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Raccolta di testi in prosa di Piero Passaro
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

La vita smette di esistere con Jean presente

"Ah, vita."

Si pronunciò Immanuel con un sospiro lieve

Alzando la testa su quel soffitto biancastro dove anche il crocifisso al muro sembrava patire la solitudine. La tv era accesa da sempre, il sentore acre delle secrezioni veniva meno solo con il profumo dei fiori in via di appassimento.

Immanuel era in quella casa di riposo. Fissava l'uomo che era sul letto. Era la fine della sua vita.

L'uomo corpulento si rivolse ad Immanuel con aria timorata :

"Allora, la mia vita è stata bruciata...ho vissuto come avrei dovuto?"

 

"Hai vissuto senza mai curarti di ciò che lasciavi dietro di te." Disse serio e lacrimante Immanuel.

 

"Quindi...ho vissuto da élite. Che fatica è stata, ora me ne rendo conto."

 

"Si, ora puoi. Puoi voltarti indietro e cullarti nei tuoi ricordi. Questo è concesso."

 

L'uomo guardò Immanuel e poi girò lo sguardo, prima di girarsi sul fianco mettendo in mostra le sue emaciate spalle.

La stanza era asettica, sembrava stringersi e rimpicciolirsi su di lui mentre  inizió a tossire senza fermarsi; talmente forte che gli spasmi lo alzavano da letto a tempo di rantolo. 

Poi finalmente si fermò, si raschiò la gola e parlò. Ormai ogni sua parola era deformata dai sospiri impacciati.

 

"Ormai sono alla fine e voglio dirlo. Cazzo, ho desiderato ogni secondo poter toccare il corpo suo, la sua gola, le sue gambe, le sue mani..." finì in un rantolo sempre più silenzioso finchè Immanuel completò per lui.

"...tutto. L'hai desiderata a lungo, stai pensando a lei prima di morire. Lei però non è qui, è altrove. Forse ti direbbe ciò che ti ho detto."

 

L'uomo trovò un'energia all'improvviso nella risposta; forse l'importanza di ciò in cui credeva gli aveva dato il lustro di rispondere lautamente.

"No, la sua mancanza è la sua approvazione. Posso andarmene. Non c'è spazio per quelli che stanno fermi a letto. Non valgono il tempo."

Immanuel fece una smorfia e poi commentò:

"La sua mancanza qui è la sua incapacità di accettare la voluttà della vita, la consapevolezza che bruciare è l'opposto di vivere e al contempo l'opposto di morire. Significa evitare l'intervita."

 

L'uomo sorrise e aggiunse: "Lei non direbbe così. Jean non è qui."

 

Immanuel strinse la mano dell'uomo prima flebile e poi sempre più forte; mosse la testa lentamente. 

Il tubo giallastro del catetere, le gocce ticchetanti della flebo, la voce lamentosa degli infermieri nel triage. Provò un senso di disgusto e poi si rivolse alla stanza come fosse una spettatrice crudele e silenziosa.

 

"Guarda quanto è ingrata la vita."

 

L'uomo annuì, sospirò e guardandolo negli occhi smise di vivere.

Immanuel strinse ancora di più la sua mano e inizió a piangere. Quell'uomo infondo gli diede tanto, con la sua esistenza plasmò quella di Immanuel.

 

Il momento era plastico. Una fotografia. Il giovane posato a testa bassa, sul corpo dell'uomo finito e la stretta di mano.

 

"Grazie per quello che mi hai dato vivendo. Per quello che mi hai fatto capire."

 

Il momento plastico si ruppe, la fotografia venne sciolta nei sali bruciati.

 

Immanuel era in lacrime e alzò il capo, poi gli occhi. La porta era aperta e sull'uscio c'era una persona.

Le bastò un cenno, guardò Immanuel e lentamente si avvicinò al letto del deceduto.

 

"Sono arrivata. Sono qui." Disse la ragazza.

 

"Non dovresti essere qui, lui contava sulla tua assenza."

Disse freddamente il ragazzo.

 

"Invece volevo esserci, questa fine è il tuo inizio. E poi..."

 

"...e poi cosa?! Quest'uomo ti ha quasi violentata, sei venuta a dare il saluto ad un violento , sei davvero così poco autentica? Cosa provi tu?"

 

La ragazza si sforzó strenuamente di mantenere le sue emozioni dentro di sé ma venne tradita dalla lacrima solitaria. Colma di disperazione, tristezza e felicità. Sentì il bisogno di dirlo.

 

"Sto piangendo perché quest'uomo ha vissuto con la colpa che non gli ho mai addossato; lui non l'ha mai capito ed io non gliel'ho mai detto. Sono felice di vederlo morire, perché questa così eclatante verità non coinvolge me ora. Siamo tutti sempre contenti e tristi quando muore qualcuno Manuel."

 

Gli occhi rossi e fluenti di Immanuel si scontrarono con quelli della ragazza. Si guardarono. Piansero, si approvarono le sensazioni l'uno dall'altro.

"Cristo, Jean..."

 

Jean si alzò e si sedette vicino a lui. Ora entrambi fissavano l'uomo, negli ultimi momenti in cui l'avrebbero visto.

Ora entrambi sentivano quanto la morte fosse un'espressione così affine al loro spirito di vita èlite; talmente consci di questa affinità che Jean la esprimette in una gelida litania.

"Morte prende un uomo

separa il suo corpo dai nostri, 

vita ,ci insegna con un tomo

presente e futuro come mostri."

 

 

*

Risposta automatizzata - All’utenza che esegue reazioni def

Gentile individuo, 

a causa della sua estrema conformazione non possiamo stabilire una comunicazione efficace. Il nostro sistema di risposta automatica provvederà a perseguire con lei un’ultima considerazione, indipendentemente dal suo coefficiente di attenzione. 

Consci della sua scarsa empatia e della sua ostinazione alla non comprensione ci auguriamo che possa interrogarsi e tornare ad un livello funzionale di comunicazione con noi.

La salutiamo con viva cordialità.

Private AutomaticTextAnswer  text;

Private int comprensione;

Set comprensione = get {(comprensione  _Individuo).value};

Set AutomaticTextAnswer = "Tutti dovremmo vivere per uno scopo, per un senso profondo. Almeno per la ricerca di uno scopo e un senso profondo.

Siamo tutti soggetti a quello che le masse sociali fanno o dicono. Facendone parte, visto che non siamo alieni (ma siamo molto alienati), siamo anche soggetti a giudicare e selezionare. Per indole, lo si faccia meno o di più, tutti noi umani all’interno del sistema sociale giudichiamo e veniamo giudicati.

Fa parte della natura: la notazione di differenze sociali (e non) sono un elemento costante e imprescindibile del rapportarsi societario. In questo contesto in cui non si può evitare di giudicare ed essere giudicati, possiamo se non altro differenziarci sulla reazione di tale giudizio o subito giudizio.

Ci sono persone che valutano le vite degli altri e, avvertite differenze con se stessi attivano quella che è una delle più diffuse reazioni: lo straniamento, l’incomprensione, la rabbia, l’invidia, la paura…etc.

Ogni individuo può reagire in qualunque modo possibile. Tutti però, sono soggetti ad un solo elemento che provoca tali reazioni: la diversità.

Avere uno stile di vita diverso da un individuo porterà quest’ultimo sempre a sviluppare una reazione. Quello che possiamo fare e tentare di non copiare le reazioni più diffuse. Crearcene una nostra sarebbe più interessante, più utile.

Visto che l’empatia è una rara virtù, la comprensione dovrebbe quanto meno scattare come sostituta. Chi fa x e vive secondo x potrà vedere x2 vivere secondo y e non capire, contraddire, contrariare…ma potrebbe anche capire cosa ha portato x2 a vivere secondo y.

Il vecchio “buon senso”, lontano parente delle armi di classificazione borghese della vita quotidiana, può aiutare facilmente a capire quali casi siano estremi nel determinare l’individuo x2 e il modo di vivere y.

Le reazioni più comuni sono frutto di poco pensiero, poca ragionevolezza e forse anche facile propensione alle conformazioni sociali più pressanti. Se qualcuno si ferma a pensare un solo minuto “perché e come” nel rispetto del modo di vivere di x2, dipendentemente da quanto tempo e quante parole scambia con x2, diviene un non-conformato di livello pari al tempo e alle parole spese con x2.

Forse nelle caratteristiche dell’individuo sociale la volubilità è una delle più naturali e innate. Per questo esistono coloro che evitano di ragionare per se stessi e adottano un sistema conformato suggerito dalla maggioranza delle meccaniche che si vengono a sviluppare in una società. La maggioranza degli individui ha bisogno che esista un sistema solido per non perdere integrità. Tali sistemi possono avere diversi strumenti operativi (classismi, filosofie sociali, la memoria storica, la storicità, le tendenze comportamentali, le tendenze relazionali).

L’interrogarsi e l’interrogare può portare a consapevolezze che minacciano tali sistemi. Per questo esistono le categorizzazioni sociali. Io voglio essere amorevole verso tutti gli individui che vogliono ricercare un senso e che non vivono secondo categorizzazioni. Ma voglio anche trattare tutti gli altri – indipendentemente dai loro livelli di assoggettamento – con lo stesso livello di assoggettamento che ho io. Non di più o di meno. Evitare di essere incomprensivo per chi è diverso da me. "

Do {

()

}

while comprensione = 0 or <0;

 

*

Tentativi dell’accendino che servono nell’epilogo

""Hai appena iniziato a leggere. 

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui.

Hai appena iniziato  a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare.

Hai appena iniziato  a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura.C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare"oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare che cercare semplicemente, disperatamente, di comunicare con qualcuno.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare che cercare semplicemente, disperatamente, di comunicare con qualcuno attraverso la scrittura, luogo esule dall'inadeguatezza imperante, dai sistemi umani più pietosi e bassi.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare che cercare semplicemente, disperatamente, di comunicare con qualcuno attraverso la scrittura, luogo esule dall'inadeguatezza imperante, dai sistemi umani più pietosi e bassi che ci incatenano tutti i giorni nel quotidiano. Bisogna riconoscerlo.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare che cercare semplicemente, disperatamente, di comunicare con qualcuno attraverso la scrittura, luogo esule dall'inadeguatezza imperante, dai sistemi umani più pietosi e bassi che ci incatenano tutti i giorni nel quotidiano. Bisogna riconoscerlo: abbiamo pochissimo tempo.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare che cercare semplicemente, disperatamente, di comunicare con qualcuno attraverso la scrittura, luogo esule dall'inadeguatezza imperante, dai sistemi umani più pietosi e bassi che ci incatenano tutti i giorni nel quotidiano. Bisogna riconoscerlo: abbiamo pochissimo tempo e lo sprechiamo spesso come se potesse contare davvero qualcosa. Scrivere non ha senso.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui. Coraggio, potresti vincere un premio se prosegui la lettura. C'è una sorta di consapevolezza a cui potresti arrivare: quanto sei determinata come persone nel finire qualcosa, potresti pensare "oh cavolo, ma allora sono una persona ostinata e determinata!" oppure potresti riflettere sul fatto che lo scrittore ti stia facendo perdere tempo e che poteva trovare meglio da fare che cercare semplicemente, disperatamente, di comunicare con qualcuno attraverso la scrittura, luogo esule dall'inadeguatezza imperante, dai sistemi umani più pietosi e bassi che ci incatenano tutti i giorni nel quotidiano. Bisogna riconoscerlo: abbiamo pochissimo tempo e lo sprechiamo spesso come se potesse contare davvero qualcosa. Scrivere non ha senso; proprio come cercare di adattarsi. 

Esiste un calore soltanto - forse la madre delle alienazioni - ma vale la pena divampare per esso se solo ricordassimo come innescarci.

Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui.Hai appena iniziato a leggere eppure sei ancora qui.

Hai appena. Hai appena. 

Iniziato. Ancora. 

Qui.""

*

Alighetoù nel presente

Alighetoù apre gli occhi e sospira. Si trova in un piccolo coffee bar sulla strada. Le porte scorrevoli si aprono a ritmi casuali, dovuti ai passanti in strada. La gelida brezza paralizza lentamente la confusione del bar che a poco, a poco, come il volume di un radio, ricompone il frastuono. Alighetoù siede sulla poltrona del locale, posto dove un consumatore del bar solitamente è solo.  

Non c'è nessuno per lei oltre quel frastuono, può isolarsi e godersi il cappuccio. Alighetoù ha amato nella sua vita, ed è una donna che spera per il meglio mentre si aspetta il peggio. Non vuole empatizzare con le persone che prendono vita attorno a lei, preferisce osservarli a distanza, magari scrivere qualche storia su di loro.

Ogni piccolo tavolo con ciascuna persona attorno reca nei pensieri di Alighetoù un flusso di idee fantastiche su come possano essere le vite di quelle persone: un quadretto prospettico della coppia accanto a lei, il gruppo di studenti con il loro esercito di zainetti ostruenti il passaggio per i camerieri e la lucente fila di bicchieri sul bancone del bar.

Vince sempre il bisogno di tenersi a distanza; ll problema di Alighetoù è il conflitto tra speranza e realtà a cui pensa ogni giorno.

Batte i piedi che i suoi stivaletti trasformano in piccoli tonfi continui. La gelida brezza ora è arrivata ai bassi arti: una sensazione univoca nell'universo.

Prende un blocchetto dalla borsa allungandosi maldestramente, lo posa sul talvolo e poi usa la biro. Usa la biro, non scrive. Compone qualcosa che le faccia trovare la spinta per rinsaldare  il suo conflitto interno. Qualcosa di incontrollabile come una commutazione di sentimenti o una leva dell'entusiasmo, una vera delibera dei suoi sensi che Alighetòu raccoglie in un'idea che definisce folgore vitale. E' un nome strano, forse addirittura banale. 

