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Raccolta di testi in prosa di Tanya D’Antoni
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Le catene dell’anima

Seduta su una panchina del giardino, guardavo i giardinieri tagliare e sistemare i roseti, la giornata era soleggiata, era il 19 marzo, la festa del papà, ma non potevo festeggiarla, non conoscevo il mio vero padre. Un venticello leggero soffiava spettinandomi i lunghi capelli, con la mano cercai di sistemarmi la frangetta, ero davvero triste, ma cercai ugualmente di non pensarci.
Mi alzai dalla panchina e notai che uno dei giardinieri mi osservava, era giovane, ma essendo di ottima famiglia non avrei mai potuto parlare con lui, la mia matrigna mi avrebbe rimproverato bruscamente.
Dimenticavo, sono una ragazza orfana, mi abbandonarono quando ancora ero in fasce, una cesta e un biglietto dove c'era scritto il mio nome: “Angelica”.
Mi lasciarono davanti al giardino di una facoltosa famiglia. Ora ho 15 anni e sono malata, una malattia che non so se mi farà vivere a lungo, la leucemia mieloide.
“Signorina” mi girai di scatto i miei occhi si fermarono sul viso del giovane Maurice, era bello, bruno, alto e occhi verdi, le guance presero fuoco e per la timidezza scappai, mentre lui restò davanti al roseto.
“Ti ho detto mille volte che fuori non devi stare” “Scusami mamma ma la giornata è bella e...” “Zitta, sempre a civettare con quel ragazzino, ricordati che non puoi prendere malanni” “Certo, lo so...”
Con me era sempre burbera, l'unico che mi trattava bene in quella casa era il marito, che molto spesso mancava da casa, il suo lavoro di avvocato già gli prendeva troppo tempo, e la moglie non faceva altro che prendersela con me.
Non ha potuto avere figli, e da quando il mio patrigno mi portò a casa la situazione catapultò tra di loro.
Rientrai nella mia stanza, la mia condizione fisica non mi permetteva di poter stare a lungo fuori, ero troppo debole e spesso per far passare le mie giornate mi mettevo seduta davanti al balcone, mi divertivo a guardare le foglie cadere dagli alberi, le contavo una ad una.
Ecco di nuovo lui, mi fissava insistentemente da giù, avrei voluto parlargli ma ero sotto stretto controllo, tutto ciò mi rendeva agitata e ansiosa, non sopportavo quella megera, mi comandava a bacchetta. Aprii la finestra lentamente e lo salutai, lui mi sorrise, e mi chiese: “Come si sente oggi?” “Bene grazie, sei gentile” “Ero preoccupato per ieri, quello svenimento improvviso...” “Devo salutarti c'è qualcuno dietro la porta” si, era lei, entrò spalancando la porta e si avvicinòi sempre di più verso di me dandomi uno schiaffo, restai intontita: “Domani ti dovrai ricoverare, fai sempre di testa tua” “Ricoverare? E perchè?” “Per controlli, lì ti terranno d'occhio, visto che qui fai quello che ti pare” le risposi che avrei voluto sentire il mio patrigno, ma lei infuriata mi disse:
”Qui comando io!” Non mi restava altro che piangere in silenzio, mentre lei si allontanava dalla mia stanza.
Quel giorno passò in fretta, e arrivò il giorno del mio ricovero in ospedale.
Guardavo quella struttura gigantesca mentre ci avvicinavamo, un po' mi faceva paura, pensavo: “Chissà se da qui nè uscirò viva”, La clinica pullulava di infermieri e medici, la gente seduta ad aspettare il loro turno ed io lì tra loro.
Ad un certo punto sentii il mio nome e cognome: “Angelica Smeet, da questa parte venga...”
camminavo lungo i corridoi e mi guardavo intorno, tutto era così triste, mi fermai un istante solo, ma una mano mi tirò in avanti, perchè proprio in ospedale? Non potevono curarmi a casa? Sapevo benissimo che la mia matrigna non mi sopportava, e mi chiedevo, non mi sopportava a tal punto da farmi ricoverare? O le mie condizioni fisiche erano davvero peggiorate?
“Questa è la sua stanza, e quello è il suo armadietto, li vicino alla finestra c'è il suo letto” “Grazie” risposi, e subito mi lasciò in stanza andando via, sicuramente a parlare con qualche medico, io nel frattempo mi preparai il pigiama.
In quella stanza ero sola, almeno per il momento, non c'era nemmeno un televisore, che sfiga, meno male che almeno mi portai qualcosa da leggere.
Entrò un medico nella mia stanza seguiti da tre infermieri, lei non c'era, e pensai:”Grazie, lasciata da sola al mio destino”
“Domani faremo degli accertamenti, esami del sangue, elettrocardiogramma e visita anestesiologica”
visita anestesiologica? Come, per quale motivo?
“Scusi dottore, ma per quale motivo la visita anestesiologica?”
“Se è necessario dovremo intervenire”
“Ma l'attesa per il midollo osseo è lunga” risposi, “No, qualcuno ha deciso di donartelo” “Chi?” chiesi ingenuamente “Non possiamo dirlo c'è la privacy”.
Pensai che la mia matrigna non poteva essere, se fosse stato qualcuno della famiglia lo avrei saputo, ma allora chi era costui o costei che avrebbe sofferto con me? Lo avrei voluto ringraziare, ma non sapevo come.
