chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Ignazio Salvatore Basile
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Il Canto di Giobbe


Giobbe, Giobbe, Giobbe, è certo che tu
Non avresti trovato più di Giobbe
uomo sì ricco! Avea: mille e più
Tra buoi e asini, seimila gobbe
Di cammello. -“Più ricco d’un Perù! ”-
Oggi si dice d’uno che di robbe
Ne ha così tante. Sette figli maschi
E tre femmine con cui festeggiava
[ tra canti, carni e fiaschi]

Era giusto di parole e pensieri;
era osservante nei riti e nei fatti,
attento sempre ai costumi sinceri
Uomo probo come non ce n’è tanti
Per far bene non attendeva ieri
Fermo nella parola e ligio ai Patti
Soprattutto con quei del Dio di Siòn
Che lagnanze di lüi non faceva
[per alcuna ragion]


“Che bella forza” disse il tentatore
“Per un uomo d’essere sì corretto
ricolmo com’egli è di oro e d’amore!
E’ troppo facile essere perfetto
Lascialo a me questo tuo servitore
Che io lo privi della prole e del tetto
Così vedremo la sua vera essenza”
“Và”,- disse l’Eterno, -“ma della vita
[ sua non hai licenza]”

Ecco dai quattro punti della terra
Giungono i servi con le male nove
Chi le pecore dice morte in guerra
Chi del furto di cammelli dà prove
Chi racconta e chi giura che non erra:
“Il tetto cadde e alcun più non si muove
Dei figliuoli!” Ma Giobbe per la vita
Sua loda e ringrazia Dio che è Bontà
[infinita]

Avvenne un’altra volta ancora in viaggio
Che Satana fu chiesto dal Signore:
“ Hai visto quel mio Giobbe, che coraggio
niente possiede più ch’abbia valore
eppur nell’alma sua rifulge il raggio
che benedice Dio con tutto il cuore
Mi riconosce l’essere perfetto
Invero in lui io godo e mi diletto”.

“Non c’è merito” contestò ‘l cornuto
“per gli uomini niente c’è di più caro
a tutti quanti è noto e risaputo,
del bene fisico, sì che assai raro
è che ‘l privato se ne resti muto,
piuttosto che parlar con tono amaro
contro Dio Fattore dell’Universo!
E posso dimostrare che anche lui
[non è diverso]”

“Va dunque, che io sicuro t’accontento!
Va pure anima tentatrice e impaga
Che ne fa una e poi ne pensa cento!
Va se è così che tu la pensi e indaga
Sino a che punto l’uomo nel tormento
L’anima sua rattrista e così vaga
Negli antri oscuri del tuo vile regno!
Va, ma ricorda, che la vita sua
[qui tengo in pegno] “

Giace sull’orlo del camin dimesso
Afflitto da una piaga purulenta
Colui che tutto d’una volta ha perso
Ciò che di più caro avea. Ora tenta
Con un coccio di passare attraverso
Le piaghe della carne macilenta.
E mentre giace così sofferente
Lo irride la moglie: “Il tuo Dio non puote
[niente?”]

Nel frattempo di tutte le disgrazie
Da tre amici la novità fu udita
E partirono preda delle ambascie
Elifaz e Zofar il Naamatita
Pronti a lenir con solidali fascie,
Congiuntamente a Bildad Il Sulchita,
Il povero Giobbe. Ma alzati gli occhi
Dal gran dolore stettero con lui
[sette giorni e sette notti]

Il racconto più avvincente va avanti
Toccando apici di vera poesia
Non c’è, ch’io sappia, un racconto di santi
Negli scritti precedenti il Messia
Che di lirica e di intreccio si vanti
Con postulati di filosofia.
Troverai che nella scena del dramma
C’è anche Ebiu oltre ai quattro predetti
[ e vedrai che il discorso si infiamma]

