenza che l’io – poetante cerca nell’amata è sicuramente un sintomo di positività nel credere fermamente che l’amore ricambiato stesso possa aprire le porte alla felicità. Si può definire una ricerca del senso vero e profondo della vita quella di Pietro, una tensione stabile verso la realizzazione dei desideri dettati dai sentimenti soprattutto nel campo amoroso. E se la poesia è la leggerezza e la quotidianità con il suo eterno ritorno è il vero esistere, Rosetta dimostra che lo strumento umano per riuscire a trovare sicurezza consiste nel creare un’osmosi tra poesia e vita che richiede una grande attenzione che salva e fa realizzare l’individuo in amore, nel lavoro e in tutto. Il discorso del Nostro affascina perché ogni suo lettore s’identifica in lui che è portatore di sentimenti e valori universali con profondità e fertile intelligenza. Raffaele Piazza Pietro Rosetta, Poesie nascoste nella dispensa, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 88, isbn 979-12-81351-21-9, mianoposta@gmail.com.
Id: 3666 Data: 05/05/2025 00:33:05
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- Letteratura
Domenico Minardi - Quando eravamo ragazzi
Domenico Minardi QUAND ’CA SÉMIA BURDÈL (Quando eravamo ragazzi) Recensione di Raffaele Piazza In Quando eravamo ragazzi Domenico Minardi diviene un cantore della vita e ottimisticamente in versi descrive efficacemente la gioia dell’essere sotto specie umana per dirla con Mario Luzi. Questa felicità, come per Leopardi e Pavese si riferisce in particolare alla giovinezza e alla sua riattualizzazione nell’età matura. Il poeta ha scritto queste poesie da adulto e in esse serpeggia lo scarto e lo scatto memoriale come in Alla ricerca del tempo perduto di Proust. Lo scavare nella memoria del poeta è struggente ma senza autocompiacimenti e senza gemersi addosso: al contrario il poeta che anche da adulto sa apprezzare la gioia della vita come dono rievoca la giovinezza con la sua verginità morale di un’anima in formazione. Minardi è romagnolo e molto legato alle radici del suo paese natio, alla campagna alla terra e alla natura oltre che agli affetti familiari e ama il suo microcosmo il paesino dove vive che sembra proteggerlo dal mare magnum del mondo che è fuori. In questo il poeta è paragonabile a Giovanni Pascoli nel fare del cronotopo dove è nato e vive un luogo di elezione e contrariamente allo stesso Leopardi non ama il naufragare cosmico dell’individuo negli spazi infiniti dell’universo. I componimenti in italiano presentano la traduzione nel dialetto della sua terra e l’uso del dialetto del suo paese conferma l’amore per il luogo natale unico per caratteristiche antropologiche rispetto a ogni altro posto come ogni paese del mondo. Le generazioni si susseguono e il poeta è conscio che questo è il normale iter della vita e qui viene affrontato il tema del senso del profitto domestico comune alla specie che si coniuga a sentimenti nobili che nel terzo millennio liquido, consumistico e alienato sembrano essersi persi definitivamente. L’adulto Minardi era conscio perfettamente dell’importanza per il raggiungimento della felicità del dovere sentirsi giovani nell’anima e nel corpo anche nella maturità e nella vecchiaia e lo scrivere poesie che sono generate dai ricordi della giovinezza e direi anche dall’adolescenza lo aiuta a sentirsi giovane. Del resto un noto pedagogista ha scritto un saggio intitolato Elogio dell’immaturità nel quale mette in luce il fatto che è salutare avere un approccio adolescenziale con la vita a tutte l’età e lo stesso San Giuseppe Moscati nei suoi scritti ha affermato che i ricordi dell’adolescenza, della giovinezza e dell’infanzia rielaborati nella mente in età matura fanno bene al corpo e all’anima dell’uomo. Il lettore s’identica nell’io-poetante quando scrive nella poesia eponima: - “Stavamo in una capanna sopra un fosso / fatta di canne di lamiera e qualche bastone / ricoperta di stracci turchini, gialli o rossi / e una fionda posata in un angolo”;qui il tema del gioco diviene nel minuzioso rivelarsi dei particolari stato soave per dirla con il recanatese, gioco che è preludio di quello della vita adulta fatta di responsabilità, ma non per questo vissuta a 360 gradi con spensieratezza, come antidoto ai malesseri della società dai quali l’individuo non riesce a sottrarsi. Raffaele Piazza Domenico Minardi, Quand ’ca sémia burdèl (Quando eravamo ragazzi), prefazione di Enzo Concardi, postfazione di Pier Guido Raggini, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 84, isbn 979-12-81351-11-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3665 Data: 05/05/2025 00:24:28
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- Poesia
Francesco Salvador - Il dono dellalba
Francesco Salvador IL DONO DELL’ALBA Recensione di Raffaele Piazza Il dono dell’alba (Guido Miano Editore, Milano 2024) è una raccolta di poesie non scandita in sezioni che risulta alla lettura magmatica per la densità metaforica dei componimenti che pur essendo autonomi tra loro, per l’unitarietà contenutistica e formale possono in toto essere letti come un continuum di versi come se fossero collegati da un filo rosso invisibile. Qui l’ordine del discorso è sotteso ad emozioni debordanti che crea il poeta. emozioni comunque sempre controllate a livello stilistico e formale e per l’opera esaminata in questa sede si potrebbe arrivare alla definizione di poemetto. Il male di vivere di montaliana memoria e vissuto intensamente dal poeta sembra essere il protagonista di questi versi. E se nel titolo del volume si parla di un dono di luce è sottinteso che per una caratteristica dei versi presi in considerazione bisogna riferirsi anche ad un altro tipo di dono che è quello del turbamento che serpeggia ridondante nei versi di Salvador. Tuttavia come evidenzia anche Enzo Concardi nell’acuta prefazione ricca di acribia Francesco Salvador non sta assolutamente a piangersi addosso affranto da una vita che dà scacco ma reagisce conscio che la condizione umana può riservare anche tantissime gioie e che la vita stessa è degna di essere vissuta. Già il titolo della raccolta evidenzia che la vaga luminosità dell’alba è un dono in se stesso e ci fa intendere che nella coscienza letteraria dell’autore può realizzarsi anche la felicità forse come in momenti perfetti di sartriana provenienza. Il poeta sa che è proprio la pratica della poesia quello che può salvarlo a prescindere da una visione trascendente dell’esistere. E la stessa alba è luce e può divenire rigenerante e portatrice di un approccio nuovo alle cose nel confrontarsi con la realtà in tutte le sue sfaccettature e tutti i suoi settori. In altre parole se la vita non è facile per nessuno, nonostante il pessimismo di fondo, si può varcare anche nel transito terreno la soglia della speranza. E se Francesco affronta i temi del male, e della morte e del dolore lo fa lucidamente per esorcizzarli e poi trovare serenità. E non a caso si ritrovano componimenti che sembrano un inno all’ottimismo che non potrebbero esserci se il poeta non avesse toccato nella sua ansia il fondo come attraverso una sintesi di sentimenti per una risalita fino ad una salvifica superficie con animo sereno e senza sforzo. Molto bella densa e suggestiva la poesia che apre la raccolta intitolata Una mano sulle pietre componimento che ha un marcato carattere programmatico. Nella suddetta poesia la psiche e il corpo del poeta stesso. dell’io – poetante. sembrano sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda per un magico e affascinante accadimento che trae l’incipit proprio nel toccare con una mano le pietre come nell’incipit della composizione. “Mi è di conforto/ posare una mano sulle pietre/ della città visitata nei giorni di festa/ più degli occhi ora è forte/ l’istinto di trattenere/ quelle forme nella mente/ come chi sente la vita andare/ e stringe la mano/ dell’ospite nella casa fredda/ e non vuole lasciare la presa/ cercando così di truffare il tempo…”. Come scrive giustamente Concardi nella prefazione «la poesia di Francesco Salvador va visitata come se contenesse un mosaico d’occasioni che la vita presenta ma che si risolvono spesso in illusioni e poi delusioni, lasciando un fondo amaro per mancanza di prospettive a lunga scadenza». Raffaele Piazza Francesco Salvador, Il dono dell’alba, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 88, isbn 979-12-81351-32-5, mianoposta@gmail.com.
