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Raccolta di testi in prosa di Maria Teresa
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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La Sconosciuta


A un'ora dal destino

Se l’estro vigoroso di un artista li avesse immortalati adesso, in questo attimo indefinibile, sarebbero stati un groviglio d’ossa e sangue che avrebbe animato il marmo.
Il blocco sarebbe rinato a vita, non fosse altro che per l’intreccio di carne viva, pulsante in cui le lunghe gambe di Amanda spadroneggiavano, impadronendosi della scena. Imprigionando la trama nella tela. Dando vita alla materia che si offre a strumento per rendere eterno un momento, fuori da ogni logica del tempo, incastonato in una stanza.
La perfezione dei piedi rifiniva i talloni affondati tra i glutei rappresi nella sofferenza dell’estasi estrema, in cui morire è il prologo per l’ingresso in mondi diversi, che ci rassomigliano e non assumono forme che non ci appartengono.
Ne avrebbe delineato le unghie tra le piccole dita, limate, arrotondate, retrattili per non far male, accarezzare quando ci si lascia andare alla resa e il godimento è l’ostia da condividere.
Più in là un fascio di riccioli sparsi, sfuggito al grezzo della pietra nuda.
Nessun suono, se non il trasfondere dei respiri attraverso la fusione dei corpi opalescenti.
Poi null’altro.
Non avrebbe visto altro, perché il resto era altrove.

Erano lì… dove non c’è ritorno e il sale lambisce sponde feconde e devote.
Dove il Pensiero è signore e la carne suo umile servitore.


Tratto dal romanzo La Sconosciuta, Genesi Editrice (2022)























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Il Richiamo

Dal romanzo IL RICHIAMO, 2017

(...)
Soccorsa era ormai ricoverata da oltre dieci giorni nella Casa Sollievo della Sofferenza, inaugurata nel 1956, la cui costruzione fu resa possibile grazie alle donazioni provenienti da sostenitori e credenti di ogni parte del mondo.
Aveva ultimato tutti gli esami previsti per procedere all’asportazione della cisti, seguita amorevolmente dalle cure delle monache.
Il giorno prima dell’intervento, Maria portò la bambina da Padre Pio, affinché la benedicesse.
La donna, in palpitante attesa, in fila tra i tanti fedeli, temeva l’incontro, per paura di non essere degna del supporto benevolo del frate. Si era diffusa la voce del suo carattere burbero e del fatto che non si facesse scrupolo di rifiutare le benedizioni a chi non aveva un animo retto o cacciando in malo modo chiunque omettesse particolari peccaminosi durante la confessione.
Trepidante, stringendo la piccola per mano, con il cappottino in panno sul pigiamino e il berretto di lana calcato in testa, arrivò dinanzi a colui che, di lì a poco, sarebbe stato santificato. Avesse potuto, ora sarebbe scappata, ma inginocchiatasi al suo co-spetto, il petto in tumulto, fece avanzare la bambina.
Le parole le vennero meno:
– Padre, domani mia figlia deve operarsi – fu tutto ciò che riuscì a dire.
– E perché l’hai portata qua “chë stu frìddë? Va’, pëccënè va’”, vai al caldo. Mamma tua è sciagurata “tu në ndi’ pucchètë” – e così dicendo le pose una mano, il palmo rivestito dal mezzo guanto di lana marrone, tra il capo e la fronte.
Pochi attimi in cui Maria ebbe la sensazione di aver visto i suoi occhi avere un moto di tenerezza per poi ridiventare rigidi e autorevoli. Le sospinse a lato della fila, in segno di commiato.
La donna si incamminò per fare rientro alla casa di cura, confusa, rimproverandosi per avere osato tanto.

