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Raccolta di testi in prosa di Gerardo Miele
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I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Mana long

Mana Longh (Mano Lunga) C’era una volta, in un piccolo paese della Lucania , ma veramente molto piccolo,abbarbicato sopra un verde colle, dalle cui cime si ammirava un bellissimo paesaggio incantato, fatto di colline e monti verdi, una… strana leggenda. Una leggenda però, che tutti i bambini di quel posto un pò temevano. Si diceva che c’era un piccolo personaggio, poco rassicurante e dalle mani lunghissime,che abitava in tutti i pozzi di quel dolce paesino. I pozzi erano veramente tanti che i bambini si chiedevano pure:” Ma… come poteva abitarli tutti?” Eppure era proprio così! Si diceva che era talmente veloce che riusciva a essere sempre presente in ogni pozzo nelle cui vicinanze ci fossero bambini, per tirarli dentro. Una vera saetta! Questo piccolo personaggio si chiamava Mana Longh.Tutti i papà e le mamme,dicevano che l’avevano visto almeno una volta.Tutte le descrizioni corrispondevano sempre. Effettivamente le mani erano descritte sempre lunghissime, solo la forma del suo corpo e il colore dei suoi vestiti quasi mai corrispondevano.Chi l’aveva visto vestito di nero,chi di rosso, chi di verde, e chi addirittura senza vestiti! Quest’ultima affermazione però continuava a suscitare qualche dubbio fra i bambini.Infatti,essi si chiedevano: Ma… come faceva d’inverno,senza vestiti,a difendersi da quel freddo molto pungente che si abbatteva sempre su quel ridente paesello? Mistero!Tutti i bambini di quel paesello,ogni volta che andavano in campagna, si tenevano sempre a debita distanza da quei pozzi tanto temuti. Guai a sgarrare! Spinti dalla curiosita’ di vedere quell’”Essere strano”, a volte cercavano di avvicinarsi ugualmente ai pozzi, ma venivano immediatamente fermati da quel vocione cupo dei genitori: “   Dove vai? Non ti avvicinare al pozzo che c’è Mana Longh! Quello,ti prende e ti porta giù nel pozzo!” Detto da loro, e con quel tono increscioso, ecco che i bambini tornavano subito indietro a ritroso. La paura era tanta e prendeva il sopravvento sulla curiosita’. Però,con la coda dell’occhio,continuavano ancora a perlustrare le vicinanze del pozzo nel vano tentativo di prenderlo in”scacco”, cioè di vederlo almeno per un attimo, prima che scomparisse velocemente nel suo rifugio segreto.Non si sa bene come avevano fatto,in passato,tutti i genitori a vederlo, perchè a loro non riusciva mai? era un altro mistero, o era veramente velocissimo e supersonico come si diceva e quindi diventava quasi impossibile rilevarne la presenza? Mah…! Un giorno però, un bambino con un nome un pò strano, un tale, Rapo, dai capelli rossi e ricci, un fisico non possente, ma molto coraggioso, non visto dai genitori si avvicinò di soppiatto ad un piccolo pozzo, proprio sotto la montagna Mancosa, con la speranza di vederlo e di svelarne l’arcano.Si appostò sull’erba, e da dietro un albero, continuò per ore e ore a scrutare la sommità di quel pozzo magico. Finalmente,quasi all’imbrunire, sentì un sibilo di vento, e vide subito dopo un’ombra strana proprio vicino al pozzo e pensò:” Ecco…forse ci siamo!” Si distingueva benissimo. Era proprio lui! Un piccolo folletto con delle mani lunghissime, ma… anche le gambe non erano da meno! Un aspetto simpatico e rassicurante,un vestito scuro un po’ sgualcito, un basco nero in testa, e sotto un baffo a manubrio fumava la pipa in mezzo a tante nuvolette.Spruzzava veramente tanta simpatia da tutti i pori che strideva con quell”Essere”punitivo   e aggressivo sempre descritto. Mai nessun bambino l’aveva visto in azione, ma la sua fama andava anche oltre Rapone. Sembrava addirittura che era stato messo lì a proteggere i bambini , e non per tirarli giù nel pozzo. Strano, molto strano! Poi si mosse volteggiando, ma… non si capiva bene se faceva esercizi per tenersi in forma o se stesse ballando! e ad ogni vociare di bambini in lontananza, saltava sul parapetto del pozzo,dalla