Id: 3662 Data: 28/04/2025 00:36:06
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- Letteratura
Franco Colandrea - A mio figlio Paolo - (Dialoghi damore)
Franco Colandrea, A mio figlio Paolo (Dialoghi d’amore), Guido Miano Editore, Milano 2024. Recensione di Raffaele Piazza Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede si può definire come il diario di un’anima, di un padre che ha perduto prematuramente un figlio e così la morte del figlio Paolo diviene per Franco Colandrea occasione di uno scritto che virtualmente è indirizzato al figlio stesso; non un monologo, ma Dialoghi d’amore,come suggerisce il sottotitolo del volume. Il tema della morte di un figlio è stato già oggetto di opere letterarie come per esempio il libro di poesia Il dolore di Giuseppe Ungaretti e la letteratura diviene così strumento per la rielaborazione del lutto e del resto scrivere è sempre qualcosa di salvifico. Il libro presenta una prefazione esauriente e ricca di acribia di Floriano Romboli intitolata L’intensità di un amore senza confini. A livello strutturale il testo è costituito da una sequenza di brevi frammenti tutti forniti di titolo e il linguaggio usato da Colandrea è chiaro e icastico. Ricorre il tema del ricordo del sorriso di Paolo e il padre rievoca momenti felici a contatto con la natura passati insieme L’interlocutore dell’io-narrante è Paolo al quale Franco si rivolge come se gli mandasse lettere o messaggi in bottiglia come se fosse una presenza-assenza e Colandrea con queste missive destinate al figlio scomparso ne riattualizza il ricordo attraverso la memoria involontaria in modo positivo e costruttivo per rivivere nello scatto e scarto memoriale i momenti belli passati con lui. Si piò considerare architettonicamente questo volume come una serie di flash che descrivono situazioni profonde a livello affettivo tra un padre e un figlio molto legati tra loro e le situazioni descritte sono ambientate soprattutto nel tempo dell’infanzia di Paolo, anima in formazione sensibile e felice, anche perché ha la fortuna di avere un padre lungimirante, buono e intelligente che gli vuole veramente bene e credo che ogni lettore-genitore può identificarsi tout-court con l’io narrante. Una natura idilliaca fa spesso da sfondo, da cornice al binomio padre-figlio e anche il sogno e il sogno ad occhi aperti fanno parte delle tematiche espresse dall’autore. Molto suggestivo il frammento intitolato Un fiore nella notte dove è presente il tema della metamorfosi quando l’autore dice di vedere gli occhi scuri e profondi di Paolo e l’Io del figlio mostra al padre un fiore nero e Franco gli svela l’enigma dicendo che quel fiore è il fiore della notte, del buio e dell’oblio ed è egli stesso. Libro intelligente e felice che, pur partendo dal dato incontrovertibile del dolore, tramite l’esercizio di conoscenza e la riattualizzazione di situazioni passate, diviene salvifico e serve a rinnovare la gioia dell’amore nella sua inscindibile relazione proprio con la stessa morte. Raffaele Piazza Franco Colandrea, A mio figlio Paolo – Dialoghi d’amore, prefazione di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 80, isbn 979-12-81351-40-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3661 Data: 28/04/2025 00:29:48
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- Poesia
Laura Cecchetto - Il canto del cuculo
Laura Cecchetto, Il canto del cuculo, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Laura Cecchetto, autrice della raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata nel 1954 a Torino dove attualmente vive e svolge la professione medica da 45 anni. La silloge presenta una prefazione di Michele Miano che afferma acutamente che la poesia di Laura canta la magica quotidianità delle cose semplici in quei mezzi toni che hanno segnato il sussurrare malinconico della nostra tradizione crepuscolare, con i delicati colori di una vita che scorre in ognuno di noi, segnata da momenti sereni e da dolori veri. Si può dire che la poetica della Cecchetto è neo-lirica ed elegiaca tout-court e che questa raccolta non essendo scandita è molto compatta e può quasi definirsi come connotata da una struttura avvicinabile a quella di un poemetto. Non a caso con avveduta coscienza letteraria la poetessa ha intitolato la silloge il canto del cuculo, volatile che diviene un simbolo perché l’avrebbe potuta chiamare, nominare, anche con il garrire della rondine o il pigolare del pulcino o il canto del gallo, se in poesia è tutto presunto e nello stesso tempo nulla in essa avviene a caso. Ed è proprio attraverso l’approfondimento del simbolo – cuculo e del suo canto che si giunge alla chiave interpretativa della silloge per indagarne le sue ragioni che divengono affascinanti e avvincenti per il lettore. Questo uccello è ritenuto messaggero della primavera, viene immortalato nei proverbi, compare nelle canzoni popolari ed è il marchio di fabbrica di un intero ramo dell’industria orologiera e inoltre nella Valnerina, villaggio montano, il canto novello del cuculo era ritenuto saturo d’un misterioso e benefico potere di rinnovamento e guarigione e inoltre il latino cuculus indicava metaforicamente un uomo molto furbo e questo volatile che vive nascosto ha ispirato molte leggende. Ma che influenza può avere il cuculo sulla poesia di questa silloge di Laura Cecchetto? Credo che l’atteggiamento della poetessa consista nell’attendere segnali dalla natura come lo spirare del vento e la pioggia che sono sottesi proprio al canto del cuculo beneaugurante per la vittoria della felicità sul dolore e del bene contro il male nel miracolo di una primavera anche interiore. Emblematica rispetto a quanto suddetto la poesia Spirito del fiume: «Spirito del fiume/ nella notte silente/ sussurri tra le pietre/ mentre passi veloce/ nel tuo letto tra i monti/ e la luna crescente/ sfiora lievemente/ i gorgoglianti spruzzi/ che giocano tra i sassi./ E un misterioso canto/ riempie la buia notte/ e porta con sé una voce/ che giunge da altri tempi./ E chissà mai quale ricordo/ vuole portare tra il vento». Qui il canto detto con urgenza è presunto ed è quello del cuculo con la sua fortissima carica incantatoria un canto che giunge da altri tempi e porta remoti ricordi tra lo spirare del vento. È la natura detta secondo la linearità dell’incanto la protagonista di questo volume. In La festa leggiamo:«Nei giorni della festa/ l’aria del mattino/ ha quel che di frizzantino/ e il sole splende con amore/ in quel cielo così azzurro/ e una nuvola passando/ disegna un dolce volto./ Forse un angelo passando/ ci manda il suo saluto/ e tutto in assoluto/ è così dolce e beato./ E fuori dalla porta/ il profumo della torta/ che mamma ha fatto per te». L’afflato naturalistico che ha qualcosa di cosmico nella suddetta composizionetrova come sua antitesi qualcosa di minimalistico come il profumo della torta, una piccola cosa che si connette agli autentici sentimenti familiari perché la poetessa specifica che la torta è stata fatta da una madre per il figlio. Per una porta invisibile che è un varco salvifico entra in scena la poesia stessa, poesia che è sottesa alla vita stessa, e che rende la vita degna di essere vissuta come dono da apprezzare. Raffaele Piazza QQ Laura Cecchetto, Il canto del cuculo, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-59-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3656 Data: 21/04/2025 12:03:42
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- Poesia
Albino Barresi - Ricordi lievi ed oltre
Albino Barresi, Ricordi lievi ed oltre. Poesie (1985 – 2024). Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Raffaele Piazza La silloge di poesie Ricordi lievi ed oltre (Guido Miano Editore, 2025)di Albino Barresi, che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Michele Miano acuta e ricca di acribia. La memoria involontaria di proustiana ascendenza, con tutte le sue implicazioni è un costante argomento per ogni poeta nel suo poiein perché la riattualizzazione, il senso di una provenienza temporale e anche spaziale è incontrovertibile e lo scopo nel momento in cui si scrive diviene il desiderio di fermare il tempo stesso nell’attimo, istante di passaggio tra passato e futuro se la poesia è sempre metafisica. In un certo senso nella sua sorgiva ricerca d’infinità il poeta si fa veggente e il discorso si collega al tentativo di abitare poeticamente la terra che si traduce per i poeti lirici nell’esprimersi attraverso versi che bene s’intonato alla ricerca che porta al risultato della linearità dell’incanto. La raccolta di poesie di Albino Barresi, nato a Villa San Giovanni (R.C.), manifesta a partire dal suo esplicito titolo la tematica del ricordo e l’intento di trattare il tema del tempo è sugellato dalla specificazione dell’autore stesso che ci fa sapere che le poesie della silloge sono state scritte in un periodo che va dal 1985 al 2024. Se i ricordi del poeta sono lievi bene s’intonano alla manifesta leggerezza dei dettati sempre ben controllati in una poetica che ha per cifra distintiva la matrice neo lirica ed elegiaca. Il volume è scandito in due sezioni e i componimenti sgorgano in ognuna delle due parti in ordine cronologico. Le parti in cui si compone sono due: Ricordi lievi ed oltre (1985-2010) e La mia vita… qui (2020-2034). Particolarmente bella la poesia che apre la raccolta intitolata Sogno nella quale il poeta si rivolge ad un tu che è presumibilmente la persona amata che in questo caso si fa Musa. La suddetta poesia è suddivisa in quattro strofe ed è presente, nell’accorato rivolgersi del poeta alla figura femminile, qualcosa di unico nel suo genere perché Albino non canta la sua donna attraverso la fisicità la materialità del corpo come avviene quasi sempre nel genere della poesia amorosa ma attraverso la tensione verso la sua anima, la sua coscienza, la sua interiorità così che il risultato del poeta diviene un interanimarsi con la persona nel dichiarare di volerle carezzare appunto l’anima e di voler percorrere le sue sfumature interiori. Sogno: «Sogno/ di accarezzarti l’anima/ lievemente condiscendere/ i suoi contorni/ le sfumature interiori percorrere/ mentre mi fingo/ attraversare altri mondi/ di sensazioni alternative.// Sogno/ di seguire i tuoi occhi/ fintantoché sfioro/ le tue gote fascinose/ e le labbra si schiudono/ in un pallido sorriso/ visione di vissuti interiori/ indicibilmente reali.// … sensazioni scarnificate/ smarrimenti dell’anima/ altre vite immaginate/ dentro il quotidiano/ calpestare la nera terra…». C’è nella suddetta composizione un’estasi controllata dell’io-poetante una fortissima carica affettiva e di desiderio verso la persona amata detta con urgenza e una straordinaria originalità che diviene il pregio più prezioso di questa scrittura. In Come passano gli anni il poeta scrive: «È dell’altro giorno/ vivere in altri luoghi/ in realtà diverse/ convinti dell’umanità di tutti.// È di ieri la delusione/ del ritrovare a tutte le latitudini/ miserie e nobiltà/ accomunate da biechi interessi.// È di oggi/ la certezza che un uomo/ non cambia il suo essere/ con l’incipiente progresso». Un fare poesia quello di Barresi sotteso ad un andamento dei versi, a un ritmo inconfondibili e ottima è la fusione tra forma e contenuti che provoca nei lettori salutari emozioni. Raffaele Piazza Albino Barresi, Ricordi lievi ed oltre, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 64, isbn 979-12-81351-58-5, mianoposta@gmail.com.
Id: 3655 Data: 21/04/2025 01:23:30
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- Poesia
Alfredo Alessio Conti - Tutto è respiro
Alfredo Alessio Conti TUTTO È RESPIRO Recensione di Raffaele Piazza Tutto è respiro,la raccolta di poesie di Alfredo Alessio Conti che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Maria Rizzi esauriente, centrata e ricca di acribia. Come scrive la Rizzi, Conti è stato accostato in una precedente pubblicazione al grande Giuseppe Ungaretti e, aggiungerebbe chi scrive, soprattutto al primo Ungaretti per la brevità e la concentrazione dei suoi testi poetici. Scrive la prefatrice che in effetti l’arte della sottrazione e il mal di vivere che lo caratterizzano, evocano il climax del poeta di Alessandria d’Egitto, ovvero la disposizione dei concetti in modo da ottenere un effetto di un’intensità progressiva o regressiva e le sue macerazioni interiori. Il titolo del volume sembrerebbe alludere alla forza stessa del respiro fisico, ma anche metaforico e simbolico per l’essere umano che sul pianeta terra trae dal respiro stesso quel fattore x che gli consente di restare vivo, ontologicamente sia come creatura che come persona. In bilico tra gioia e dolore questo libro di poesia con il quale si fanno i conti con la stessa condizione umana che ogni giorno si ripete dal risveglio dopo il sonno e per dirla con l’ultimo Montale è tutto sempre da ricominciare anche se non è utopia la possibilità di abitare poeticamente la terra e di vivere poeticamente ogni momento come ha scritto Borges. In Il tuo domani, componimento dal carattere programmatico che apre la raccolta, che per il fatto di non essere scandita potrebbe essere considerata un poemetto, nell’incipit ci imbattiamo nella socratica domanda: «Conosci te stesso / e abbi cura di te / raggiungerai l’anima / nella sua profondità / e saprai chi sei / chi dovrai raggiungere / il domani / che verrà». La suddetta poesia del tutto antilirica e anti elegiaca ci fa riflettere sull’essenza speculativa e intellettualistica di questa poetica nel tentativo riuscito di raggiungere la propria anima per sapere chi si è realmente nella vita avendo cura di se stessi e leggendo questo breve componimento viene in mente la famosissima canzone di Franco Battiato La Cura. Il tema del conoscere la propria anima ci porta anche alla tematica della conoscenza del bene e del male e della distinzione agostiniana tra fare il male stesso e conoscere il male, ma si potrebbe anche aggiungere, anche se l’autore non è un nichilista, che si potrebbe trovare una connessione tra queste parole e quelle di Nietzsche nel suo affermare che non esistono fenomeni morali ma solo interpretazioni morali di fenomeni che sfocia nel numinoso assunto del filosofo tedesco che possa esserci qualcosa che supera il bene e il male stessi e vada oltre questa dualità. Emblematica la composizione Un po’ di poesia:«Un po’ di poesia / altrimenti soffoco / ossigeno della vita / nei giorni / bui e tristi / …». Nel suddetto componimento è detto tra le righe che è proprio la poesia stessa a identificarsi con l’ossigeno che rende possibile il respiro, respiro che è vita e sopravvivenza e anche salvezza. Quindi l’ossigeno-poesia è salutare a livello dell’anima anche se le poesie non salveranno il mondo. Raffaele Piazza Alfredo Alessio Conti, Tutto è respiro, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 64, isbn 978-88-31497-82-4, mianoposta@gmail.com.