La vetrata è una vista perfetta per le persone che passano. Sul marciapiede ci sono ombre carnose tutte coperte per il gelo: Alighetoù vede la soluzione e la causa del suo conflitto. Le persone hanno un calore a cui non si può davvero rinunciare, sono tutte destinate a far brillare una luce forte in lei. Lei però non è l'unica, ce ne sono diversi che gioiscono e soffrono per la folgore vitale.

Quando Alighetoù trova il sentimento cosciente che la pervade, lacrima per tutta l'empatia affettiva che fluisce. Lei stessa diviene pura empatia.

Ha paura però; non controlla questa empatia che può farle molto male, le ha già fatto molto male. Quando un'altra persona rilascia la propria folgore e questa si unisce a quella degl'altri il misticismo diviene solo un'etichetta. Alighetoù sente di vivere qualcosa, o qualcuno, nel momento in cui quella folgore si attiva in lei e negli altri. 

Perchè si rende conto che quel tipo di condotta non è vita; quel tipo di condotta è solo una presa di coscienza che si può sopravvivere senza amare altre ombre calorose, si può sopravvivere senza lo scorrimento di empatia. Alighetoù è la portavoce dell'estrema empatia. Tutti hanno questo potere ma in pochi se ne ricordano e non si perdono nella visione quotidiana di un'esistenza macchiata da ogni falso bisogno. Non si tratta di edonismo o di altre forme più sorridenti di qualcosa che è già stato perso senza che le persone lo sappiano; no, è qualcosa di più forte.

La sua mano velocissima e furente scaglia pensieri sul blocchetto. Ad un certo punto ferma la biro, ferma la mano, ferma lo sguardo dritto su quelle parole inchiostrate. Il suo giaccone produce una serie di rumori al minimo movimento, la fa pensare a se stessa. Infila la mano nella tracolla e raccoglie il suo lettore musicale. 

"Sonata in d Minore, Op. 1, No. 12, RV. 63, 'La Follia'' di Vivaldi"; il display del suo lettore è preciso. Alighetoù pensa all'amore che l'ha resa consapevole del suo status. Una persona che non ha più rivisto ma che c'è stata gravosamente. Alighetoù pensa a come sia facile reperire sguardi e riprodurli nella contemporaneità di oggi. 

Un potere immenso e drammaticamente incontrollato di riprodurre ognuno eppure così inutile per quel viso, per quella persona, per quel calore. Qualcosa di irriproducibile con nessun artificio. Alighetoù pensa intensamente a quella persona e il suo cuore, il suo cervello palpitano davvero di comune accordo. La folgore la investe.

Alighetoù guarda tutti i consumatori seduti. Li osserva e loro osservano lei. Prima che l'attenzione si perda Alighetoù fa uno scatto all'impianto musicale del bar. Stacca il jack e lo attacca al suo lettore. Vivaldi ora lo ascoltano tutti e lei, in lacrime cerca di spostare tutti i tavoli in fretta prima che la traccia finisca. Qualcuno cerca di fermarla ma poi non capisce il suo intento e la curiosità prevale. 

C'è uno spazio dove tutti possono entrare ma in cui nessuno si addentra. I tavoli sono ai lati, i caffè sono fumanti senza che qualcuno ne fruisca. Alighetoù si muove nel mezzo e passa in rassegna i giorni passati alla sbarra fino a sanguinare per la perfezione. Un ragazzo la guarda con un'espressione indefinibile, qualcosa che non riesce lui stesso a capire. Felice? Triste? Imbarazzato? Contrariato? Smette di pensarci e si getta in quello spazio. 

Alighetoù lo accoglie, non sa chi sia ma l'identità è solo un abbellimento. Lui ride e poi si stanca. Alighetoù gli parla nell'orecchio e gli dice come deve tenerla mentre danzano. Una ragazza entra nel bar incuriosita e si accinge ad osservarli. Sorride quando riconosce Alighetoù. Questa persona ha i capelli lunghi e un sorriso pungente, talmente autentico da doverne essere all'altezza in uno scambio di sguardo. Porta uno zaino contornato di placchette e toppe da ogni dove. Ha una spilla sul cappotto con tutta l'aria di essere un regalo che lei stessa non avrebbe voluto indossare prima che qualche evento non la rendesse fondamentale. 

La ragazza sorride, raccoglie il blocco cartaceo di Alighetoù e lo legge. Lo osserva attentamente, come se fissasse una singola parola in modo allucinato. Prende una biro dalla tasca e vi aggiunge qualcosa mentre Alighetoù continua a ballare con entusiasmo. Ormai tutti la stanno guardando. Il ragazzo che balla assieme a lei la ferma un secondo. Ride col fiatone: una vera e propria icona del vivere vero di Alighetoù. Lui posa una mano sulla liscia guancia della ragazza. Il suo calore intenso è pari al contrasto tra i suoi occhi celesti e il colorito scuro della sua pelle.

Vivaldi smette. Alighetou stringe le mani a quel ragazzo. Le persone tutte attorno si guardano tra loro, è successo qualcosa ma non capiscono cosa. Il ragazzo prende il blocco di Alighetoù e glielo porge. Il ragazzo decide di parlare ad Alighetou:"una ragazza ha scritto qualcosa. Aveva una spilla su di sè con scritto "Elite"". Alighetoù sussulta, poi si reca al finestrino e la sua bocca trasforma sul suo viso un falso sorriso. Non la vede. Ma cosa aveva scritto quella ragazza?

"Balli in modo ineffabile. Sei una delle persone che preferisco. La tua autenticità sono davvero le persone, per me si tratta di situazioni". Alighetoù piange ancora ma queste sono lacrime di compassione per quell'impossibile confessione di perenne inadeguatezza temporanea che sarebbe sempre scattata nella sua amica e "nelle sue situazioni".

Alighetou fissa il vetro e tiene in mano una vecchia foto della sua amica in bianco e nero mentre si accinge a parlare per dire: "My vriend. Doen 'n goeie reis".

*

La teoria della stalla di Mr Fred

Fred picchiettava sul suo blocco note nervosamente in attesa del suo cappuccino senza zucchero. Alzava lo sguardo continuamente quando il vociare della saletta aumentava progressivamente, come si desse un'autorizzazione a farlo a seguito di troppo silenzio. La saletta era disposta in modo simmetrico grazie alla solitudine di Fred; al centro sedeva con un tavolino e un singolo posto e tutt'attorno ai rispettivi angoli della stanza un rumoroso gruppetto di due-tre persone.

 

Quando la cameriera gli poggiò il caffè sul tavolo Fred la guardò. "Mi spiega perchè viene qui?" azzardò la giovane donna.

"Scusi?" avanzò debolmente Fred. "Perchè viene qui? Voglio dire, ci sono altre caffetterie meno rumorose o, che ne so, biblioteche, se vuole silenzio". Fred pensò che la cameriera fosse più osservatrice che sfacciata. 

"Giovane donna, mi reco qui perchè questo mi rende felice. Vuol sapere cosa nello specifico?" la ragazza lo guardò increspando le sopracciglia. "Ebbene, vede l'uscio di questa stanza? Priva di porta? Tutti quelli che sporgono la loro testa dall'uscio per verificare la disponibilità di posto di questa stanza sono una perfetta metafora dell'inutile ego umano"

"L'uscio?"

"Si, l'uscio. Quelle teste con quegli sguardi da cavallo drogato che scansionano lo spazio circostante in cerca di un loro posto e successivamente voltano la testa sprezzanti. L'urgenza naturale e coscienziosa di uno spazio nell'esistenza preteso. Veri e propri animali che cercano disperatamente in modo fisiologico una stalla dove stazionare."

La giovane donna sembrò incuriosita nel vedere dove sarebbe culminato quel discorso sulle teste, sull'uscio e sul quel folle paragone. "Interessante...se pensa questo perchè rimane qui ad osservarli?"

Fred sorrise per la prima volta; poteva esplicare ad una persona cosa aveva in mente di fare quel giorno. Si alzò e invitò la ragazza a sedersi al suo posto. "Queste persone qui dentro, così rumorose, discutono di futilità goliardicamente come maiali in una stalla. I maiali si scambiano la merda che mangiano tramite movimenti fisiologici e non consci della propria presenza nello spazio. Ora farò in modo che questi maiali accolgano subito la coscienza". 

Fred prese la sua borsa, farfugliando incomprensibilità tra se e se. La ragazza lo osservò attentamente. Fred si sposto accanto all'uscio della porta, appiattito al muro. Spuntò una testa per controllare se ci fossero posti liberi. In quel momento Fred fece cadere la borsa a terra. La ragazza sussultò senza strillare;  qualcosa di caldo e dolciastro era zampillato improvvisamente sulle labbra che  poteva assaporare con la lingua.

Tutti i presenti in quella stanza si fermarono istantaneamente e guardarono verso l'uscio. Fred stava ansimando; aveva un ferroso macete insanguinato in una mano e la testa del visitatore che cercava posto nell'altra. "Vede signorina? I porci ora sono coscienti e mi osservano. E' bastato questo." Tutti i presenti continuavano a fissare Fred attentamente.

"Per questo vengo qui signorina, la comunicabilità è il massimo!"

*

Il raggiungimento di Mr. Nick

Sabato. Il giorno che Mr. Nick preferiva di più in assoluto. Ciò non dipendeva dalla deprimente follia alienata che coglieva l'universo lavoratore;  tuttavia, a causa proprio di tutte quelle intervite unite in un'unica nube di intervita Mr. Nick trovava la sua più grande ed autentica gioia. 

Tutto era concentrato in precisi minuti, quelli che occorrevano lui per camminare dal suo freddo e isolato attico all'enorme sala bibliotecaria. Questa era una vecchia sala antica da poco rimodernata e poteva vantare diversi locali aditi alla ristorazione, alla consultazione veloce e perfino un sistema di accoglienza del personale incuriosito. 

Non era esattamente la saletta umida e vetusta del polo universitario che Mr. Fred proponeva sempre a Mr. Nick. Mr. Fred era un collega di Nick il quale condivideva alcune riflessioni sulla superficialità della società individualista di oggi. Ecco, società individualista era un ossimoro che Mr. Fred aveva coniato nelle discussioni, autolegittimando con forza questa sua visione sociale; essa consisteva nel sintetizzare come l'individuo singolo di una società avesse sviluppato un orribile superficie per coprire una vuotezza  consapevole proprio grazie al rapporto di tutti gli altri individui della società. Un vero morbo capace di riprodursi grazie al suo atto di riproduzione spontanea.

Mr. Nick comprendeva quella rigidità ma non la condivideva. Così, mentre Mr. Fred, durante il sabato della liberazione alienata della massa lavoratrice/consumatrice e tristemente consapevole o inconsapevole, preferiva godere di quella camminata fino alla sala moderna per sentirsi dentro anche lui stesso quell'insieme di anime.

La convinzione di Mr. Nick riguardo ad un'ipocrisia generale dell'oggi e dei tutti trovava moderate convinzioni in ciò che Mr. Fred applicava con forza e senza eccezioni; il pensiero di Mr. Nick però introduceva una speranza di ristagno. Perchè il ristagno? Il "cambiamento" era impossibile. Tutto il secolo novecento e la sua irresolutezza l'aveva confermato decenni per decenni. Quello che sperava Fred era il ristagno di quel vivere che guidava tutte quelle masse che avrebbe portato ad un risveglio.

Mr. Nick camminava attraverso quelle intervite singole osservandone gli sguardi e studiando le loro pose. Si rese conto che alla fin fine il concetto rivoluzionario di una classe inferiore su una dirigente aveva portato in fondo un risultato: la personalizzazione dell'inconsapevolezza. Mr. Nick quindi osservo il modo di esserci, lì dentro, di quegli individui. Mr. Nick cominciò a pensare.

La signora che governava il passeggino farfugliava come la gravidanza le avesse fatto perdere una forma fisica predefinita per i modelli di desiderabilità mentre il marito configurava lo sguardo su una passante e valida ipotesi di desiderabilità; lunghi tacchi di stivali in pelle e tutta l'aria dell'adolescenza che il marito voleva violare.

Un classico gruppetto di ominidi iper-tecnologizzati passeggiava portando alla mano quell'insieme di circuiti, condensatori e porte logiche racchiuso in una forma sottile e rettangolare poteva realizzare un bisogno che altri ominidi, in altre epoche, con altri aggeggi simili a clave potevano ugualmente mettere in pratica: essi registravano una illusoria onnipotenza dell'istante che ben si accompagnava all'illusione delle affermazioni cronologiche delle loro carte d'identità sociale.

Passando sotto la volta storica del palazzo che culminava con la sala che stava raggiungendo Mr. Nick assistette ad un'altra perfetta scena di intervita. Un uomo che suonava un sassofono ai margini del sistema tutto attorno aveva in quel momenti molti spettatori. Il pensiero di Mr. Nick era stato fulmineo sulla decisione di pensare a quelle persone attorno all'emarginato come degli spettatori rigorosamente visivi e non uditori di quella musica o di quei suoni.

Lo spettacolo durò poco, giusto il tempo di Mr. Nick di arrivare dinnanzi all'entrata della sala moderna. Il sassofono si fermò e tutte quelle intervite passarono oltre concedendo qualche moneta. Essi avevano assistito ad uno spettacolo; non era ascoltare il sassofono ma guardare qualcosa che col tempo soltanto sarebbe potuto diventare spettacolarizzabile. Il dramma vivente e mostrante era la constatazione che non riguardava quelle intervite attorno al sassofonista e così, come ogni cosa che non poteva sfiorarli, diveniva spettacolo pagato.