Il tempo sembrava non passare mai in questa stanza, gli infermieri entravano e uscivano dalla camera, chi mi portava delle pillole, chi mi misurava la pressione, chi mi portava il pranzo, chi mi chiamava per farmi dei controlli.
Non veniva nessuno a trovarmi nelle ore di visita, la mia testa qui dentro scoppiava.
Passò più una settimana dal mio ricovero, finalmente qualcuno si degnò di farmi visita, era Maurice, vedendolo, mi si annebbiò la vista e il cuore cominciò a palpitare all'impazzata, quasi da sentirmi male:
“Buongiorno” “Buongiorno, voi qui?” “Ho saputo del suo ricorvero e sono venuto a trovarla” “Sei carinissimo” “Dicono i medici che dovrò fare l'intervento al midollo osseo ed io ho tanta paura” lui allora si avvicinò e mi strinse forte le mani per farmi coraggio e sussurrando mi rispose:
“No, la paura lasciala da qualche altra parte io sarò al suo fianco quel giorno”
non riuscivo a capire cosa intendesse dirmi, però mi diede la forza necessaria per non cadere in depressione.
“Nessuno è venuto in questi giorni?” “No, mi hanno lasciata da sola” “Non sei da sola adesso ci sono io qui con lei” “Maurice, dammi del tu” “Grazie, ma la differenza sociale tra me e te è molto elevata e...” “Niente storie...”
Maurice prima di andar via mi abbracciò forte e mi diede un bacio sulla guancia, io restai immobile a guardarlo, forse lui aveva capito il mio stato d'animo, poi lentamente avvicinò le sue labbra alle mie sfiorandole appena.
“Scusami, non volevo” rispose imbarazzato, io arrossì “Quando dovrò operarmi?” “I medici dicono domani” “Bene, augurami un in bocca al lupo e che tutto vada bene” “Ti auguro tutto il bene di questo mondo Angelica, io... io...” “Dimmi... cosa c'è?” “Nulla a domani”
e lasciandomi la mano delicatamente andò via, mentre le mie ansie crescevano.
Entrò un medico dopo circa mezz'ora e mi diede dei ragguagli sul trapianto di domani: “In queste settimane abbiamo effettuato una serie di esami, chemioterapia e radioterapia, domani dovrà essere al massimo delle sue prospettive, deve pensare che tutto andrà per il meglio senza pensare ai rischi, pomeriggio passerà un psicologo che parlerà con lei, in modo di affrontare bene questa malattia e vincerla, dopo le diremo come si dovrà comportare a casa”
io restai impietrita, sembrava che tutto il mondo mi stesse crollando addosso, forse era più facile morire che sottoporsi a tutto questo, sembrava quasi un esecuzione.
Quel pomeriggio parlai a lungo con il psicologo le ansie mi attanagliavano il cuore però dopo ore di discussione mi fece stare a mio agio, e mi spiegò o per lo meno mi ha allegerito qualche dubbio al riguardo.
Infatti quella sera non riuscii a dormire, domani era il grande giorno o l'ulimo? In mattinata arrivarono gli infermieri che mi portarono in sala operatoria, li fui anestetizzata. Accanto a me un altro uomo era disteso sotto l'effetto dell'anestesia gli prelevarono il midollo osseo dalle creste iliache. La durata dell'intervento fu di circa un ora, poi mi riportarono in stanza, avevo il catetere, ossigeno e flebo.
Mi svegliai dopo qualche ora, avevo una nausea tremenda, e chiamai l'infermiera di turno che venne immediatamente: “Ha chiamato?” “Sto male” “Non si agiti è la reazione dell'anestesia” tremavo e sentivo freddo, forse stavo morendo, pensai. “Ascolti, non faccia così si tranquillizzi e cerchi di riposare, vedrà che le calmerà a breve, cerchi di stare serena” appena uscii l'infermiera accanto al mio letto vidi un angelo, era bellissimo, e mi sorrideva, mi chiedevo se fossi già morta: “Chi sei?” “Sono il tuo angelo custode” “Aiutami sto male” “Non aver paura” respiravo a malapena “Ti prego aiutami non respiro” all'improvviso sparì, il terminale iniziò a fischiare terribilmente: “Cosa succede qui dentro?” “Presto portiamola nella sala di rianimazione” corsero veloci, ma io vedevo ugualmente tutto, non riuscivo a capire il perchè di tanta agitazione stavo bene, e seguivo la barella, cercarono di aiutarmi in tutti i modi, una strana apparecchiatura nel petto mi mandava scosse elettriche, il mio corpo sembrava rigido e traballava ad ognuna di essa, poi improvvisamente mi sentii risucchiata all'interno del mio corpo... mio Dio, sto male, respiro... malissimo... che mi succede? “Abbiamo ripreso il battito, si sta regolarizzando forza continuate, cerchiamo di non perderla” continuarono ancora e ancora poi uno dei dottori disse
:"Ecco, ora il battito è regolare teniamola sotto osservazione" restai nella sala di terapia intensiva per tutta la notte. Mi svegliai dopo qualche giorno un po' intontita e non capivo come mai Maurice non era venuto a farmi visita.
Seppi solo in seguito, uscita dall'ospedale che quel ragazzo mi aveva salvato la vita, piansi tantissimo lo avrei voluto vedere, ma infondo lo avevo già visto, era lui che vicino al letto mi diceva di non aver paura, sapeva di esser malato al cuore e sapeva che non sarebbe vissuto a lungo.
Per me fu come una spina al cuore. Non dimenticherò mai quel suo sorriso che mi infondeva tanto coraggio. Addio Maurice, mio angelo custode.
fine

