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Raccolta di testi in prosa di Vincenza Giubilei
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Lo gnomo irlandese

Caldo, quanto caldo è impregnato nell'aria. E stanchezza, per un anno di lavoro che dovrebbe terminare con un periodo di ferie. In teoria, per riposarmi, rilassarmi, divertirmi. Ma il significato di questa parentesi è soggettivo. Io vorrei solo che fosse vero, che il tempo sia un pensiero espanso di Dio, e che lui  me lo mostrasse in tutta la sua possibile dimensione e profondità. Eppure, lo sento così lontano questo grande signore, mi sento così sola nei miei respiri e nella sequenza dei battiti del mio cuore, da capire che dipende solo da me la percezione temporale e l'intensità della mia vita.

Sì, partirò, per recarmi nella verde isola di smeraldo, la meravigliosa Irlanda. Quando la visitai la prima volta, mi rimase nel cuore. I paesaggi erano capolavori della natura, nello spazio che la mano dell'uomo concedeva loro. Forse le fate e i folletti avevano impedito la costruzione di edifici lì dove la vegetazione aveva lasciato vivere alberi e fiori, e la visione del mare circondata solo dal cielo e dalla spiaggia. Cercai pentole d'oro nei cespugli verdi, ma non ne trovai. Solo esplosioni di fucsia, e di questa ne estrassi una dal terreno, con la radice, e me la portai a casa. In quel momento mi sembrò di sentire un grido soffocato e mi volsi nella direzione dalla quale proveniva. Forse le foglie mi suggestionarono, in un disegno dai contorni appuntiti fino a farmi immaginare di vedere il cappello di uno gnomo. Ma fu solo un attimo fuggente.   Piantai la fucsia nel mio giardino. Nei primi giorni si mostrò sofferente, ma la innaffiai costantemente, fino a convincerla che aveva una nuova nazionalità. Era incerta, nel mostrare qualche nuovo bocciolo, indecisa se farlo seccare e ritirarsi in sé stessa, o mostrarmi un nuovo fiore. Ma la mia dedizione espressa con costanti innaffiature appena vedevo essersi asciugata la terra nella quale dimorava, la convinse e apparve quel fiore, rosa striato di bianco, come le lacrime che bagnarono di felicità i miei occhi.

Domani tornerò nel verde circondato dal mare, respirerò l'ossigeno che mi farà dimenticare quest'aria calda che quasi mi toglie il respiro. Devo dormire, ne ho bisogno.

Mi gira la testa, che è poggiata sul cuscino, e il mio cuore segue un insolito ritmo. La luce è spenta, ma paradossalmente mi sembra di vedere veli luminosi ondeggiare davanti al mio volto. E giunge una voce:

"Vieni."

Ho paura. Sto morendo. Non credevo che la morte fosse luminosa. 

Sento anche il letto ondeggiare, e ora a chiamarmi è quasi un coro:

"Vieni, subito, non indugiare."

Quelli che mi apparivano come veli sono ora forme distinte, e riconosco i volti delle persone che mi sono state più care nel corso della mia vita, prima della loro dipartita.

Non riesco a opporre resistenza. Mi stringono le mani con forza, e sento uno strappo nel centro del mio petto. Un attimo, un solo attimo incredibilmente indolore, e volo nella leggerezza, insieme a queste anime che mi accolgono in un volo d'amore. E dall'alto vedo la catastrofe;  la terra trema, le case sono ridotte ad ammassi di macerie, dove il mio corpo soccombe, sepolto dalla polvere. Non c'è altro ormai, lì.

Non provo emozioni in questo momento. Solo un pensiero emerge dal nulla che si delinea davanti a me. É un attimo, a far finire un progetto, un sogno. E il tempo, quello dove spesso ci culliamo indifferenti, è la vera ricchezza, che lasciamo scorrere senza la consapevolezza del suo valore, accumulando  beni inutili.

Mi sento tirar via da questo spettacolo di desolazione da un'onda di amore, che ha voluto risparmiarmi la sofferenza del mio corpo per condurmi in una dimensione migliore di quella in cui ero fino a poco fa. Ma mi volto indietro, a cercare una luce. La mia fucsia sarà già appassita? Mi avvicino al punto in cui l'avevo piantata, con la pura energia di cui ora mi compongo. E vedo un sorriso. É lo gnomo irlandese, ora perfettamente visibile. Piccolo, con il suo lungo cappello verde come le foglie nelle quali si mimetizzava. Si inchina a me, poi con le sue manine estirpa la pianta e l'abbraccia, per spiccare un volo leggiadro. Lo inseguo. Vedo da lontano l'isola verde, e sono felice che lì continuerà la vita del fiore che avevo amato.

E mi lascio trascinare via dall'abbraccio dell'amore che avevo coltivato nella mia vita terrena.