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Raccolta di poesie di Adriano Cataldo
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Abolisco congiuntivo e condizionale

Teste nella sabbia

giuro sulla Bibbia:

nient'altro che la verità!

In principio era il diverbio

le possibili sinossi di "sappia".

Oggi, abolisco il "vorrei" e il "volessi"

adagio un fiore, strizzo l'occhiello

tolgo una res alla mediocrità

mi saggio senza volubili pindarici

seguo un corso del fiume

imparo nulla o imparo tutto

perché verba transcurrent e panta rei.

Oggi, mi saldo ai "vuoi"

abolisco i "volesse", i "vorrei".

*

Diciotti

Il nulla

Inesauribile
è secreto
nel porto
sepolto
l'essere inumato
tumulato
il paese
tumulata
la patria
il vessillo
il figlio
del figlio
la fossa è

il senso comune

*

Ferro Agosto

si vive in deroga
si indaga per procura
nei torrenti nei mari
piloni nel dissesto
ideologico

*

Il nome della resa

Maschio Bianco Italiano

Radici giudaico-cristiane

Ogni giorno, un residente si sveglia

E sa che dovrà
Odiare più forte

Sognare più forte

Votare più forte.

 

Il residente è sintassi d’interessi

Sogna un cancello, che in principio era verbo.

Sogna una marcia, che in ultimo è aggettivo.

Il residente è complemento oggetto, soggetto al suo vuoto, soggetto al suo voto.

Sogna il residente, che il vuoto fuori sia quello dentro

Il buon degrado, suo malgrado.

Il vuoto che vuole: diritto di suole.

La lingua italiana batte dove il perdente duole

Percuote ciò che vuole

E più non dimandare.

Sogna il tragitto perfetto

Verso la pattumiera, la raccolta dei rifiuti e dei rifiutati

Il palese pulito.

Difendere e dipendere

Sognare le distanze.

Una nazione che non sia alienazione, inazione.

Possiamo oggi dire al residente che la patria è perduta da anni

Che il nostro popolo è morto a Genova

Al residente ricordiamo di scegliersi bene la parte

Capire
Il limite tra cosa offende e cosa coraggio infonde

Il limite tra chi è più italiano tra i Marò e Giulio Regeni.

Scegliersi una sorte che possa dire compagna

Che la vita si sconta lottando.

*

Cilento

Abbiamo chiesto alla nostra pelle

La messa a fuoco dei nostri confini

L’occhio umano arriva a

Scarsi livelli di definizione

 

Per questo, sono in uno sguardo increspato

Sullo spazio svelato dal sole

Sul piano che chiamiamo “paese”

 

Devi chiedere al gambero di fiume

Come indietreggiare

Devi chiedere alla cascata

Come moltiplicare cadendo

Devi chiedere alla trupia

Come farsi irruente sorpresa

Devi chiedere a Mimmo, a Lamin,

e al Bussento

come dall’inferno si nasca

nella pietra si scompaia

e da essa si riaffiori

 

Chiedi a loro, io sono in un passaggio

La mia lingua si scioglie in un saluto

Puoi chiederci la parola che schiuda mondi

Ma non il loro confine

*

Marchionne

Dei milioni di compromessi
a cui sono sceso
più in basso è solo il vecchio ventre elettorale.

Mi preoccupa ora
lo scanto nullo
di chi crede che la realtà
sia condivisibile
di chi teme i morti
in funzione del naufragio.

*

La trattativa stato-mafia

Procede la comprensione

Per smembramenti e suture

Tragitti di sangue nelle vene, sangue per le strade, sangue nell’esofago

Per il cane è una pista di urina-odore.

Del precariato ricorderemo le infinite possibilità

E l’impossibilità della fine.

Dell’Italia vista dalla luna

Ricorderemo che non muoveva a commozione:

Il proclama

Il ritorno ai livelli pre-crisi

La crescita al tempo di debito

Le bassi vie salariali

Le questioni territoriali

L’ascolto della base

Il ripartire dalle periferie

Le consultazioni

I voti incrociati

Le rivoluzioni del buonsenso.

 

Ci irritava soltanto l’assenza di gravità

Che bloccava le lacrime

In un fondo d’occhi

Scontornando il perdere e il perdersi,

la presa di atto e la presa di coscienza

L’Italia vista dalla Luna non chiedeva la nazionalità

Neppure l’inventava

Non chiedeva protezione

 

L’Italia vista dalla terra chiedeva tempo e spazio

Al nostro sprofondare

Al nostro discernere sui confini

All’addomesticare i cani e le pulsioni

Sul come lasciare come trovato

La montagna e il bagno.

 

L’Italia vista dalla luna esigeva

Un altro tempo e un altro spazio

Per sopportarne la vista.

*

Odiare la polizia

I mercati azionari e la spinta reazionaria

Nel bel mezzo del progresso

Una galera patria

Rapporti tra celle,

in costante controllo di chiavi, portafogli e cellulari

L’entrata, la chiusura

La differenza tra amore e essere innamorati

E quella tra Salvini e Minniti

Il pagare e il comprare

Il prezzo delle materie prime e

di quelle da imparare.

Il comunicare e il condividere

Le divisioni per zelo

L’1% che convince il 99% a odiare il 10%.

E il decoro a più veci.

I mezzi che non giustificano i fini pensionistici

I sovranisti di destra

E i sovranisti keynesiani.