Mr. Nick sospirò e poi entrò nella sala. Continuava a chiedersi se la destinazione fosse meno importante del cammino. Poi pensò attentamente che la destinazione e il cammino coincidevano affinchè lui potesse veramente assistere e fare parte all'intervita totale. Il suo "essere passato" ed il suo "aver camminato" favorì - e favoriva - quel sentore alienato dei lavoratori/consumatori. Senza un'osservatore dell'intervita, l'intervita non era tale; esattamente come tutti gli individui una volta c'erano e poi furono.

*

Duello tra memorie

I due posarono i piedi a terra, sulla strada rada.

Due uomini guardavo ma fratelli ricordavo.
In origine c’era l’affetto , la passione, la simbiosi, l’affinità ; quei due uomini erano amici, viandanti mistici che si muovevano con certi versi, incantati e incantevoli. Coloro la cui amicizia si basò sempre sul naturale spirito creativo e l’indole bonaria,  furono parenti facenti parte ad un albero genealogico misterioso, forse un po’ onirico.

Giacchè tale rapporto, quel che vidi tra i due, era una ripetizione a spirale nel tempo. Quanti Marcèl e quanti Nicolò c’erano stati nel mondo? Quanti ancora ce ne sarebbero stati?  Nei bar notturni quei due amici divenivano i veri lumi delle città addormentate che vissero insieme. Un bisogno indipendente con un’onesta voglia di crescere insieme. Questo erano, agli occhi miei, quel Marcèl e quel Nicolò che abbracciai tante volte, tutti e due insieme, tra risate deflagrate. La terra per me tremava però, in quel momento così ricco di sentimento. Nicolò e Marcèl erano posti uno di fronte all’altro , prossimi ad un tragico confronto.

Questo vidi davanti a me ; mi misi in mezzo poco prima da vero mattatore, ma, ahimè, vanamente. Non vollero sentire ragione e così mi ritrovai le  canne delle loro sei colpi puntate  in faccia. 
O mi sposto, o sarò preso tra i due fuochi , pensai.
Uscì dalla traiettoria dei revolver  sopraffatto da quella tempesta di ferree volontà. Essi si fissarono e ciascuno vide la propria vita spesa affianco dell’altro, come uno specchio riflettente le memorie , dolci e sacre , della loro amicizia.
L’affinità si spezzò. Il duello iniziò. Quei due si conoscevano troppo però; il loro combattimento fu come un balletto ben interpretato dai Marcèl e i Nicolò di tutti i cosmi. Anche nel tragico cimento privo di sorrisi i due si compresero; avrebbero potuto uccidersi ponendo fine alle loro vite eppure non accade questo.

Il finale del combattimento fu sancito dopo un secondo, o due; ma solo quando le sei colpi non sputarono più fuoco verificai  con ardore le condizioni dei pistoleros. Invece di versare lacrime avrei versato sudore , nel portare quei due al saloon con il loro odore : Marcèl e Nicolò si spararono nelle gambe. Così, tra insulti e brontolii scambiati reciprocamente sarebbe cominciato il mio ruolo di mediatore ; quel rapporto tra i due uomini – non più fratelli – sarebbe proseguito ancora , per la gioia delle mie memorie.

*

E ti vengo a cercare

Mi sono  trasferito da due anni  in questa grande città.Qui non c’è quel malriposto senso di vecchiaia e d’ austerità. Almeno, questo è quello che il mio cervello  ama ripetersi tutte le volte.Ho cominciato l’università tardi -23 anni- perché prima ho cercato un senso, vanamente, dopo la disastrosa carriera scolastica . Per questo quando sono arrivato qui ho seriamente  pensato alla mia vita e  allo scopo di essa.Il pensiero riflessivo, che stanca la mente e la rende impiegata dai pensieri ,è un’azione quasi spirituale, a cui pochi dedicano la giusta meditazione. Il primo passo è sempre ammettere  di avere un problema giusto?Oppure ,in questo caso , una mancanza.Mi sentivo una persona incompleta , non sicura di sé, per la quale non puoi non programmare una discussione  se vuoi evitare imbarazzanti sguardi silenziosi.L’unico modo per me di sentirmi meglio era accrescere me stesso, facendolo nel modo più “occidentale “ possibile : cercare sempre più consensi.Una megalomania conoscitiva , potrei dire, fatta di corsa e con sempre più crescente desiderio di sugellare  famelicamente quella mancanza che ho scoperto in me.I miei rapporti con le persone sono diventati deprimenti, vuoti , di circostanza. I miei compagni d’università sono ovviamente  più piccoli  di me, eppure  in cuor mio sento che l’ultima parola spetta sempre al “demone  famelico” al mio interno.Un’altra cosa che tutti sottovalutano sempre  è porsi domande , anche quando si è accecati dalla convinzione delle  proprie azioni , e il bisogno di porre a discussione le proprie azioni viene meno. Io però, sto attento a non cadere nella trappola, e mi pongo la riflessione : l’ansia di fare  e di crescere mi ha portato a considerare le persone  una perdita di tempo, soprattutto coloro che non “sfamano il demone”.Mi sono sentito in una situazione scomoda : avere un senso di colpa ed essere dunque cosciente di sbagliare nel comportarmi così senza ,però, sentire un bisogno emotivo che mi spinga effettivamente a contrastare  il demone Forse perché sicuro di poter zittire quando avrei voluto il demone , ma sbagliavo. Isolarsi nella propria ambizione  egoistica rende  inumani, incapaci di provare  i sentimenti che permettono di sentire la vita.La mia condizione è diventata chiara quando ho conosciuto una ragazza ,Violetta,  anch’essa frequentante  la mia facoltà. Una persona che in circostanze diverse  dalle  mie  “sarebbe da amare”.Con lei vivevo momenti autentici in cui il demone  diveniva persuaso e calmo, trasformandosi in coscienza positiva. Il demone, tuttavia, nella  apparente dimenticanza si risveglia sempre più violentemente. Violetta non lo capisce , come nessuno del resto. Così ,io rimango solo con una lacrima da clown che solca il mio viso mentre mi affanno a scrivere una lettera per  Violetta migliaia di volte, a causa del contrasto con la creatura dentro me. Quella lettera è semplice, scarna, e riporta solo una frase sottratta ad un senso “…perché ho bisogno di te, e ti vengo a cercare”.

*

Pensieri natalizi per diverse categorie

 

Pensieri natalizi per il materialista agente di borsa : 

 

 <Alla festa di fine anno con i colleghi di lavoro.>

 

"Ho moltiplicato le azioni e raddoppiato le entrate. Quest'anno il pacchetto maggiore lo avrò io e il mio collega finirà per gestire piccoli fallimenti. Avrò più soldi da poter donare allo yacht club, potrò andare a giocare a golf col vice-governatore mentre la sua segretaria potrà farmi  pompini nell' Hotel a cinque stelle."

 

In realtà gli è stato concesso tutto proprio per poterlo scaricare a fine anno.

 

 

Pensieri natalizi per la timorata , non-amata madre che si affanna a fare regali per familiari consumatori alienati : 

 

 <Nell'ipermercato vicino la degradante e detusta periferia.>

 

"Ok.. ho preso lo smartphone con la mela sopra per i ragazzi; guai a sbagliare , tutti i loro amici ce l'hanno. Ho preso il profumo per mio marito che potrà sfoggiare a lavoro alle gatte morte per farle morire d'invidia. Devo correre a casa con i regali e preparare la cena ora...uff, sono stanca ma per la famiglia, a natale...!"

 

La madre non riceverà alcun regalo , i suoi figli diranno agli amici che è la loro servetta e il marito userà il profumo per scoparsi le sue colleghe gatte morte.

 

 

Pensieri natalizi per i due ladruncoli che vivono in fondo all'ultima strada :

 

 <Vicino a delle ville ricche d'allarmi, dove regna la frode fiscale>

 

1°Ladro : "Ehi amico! Quest'anno gira bene ! I ricconi sono in vacanza, abbiamo tutte le ville da svaligiare e permetterci qualcosa da mangiare o da rivendere!" ... "Amico?" 

2° Ladro : "Guarda che ti obbligano a fare, guarda che ti obbligano a dare"

1° Ladro : "Oh dai non ricominciare! Non facciamo veri torti! Rubiamo a dei ladri fiscali, quindi in certo senso facciamo qualcosa di neanche troppo immorale!"

2° Ladro : "A mio figlio dirò che vivo facendo la cosa meno grave? Non dovrebbe vedermi fare la cosa più giusta?"

1° Ladro : "Abbiamo perso il lavoro perchè l'azienda doveva tagliare costi. Abbiamo 50 anni. Cosa possiamo fare?"

2° Ladrro : "Il tuo interrogativo è lecito. Le mie lacrime nel freddo sono tristi. A natale noi rubiamo."

 

La polizia li coglierà sul fatto a causa di una telefonata anonima. 

 

Pensieri natalizi per l'anti-familiare essere per eccellenza :

 

 <In casa sua, davanti ad un televisore con una doppietta sotto il braccio>

 

"Mio dio, sono sopravvisuto ad un altro natale. Tutti i familiari che mi sorrideranno a denti stretti, che mi esporranno delle loro promozioni a lavoro, che mi scambieranno per mio fratello, che tenteranno, con i loro ruffiani complimenti , di farmi sentire inutile , inadeguato e inferiore a loro. Non sanno che vorrei essere morto, e li vorrei morti a mia volta. Odio il natale, odio il confronto parentale."

 

Rimarrà solo, senza alcun parente che venga a trovarlo. Colto dalla sorpresa e poi dallo squallore della solitudine userà la doppietta su se stesso.

 

 

Pensieri natalizi per l'addetta al punto vendita :

 

<Al reparto telefonia con molto stress e poca fiducia nel lavoro che si svolge>

 

"Vorrei che oggi non finisse mai: il giorno dei regali natalizi...sono stanchissima, non mi reggo in piedi. Tutti i clienti che si presentano oggi sono incessantemente scontenti, vogliono tutti l'ultimo pezzo, l'ultima cover,l'ultimo regalo...forse non ne hanno una per la loro anima. Ma resisto. E' il mio lavoro. I loro sorrisi sono un consenso confortante per me. Non gli costa niente. Non ho fretta di tornare a casa e stare da sola in attesa che quel bastardo mi chiami solo per fare sesso con me."

 

Il bastardo non la chiamerà neanche.

 

 

*

Tutto in due secondi

 

 

Vecchie bburago. Modellini di macchine vere, ci potevo creare tutta la fantasia che volevo perchè i modelli veri li vedevo in strada passare ogni tanto e immaginavo tutto. Dalla finestra potevo osservare meglio tutto l'ambiente circostante , una vecchia via ormai già significativa. La casa dei nonni per me era un parco giochi ; lì potevano avere sfogo tutte le mie fantasie e i miei giochi. Potevo correre e non essere disturbato ; potevo fare tutto ed è lì che mi accorsi del piano che c'era all'estremità superiore del termosifone , una sorta di pannello di cemento su cui posare gli oggetti , l'ideale per usarci le mie bburago. Vi era anche un gancio sporgente..non sapevo cosa fosse e non lo vidi nemmeno, era un po' accuminato e dalle colorazioni povere, spente. Sembrava un oggetto fuori dal contesto poichè il termosifone e il piccolo piano superiore erano totalmente bianchi e  splendenti. Badai poco all'oggetto  e corsi verso quel nuovo posto di gioco ma inciampai. 
Il gancio ruvido era difronte a me ; un centimentro più lontano e sarei rimasto con un occhio solo, un centimentro meno lontano e sarei caduto a terra lievemente. La mia fronte strusciò sul gancio e mi aprì una ferita presto sanguinante,  arrivando fin sopra il sopracciglio destro. Tutto in due secondi.

*

Domenica mattina , ferragosto

 

 

Apro gli occhi. La luce è vasta e penetrante, nonostante sia suddivisa dagli spioncini dell'aria sulla tapparella. Oggi è il primo giorno che ho sentito freddo da quando ci ha abbandonato l'inverno ; un lieve sentire d'un brivido d'aria piuttosto che le freddure pungenti dell'inverno , ma che colpisce dritto nell'anima. Resto là a subire la situazione nonostante sia davvero tutto molto scomodo : questa luce divisa, questo freddo e una nausea da premio nobel. Sono le 8.24. E' strano , dovrei dormire visto gli orari a cui mi sottopongo. Speravo fossero solo le emicranie ma ora si aggiunge anche questo dolore allo stomaco , un dolore lancinante che non so da dove  provenga. Più passano i minuti e più sento che non vorrei esistere. Un vero e proprio momento di panico mentale ; nonostante la nausea e il debole, classico, immancabile mal-di-testa. Rigirarsi nel letto tenendo gli occhi chiusi, sperando che tutto cambi con poco, non serve. Penso che se urlassi sarebbe meglio. Urlare come un soldato in zona di guerra che si carica e poi và all'attacco, sprezzante per le paure e le ferite, mentre il cervello suggerisce di non muoversi. Ma diamine, non posso urlare ora , sveglierei tutto il vicinato. Potrei ascoltare qualche canzone, quelle che ascolto in momenti come questi , momenti in cui qualcuno può urlare per me. Sarà forse questo il motivo per cui apprezzo più che ammirare, un determinato genere di musica. Ogni volta mi chiedono : " come puoi ascoltare simili oscenità e gruppi del genere? " e sempre trovano in me un sorriso che dice : "Li ascolto per necessità..." questa necessità. Urlano per me quando non posso io. E non è che uno sfogo. Per tutta la casa e per l'intera planimetria tutto è molto simile ; un malriposto senso di solitudine accompagnato dal consueto "piccolo freddo" di prima. L'alba c'è già stata , inutile aspettarla. Nonostante mi concentri a scrivere tutto ciò , a pensare belle frasi del cazzo da scrivere ,a sperare che qualcuno legga e mi pensi, non riesco a distrarmi dai miei demoni interiori. Peccato, per un secondo sembrava funzionale.