Id: 3649 Data: 14/04/2025 03:08:26
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- Poesia
Roberta Fava - Lo zoo naturale
Roberta Fava LO ZOO NATURALE (Se gli Animali potessero parlare…) Recensione di Raffaele Piazza LO ZOO NATURALE, la raccolta di poesie di Roberta Fava che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una premessa della stessa autrice e una prefazione di Enzo Concardi esauriente, sensibile e ricca di acribia. L’originalissima raccolta può essere letta e considerata come una serie di poesie-quadro che nel loro insieme costituiscono un bestiario ed è suddivisa nelle sezioni: Animali di terra, Animali d’acqua e Animali d’aria. L’autrice nella primeva descrizione delle specie animali si avvale di grazia e introspezione psicologica e si dimostra competente anche a livello etologico delle caratteristiche degli animali trattati con cura dei particolari, affetto e intelligenza e si può presumere che la poetessa preliminarmente si sia informata sulle caratteristiche stesse delle varie specie trattate con grande cura dei particolari. Ne risulta in toto un’opera bella e anche simpatica da leggere per la sua brillante lungimiranza nello studio dei caratteri dei protagonisti delineati che spesso divengono apologo per riferirsi a tipologie varie di caratteri degli esseri umani nel bene e nel male, con i loro pregi e i loro difetti. Interessante la definizione zoo naturale perché sottende una visione non necessariamente legata alla vita in cattività come può essere quella di un zoo e la stessa espressione zoo fa percepire una presunta familiarità dell’autrice con gli animali stessi che si trasmette anche al lettore quasi una confidenzialità. Il sottotitolo Se gli Animali potessero parlare… riporta alla mente la frase del poeta francese Ponge che ha scritto che sarebbe bello se l’albero potesse parlare. Si dice comunemente che al cane, amico per antonomasia dell’uomo, manca solo la parola e comunque gli animali stessi nella letteratura greca e latina antiche sono stati argomento di storie dall’elevato significato morale profondo perché ogni singola specie animale è complessa e anche gli stessi pesci non possono considerarsi solo degli animali stimolo-risposta. Sono espressioni comuni quelle che affermano per esempio che si è furbi come una volpe, puri come una colomba e prudenti come il serpente. a dimostrazione che fin dall’antichità, quando nell’epoca dell’oralità sono nati i proverbi questi si siano basati spesso anche sull’osservazione e sull’interiorizzazione del pianeta degli animali visto come ambito in osmosi con l’esperienza umana. La poetica della Fava si può definire neolirica e il linguaggio usato dall’autrice è connotato spesso da una chiarezza affabulante e da nitore e luminosità, icasticità e leggerezza Traspare con evidenza lo sconfinato amore dell’autrice per la natura che già era stato espresso in una precedente raccolta che aveva come tematica le specie vegetali e si può presumere connesso a questo amore il desiderio di abitare poeticamente la terra e la volontà nella ricerca dello stupore nel chiedere che sia almeno dato di immaginare quello vorremmo vedere. Un esercizio di conoscenza unico nel suo genere che trova nell’elencare i vari animali una definizione classificatoria unica perché raggiunta proprio attraverso la poesia che dà salvezza. Raffaele Piazza Roberta Fava, Lo zoo naturale (Se gli Animali potessero parlare), pref. di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 296, isbn 978-88-31497-73-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3648 Data: 14/04/2025 02:56:57
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- Letteratura
Maurizio Zanon Il soffio salvifico della poesia
Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Maurizio Zanon è nato nel 1954 a Venezia dove attualmente risiede. Il presente volume è inserito nella collana Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio di Guido Miano Editore. Il titolo di questo libro coglie nel segno riportando esplicitamente quella che dovrebbe essere la funzione costruttiva della poesia e cioè quella di dovere aprire esteticamente ed eticamente attraverso la parola rarefatta e detta con urgenza un varco salvifico di montaliana memoria Si tratta di un confine, una soglia, oltre il quale l’essere umano può ritrovare sé stesso nella leggerezza così necessaria in un mondo sempre più tecnologico e cibernetico. Del suddetto passare attraverso possono usufruire il poeta stesso e anche il pubblico dei suoi lettori per superare il male di vivere e abitare poeticamente la terra riscoprendo la capacità d’amare e anche quella d’incantarsi. Con la pratica della poesia, attraverso il suo soffio salvifico, come dice Zanon, per il poeta e il lettore si realizza una sintesi benefica e sinergica della sfera fisica e di quella psichica. Anche una salutare fusione di conscio, preconscio e inconscio utile pure per sentirsi vicini maggiormente alla natura nel nostro universo quotidiano occidentale postmoderno liquido e alienato, si realizza attraverso l’esercizio di conoscenza che è la poesia stessa. Nell’entrare nell’analisi specifica dell’opera che prendiamo in considerazione in questa sede il primo dato che viene alla luce, dopo un primo approccio, è quello di una fortissima complessità architettonica del volume che, per la sua struttura intrinseca, costituisce un unicum nel nostro panorama letterario. Il libro si apre con una premessa dell’Editore che scrive che questa collana di libri ambisce ad indicare di taluni autori un solco di scrittura nella quale sia da individuare una sorta di fratellanza d’arte, nel nostro caso della poesia. Il volume è scandito in tre sezioni che sono tre capitoli indipendenti tra loro ognuno dei quali presenta una prefazione di un noto critico relativo alle poesie del Nostro presenti, componimenti relativi ad un certo argomento e in ogni scritto critico, secondo quella fratellanza suddetta Zanon viene paragonato ad un poeta o ad una poetessa straniera, affini a lui per sensibilità e tematiche trattate. Le scansioni sono le seguenti: Cap. 1: “La fatica di vivere” in Maurizio Zanon e Alfred Tennyson (prefazione di Enzo Concardi), Cap. 2: “La felice passione d’amore in Maurizio Zanon e la pena d’amare in Emily Dickinson” (prefazione di Floriano Romboli), Cap.3: “Madre Terra”: un compendio di armonie in Maurizio Zanon e in Emily Dickinson” (prefazione di Gabriella Veschi). Sarà il fortunato lettore di questa eclettica e affascinante opera a scegliere attraverso l’indice del libro quanto più l’appassiona nell’approfondire il discorso sul poeta Zanon e sulla sua opera, poeta che fatto notevole ha avuto l’onore di essere accostato in sede critica a poeti e poetesse ormai storici nella Storia della poesia come Tennyson e Dickinson. Scrive Zanon nel componimento Polesine: «La nebbia ti avvolge nella solitudine autunnale/ piano piano al sorgere dell’alba/ il delta del Po recita meravigliosi magici versi.// Ieri le alluvioni oggi la siccità:/ quanta sofferenza, quanto patimento/ terra dolce d’incantevole acquea poesia!». Raffaele Piazza Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80, isbn 979-12-81351-50-9, mianoposta@gmail.com. \\ Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Maurizio Zanon è nato nel 1954 a Venezia dove attualmente risiede. Il presente volume è inserito nella collana Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio di Guido Miano Editore. Il titolo di questo libro coglie nel segno riportando esplicitamente quella che dovrebbe essere la funzione costruttiva della poesia e cioè quella di dovere aprire esteticamente ed eticamente attraverso la parola rarefatta e detta con urgenza un varco salvifico di montaliana memoria Si tratta di un confine, una soglia, oltre il quale l’essere umano può ritrovare sé stesso nella leggerezza così necessaria in un mondo sempre più tecnologico e cibernetico. Del suddetto passare attraverso possono usufruire il poeta stesso e anche il pubblico dei suoi lettori per superare il male di vivere e abitare poeticamente la terra riscoprendo la capacità d’amare e anche quella d’incantarsi. Con la pratica della poesia, attraverso il suo soffio salvifico, come dice Zanon, per il poeta e il lettore si realizza una sintesi benefica e sinergica della sfera fisica e di quella psichica. Anche una salutare fusione di conscio, preconscio e inconscio utile pure per sentirsi vicini maggiormente alla natura nel nostro universo quotidiano occidentale postmoderno liquido e alienato, si realizza attraverso l’esercizio di conoscenza che è la poesia stessa. Nell’entrare nell’analisi specifica dell’opera che prendiamo in considerazione in questa sede il primo dato che viene alla luce, dopo un primo approccio, è quello di una fortissima complessità architettonica del volume che, per la sua struttura intrinseca, costituisce un unicum nel nostro panorama letterario. Il libro si apre con una premessa dell’Editore che scrive che questa collana di libri ambisce ad indicare di taluni autori un solco di scrittura nella quale sia da individuare una sorta di fratellanza d’arte, nel nostro caso della poesia. Il volume è scandito in tre sezioni che sono tre capitoli indipendenti tra loro ognuno dei quali presenta una prefazione di un noto critico relativo alle poesie del Nostro presenti, componimenti relativi ad un certo argomento e in ogni scritto critico, secondo quella fratellanza suddetta Zanon viene paragonato ad un poeta o ad una poetessa straniera, affini a lui per sensibilità e tematiche trattate. Le scansioni sono le seguenti: Cap. 1: “La fatica di vivere” in Maurizio Zanon e Alfred Tennyson (prefazione di Enzo Concardi), Cap. 2: “La felice passione d’amore in Maurizio Zanon e la pena d’amare in Emily Dickinson” (prefazione di Floriano Romboli), Cap.3: “Madre Terra”: un compendio di armonie in Maurizio Zanon e in Emily Dickinson” (prefazione di Gabriella Veschi). Sarà il fortunato lettore di questa eclettica e affascinante opera a scegliere attraverso l’indice del libro quanto più l’appassiona nell’approfondire il discorso sul poeta Zanon e sulla sua opera, poeta che fatto notevole ha avuto l’onore di essere accostato in sede critica a poeti e poetesse ormai storici nella Storia della poesia come Tennyson e Dickinson. Scrive Zanon nel componimento Polesine: «La nebbia ti avvolge nella solitudine autunnale/ piano piano al sorgere dell’alba/ il delta del Po recita meravigliosi magici versi.// Ieri le alluvioni oggi la siccità:/ quanta sofferenza, quanto patimento/ terra dolce d’incantevole acquea poesia!». Raffaele Piazza Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80, isbn 979-12-81351-50-9, mianoposta@gmail.com. \\
Id: 3645 Data: 07/04/2025 01:46:51
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- Letteratura
Iano Campisi Di fronte alla vita