Per tal motivo rinvio il lettore
A godere quel diletto e quei versi
Che per quanto m’ispiri il mio Signore
Fattore dell’arte e degli universi,
giammai potrei pervenire al nitore
Di tal pöetici carmi sì tersi!
E pertanto se di questi ti cale
Senza indugïo ti invito ad andare
[alla fonte dell’Originale]

Anche a costo di essere noïoso
Voglio peraltro ancora ribadire
Che il presente pöemino giocoso
Giammai quello intende sostitüire.
Però se il suo sforzo generoso
Riuscisse in qualche passo a divertire
Sia perenne lode non già alla Musa
Ma al Padreterno che tutto vede
[ e tutto scusa]

Posso però da ora anticipare
Che il nostro eroe Giobbe in conclusione
Si vede in grande copia compensare
Con beni, soldi e armenti a profusione!
Ma ancora di più è da evidenziare
Che sulla terra la nostra missione
E’ quella di affidarci nelle mani
Di Colui che su noi da sempre veglia
[ieri, oggi e domani].

*

Ingresso di Gesù in Gerusalemme

Quando giunsero al Monte degli Ulivi,
nei dintorni di Aelia Capitolina,
Jerusalem, verso Betania, quivi

Ove Lazzaro alla sorte meschina
Avea sottratto Gesù, da quel Monte
Disse a due dei Suoi: - “ Giù per quella china,

in quel villaggio che vi sta di fronte,
all’ingresso troverete legato
un asinello che ancor non ha monte

sacrileghe o giogo, mai sopportato.
Scioglietelo e conducetelo qui!
Se vi chiedon chi vi abbia autorizzato,

rispondete che serve a Rabbunì,
ma lo rimanderà speditamente!”
Andarono e trovaron, lì per lì,

legato fuori d’una porta, niente
di meno che un asinello, il quale
si fè slegare molto docilmente!

Però i presenti gli dissero: - “E’ male,
ci insegna Mosè, prender l’altrui cose!”
Ma essi gli risposero in modo uguale

A come aveva detto Gesù! Dose
Alcuna di sentenze o norme più
Non fêro’ e si avviaron per le anfose

Vie! Sicchè lo condussero a Gesù,
e per renderGli comodo il montare,
gli misero addosso i mantelli; e su

di esso Egli fu issato! A tappezzare,
con palme e mantelli, come un tappeto
provvidero tutti e intenti a gridare

festosi: - “ Osanna! Che sia benedetto
Colui che viene in nome del Signore!
Benedetto sia il regno del Re Eletto!

Davide Padre nell’Alto Splendore
Dei Cieli!” Entrò così il Messìa,
Trionfante a Jerusalem, fino al cuore

Del Tempio; Ei, visto tutto, andò via
Di nuovo a Betfage e Betania,
l’attuale cittadina El Azarìya!

*

Quel sergente che fu

Non ricordo, adesso,
In nome di quale libertà
I tuoi ordini del giorno io combattessi
Anche se oggi so
La legge che ci vide opposti

Seppi però più tardi
Che non di ferro
Era quel cuore
Che ti batteva in petto

E quante favole, poi,
Volevo dirti
Ma tu sembravi eterno

Squilla nei cieli
Tromba del silenzio
In onore
Di quel sergente che fu!



Cagliari, 19 marzo 1996

*

Per non dimenticare

Se c’è qualcuno che sa, parli!
Dica perché la Madre
è stata strappata al Figlio…
E il fratello al fratello….

E perché bambini senza colpa?
E vecchi senza tempo?
Perché?

Io, li vedo ancora,
in spirito e corpo
fluttuare attraverso i comignoli
e salutarci, con un sorriso pietoso.

Io, odo ancora latrati e voci
che radunano,
spaventano,
disperdono,
recidono legami e affetti
che non vedremo mai più.

Io,
sento
la vergogna di essere uomo!
E la paura di vivere e di amare!

Ma perché,
se perfino Gesù Cristo,
dalla Croce,
ci aveva già perdonati!
Perché ? Perché?