Quella stessa notte, appisolatasi su uno dei lettini vuoti della cameretta d’ospedale, fu svegliata di soprassalto da un violento attacco di tosse di Soccorsa.
Prontamente la sollevò a sedere, ma la tosse aumentava sempre più. La bambina sembrava perdere il respiro, cominciò a diventare cianotica, il corpo smosso da continui sussulti. Non riusciva neanche a piangere, solo gli occhi dilatati ne facevano intuire il terrore.
Maria si precipitò in corridoio, urlando spaventata e chiamando le suore che, in due, accorsero prontamente.
Le poverette si prodigarono al meglio, inutilmente, fin quando una di loro, corse a cercare il medico di turno, vedendo ormai la bambina allo stremo. Sfinita. Senza più forze.
D’un tratto si afflosciò tra le loro braccia. Smise di tossire.
Temettero il peggio.
Poi, un primo colpo di tosse e al secondo – che sembrò squassarle il petto – Soccorsa sputò la cisti.
Grossa come una noce, finì tra le mani della suora, incredula.
Da quello stesso momento la sua guarigione fu completa, senza bisogno di ulteriori cure. Solo sporadici controlli per seguirne la cicatrizzazione, che avvenne in maniera altrettanto naturale e veloce.
Si gridò dapprima al miracolo, ma il responso ufficiale fu che clinicamente era possibile accadessero episodi simili, anche se di rarissima eventualità.
Maria sapeva bene dentro di sé, che così non fu. L’intera famiglia era consapevole di essere stata oggetto di un evento soprannaturale, grazie alla magnanima intercessione di Padre Pio. La donna non dimenticò il guizzo di benevolenza verso la bambina, sfuggito agli occhi del frate.
Cercarono di spiegare l’accaduto, poi finsero di accettare la diagnosi definitiva, fors’anche per il timore di essere ridicolizzati. In fondo non erano che gente comune, priva delle conoscenze e delle credenziali adatte per controbattere le tesi di professori e medici specialisti. Ma la devozione per il frate, da quel momento, fu ancora più completa e incondizionata.

Maria avrebbe sempre fatto in modo di ricordare a sua figlia la mano santa che la benedì e la miracolò: “Va’, pëccënè va’, tu në ndi’ pucchètë.”
Ogni 9 marzo per tutti gli anni a venire, madre e figlia si sarebbero recate in visita dal frate, e successivamente a pregare sulla tomba di “San Pio da Pietrelcina.”
In tutta la loro semplicità non ebbero bisogno della canonizzazione per sapere che fosse un Santo, un prescelto da Dio.


* (E perché l’hai portata qui con questo freddo? Vai piccolina, vai. Vai al caldo. Mam-ma tua è sciagurata, tu non hai peccati)


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Il Richiamo

Dal romanzo IL RICHIAMO (2017)

(...)
Da quella sera iniziò il loro fidanzamento segreto, fatto di sguardi rubati, cenni d’intesa, parole sussurrate timidamente, laddove un androne sfuggiva alla fioca luce delle lanterne.
Al ritorno dai campi Cecchino correva a lavarsi in tutta fretta e svestiva i panni della campagna, per andare ad attendere Maria, che intanto era riuscita ad ottenere il permesso di frequentare una scuola di ricamo e di cucito, e la scortava, dall’uscita della sartoria, a debita distanza, fino a casa.
Le sue scarpe nuove e ben lucidate ogni sera, tenute come una reliquia per quegli incontri, ticchettavano nei vicoli; Maria avrebbe saputo riconoscerlo anche solo dal suo passo. Un incedere sicuro e cadenzato.
Non potevano fare il tragitto insieme. Se li avesse scorti il padre o qualcuno avesse riferito, Maria avrebbe perso anche quella li-cenza. Ogni tanto si voltava, si regalavano uno sguardo tenero e desideroso, fino al portoncino, poi un ultimo saluto dietro i ve-tri del balcone, con Cecchino fermo all’angolo dirimpetto, la madre che la redarguiva, e via, aspettando che domani arrivasse in fretta.
Una sola volta Maria trovò il coraggio di aggirare i severi divieti del burbero genitore.
Cecchino partiva militare e con l’angoscia nel cuore, si recò in stazione. Si tennero per mano a lungo, fuori dal mondo, questa volta incuranti degli sguardi dei curiosi. Il fischio del treno, in partenza sull’unico binario, li riportò alla realtà.
Si salutarono goffamente e lei tirò fuori dalla borsa in raffia, la-vorata a mano, un fagotto che avvolgeva la scarcella, preparata con le uova fresche, solo per lui. Gliela porse imbarazzata, era il primo dono che si scambiavano, e nel momento in cui stava per andar via, Cecchino approfittò di quell’attimo di debolezza e osò.
Non sapeva quando l’avrebbe rivista:
– Të në va’ accusì? – le disse all’improvviso.
Lei farfugliò, confusa:
– Cosa, come? Che vuoi dire? – Maria si esprimeva sempre in italiano, mai in dialetto. Anche in questo il padre era intransi-gente e lui pensò non avesse capito. Rincarò la dose:
– Non mi dai neanche un bacio? Vado militare, maneggerò le armi, è pericoloso sai, e se non torno, se mi succede qualcosa, non possiamo sapere cosa può accadere – Maria angosciata non gli diede il tempo di finire la frase, gli buttò le braccia al collo, gli impresse un bacio sulla guancia e scappò. Non gli concesse neanche il tempo di vedere le sue gote in fiamme.
– Allora mi vuoi proprio bene! – le urlò Cecchino, sorridendo tronfio, mentre saliva sul treno che sbuffava.
Era il loro primo bacio.
– Aspettami, tanto torno, torno presto. E ccèrtë ca tòrnë – esclamò felice come se invece che militare andasse a nozze.
Maria non si girò, continuò a correre, con le sue parole strette al cuore. Il pegno del loro amore.