Iano Campisi, Di fronte alla vita. Racconti e riflessioni, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Raffaele Piazza Il corposo e denso volume che prendiamo in considerazione in questa sede è sotteso all’intelligenza eclettica e versatile dell’Autore che provvisto di una forte, lungimirante e fertile coscienza letteraria, si affaccia dal balcone dell’anima sullo scenario del mistero della vita, producendo un testo totalizzante e unico nel nostro panorama letterario. Vita e non mero esistere è quella che vuole indagare per comprenderla Campisi e non c’è pagina dell’opera che il fortunato lettore non senta empaticamente nella sua coscienza leggendola come qualcosa di già sperimentato nel suo cammino, nella sua vita stessa, ma che non avrebbe mai saputo dire, nominare e quindi le pagine nel loro essere lette svolgono una funzione maieutica connessa ad un processo d’identificazione con lo scrittore stesso e con il suo pensiero. Illuminante la prefazione di Floriano Romboli che si è occupato anche della curatela del libro. L’interessantissima opera è composita a livello architettonica e strutturale ed è scandita nelle seguenti sezioni: quella eponima, Di ricordi e fantasia, Così come sono, Piccole storie e ognuna delle suddette parti è costituita da brevi brani che sono appunto i racconti e le riflessioni, che comunque per la materia trattata hanno un fattore x in comune che li lega, che è la ricerca, l’indagine proprio dell’essenza della vita stessa attraverso la scrittura, sia che ciò avvenga a livello letterario narrativo, sia che si determini tramite la riflessione vagamente filosofica esistenzialistica. Nell’incipit della sua prefazione, intitolata programmaticamente Uno sguardo partecipe sul mistero dell’esistenza: la sensibilità interrogativa di Iano Campisi Romboli scrive che gli pare che Campisi assegni, in un sapiente disegno costruttivo, ai racconti compresi nella prima sezione, non a caso intitolata Di fronte alla vita, una funzione non semplicemente introduttiva, bensì specificamente e incisivamente tematizzante. compendiosamente propositiva dei motivi principali della propria ricerca intellettuale-narrativa indicativa dei nuclei sostanziali di un discorso culturale e artistico. Per entrare nel merito della prosa del Nostro si riporta un frammento narrativo intitolato Spiaggia inserito nella prima scansione del libro:«In prossimità del bagnasciuga, luogo in cui il mare non si stanca di parlare, sogno la quiete e il riposo che neanch’io possiedo. Calpesto la sabbia, infinite porzioni di briciole di terra che non smettono mai di muoversi, trascinate ora qui ora là dalle onde. Zona di confine, il bagnasciuga, che partecipa a due mondi contemporaneamente, la terra e il mare. Luogo ambiguo, che si contrappone alla banalità della vita quotidiana…». Si avverte nel brano suddetto l’eleganza di una scrittura controllata nella quale forte è la connotazione intellettualistica e nella quale prevalgono l’icasticità, la leggerezza e la precisione. Come mette bene in risalto il curatore, fondamentale nelle intenzioni di Iano la presenza di una natura a volte incantevole nel rasserenare l’uomo e sollevarlo dal mare magnum dell’alienazione e dalla caduta dei valori, altre volte inquietante e che pare essere impazzita. Un esercizio di conoscenza tout-court quello di Campisi che per essere analizzato in profondità e in ogni sua sfaccettatura richiederebbe un vero e proprio saggio vista la complessità e l’estensione del testo. Raffaele Piazza Iano Campisi, Di fronte alla vita. Racconti e riflessioni, prefazione di Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 252, isbn 979-12-81351-54-7, mianoposta@gmail.com.
Id: 3644 Data: 07/04/2025 01:27:40
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- Poesia
Vincenzo Meo - Oggetti Preziosi
Vincenzo Meo, Oggetti Preziosi, Guido Miano Editore, Milano 2024 Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie Oggetti Preziosi(Guido Miano Editore, Milano 2024) di Vincenzo Meopresenta due prefazioni: una di Michele Miano e l’altra di Romeo Iurescia. entrambe centrate e ricche di acribia e anche una nota critica di Vincenzo Bendinelli. La silloge è scandita nelle seguenti sezioni: “Cielo grigio e squarci azzurri”, “Una luce diversa”, “Anonima”. Significativa la poesia eponima che non a caso è la prima del testo e che in modo incontrovertibile ha un carattere programmatico; “Da ragazzo/ mi avventuravo lungo il fiume/ cercando oggetti preziosi/ fossili, radici, pietre rare/ e tutto ciò che vi fosse/ di insolito e sconosciuto./ poi ad un tratto/ abbandonai quel mondo/ di palpabili oggetti,/ per cercare dentro di me/ oggetti più preziosi”. Nella suddetta composizione si assiste ad uno spostamento dell’attenzione da parte dell’io-poetante dal mondo delle cose esterne e tangibili all’interiorità del poeta stesso, sfere che hanno in comune la possibilità di contenere cose preziose per la vita e del resto fossili radici e pietre rare divengono correlativi oggettivi per una ricerca simbolica del senso della vita stessa di cose fisiche che sopravviveranno al poeta e a tutti pur essendo inanimate Poi per un secondo livello il poeta per un forte impegno etico si ripiega su se stesso per trovare nella sua psiche cose preziose e da questo scavo nasce, scaturisce la poesia stessa che è l’unica cosa che può salvare. Una forte e insolita chiarezza caratterizza i componimenti di Meo che sembrano sottesi ad una scaltrita e intelligente coscienza letteraria. La luce e le tinte numinose presumibilmente del cielo sembrano essere dette controcampo quasi come antidoto al male e alla violenza del mondo che turba Meo che però è perfettamente convinto che la vera felicità è nel bene e che una persona possa essere nel carattere fortissima e anche buona in una stabile gioia e che la poesia stessa può nell’attimo fermare il tempo in una forma d’infinito diversa da quella leopardiana se c’è un’uscita trascendente e ogni fenomeno è morale. Quanto suddetto è colto anche da Michele Miano nella sua prefazione e accade così che il pessimismo di fondo diventi ottimismo. Scrive infatti Miano che Vincenzo affronta la scrittura letteraria come affronta la vita di ogni giorno con forza, dignità e fiducia e con quello sguardo pulito e profondo dell’artista che non teme di scontrarsi con lo squallore della violenza della degradazione dei valori etici di una società ormai alla deriva. Non è solo la poesia che salva, perché intimamente connessa alla poesia stessa il poeta per la sua redenzione crede in Dio e fa bene a gettare su di Lui ogni sua ansia e ogni suo dolore e nella poesia Grazie Signore scrive: “ Grazie Signore!/ per averci dato le stelle che ci fanno un po’ di compagnia/ in questo mondo così triste e solo“. Intrigante un componimento della prima sezione che contiene il concetto della poesia nella poesia intitolato Un poeta; “Un uomo/ un operaio/ un medico/ un professore/ uno scienziato il capo di una nazione/ un poeta/ qualcosa di più/ qualcosa di diverso". Una vena e un’ispirazione poetica originali in questi componimenti connotati da chiarezza e da eleganza e la loro semplicità sottende la complessità di in pensiero intelligente e profondo che produce un interessante esercizio di conoscenza. Raffaele Piazza Vincenzo Meo, Oggetti Preziosi, prefazioni di Michele Miano e Romeo Iurescia, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 128, isbn 979-12-81351-35-6, mianoposta@gmail.com.
Id: 3637 Data: 31/03/2025 01:19:34
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- Poesia
Luigi Razzano - Poeticae Mater
Luigi Razzano Poëticae Mater Recensione di Raffaele Piazza Poëticae Mater, la breve silloge di poesie, quasi una plaquette, di Don Luigi Razzano, che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una premessa dell’autore e una prefazione di Nazario Pardini, entrambe esaurienti e ricche di acribia nel loro riferimento al tema centrale dell’incarnazione e della nascita di Gesù dal grembo di Maria. Protagonista è Maria stessa e non è un caso che il poeta (che è anche scultore) con un ardente misticismo, sospeso tra trascendenza e immanenza, con un poiein, rarefatto, raffinato e ben cesellato, metta in scena la vicenda della Vergine e la poesia stessa si fa preghiera, nel divenire la stessa Madonna persona uscendo dal suo stato creaturale a partire dal suo fiat. Anche la fisicità di Maria viene definita in modo sublime da Don Luigi e non è un caso che il poeta sia un ardente sacerdote, elemento che ci fa comprendere la familiarità e la divina tenerezza nell’accostarsi alla tematica, quando non può non venire in mente il motto del pontificato di San Giovanni Paolo II totus tuus riferito alla Madre di Dio stessa. In Annuncio, il primo componimento della raccolta, che ha un carattere programmatico, leggiamo nella prima breve strofa: «Un repentino afflato di vento/ alita e gravida/ di senso la Donna/…». I suddetti versi sono davvero notevoli per icasticità, leggerezza e precisione e lo stesso vento diviene simbolo e metafora dello Spirito Santo. Da notare la scelta del vocabolo Donna per definire la Vergine che diviene così archetipo della femminilità e della maternità, modello per tutte le donne all’insegna della loro dignità nel terzo millennio, dignità raggiunta attraverso il tempo e che per i cristiani trova la gioia anche nel dare alla luce i figli proprio come la Madonna e, se Maria e Giuseppe dovettero fuggire in Egitto per salvare la vita del Figlio, anche ora le madri hanno il dovere di tutelare e proteggere i figli anche se è radicalmente mutato lo scenario della Storia e i pericoli sono altri. Tutto è franco, libero, apodittico, incisivo in queste poche liriche, dove lo stilema si fa asciutto e secco per incidere ancora di più l’animo del credente, scrive Pardini nella prefazione. Del resto, nel proliferare dei libri di poesia nella nostra contemporaneità, si ritrovano varie raccolte che affrontano tematiche di tipo religioso e Maria stessa è icona e protagonista anche in altri libri di poesia di poeti e poetesse laici anche se tali raccolte sono notevolmente differenti da quella di Razzano. Don Luigi Razzano, sacerdote - artista, a dimostrazione della sua intelligente coscienza letteraria, afferma nella premessa che il testo è stato scritto nell’arco di tre giorni, circa quindici anni fa, dopo aver letto In nome della madre, di Erri De Luca, che si rivelò come fonte ispiratrice di questo opuscolo. Tuttavia, il taglio, per così dire “terreno”, o se si preferisce “umano”, con cui lui rilegge la vicenda storica di Maria, durante la gestazione del figlio Gesù, viene intriso, nella presente raccolta, di quella prospettiva “divina” che ha portato la Chiesa a riconoscerla come Madre di Cristo. Per la sua compattezza il libro può essere definito un poemetto sul tema del sacro e in Madre dell’amore leggiamo: «…In quel vento una Voce/ silente si posa sull’incavo del ventre/ un alito le gravida il seno…». Raffaele Piazza Luigi Razzano, Poëticae Mater, prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 32, isbn 978-88-31497-77-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3636 Data: 31/03/2025 01:05:28
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- Letteratura
Pasquale Ciboddo - Andar via
Pasquale Ciboddo ANDAR VIA Recensione di Raffaele Piazza Andar via, la raccolta di poesie del poeta sardo Pasquale Ciboddo che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Maria Rizzi centrata, esauriente e ricca di acribia. Il volume non è scandito e per la sua unitarietà formale, stilistica, contenutistica e semantica potrebbe essere considerato un poemetto. Come scrive la prefatrice, Ciboddo ha riassunto nel titolo l’essenza di una silloge dal raro tessuto strutturale. Non poteva esistere altro titolo per questa raccolta che, come lampo, squarcia le tenebre che ci avvolgono, e illumina il passato, il presente e inevitabilmente il futuro e il nostro Autore inizia il suo viaggio dai tempi del Secondo Conflitto e il filo rosso espresso da Pasquale sintetizza un’amara verità di valore universale: il rapido dissolvimento dell’esistenza e delle illusioni umane. Pare che queste osservazioni partono dalla coscienza dell’esistenza possibile dell’attimo heidegeriano, liberatorio come salvifico momento della vita nel suo fermare il tempo stesso e proprio da qui sgorgano dalla ferita i versi. La cifra essenziale di questa silloge pare essere la riflessione costante sull’hic et nunc della condizione umana a partire dalla riflessione proprio sul tempo che è il limite della vita biologica e sottende la morte; infatti non a caso in È meandro d’impattoleggiamo: «È la somma / di tutti i momenti / di vita vissuti. / Scomparire / in curve impensate / è il destino crudele / mai immaginato / da ogni nato…». Tuttavia non è assolutamente un gemersi addosso quello che esprime l’autore ma la consapevole ferma idea che si può superare il mare magnum di un quotidiano che dà scacco e che ci si possono ritagliare spazi per la gioia e l’ottimismo anche se veniamo dal nulla e andiamo verso il nulla a meno che non ci sia un’uscita religiosa, ma di questa non si parla. Quanto suddetto è confermato da accensioni nelle poesie che potrebbero essere considerate neo liriche come si legge negli splendidi versi: «… / È il Sole / l’orologio infallibile / dell’incedere lento / delle stagioni…» (È il sole). Così il tempo stesso si riscalda e s’illumina e anche se dura poco si avvera la sensazione di abitare poeticamente la terra. Una vena gnomica e apologica connota i componimenti che procedono tramite una parola sempre chiara, immediata e detta con urgenza, raffinata e ben cesellata che ha una forma vagamente epigrammatica. In un panorama letterario dominato dagli sperimentalismi è controtendenza la scrittura di questo poeta immediata e di grandissima leggibilità anche se sottende un fascino e la complessità è da riscontrarsi non nei tessuti linguistici ma nelle ragioni teoriche complesse che sono fondanti e sono a monte del discorso di Ciboddo che crea versi che sono espressioni di un pensiero profondo e di un’avvertita e intelligente coscienza letteraria. E il poeta ha la capacità di stupirsi nella linearità dell’incanto per scenari di squarci naturalistici fantastici, di naufragare leopardianamente nell’infinito anche se l’incedere del tempo inesorabile è assenza. Raffaele Piazza Pasquale Ciboddo, Andar via, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 136, isbn 978-88-31497-75-6, mianoposta@gmail.com.