Parlate, voi che potete! Voi che sapete!
Parlate!

Io prometto che parlerò…

Per non dimenticare.

Cagliari, 27 gennaio 2001

*

La Risurrezione di Lazzaro

1. "Lazzaro, vièni fuòri!
Ritórnino in te a pulsare
Il ritmo e i vigóri
Dell'età tua solare!

2. E tu, Beliàr, sciògli i lacci
Che l'avvincono precòci
E i bramiti feróci
Placa su infine, e taci!

3. E vói Marta e Maria
Cessate il vòstro pianto!
Se credéte nél Dio Santo
Éi rivivrà! Così sia!

1. Ti ringrazio Padre mio
So che m'hai sèmpre ascoltato!
Ma il pòpolo, nón io
Sappia che m'hai mandato."

*

Le Nozze di Cana

-"Cosa ho a che fare con te

donna? Ancor non é giunta

la mia ora! Anche se

vi dico: l'acqua sia aggiunta


alle sei giare di pietra;

poi attingete e portate,

del liquido che trovate

alla tavola maestra!"



Il maggiordomo, lo sposo,

dopo assaggiato il vino,

chiamò a sé vicino:

- "Tu, il vino liquoroso


hai lasciato per secondo,

mentre di solito si fa

il contrario, a questo mondo!"

L'origine dell'aldilà



egli sapere non potea.

Così Gesù la Sua Gloria

manifestò alla Storia!

E la gente in Lui credea.

*

Il Canto di Giuda

Prologo

1. Il mio nóme nón èra
sinònimo di infamia,
prima che quélla séra
l'ignòbile ignominia

2. di quel bacio sulla guancia
a Gesù, mio rabbunì
io déssi.Fu pròprio lì,
il ricòrdo il cor mi trancia,

3. nell'òrto dégli ulivi,
che consumai il misfatto.
Ma chièdo un nuòvo atto
che tal nomea mi privi

4. nell'umana mia vicènda.
Pér quésto un'orazióne,
che un po' d'onor mi rènda,
vi farò di quell'agóne.

5. Vói, principi dél fòro,
sostenéte la mia vóce!
Nón lasciate che precòce
éssa risuòni al còro!

6.E vói, gènti dél móndo
lasciate il pregiudizio.
all'universal giudizio
c'è già Dio iracóndo!

Epilogo

Quando Gesù mi nominò
fra i dódici migliòri
io, Giuda di Kerìo',
il córso dégli onóri

avévo già intrapréso
délla teologal carrièra
giacchè il mio cènso èra
di quel lignaggio e péso.

Nél tèmpio a tu pér tu
stavo cón Gamaliele
e il fior fióre d'Israele
ma mollai tutto pér Gesù.

Fu subito evidènte
che il poter di Gesù Cristo
superióre a ógni vivènte
mai in tèrra s'èra visto!

E ciò nón dico a caso!
l'ho visto cói mièi òcchi
guarire chiunque tocchi,
liberare ógni pervaso.

E l'ho udito spiegare
più brani délla scrittura
la cui spiegazion è dura
pér il sómmo profetare.

La gènte lo ascoltava
dal sud al settentrióne
e méntre predicava
crescéva l'impressióne!

"Credetemi è il Messia "
-dicévo a tutti quanti-
"se Lui ci sta davanti
nón ci sarà più chi dia

molèstie al pòpolo di dio!
Hittiti e Cananèi,
o Romani! Vi dico òr io:
all'armi fratèlli ebrèi!"


Radunammo a profusióne
Samaritani e Giudèi,
cèrto prónti alla tenzóne,
cón in tèsta i Galilèi.

Dópo tre lunghi anni
passati a radunare
fòlle dai mónti al mare
e dópo tanti affanni

io chièsi al Nazarèno:
- "Maèstro , nón è già l'óra
pér il suol, pér la dimòra
di levar il mòrso e il frèno?"