parte bassa, si impettiva,come per dire :”Di quà non si passa!”Poi d’improvviso, uno sbatter d’ali e un cinguettio di uccelli sfiorò il pozzo e allarmò quell’energumeno lì sotto. Voci urlanti di bambini si dirigevano verso il pozzo. Il pericolo era imminente. Bisognava intervenire! Mana Longh si accigliò e d’improvviso si trasformò.Questa volta l’aspetto era poco rassicurante. Bisognava fare in fretta! Una vera bestia strana, un po’ folletto e un po’ rana! Dalla lingua anche il fuoco e un vocione da terremoto! Anche il piccolo Rapo dalla paura si incollò a terra , mentre proprio in quelle zone si abbattè una pioggia di stelle filanti e tuoni… e i bimbi cambiarono subito direzione. Il pericolo era scampato si poteva tirare il fiato. Solo allora il piccolo Rapo, tutto sudato, alzò lo sguardo verso il pozzo fatato…e già Mana Longh si era cambiato! Solo a vederlo era uno sballo! Eccolo là, già impegnato in…ballo! Una musica folk un po’ strana, ma si riconosceva benissimo che era una tarantella lucana! Poi sembrava che si esercitava,e anche nei dettagli la forma fisica curava ! Oplà,1,2,3 su le gambe ,alè! Che scenetta accattivante! Guardando ora quell’essere strano, capì che ne aveva , forse,svelato l’arcano.Anche le paure improvvisamente poi   scomparvero ,e il piccolo Rapo,ormai asciugato ed eccitato, istintivamente, cercò di andargli incontro, ma nella concitazione…inciampò, cadde per terra, e si svegliò. Nella lunga attesa dietro quella pianta, il sonno aveva preso il sopravvento, perchè la stanchezza era tanta.Qualche secondo di leggero sconforto ,e già il desiderio di rivederlo, si faceva sempre piu’ forte. Per lui, l’emozione gli segnò per sempre quell’ora,tanto che a quella magica visione ci credette e ci crede ancora; proprio come succedette tanti anni prima ai suoi genitori, e così, sotto un cielo stellato, e accarezzata dal vento della bora, la leggenda della Mana Longh, a Rapone, continua ancora!

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Il lupo comunale (lupo mannaro)

                         IL Lupo Comunale o, Lupo Mannaro                                                                  

Tanti anni fa… In un bellissimo paesaggio della Lucania antica, fra verdi colli e antiche mulattiere, si ergeva , in alto ad una montagna, il paese di Rapone. Un paese tranquillo, che in silenzio sonnecchiava, e con il rumore dei limpidi ruscelli si cullava. Però, esisteva in quel paese, l’antica abitudine dei loro abitanti di raccontare imprese!... Anche i bambini si riunivano a frotte, anche loro per raccontare imprese che succedevano nel paese. Così in un giorno d’autunno,proprio intorno ad un vecchio forno, vicinissimo alla chiesa madre, un gruppo di bambini, ne sfruttava il tepore e a turno raccontavano una fiaba loro. Poi, fra l’odor di mosto e di castagne quel giorno arrivò Nicola,un tipo alquanto strano, sempre in vena di panzane. Qualche anno in più aveva Nicola,tutti gli altri bimbi  erano  molto piccoli di lui,e quando parlava lui ,lo seguivano con la bocca aperta e le orecchie dritte,tutti in silenzio e tutti zitti! Un giorno accadde che: fra il crepitio del legno che… nel forno bruciava, Nicola… si vantava,e come già faceva negli altri dì,anche oggi esordi così: “Ragazzi! Anche a Rapone esiste il Lupo Mannaro!” , già un esordio così, li rabbrividì, poi proseguì:” Si conosce anche il nome!”.A quel punto i ragazzi erano già incuriositi e in silenzio,aguzzarono l’udito. Appena svelato il nome si udì cantare un coro,era forse solo suggestione, ma poi, un rumore di passi si udì benissimo provenire proprio dalla strada sopra di loro. I ragazzi alzarono lo sguardo verso la Chiesa Madre, e… come per magia si materializzò proprio quel  sospetto signore! Mamma che spavento! Un fuggi fuggi generale, scattarono tutti come saette e in tutte le direzioni tutti a cercar portoni. Dopo aver raggiunto le varie “mete” e riflettendoci subito dopo, ognuno pensò che: nessun pericolo poteva accadere, era solo sera, e il Lupo Mannaro, si diceva, che usciva solo a mezzanotte delle notti di luna piena.Poi,anche se la sua fama era molto temuta, nessuno pensò più, che in quel momento, il pericolo fosse imminente. E così poi ,carponi, raggiunsero le proprie abitazioni. Si ritrovarono poi, il giorno seguente, sempre in quel luogo e con Nicola che proseguiva il suo racconto sempre molto eccitato,anche se quel giorno però,chissà perchè,sembrava un pò frenato.Con l’aria da professore consumato, raccontò quanto la sera prima gli era capitato.