*

la foresta di Evaluna introduzione - cap.1 e 2


La foresta di Evaluna - Introduzione

“La notte è fredda e fuori nevica brrr, quasi mi fa paura devo accendere una luce, ma, ma dov'è l'interruttore? Eccolo, che spavento, devo ritornare a letto fa troppo freddo questa notte” pensai nella mia mente e mi accucciai sotto le coperte, allungai un braccio verso il comodino, aprii il cassetto e presi un libro.
Mi piacevano tanto i racconti però quella sera un rumore in soffitta mi fece saltar giù dal letto.
Tremavo ancora dalla paura ma la curiosità era più forte:
“Sarà un topo” pensai.
Nessuno dei miei si era svegliato, né Paul né mio padre e né mia madre.
Strano tutto strano, sarà ma domani darò un occhiata al soffitto.
Cercai di riprendere la lettura finchè il sonno non sopraggiunse facendomi cadere il libro giù dal letto.
“Ehi... aiutami, vieni, ti prego... ho perduto la strada”
Stavo sognando o ero nel dormiveglia? Qualcuno mi stava chiamando. Mi stropicciai gli occhi, e mi guardai attorno percorrendo tutta la stanza:
“Che strano sogno, qualcuno mi cercava... eh?”
All'improvviso una luce si sprigionò dal libro che levitò nell'aria, sembrava essersi aperta una porta circolare di luce e una mano si avvicinò prendendomi:
“Aiuto, lasciami, cosa vuoi da me?” dissi urlando.
Mi ritrovai avvolta in un turbinio di luci tutte colorate dal giallo, all'arancione, al blu ed infine al bianco.
La mano di costui o costei, ancora non sapevo chi fosse, non mi lasciava e mi stringeva sempre più forte per non farmi cadere. Sbucammo fuori da un albero, e intorno a noi c'era tanta, ma tanta neve, tutto era avvolto di un bianco candido, non c'erano case, né ruscelli, né vegetazione, solo neve e il cielo sopra di noi di un blu cobalto. Iniziai a tremare, sentivo fraddo e guardai chi accanto a me ancora teneva la mia mano. Era un giovane alto capelli neri, occhi blu, carnagione pallida, mi guardò dritto negli occhi e mi disse:
“Scusami di aver interrotto i tuoi sogni”
pensai se stavo ancora dormendo e mi diedi un pizzicotto sulla guancia.
“No no stai sognando così ti farai male” continuò levandomi le mani dal viso
“Tu chi sei?”
“Ryann ai vostri ordini”
“Smettila di prendermi in giro, io mi chiamo May Rose”
Mi strinse la mano forte e sorridendo mi disse:
“Bene, May Rose, puoi aiutarmi?”
lo guardai con aria perplessa, cioè mi trovavo dispersa chissà in quale luogo e mi chiedeva aiuto, mah.
“Di cosa avresti bisogno? Visto che mi hai costretta, se così si vuol dire a seguirti...”
“E' tanto tempo che son racchiuso qui in questa storia e non riesco a uscirne fuori, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a sconfiggere la potentissima strega Carman, ma io non ho poteri così forti da sconfiggerla”
“E io si?” gli risposi ridendo
“Certo in te c'è racchiuso il fiore di fata dobbiamo solo trovarlo e insieme inizieremo quest'avventura”
Avventura? Nooo, mi stavo ritrovando davvero nel racconto che stavo leggendo? Oppure è un incubo? E se è un incubo che qualcuno mi aiutiiiii.





