Id: 3633 Data: 24/03/2025 19:13:40
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- Letteratura
Pietro Nigro - Opera Omnia Vol. 2 Prose
Pietro Nigro, Opera Omnia, volume 2: prose, Guido Miano Editore, 2024 Recensione di Raffaele Piazza Pietro Nigro è nato ad Avola (SR) nel 1939: ha insegnato inglese, è poeta ed è stato caro amico di Guido Miano, fondatore dell’omonima Casa Editrice. Il volume presenta un’acuta prefazione di Enzo Concardi che fa luce con notevole acribia su tutte le tematiche presenti nel libro che sono articolate e complesse nella loro varietà. Il corposo libro di Nigro, che prendiamo in considerazione in questa sede, è suddiviso in cinque capitoli caratterizzati da contenuti molto eterogenei tra loro. Il lavoro in toto risulta molto originale e interessante per i suoi fortunati lettori sia che siano degli studiosi di letteratura, sia che siano solo spinti dalla passione intellettualistica e dall’ansia di erudizione e comprensione nella necessità e nella passione per la cultura in controtendenza all’alienazione della società odierna e alla caduta dei valori. Il primo capitolo ha per oggetto “Pagine memoriali, d’arte e di letteratura”, il secondo “Narrativa e pensieri”, il terzo “Opere teatrali”, il quarto “Critica letteraria” e il quinto “Numismatica dell’Impero romano”. Il volume racchiude il meglio della produzione in prosa di Nigro e il lettore non può non notare come dato incontrovertibile e fondante l’ecletticità dei temi nelle materie trattati nei singoli capitoli, che vanno dai ricordi dell’Autore stesso di arte e letteratura, alla narrativa al teatro fino alla numismatica dell’Impero romano, argomento che è veramente raro incontrare. Tre dei cinque capitoli sono suddivisi a loro volta in sotto-capitoli in modo tale che il lettore leggendo l’indice si può rendere conto di cosa realmente può soddisfare la sua curiosità culturale avendo la possibilità di scegliere tra diverse opzioni per compiere uno stimolante e personale percorso di lettura. In ambito narrativo il Nostro riesce a creare atmosfere oniriche di sogno ad occhi aperti che posseggono comunque un timbro simbolico e metaforico. Notevole nella scrittura di Nigro la capacità di svelare la suspence attraverso un punto di partenza che si potrebbe definire parvenza di sogno per arrivare poi alla concretezza di quello che si delinea come un certo realismo. Come critico letterario riesce scavando con la penna, per usare un’espressione del premio Nobel Heaney, nei versi e nelle prose degli autori analizzati a comprenderne pienamente l’interiorità, la personalità e la sensibilità dimostrata attraverso l’approccio analitico nell’accostarsi alla scrittura che è sempre esercizio di conoscenza. Per restituire al lettore una comprensione completa ed esauriente di questo importante volume si dovrebbe scrivere un qualcosa che vada ben oltre le dimensioni di una recensione. In ogni caso per approfondire il discorso su questo testo pare opportuno citare frasi dell’autore prese dai vari capitoli, per rendere anche empaticamente e senza mediazioni per il lettore l’essenza della materia trattata. Interessante nel primo capitolo la sezione “Pagine autobiografiche” nella quale con un forte scatto e scarto memoriale Nigro scrive: Mio padre nato nel maggio 1912 era stato insegnante di matematica privato del giudice Italo Troja che era nato nel gennaio 1926 e che poi è stato mio insegnante privato di materie letterarie da quando avevo dieci anni fino al conseguimento, a diciotto anni, del diploma magistrale. Circa tredici anni di differenza tra l’età di mio padre e quella del giudice Troja e altrettanti tra la mia età e quella del giudice. Ma io trascorsi quasi nove anni accanto a colui che posso ben definire “il mio maestro” negli anni fondamentali di formazione. Era l’unico che m’incoraggiava negli studi diversamente da tutti i miei insegnanti della scuola pubblica che anzi deprimevano le mie ispirazioni letterarie, che già allora si facevano strada. Dal capitolo 2 “Narrativa e pensieri” si ci sofferma sull’incipit del racconto Oltre la siepe: Su quelle alture coperte da una fitta foresta nell’aria intiepidita dai primi raggi del sole gli alberi, i rivoli d’acqua, le rocce coperte di muschio sembravano fondere i loro suoni con l’eco misterioso proveniente dalla profondità dell’universo che non colpivano l’’udito ma il cuore. Dal capitolo 3 “Opere teatrali” si riporta il seguente brano: didascalia dalla sceneggiatura dell’Atto unico Il padre sagace: Trama e argomento: Una breve commedia brillante e leggera, scarna e semplice, scritta con dialoghi rapidi in cui i personaggi dimostrano di saper bene ciò che vogliono. Il canovaccio è quello tradizionale della trama amorosa che vede intrecciarsi sentimenti e volontà, in un’epoca e in un contesto culturale in cui i matrimoni erano combinati ancora dalle famiglie dei giovani e delle giovinette. Il capitolo quarto “Critica letteraria” include Introduzioni, prefazioni, recensioni di varie opere letterarie. Nel capitolo quinto Numismatica dell’impero romano oltre ai testi sono riportate anche le immagini fotografiche delle monete usate durante l’impero romano nel loro mutare fisionomia con il succedersi dei vari imperatori. Qui il Nostro si sofferma su una nutrita galleria di imperatori romani attraverso le loro biografie e per ogni imperatore accanto ai cenni storici sono presenti le immagini delle monete usate durante i loro regni. Un lavoro poderoso quello di Pietro Nigro che può anche essere visto come uno strumento di consultazione per la molteplicità degli argomenti trattati per la qual cosa risulta difficile classificare in un preciso genere questo volume eclettico che non è un saggio su un solo argomento ma un caleidoscopio letterario di grande complessità, non un singolo saggio ma una raccolta di saggi. Raffaele Piazza Pietro Nigro, Opera Omnia. Volume 2 - Prose, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 232, isbn 979-12-81351-39-4, mianoposta@gmail.com.
Id: 3632 Data: 24/03/2025 18:53:31
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- Poesia
Marco Righi - Scienza, Fede...e Poesia
Marco Righi SCIENZA, FEDE… E POESIA La raccolta di poesie di Marco Righi (Milano, 1955), che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una prefazione di Enzo Concardi centrata, acuta e ricca di acribia. Il testo è composito e ben strutturato architettonicamente ed è tripartito nelle sezioni Scienza, Fede e Poesia. Una vena del tutto antilirica e antielegiaca connota i componimenti del Nostro che sono caratterizzati da chiarezza, narratività, precisione e luminosità con subitanee epifanie e accensioni. Ambizioso e riuscito è l’intento dell’autore che fa dei tre temi considerati tre linee di codice che si sovrappongono e s’intersecano tra loro. Sono categorie fondamentali i tre concetti messi in gioco ed è doveroso ricordare il saggio di Guitton Dio e la scienza che parte dall’assunto che l’universo e la natura, la materia animata e inanimata hanno una struttura così complessa, compiuta e articolata, non casuale, hanno una forma così esatta e meravigliosa tale da non potere essere sottesa al caso o all’entropia ma ad una forza ad un lavoro di quelli che gli antichi chiamavano demiurgo e i seguaci delle religioni monoteiste definiscono Dio. Il poeta a volte si rivolge a se stesso ripiegandosi sul suo ego come nel componimento Passione situato nella prima scansione: «E un’altra volta è notte / e un’altra volta / ti sembra di aver gettato la tua vita…»versi che esprimono un contenuto condivisibile dal lettore che può in molti casi identificarsi nell’io poetante anche se Mario Luzi ha scritto che la notte lava la mente. Nella sezione Fede incontriamo un continuo interrogarsi sul tema della Fede sia in senso personale, sia in senso collettivo. Da notare che in tutte e tre le parti il poeta si esprime con un tono speculativo e intellettualistico che sottende i versi nelle loro immagini che sono nello stesso tempo icastiche e leggere, veloci, precise e armonioso e si ravvisa sempre una base scientifica vista la professione di Righi, che lo porta ad affrontare armonicamente e con un’armonia matematica e geometrizzante il poiein e che è la cifra distintiva della notevole e originale raccolta. «…Passa la vita, / passan le tue azioni / resta la Fiducia / in chi tu incontrerai…» (Chiesa)e la persona dell’incontro potrebbe essere Dio stesso, un Dio immanente e trascendente nello stesso tempo. Del resto il filo rosso della raccolta pare essere ravvisato in una stabile ricerca del senso della vita e delle cose e centrale è il tema dell’approccio dell’io – poetante alla realtà nelle tredimensioni che il poeta esplora con sensibilità e intelligenza nel suo lanciare a chi legge il suo messaggio in bottiglia nel mare magnum della contemporaneità al tempo della pandemia e una poesia è dedicata proprio ad essa. In Il viaggio il poeta scrive: «Ciascuno nasce / aperto sulla vita / l’animo cieco / intriso di ignoranza // e viene al Fonte / lavacro e Fiamma Viva / occhi e orecchi / schiude alla Parola // Si parte / È il Viaggio / il sol che all’Uomo importi / che tutti gli altri / in tondo fa girare //…». Per questo volume è precisamente adatta tout-court la definizione di esercizio di conoscenza un continuo ontologico interrogarsi sulla realtà visibile e invisibile e la poesia stessa diviene la mediatrice tra Scienza e Fede. Da notare che il lavoro contiene dei disegni dell’autore che ben s’intonano alle poesie. Raffaele Piazza Marco Righi, Scienza, Fede… e Poesia, pref. Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 94, isbn 978-88-31497-71-8, mianoposta@gmail.com.