“Ragazzi! Ieri sera,mentre giocavo in Piazza Croce,non mi ero accorto che si era fatto molto tardi,e mentre i compagni se ne erano già andati verso casa, guardando il cielo,  notai subito la luna piena,e già un brivido mi attaversò la schiena! Poi guardando l’ora a quel punto della notte,mi accorsi così che… era proprio mezzanotte!” Già dopo queste parole si riusciva a immaginare come poteva essere il finale. Troppo tardi, il Lupo Mannaro era già uscito in strada,mentre a quell’ora poca gente c’era in quella contrada. A quel punto raccontò, che si spaventò, e anche il tono della voce poi cambiò. Adesso non sembrava più molto sicuro del suo coraggio vantato in passato,ma anzi,proseguì il racconto sempre piì allarmato. “D’improvviso sentii un sibilo di vento che… come uno strano mulinello si dirigeva verso di me’! capii che il pericolo era imminente! Aumentai subito la corsa verso casa!” .Mentre il fuoco faceva faville,raccontò ancora che: il cuore gli andava a mille, a quel punto si girò, e…notò subito dietro di lui, un’ombra con le sembianze di un lupo vero,con un pelo nero,quasi marrone, e con i denti da leone; poi un odore di incenso molto forte, seguito da un mulinello di foglie morte. A quel punto si fermò di botto, ed estraendo un chiodo dalla tasca del giubbotto verso il Lupo Mannaro subito lo puntò. Lo sfiorò appena, ma tanto bastò. In un baleno la bestia le sembianze di un uomo ritrovò. Ma…che sorpresa! Era proprio lui,il suo vicino di casa,quello del giorno prima ,si,si,proprio lui ,quello che andava in giro sempre con il colletto della camicia abrasa! Nicola raccontò che: entrò subito in casa e chiuse velocemente la porta,che adesso come non mai…gli sembrava molto più corta . Poi seduto sul gradino un po’ penso’: “Ma guarda un po’! E’ proprio lui, il mio vicino, quello che poteva cambiare il mio destino”. Poi ancora incuriosito Nicola,si portò in soffitta e da un piccolo buco osservò la scena del rientro di colui che l’ha un po’ trafitto.Il Lupo Comunale,ormai con le sembianze umane, con passo lento arrivò sull’uscio di casa sua e bussò. Prima un colpo,poi due, ma la porta non si apriva; solo al terzo colpo la moglie apri la porta… ed egli entrò. Orgoglioso e impettito per averlo fermato, Nicola, andò a letto,ma era troppo agitato e il sonno gli era ormai passato.Egli non vedeva l’ora di raccontare l’impresa a quei bimbi che a bocca aperta lo stavano sempre ad ascoltare,a pochi passi dalla chiesa.La sera era di nuovo arrivata.Nicola, eccolo là, da perfetto attore, anche le mosse adesso imitava con calore.I bambini davanti alle sue gesta erano rimasti impietriti ,troppo calore,troppo ardore! erano rimasti quasi… basiti! Nicola, intuendo dagli sguardi le loro paure,cercò di rassicurarli ,ma non bastò,ed allora guardandoli in faccia tuonò:” Ragazzi andateci piano,non vi preoccupate, l’importante per difendersi da quella bestia è, uscire la sera sempre con un chiodo in mano!”. Solo allora i ragazzi tirarono il fiato,poi tornarono a casa a cercare qualche chiodo,anche se a quei tempi c’era appena il pane per i denti. Dopo aver tanto vagato qualche chiodo era stato finalmente trovato,e da allora, a Rapone,per il povero Lupo Comunale,nessuna compassione! Con il chiodo nelle tasche ,ogni ragazzo di Rapone ,da quel giorno, sembrava avere un coraggio da leone. Anche nelle notti di pleniluvio, tornarono poi a giocare nei vicoli e sulle vecchie scale,senza paura e l’assillo della vista di quel Lupo Comunale solitario.Da allora, il paese tornò finalmente normale! Solo Nicola, lo sogna ora,e ancora lo attende, ogni notte che sibila il vento della bora di ponente!