Capitolo 1

Mi ritrovai a vagare in questo mondo parallelo, fatto solo di neve, Ryann mi diede la sua giacca, il freddo era troppo intenso. Camminammo a lungo, dietro lasciammo le nostre impronte, da lontano intravidi qualcosa:
“Finalmente” pensai, lì ci sarà di sicuro qualcuno, e aumentando il passo presi la mano di Ryann e dissi:
“Guarda una casa” e puntai il dito verso quell'immagine così sbiadita:
“Non è una casa quella” mi rispose titubante, poi riprese dicendo:
“E' una capanna”
“Una capanna in mezzo alla neve?”
“No, adesso vedrai che la neve sparirà e anche il freddo, ancora la tua mente è nella tua dimensione”
lo guardai perplessa, poi lentamente iniziai a sentire caldo e tutt'intorno sparì magicamente, facendomi vedere il luogo in cui ero.
Stranamente intorno la terra era bruciata e tutta la natura sembrava essersi assopita.
Appena giunti vicino, dalla capanna uscì un essere dalle dimensioni di un bambino, era nudo, spalle larghe, un corpo peloso e flessibile, mi accorsi che non aveva colonna vertebrale, feci due passi indietro:
“Cos'è?” dissi coprendomi il viso con le mani:
“E' un Groghac, tranquilla non ti farà nulla è molto servizievole con gli esseri umani”
“Esseri umani? Cosa siete venuti a fare in questo mondo sperduto?”
Ryann si fece avanti e disse:
“Stiamo cercando il fiore di fata, ma vedo che qui intorno è tutto appassito”
“Si, ormai è tanto tempo che non cresce più un filo d'erba e quello che cresce è... ferma non toccare”
mi girai di scatto verso quell'omino strano, stavo quasi per calpestare dell'erba che subito mi spinse in avanti dicendo:
“Non calpestarla, è un erba magica che causa un'isopportabile fame in chi la calpesta”
“Bhe si potrebbe subito dopo mangiare no?” risposi sorridendo, ma l'omino infuriato mi rispose tra i denti:
“Se la persona in questione non è talmente fortunata ad avere il cibo a portata di mano può essere fatale”
lo guardai con occhi quasi vitrei, mentre Ryann mi disse.
“Devi star attenta a dove metti i piedi è l'erba affamata, cerca di memorizzarla si chiama la Faer Gortac”
gli risposi annuendo con il viso, poi la strana creatura si avvicinò e mi prese la mano, io un po' restia la ritrassi:
“Non temere fanciulla, hai splendidi capelli biondi e due occhi azzurri che brillano al buio, tu non sei un umana”
“Certo che lo sono, sono Irlandese e fino a poche ore fa dormivo nel mio letto, qualcosa mi ha trascinata qui, stavo leggendo un libro e...”
“Un libro?”
“Si, un racconto fantastico, e adesso mi ritrovo grazie a lui... qui, in questo mondo...”
“Chiamami Fly, tu hai dei poteri fantastici racchiusi in te”
“Lo penso anch'io ecco perchè l'ho portata da te”
“Ryann io non posso darti una mano, so solo che il fiore di fata si trova vicino la palude incantata nella contea di Dawn, ma attenti è sempre circondata da alcuni folletti che seviziono gli avventurieri che si avvicinano da quelle parti, tenete quest'alga particolare, se dovessero avvicinarvi troppo colpiteli in faccia, i Bo men li odiano, non siate imprudenti, appena troverete il fiore, la ragazza dovrà bere immediatamente il suo nettare senza staccarlo mi raccomando, senza staccarlo”
“Grazie, saremo molto cauti”
“Buona fortuna a voi stranieri, che la luce vinca il buio, andate”