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Il Richiamo

Tratto dal romanzo IL RICHIAMO, Oceano Edizioni 2017

(…)
In casa di Maria il padre si diceva disonorato e tuonava a gran voce che non aveva più una figlia; infatti si rifiutò di accoglierla in famiglia per oltre un anno.
Ma quella notte non accadde nulla tra i due giovani, come non accadde nulla nella notte successiva e nei due mesi a venire.
Se solo il padre lo avesse saputo! Disonorato e male informato.
La figlia era vissuta tra le pareti di una casa dai concetti morali rigidissimi, senza la possibilità di frequentazioni coetanee per un sano confronto di crescita.
Nessun sentore di come girasse il mondo fuori dalle mura, nel vicolo di Largo Carmine, dove, dalla sua finestra, lo sguardo si spingeva fino al negozio del barbiere, dirimpetto.
Maria infatti in quei due mesi tenne testa alle “inconcepibili” richieste di Cecchino e rifiutava di concedersi, al punto che, stremata, si rivolse in lacrime alla solita zia, confidandosi e dicendo che no, non poteva essere così, che certe cose non si fanno e non potevano essere ammissibili.
Cecchino, di contro, cominciava a spazientirsi, con la sua donna da “vedere e non poter toccare”, non sapendo più come farle capire che non era un mostro e non intendeva farle del male e che il suo, oltre che un piacere e un lecito desiderio, era oltretutto un sacrosanto diritto.
Lei gli voleva bene, ma quella cosa lì, no! Non era possibile che dovesse andare così.
Aveva puntato i piedi, e non solo i piedi.
La zia la rassicurò; era così che andava, che doveva andare e che era sempre andata, per tutte, da sempre, per ogni donna.
Cercò, alla sua semplice maniera, di farle capire che l’amore ha tante facce, che quando si ama, si ama in maniera totale, che il dolore diventa gioia di essere dei due una sola persona, e che senza l’unione dei corpi, un matrimonio è incompleto, non può neanche dirsi tale. La impaurì dicendo che Cecchino avrebbe potuto anche ripudiarla e rimandarla a casa se si fosse ancora negata. Nessun uomo avrebbe aspettato due mesi, con la sua donna nello stesso letto, acconsentendo a non consumare il matrimonio per non intimorirla.
– Cecchino non è un mostro, ma un santo – le disse – benedetto uomo che ti è capitato! Un signore e un santo! Tuo zio neanche il tempo di farmi il segno della croce mi diede, che mi ritrovai madre di undici figli. Credo che non gli perdonai mai la sua brutalità, ma come vedi, Cecchino non è di questa pasta – cercò di rassicurarla l’anziana donna.
– Stai tranquilla Maria, da quanto mi sembra di capire sei in buone mani; ti vuole bene, ti rispetta, non ti farebbe mai del male. Rasserenati e cerca di goderti la gioia che ti è toccata.
È così che deve essere, è così che deve andare.
E così andò.
Quella sera Maria, a malincuore, sigillò la sua unione con Cecchino e così fu per tante altre sere.
Meno a malincuore.
Nacque Peppino, e sempre meno a malincuore, alla fine della guerra, rimase gravida anche di Paolo e di Soccorsa.
La quarta figlia morì durante un parto travagliato, a causa della superficialità della levatrice. Maria non dimenticò mai la voce della donna, melliflua, lontana dal dolore lancinante del suo travaglio che le squarciava il ventre e la schiena.
Mentre lei era ormai sospesa tra la vita e la morte, si limitava a ripeterle in maniera monocorde, non sapendo cosa fare e porgendo le mani a palmo:
– Quando me la dai? Quando me la dai? – senza muovere un dito o far nulla per agevolare il parto.
Da sola, senza aiuto, non ce la fece a dargliela in tempo e solo quando temette per la sua stessa vita, la levatrice si decise a usare il forcipe.
La bambina, bella come una rosa, il cui volto Maria non avrebbe più dimenticato, fu strangolata dallo stesso cordone ombelicale.
“Quando me la dai, quando me la dai” rimase l’incubo ricorrente delle notti di Maria.
Floriana continuò a vivere nel suo petto.