Nell’era democratica

Si risolvono le cose al contrario

Come studio di funzioni

Prima moltiplicare e poi dividere.

I rapporti tra celle,

in costante controllo di chiavi, portafogli e cellulari.

 

La polemica contro il PD andava ascoltata

Nella prima metà del decennio passato

Andava fatta in verbi intransigenti

Diverbi intransitivi

Nel trattamento di carriera di Lavinia Cassaro

E di Pietro Troiani.

Mentre Veltroni apriva Casa Pound.

A volte è necessaria la rivolta.

 

A volte è rivolta a una fascia di popolazione

A volte è avvolta in coltre di disattenzione

A volte è sconvolta una fascia di popolazione

A volte è stravolta la normale interazione

A volte è un volto, un letto di cartone.

A volte è in rivolta una fascia di popolazione

A volte è rivolta alcuna attenzione.

 

A volte è indispensabile la rivolta. A volte no.

*

Corto circuito

Miracolosamente rimasti

Illusi,

la razza bianca è un lembo di terra

in stagnola,

che può bruciare e deodorare

e farsi pasto di cani

in spiedi di sistemi nervosi centrali.

Tocca inventarsi un vilipendio della bandiera bianca

Un tocco su bavero perché batta il cuore

E uno su tasca rigonfia, certezza di euro.

Un ministero dei chiusi dall’interno

Per lo scambio di accuse

Dei segni di pece,

lo scambio di merci e di persona

che fa l’eroinomane eroina nazionale:

la nostra ragione di stato comatoso.

*

L’amore non è fonte rinnovabile

L’amore non è fonte rinnovabile.

Come il vento accade,

ignora i confini e si definisce

nel computo degli effetti.

L’amore rifiuta però le turbine

Non crea profitti di un qualche padrone.

L’amore non è fonte rinnovabile,

come il sole alimenta scambi di ossigeno

quando piantati sulle superfici

ci uniamo.

L’amore però non brucia pelli

Oltre al primo grado ustorio.

L’amore non è fonte rinnovabile,

come l’acqua distrugge e irriga

ma non vuole contenitori e rifiuta metonimie.

L’amore è semmai

La componente umida del rifiuto di ogni ciclo produttivo

È cura nel non confondere

Carte sporche

Carte da giocare

Carte da decifrare

L’amore non si rinnova

L’amore rinnova.

*

Le prime cure

Riportano gli organi di stampa

(È un espianto rituale

Lettere scritte pressoché di rigetto)

che il grado di civiltà di una nazione

è autobiografia di come

si curino i pendolari

e di come i pendolari altri

da essi siano curati.

E di come i pendolari, fattisi proletari,

curino le merci, gli astanti

e i feticismi annessi.

E come i proletari curino i migranti

E le transazioni curino i salari

E i binari ignorino i furti di rame

Per stare saldi.

Riportano gli organi di stampa

Che siano ormai autonome le sistoli

Le confessioni da vissuto,

in pensieri, parole,

opere e omissioni di soccorso

e emissioni di CO2.

Mi pento, mi tolgo

Ti dono la certezza del sollievo

Sui marmi delle banchine,

ti dono la consuetudine delle tabelle orarie

e la sorpresa ambigua di un ritardo, una cancellazione.

Nello scambio tra notte e giorno,

tra gli sdraiati sul lastrico e gli eretti da passaggio,

Ti dono l’anarchia di una striscia pedonale,

la fiducia necessaria di un semaforo lampeggiante

il silenzio dello svuotare pattumiere.

Sono le prima cure prestate

Le seconde saranno pagate.

*

Il mare che i meridionali rimpiangono

Il mare che i meridionali rimpiangono

Tra i flutti, confonde

L’amore, l’amaro.

È la consueta sorpresa dal finestrino di un regionale, di un notturno che si fa giornaliero.

È un rimpianto di borse da occhi

Che ai naviganti intenerisce il core.

È condanna a non stare fermi

È passato remato

Futuro interiore,

come se non ci fosse un demanio.

 

Il mare che i meridionali rimpiangono

È l’ombra tra partenza e arrivo

È il lavoro che chiamano “fatica”.

Chi tene ‘o mare, cammina c’a vocca salata”.

 

Il mare che i meridionali rimpiangono

Lecca Bagnoli, Gela, Siracusa e Porto Marghera

E sputa metalli pesanti, polveri d’abbattimento fiumi.

Bacia Taranto

E ognuno dei 21.393 casi di tumore

Sputa salato su Pasolini e Rostagno

E mare mare mare voglio annegare

Con il ministro Minniti.

 

Il mare che i meridionali rimpiangono

In un tonfo di calotte artiche

Sommergerà Venezia

Facendo Trento balneare

E grazie all’autonomia, dimenticheremo il brodo marrone di Jesolo

E il Mose e Altero Matteoli

Avremo un mare di orsi morti,

Un mare di Muse e Albere,

Un mare di pile con dentro il senatore Cristiano de Eccher.

 

Il mare che i meridionali rimpiangono

Si finge nel pensiero

Di una sopravvivenza al giorno,

dov’è amaro il naufragare.