E ci ritrovammo di nuovo a camminare in quella boscaglia di radici e foglie morte.
Ryann portava un sacco sulla spalla destra, all'interno c'era l'alga data dalla creatura e del cibo”
Stanca gli chiesi di fermarci:
“Sono stanca fermiamoci”
“Ci fermeremo più a sud non qui, potrebbero assalirci gli Spriggan, sono i guardiani dei tesori di queste colline che stiamo oltrepassando, e sono molto malefici, provocano delle trombe d'aria distruggendo tutto”
“Ci potremmo fermare appena siamo lontani da questi luoghi?”
“Certo un altra ora di buon cammino finchè non troveremo la grotta di Grymnik”
“Chi è?”
“E' un mio amico, non preoccuparti, è un po' burlone ma ci ospiterà vedrai”

Iniziammo una faticosa salita, un sentiero fatto solo di pietre e terriccio, tutto intorno era florido, avevamo lasciato quel luogo così tetro che sapeva di morte.
Io con la mano sul fianco destro ansimavo:
“Ryann basta ti prego, fermiamoci”
“Ti porto in braccio su vieni”
nemmeno finì di parlare che stava per prendermi sulle sue braccia, io istintivamente gli mollai un ceffone.
“Non toccarmi”
“Bel ringraziamento”
lo schiaffo fu talmente forte che gli feci uscire del sangue dal labro inferiore:
“Mi... mi dispiace, non volevo farti male... ma...”
Ryann in silenzio strappò un lembo della sua camicia e si asciugò la ferita vicino a un laghetto.
Ormai si era fatto buio e ancora eravamo molto lontani dalla grotta:
“Speriamo che nessuno ci noti, dormiremo vicino a quest'albero, ecco c'è un incavo, andrà benissimo”
dopo quello che gli avevo fatto non avevo il coraggio di dir nemmeno una parola, sapevo che voleva aiutarmi, però ero talmente nervosa che ogni cosa mi dava fastidio.
Pensavo ai miei, se si fossero accorti della mia assenza, poi mentre mi accucciai con la giacca datami da Ryann, cercai di dormire, mentre lui stava seduto accanto a me a far la guardia.

La notte passò lenta, mi ritrovai Ryann appisolato con la testa a penzoloni, lo chiamai diverse volte:
“Ryann... Ryann...” lo scossi lentamente per non farlo spaventare, ma qualcosa all'improvviso passò li vicino.
“Ryann” lo chiamai più forte scuotendolo, finchè non si svegliò:
“Cosa succede?”
mi guardò e restò a fissarmi per un pezzo mentre io tremavo come una foglia e balbettando dissi:
“Guar...da, lì dietro quell'albero c'è un ombra”
si alzò di scatto e aggrottando le ciglia mi rispose:
“Prendi le alghe sbrigati, sono nello zaino”
mi abbassai e aprii la sacca, le mani cercavano alla cieca, finchè non gli porsi le alghe.
L'oscura ombra si avventò sopra di me, gli gettai l'alga in faccia , ma stranamente non gli fece nulla:
“Fermi, non voglio farvi del male”
mi voltai, i miei occhi cercavano Ryann che rispose dall'alto dell'albero:
“Non toccarla altrimenti...”
era troppo buio per capire chi fosse accanto a me,
“Sei May Rose?”
“Cosa vuoi da me... lasciami stare, mi fai male”
“Rispondimi... sei May Rose?” mi ripetè urlando quella strana creatura
“Si è lei” urlò dal ramo Ryann
“Maledetto... te la sei filata, lasciandomi sola qui?E tu saresti un guerriero?”
“Ragazza di poca fede, avevo le alghe a mia disposizione, ti avrei salvata comunque”
una intensa luce si sprigionò vicino a me, non so cos'era , ma sembrava una farfalla a forma di donna, bellissima, aveva la pelle banchissima, capelli lunghi, tanto lunghi che mi toccavano il viso, dovevano essere scuri e gli occhi scintillavano di un verde smaraldo, le sue ali ad ogni movimento facevano cadere della polvere magica:
“May Rose, sei tu la pincipessa del regno di Evaluna”
“Scu... scusa, ci deve essere un errore, io sono una semplice cameriera irlandese”
Ryann con un balzò s'interpose in mezzo a noi:
“Tu sei Perla, la fata dell'acqua”
“Si, sono io, finalmente sei riuscito a trovarla”
“Posso sapere cosa sta succedendo se non vi spiace?”
Così Ryann e Perla mi spiegarano cosa stava accadendo in quei luoghi e cosa io c'entrassi con tutto questo.
In un primo momento restai davvero scioccata dalle loro parole, però volevo andare a fondo e sapere cosa si celava dietro il mio nome, e se veramente ero una di loro.
In quell'istante mi sembrava di aver dimenticato tutto il mio passato, avevo deciso dentro di me di andare avanti e liberare, insieme ai miei due nuovi amici, quel mondo dalla malvagia strega.