*

Gene e Claire

Claire stava con Gene da diverso tempo e la loro relazione era cominciata come un fulmine  a cielo aperto. Si incontrarono in un caffè, in presenza di comuni amici. Si parlavano poco  ma già c’era un’attrazione non indifferente l’uno per l’altra.

 Cominciarono ad uscire poco dopo vedendosi  sempre in quel bar. C’era qualcosa in quel locale che alimentava la loro attrazione , quegli interni erano come polvere da sparo buttata su una fiamma che già ardeva visibilmente. Si misero insieme  e si isolarono dal mondo.

 Volevano solo stare insieme. Fecero l’amore  tante volte con una grande passione , con un affetto estraneo, non autentico.  Tra loro c’era un amore quasi incondizionato, quasi quello che può essere definito amore perfetto.

C’erano stati  tanti ragazzi e tante ragazze che avevano provato a “stravolgere l’equilibrio” ; molti attorno a loro erano rimasti quasi affascinati dalla loro grande affinità e dalla loro grande unione.  
L’infedeltà era una cosa non necessaria, neanche contemplabile. Si piacevano da impazzire anche dopo diverso tempo, diversi episodi, diversi giorni incredibili passati insieme. L’unica cosa che contava era l’amore che provavano l’uno per l’altro.

La loro ossessione aveva inevitabilmente allontanato tutti i loro amici ma nei primi tempi  i due innamorati non se ne curarono tanto. Poco dopo avrebbero  conosciuto per puro caso un’altra coppia. Al cinema, mentre guardavano un film , si chiedevano come avesse potuto tale pellicola  aver sbancato ai botteghini.

In quel momento Yoanne si girò proprio verso Gene , come uno spettatore annoiato che cerca una spiegazione verso qualche altra persona. Il ragazzo che stava con lei, Ari , era altrettanto partecipe alla discussione.

I quattro ragazzi uscirono dal cinema e si scambiarono qualche idea sul poco di buono visto quella sera nella sala del cinema. Si salutarono dopo una formale conoscenza e si lasciarono i numeri di telefono.

Gene e Claire non sapevano che Ari e Yoanne non stavano insieme. Yoanne era omosessuale, aveva una passione morbosa per il cinema e non aveva mai avuto un vero amico. Ari era uno studioso di storia  appassionato , sempre alla ricerca di una vera moralità da seguire. Credeva nella vita a momenti , senza alcuna regola precisa. Quando ogni tanto si vedevano tutti insieme , Yoanne mancava spesso per impegni lavorativi e dunque rimanevano sempre Gene, Ari e Claire.

 Ari era molto attratto da Claire. Probabilmente le piaceva molto poiché ogni volta che parlavano lui non riusciva a rimanere calmo e freddo come  suo solito. Claire cercò di radicalizzare il rapporto d’amicizia raccontando un po’ della sua vita. Ari non era uno che parlava di sé, preferiva ascoltare gli altri e difficilmente parlava del suo passato e della vita privata, amava concentrarsi sul momento.

Claire  era curiosa e convinse Ari ad aprirsi. Egli aveva avuto una relazione con una ragazza, Nagi , che lo fece crescere, e gli fece capire tante cose. Lei era una pittrice e scrittrice e aveva un forte carattere. Purtroppo morì per cancro e il loro ultimo periodo insieme fù un’interminabile e straziante distruzione del loro rapporto.

 Non ci fu un lieto fine, nè l’amore incondizionato fino alla fine. Essendo paziente terminale, i due si vedevano sempre e solo in ospedale. Nagi sapeva bene che Ari l’amava tantissimo ma soffrì molto in questo ultimo periodo della loro stori e così lo allontanò per non farlo soffrire così tanto. Quando Nagi morì, Ari non si riprese mai totalmente.

Ari disse a tutto Claire. Aveva detto tutto quello che aveva dentro da anni ad una conoscente. Si sentiva meglio, quasi si era dimenticato cosa volesse dire sentirsi fragile verso qualcuno. Claire pianse. Non poteva immaginare cosa avesse provato. Ari era sorpreso, sembrava che la ragazza che aveva di fronte stesse vivendo tutto in prima persona. Si accorse che la situazione stava un po’ vacillando.

 Fece cenno a Claire che si dirigeva in bagno. Claire si asciugò le lacrime e dopo si ricordò ciò che Yoanne le parlò una volta a proposito di Ari. Non parlava mai con nessuno,  e se lo faceva era perché la persona con cui si confidava gli ispirava un grande sentimento. Claire lo raggiunse in bagno e gli chiese cosa volesse dire questo.

Voleva capire perché Yoanne le disse una cosa del genere. Ari non parlò,  era imbarazzato come se dovesse dire una cosa che non avrebbe dovuto ma Claire insistette. Lui cercò di uscire dal bagno per  tornare con lei al tavolo. Claire gli sbarrò la strada e lo baciò. Lui non fece resistenza, si  godette il bacio intenso e sentito , del resto Claire le piaceva in fin dei conti. Ma subito dopo quel bacio disse “E’ qualcosa di più.”

Ari disse tutto a Yoanne, non poteva tenersi tutto dentro.  Yoanne  per la verità non era mai stata una grande confidente e così quando ne ebbè l’occasione disse tutto a Gene. Egli si mostrò amareggiato e molto triste. Si era reso conto che il grande amore tra lui e Claire stava vacillando dopo un semplice  bacio.

Gene uscì di casa infuriato. Prese la macchina per allentare il suo odio e sfogarsi. Fece in un incidente in auto che lo sfigurò brutalmente. Si salvò la vita , ma forse avrebbe preferito morire per ciò che lo attendeva.

Si risvegliò in un letto d’ospedale con la faccia coperta da garze. Si alzò dal letto e si guardò lo specchio. La sua vita fù segnata per sempre.

Claire lo raggiunse e lo guardò, non trattenendo le lacrime.  Lui le fece una sola domanda : “Lo ami?” Lei non disse nulla. Lui , come se Claire avesse risposto, disse “Io non posso costringerti a vivere così. Nello strazio. Ormai è finita. Torna da lui e vivi con lui.”

Claire capì in quel momento cosa avesse provato Ari con Nagi, perché la loro relazione finì senza alcun lieto fine, perché nella sofferenza si sovrappose il distacco.

Claire non poteva crederci. Alla fine attraversò la porta e se ne andò per sempre. I due non si rividero mai più.

*

Events Show atto XV : Prossimamente al cinema

Events  show atto XV “Prossimamente al Cinema”

"L'ultimo anno sta per cominciare. No, è già cominciato. Le freddure estive sono quasi ormai estinte nel nostro gruppo. Silvia ricomincia a vedersi con le altre,senza problemi, senza pudore...Ma infondo non mi interessa più di tanto. A lavoro mi piace pensare di essere un veterano, uno di coloro che porta il "quinto stemma" e nel mio caso, addirittura sei. Martedì andrò a fare i preparativi per avere tutti gli occorrenti ...devo ancora ricordarmi di passare da Marck per farmi restituire quella camicia rossa...merda..quando gliela prestai? Ormai sarà passato almeno un anno. Se non ricordo male mi disse che lui ,la sera che la indossò, si trovava a Villa Peyrano per una festa con i suoi ex colleghi. A giudicare dalle spoglie foto che ho visto sul social network , gli ho fatto fare un figurone. Più tardi passerò da lui e se non mi restituirà ciò che è mio,non sarà piacevole come confronto (a dire la verità penso che troverò una qualche frivolezza di cui spettegolare per passare da lui, del resto fare tanto rumore per una camicia rossa targata Zara non vale la pena).

Giovedì passerò anche da Antony per cercare di farle capire che non ho bisogno delle sue maledette lezioni per cavarmela ma non voglio essere troppo scontroso,potrei sembrare un pidocchio del cazzo a volerle dire che non voglio andare alle sue lezioni per quei quattro quattrini. Penso che prima o dopo accetterò l'invito di  Clare ...nonostante sia una gran stronza rimane anche una corpoduro ; le farò fare la parte dell'insistente ancora un po' e poi credo che le concederò qualcosa.

Camminando per le strade c'è molto freddo ultimamente , oltre molta solitudine e qualcos'altro ; l'indefinibile regna su questa senzazione di estraneità. Mentre percorro la strada della mia destinazione le immagini mi riafforano alla mente : sconnesse,cicliche e aleatorie. Mi sento pervaso da una sorta di senso nostalgico legato ad ogni evento che sia mai accaduto su quelle strade. C'è freddo, e l'insegna del Doner  lampeggia. Mentre cammino con il mio lungo cappotto e i guanti in pelle osservo la gentaccia ancorata ai piccoli bar lungo il lato della strada. Un odio e un'imperturbabile ira mi scindono l'andatura ; sento un'esplosione formicolante nelle mani e nelle arterie quando quei finocchi squallidi mi osservano camminare. Nemmeno una melodia dolce e rilassante come Dance With The Evil dei Breakin Benjamin può calmarmi. Quando finalmente riesco a immaginare nitidamente un ghetto dove gettare quella inutile massa di bastardi , e il nuovo ordine mondiale che Giorgie(*1) ci ha promesso , mi ritrovo davanti al Blockbuster. Ho fatto parecchia strada sulle note dei Cure e dei Pink Floyd. Giunto fin qui tuttavia non esito, del resto non devo restituire alcuna videocassetta per fortuna! (*2)

Devo ricordarmi anche di vedere quei vecchi film in bianco e nero che mi avevano suggerito (quali film,chi me li aveva suggeriti ,e perchè dovessi guardarli penso sia tutto frutto della mia mente). Inizierò a fare meno esercizi, il mio corpo ha la tonicità massima ma poca resistenza. Raddoppierò i miei sforzi quando vado a correre. Cercherò di accordarmi con Sleivs per massimizzare le nostre corse e i nostri vantaggi.

 

<<O è forse la più autentica forma di filantropia magari un po’ maniacale , che possa avvertire? E’ questa una necessità di avere a che fare con la gente?

Possibile che il mio hobby sia quello di studiare i comportamenti degl’altri ? Quando sono con me, quando sono soli, quando sono innamorati, quando sono accecati dalla rabbia,quando parlano con altre persone a loro volta , quando piangono e quando ridono. Vedere che cosa fa lui/lei rispetto a lei/lui , ecco.  

Catalogare tutti i caratteri infiniti delle persone che vivono … anche molto lontano da me magari. Essere parte integrante delle loro amicizie, delle loro storie e dei loro amori. E’ quindi definibile con il successivo termine questa ossessione per gli altri? Filantropia? Il bisogno che mi sorridano tutti, che tutti siano con me ( e nella mia testa magari anche PER me) . Non ci sono sentimenti veri, c’è solo una sorta di bisogno. Tutti i sentimenti partono da questo senso di bisogno. Se non stringo la mano a quella persona, non mi arricchirò mai di questa esperienza,e di conseguenza non progredirò mai nel mio avanzamento della crescita allontanandomi gradualmente dalla possibilità di comprendere meglio la gente. Non c’è quindi differenza tra un tuffatore non professionista che si butta in un oceano senza fine e me. Accettando dal fare tutto con tutti perdo la cognizione di ciò che è giusto o sbagliato. Giusto o sbagliato che sia ,io lo farò. Questo mi porterà quindi a non essere : non qualcosa o qualcuno , a non essere indefinitamente . Una continua evoluzione o involuzione , un continuo cambio di bandiera ma non tra i più classici dei lati (bene e male) , tra tutte le possibilità del dominio dell’infinito (persone) . L’unica bandiera che posso sventolare è neutrale , l’unico vero sentimento che posso sentire è sicuramente inespressivo , l’unica ragione di vita che posso avere sono tante vite. Nessun sbilanciamento (molto rari questi), e nessuna perdita di ruoli. 

* Considera tutto

* Accetta il possibile

* Rifiuta il nulla

PROSSIMAMENTE AL CINEMA>>

E’ strano. Su quella locandina del President c’era una sola immagine, senza testi. Il resto devo averlo letto da qualche parte. Sono quasi le 21.00 e fuori c’è freddo. Penso che prima o poi mi deciderò a proseguire verso casa.

Molti dicono che per esprimere un giudizio su una persona occorre conoscere quest’ultima molto bene. Ma prima del conoscere ci sono tanti altri gradini che occorre scalare per giungere a questa condizione.

Uno di questi gradini importanti è sicuramente lo sguardo. Quando gli occhi si incrociano , le persone si proiettano la propria essenza l’un l’altro. Se c’è qualcosa che si può comprendere quando qualcuno ti guarda è, se nella sua essenza ,tu risulti una persona simpatica a  prima vista o no. Ammettendo che possa esistere qualcosa che mi rende nervoso , scontroso, desideroso di una lotta insanguinata, omicida, è lo sguardo erroneo che talune persone mi rivolgono;  non importa se casuale o voluto, la prima cosa che mi balena alla mente , la prima domanda che mi pongo e che gli pongo con lo sguardo “Ma tu, che pretese hai? Chi sei per giudicarmi migliore di te in qualunque misura? Com’è possibile che sai già di vincere, che sai già di non fare una pessima figura, che non abbia vissuto più di te? Se tutti guardano, tutti non sanno e quindi tutti sono ignoranti. Ignorano completamente una persona. Bisognerebbe osservare una persona bene, prenderla in esame. Non giudicarla a priori dal solo sguardo o dalle apparenze.  Hungarian Rhapsody N.2 di Listz mi suggerisce inoltre che prima di “esplodere” con una persona occorre farle superare un certo esame di fedeltà.

Puoi mostrare cosa fai,come lo fai,quello che pensi ,come lo pensi dopo un po’ che conosci questa persona. Tutti dovrebbero fare così ; penso sia l’unico modo possibile di dire “io conosco quella persona” . In realtà non si conosce affatto se poco dopo essere esploso con tale, l’abbandoni perché risulta incompatibile. Quindi è questo forse un paradosso? No, dico semplicemente che puoi conoscere una determinata persona perché  riconosci che non fa per te,ne ci parlerai mai. Non sai com’è , sai come non è (con te). 