*

Mike Hughes

Spesso
Il male dividere
Ho incontrato.
Era la cancellata che risorge
Il paracarro di stelle vestito
Erano le orme
Di distruzione di masse
Che irrompono.
Erano i ribelli houthi, i rohingya.
Erano i residenti e gli studenti
I borghesi piccoli piccoli
Potenziali assassini
Di piccoli piccoli borghesi.
Non seppi altro amore
Oltre quello appreso dai treni regionali
Dalla denuncia di ogni stupro
Prima di sapere la provenienza dei maiali.
Dalla denuncia di ogni tentativo di imbrigliare
Le tue ovaie
E le tue garanzie occupazionali.
Dalla facoltà di vedere in ogni tua malaria
Una siringa del Santa Chiara.

Se facessimo un conto
Delle cose che non tornano
Il non sapere se è sudore
O sputo o lacrima.
Se facessimo un canto delle cose
Che non tornano
O se le cose tornassero cantando
O cantassimo il tornaconto.
Se non fosse morto Giulio Regeni
Se mio nonno avesse pagato tutti i
biglietti dei treni che ha preso,
volerei restando su questo piattume.
Ho scelto invece,
dentro uno schema possibile,
di ridere allo specchio che reggi
di combattere un regime con la cura
terrena,
con il coraggio di un “Noi”
che non dica “Loro”
la forza di un “Io” che dica “Tu”.

 

(Questa poesia è dedicata anche a Mike Hughes)

*

Puigdemont

 

"Una cançó jo també cantaria,
Una cançó ben bonica d'amor"

 

 

Dichiaro

la pendenza dalle tue labbra

 

schivo

proiettili e muri di gomma

che m'intricano i malleoli.

 

Sulle vie di fuga di

 

binari tronchi

tronchi binari

 

il fatto non s'assiste

*

Nessuno ama

Nessuno ama

Se non nello spazio di un accordo

Pre-elettorale in contesto proporzionale.

L'amore, è lista bloccata in collegi

Uninominali.

 

Nessuno ama

Se non nell'intercorso

Tra le tre e le due

In contesto orario solare

Se non per l'effetto

Degli ottanta euro.

 

L'amore è imposta progressiva sul

reddito

È redistribuzione verso le

Fasce basse di noi.

L'amore è patrimoniale.

*

Elezioni in Sicilia e principio del nostro autunno

Hai scelto ieri

oggi sono spoglio.

 

La tua forte astensione

l'unico dato.

*

Realismo della funzione d’onda

La vita è

forse liquida

 

Sicuramente, liquida

illusioni.

 

Chi m'era prossimo?

 

Chi mera conoscenza?

*

La giornata di una scrutinatrice

Tu che sei un costo

Per il contribuente
E a me sì cara vieni,
E quando intraprendi iniziative istituzionali
E quando richiedi allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
All’ombra del quadro della Costituzione
Dentro l’urne confortate di pianto
È forse il sonno men duro?

Votare pagina e lo sguardo.
Valeria cammina con modestie sensuali.
Ritorna alla scuola alla provincia
Che è provincia da quando i fine settimana
Sono fughe di trolley equilibranti sonni buoni.

Timbro firma matita indelebile
L’attribuzione di ulteriori forme
E condizioni particolari di autoctonia

Dati sull’affluenza Affinità elettive Proiezioni
Intraprendono iniziative istituzionali necessarie per
Trattenere le cose imposte
Trattiene Valeria il respiro
Autonomia e accertamento fiscale di presenza
All’ombra della costituzione
Dentro l’urne confrontate da pianti
È forse il “sono” men duro?

La riga di un voto
                                 Tedesca Stimme
                                 Parlami Vuotare pagina.

 

Bibliografia
U. Foscolo, I sepolcri
U. Foscolo, Alla sera
E. Pagliarani, La ragazza Carla
http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/10/19/news/referendum_lombardia_autonomia_guida_al_voto-178747609/

*

Collezione estate/autunno 2017

Ricordi, Ida

Cadevano le stelle e

Nelle uova, fipronil.

Cadevo a pennello sui tuoi capelli

Io, non ritrattavo promesse.

Cadeva il governo e, tendenzialmente,

il saggio del profitto.

Cadeva il tempo libero, i muri al Brennero

E le temperature percepite, a tuo piacimento.

 

Ricordi, Ida,

accadevi sull’ultima tua sillaba.

Scadevano brevetti

E noi nuotavamo a bocca aperta nel viagra.

Tornava Silvio Berlusconi, ancora una volta.

 

Planando sopra boschi di braccia tese, sugli

Ex-telefoni di stato, volava l’ultradestra,

tra le corde di un’altra lena.

*

Scatoloneliness

Leccare

le differite, mentre anche

Battisti fugge in Bolivia,

ti raggiungerei con la solerzia di un Torregiani figlio

 

Ammassare

Ammassare, ammassare

 

cibare, scacciare

piccioni

 

un Sisifo felice

ampiamente immaginato

 

qui piuttosto di fronte

alla microfisica dell'oscillazione

al realismo della funzione d'onda:

un'eco da sostituzione

 

Ma è lo scato-lame

a ferire perlopiù

*

Di amore e cambiamento climatico

 

Bibliografia:

 

David Wallace, The Uninhabitable Earth, Annotated Edition, NY Times

G. Ungaretti, San Martino del Carso

 

 

Non è il precipitare di pareti ghiacciate

Ma è lo svanire lento del permafrost al Norway’s Svalbard seed vault

un lento contatto ai tuoi occhi

 