Alle viscere m'affèrra
la rispósta rassegnata:
il Messia nón pér la guèrra
la missióne ha designata!

Il suo vèrbo è pér la pace
la sua lòtta pér l'amóre
affranto sòn nél cuòre
ad intèndere incapace!

E che cièco sóno stato
dópo n'èbbi cosciènza
d'orgòglio e supponènza
l'animo fu offuscato!

Ahi Caifa, anima néra
che m'hai scavato il cuòre
qual assetata fièra
hai succhiato il mio livóre!

Sènto ancor le tue parole:
"Dimmi Giuda predilètto
di Giudèa! Chi, elètto
a profèta si vuòle

il suol, la patria, il tèmpio
lascerèbbe ai suòi nemici?
Cói nemici van gli amici
o vanno cóntro all'émpio?


Lui, che òr ne avrèbbe agio
còl gran seguito di fòlle
perché nón ha il coraggio
e la spada in alto tolle?

Chi è re, sul tròno siède
e in armi gli hosti infidi
ricaccia ai lóro lidi
e ai padri l'onor riède!

Chi invéce si rifiuta
di adémpiere la légge
il frónte rómpe in schégge
éd il nemico aiuta!"

Muta èbbi la lingua e mèsta.
conchiuse me infelice:
- "E chi inèrte se ne rèsta
dell'émpio è bèn complìce!"

Nón fu pér trénta danari
che io dunque lo baciai!
Nón pér sòldi! quando mai,
pér simili salari,

tradito avrèi il Signóre!?!
Ma il Grande Sacerdòte
sómmo suonò le nòte
dél canto ingannatóre!

Così, méntre lo baciavo
infatuato da quel canto
Israele liberavo
e di ciò menavo vanto!

Ma il tintinnio d'argènto
gli òcchi sul mio malanno
e sul suo vile inganno
spalancò! E fu il torménto

che terminò sòl quando
prèda déi mièi rimòrsi
all'òrto me ne córsi
e mi spènsi penzolando.

Gesù, Figlio dell'Etèrno
mio Maèstro e Fratèllo
dal fuòco dell'infèrno
ti giunga quest'appèllo!

Perdóno, ancor perdóno
chiederti, Gesù, io voglio
pér la viltà e l'orgòglio
cón cui ho accòlto il dóno

délla tua missióne in tèrra.
E vói che m'ascoltate
lì, d'ógni bèn lasciate
di cura, affanno e guèrra!

*

Il cieco nato


1."Se taluno nasce cièco
rabbì, chi è peccatóre,
lui o il suo genitóre?"
- "Né l'un né l'altro è bièco


2. ma pér la glòria di Dio
sòn cèrte còse nél móndo;
in ésso io luce inóndo
pér volontà dél Padre mio

1. fintanto che ci sto. Muto
io sarò dópo." Détto ciò
inumidì cón lo sputo
il fango e al bagno di Silo',

2. dópo avérlo toccato,
mandò di córsa un tale,
che 'l discórso avéva in cale,
essèndo un cièco nato.

3. Sì féce , lo sventurato
e tornò che ci vedéva.
E c'èra chi nón credéva
dópo averlo incontrato;

1. ma vi èra pur chi invéce
dicéva - "E' pròprio lui!"
Tanto si disse e féce,
su quel prodigio di cui

2. sópra v'ho détto, ch'alfine
lo condusser dai Giudèi.
S'èra nél dì che plebèi
e patrizi, sia crine

3. o valle, vita o mòrte,
lavóro oppur dilètto,
d'ógni azióne fan difètto,
in buòna o in malasòrte.


1. - "Or dunque chi t'ha guarito?"
gli chieser quéi a più vóci.
- "Un tal chiamato Il Cristo ".
rispòse quéllo ai sòci

2. dél sinèdrio. E i giudèi,
ch'èrano in malaféde
disser: - "Costui ci véde
da quando è nato. Ed éi

3. in cuor suo ci inganna!"
Perciò déi genitóri,
cón i notificatóri
effettuarono la chiama!