Perché alcune persone si annoiano a vedere determinati film ? Perché sono egocentriche.

Se si girasse un film dedicato a loro,sarebbe un eccellente successo. Più persone con le vicende ad esse legate si inseriscono nel copione , più il successo sarà assicurato. Ecco perchè ogniqualvolta un grande illuminario impone le sue idee e le sue opere a qualsivoglia forma di pubblico ,costei viene apprezzata solo dalle persone che sono in grado di ascoltare,immaginare e riflettere.  Perché tutti gli altri la ignorano? Perché non riguarda loro. Sono gli uccisori dell’immaginario : i grandi baroni dello squallido e del deludente “pratico” che nei giorni nostri viviamo sempre,continuamente, e fino alla nausea.

Vorrei tanto, giuro ,cambiare tutto insieme ad una stretta cerchia di persone. Cambiare in meglio. Il meglio non è mai democratico. Nella democrazia, che tuttavia sempre ho rispettato come idea, muore il “giusto” comune. Non si può affidare ad ogni singola persona una possibilità di scegliere. Alcune entità dovrebbero sopraelevarsi su altre, decidere nel giusto, e perdere questo potere subito dopo, per evitare forme dittatoriali che tante volte abbiamo visto non funzionare mai. La storia ha avuto grandi dittatori, l’uomo ha permesso che potessero esprimere la loro vorace voglia di dire, comandare.  Colui che decide , deve rendersi conto bene di tutto ciò che avviene. Colui, quindi, che ha vissuto più problematiche, quello che ha sofferto di più che può sapere cos’è il bene comune per la gente. Non chi ha ottenuto un titolo di studio dalla dubbia qualità,dalla dubbia morale o dal massimo interesse per il potere. L’idealismo qui non è contemplato si badi bene ; e si badi che questa forma di governo nuovo potrebbe essere ottenuta molto faticosamente. Ci saranno sempre oppositori e ci sarà sempre sangue che scorrerà per una giusta causa. Non un colpo di stato, non delle mosse di un governo ombra , ma una vera e propria rivolta popolare generale per le strade. Il Governo vive grazie al popolo e per il popolo. Se il popolo decide di doverlo cambiare in meglio, sapendo cos’è meglio, il governo deve cedere. Ma chi dovrebbe mai fare una cosa simile ? Io? Tu che stai leggendo? Mai.

Se i nostri interessi non vengono toccati, perché dovremmo noi muoverci?  E’ sicuramente una buona domanda o , per lo meno , dico necessaria, che io di buono non ci vedo nulla. Necessaria. Come lo è la presenza di una fortissima ed estremissima dittatura. Qualcosa insomma, che costringa il popolo a insorgere. Il solito cadere-rinascere dei governi. Ma ogniqualvolta si rinasceva , c’erano sempre le persone sbagliate in cima al cambiamento. “Conosco quella persona” perché è favorevole all’errore che ha commesso colui che stava in cima al cambiamento, o non conosco tale persona perché non è favorevole a quel cambiamento e vorrei dunque capire in quale modo la pensi davvero. Non conosco chi non è d’accordo ma conosco bene chi è d’accordo.

Le persone dovrebbero avere più a cuore il destino del proprio paese. Paese , non governo.

 

Oh, mi sento quasi spossato fisicamente. Come avessi scritto qualcosa che avevo dentro e ora sono libero.

Perché dovrei dirlo a qualcuno? Magari qualcuno che si annoia subito perché non “si rivede tra il cast dei personaggi ? “ Mentre mi riascolto il finale infuriato di Hungarian Rhapsody , mi guardo attorno. Il corridoio è privo di qualsiasi animazione umana, fatta eccezione per la ragazza alla reference che sembra appartenere ormai fisicamente al resto della biblioteca. Penso che sia ora di andare a casa. Mi richiama un’esperienza video ludica fantapolitica che ipotizza come si sarebbe potuta concludere la guerra fredda a seguito di una politica di forte deterrente nucleare, condita da sfondi sociali,etnici,sessuali e con un marcato spirito di propaganda anti-bellica con una grande interpretazione da parte di attori fenomenali.  (*3)

 

 

 

NOTE : (*1) Giorgie : Giorgio Napolitano, presidente della repubblica affermò in un’intervista che doveva prima o poi sorgere un nuovo ordine mondiale. Il contesto e la circostanza della frase sono futili difronte ad un’affermazione simile!

(*2) “Non devo restituire alcuna videocassetta per fortuna!” :  Omaggio/Citazione a Patrick Bateman, personaggio protagonista di American Psycho , best seller del 1991 di Bret Easton Ellis. Il protagonista ( folle omicida) utilizzava ,come scusa, il dover restituire delle videocassette noleggiate come scusa per allontanarsi e mancare ai suoi appuntamenti, quando in realtà massacrava, torturava e agiva secondo cannibalismo sulle sue vittime.

(*3) Tornare a casa a giocare al videogioco sviluppato da Hideo Kojima su piattaforma PlayStation Portable ; Metal Gear Solid Peace Walker.

*

Voi non stringete un mondo solo , ma molti

Devi sentire la volontà scorrere in te. Non si tratta di qualcosa che puoi permetterti di non realizzare, non è qualcosa che puoi fallire ; da questo dipende la tua vitalità. Vedi l'altro che è sicuro mentre scaglia i suoi malefici ma in realtà è la paura che lo muove ; anche lui sa che sta combattendo per la vita.Il problema è la concentrazione, di cui talvolta non riesci a farti padrona di essa.Sono i momenti in cui scorre l'energia in te , partendo dal tuo cervello fino ad arrivare al palmo delle tue mani. Una senzazione di onnipotenza che ti distrae dallo scontro con il tuo avversario, che ti fa dimenticare le sue azioni e le sue probabili contromosse. Sono i momenti aspettati ad accumulare l'energia necessaria per chiamare a te qualunque cosa possa aiutarti a vincere l'avversario. Tutto è lecito, puoi servirti di qualunque mezzo seppur ricordando che stai chiamando a te un alter-ego di quel qualcosa che da qualche parte realmente esiste.Possono essere tutto...non saprai mai niente di loro, solo che sono resi schiavi della tua grave volontà di voler abbattere il tuo avversario. Devi ricordarti che non hanno effettivo controllo ne volontà, sono schiavi di chi può permettersi di pagare il loro costo di controllo...

 

 

Se senti il calore della lava dalle tue mani,  la potenza della marea , il fetore della morte , la potenza della natura o la vitalità risplendente ... puoi capire che tipo di mago sei.

Le tue mani, le tue magie, il tuo grimorio. Se comprendete tutto questo, avete la fortuna di poter essere chiamati viaggiatori dimensionali.

Voi non stringete un solo mondo nella vostra mano, ma molti.

*

Incongruo Rapportarsi

Incongruo – Un compromesso, un patto , si potrebbe osare dire un contratto. Sono questi i sinonimi per descrivere e per antcipare il rappottarsi. Ciò che intingiamo da con chi ci rapportiamo è frutto di un delicato processo di analisi e sperimentazione ; processo che può consolidarsi e procedere solo ed unicamente se entrambe le parti rispettano il compromesso, il patto e il contratto. L’incongruenza è quel fattore che insorge quando tra due persone si arreca un dislivello di volontà nel rappottarsi con l’altra. Ciò che può sregolare questo dislivello è di molteplici forme e di più o meno intensi indici. Diventa così incongruente il rapportarsi tra due persone e non è difficile capirlo quando qualcuno vuole attingere di più e l’altra meno, quando uno vuole compromettersi di più e l’altra rifiuta. Il rappottarsi diventa incongruo e non tutti hanno la metologia giusta per affrontare questa dissociazione.

Il rapporttarsi - può essere più o meno complesso. Il rapporto può essere intenso e per nulla pragmatico. Si cerca spesso ,ad esempio, di rapportarsi talvolta in modo impari verso il proprio rapportante. Si può cercare di otttenere tutto da esso,analizzarlo,leggere i suoi sguardi , arrivare quasi a prevedere le sue azioni ottenendo una conoscenza pericolosamente magistrale del rapportante e quindi anche la malvagia possibilità di plasmarlo. Ove può, il datore (colui che nel rapporttarsi è l'unico a conceder il proprio rapporto), continua a rapportarsi col rapportante (colui che attinge senza dare,che arriva anche inconsapevolmente al livello di poter plasmare il datore) che inizialmente potrà sugellare la sua "fame conoscitiva" per l'altra persona ottenendo tutto il rapporto possibile e completo; per finire poi a prevedere il datore,plasmandolo e assumendo quindi la denominazione di plasmatore. L'Incongruo rapportarsi è proprio quell'equilibrio che impedisce il verificarsi di questi eventi.Noi persone dobbiamo creare l'equilibrio e l'armonia.

Rapportarsi"si era parlato dunque di incogruenza prima. Il rapporttarsi è il sentire spiritualmente e fisicamente l'altra parte di contrasto. Il rapporttarsi è il rendersi indifesi , è lo svisceramento di quel che abbiamo dentro e di come siamo. Oppure rapportarsi è segretamente la fusione di 2 parole, luna delle quali un verbo? Rapporto + Darsi . Il signficato dell'unione è presto chiaro. Noi , persone, quando teniamo fede all'altra parte del "contratto" (di cui prima si parlava) mostriamo chi siamo, ci rendiamo indifesi e a nostra volta cerchiamo di analizzare coloro con cui condividiamo noi stessi. Questo autenticarsi in modo sincero e profondo può essere rinominato Rapporto. Il rapporto di noi stessi che offriamo agl'altri. Rimane quindi in sospeso la questione del verbo "Darsi". Se in attenta analisi ciò che affermiamo sul rapporto - in senso fisico e spirituale -lo riteniamo corretto, con la stessa attenzione possiamo conculdere che ciò viene contunamente scambiato,mostrato,condiviso reciprocamente . UN continuo darsi di rapporti. Rapportarsi.

*

Mi sono svegliato

Mi piace cucinare pasti che siano apprezzati talvolta. 

 

Rilasso me stesso leggendo la notte tardi, quando solo l'orologio non tace con i suoi tic-tac, per prendere sonno, visto che tranquillo non sono mai. 

 

Apprezzerò molto quando pioverà e ,scorgendo questo dalla finestra,la realizzerò forse come una metafora che significherà la mia protezione in un luogo non trovandomi in un altro che sembra così ostico.

 

Amerò stare con i miei amici, il mio immortale pubblico oltre ad essere quelli che mi conoscono meglio ed in profondità, facendomi notare come questo sia confortante ed eccitante. 

 

Vivrò sempre il contrasto di fare e non fare le cose giuste : prima ero incosciente e rifiutavo tutto senza sapere ciò che volevo. Ora lo so, ma convivo sempre contro l'altro me.

 

Mi piacerà sempre essere servizievole, essere utile agli altri in modi più o meno grandi, così da scrivere una storia dove i protagonisti siano loro e io l'aiuto. Forse è un modo molto interessante di conoscere persone. 

 

A quanto pare sarò per sempre innamorato di una semi sconosciuta e per sempre esorcizzerò i miei sogni su qualche blocchetto di carta reperito casualmente ovunque sia. Il contenuto di tali documenti non avrà alcun significato o scopo.

 

Sarò per sempre onni-comprensivo per quanto possa , perchè questa è la forma di potere più grande che possa attrarmi. 

 

Sarò per sempre molto civile e rispettoso, perchè quale che sia la relazione con qualunque individuo , questo è il modo che più mi allieta e più mi rappresenta. 

 

Per sempre soffrirò di ispirazioni che bruceranno e non avranno riscontro perchè penso , in modo un po' cialtronesco forse, che la migliore delle ispirazioni e la migliore idea provenga dalla testa e rimanga nella testa. Ciò che trascriviamo da quell'idea perderà sempre un po' di originalità. 

 

Per sempre scriverò qualcosa, non importa cosa, basta che mi faccia pensare alle atmosfere di un mondo non vero.

 

Per sempre non capirò mai le persone che ti tolgono il saluto senza motivo. 

 

Per sempre odierò quando mi sveglierò tardi , ma poi realizzerò ogni volta che è inevitabile.

 

Per sempre riguarderò centinaia di volte film già visti, sia perchè c'è sempre qualcosa che all'ennesima volta si coglie come nuova, sia per godermi piacevoli porzioni di realtà e di favolosissime narrazioni.

 

Per sempre mi chiederò perchè non vedrò per strada i veri uomini oggi...quelli con fare ideale, che non siano drogati dalla temporalità che vivono ma che rimangano saldi, che abbiano qualche tipo di sensibilità : artistica,emotiva,estetica o di qualunque altro tipo! Vederli per strada mi rassicura e mi ispira ma loro proprio non ci sono.

 

Non credo che avrò mai un parere deciso sull'umanità. Tra filantropia o nichilismo. Per sempre oscillerò.

 

Non sorriderò mai, ma farò sempre ridere moltissimo. 

 

Sospirerò spesso, senza farmi sentire. 

*

Cronache di ricordi di enigmatici passanti - /!\ 1° Ricordo

/!\ 1° Ricordo 

 

"Quella mattina la mia povera madre malata mi disse di recarmi al mercato nella speranza di incontrare il suo medico di fiducia. Non rammento il motivo di tale raccomandazione ma, probabilmente , aveva a che fare con l'aumento vertiginoso delle medicine - per volontà del signore della repubblica Fiorentina -  e proprio per questo, mia madre mi indicò quel medico : era l'unico che non aveva ancora rispettato il volere del monsignore.

Vicino la piazza si ergeva un caotico mercato e solo dopo aver scansato le cortigiane ed esser passato inosservato ad un minaccioso branco di mercenari, arrivai dall'altra parte della piazza.