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U Scazzamauriedd

                                  U Scazzamauriedd                                                       Nella Lucania antica, da sempre, viveva nelle campagne e nel piccolo paesino di Rapone, precisamente, alla fine del bosco di Rapone e l’inizio del bosco di Pescopagano, e…nel suo quartier generale, un dispettoso omino.Una sorta di gnomo molto impertinente che si divertiva a fare razzie e dispetti e dirigeva le sue operazioni da sopra una nuvoletta. La sua fama,andava anche oltre quei territori. Il suo nome era Scazzamauriedd. A pochissima distanza dal quartier generale di costui, viveva anche un suo lontano parente, un tale Mauriedd, che a volte lo accompagnava nelle sue scorribande. Lo Scazzamauriedd, era un tipo molto avido e attaccato in particolare ai danari, ma non solo a quelli. Era sempre intento a contare i danari, perchè pensava sempre che qualcuno potesse portargliene via anche solo uno. Li teneva in un sacchetto che apriva e chiudeva continuamente.Oltre a questo, chiamiamolo, ”difetto”, aveva anche uno spiccato senso delle cose buone e un fiuto sopraffino. Un giorno venne a conoscenza che: in una piccola masseria ,in località “Pescara” di Rapone, erano stagionati molti capi di soppressata e di caciocavallo, che lui già in precedenza aveva avuto modo di conoscere e che egli definiva “I più buoni della zona!” Il piano per la razzia era pronto. La merce era tanta. Chiese aiuto così al suo lontano parente,quel Mauriedd molto muscoloso,e… si ritrovarono a tarda sera nel suo quartier generale. Da lì, all’ora stabilita, partirono per la razzia, indossando subito dei cappellini rossi che avevano il potere di dar loro tanto coraggio. Arrivarono nei pressi di quella masseria e fra l’odor del fieno e il canto dei grilli operavano tranquilli. Proprio lì dove viveva Vito,un ragazzo coraggioso con un fisico sinuoso,onesto e abituato alla fatica,ma,anche a lui non andava giù che qualcuno gli rubava,e così quella notte anche lui vegliava. All’interno della masseria,quella sera, la famiglia era sveglia e preoccupata , perchè già in passato,e proprio in quel periodo , qualcosa era trafugato.Tutti a letto si, ma in un sonno non profondo. Anche se la notte era stellata,c’era sempre quel venticello che rinfrescava tutto intorno, ma non conciliava per niente il sonno.Eccoli in azione i due ladruncoli in questione! Arrivati sul posto di soppiatto e pensando che la famiglia già dormiva, attraverso il buco da dove entrava il gatto,anche loro entrarono in cantina. La razzia incominciò. Portarono via prima tutte le soppressate, ma, quando arrivò il turno di prendere il  caciocavallo di colpo tutto si complicò,non si riusciva a farlo passare all'esterno. Troppo piccolo era il buco,troppo grande era il caciocavallo! Mauriedd da fuori tirava, e lo Scazzamauriedd da dentro spingeva.Troppo rumore contro quel muro! I rumori vennero avvertiti su in casa… e di corsa in cantina si precipitò Vito.Saltando tutti i gradini eccolo là che apre la porta della cantina.Ma come aprì la porta ,il vento forte fece chiudere lo sportello del buco da dove entrava il gatto. La via di fuga era sbarrata! Appena Vito dentro quella cantina entrò ,una scena fotografò. Dal di fuori un malandrino tirava,dal di dentro, un malandrino spingeva.Per lo Scazzamauriedd la sorte era segnata,tutte le porte erano sbarrate! Ma egli con un balzello felino saltò sul petto di Vito per spaventarlo e strangolarlo. Sembrava un demonio! Che paura!Ma Vito era troppo coraggioso e non andò mai a ritroso,anzi,con una mossa veloce acchiappò subito il cappello rosso di quell’omino troppo focoso.A quel punto senza più poteri ,Scazzamauriedd,offrì i suoi averi, e con voce ansimante a lui si prostrò dicendo: “Se tu mi darai il cappello , io ti darò tutti i danari!” ,”Va bene !” rispose Vito, e… subito aggiungendo: “ Li prenderò tutti,perchè cosi mi risarcirai anche delle cose che ci hai rubato anche in passato!”   