1. - "Che paurósi, al figlio
Chiedéssero, a tu pér tu "-
gli dièdero pér consiglio,
- "chè èra in età, di quel Gesù ".

2. Riconvocato ancóra,
il neo-vedènte infine,
gli conférmo sènza spine
che profèta di buòn'óra

3. èra l'autor dél fatto,
nón sènza Dio, cóme éssi
aveano détto. Mèssi
i timóri da un lato

1. éi aggiunse: - "Nón s'è mai visto
che un sènza Dio, gl'òcchi
d'un cièco nato e tristo
guarisca cói suòi tócchi ".

2. - "E tu, che nél peccato
sèi nato, insegnare
vorrésti a chi le are
e i dètti ha già imparato

3. di Mosè?" Afferratolo
lo cacciarono di fuòri
cón insulti e clamóri
cóme un vècchio barattolo.


1. "Io sòn venuto al móndo "
-gli disse allóra Gesù-
"perché chi sta nél fóndo
riemèrga e vènga su "

2. I farisèi che udirono
chiesero quindi a Gesù:
- "Nói siamo sópra o giù?"
détto ciò aspettarono.

3. - "Se chi tra vói è pròno "-
rispòse lor l'Inviato
-"fósse cònscio dél suo stato,
allór sarèbbe buòno

1. il suo sentier davanti
a Dio. Ma pér erètti
vi spacciate tutti quanti,
ciò che vi fa reiètti "-.

*

I sogni svaniti

Sognavo il pane fresco del mattino
Sognavo degli amici
E un pallone da rincorrere
Mio padre sorridente
Che rientrava da lavoro
Una casa per proteggermi dal freddo
II
Sognavo un mondo nuovo
di uomini liberi e dignità
e quando ho visto le coste
avvicinarsi sempre più
alla nostra fragile barca
ho stretto forte la mano di mia mamma!
Non avrei mai creduto
che ci avrebbero ricacciato nel nostro inferno!
III
E voi, che avete il predominio del cielo, del mare e della terra,
che possedete le chiavi della ricchezza
e vi riunite in grandi consessi di potere
non pensate ai diritti dei poveri?
Non chiedete il mio consenso
per respingere i poveri che voi stessi
avete contribuito a creare!!!
Uomini di Stato
che dominate la terra con protervia
e vi fregiate dell'aiuto di uomini di scienza:
ricordatevi che la Terra non appartiene a voi
ma appartiene a Dio!!!!

*

I Re Magi

Avvénne un dì che il re di Palestina,
Eróde, saputo che dall'oriènte,
eran partiti di buona mattina

tre re, tra i più ricchi e pronti di ménte,
che avean patito quéi tanti disagi,
pér vedére il sovrano più potènte,

chiamò segretaménte a sé quéi Magi
e féce dire lor cón esattézza,
quando délla lucènte stélla i raggi

in éssi avesser mossa l'accortézza,
avéndo il re avuto turbaménto,
che secóndo 'l vedéssero in grandézza!

E appréso che il Sant'Avveniménto
lùogo dovéva avere in Betlemme,
ve li inviò nón sènza avvertiménto

che vistolo, tòsto in Gerusalemme
sólo a lui riportassero la nuòva,
affinché égli, lèsto, nón già lèmme,

andasse ad adorarlo nell'alcòva!
Udito ciò andarono i Persiani,
éd ècco comparire in ciel la pròva

dél lùogo óve il Padre déi Cristiani,
in fasce e cón la Madre si trovavano!
E i Magi quegli scrigni nélle mani,

in cui òro, incènso e mirra istavano,
donarono a quel Re in adorazióne,
méntre che déntro all'anima provavano

una gran giòia a quell'apparizióne
di ridondante e fulgido splendóre!
Infine pér diversa direzióne,

cóme gli suggerì ‘l sógno latóre,
fécero ritórno al loro paése,
e sènza ripassar dal mentitóre,

che passati due anni in vani attése,
immaginando vana la sua fròde,
fu risentito per le sue pretése,

che di lui s'avésse maggiore lòde
e glòria, senza capire che ‘l regno
dél Messïa nón era in terra! Erode

infine ordinò con un decreto indegno,
che i bimbi di Betlèmme di Giudèa,
fino a due anni avesser morte in pegno!