Vi era una disputa tra alcuni giannizzeri e il medico che stavo cercando, ma notai qualcosa di strano ; i giannizzeri erano guardie d'alto rango e i loro affari spesso li portava a Firenze per questioni segrete , ben più importanti di un medico ribelle.

L 'aspetto di quel medico era assai diverso da tutti quelli che avevo visto nella repubblica Fiorentina - solitamente con vesti nere ,caschetto, becco e definito dispregiativamente come "medico della peste" - perchè aveva vesti bianche , una cinta rossa e degli strani arnesi in metallo sotto i polsi.

La rissa andò avanti per qualche minuto, seppur rimanendo un condimento di insulti e minacce verbali quando , improvvisamente un urlo eccheggiò nei pressi della piazzola e i giannizzeri si pietrificarono. Si avvicinò un grosso omone dall'imponente armatura ed un vistoso mantello rosso, il cui risvolto recava uno strano simbolo con una croce templare. L' uomo bisbigliò qualcosa ai suoi soldati ed essi , teatralmente, sguainarono spade e lance contro quel medico indifeso.

Un secondo prima che i giannizzeri attaccassero l'uomo vidi un uccello volare sopra le loro teste, che si posò sull'estremità superiore di una banchina vicino al carretto del medico, in modo talmente plateale da distrarre i giannizzeri. L'uomo col mantello rosso corse via come spaventato a morte. Accadero strane cose in quel momento. Il medico scomparve come per stregoneria poichè scattò all'inseguimento  dell'uomo dal mantello rosso con un' agilità e una velocità impressionante poi guardai i giannizzeri.

Erano tutti stesi a terra, ciascuno con uno stiletto conficcato nel collo ; dovevano essere stati lanciati dopo il verso dell'acquila da una posizione lontana poichè sembravano armi da lancio.

Con la morte improvvisa dei soldati scoppiò il caos tra la gente, ma  decisi di muovermi verso il carretto per raziare più medicine possibile e fuggire via , ma tre guardie cittadine mi videro vicino ai corpi senza vita dei giannizzeri. Ero spacciato e trovarmi là non fece destinarmi nemmeno una domanda dalle guardie , che mi attaccarono subito. Terrorizzato e alla mercede di quegli uomini scappai ma, un secondo dopo qualcuno atterrò letteralmente su una delle guardie.

Zampillò del sangue da una guardia ,e io vidi questa bianca figura incappucciata che travolse le guardie con le loro stesse armi in pochi secondi. Mi alzai timoroso mentre il cappuccio incrociò lo sguardo con i miei occhi : aveva una cicatrice sul labbro inferiore e portava vesti bianche, una cappa e una cinta di colore rosso.

Mi fissava immobile poi guardò verso la banchina e capì che stette arrivando qualcuno dalla sua aria compiaciuta. Un'altra bianca figura incappucciata si mostrò dietro il colonnato : era il medico !

I due si guardarono  senza dirsi una parola ; sembravano due spettri , con il cappuccio che recava mistero nei loro volti semi coperti.

Quello che mi salvò dalle guardie accennò col capo e l'altro gli mostrò una piuma intinta di rosso, come fosse stata pennellata poi la ripose e fece un inchino col capo mentre l'altro lo imitava.

Subito dopo il medico sparì nel nulla, scalando sovrumanamente il muro del colonnato. L'altro mi guardò , mi sorrise e se andò mischiandosi tra i passanti della strada adiacente al vicolo.

 

Mi alzai e lo cercai con lo sguardo , ma vidi solo un bianco cappuccio in lontananza. Feci un passo lentamente e subito dopo un altro ; notai in terra diverse ampolle con la medicina, dove prima ergeva la figura incappucciata. Guardai di nuovo verso la folla ma non vidi nulla. Egli era scomparso e io, scioccamente ,pensai che fosse proprio un fantasma."

*

Cronache di ricordi di enigmatici passanti - /!\ 2° Ricordo

/!\ 2° Ricordo 

 

"Cominciai a comporre la lettera tremando, con le mani completamente pietrificate dal freddo. I tempi erano duri in trincea : le nostre armi erano di efficacia pari a quella del nemico, non consentendo nessun sorpasso per entrambe le fazioni.

Non era tutto negativo ; questo ci propose del tempo per escogitare qualche strategia, se non fosse che in guerra durante lo stallo, molti soldati perdono la vita cercando una soluzione.

Era da un po' che al forte non arrivavano provviste e perfino il generale, nonostate ci scaldasse il cuore con grandi moniti , cominciò a non brillare non più . Il morale delle truppe scese progressivamente ; era come se tutti aspettassero una scusa per rinunciare.

Il generale decise allora di radunare i suoi uomini migliori e più resistenti per mandarli a cercare notizie del carro di rifornimenti che il signor Church ci promise tramite misteriosi accordi : non seppi mai la materia di scambio, ma bastava osservare il generale con la sua testa china ogniqualvolta gli veniva ricordato di rispettare la parte di accordo, per sapere che aveva rinunciato a qualcosa d'importante.

I tre soldati scelti per la ricognizione dissero al generale che il compito, per quanto importante , era anche molto rischioso e così il generale scelse un quarto soldato per coprire loro le spalle. Nessuno si offrì volontario e prima che questo schiaffo morale fece crollare il generale non esitai ad avvicinarmi ai soldati scelti.

Partimmo subito dopo in direzione di Bunker Hill , dove il ricordo dell'amara sconfitta del '75 non ci accompagnò benevolmente.

Richard era un soldato attento e capace, non era mai stato considerato un uomo di guerra non tanto perchè non ne avesse le abilità - di cui invece era un'esemplare -  ma perchè era un uomo dal profondo spirito, contemplava la natura e l'armonia di essa. Combatteva quella guerra per seguire l'altro suo principio, quello che ci stava rendendo confusi con tutte le sue sfumature e possibilità, la libertà.

Fu proprio Richard a guidare il nostro piccolo battaglione nel freddo gelido sulla strada per Bunker Hill. La neve cadeva così tanto da rendeva difficile il campo visivo sul percorso, così decidemmo di agire in fila indiana ai bordi del sentiero.

Poco dopo Richard sentì dei rumori e successivamente degli spari , che furono uditi anche da noi , che subito ci buttammo a terra per paura di essere stati individuati dal nemico o per impedirglielo.

In tutto quel bianco si sarebbero viste facilmente delle giubbe rosse, e così decidemmo di avanzare stando bassi. Richard diede segnale agli altri due soldati di andare dall'altro lato della strada per dividerci, io rimasi con lui per osservare cosa stava accadendo allo spiazzo più avanti.

Un gruppo di giubbe rosse era appostato lì vicino, con dei prigionieri nativi americani legati e imbavagliati.

Gli spari furono evidentemente provocati da uno dei nativi ribelli , e una giubba rossa, dopo essersi distaccata dai suoi compagni per inseguirlo ,gli sparò a vista.

Richard mi indicò di guardare sul lato sinistro del bivio per vedere che la giubba rossa che aveva ucciso il nativo, stava tornando al suo piccolo convoglio. I soldati erano circa mezza dozzina, ben armati e organizzati mentre i prigioneri erano tre : una donna, e due uomini (un ragazzo e un adulto).

I nostri alleati, dall'altra parte della strada, ci fecero un cenno enigmatico ; ciò significava che quelle giubbe rosse non dovevano trovarsi lì in alcun modo poichè quella era la strada che avrebbe dovuto compiere la carovana di rifornimenti che aspettavamo al campo da settimane.

Capì che c'era qualcosa di strano : un gruppo di soldati non poteva inoltrarsi tanto verso la frontiera o la linea nemica, così pensai che ci fosse una guarnigione nascosta nei dintorni e che con molta probabilità ci avrebbe teso un agguato.

Richard ordinò ai soldati di nascondersi  e dopo mi fece spostare in una siepe innevata per nascondermi.

Non potevamo affrontarli, erano superiori di numero e ben più armati di noi così dovemmo aspettare il loro passaggio per poi aggirarli e correre al campo per informare il generale.

Mentre le giubbe rosse si incamminarono verso il nostro passaggio con i prigionieri, Richard rimase pericolosamente vicino al ciglio della strada. Seppur steso e nascosto, non capivo perchè volesse assumersi questo rischio. Poco prima del passaggio dei soldati inglesi, indicò agli altri due ,sull'altro lato della strada, di tenersi pronti.

Passando sulla neve il ragazzo nativo guardò dritto verso di noi ; era come se sapesse che qualcosa in quella siepe, di non ordinario , stesse nascosta in attesa. Aveva uno sguardo colmo di rabbia e dolore , non dimenticherò mai quegli occhi. Sembrava non sentisse freddo nonostante avesse solo una maglia in pelle. Sembro fissare costantemente Richard , che d'un tratto sembrò stregato dagl'occhi di quel ragazzo.Prese la sua pistola e si assicurò di averla carica. Lo strattonai, incapace di rendermi conto, incapace del senso in più che Richard e il ragazzo potessero provare ma non ebbi il tempo : il ragazzo allungò le proprie catene sul collo della guardia che aveva davanti , e un colpo partì dalla pistola di Richard verso la guardia dietro i nativi , uccidendola.

I due soldati dall'altro lato della strada si lanciarono in battaglia, e vidi Richard già dinnanzi alla strada nel tentativo di aiutare i nativi e uccidere le altre giubbe rosse. Uno dei nostri alleati morì a causa di un colpo sparato mentre io tentai di disarmare una guardia che stava ricaricando l'arma.

Il nativo , quello più grande mi aiutò a fermare la guardia ma questa all'improvviso estrasse la baionetta dal fucile per conficcarla nel fianco del nativo, che cadde a terra.

Mi lanciai con rabbia su quell'uomo e lo atterrai ; il ragazzo nativo e l'altro nostro alleato si riunirono vicino a me dopo aver ucciso gli altri soldati inglesi mentre Richard controllò se ci fosse qualche guardia nelle vicinanze. L'indiano morì davanti ai miei occhi mentre il ragazzo piangeva ,disperandosi . Richard gli pose una mano sulla spalla ma lui si alzò e mi guardò colmo d'ira.

Richard strinse la mano poggiata sulla spalla del ragazzo. C'era qualcosa tra quei due , anche se non facevano parte ne dello stesso popolo ne della stessa causa,ed erano di razze diverse e non si conoscevano ,eppure guardando in quegli occhi c'era qualcosa di più verosimile che mai tra loro.

Per anni ripensai a quegli sguardi, uno colmo d'ira , l'altro di comprensiva compassione.

*

Cronache di ricordi di enigmatici passanti - /!\ 3° Ricordo

/!\ 3° Ricordo

 

"Nel 1191 Acri ospitava i cavalieri ospitalieri. Questi crudeli soldati facevano appello solo al loro capo locale : Garniero di Naplusa ; egli era un dottore che gestiva l'ospedale della città con metodi assai discutibili. Si vociferava usasse i cavalieri per prelevare i suoi "pazienti" di notte.

Nonostante il clamore della guerra feroce che si scatenò  tra sareceni e crociati, i metodi del medico non passarono inosservati dal popolo di Acri, che era sempre meno poco propenso al silenzioso consenso.

Garniero era un malvagio che agiva pensando di compiere una giusta causa. Mi chiesi sempre chi fu colui il suo superiore : dopotutto anche l'ospitaliero doveva avere degli ordini.

Quando fuggii dall'ospedale ringraziai il signore per essermi riuscito a salvare ma decisi che Garniero doveva pagarla, anche per salvare il destino del popolo di Acri.

Decisi di corrompere un annunciatore perchè invitasse la gente a porsi domande. Questo non piacque alle guardie di Garniero, che riferirono subito al dottore cosa stesse accadendo , e così l'uomo che pagai sparì nel nulla, rafforzando quindi l'inquietudine che si diffuse in quei giorni tra la gente.

Garniero non era uno sciocco e sapeva che l'unico modo per continuare i suoi esperimenti , e non far scoppiare una rivolta -  che gli sarebbe costata cara anche a causa dei suoi ignoti superiori - decise falsamente di avvisare il popolo di Acri che non ci sarebbero stati altri rapimenti.

Sconsolato per quel fallimento, decisi di andarmene da Acri ma una sera fui avvicinato da un uomo che mi disse di avere i miei stessi intenti riguardo a Ganriero.

Costui mi parlò vicino alla piazza del grande campanile dicendomi che il giorno seguente sarei dovuto andare al suo quartier generale.

Il covo ospitava gli assassini, la confraternita che risiedeva a Masyaf comandata da Al-Mualim , il misterioso vecchio della montagna.

Riconobbi subito i loro costumi , costituiti da vesti bianche, cinta rossa e quello spaventoso cappuccio. Essi compivano , da secoli , massacri di uomini ritenuti "nemici della pace , della giustizia e della libertà".

Nel corso dei secoli però, ogni capo della setta aveva sempre avuto interessi particolarmente distaccati da quelli comuni degli assassini coprendosi di mistero nelle loro attività.

La loro fortezza a Masyaf era imponente e vistosa, e il loro credo diffuso e seguito, tuttavia in molti credevano che era meglio non fidarsi degli assassini.

Per evitare al popolo di Acri il altra sofferenza da parte di Garniero,  mi unì a questi assassini come collaboratore locale, in attesa dell'uomo che sarebbe venuto poi ad uccidere il dottore ospitaliero. Mi diedero ordine di trovarmi, tre giorni seguenti il nostro incontro, nei pressi della piazza dell'ospedale per farmi notare dalle guardie e creare quindi un diversivo all'assassino per poter entrare.

Ero agitato e scettico, poichè l'uomo scelto per quel compito era in fase di redenzione nella confraternita , e giravano voci sulle sue dubbie qualità.