Poi, quasi subito la porta aprì e lo Scazzamauriedd uscì. Raggiunse poi il suo quartier generale ,a malincuore prese il sacchetto con le amate monete e con passo lento tornò alla masseria di Vito per riprendersi il cappello rosso tanto ambito. Vito lo aspettava! Era già pronto sul camino! Lo iatatur(soffietto) sempre in mano, ancora più impettito, prese in mano il sacchetto di danari e lo buttò a ferrare sul fuoco ardente. Vedendo ferrare i danari sul fuoco l’arzillo diavoletto capì che non potevano essere più suoi e con rabbia afferrò il cappello , si girò, e si volatizzò,seguito da una nuvoletta bianchissima.Così,fra il gracchiare delle rane e… molto più povero, come un missile si allontanò. E così dopo la mancata razzia ,da quel giorno,le soppressate e i caciocavalli di quella piccola masseria,divennero i più buoni che ci siano! Anche il cielo si congratulò e sopra quella masseria con le sue stelle per sempre brillò.

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IL comandante Scorciamano

IL comandante Scorciamano(Lo Accorcia mano) C’era una volta,in un piccolissimo paese di montagna della Lucania del nord,l’aleggiare di una strana leggenda.Da secoli era conosciuta in paese. Tutti sapevano che:un personaggio veramente molto strano e soprattutto,cattivissimo, frequentava tutte le grotte e le case diroccate di quel piccolo paese chiamato Rapone.Guai a entrarvi! I bambini soprattutto, erano atterriti da tanta fama che nessuno si sognò mai di mettere alla prova. Un giorno di primavera inoltrata però, accadde che: un bambino molto coraggioso e soprattutto curioso, di nome Rocco,che andava sempre in giro con il suo maglione rosso e giallo,sembrava,proprio quel giorno, un cavaliere fiero,sopra il suo cavallo,e disubbidendo ai propri genitori , si recò da solo, sul colle di Rapone. Un colle denominato “a Murgia”,situato all’estrema periferia nord del paese, perchè anche lui sapeva, che proprio lì, c’era una grossa grotta, all’interno della quale c’era sicuramente il terribile Scorciamano. Nessuno mai prima di lui l’aveva profanata! Troppo forte era però l’attrazione! Inerpicandosi nel sentiero,fra il canto di grilli e di cicale, sfiorando quelle piante di ginestre gialle con il suo maglione pulito,che non puzzava più di stalla,si avvicinò pian piano alla grotta, mentre un tanfo di urina si sentiva sempre più forte. Sotto un cielo sempre più azzurro,eccolo là! appena arrivato, davanti all’ingresso! Sembrava tutto tranquillo,ma…appena fece un passo avanti,di colpo tutto cambiò.Una pioggia di fulmini,saette e tuoni investirono all’improvviso il suo maglione.Poi dalle viscere della grotta un vocione lo atterrì e in perfetto Raponese lo gelò e lo redarguì: ”Ue’ guagliò, th nj vuoj scì o nò!”