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Raccolta di testi in prosa di Marco Banti
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Italia-Germania

Il proiettile lo trapassò e fu solo stupore sul quel viso di bimbo.
C’era dunque qualcosa più svelto di lui!?

 

Da cinque minuti oramai quelle uniformi cercavano di catturarlo.
Era veloce, agile; era giovane.
Loro lenti nei lunghi pastrani,  impacciati da elmetti e fucili anche se i volti erano di ragazzi poco più grandi

Due li aveva fatti scontrare l’un l’altro; un terzo, inciampare nelle valigie  allineate vicino ai camion

 

Il suono aspro di ordini gutturali si mischiava alle grida degli amici di sempre, anch’essi in fila, con gli adulti

Un’altra partita, mille volte giocata; scatti, finte, scarti mettevano in crisi il nemico. Avrebbe fatto vedere a quei crucchi del cazzo come si muove un ragazzo di borgata

Anche senza il pallone era un Italia-Germania, come quella giocata cinque anni prima. In più era in casa; nel grande cortile che conosceva come le sue tasche bucate

 

Oramai era gara; chi insegue, chi scappa.

Perfino un sorriso sul volto di Kurt; Friz e Karl piazzati davanti all’androne per non farlo scappare in strada. Là, non lo avrebbero più preso:
“volava!” quel diavolo, volava bellissimo.

 

Era davvero Italia-Germania, come nel ‘trentotto; la rivincita

 

Nessuno si accorse del gesto bestiale, né amici né adulti; nemmeno i nemici, nemmeno io. Tutti a fare il tifo per l’uno, per gli altri

 

Come una foto ferma un momento,

quel colpo secco fermò la vita

 

L’ufficiale rimise il fucile al soldato, comandi secchi nel silenzio irreale; la fila riprese a salire sui camion, le valigie su altri. Nessuno sentì. Mentre cadeva sussurrò “stavamo vincendo”...“vincendo di nuovo”

Risposi che si, stavamo vincendo e che il secondo tempo l’avremmo giocato in un posto migliore.

Guardai Kurt, Friz, Karl; quelli sui camion, anche l’ufficiale che impartiva nuovi ordini e aggiunsi, tornando sul ragazzino,
“...in un posto migliore e, purtroppo, con le squadre al completo”

 

“STOP! QUESTA E’ BUONA, LA TENIAMO!”
“Due ore di pausa; tutti a mangiare che poi giriamo la cena a casa di Giovanni con il partigiano nascosto”

 

Marco saltò su come un grillo, sorrise dicendo “vieni?”
volò via

 

Tutti sparirono in un istante;

nel cortile solo un’aria densa, spessa, di tragedia consumata.

Rimasi io e, vicino a un muro, una donna apparsa dal nulla;

senza età, senza luogo.

Si avvicinò; una mano fredda a carezzarmi il viso,

occhi aridi di lacrime, voce serena “Bravi!; successe proprio così!”

 

Si allontanò, scomparendo nello scalone del 4B,

mentre una nenia di balia riempiva quel silenzio

*

Dirti grazie

…anche per questo sento di dirti grazie.

Strana, nuova percezione;

lo stare, pensare di stare con te è origine,

parto di questa emozione.

Ho ragione di avercela con te

e questa trasmuta nella consapevolezza

dell’inutile spreco del Tempo a litigare.

 

-tempo sciupato, energie sciupate; occasioni perdute-

 

Quante carezze e baci e amore ci stanno

nella rabbia di un litigio,

quanta tenera intimità necessita

per riempire il silenzio che segue.

Moltitudine di cose da fare:

la più inutile è universo di ricchezza e complessità,

biodiversità di foresta primigenia

al paragone della statica, monotona unicità del risentimento

 

Un Vecchioni d’antan diceva

“…scrivendo t’odio soltanto a matita…”

-prima, molto prima del triste S.Remo-

 

Amai questa frase ed oggi ne colgo il senso pieno

Ma che ci faccio dell’arido grumo di una ragione acquisita

 quando in medesimo spazio si culla un amore;

un intero amore che da senso al tempo

che da senso a me

Dovrei essere arrabbiato con te

…anche per questo

*

Dategli almeno un calcio

Le sigarette al suo fianco, sul selciato; un pacchetto sopra l’altro, come in ordine, con cura.
Un cappello sporco, sgualcito, più lontano; forse il vento. C’è anche un soprabito, anche lui lercio; anche lui più in là.
Nel sole caldo di questo inizio Settembre, pomeriggio verso sera, quella figura a terra davanti al portone del duomo, i piedi ancora sull’ultimo gradino, il viso a pieno sole con le braccia distese, oltre il capo, verso la chiesa rimanda ad immagini da film. Tutto ricorda una esecuzione mentre lo sventurato cercava protezione e rifugio.