Purtroppo mi spiegava Perla che potevamo vederla solo durante la notte:
“Io vivo nell'isola di Smeraldo” mi disse, poi si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte:
“Eccoti questo è il bacio di fata, ti porterà fortuna”
poi mi diede una piccola perla bianca:
“Tieni, questa è la perla dell'acqua, quando ti troverai in difficoltà evoca la forza che è imprigionata in lei, il potere dell'acqua ti sarà sempre a fianco, legala al collo con un laccio e portala sempre con te”
quella piccola perla brillava così forte nella mia mano che quasi avevo paura che mi accecasse la vista e per non perderla la misi in tasca.
Nel mentre la fata sparì, ormai era già l'alba, dovevamo incamminarci verso la grotta.
Non sapevo cosa ancora mi stesse aspettando ma tutto
iniziò a piacermi.
Possibile che mi trovavo davvero in quel racconto che stavo leggendo? Oppure era solo pura fantasia?





























Capitolo 2

Si stagliavano enormi colline e una stradina si diramava in quella terra assolata, il sole era già alto, attraversammo un ponte che divideva quelle colline. Mi fermai un attimo a guardare sotto, era così limpida e faceva tanto caldo che mi sarebbe piaciuto farmi un bagno:
“Ryann, guarda, l'acqua è stupenda”
“Cammina non ti fermare, prima attreverseremo il ponte meglio sarà per noi, non voglio incontrare i malefici Spriggan”
“Ho la perla con me”
“Si, si certo”
non mi diede ascolto e per raggiungerlo iniziai a correre.
“Aspetta, e mi lasceresti da sola qui?”
“Hai la perla no? Che problema hai?”
“Senti, so benissimo che sei arrabbiato con me, e ti chiedo scusa...”
“Non basta”
gli presi il polso e lo costrinsi a fermarsi:
“Guardami”
“Smettila May Rose, andiamo, non crederai che una misera perla possa sconfiggere quelle creature terribili! Ci vuol ben altro! Grymnic ci darà qualche pozione da portare con noi”
“Certo magari io le porto e tu scappi come stanotte eh?”
mi guardò in cagnesco e mi rispose:
“Sapevo che era Perla”
“Si infatti eri sopra all'albero proprio perchè la conoscevi”
“No da lassù vedevo benissimo il panorama e in caso salvarti, mia cara”
“Ok, ok... basta, non facciamo altro che litigare da ieri sera”
“Ecco... quindi, silenzio e seguimi”
non sembrava arrabbiato, anche perchè mentre mi disse di far silenzio fece un mezzo sorriso, forse si era calmato.

Mentre camminavamo mi sentii osservata, mi giravo indietro spesso, ma non vedevo nulla.
“Non girarti e cammina”
“Qualcuno ci segue” risposi a Ryann
“Tranquilla sono elfi, non fanno nulla, ormai dovremmo essere arrivati vicino la grotta di Grymnic”
“Elfi?”
“Si... cammina perchè se incontriamo quello sbagliato si divertirà a farci perdere la strada, e io non ho voglia di girare a vuoto!”

- continua - credo proprio che diventerà un romanzo ;)