(Uè ragazzo,te ne vuoi andare o nò ?) Rocco rimase pietrificato, anche i suoi riccioli sembravano abbassati. Alzando poi lentamente lo sguardo, vide un’ombra piccola in un angolo lontano. Si alzò in punta di piedi per vedere meglio, e proprio in quel momento , quell’ombra, proprio come un palloncino, si gonfiò, rivelando cosi’ tutte le sue forme. Rocco resistette alla paura e lo guardò curioso. Non gli sembrava vero! Non sembrava quel mostro sempre descritto…ma gli somigliava molto! Due occhi minacciosi, in un viso molto lungo. I denti molto grandi,in una pelle quasi verde , dentro un fisico atletico e magrissimo.Un cappello scuro in testa, sembrava quello di suo nonno o di un ufficiale nordista americano .Poi quel gilet(cammsola)un pò invernale …con i galloni da generale.Passarono secondi nessuno indietreggiava, poi come d’incanto, la paura muore, e…anche i duri hanno un cuore! Gli sguardi si abbassarono,poi, i due, dialogarono.Rocco era molto concitato,non credeva ai suoi occhi,finalmente poteva fargli domande,ed esordì così:”Perchè ti chiamano Scorciamano?” ma,da quell’omone molto accigliato arrivò una risposta che lo lasciò senza fiato:”Così mi chiamano i Raponesi, è un nome bruttissimo,io non ho accorciato mai le mani a nessuno!”. Sembrava molto sincero. Da provetto giornalista e notando un pò di pancetta in un corpo molto atletico,Rocco,ancora lo incalzò: ”Come ti volevi chiamare?”,impettendo subito il petto ,egli subito rispose : “Comandante!” E aggiungendo subito dopo:”Questo ,è il mio quartier generale,da qui ,dirigo tutte le operazioni,perchè io sorveglio tutte le grotte e le case diroccate di Rapone! Dalla montagna Mancosa e fino alla frazione di Mazzapone !” Poi d’improvviso la sua testa si alzò e…girando come un radar sopra una nuvoletta, subito scomparve. Ricomparve poco dopo, tutto trafelato,si sedette sopra una vecchia panca, mentre nel dialogo, già ora,arranca; ”Eh…sono dovuto intervenire nella grotta che c’è a “u Tuopp”,vicino alla Cabina, un bambino voleva entrare…si sarebbe fatto male!”. Guardando il suo viso stanco e ansimante , proprio mentre si accesero le luci in paese, Rocco ancora gli chiese: “Dicevano che eri cattivo! Ma, io di te mi fido!” Sentendo quelle parole, Scorciamano gli porse la mano e sottovoce gli confermò:”Fai bene amico mio!”. Poi aggiunse pensieroso: “Da qualche anno,però, sono più triste! Ho sempre bambini in meno da controllare! Effettivamente in quell’epoca la Grande Emigrazione era cominciata.Intere famiglie con bambini emigravano dal sud al nord Italia. Proseguendo il suo sfogo poi così:”Li conosco tutti! Sono contento che vanno a cercare il benessere altrove! Perchèa Rapone e dintorni, la vita e’ veramente dura,molto piu’ della roccia pura!” Calo’poi, fra loro, una grande emozione;mentre lo sguardo di Rocco su quel poco di pancetta tornava, gia’ ne intuiva la spiegazione.Il tempo di finire l’ultima frase e…ale’, la sua testa ricomincio’a girare e come un fulmine spari’,insieme alla solita nuvoletta che subito lo segui’. Ricomparve subito dopo,ancora piu’ sudato, e quasi senza fiato si giustifico’ cosi’:”Sono dovuto intervenire nella grotta al Ponte Nuovo! Dopo il bagno i ragazzi volevano curiosare, ma li’, e’ veramente pericoloso! Meno male e’ andata bene!”.Rocco,che fino ad all’ora aveva ascoltato in rispettoso silenzio le sue esternazioni,ora gli chiede:”Ancora una domanda Comandante! Come fai a essere cosi’ veloce da essere sempre presente nelle grotte e nelle case diroccate di Rapone? ”A questo punto,per l’amicizia che   si era instaurata fra i due,il suo segreto gli confidò :”Eh…caro mio! Mi nutro di un minerale che e’ presente in ogni grotta di Rapone, un minerale che solo io conosco, si chiama Kriptonite, e ogni Natale ne mangio un granello e aquisto energia per tutto l’anno!”.Dopo questa fantastica rivelazione, la bocca di Rocco diventava sempre più aperta,mentre quegli occhioni scuri diventavano sempre più grandi.Nel frattempo stava per scendere la sera. Rocco doveva tornare a casa, e non voleva che la mamma si preoccupasse del suo ritardo,e si congedò così:”Comandante! Proprio ora che ti ho conosciuto e mi sembri un amico da sempre, ti devo abbandonare! Domani anche noi con la famiglia, purtroppo, emigreremo e lasceremo Rapone!”