Queste dita sottili provocheranno

altri esodi di inviti

che declini,

da Miami al Bangladesh

 

Scompariranno popoli e ricompariranno malattie

seguendo il ritmo della tua

alternanza

 

Caleranno del 20% le capacità cognitive

umane, causa anidride carbonica nell'aria

causa tua veste che cade, causa tuo sospiro

 

In questa grande cecità

questa reticenza della comunità scientifica

mancano le croci

e non rimane che qualche brandello d'amore borghese

 

è il mio cuore

il paese più surriscaldato

*

Affetto serra

Quando esplosero i ripetitori del 3G

tutte le parole smisero di suonare uguali

e ci bastò l'obliteratrice, per dimenticare

e ci bastò il frullatore, per ammassarci

e il phon, per disperderci

e le supposte, per immaginare scenari

e la piallatrice, per livellare classi sociali

e la lavatrice, per le coscienze

e l'asciugatrice, per la tua voglia di scopare

e l'aspirapolvere, per la mia.

 

Quando esplose Trento Centrale,

di Battisti era rimasto un

flebile Lucio.

Noi ci fermammo a un'altra astrazione

e i binari erano bipolari

I vagoni vagine

Le carrozze corazze

I pendolini Cafù.

 

Quando esplosero Le Albere,

ci mancò il 25 Aprile.

 

Quando esplose la fontana del Tridente

avevamo già gambizzato le sentinelle in piedi.

 

Quando esplose la Dolomiti Energia

Avevamo gettato

il tuo umido e i miei rifiuti

oltre l'ostacolo.

 

Quando esplosero le antenne del WI-FI

Ogni suicidio diventò insistito

E Michele e Stefano e Alfredo

Con le vene in pixel

a dirci che ogni suicidio

è omicidio di Stato,

passaggio da corpo solito a corpo gasato,

nostro senso di golpe

da spiare dal buco

dell'affetto serra.

 

 

 

*

Le mie mattine

Il cieco

Evoca memorie di cose

Di quando i suoi occhi avevano mattine …
(E. Carriego, citato da J. L. Borges)


 

Le mie mattine non hanno occhi

O gambe o braccia. Solo hanno

Stipendi, conguagli fiscali, IVE imponibili,

Pendolari stesi a prosciugare in sonno calibrato

da banchina a banchina.

Le mie mattine hanno occhi di sbarchi

Cancelli ai binari

Materassi lastricati da collusioni di Jugend Rettet.

Le mie mattine hanno dita di operai

Nella busta paga di Neymar da Silva Santos Junior.

Hanno un braccio di nonno su una spalla

Un ginocchio di padre sul tallone

Una mano di madre sulla tempia.

Hanno assensi ai cenni del capo

Il retro di un sorriso a caso

In una pausa a caso.

Fanno finta, in fine, scandendosi,

Di trovarsi iniziate.

*

Poesia di amore vocale per donne abbandonanti

 

“Il fatto mi dolse, perché compresi che l’incessante e vasto universo già si separava da lei e che quel mutamento era il primo d’una serie infinita. Cambierà l’universo ma non io, pensai con malinconica vanità”
(J. L. Borges, L’Aleph)

 

 

 

Anna,
armata, amata lama
Anna, ambrata arca.
Anna salpava: Malta.

 

Sara,
cablata stava
Sara, appagata amava.
Sara andava: Val Fassa.

 

Mara,
salata, calma
saltava, arrancava.
Mara scappava: Massa Carrara.

 

Barbara,
Assaltata, casta,
cara. 
Barbara allarmava alata: Ankara.

 

Marla,
barava alla carta
Marla abbassata alla cabala
All’anta dalla stanza, Marla parlava: "basta".

*

Tensione pulsionale

 

"Eppure, se è vero che il modo di usare le mani sta cambiando, non c'è nulla di nuovo nel tenerle impegnate" (D. Leader, 2017)

 

 

Il digital divide 
dal digi-tale che sta di fronte
al mio digital di-viso,
faccia supposta
s'infila in
anoni-mano che
titilla lo schermo:
onani-mato.

 

Il digitar m'è dolce
in questo mare
toccato e affogo.

 

Il digitar ti vide,
io ho voltato propaggine.

*

Eu-carestia

In questi treni in Ricardo,

una curva che decresce.

 

Facciamo indifferenza

Selezioniamo piattume

Una metonimia di sputi.

 

Una gara che era

Stazione a Parigi

Val bene una messa in piega

Una prostrazione

Uno sfruttamento della sostituzione.

 

Occupiamo i banchi di nebbia

Facciamo saltare le massime cariche

dello stato delle cose.

Mi riprendo la camera e assennato

Faccio una riforma,

Ne ha bisogno il palese

Disprezzo che provi.

 

Un’inflazione da appagare

Una multa subconscia

Un lavorio sommerso

 

Impossibile sorvolare,

su un bacio

Sul decollo

Del piede tuo

Che avanza

Perché ti avevo chiesto la mano

In questo pasto al posto tuo.

 

Rendimi maggio

Questo novembre

Rimembro

Ancora una volta celeste

C’è l’oste

L’ostia porosa

Litio orale

Offerto in sacrificio per noi,

in emissione dei “peccato”.

*

Dimenticansie

(a proposito di Eugenio Montale e Lucio Battisti)

Ho chiuso, dandoti il braccio

Il lucchetto?