Calma!!! calma, non è un film. Nè registi nè set nè televisione di fronte alla quale posare, telefonino all’orecchio e manina alzata nel beota “ ciau ciau, mi vedete, sono in tivvi!!! "
Nulla di tutto ciò; è solo un ubriaco -brutto sporco cattivo ubriaco- ma niente film nè tele ed allora lo si può scavalcare senza nemmeno guardare od aggirarlo senza però dimenticare di farsi il segno della croce (siamo comunque davanti ad una chiesa).

C’è fretta;...non c’è tempo; c’è chi “...so come vanno queste cose” e chi “...ma lascia perdere”. C’è la mamma scandalinorridita che strattona lontano la figlia e chi ha lo sguardo “amico! ti conosco, non mi freghi!!!” chi scuote la testa, uno ride, un altro, a distanza, guarda e tace. Uno rallenta, butta un occhio e poi sgomma via. E poi...c’è lui! E’ lì, immobile; il cappello ora più lontano e quei due assurdi pacchetti di sigarette e il mondo passa

guarda
           giudica
                      ride
                            deride
                                      scavalca
                                                    aggira
                                                              scansa                                  ...non vede nemmeno.

Due cose di questo allucinante film breve, prima dell’arrivo della crocerossa, mi colpiscono:
nessuno! Proprio nessuno si ferma; a vedere se sta male, se ha bosogno di qualcosa.
Nessuno che gli dia almeno un calcio per almeno vedere se è vivo.
Rivedo, dopo tantissimi anni, un vecchio amico; amico di discussioni feroci, feroci litigate. Per lui il tempo non è passato, sempre bello come un dio, sempre dolce nella voce, sempre quei suoi capelli biondi e lunghi e lisci e con la riga in mezzo. Porta con se una grande valigia; chiedo “dove vai?” Lui vuole sapere dove è la stazione.
Vuole partire

Non vuole più tornare


*

42°36’29.28Nord 8°52’04.59Est

...più in basso, verso il mare, Pigna;
discreta delicata quasi timida,
sospinge lo sguardo al monastero
e la collina, che nasconde Curbara,
risale erta verso cime aguzze frastagliate

Verso due luci come occhi,
gigante curioso che spia la piana

A mezza costa la lunga ferita che rimonta da Isula Rossa. Luci di auto fanno capolino appaiono scompaiono al ritmo di alberi e arbusti. Gente che torna a casa, é l’ora! Ritmi confusi; chi con calma, chi ha fretta, qualche clacson lontano. Crepuscolo di colori. Si percepisce ancora la ripida scoscesa verso Marina di Davia; troppe case, troppo uguali, troppo finte. Non c’é cuore né anima, solo poche cucine illuminate, poca gente
Marzo freddo e solo
Il profilo, ora morbido, degrada verso il mare tra verde oramai scuro e rocce; verso un mare color del cielo color del mare. L’impercettibile linea d’orizzonte, ampio, curvo come carne contadina, appena separa aria e acqua di stessa tonalità cartazucchero stinto. Al largo, lontano, lampeggia un pericolo. Vicino, lo scoglio finalmente in pace é dorso di dinosauro marino. Visto da qua, il castello è fotogramma di pellicola d’azione; scogli aspri, massicci mura possenti e altissime merlature, torri, feritoie

Poi;... poi c’é Algaiola, assopita,
vegliata da luci color di Corsica:
il giro di ronda, l’Hotel sur la Plage
Bellissima; affresco di fiaba

Algaiola che prende respiro si apre verso il piano, distende i suoi tetti alla spiaggia e, più in alto, alla collina. Come bimbo che gioca sereno; le mani nell’acqua, il corpo verso terra. Verso la collina, verso Aregnu morbidamente disteso; profilo sensuale.
Su tutto, S. Antuninu, aristocratico ed appartato con qull’aria da “ Guardatemi! Non son bello! “ ed é maledettamente vero

E’ tardi ora;
guardo la Luna che mi sorride sorniona,
le tracce dei miei piedi.
Trecentosessanta gradi
un cerchio; la Vita