. La risposta con forte affanno subito arrivò. “Non puoi! Devi andare ancora a scuola!” rispose lo Scorciamano”, ”Nò!” replico’ Rocco :”L’anno scolastico è finito ieri!”. Il Comandante, sorpreso e pensieroso, grattandosi un pò la testa,ancora esclamò: ”Ah…! Adesso capisco il perchè oggi ho dovuto fare tanti interventi! Ormai il tempo era scaduto, gli occhi erano umidi,solo con lo sguardo si parlavano, e…commossi si abbracciarono. Il Comandante indietreggiò, mentre una sua lacrima su Rocco si posò. Rocco abbassò lo sguardo e si girò, ma sull’uscio della grotta un messaggio ancora tuonò: “Tanta fortuna Rocco! Vai tranquillo, anche se stò diventando vecchio,veglierò ancora sui tuoi amici che lascerai qui, a Rapone!       La mattina dopo, Rocco e famiglia, iniziarono il lungo viaggio  per Torino.Egli  passando con la macchina sotto la Murgia,gli occhi chiuse,mentre lo ricopriva un suono di cornamuse. Anche gli animaletti si riunirono in coro cantando un inno al suo dolore.Poi un tuono gli aprì il polmone e da allora mai dimenticò l’amico Scorciamano di Rapone.Passarono gli anni, Rocco diventato ormai adulto tornò un giorno a Rapone. Quanto tempo era passato,quante cose non piu’ trovate! Appena sceso dalla macchina si precipitò di corsa alla Murgia per salutare il suo grande amico Scorciamano ,ma lo cercò invano. Non trovò piu’ la grotta, non trovò piu’ la Murgia,nè il giallo delle ginestre, nè il suo profumo campestre. Solo i canti dei grilli e delle cicale si sentivano in lontananza.Tutt’intorno solo case! Lo cercò ancora in altre grotte e alla fine ,sconsolato, si rassegnò. Ma lui volle ricordarlo sempre lì, sotto la Murgia, il suo amico Comandante…il Comandante Scorciamano di Rapone! Comandato lì, per proteggere i bambini di Rapone!

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la Masciara

                                  La Masciara                                                                   Tanto tempo fa,nell’antica Lucania del nord,fra i laghi di Monticchio e il fiume Ofanto,si erigeva su un monte ,Rapone. Un paese d’altri tempi! Un vero quadro najf! Un paese che tutti avrebbero voluto! Al suo interno però,nascondeva un segreto. Un segreto che non era un segreto,visto che tutti lo conoscevano. C’era infatti la presenza in paese di sette Masciare,ossia,sette donne con strani poteri malefici,capaci di fare “fatture”,malocchi,e altro ancora! Gli abitanti di quest’incantevole paesino,proteggevano le loro abitazioni mettendo dietro la porta,per non farle entrare,oggetti simbolo da loro stesse temuti.Alcuni mettevano forbici,altri, crocefissi,e altri ancora, scope di saggina. Ma di queste Masciare,non tutte e sette erano da tutti conosciute. Mistero nel mistero! Un giorno pero’,volle stabilirsi in questo “tranquillo” paesello,un simpatico signore della frazione di Mazzapone appena andato in pensione,lui che aveva un baffo superbo e…un grosso pancione. Ma… proprio il giorno dopo il suo arrivo in paese,un po’ la sua vita si complicò; a mezzogiorno bussò alla sua porta,una vicina di casa,che con l’aria cortese,gli chiese in prestito un pò di sale.Il signore di Mazzapone,anche lui cortese,con molta gentilezza rispose che: non poteva esaudire quella richiesta,perchè da poco si era stabilito in paese,il sale che aveva era poco,e non aveva fatto ancora la spesa. Ma ,appena la donna mise il piede fuori dalla porta,il barattolo di sale gli cascò dalle mani e andò in frantumi. Sconsolato il poveretto imprecò:”Ecco! Nè per lei e nè