La porta?

Il gas?

Il termosifone?

 

Ho strisciato,

il cartellino?

l’abbonamento del treno?
Ai tuoi piedi?


O sono alcune noncuranze a tradirmi, oltre te,
da quando abbiamo chiuso?

*

Sul sesso sono

Sul sesso sono
selvaggio, scostumato, sporco
silente soltanto se sento sbrodolarti
sono satanico sul sedere
saffico saggio sfinteri
solenne sussulto sul seno
so suscitare sconcezze su sudate suore
Savonarola sarebbe Sade se sentisse suggerimenti
sono siluro sputante se sai succhiare senza stop
saccarina splendida splendente, sapore salato sul sorso.

Sarò superuomo sovrastimato
simbolo soggetto senza scopo

* * *

Sul sesso sono squallido
sincopato supplizio
sono soltanto sillogismi
sapere scartato
svilito

Sul sesso
sono
solo

*

Coda

Hai detto:
i
cani
sono
i
più
fedeli
tra
le
persone

Io ti guardavo
con la coda del mio occhio

In fila per un pasto
con "torni" e "resti",
in fette.

Siamo adulteri
ma in questo film alla vaccinara
siamo ai titoli di coda.

*

Dall’orlo della camicia

(* a proposito di Howl di A. Ginsberg)

Nella mia degenerazione,

Ho visto le migliori menti

Abbracciarsi attorno a una valigia per non farsela rubare

Stringere un magnete per sentire appartenenza

Essere monovalenza sottopagata

Essere complici

Votando

Astenendosi.

 

Le ho viste

Morire nei teatri,

nelle caserme di Bolzaneto e Il Cairo.

 

Rendere arrendendosi

Avere fiducia nel consumato

Essere qualsiasi cosa dopo una strage

Essere accusati con gli indici di ascolto

Permettersi pulci igienizzate

su materassi e casse di frutta

a Parigi, a Berlino, a Roma, a Bologna

 

Essere la sintesi tra due generazioni

i nipoti della guerra

I figli dei figli dei fiori

Ricordando male i primi
Copiando male i secondi

 

Le ho viste

Sorridere alle immagini

che passavano sullo scherno

Mangiare nel televisore ultra-piatto

In cui avevano sputato

Le ho viste

Pagare per fumare pneumatici

Per mangiare gomma dietetica

Vittime dell’intolleranza religiosa e alimentare

Le ho sentite urlare che

“tutto è in vendita e noi siamo in saldo e qualcuno pagherà”.

Le ho viste

Sottoposte a un regime forfettario

Essere il bello dell’indiretta.

 

 

Pier Paolo,

Sono con te a Lampedusa

nei miei sogni cammini gocciolando da un viaggio di mare sull'autostrada

attraverso l'Europa in lacrime verso la porta della mia villetta nella notte

dell'Occidente.

*

L’amore al netto delle tasse

Si provava uno specchio

davanti a un discorso,

per poi baciarsi al supermercato

mentre spuntava una catacomba

e baciarsi nella catacombra

mentre spuntava un supermercato:

esposizioni di pezzi,

rifiuto residuo,

e il sapere, dopo incolonnati,

dove andare.

 

*

10, 100, 1000 Casa Pound

Voglio una Casa Pound a via Verdi, per dirci di Mauro Rostagno,

una Casa Pound in Sardegna, a Firenze, a Genova, Sarno, a Longarone,

per dirci che tra il volume della musica

e quello degli affari,

c’è quello dell’acqua.

Una Casa Pound a via D’Amelio,

alla stazione di Bologna,

a piazza della Loggia, perché una bomba

non sia abbastanza.

Una Casa Pound a via Caetani,

una per Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giorgiana Masi,

Carlo Giuliani,

affinché un Pasolini qualunque porti poi un fiore ai poliziotti.

Una Casa Pound al Campodoglio, sul lungomare di Ostia,

perché ci sono più pietre nella memoria

che memoria nelle pietre.

Una Casa Pound

Dopo ogni cancelletto

Per dirci di cosa parliamo

Quando parliamo.

*

La Fenomenologia Carsica

(a proposito di un viaggio a Trieste)

Spuntano cancelli e meduse

musei e cannoni

da un lungomare.

 

Prima dell'aspersione

Passa, salmodiando,

la lucidatrice.

*

Il monopolio del sale

Passi sulla sabbia
Il cuore sul cuscino:
un'altra mezza età da
superare
come da plagio.

*

L’amore del nostro autunno

Anni di saldi permanenti:
Ho comprato una cintura da obeso,
cartoline e ferraglia da appendere al pavimento
da descriverne un tragitto fino alla pattumiera;


E un tappeto che fosse metonimia,
patrimonio da supermercato di fiori ossuti;


E delle cuffie enormi per tornare a leggerti le labbra
e una piallatrice per toglierti gli occhi dalla ruggine

e parlare di te in prima persona;


E il confine tra galera e stadio
che è misura di Marassi.

*

L’importanza di Gibilterra

Seduto in

riva ad un piatto,

o alla deriva su lastre ghiacciate

(padrone di terre infinite):

Cose che non dovrei chiedere.

Cose che in piedi non so dire.

Cose

che, data una parca memoria,

diremmo trincee:

il valore della posizione e

del logoramento.