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Il Richiamo


Tratto dal romanzo IL RICHIAMO, Oceano Edizioni, 2017

(…)
Corsero a casa, tenendosi per mano e fermandosi ad ogni passo a scambiarsi un bacio, che non era mai l’ultimo, mai sazi di mangiarsi le labbra, di berne la felicità condivisa, ancora, a piccoli sorsi.
Non si erano accorti di quanto fosse tardi, il tempo era scivolato in fretta sulla pelle nuda, avida di carezze.
Lucrezia rimediò il sermone furioso del padre, rientrato prima di lei, disinteressato all’andamento dei festeggiamenti in cui versava la città. Festa o non festa, i suoi figli alle 22,00 dovevano trovarsi sotto il suo tetto. Si cenava tutti insieme, un rito a cui nessuno doveva mancare. Si apparecchiava per tutti e non voleva ascoltare ragioni di sorta.
Balbettando parole di scuse, corse a chiudersi in bagno, per evitare altre ripercussioni. Rimase inebetita quando, un rivolo di sangue si mescolò alle urine, tingendole di rosso. Fu colta da un attimo di panico, le pareti sembravano ruotarle attorno, catapultata d’improvviso in una realtà da cui non si torna più indietro, e a cui cominciò ad aggrapparsi per dirsi che sarebbe andato tutto bene.
“Era così che andava”, lo sapeva per certo, non doveva temere nulla; era tutto normale, sempre uguale da millenni. Lo aveva capito Maria prima di lei, la madre di Maria e la madre di ogni donna.
“Era così che doveva andare.”
Ora era davvero la donna di Peppino, per sempre.
Quel rivolo rosso, che non accennava a fermarsi, la spaventava e inorgogliva allo stesso tempo, a testimonianza di un sigillo carnale che completava l’appartenenza al suo piccolo uomo.
Si raddrizzò, fiera sulle spalle. Era ciò che voleva, sentirsi sua. Un giorno, al più presto, si sarebbero sposati, appena lui avrebbe potuto. Glielo aveva promesso pochi minuti prima, glielo aveva ripetuto tante volte, tra le sue orecchie, la sua bocca, i suoi seni.
Il battito le divenne più regolare, si impose lunghi respiri.
Tirò fuori un pannetto dall’armadietto dei medicinali, (in cui c’era di tutto tranne le medicine) se lo sistemò in fretta tra le gambe, quasi qualcuno potesse vederla e rientrò in soggiorno, dove i suoi l’attendevano già a tavola, ostentando una sicurezza che non aveva. Addosso, la sensazione che potessero accorgersi del pannetto nascosto tra le pieghe della pelle e penetrare la sua intimità di donna, appena abbozzata.
Loro non avrebbero potuto capire. Non tradì il suo tremore e la debolezza che sentiva nelle gambe, molli come burro.
Il profumo dell’origano fresco invadeva la stanza, come l’incenso nelle chiese. Finse di concentrarsi sulle bruschette da imbrattare con i pomodori, sbucciando fave fresche che accatastava nel piatto, dimenticando di mangiarle.
Aveva ancora in bocca il sapore delle sue labbra.