Id: 3627 Data: 18/03/2025 01:07:23
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- Poesia
Maurizio Zanon - Opera Omnia
Maurizio Zanon OPERA OMNIA Recensione di Raffaele Piazza Il volume di poesia Opera Omnia di Maurizio Zanon (pubblicato nel 2021 da Guido Miano Editore nella collana Il Pendolo d’Oro)che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una premessa dell’Editore e un’esauriente, acuta e ricca di acribia prefazione di Enzo Concardi. Come scrive il prefatore il lettore non troverà in questa pubblicazione tutte le opere scritte dall’autore nella sua lunga navigazione poetica, poiché il materiale sarebbe veramente infinito: si è preferito optare per un’Opera Omnia tematica, nella quale concentrare il meglio dei suoi motivi ispiratori che vanno dalle liriche amorose alle problematiche dell’essere; dalle incursioni nella memoria fino al canto passionale per la sua Venezia. Il corposo volume è scandito nelle seguenti sezioni: Cap.1 Perduta-mente amore, Cap.2 Problematiche dell’essere tra finito e infinito, Cap.3 Natura, bellezza e simbolismo, Cap.4 Dimensioni della spiritualità, Cap.5 L’incanto della memoria, Cap.6 Venezia: pietre ed acqua, sogni ed anima. Lavoro dunque articolato e composito architettonicamente e strutturalmente sia a livello formale e stilistico che contenutistico. Cifra essenziale della poetica di Maurizio Zanon è quella di una vena neolirica ed elegiaca tout-court, una vena illimpidita dallo sfondo del ritmo armonico che porta ad una musicalità del verso sempre chiarissimo e nitido nella sua luminosità che tende a raffigurare gli affreschi dell’anima, dei sentimenti attraverso una parola avvertita detta sempre con urgenza, sia se il poeta rifletta, per esempio sull’amore, sia che si rivolga all’amata in modo affettuoso e diretto: «…Or dunque, mio zuccherino, tu sei il mare!» (poesia senza titolo, dalla raccolta Un girasole ho nel cuore, 2004)scrive Maurizio premettendo che si paragona ad un marinaio. Una dolcezza che si coniuga a tenerezza pervade i componimenti amorosi dell’autore nell’esaltazione delle gioie ineffabili che solo l’amore ricambiato dell’amata può dargli e che si traducono in poesie che provocano emozioni nei fortunati lettori che hanno la sensazione di avere provato anche loro quello che esalta Zanon identificandosi inconsciamente nel poeta: «…incantevole l’elegia d’amore che si dona / al canto dell’aurora!» (Elegia d’amore, dalla raccolta Sonoro, 2009). Un erotismo delicato e incantato pervade le composizioni di Zanon che tendono ad evidenziare, a tratti quasi stilnovisticamente, la figura femminile che veleggia nell’empireo dell’eterno femminino: «Eri chiara / di luce splendente / come una stella e ora che non ti ho più / sei ancora più bella» (Alla prima giovinezza, dalla raccolta L’uomo narciso, 1987). Tra l’eros e il pathos dell’irrimediabilità dell’amore perso la partita si gioca con toni suadenti e luminosi e il ricordo della felicità perduta è struggente ma è catartico e produttivo nel suo riattualizzarlo e il poeta non si geme mai addosso. In bilico tra gioia e dolore l’anima del poeta si effonde sulla pagina nel toccare anche tematiche filosofiche, spirituali e memoriali e tutto l’ordine del discorso tende alla ricerca del senso della vita più autentico in una fusione complessiva dei vari livelli esistenziali, le varie dimensioni dell’esserci sotto specie umana. Nel secondo capitolo cambia il registro espressivo nell’attenuarsi forte del lirismo e la poetica contemporaneamente diviene intellettualistica. Nella lirica Speranze (dalla raccolta L’uomo narciso, op.cit.)il poeta scrive: «Forse pure domani / nel mezzo del gorgo / ritroveremo quel fragile e lento / nostro andare di sempre». Nel suddetto componimento il gorgo della vita fa venire in mente la ressa cristiana montaliana e anche il male di vivere se il nostro andare è fragile. La poesia tende a divenire una riflessione solipsistica dell’io-poetante quando scrive: «Ho l’età dei morti, / ma l’ingenuità di un bimbo / Seduto vicino alla finestra/ spreco così il mio tempo / a osservare la casa gialla fuori» (Riflessione pomeridiana, dalla raccolta Un treno carico d’inquietudine, 1998). Magia e stupore in un volume di poesie che richiederebbe un saggio per un’analisi di tutte le sue parti e non lo spazio di una recensione. Raffaele Piazza Maurizio Zanon, Opera Omnia, pref. Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 192, isbn 978-88-31497-64-0, mianoposta@gmail.com.
Id: 3626 Data: 18/03/2025 00:57:57
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- Poesia
Gabriella Veschi - Imprevisti battiti
Gabriella Veschi IMPREVISTI BATTITI Recensione di Raffaele Piazza Gabriella Veschi è nata ad Ancona nel 1959. Scrive Michele Miano nella prefazione centrata e ricca di acribia che la sua poesia evita di limitarsi ad un’immediata descrizione e ricezione del reale e che intento della poetessa è quello di librarsi al di sopra delle contingenze del mondo, delle sue fragili miserie, per assurgere ad una dimensione che schiuda le porte ad una primigenia purezza. Potrebbe sembrare utopico l’ideale della Veschi nella nostra liquida e alienata contemporaneità segnata dalla guerra in Ucraina e dall’incubo della pandemia. Tuttavia il suddetto ideale, che potrebbe sembrare un sogno ad occhi aperti, può essere raggiunto solo con la pratica della poesia che, come asseriva Maria Luisa Spaziani, è la forma più alta delle espressioni letterarie, e si apre al varco della speranza e della salvezza portando ad una salutare fusione di conscio e inconscio, di fisico e psichico nel poeta quando scrive e nel lettore dei versi, quando essi sono realizzati nei canoni della bellezza come in questo caso. La raccolta è scandita nelle sezioni Vorrei, In agguato, La mia città e Follie di guerre. Nella lirica Vorrei c’è il tema della metamorfosi quando l’io – poetante molto rarefatto e autocentrato nell’incipit, con un’immagine eterea e surreale, s’identifica in un cervo o nel mare d’agosto: «Vorrei essere / come quel cervo, / leggero / agile, / spensierato, / mentre spicca / il suo volo / librandosi nell’aria / incontaminata, / volando nel cielo / tra i profili dei monti…». Cifra essenziale della poetica di questa autrice è una vena neolirica e a tratti elegiaca e pare che la poeta consciamente, proprio attraverso il suo poiein, divenga persona se prima era creatura. Come pure un forte amore per la natura anima i versi ed è affrontato il tema ecologico quando è detto l’orso polare senza più ghiacciai: «…Nulla rimarrà / tutto in fumo / per la cupidigia di / pochi / invasati / da false speranze» (Cosa rimarrà). In Belle le parole c’è il tema della scrittura nella scrittura: «Belle le parole / trovate per caso, / tra libri sgualciti, / abbandonati / qua e là. // Non le uso, / le rimiro, / ammiro chi le / sparge ai quattro / venti»,versi in cui la parola detta con urgenza sembra divenire magica e oracolare come il responso di una Sibilla. In …In agguato…protagonista misterioso è un ululato del quale la provenienza e ogni altro riferimento vengono taciuti e che s’insinua nelle pieghe della mente dell’io-poetante come una forza arcana che tutto pare pervadere sussurrando e strepitando nel serpeggiare e strepitare. Molte poesie del volume sono improntate alla verticalità e in ogni espressione forma e stile sono ben controllati e calibrati e tutto è efficacemente ed elegantemente risolto nei componimenti senza nessun ingorgo semantico o strutturale. E anche la tematica della trascendenza è affronta da Gabriella in Nell’Aldilà dove forse suoni misteriosi e dolci melodie accoglieranno la stessa poetessa dopo la morte in un’estasi che pare non possa avere fine. Si ritrova una forte tendenza alla linearità dell’incanto in molte parti della raccolta originale e riuscita anche per la chiarezza e la luminosità dei dettati che emozionano il fortunato lettore nel tendere al cosmo e non al caos. Raffaele Piazza Gabriella Veschi, Imprevisti battiti, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 90, isbn 978-88-31497-95-4, mianoposta@gmail.com.