*

James Gandolfini è solo il pretesto

I miei mercoledì sono campi
di carrozzelle annaffiate
da pensioni e flebo.

 

 

 

Di là da questi soli
vasodilatanti arterie stradali
scoppiano infarti ai semafori.

 

 

 

Se mettessimo un cuscino
sulle pistole con cui dormiamo

sudati,
avremmo un volto in regalo.

 

*

Sulle morti del mio cane e di Giulio Andreotti

Questa stanza sfitta

è un pomeriggio d'agosto (a scelta)

e la polvere sui libri

battigia, per eccesso

di cura d'arredo.

 

Se spuntassero fiori per strada

quante le scritte fasciste

ci sorriderebbe per poco anche

l'asfalto.

 

Ma non smetteremmo d'inchiodare

"SCUOLA DIAZ" agli

angoli dei giorni delle nostre agende,

volute lise.

 

 

 

*

Le vacanze*

*(a proposito di vuoti arrendere)

 

Che la strada sia lunga
e stradata la città,
corredata d'imposte a ombra vibrante.

 

Nell'uso del gesto
connesso
qualche battito d'occhi
si sincrona, e poi via.

 

Le vie, al Natale,
rispondono
- al tatto dell'orbo
- alla vista del monco
come vorrebbero.

*

Quando riapriranno le fontane*

(*a proposito dei Sepolcri di Ugo Foscolo)

Quando riapriranno le fontane,
al freddo, attaccheremo un ricordo di morsi
e rapiremo ai sotterranei un amico
a illuminarci la notte.

 

Ti regalerò un paio d'occhi chiusi
per cercare, vivendo,
il sole.

*

Il mondo alla fine delle colonne della Via Appia

Avveniva poi,
la domenica, di scendere
(misurando) a patti con le colonne
per un'idea di fine
vincolata al mare
(come se bastasse guardarlo).

Avveniva
di misurare, scendendo
e dando il braccio all'adito:
l'affine dell'idea.

 

Colonne della Via Appia

*

Il senza del dov’eri - Verneuung

L'ostruzione sociale
di queste e questi
calci, poco edificanti. E
l'ontificabile e poi il
pontificabile
e lo scadimento e poi
l'accadimento.
Uguali:
il lamento dell'albero immolato
al futuro posteggio-auto
e poi l'auto-mobilificio prima schiavo.
L'ermetismo della finitudine:
cercare sulla falsa riga del tramonto
è orizzontarsi a qualcuno, qualcosa.

*

Dove finiscono le ciclabili*

(* a proposito di tesi, antitesi e sintesi)

Portami
dove finiscono le ciclabili,
dove nessuno mi chiede
cosa mi occupa o
preoccupa.
Dove, esatto dal reale,
è atto,
segno di carta su carta,
tarlo del dopo.

*

Piove, auspico la morte delle zanzare*

(*un contributo all'immaginario in tema di sistemi elettorali)

Piove,
auspico la morte delle zanzare.
Censisco
il pattume (loro cibo altrimenti):
il modello proporzionale.


*

Perché mentiamo con i piedi e parliamo nel sonno?*

(*epigrafe per l'arresto di Massimo Passamani)

Per un tempo,
seppur pulitissimi,
fummo minatori.

A guidarci, lo stesso crepuscolo.

*

Sala dei risvegli*

(*l'ultimo ritrovato in fatto d'amore)

Che il presente esista o meno,
qui si è tellurici, sussultori.
Intubati al fuggentattimo,
il resto del senso nemmeno scivola,
rìvola, volente collo.
Io sudo il pigiama su quest'altare.

Che il presente esista o meno,
la virgola, il chiasmo in se
è oggi la cura di te.

Domani: poi, 
mi colga pure un sogno
al collo.

*

Città destate*

(*un contributo all'immaginario in tempi di recessione)
 
Il nostro futuro, qualsia,
non prescinde dai piccioni.
 
Per ogni nuovo museo carichiamo
un nuovo cannone.
 
Piazzando pannelli solari
su le croci
avremo meno ateismo.
 
La misura colma 
di un bicchiere capovolto
mentre calpestiamo vetrate erette.

*

Da Un’ora alla stazione di Ala*

(*a proposito di ricerca continua)

Da un'ora alla
stazione di Ala porto
un ricordo come pietra
e una frana da dire tempo,
via.
Il loco-motore, dal mondo ondeggiante
degli orizzonti soleggiati,
carezza
l'alzata abbottonante
(onda altrettanto),
elenco ulteriore.

*

Weather or Not*?

(*sul condizionale)

Leggo la musica,
nel pensiero,
scaccio i mercanti
dal tempo, da questo
oltre mancante.
Colletto, però,
i palmi
lungo le tue lame 
di spalle,
oblio d'ali.

*

Eccessiva dipendenza dal costrutto*

(*un discorso sul metodo)

Costretto, come tra ombra e atto,

(azione e privazione)

il buio della pagina,

un bianco distratto da righe:

eccessiva dipendenza dal costrutto.

 

Che il presunto viaggio sia lungo,

metonimia di "fossi",

statue di "c'era". Il verbo

sia pur soggetto a qualcosa,

la metta la "faccia"

(scorza da pire)

si vanifichi delocandosi,

(il troppo esserci spazi)

preservando i senza,

i danni per manenti.

 

More or less

lessi, il quotidiano dei giorni a venire

una volta letto:

dormire, non avere "sono",

sognare "forse".

