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Raccolta di pensieri di Maurizio Soldini
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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L’abbandono di un romanzo

L'ABBANDONO DI UN ROMANZO
Mi è successo davvero di rado di abbandonare la lettura di un romanzo. L'ultima volta fu un paio di anni fa quando smisi di leggere un libro di Gramellini.
Oggi la stessa cosa è avvenuta per il romanzo di Marco Peano dal titolo L'invenzione della madre edito da Minimun Fax nel 2015 che è stato dichiarato libro dell'anno di Fahrenheit.

Dopo circa quaranta pagine ho deciso di chiudere e riporre il volume in libreria.
Ritengo che sia scritto con un linguaggio noioso e banalizzante.
Ma la cosa peggiore è che il male viene affrontato con naturalistico distacco e senza alcuna vena affettiva.
Prima di riporre il libro vado alle ultime pagine e trovo scritto che l'editing è stato fatto da Nicola Lagioia. Questo per alcuni potrebbe essere una stregata e stregante referenza, per me è una pura e semplice diminutio...
Peano, inoltre, lavora come editor presso Einaudi.
Cordate... Amicizie... Corsie preferenziali... Porte aperte sui media...
Per fortuna la buona letteratura c'è e i romanzi belli e scritti bene (come ho scritto in recenti post) esistono ancora, anche se non sono stregati e non vincono premi...
Romanzi che rifiutano il linguaggio minimalista della naturalizzazione e che non fanno operazione riduzionistica imbrigliando lo stesso linguaggio nell'orizzonte dell'aridità scientifica e sociologica, ma che si aprono alla lingua della poesia.

[da un post sul mio profilo FB]

Roma, 13 gennaio 2016

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Dialogo assiomatico

DIALOGO ASSIOMATICO *

 

- Ma, insomma, che vuoi fare da grande?
- Il poeta, l'intellettuale...
- Sì, d'accordo, ma come campi?
- D'amore...

c.v.d.

 

* tra madre e figlio

 

(M. S.)

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Non si fa il poeta; poeta si è

Sulla scorta dell’estetica di Pareyson dove persona e autore si conglobano, performandosi, il poeta fondamentalmente è, e agisce nella vita come nella scrittura.

In tal modo si lega il poeta a una concezione ontologica, nonché assiologica.

Vero è che il poeta fa anche poesia, dal momento che nello scrivere lascia segni e opere. Tutto sta, e non è semplice, a vedere quanto la scrittura sia materia o forma.

Secondo il mio modesto parere la scrittura è materia e forma.

Abbiamo così il poeta che ha a che fare con una dimensione ontologica e la poesia a metà strada tra onticità e ontologia.

Bisogna, a tal proposito, riprendere la teoria dell’azione nell’Etica a Nicomaco di Aristotele, dove si fa la distinzione tra ποίησις e πρᾶξις.

L'azione dell'uomo infatti veniva distinta da Aristotele in due forme:

  • la poíesis (greco ποίησις), che è l'agire diretto alla produzione di un oggetto che rimane autonomo e estraneo rispetto a chi l'ha prodotto;

  • la práxis (greco πρᾶξις), che riguarda un agire che racchiude il proprio fine in se stesso. Agire, pertanto, come pratica, termine equivalente, in questo caso, di morale, che oggi è divenuto un po’ desueto nella nostra cultura dove sarebbe meglio definire pragmatico quello che oggi per lo più viene definito pratico, sulla scorta del pensiero utilitarista nato e cresciuto nell’ambito della filosofia pragmatista e analitica. Fortunatamente, nel Novecento c’è stata una riabilitazione dell’etica aristotelica e del suo finalismo (teleologia). Oggi possiamo rifarci agli studi di Alasdair MacIntyre e di molti altri, ma soprattutto a quelli di Martha Nussbaum, che tra l’altro si è profusa in difesa degli studi umanistici e in particolare della letteratura a fianco della filosofia.

La poesia ha finalità estetica, indubbiamente, ma anche etica e teoretica, se vista dal punto di vista personalistico del poeta come persona assunta sul piano ontologico.

L’Ermeneutica veritativa e l’Estetica e l’Etica di Pareyson, in poche parole il suo Personalismo, mi sembrano buoni strumenti per riprendere a tessere tali questioni.

Alla fine, l'essere poeta non è dunque un mestiere, ma una professione, intesa a la Balzac come una vocazione esercitata attraverso una fede metafisica, e certamente non a scopi utilitaristici.

 

 

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Dialoghi in versi

DIALOGHI IN VERSI

LA STAMPA a cura di Maurizio Cucchi


   Dal 2005 al 2012 su "Tuttilibri" in uscita il sabato come inserto de "La Stampa" c'era una rubrica curata dal poeta, scrittore e critico milanese Maurizio Cucchi, che in qualche modo cercava di entrare in dialogo con poeti più o meno affermati, ma cercando di dare la priorità ai giovani che si affacciavano al mondo della poesia.

   Cucchi era prodigo di consigli ai neofiti e spesso pubblicava alla fine del suo pezzo una poesia che secondo lui era confacente al canone che in qualche modo cercava di delineare.

   E spesso recensiva libri di poesia di poeti affermati, come pure spesso faceva riferimento ai poeti e ai critici contemporanei nel tentativo di insegnare la strada per saper leggere prima di scrivere la poesia.

   Ora che sono circa tre anni che quella rubrica non c'è più, sento che manca, mi manca, qualcosa, che in qualche modo scandiva il tempo di un vero e proprio dialogo, che per me, ma presuppongo anche per altri, era assai proficuo.

   Mi piacerebbe se quella rubrica potesse riprendere quel dialogo interrotto, come mi farebbe piacere se quei contributi di Cucchi potessero essere raccolti in volume.

   Sarebbe un bel contributo al canone degli anni zero e dieci del XXI secolo scritto da uno dei maggiori poeti italiani a cavallo tra XX e XXI secolo.

    Un libro senza fronzoli accademici, scritto come si addice a un critico militante, che avrebbe lo scopo prioritario di rivolgersi con un linguaggio efficace ma nello stesso tempo leggero e comprensibile soprattutto ai più giovani.

 

Maurizio Soldini


http://www.lastampa.it/2012/03/23/blogs/dialoghi-in-versi/con-le-voci-di-minore-e-una-dedica-a-kavafis-XcyCBjHaYIOdvkTRpKMXdJ/pagina.html

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Nobel non è sanremo

Maurizio Soldini (@MaurizioSoldini)
22/09/13 08:29
#nobel non è sanremo. vecchioni e dylan ottimi musicisti, ma la letteratura è ben altro. la poesia è altrove: a cesare quel che è di cesare