Mi recai in piazza e camminai vistosamente vicino alle guardie quando una di esse mi vide e mi catturò. Non opposi una resistenza, ma riuscì a convinvere le guardie che non era una messa in scena.

Mi portarono da Garniero ma non vidi nessuna traccia degli assassini. Garniero mi disse che mi avrebbe operato il giorno seguente e che mi avrebbe punito per la mia fuga e venni sbattuto in cella subito dopo.

Durante la notte aspettai un segnale o un avvicinamento dell'ordine degli assassini, ma nessuno si interessò ne venne a cercarmi. Credetti che avessero già agito su Garniero ma mi sbagliai e così, in preda al panico ,cercai di fuggire riuscendo a forzare la mia gabbia, che era stata usata prima per un uomo senza gambe.

Quando scappai vidi lo stato pietoso dell'ospedale  : un salone enorme , contornato da guardie armate e lettini clinici ; c'era del sangue per terra e molti pazienti , letteralmente usciti di senno , crogiolavano nella loro pazzia. Corsi subito via ma le guardie mi afferrarono con forza trascinandomi vicino alla piazzola d'ingresso davanti a tutte le altre guardie e pazienti.

Garniero mi rimproverò per il mio tentativo di fuga mentre urlai di rabbia rispondendogli a tono, e cercando negli occhi dei pazzi e dei dementi una scintilla di ribellione. Poi riuscì a scorgere nella folla un uomo dal bianco cappuccio vicino a degli eruditi dell'ospedale. Non era uno di loro, portava cinta rossa e lame.

L'assassino si presentò dunque in modo vistoso, ma rimase mimetizzato nella folla. Aspettai che mi salvasse e che attaccò Garniero ma non accadde.

Garniero disse che dovevo essere punito per il mio oltraggio e ordinò le guardie di spezzarmi le gambe; il dolore fu tremendo, sperai di svenire ma rimasi cosciente. Mi sbatterono in cella dove cominciò a consumarsi il mio odio. 

Qualche minuto dopo si scatenò il caos e dalla mia cella potevo vedere tutto :era l'assassino! Aveva aspettato nell'ombra come una serpe mentre le guardie mi spezzavano le gambe , e ora avrebbe intriso la sua penna d'acquila con il sangue di Garniero. La lama arrivò dall'ombra , passando inosservata dal demonio brutale che la brandiva celata nel suo polso. Un'arma diabolica come lo era il suo cuore. 

 

G : "Perchè...? " Ansimò Garniero.

A : "Avete torturato e ucciso queste persone contro la loro volontà, nascondendo queste atrocità al vostro popolo. Andavate punito." Tuonò la figura incappuciata.

G : "Quale volontà? Questi uomini non avevano nulla, sono stati presi dalle fogne, dalle strade...ho dato loro una casa e li ho accolti! Non sai quello che..." continuò l'ospitaliero.

A : "Accolti ?! Avete torturato questi uomini , li avete resi invalidi e dementi rendendo un inferno la loro vita e annebbiando il loro spirito!"

G : "Ti sbagli ragazzo...gli esperimenti li facevo sui cadaveri e gli altri che vedi insani lo erano già prima di venire in questa sala. Io , io li salvati..."

A : "Cosa state dicendo?" L'assassino sembrava confuso.

G :" Basi tutto sui tuoi ordini...ti chiedi mai perchè la tua lama colpisca? Io volevo il bene di questa gente e l'ho presa con me...sono un ospitaliero, sono ..."

A : "Seppur così stiano le cose, li avete tenuti contro la loro volontà. Avete tradito il popolo di Acri e tutto questo per sordidi profitti."

G : "Inutile dirti altro, assassino..sei offuscato e il dubbio lo vedo nei tuoi occhi..." Dette queste parole, Garniero morì.

Vidi l'assassino alzarsi e scomparire nel nulla. Egli sembrava poco convinto della sua azione e non poteva essere definito un uomo in cerca di redenzione, ma un incosciente : dubitare della propria lama solo dopo aver ucciso un uomo lasciando che mi rendessero storpio.

Quel giorno aprì gli occhi su quella setta spietata e votata solo ai propri interessi. Nei giorni successivi mi fecero visita gli uomini del covo con cui mi ero accordato. Quegli ingrati mi offrirono ingenti somme di denaro per la mia pesante afflizione,  e dopo aver accettato li mandai al diavolo maledicendo gli assassini per l'eternità.

Pagai degli amanuensi perchè scrivessero di loro, della ferocia della loro folle confraternita,  e delle loro crudeli contraddizioni. Pur non conoscendo il suo nome , non dimenticai mai il volto dell'uomo che mi tradì, l'uomo che cercava redenzione nella confraternita.

*

Prese

 

 

L' impulso nervoso arriva al pilota e si dimostra con un movimento non spontaneo e flebile,

non può che esser così : egli non si muove, non parla, è intubato e disteso. E' debole.

Questo spasmo che giunge annuncia : è ancora vivo, può ancora correre.

Sorride.

 

Per tutta la vita il predatore inseguì la sua preda , cacciava per sopravvivenza e correva forte.

Azzanna e non spera , perchè quest'ultima -la speranza- non rendeva vita ma solo morte.

La caccia tra sassi e alberi finisce : il carnivoro può sopravvivere.

Sopravvive.

 

Bloccato sulla spiaggia con i pensieri-proiettili che fischiano sopra di lui ; non può arrendersi il soldato.

Vuole vivere, vuole uscirne, sente l'emozione di giocare a scacchi con la morte. E' arrivato.

Questo paradiso esterno di emozioni lo rende vivo : o uccide o rimane ucciso.

Ansima.

 

Il pilota : "Presto ritornerò in forze e potrò continuare con il campionato. La mia vettura è andata in fiamme, e pensavo di non cavarmela quando ho sbattuto contro un muro a 240 km/h...ma è successo qualcosa di strano. Nel momento più buio, tra le fiamme , ho sentito qualcosa : tra il dolore e la paura ho sentito la vita. E' strano, lo so..ma credo di essermi sentito veramente vivo in quel momento. Volevo sempre vincere ma...non la gara, volevo vincere le fiamme. Uscirne ferito ma vincente. La mia follia mi creò un ring infuocato e rovente, in cui potevo contare solo sull'essere più folgorante e forte per vincere. In cui potevo contare solo sull'essere così vivo."

 

Il predatore : "Quella bestia mi stava braccando in realtà...non sono predatore più di quanto non lo sia lui. Ero nascosto nel cespuglio più grande attendendo il momento giusto. La bestia si stava cibando, o almeno ci provava, con quello che rimaneva di un altro animale attaccato poco prima da un branco di sciacalli. Sarei morto di fame su quell'isola senza cibo, e così dovetti attaccare la bestia. Appena mi vide non credette, sembrava sapesse che era una follia. Quando si scagliò verso di me, me ne resi conto anche io che lo era. Nel momento in cui ci "graffiavamo" a vicenda sentivo la vita scorrere in me. Volevo continuare a vivere, e farlo significava agitare la mia pietra appuntita nel fianco della bestia, continuamente."

 

Il soldato : "Sapevo di essere spacciato. L'intera spiaggia era marchiata da una linea umana di soldati, tutti a circa 10 metri l'uno dall'altro. Passare oltre quella linea, verso il rendez-vous, sarebbe stato per me impossibile. Rimasi calmo e osservai la situazione con il binocolo: finchè non mi sporgevo, loro non avrebbero sparato all'impazzata. La visibilità era scarsa e optai per "strisciare". L'erba era alta, la palude lì attorno mi avrebbe mimetizzato. Erano molto vicini, camminavano avanti indietro per essere sicuri di localizzarmi. Sentivo i loro passi, pesanti come meteore, a tempo con il respiro . Io ero immobile ed ero fango, il mio cuore impazzava. Potevo strisciare pianissimo, stare a contatto con terra,foglie e fango. Probabilmente mi avrebbero visto, probabilmente sarei morto, ma non accadde. Finchè strisciavo , vivevo. Sentì esplodere la gioia dentro di me, tra la tranquillità e il caos che imperavano.

 

Nessuno di loro poteva non provare quelle sensazioni ancora. Nessuno di loro poteva non sentirsi ancora vivo. Quelle emozioni rappresentavano il sentirsi vivo , davano un senso al corpo e alla materia. Le loro personali maniglie alla vita. Sapevano bene di non poter fare a meno di quelle "prese." 

 

*

J.S. Bach - Ciaccona per violino - Sensazioni d’ascolto

Bach trascriveva con mano sinistra , e un musicista di quel livello creò un universo intero. Ad un certo punto disse : "fate voi".

 

Il tema della ciaccona ricompare sotto ogni variazione, mantenendo la struttura principale con un discorso che procede con una straordinaria pausa.

Qui la musica nasce dalla contemplazione dell'oggetto;  c'è una vera e propria progressione mentre il tema viene ripetuto diverse volte. La musica dapprima è tranquilla, il tempo è lento poi varia : note suggeriscono diverse tonalità (ma i temi si ripetono sempre) .C'è qualcosa che agita l'andamento poiché note altissime e bassissime che si contraddicono attraverso ripetizioni , impazzite e allegre, tonali. Un bombardamento di incomprensibili rintocchi.

 

Segue un blocco , la musica cambia espressione. Si sentono degli avvertimenti che avvengono a favor d'armonia pacifica, seguito da un leggero e dolce intercalare di note medie che giocano con loro stesse. La pace che giunge dopo porta calma e quiete rappresentata da allegri lenti, poi veloci, che si ripetono , e no.

 

L'anima è trapassata con questa musica incantevole , delle emozioni forti che si stenta a credere possano provenire da quegli strumenti. Poi ancora un cambiamento improvviso : una progressione grave di la minor che incide su tutto l'andamento della melodia ;

ancora intercalare piano e veloce, piano e veloce , piano e veloce.

 

Sembra che Bach stia riflettendo quando all'improvviso si ferma; finale con nota grave.

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Dunmer , elfi non più oscuri - diario di Veranyn Gabriavi

"L' altro giorno, al conato volante, discutevo con una guardia redoran cadetto e Nimius, durante la pausa della miniera. Ci ha colto di sorpresa il dirigente della locanda quando ci ha offerto una bottiglia di idromele a testa ; Nimius pensava fosse uno scherzo, il cadetto già sperava che un suo familiare gli avesse inviato una raccomandazione da Mournhold.

Può sembrare denigratorio, ma ho subito notato che il locandiere fosse un dunmer. Mai, nessun elfo scuro che abbia conosciuto si sia mostrato così cordiale ed affabile per natura. Quest' onda di entusiasmo che il locandiere ha mostrato non si è fermata qui per giunta ! E' un po' di tempo che noto questo , da quando sono qui a Solstheim per lavoro.

Dunmer meno scorbutici e più sorridenti , un mistero inspiegabile nel momento che sta vivendo la vicina Skyrim... Tumulti politici e draghi che devastano la regione più antica, e la vicinanza geografica riesce ad influire al quanto anche su Solstheim, più che altro per gli scarsi scambi commerciali che stanno avendo luogo. 

I dunmer  che incontro per strada, tuttavia, mi sorridono cordialmente e si comportano come fossero sotto un' ispirazione di Azura. Sembra una barzelletta.

Credo sia più possibile che io possa avere proprio ora, mentre scrivo, un 'apparizione di Azura che vedere un dunmer affabile e cortese.

 

Noi elfi scuri abbiamo una storia travagliata, un retaggio pieno di devastazioni interne,esterne , psicologiche, fisiche e spirituali ! Nemmeno la nostra terra , Morrowind , può considerarsi estranea al nostro fato : sempre in continua violenta mutazione, sempre così tumultuosa .

A tal proposito , tutti pensano sempre all'eruzione della montagna rossa, che seppur abbia devastato e reso inagibile tutta Vvardenfell , nessuno si ricorda dei tempi remoti. Mio nonno , Sleivns Gabriavi , mi raccontava come oltre due secoli fa Morrowind era in agitazione per le grandi battaglie tra le sei , storiche casate. Non è come oggi , con i dominanti Redoran , prima erano lotte senza quartiere tra Hlaalu , Redoran , Telvanni , Indoril...

Mio nonno, come molti , ha sempre creduto nel coinvolgimento della morag tong in questi scontri politici, forse assoldata da una delle casate per avere un sostegno ma sono dicerie.

 

Ben più grave di questo, mio nonno mi ricordava sempre la blight, la peste letale che affliggeva tutta Vvardenfell ai tempi degli ashlanders , e dell' ennesimo conflitto tra il popolo e il tribunale riguardo alla questione spinosa del Nerevarino.

Così come mio nonno, non mi sono mai occupato di studi , nè tantomeno di parlare di queste leggende riguardanti il ritorno di Indoril Nerevar , la rinascita della sesta casata, il confronto con il tribunale ,il ritorno di Dagoth Ur , il cuore di Lorkhan e altre fesserie del genere.

Ho sempre dedotto da ciò che potevo guardare con i miei occhi.

 

Permane comunque in me questo senso di spaesamento : perchè i dunmer sono così felici?

Dopo l'eruzione della montagna rossa, dopo l'invasione argoniana, dopo le infinite lotte tra le sei casate, dopo la blight, dopo la corruzione del tribunale riguardo alla presunta responsabilità della morte di Nerevar , dopo la maledizione di Azura, e ancora ,dopo che noi dunmer siamo stati costretti a migrare in ogni agolo di Tamriel... perchè ora intravedo questo spirito così felice?

 

Noi elfi scuri rischiamo di perdere l'appellativo che Tamriel ci ha dato! Forse in noi è rimasto qualcosa dei nostri gloriosi antenati, i Chimer. Forse ci riscopriamo in noi stessi dopo migliaia di anni... e forse dovrei smettere di bere tanto idromele alla locanda prima di avere delle apparizioni del profeta Veloth. Forse."