*

Di tutte le cose visibili e invivibili*

(*da quel giorno, orfani)

Fuor d'inganno, ripetizione
o stile, sapere in sé (di menti)
d'ottone, rivolte 
le palpebre più tue.
Quel senso, complanare
al vero (umano per ciò)
risalta sui ceppi furenti
di collina, lungo le strade
estive, orgoglio di pattume,
che pur ci videro, ti videro,
ancora, mi vedono.
Impetrare per celarti
ancora, perpetrare di
scaglie tue. Su ceppi 
furenti, orrore del "v'ero"


*

Era

Torna! In alternative
in varianti,
che sien un dentro
o negazioni,
ma ti presentino,
e io con loro,
a stimolar l'incudine

Eppur si muore...
Meglio a Dresda che a Catania?
Un ceppo di civiltà è anche
misura dei cibi
nel pattume e dello score
dei cercanti

Un anno fa: cosa? 
Il ricevere non ammette: 
ex
post
e il tempo pretende extra dizioni,
varianze violente, se uso
a vederle in sufficiente ritardo.


*

Giulia (Tsunami)

Poco fa ho corso:

vinto un minuto

sul rientro.

Tu mi sognavi in

Pakistan. Il futuro o

la fretta che vince sull'idea?

 

Qualcuno erige abeti

intendendo plotoni, oltre

i discorsi del cancello aperto,

del riscrivo sopra gli strali del caucciù.

 

Nel mentre dei naufragi,

che siano allegri poco importo.

*

L’accoppiamento dei liquidi 2

Sarebbe un brio di sostanze
gettate in fondo al bene,
lutti di scorta per
poterne dire, fino ai bordi.
Notammo fino al largo
l'incedere costante del lamento.
Prende vita, come fece?
Lunghi anni al buio
non bastano a dimenticare
la piega delle unghie,
il sapore della saliva
diventa sputo solo
se gettato in faccia.
Così come i resti di cibo rifiuto organico.
Un annuire di occhi zittisce
anche il più saggio
dei dogmi.

La domenica tornano pendolari
carichi di cibo
il venerdì di panni sporchi:
prendono forma, le
speranze, di sovvenzioni.
Io, un sacchetto di
sabbia per gli occhi
con dita in tasca frementi.

Inodore d'acqua, colla
o paraffina, per affini
ordino inizi.

Sistemare è solo
spostare e solo
senza te son
davvero solo.

*

L’accoppiamento dei liquidi

Le corse ad entrare nei bus,
un rito di foglie.
Sorpreso a schernire
stormi,
avanzo.

*

Un rituale

Un rituale

da pomeriggi erbosi

e marmo alle natiche.

Inalazioni al metronomo: non tanto da vomitarne,

(occhi chiusi lo fanno)

occhi spalancati sull'obolo-oblò.

Dare ondulazione al respiro,

contorto, che giunga alla digestione.

Vene e polsi

calzano come un vanto:

almeno si origliasse

quel tanto che ho.

*

Me, Myself and Mead

Il dialogo con
la mia Istituzione
e se è un gioco strutturato
la comprensione,
tiro dadi al muro
sperando di soverchiare,
attuo trucchi che
devono comprendere.
Apro portoni chiudendo
catini,
mi sveglio in un fiume
di lenzuola,
e le bracciate
sei tu.

*

Due caffè = 2.40 €

Le cose vanno in questa maniera:
dove è essenza, giace
immonda un'altra intercapedine.

Illustrami perché
e ti dirò come sarò.
In dizioni m'annullo,
se meglio non capirai.

Al fine,
gioire di una luce falsa
sarà come
se ti amassi.

*

Tereza tarda

Nell'uso che fa le cose,
oggi mi cimento
nella solitudine
dei lembi del mio lenzuolo
e, guanciale che fosti,
oggi sei trame
dietro bit
che spero privilegiati.

Tempo prima:

Nel silenzio,
che fa generoso
ogni lembo ogni orlo
della tua camicia.
E vorrei solo
inchiodarti,
dovunque
l'attrito permetta
e fartene gemere:
così mi continuo.

Ieri:

Dissi i figli
unica finalizzazione umana.
Ma cosa, con la gloria del mio ultimo articolo?
Lo stupore per la mia ultima idea?
E tu che godi e io, nel tram,
dopo. A parlarne.

Nell'uso che fa le cose
ora agisco, sì lento,
dove anche una chiazza
mi dice di noi.

*

Mattina, aula studio

Stella della sera,
e sono più sporco
dei passi incollati sul pavimento.
Se la neve è ghiaccio
è solo perché scivolo:
appigli pochi e solo
lungo i suoi fianchi.
Nella notte testo occasioni
e simulo accorgimenti
da offrire a te.
Attraverso fibre ottiche
si moltiplica il tutto,
magari con cartecee coccarde.

Altrove scendo
e cerco di lei,
che forse dorme con altri.

*

Terre emerse

Controllare la certezza
dei ritorni:
un sottile apparato
di costanze.
Cos'altro, se non
fermi, i punti? Fare di
moto anche stasi:
meglio dell'altro:
binari, giunchi
postille:
dire o fare, intorno.
Sono le trame dei lumi
il dire delle città,
il bianco, sul blu
dell'insegna: una
battaglia di cattedre insulsa.
Sono soli mal accompagnati
al crepuscolo,
sottili ironie,
battiti tali da
non sortire affetti.