Id: 3622 Data: 11/03/2025 01:12:42
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- Poesia
Enza Sanna - Nei giorni
Enza Sanna NEI GIORNI Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione dal carattere molto acuto, scritto che è esauriente, centrato e ricco di acribia a cura di Maria Rizzi. Il testo non è scandito e per la sua unitarietà contenutistica, stilistica e contenutistica potrebbe essere considerato un poemetto. Scrive la prefatrice che con autentica ammirazione si è imbattuta nel canto elegiaco di una poetessa che affresca versi nei quali si respirano le pietre profumate d’antico, le chiese d’incenso, le botteghe di cuoio e le pasticcerie di canditi della sua Genova. Continua la Rizzi affermando che la poesia che apre la raccolta vola sul piano metafisico, disciplina la verità attraverso l’inventiva, stupisce nel dimostrare come il senso del nostro percorso terreno sia nella delizia del disordine, “nell’ingrandire così tanto il momento nel riuscire a fare dell’eternità un niente, e del niente un’eternità” (cit. Blaise Pascal). Leggiamo l’incipit del componimento intitolato Certezza di cose vere:«Anche oggi è sorta l’aurora / calice di chiarità di luce / e con la luce la speranza, / certezza di cose vere / forza vitale a una realtà futura / per cogliere l’essenza dell’eternità. // È incontro di mente e cuore / passione e cautela / trascendenza e ragione / è rischio, è sfida di sopravvivenza / gioia prima della gioia / oltre ogni comprensione…». Un inno alla speranza, alla libertà, all’equilibrio e all’armonia, sotteso ad una vena intellettualistica di matrice filosofica. Il senso e il sentimento del tempo sembrano essere i protagonisti della raccolta, categorie che fanno da sfondo ad una natura elegiaca con l’aroma del pane ancora caldo e la danza dei fieni sulle aie: «… Dà vita il respiro del vento al mandorlo in fiore / in campi aulenti di mirto / ove è fiamma la ginestra posseduta dal sole…» leggiamo in Necessaria regressione. Una magia e malia della parola emoziona il lettore nel sogno ad occhi aperti nel naufragare leopardianamente nel paesaggio che pare a poco a poco iridarsi per scendere fino all’anima e c’è un tu che è presente come la vita intensa dell’albero. Linearità dell’incanto pare pervadere questi versi precisi, leggeri e icastici nella loro icasticità e intelligenza. L’io poetante si apre ad immagini e viene detta anche la parola stessa nel suo ripiegarsi su se stessa con un procedimento intrigante: «…Indocile ora la parola nella sua secchezza / quasi verbale prosciugamento / nella sua sofferta indecisione / che ogni iniziativa vieta / nella soluzione degli eventi…» leggiamo in Sopraggiunge il crepuscolo; componimento composito e complesso come tutti quelli della raccolta e uno dei pregi di questa poetica è proprio la chiarezza nella sua vera natura articolata e sublime che tra detto e non detto trova la propria forza nel debordare dell’ipersegno. Al lettore pare di affondare nelle pagine, nelle composizioni che hanno qualcosa di scabro ed essenziale e solipsisticamente l’io-poetante molto autocentrato descrive situazioni che a tutti noi è capitato di vivere magari inconsciamente o preconsciamente ma che non avremmo potuto dire, delineare come riesce a fare la Nostra con urgenza e grande forza espressiva in quello che diviene un serrato esercizio di conoscenza in versi permeati da fascino, forza e nello stesso tempo dolcezza. Raffaele Piazza
Id: 3621 Data: 11/03/2025 00:58:02
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- Poesia
Daunija Campana - Sola tra memoria e dolore -Raffaele Piazza
Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. 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Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. 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Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com. Daurija Campana SOLA TRA MEMORIA E DOLORE Recensione di Raffaele Piazza La raccolta di poesie che prendiamo in considerazione in questa sede presenta una prefazione di Enzo Concardi esauriente e ricca di acribia. Scrive con acutezza il prefatore che a proposito della poetica, del poiein dell’autrice forse si potrebbe anche parlare d’una sorta di lirica apologetica della soggettività delle emozioni personali, ma, beninteso, non sotto forma di vittimismo – come nel tardo romanticismo – bensì di limpido calore umano, accorata partecipazione, tenerezza e delicatezza espressive. Da notare che la Campana è anche pittrice e che nel volume sono inserite le riproduzioni di suoi oli su tela, opere figurative di tutto rilievo che aumento il piacere della lettura dell’opera in toto. Se la condizione umana è dolorosa soprattutto per persone sensibili come questa autrice e il dolore si concentra nella fattispecie nella perdita del padre e della persona amata esistono per lei sottesi alla sua visione del mondo dei valori che la portano ad abitare poeticamente la terra in questo liquido e alienato postmoderno occidentale. Non è assolutamente un gemersi addosso quello di questa autrice davanti a una vita che dà scacco, quanto piuttosto in lei notiamo il coraggioso proposito di salvarsi tramite la parola, proposito consapevole che si perfeziona oltre che tramite i bellissimi versi controllati come lo stesso dolore all’unisono e non solo con i versi ma anche con le opere pittoriche già menzionate in una salvifica interazione dei due piani estetici. La poesia è sempre d’occasione e se nella fattispecie il padre e l’amato non ci sono più resta la speranza di aprirsi nuovi spazi per ritrovare la gioia anche se il baratro del dolore è profondissimo e non bastano idilliache forme di natura dette con urgenza, assorbite nell’anima per fare la risalita dall’abisso in cui l’ansia si è specchiata al culmine del dolore stesso. Neolirica tout-court questa poetica all’insegna di una chiarezza inconsueta nel nostro panorama letterario, luminose le parole leggere e icastiche. La memoria dell’amatissimo padre come in uno dei quadri è associata a ricordi campestri, alla coltivazione della terra e la natura sorgiva e incontaminata della quale un tassello può essere anche un grazioso scoiattolino aiuta la Campana nel suo corazzarsi contro le perdite affettive per ritrovare il senso vero della vita. Del resto scrivere è catartico come testimoniano anche nei nostri giorni uomini e donne scampati ai lager nazisti, ora viventi e molto anziani che hanno dichiarato che nei campi di sterminio si misero a scrivere. La vita resta un dono e nei versi è nominato anche Dio come conforto nel dolore Dio su cui gettare ogni ansia per le tribolazioni dell’anima. La raccolta non è scandita ed è compatta e unitaria e potrebbe anche per questo essere considerata come un poemetto ben risolto quando l’anima dell’io-poetante si placa anche se è solo una pausa tra i dolori. La farfalla (dedicata al padre) «Giovane bruco, divori la casa/ che ospitò il tuo corpo per saziarti:/ quante scelte strane impone la vita, / e con lo sguardo leggero la tua seta// cominci a tessere di gioia invasa…». Così il suddetto bruco diviene simbolo, metafora correlativo oggettivo di una gioia possibile e se il bruco tesse la gioia non dimentichiamo che testo deriva da tessuto etimologicamente. Raffaele Piazza Daurija Campana, Sola tra memoria e dolore, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 80, isbn 979-12-81351-05-9, mianoposta@gmail.com.
Id: 3619 Data: 04/03/2025 05:05:02
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- Letteratura
Roberto Casati - Come armonie disattese - Raffaele Piazza
Roberto Casati COME ARMONIE DISATTESE Poesie (2020-2023) Recensione di Raffaele Piazza Con la sua nuova raccolta di poesie Roberto Casati emerge ancora una volta come una delle figure più significative della poesia italiana contemporanea. Come armonie disattese (Guido Miano Editore, Milano 2024) è una raccolta che come scrive giustamente Enzo Concardi nella prefazione si situa come continuum rispetto al suo libro di poesie precedente Appunti e carte ritrovate (pubblicato sempre con Guido Miano Editore), libro che meritatamente ha riportato eccellenti consensi dalla critica che si possono tra l’altro leggere nelle motivazioni delle giurie dei premi letterari che ha vinto. Il Nostro in Come armonie disattese, pur partendo dalle esperienze precedenti accentua il tono di vaghezza, di sospensione nei suoi componimenti che sembrano il precipitato di sogni ad occhi aperti che hanno anche una patina di espressione surreale e prevalgono anche qui i temi dell’amore per l’amata e della capacità di stupirsi di fronte alla bellezza della natura. Denominatore comune del poiein di Casati in tutta la sua produzione di poeta neolirico tout-court è quello di produrre tramite le metafore frequenti memorabili epifanie accensioni subitanee e folgoranti che vengono percepite dal fortunato lettore, per la loro chiarezza già da una prima lettura. Rarefatta, ben cesellata e raffinata, icastica e nello stesso tempo leggera la forma di questi componimenti sublimi che hanno per tema un amore sensuale per la figura femminile che pare avere qualcosa di salvifico e qui s’innesta il discorso sulla capacità d’amare e sull’eterno femminino perché la stessa amata e amante si fa musa e ispiratrice di versi memorabili. «Ho rubato i tuoi occhi / sulla linea del non visto, / dove la notte / non è più il pensiero perduto ieri, / dove il giorno / non è ancora il colore sui tuoi anticipi. // Sono rimasto troppo / davanti a te, / cercando con le dita / di sfiorare l’ombra / sugli angoli dimenticati. // Nel tempo che conosco da ieri / sguardo / dato e ripreso / mille volte per sempre». Nella suddetta poesia si nota anche una forte sensibilità verso il tema del tempo nel nominare con urgenza notte e giorno, e come scrive Casati si può avere anche una conoscenza del tempo e uno sguardo può essere dato e ripreso mille volte ma anche per sempre e qui viene in mente l’attimo heidegeriano feritoia tra passato e futuro quando il tempo virtualmente si ferma in un presente infinito. ‘Armonie’, come leggiamo nel titolo della raccolta, ma ‘disattese’ come se entrasse nella poetica di questo volume di Casati, rispetto agli altri libri un fattore x una nuova tonalità giocata sulla tastiera analogica. Con la sua scaltra coscienza letteraria nomina la parola disattese per farci comprendere tutto il pathos che ci può essere in una relazione amorosa che la stessa donna-musa traduce in poesia, come se dettasse lei i versi al poeta stesso, versi, e questo va sottolineato, sempre controllatissimi pur nella loro fortissima carica d’ipersegno. Disatteso infatti è un termine forte e ricco di significati come dimenticato, tralasciato, non considerato, non osservato e definire le armonie disattese è un modo di farci intendere che nei sentimenti come nella scrittura poetica è sempre tutto sospeso e non scontato e vengono in mente i versi di Goethe a questo proposito: «essere tutto gioia e patimenti… / felice è solo l’anima che ama». Raffaele Piazza Roberto Casati, Come armonie disattese, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 164, isbn 979-12-81351-31-8, mianoposta@gmail.com.