Pér la qual còsa, ancor sèrba nomea!
Intanto il Signóre Iddio in difésa
Dél Santo Suo Figliuòlo, in sógno avea

Mandato a Giuseppe un Angiol, che présa
La Madre e préso il Figlio se ne andasse
In Egitto e, soltanto dópo attésa

la mòrte dél tiranno, ritornasse!

*

Il migliore tra gli uomini

Certe volte penso :
“ Dio, aiutami, sono solo ed ho paura del mondo, della vita, della morte”.

Mi guardo attorno:
scopro gli altri
che hanno le mie stesse paure
e con essi posso dividere il cammino
e gioire
nell’impervio procedere dell’esistenza.

Allora mi chiedo:
“Cosa sei Dio?
Sei la nostra paura?
Sei la nostra debolezza?”

Blasfemo penso:
“ Noi, Ti abbiamo creato,
noi e solo noi,
a nostra immagine e somiglianza!
Specchio dei nostri animi incerti
Comodo rifugio
Grotta nella tempesta
Sole che ci scalda
Vacca che ci nutre!”

Ma se penso a Cristo
Membra trafitte sulla Croce
Duemila anni di piaghe sanguinanti
Migliore tra gli uomini
Esempio e Verbo:
qualcosa che non riesco a dire
mi tocca nel profondo
dell’antica memoria della vita!

*

Il mio Mantra

Il mio mantra mi porta lontano
fuori dai quotidiani confini
dello spazio fisico circostante:
e mi pare diversa e ingannevole
la concezione avita del mondo,
quando la mente si adagia
su chiazze informe di sprazzi indistinti di colore
e ora annega in essi, incosciente, felice,
ora insegue le rondini
lungo i corridoi di suoni che tracciano nell’aria,
perdendosi nel loro cinguettìo
che nulla spiega all’umano intelletto
ma pur ne placa l’animo irrequieto!

E mentre il mondo riacquista
le sue usuali forme,
un dubbio affiora lentamente:
se non sia meglio scoprire
ciò che a natura ci collega
prima di ricercare
nuovi, remoti mondi!

*

L’Alba di Verità

L’errore fu pensare
D’essere somiglianti
E immagine di Dio!

E’ vero che fu scritto
Per celeste intuizione
Ma fu pur sempre umana
La mano che lo scrisse!

E sotto questo cielo
Continuiamo a sperare
In attesa che arrivi
L’Alba di Verità!

*

Il Richiamo dell’Anima

Se si potesse ritornare indietro
Chi non si stringerebbe forte al petto
La giovin madre dei bei tempi andati?
E chi non seguirebbe quei consigli
Che contestati furono del padre?

Ah, se potessimo tornare indietro
Su quelle labbra rosa sospiranti
Di sogni ancor lontani da venire!

Ma se è pur vero che noi siamo in viaggio
Verso la patria da cui dipartimmo
Quel dì lontano che nascemmo in terra,
allora è meglio proseguir lottando
per quella via che al Monte Suo Superno
conduce con preghiere e con coraggio!

*

Il Mistero del mio Amore


Io non ho amato mai,
poiché mai mi amarono
le donne che io amai
e non amai
coloro che mi amarono!

II
Insegui dapprima
Impossibili amori;
poi, quando il corpo prepotente
me lo chiese, amai,
ma non fu amore;
fu sì, dolce scoperta del piacere,
pelle dentro pelle, fuoco con fuoco,
furore placato nella voragine della vita;
ma non fu amore.