Nel mentre,
un treno.

*

Su alcuni ricordi legati ad E. Goffman

Luci sotto-messe, unico
anelito umano:
nell'altoforno.
Ciò che so
scaturisce dall'atto, mai
dal proscenio.

Zittire ogni noce
in fondo all'interazione
e poi altre ragioni
per soffermarsi.

Spesso,
mi è bastato
consultare il prezzario.

*

Amore provinciale 2

Alla metafora d'un grande
focolare acceso
intessevamo promesse
e non bastavano allori,
come usare stille per illuminare,
e bianchi pini per descrivere viali.
Seppure adorni, fummo
in quadrati di nuvole,
di specchi vestiti
per meglio guardarci
e poi parlare,
indugiando solo
sui passi che ci
portavano al letto,
e sentire come cova
un sogno in fondo
ad un polmone.

E dove vivi tu?
E tutta la corrente che
t'attraversava,
Chi ora la placa?
Chi ti lascia nemmeno
il tempo della sorpresa?

È,
mentre mi chiedo
in forme
se prenda prima forma
il dubbio,
il vero,
il loro nesso.

*

Amore provinciale 1

Come cadere da seduti:
sperare i binari iniqui
o altro, per non portarmi
a te. Vuoi per contrizione
vuoi per stabilità.
Ma vedi il nesso?

Sai, che a volte ti
ho vista tra calcare
e schizzi
che già parlarono di te.
Causazione non dice
manipolazione,
ma chiama vincoli
morbidi, e
l'assestarsi del sorriso tra il discorso,
le pene di un'attesa prolungata
e lo scusarsi per ore, magari un giorno
e giacere tra il cacao fondente
lungo il tavolo,
amore come elenco puntato
di azioni,
o spunte,
lista della spesa,
convogli anche di carta
su un pavimento di intenzioni.
E sia il chiamarti solo
una conferma, e non
guanciale di altre ore
fuori dal nostro possesso.

*

Le strade descrivono

Le strade descrivono
archi. L'ascolto,
seppur pare
antistorico,
in tempi di guerra.

Intese del passante,
ricama una patria dal vero,
una storia intentata procede
per monadi,
vicenda spaziale accade su richiesta.

La breccia delle scelte
non è nel suo vettore,
ma nelle strutture
dispersive susseguenti
la coda:
le falle, la stola.

*

Intermezzo searleano

"Noi viamo in un mondo, non due, tre o diciassette."
J. R. R. SEARLE, La costruzione della realtà sociale.


Il camminare tecnico
(intonso):
perfetto esempio di prossemica,
ci si muove come in albume,
spesso, a primavera.
Alcuni muri disegnano una città
che si vuole antica:
diresti tale ogni crepa?
I suoni che ometto
li rivendico sulla materia,
incollo etichette ad ogni passo,
fino a che il vento
non diventa presenza
potresti essere tu.
Le mani parlano
e occhi nervosi fanno male,
pretendo mare
mentre mi osservo
lungo le rive
della rugiada.

*

Lidi di Marzo

(Da "Onore del vero. Sulla riva" M. Luzi)

Il pontile deserto scavalcato
dalle onde, ora opportuno.
Infortunate conchiglie
dopo l'amareggiata,
lungo i suoi passi scavati,
svaniti poi in discreto screpitare
di spuma.

E sono gemme i vetri smussati
i tuoi capei la treccia d'alghe.
Che fai?
Tengo desto un ricordo disteso
rendo spesso un sapore sottile
che si prende senza afferrarlo.

Ti spero in qualche porto
(chi spara ha il porto?)
darmi sempre del Tu,
quanto basta.

*

Incenso a Piazza Dante

Lascio che qualcosa bruci,
ed altre aspetto.
Come il
volto tuo si volti
non so.

*

Canto per le ragazze

Vent'anni dimeno,
la parità dei sensi,
il misto rituale dell'amore.

Uno scorrer di mani
discorre ad ogni caldo di curva,
di modo che sia tu
sia altre, non un coro
ma sbadiglio unisono di vita
con strali che spaziano in fumi,
come d'avaria.

*

Giulia a Schönefeld

Cono bucato, d'ombra;
muto effetto, il vento.
È parziale nell'attesa
il gusto del rito.
È più pretesa,
gola,
circonvenzione di capaci,
il friggere di braccia
inespresse.
Sono libri relegati
ad intervalli di occhiate:
gente
lancette
e ancora gente.

*

Lietuva

Consultare di scuri
risentimento di radici,
fosse un fiore inattuale
o l'incedere del dito celante
pietà,
tragitto d'acqua corrente,
il senso della sorpresa.

Teorie,
di come collima
la seta sul corpo
e come colmarla.

Discorso detto antico
risolto, sulla cima del pollice
lungo la schiena.

*

Pauline

Perso forse
ormai
sitibondo.
In quale feticismo poi,
per dirci e additarci? Cauta
inalternanza.
E poi vagliare, nel tuo
sonno, tra ciuffi d'erba
o altro tuo plume,
in vero simile.

Solo l'occhio straloca.

*

Riscoprire i sassi

Cammino fino alla fine dei sassi
Lungo pericoli che potremmo soltanto elencare.
Getto acqua salata su questa pietra
che è la mia ragione.