Id: 3618 Data: 04/03/2025 04:31:37
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- Poesia
Adriana Deminicis 8 infinito 8 Larrivo del Gabbiano
Adriana Deminicis 8 Infinito 8 – L’arrivo del Gabbiano Recensione di Raffaele Piazza 8 Infinito 8 - L’arrivo del Gabbiano (Guido Miano Editore, Milano 2024), raccolta di poesie di Adriana Dominicis, presenta una prefazione acuta e centrata a firma di Enzo Concardi. La raccolta si situa in continuum con quella precedente dell’autrice intitolata 8 Infinito 8 – La gemma di giada. Il tema dell’infinito di leopardiana memoria è di per sé affascinante e l’insistenza della poetessa nel trattarlo ci fa pensare ad una sua intelligente coscienza letteraria sottesa alla convinzione incontrovertibile che la poesia salva la vita sia nel praticarla sia nella sua attenta lettura. E del resto c’è anche la tematica del raggiungimento della felicità dopo il dolore e la scissione dell’io e la felicità stessa è proprio nell’arrivo del Gabbiano che non delude anche se arriva dopo un’estenuante attesa. Le sensazioni suddette, che già si sentivano nella prima opera di questo ciclo, qui sembrano intensificarsi e se Godot, in Samuel Beckett, non giunge nonostante tante speranze, il simbolico Gabbiano della poetessa mantiene la promessa e diviene appunto metafora della gioia e della felicità che sono possibili e anche della libertà. Del resto i gabbiani sono volatili pieni di fascino sia per l’aspetto sia per il comportamento e nessuno può dimenticare il suggestivo e magico libro di Richard Bach intitolato Il gabbiano Jonathan Livingstone anche se si tratta di un’opera in prosa e non in poesia. Non manca nelle poesie del volume il tema della poesia nella poesia espresso dall’io-poetante nel riflettere traendo dai suoi pensieri delle conclusioni. Diviene per il lettore spontaneo e istintivo identificarsi proprio con lo stesso io-poetante e del resto il concetto d’infinito si collega a quello dell’essere e per chi crede con l’idea di Dio. Nel componimento eponimo che ha qualcosa di programmatico leggiamo: “Apro la porta, osservo il Cielo/ aspetto di vedere l’arrivo di un gabbiano/ per iniziare la storia/ appena un gabbiano sorvolerà il mio Cielo/ ed io stando qui sarò in grado di poterlo vedere….”. Come ha affermato lo stesso Concardi la poesia di Adriana ha un andamento che la fa somigliare alla prosa e questo è sicuramente un fatto originale nell’essere minimo in questi versi lo scarto dalla lingua standard. La raccolta non è scandita in sezioni e complessivamente può essere considerata un poemetto anche se alcune composizioni che la costituiscono sono dei poemetti autonomi. In E c’erano i Gabbiani leggiamo: “E c’erano i gabbiani/ si sentiva il loro canto/ sembrava fossero lì/ sulla spiaggia da secoli/ al largo una canoa gialla/ il Sole del Tramonto/ appena giunto con le Nuvole/ appena giunto sulla spiaggia/ la parola dei Gabbiani». Veramente alta la poesia Appuntavo i miei pensieri più belli che come altre non è legata alla tematica dominante del corposo volume: “Le parti del nostro corpo sognano?/ L’anima è più bella/ lo Spirito pure/ A volte alcuni sogni vengono ad avere origine/ da alcune singole parti del corpo,/ il corpo non doveva diventare/ un limite ai nostri pensieri/…” Del resto la poetica dell’autrice esprime stabilmente l’emozione di una reverie di un sogno ad occhi aperti pervaso da una vaga malia. Raffaele Piazza Adriana Deminicis, 8 Infinito 8 – L’arrivo del Gabbiano, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 152, isbn 979-12-81351-33-2, mianoposta@gmail.com.
Id: 3610 Data: 25/02/2025 20:15:01
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- Poesia
Fabio Recchia - Il libro della vita
Fabio Recchia IL LIBRO DELLA VITA poesie e dipinti Recensione di Raffaele Piazza Il volume di Fabio Recchia Il libro della vita (Guido Miano Editore, 2021) che si ipostatizza sul duplice versante parallelo della poesia e della pittura presenta una premessa iniziale di Michele Miano intitolata Parallelismo delle Arti e una prefazione di Nazario Pardini esauriente e ricca di acribia. Il libro non è scandito è l’alternanza di alcune poesie ispirate ad icone policrome produce un senso di magia affascinante che crea un ammaliante ipertesto e dà al lettore un senso di rêverie. Le poesie in massima parte brevi nel loro insieme possono essere considerate un poemetto perché la parte letteraria non è scandita in sezioni e hanno spesso un carattere vagamente epigrammatico. Il titolo della raccolta è forte e intenso e sottende un forte amore per la vita stessa, amore innanzitutto per l’amata che è il tu al quale l’io poetante si rivolge e poi per la natura. C’è la presenza di una forte componente neolirica nel tessuto dei versi imbevuti di bellezza e solarità, Il poiein è rarefatto e raffinato e ben cesellato e le composizioni nel loro librarsi sulla pagina nell’incipit planano dolcemente nelle chiuse e i tessuti linguistici sono raffinati e ben cesellati, Programmatica la prima poesia che è una poesia sulla poesia, poesia intitolata Le parole:«Le parole / rischiarano il mattino / come raggi di sole. / Perforano le nubi buie / s’infrangono silenziose / sul foglio del cuore / colorando le pagine del libro della vita». Nel suddetto componimento è detta magistralmente la forza delle parole stesse che salvifiche perforano le nubi e colorano le pagine del diario di bordo della vita e non si deve dimenticare quanto scritto nella Bibbia non solo nell’antico testamento e cioè che non ci sarà parola detta che sarà senza effetto e questo vale anche per le parole scritte come in questo caso. In Il gabbiano leggiamo: «Il gabbiano / dispiega le ali / come vele sul mare, / si libra sul respiro del vento, / immobile e attento, / poi sale / per cadere come fulmine sul mare, / più veloce dei pensieri / che volano in me». Per quanto riguarda le immagini pittoriche bisogna innanzitutto sottolineare che sono o tecniche miste o appartenenti al genere della spray art e che traggono ispirazione dalle poesie e viceversa. Si possono considerare queste icone come vagamente figurative e sono connotate da un acceso cromatismo che entra negli occhi di chi le contempla provocando un piacevole effetto. Affascinante la tecnica mista del dipinto Barche al tramonto (del 2020) che raffigura delle vele stilizzate e affascina in questo quadro la linea mare-cielo ed è singolare che il cielo stesso sia di colore arancio compatto e non azzurro cosa che crea un effetto surreale di grande bellezza. Il dipinto Galattica (del 2020) rappresenta tre sfere di cui una simile ad un’arancia, una colore azzurro con delle sfumature e una verde e marrone, pianeti campiti su uno sfondo scuro e con una striscia verde, arancio e bianco, Un’opera in toto affascinante che meriterebbe uno studio approfondito di dimensioni saggistiche. Raffaele Piazza Fabio Recchia, Il libro della vita, pref. di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-65-7, mianoposta@gmail.com.
Id: 3606 Data: 25/02/2025 11:44:06
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- Letteratura
Raffaele Piazza - Nel delta della vita
Raffaele Piazza, Nel delta della vita, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 60, € 15,00, ISBN 978-88-31497-88-6 Raffaele Piazza, apprezzato poeta e prolifico critico letterario, pubblica nella collana “Alcione 2000” di Guido Miano Editore, “Nel delta della vita”, con una importante prefazione di Enzo Concardi. Le poesie non hanno titolo (esclusa la poesia di prologo) ma sono evidenziate da un numero progressivo che userò in seguito per le citazioni al testo.
Questa raccolta rappresenta la fuoriuscita magmatica del rapporto vitale che il poeta esprime da sempre nei suoi testi. La vita è un movimento senza fine che nel suo andare trova sbocco in un delta che dirama i suoi versi in mille rivoli. Di questi rivoli ne evidenzierò in dettaglio tre: la ricerca di Dio, il rapporto di amicizia con Mirta e il rapporto d’amore con Selene. Relativamente agli ultimi due è necessario precisare che le situazioni Amicizia/Amore si sovrappongono con le immagini delle due protagoniste, attraverso la tecnica dei flashback. La ricerca di Dio, di un rapporto con il soprannaturale, si esprime nel lasciarsi andare, abbandonando le vacuità dei rapporti virtuali e con uno slancio quasi fanciullesco saper attendere senza paura il domani. Vivendo il tempo dato dell’esistenza terrena come un dono da far fruttare. lirica 38 Tutto viene a chi sa aspettare e il segreto è non aver paura (spalancare le porte a Gesù)… lirica 34 Delta della vita tra oriente e occidente buio e ombra leggerezza e pesantezza nella sintesi sicurezza e prudente come il serpente e puro come la colomba (il modello è Gesù). Il rapporto di amicizia con Mirta, cui è dedicata la raccolta, è presente in questi testi così come nel precedente “Alessia e Mirta”. E’ un pensiero che brucia nei ricordi dell’autore, sia per il vissuto che per la tragica conclusione della vita della stessa. Il rapporto con Mirta inizia con le prime poesie del testo: lirica 4 Dal balcone dell’anima mi sporgo e invento il tempo fino alle farmacie e rinasco dal nulla per rivedere le stelle e la luna ostia di platino e tutto resta pari a sé fino alla portineria del condominiale parco e sto attento alle parole e la ressa cristiana mi coinvolge nel mal d’aurora come nel giorno in cui ti ammazzasti, Mirta, e vennero gli angeli e la polizia. e si conclude con l’ultima poesia della raccolta: lirica 49 S’inalvea sul bordo dell’Oceano dove una candela ho acceso il pensiero nell’entrare nelle acque di salato battesimo e sto infinitamente e non ha termine la gioia nel contemplare di Mirta la fotografia. In mezzo altri testi che raccontano una vita vissuta che ancora lascia un segno visibile nell’animo del poeta, come in: lirica 17 Oh Mirta ricordi ancora la connivenza di quando ti chiedevo delle tue mutandine la tinta e il bacio caldo che mi desti e poi ci fu l’amplesso senza fare figli. Non Amore, Amicizia erotica la nostra… Infine il terzo rivolo è riferito al rapporto d’amore con Selene. Viene citata sin dalla prima poesia della silloge, quasi una visione programmatica di quello che è stata ed è la vita con lei. lirica 1 Mi chiami per nome e esatta è la vita in versi e non in versi ed entro in te solo per amore, Selene, nel tuo fiore e sul bordo delle cose mi accarezzi e detergi il sudore. Colpisce anche nelle poesie in cui è soggetto Selene la presenza di ragazza / donna con una carica di sensualità ed erotismo che pervade i sensi nella presenza e nel ricordo del poeta. Ad esempio in: lirica 7 …venivi dal paesino alla metropoli per fare l’amore e adesso ritornano quei giovedì di fuoco dei sensi giovani e incantati. Ti esponevi al sole sul balcone attiravi sinuosa e sensuale sguardi ma eri solo mia nella duale magia. Oppure in: lirica 9 … sogni dalle tinte iridate producono sensazioni dove eravamo già stati, la cameretta-porto e i tuoi per terra indumenti e tu nuda come una donna. Nel presagire la paura della gioia. Ci sono anche testi che raccontano una presenza più discreta, dolce, di “antica meraviglia”, che scalda il cuore accompagnando i passi verso la felicità come in: lirica 26 E lì una casa con discesa a mare per risentire il tuo afrore nell’antica meraviglia del colore dell’adolescenza perfetta i quindici anni della spensieratezza. Oppure in: lirica 29 Liberi come l’aria ci libriamo tra i cori delle vergini e degli angeli e tutto resta pari a sé nell’erba dei pensieri verdi per aprirsi alla speranza della gioia, il tempo prima della felicità. Concludendo il discorso con: lirica 31 Nel delta della vita apro della tua camera la porta e in silenzio entro e ti vedo dormire, anima di stella Selene e tutto è pari a sé nell’attesa dell’ora della preghiera. I testi proposti sono molto brevi, ridotti all’essenziale, con una ricerca delle parole molto incisiva. La lettura lascia tracce dentro l’anima, pensieri che fanno riflettere sul senso dei nostri giorni, portandoci a riflettere sul nostro personale “delta della vita”. * Roberto Casati
Id: 3605 Data: 24/02/2025 23:17:38
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- Poesia
Raffaele Piazza - Nel delta della vita
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