 

- 4E 201 , dal diario di Verany Gabriavi, minatore di roccia del corvo (Solstheim) 

*

Pagina estratta dal diario della Dovakhiin Jace

"... vedi un monte innevato , altissimo ; la chiamano Gola del Mondo. Una montagna così antica e leggendaria , dove dei ed entità di astratta forma si sono affrontati, lasciando un segno profondo nell' impero e in tutta Tamriel, così come in tutto Nirn.

Il sangue di drago , si vocifera che possa essere in giro! Da un'antica pergamena profetica alle dicerie degli elfi scuri del quartiere grigio di Windhelm! La politica rimane un affare strettamente confidenziale : l'imperatore non vuole che si diffonda in giro  che i Thalmor stiano invadendo Skyrim.

Gli aldmeri (nome originario dei Thalmor) sono giunti qui per cancellare il culto di Talos , in realtà però, anch'essi sono seriamente preoccupati per i draghi e il loro ritorno a Skyrim. L' impero appoggia gli Aldmeri celatamente ; dopo la grande guerra e il concordato oro bianco , nessuno può mostrarsi paziente di fronte ad un Thalmor.

Skyrim, inoltre , sta vivendo un momento di enorme confusione : oltre a draghi e aldmeri, c'è la guerra civile tra i manto della tempesta e l'impero. I manto della tempesta sono nord fieri capeggiati da Ulfric, lo jarl di Windhelm voglioso di rendere Skyrim indipendente dall'impero.

 

E' un momento pericoloso, di enorme confusione. La gente è impaurita, terrorizzata. Nesssun viandante ora passa per Skyrim, gli yarl fanno fatica a mantenere l'ordine nelle loro regioni. Solo un'antica profezia riconsegna un po' di fiducia alla gente : il sangue di drago, il dovahkiin.

Egli è colui che potrà placare la furia dei draghi, e togliere l'instabilità politica da Skyrim. L'essere l'unica speranza per la gente ha creato un culto del sangue di drago : un ordine basato più sulla speranza che su una condotta morale o religiosa.

Tale culto è rafforzato dalle dicerie dei bardi viaggiatori i quali, dall' eastmarch fino a Solitude , diffondono in giro per tutta Skyrim ; a furia di raccontare e cantare nelle locande della regione di avvistamenti di draghi, le persone hanno cominciato a riunirsi sempre più sotto un unico focolare , spinti dalla paura e dalla speranza.

 

" ... dei nemici di skyrim il fato è segnato ,

attenti , attenti arriva il sangue di drago !"

 

I bardi continuano a canzonare questa leggenda antica tramite versi come quello precedente. La mia conclusione è quella più ragionata : a Skyrim c'è grande instabilità, siamo di fronte ad un momento che porterà enormi cambiamenti nella storia della più vecchia regione di Tamriel.  Il sangue di drago ? Una leggenda antica... ma a Tamriel esse sono più fedeli dei nove divini, e dopo aver visto cosa sa fare Ulfric, sono pronta a scommettere che il dovahkiin verrà.

Proprio da quel monte innevato che ho citato all'inizio : dalla gola del mondo egli scenderà e deciderà il destino di se stesso. Il destino di Skyrim. "

 

Scritto da - Jace , Elfa alta (senza sapere che essa stessa fosse il sangue di drago)

Nel posto - Helgen, Skyrim

Nell'anno - Anno ignoto della quarta era 

*

L ’ assalto a forte Lilgrym

Sentimmo qualcosa di sconfortante nell’aria quel mattino ; l’ alba stentava a presentarsi e  i giorni di primo seme erano così freddi che persino i più esperti veterani si mostrarono vicino alle fanterie tremolanti e indifesi a quel gelo. Si notava negli occhi dei soldati , con il triste stridio delle corazze tutto attorno all’accampamento , il risuonare dell’enorme paura dell’assalto al castello. Forte Lilgrym era situato nell’ area più a nord di tutta la regione, oltre le dune di neve. Tutto il complesso si presentava in cima ad un rialzo nel bel mezzo del fianco della montagna, dove neve incessante e venti tumultuosi costituivano un clima così ostile da essere più pericoloso di una tigre. Noi ci trovavamo in quel luogo per una missione : dovevamo assaltare il covo di quei maledetti vampiri assetati di sangue. Sapevano che saremo giunti numerosi dalle varie parti di tutta Skyrim , desiderosi di ucciderli e di comunicare gloriosamente a tutti gli Jarl la nostra vittoria. Dopo i fatti dei Dawnguard di anni fa , abbiamo deciso di agire in clandestinità e in segretezza poiché questo era l’unico modo per stanare quei maledetti. Essi si sono sempre nascosti tra le persone di tutta la regione per stabilire i contatti necessari a mietere le loro vittime  e  così, dopo anni di segretissime indagini , abbiamo dedotto che la sede da cui sembravano originare fosse proprio nel cuore di forte Lilgrym. Un mese prima dell’assalto ci accampammo ai piedi della montagna  in attesa di guerrieri collaboratori. Il capitano Varusse era il classico leader da campo di battaglia : molto rude , carismatico e poco tendente alle negoziazioni. Aveva condotto diverse campagne contro i vampiri ma la sua determinazione implicava una causa personale , avendo perso la moglie a causa del vampirismo. Quel mattino era l ‘inizio dell’ultima battaglia contro i vampiri. Varusse si assicurò grazie ai messaggeri  l’arrivo di altri combattenti. Fummo divisi in tre squadroni : incursori , assaltatori e agenti. Agli incursori era affidato il compito di assaltare direttamente il castello frontalmente,  attraverso la breccia che gli assaltatori avrebbero dovuto aprire dopo una prima sonata di carica. Gli agenti avrebbero aggirato il castello silenziosamente per infiltrarvisi e colpire dall’interno. Io venni smistato nel gruppo degli incursori , mentre il capitano Varusse , date le sue doti argoniane di furtività si unì al gruppo degli agenti. Alle cinque in punto di quella gelida mattina, risuonò la carica degli assaltatori. Lo spettacolo era incredibile, potetti sentire una folle emozione da ciò che vidi : una distesa di fiaccole e frecce infuocate illuminarono il ponte levatoio e l’area frontale del castello, e un andirivieni improvviso di piccole luci rossastre che contrastavano il gelido buio che il castello opponeva ad esse. Dei vampiri non vi fu traccia; evidentemente avevano paura della luce del giorno. I gargoyle statuari che rendevano ancora più minaccioso il castello presero vita improvvisamente, e su tutti i punti alti del castello attaccarono gli assaltatori in ogni dove. Il piano dei vampiri era semplice ma si rivelò efficace : i gargoyle avrebbero spinto nelle mura interne tutti gli assaltatori permettendo ai vampiri di poterli cacciare tranquillamente, protetti dalle mura del castello. Dopo una caccia così abbondante di sangue i vampiri avrebbero facilmente stanato e ucciso le altre squadre. La nostra superiorità numerica mi sembrò tutto a un tratto ridicola, così agii d’impulso per cambiare le sorti del confronto: suonai la carica e attaccai il castello frontalmente, mentre gli arcieri ci avrebbero dato una copertura. Le truppe arrivarono affaticate dopo il tratto di corsa  ma i cacciatori di vampiri non diedero segno di demordere e così, un’ inferocita battaglia si accalcò ai piedi di Lilgrym. Combattetti con tutta la forza , mentre sperai che gli agenti ci avessero aiutato dall’interno poiché ormai tutto dipendeva da loro. I gargoyle erano implacabili ma lontani dal castello divenivano avversari impotenti; i nostri arcieri potevano ferirli mentre la fanteria li avrebbe finiti con armi infuocate. Nell’infuriare della lotta riuscì infine a raggiungere il levatoio. Poco dopo la fanteria sfondò  le mura interne del castello ma i gargoyle crearono uno sbarramento sul pontile facendo entrare solo pochi tra noi. Giunto nel castello, corsi per le sale in cerca del capitano Varusse , ma non vi trovai né gli agenti, né i vampiri. Mentre fuori proseguiva la battaglia, arrivai al salone centrale e vidi finalmente il capitano. Non conoscevo l’ impeto e l’indole dei vampiri ma in quel salone tutto giunse ai miei occhi come una storia narrata dalle antiche pergamene. Gli agenti erano stesi a terra dissanguati e il Varusse , ferito, stava inginocchiato debolmente a quello che sembrava un altare oscuro. Dinnanzi a lui si distinse , nell’ombra avvolgente del salone , un ‘ oscura figura che mi fece impallidire il sangue. La sua oscurità era contrastata dalla sua lugubre sagoma; una bellezza che raggiunse subito  i miei occhi, catturandoli. La creatura mi stava incantando con un pericoloso incantesimo di malia ma intervenne il capitano Varusse, scoccando una freccia che la vampira scansò ritirandosi nell’ombra del castello. Corsi dal capitano ma non riuscii a dirgli nulla ; l’avrei potuto informare dello stato delle truppe e della battaglia gloriosa che si stava svolgendo fuori da quelle gelide mura ma nessuna parola fu pronunciata dalla mia bocca. Il capitano mi si avvicinò debolmente e mi disse : “lei è mia moglie”. Alzai gli occhi e la vidi dinnanzi a me, sospesa nell’aria. Era così bella che rendeva indegni chi la guardava, aveva gli occhi rossi come rubini roventi e la candida pelle bianca che risaltava in quel grave nero. Nel suo ergersi sembrava l’ anima di quel castello, così oscuro eppure così perfetto.
Varusse era sconvolto  nonostante la grave ferita al fianco; era  spaventosamente suggestivo vedere piangere il rude soldato che ci aveva guidati fino al castello tuttavia per l’argoniano fu uno shock vedere la moglie perduta tramutata in un vampiro.
Lo presi sottobraccio e cercai di allontanarmi verso le segrete dalle quali gli agenti si erano infiltrati. Mi guardai attorno ma non c’era presenza della vampira e così ci trascinammo fuori, verso una delle balconate scendendo con il rampino che aveva il capitano in dotazione.
Solo una piccola torre ci nascondeva dalla zona del levatoio dove si stava combattendo. Vidi il completamento di un massacro : i gargoyle creavano uno scudo di carne per i vampiri celati all’interno mentre l’immondo costrutto nero si muoveva a grande velocità. Con questo stratagemma i vampiri sarebbero stati coperti dalla debole luce del giorno , potendo così attaccare i soldati che uno ad uno caddero difronte all’ enorme cancello. Varusse mi fece un chiaro cenno : dovevamo scappare e lasciare i soldati ormai in preda al panico indotto dalle malie dei vampiri più forti. Ci allontanammo verso la foresta, ma al confine tra il forte e gli alberi più fitti mi voltai di nuovo.
Il castello di Lilgrym sembrava recare un oscuro sorriso lungo le sue arcate. L’imponente torre centrale osservava i soldati squartati e morsicati dai gargoyle ; le deboli luci dell’alba si arresero ai manti neri dipinti dall’oscurità del castello. Quel mattino le fondamenta del castello non sembrarono solide rocce  ma un’escrescenza stessa di quel terreno paludoso dal colore della morte. In cima all’ala est vidi di nuovo la moglie del capitano. Stava immobile ad osservare lo scempio sotto la cima della torre per evitare la luce. Sembrò ,con qualche magia, dipingere ciò che accadeva tutto intorno. Improvvisamente si voltò per guardarmi come se avesse sentito il mio desiderio ardente di ucciderla. I suoi fiochi occhi rossi mi fissarono nuovamente ma questa volta non mi lasciai incantare. Scappai col capitano nella foresta e non mi voltai più indietro.

*

Vite

Esplode la sala mentre entro. E' come se il dj si fosse coordinato telepaticamente con la folla, come se mi ritrovassi al centro di mille sguardi inquisitori ed un vero e proprio Josef K.... Tutti a me per un istante e poi di nuovo ad implodere ed esplodere ; una vera e propria cascata di persone che sul fiume quasi si fermano . Il loro movimento è minimamente percettibile prima di riprendere vita e scatenarsi come una cascata.
Perfino le luci mi guardano , mi segnano e mi accecano. Miliardi di persone in milioni di pensieri ed è tutto qui ciò che già mi basta ; renderizzare nella mia testa l'andirivieni di vite e decisioni che viaggiano alla velocità del suono della musica. 
Ed è in quel momento che realizzo l'apoteosi del mio sfogo riflessivo. Vedo le persone che si muovono e vivono e abitano questo pianeta e penso che loro possano in qualche modo stuzzicarmi, tenermi attento e sveglio, vivo ! 
Con uno sguardo puoi raccontare una vita, in una vita non puoi dare che uno sguardo. 


Sono alla fermata della metro di sinistra, quella più affollata. Delle mie ispirazioni infatti, è proprio la folla la più auspicabile perdita di attenzione che si fa dolcemente strada dalle mie pupille al mio cervelletto. 
Gente. Gente che passa, che sale le scale, che si ferma ai distributori, che prende la metro. Gente con il cellulare, che parla di rialzo a Piazza Affari, che ascolta musiche che ispirano loro sentimenti e visioni ; gente che va e che viene. Gente che non conosco. Le guardo negli occhi , studio il loro comportamento , mi pongo delle domande e cerco di rispondermi osservandone i dettagli con pazienza. Loro talvolta ricambiano gli sguardi cercando di capire a loro volta tutto di me; forse è questa l'interazione umana più significativa. Non saprò mai chi sono quelle persone ma in quel secondo è come se stessimo parlando, con vorace voglia di conoscere e senza umani , egoistici interessi.
Allora se non sono umani, non siamo umani per quel secondo in cui gli sguardi prendono a sedersi sfacciati e senza chiedere venia ad un caldo, piccolo e accogliente bar , situato all'angolo di una strada di una metropoli gigante in cui il tutto e il niente si mescolano nel succedere.