III
Neppure fu amore
Lo spasmo con cui attendevo
Vedere l’aria colorarsi
Delle sue forme,
quando mi bastava sentirla,
eterea, impalpabile ma presente,
che pur sapevo non mia
e non fu amore.

IV
Così, ancora ti cerco, sublime, decantato amore.
Chi sei?
Sei per tutti o sei per pochi?
Tu che catturi i cuori e la ragione?
Sei realtà o finzione?
Sei menzogna o verità?

V
Ancora ti cerco,
struggente amore,
occhi senza veli,
compagna di volo,
schiava e padrona,
madre e amante,
mistero della vita!

*

Solo per pensare a lei

Non passate per la mia strada
Ch’io non pensi che sia lei
Che viene.

Non bussate alla mia porta
Ch’io non pensi che sia lei
Che viene a chiedermi d’amarla.

Non chiamatemi e non cercatemi,
non chiedete di me
a nessuno;

lasciatemi in pace,
da solo,
ch’io possa pensare a lei.

*

Il Fannullone

Forse io ero un fannullone
Sin da quando bambino
Sognavo di girare il mondo;

Sì, io dovevo essere proprio un fannullone
Perché io non pensavo , sin d'allora,
Di impiegare il mio tempo sulla terra
A fare soldi, a cercare il potere, il successo, la carriera.

Da buon fannullone
Non ho mai dato neppure grande importanza
All’apparenza, all’eleganza,
alle auto di lusso.

E quando cercavo nella luce delle aurore e dei tramonti la verità
E quando credevo che i poeti fossero i migliori
E quando sognavo di volare
Io ero un fannullone.

Poi, quando ho scelto di dare a nolo allo Stato
Il mio diploma di laurea
Convinto che la società avesse bisogno di modelli,
di esempi, di libertà, di fantasia, di idee, di passioni
e quando talvolta mi lasciavo sopraffare
da vulcanici ormoni in eruzione
io ero un fannullone.

Ed ero certamente un fannullone
Anche quando, pur secondo legge,
preferivo l’amore, la dedizione, l’affetto
che nessuno conteggia nel Prodotto Interno Lordo!

Infine quando sceglievo di considerare più importante
L’essere dell’avere,
il pensare rispetto al fare,
il meditare piuttosto che l’agire
io ero un fannullone.

Ed ora che ho scoperto la parte migliore della vita,
Che non mi verrà tolta,
persisto e sono sempre
un fannullone!

*

Vanità delle Vanità

Fingo d’essere quel Re sapientissimo
onde mostrarvi gli inganni del mondo!
Ciò che a volte a noi appare verissimo

spesso è un quadro che ricerca il ritondo.
Non è pessimismo il mio, ma realtà!
A che giova essere triste o giocondo?

Tutto è vanità delle vanità!
Vano è il piacere che stilla l’amore,
Vana sapienza, anche con umiltà!

E' vano chi vive e vano è chi muore;
vana stoltezza che ci spinge in basso,
vana la gloria che induce all’onore!

Vana l’accusa che offende col sasso,
vana difesa che indulge le pene!
Vano è il mangiar che sia parco o sia crasso,

vano il digiuno che asciuga le vene;
è vano il tramonto e vana è l’aurora!
Vano è anche il fiume che va e che viene!

Vano ogni soffio di vento e di bora,
vano ogni evento che appar sotto il sole;
vana è la storia corrente e d’allora

vano ogni odio e ogni male che duole;
vano ogni sforzo o tenzone mentale;
vana fatica il mortaio e le mole;

vana caparra che vale o non vale!
Vano l’inebrio che viene dal mosto,
altresì è vano ogni sforzo manuale;

Vano è volere esser vani a ogni costo,
è vano dire il falso o dire il vero,
per quanti in sorte hanno certo quel posto!

Vano Ti cerco per ogni sentiero,
vano non esser mio dolce Signore
con chi ti cerca e ti brama sincero

con me che bramo soltanto il Tuo amore!