per me,non diventerò mai un re!” Passarono alcuni giorni e la donna si ripresentò di nuovo. Questa volta verso sera,bussò di nuovo alla sua porta chiedendo gentilmente in prestito una candela. Ma, aimè,anche questa volta il povero signore non potè accontentarla,perchè ne aveva solo una,ed era già accesa sul camino. Incredibile! Ma anche questa volta,appena la donna mise il piede fuori dalla porta,la candela cadde e si posò sulla brace ardente ,e da lì a poco, anche lui restò al buio. Altra imprecazione:”Ecco! Nè per lei e nè per mè,non diventerò mai un re!”. Il giorno dopo però,preoccupato,in piazza xx settembre,a un amico confidò quanto gli era accaduto. L’amico,appena saputo la cosa,lo mise subito in guardia dicendogli:”Stai attento! Quella, e’ una Masciara! Ti rovina! Dagli sempre tutto!”,e aggiunse ancora:”A Rapone ce ne sono sette!”,”…Azz…!,rispose il mazzaponese con aria meravigliata:”Siamo a posto! Mi sono trasferito a Rapone per stare tranquillo e invece mi devo pure arrabbiare,quasi quasi me ne torno a Mazzapone!”. “Ma nò!”lo rincuorò l’amico:”Adesso ti rivelo l’arcano! Per riconoscerle tutte,devi andare in chiesa la notte di Natale portandoti una scopa di saggina che metterai vicino alla porta. Quando finirà la messa,loro,non potranno uscire fino a quando non conteranno tutti i fili della scopa. Se non riusciranno a contarli bene tutti prima che spunti il sole,perderanno tutti i loro poteri e tu starai tranquillo per sempre!”. “Bene!”rispose il mazzaponese:”Faro’ proprio così!”. La notte di Natale arrivò,e per essere piu’ sicuro di riuscire nell’impresa,egli si portò in chiesa due scope di saggina anzichè solo una. E proprio come l’amico gli aveva confidato,tutto si svolse come in passato. Alla fine della messa tutti i parrocchiani andarono via e in chiesa rimasero solo sette donne vestite di scuro,fra esse,riconobbe benissimo la sua vicina di casa. Mentre aleggiava ancora l’odore di incenso,una strana atmosfera di preoccupazione si faceva largo fra i banchi della chiesa. Anche da lontano si vedevano già che le sette donne erano nervose e preoccupate. Infatti,intuirono subito il pericolo,e per scongiurarlo,si avvicinarono subito al coraggioso mazzaponese,fermo,immobile,sull’uscio del portone,proprio accanto alle scope,e lo supplicarono dicendogli:”Se tu togli dalla porta le scope di saggina,noi ti facciamo compare di San Giovanni!”. “Ah!”,rispose l’uomo paffuto:”Che vuol dire?”,”Vuol dire che:per sette anni non ti daremo fastidio!”,risposero loro.”Eh no’…!”,rispose il panciuto mazzaponese,”Io mi sono trasferito a Rapone per stare tranquillo tutta la vita,non solo per sette anni!”. “Eh va bè!”,risposero in coro,”Solo per tè resteremo per sempre lontane,ma ora però,togli in fretta le scope,noi non possiamo vedere le luci del mattino!”. “ Mo’(adesso) siamo a posto!”,rispose l’uomo baffuto togliendo subito le scope,e…aggiungendo subito dopo :”Sono venuto per stare tranquillo a Rapone,altrimenti,me ne stavo a Mazzapone,in mezzo alle mucche,in mezzo alle stalle e fra il canto del pavone!”. Solo allora si svegliò!...e sotto grandi fiocchi bianchissimi,fra l’odore della neve fresca,anche la chiesa abbandonò! Poi un suono di fanfara fino alla sua casa lo accompagnò,era la Banda Musicale Citta’ di Rapone,insieme al sindaco,che lo accoglieva e lo proteggeva sotto il suo glorioso gonfalone. Che bello Rapone da quel giorno però, il panciuto mazzaponese mai un re divento’,ma visse felice e contento per sempre a Rapone,e…mai dimentico’,quando da giovane,viveva felice e contento anche a Mazzapone!in mezzo alle mucche,in mezzo alle stalle,fra i canti del pavone!