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Raccolta di poesie di Alessandro Ferrari
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Tutti questi anni

TUTTI QUESTI ANNI

Saltai fuori nel bel mezzo della notte,
e subito rischiai di non far parte del gruppo
così promisi che avrei corso sin quando avessi avuto vita,
e giurai che avrei spinto sin quando ne avessi avuto forza
ma corsi come un cieco e lasciai i miei sogni a sbandierare
nel vento, troppo a lungo,
e la pioggia è caduta e la strada è smarrita
e gli anni sono passati,
attraverso foreste di gente che ho conosciuto;
questi anni sono passati
tra musica amata e libri da leggere;
tutti questi anni
tra tragedie nel mondo che non avresti mai pensato.
E quando hai un attimo di tempo e ti fermi a tirare il fiato
Ti accorgi che sono passati in un respiro.

Ero ancora troppo piccolo per vivere
una mancanza così grande e mi aggrappai a me stesso
e alle ombre della camera. Il pilota volò in cielo tra lamiere e benzina
la mia piccola addolorata anima vomitò parole e non smise più
e creò nuovi eroi e realtà che vedevo solo io
nel buio, nella luce,
e le pagine scorrono e gli amici scappano
e gli anni sono passati
attraverso un mare di foto che ho scattato
questi anni sono passati
tra musica imparata e libri ideati
tutti questi anni
con le centrali che esplodono e i grattacieli che cadono.
E quando hai un attimo di tempo e ti fermi a tirare il fiato
Ti accorgi che sono passati in un battito di ciglia

Entrai nel mondo del fuoco e dell’acciaio
L’acciaio andava sollevato e strappato, il fuoco era nel cuore
Là imparai a dare il meglio di me e appresi
che non mi sarebbe mai stato sufficiente
Ma ancora strinsi i denti e vidi il mio sangue
sulle mani, per terra.
E le sconfitte bruciano e le vittorie inebriano
e gli anni sono passati
attraverso un mare di medaglie che ho preso ed ho perso
Questi anni sono passati
Tra obiettivi sfuggiti e vittorie troppo piccole
Tutti questi anni
con quei cinque cerchi mai raggiunti a segnarmi l’anima
e quando inciampi in una notte in cui non riesci a dormire
Ti accorgi che sono passati nel tempo di un applauso.

Poi arrivò il mio grande fratello con la chitarra
e quella voce potente che non mi lasciò più
lo misi assieme agli altri maestri: lo scrittore che boxava,
il dottore che sparava, gli uomini con le piume nella prateria,
il cow-boy di carta e l’inventore di Macondo.
Il vento della montagna come motore
E le storie della strada dei tuoni e la terra promessa
E gli anni sono passati
Tra chitarre comprate e spartiti imparati
Questi anni sono passati
Con gli occhiali smarriti e incidenti scampati
Tutti questi anni
Con le file ai concerti e biglietti strappati
E quando ti imbatti nella canzone giusta alla radio
Ti accorgi che sono passati nel tempo di un assolo.

Mi persi, un giorno, d’estate
in un improvviso grande dolore
e il mio sangue
che cadeva sulla polvere bianca
non coagulava
e non aveva nulla di nobile.
Sconfitto
salutai una parte di me
che non avrei visto più.
Sconfitto,
gridai NO al cielo
con quanto fiato avevo
e infine entrai in un buio tunnel di dolore.

Sconfitto ma non domo tornai sulle vecchie strade
E mi trovai migliore di prima perché il dolore fortifica
Ripresi i miei maestri e lastricai ancora la strada
D’oro, d’argento e di bronzo e la feci brillare
Per un’ultima splendida volta
E mi misi a correre verso nuovi sogni che lassù
Chiamavano impazienti.
E ancora gli anni son volati
Davanti ai miei occhi di bimbo mai cresciuto
Questi anni sono passati
Nelle mie mani curiose e ferite
Tutti questi anni
Col giuramento eterno fatto ad una donna che veniva da lontano
E quando, a volte, ti fermi a pensarci ascoltando il mare
Ti accorgi che non sai da dove sono passati.

Vorrei avere un quadro per ogni volto che è passato di qua,
per ogni compagno scomparso, per ogni affetto smarrito,
per ogni promessa tradita; vorrei una foto per ogni luogo
che ho amato, per ogni bacio che ho scambiato per ogni
vittoria che ho avuto
durante tutti questi anni
coi programmi mai finiti e le rivoluzioni fallite,
tutti questi anni
tra impegno e delusione da ingoiare ogni giorno;
tutti questi anni
con i miei eroi inventati e la natura che amo.
E appena guardo dentro il cuore
Scopro che tutto è rimasto davvero lì.
Tutti questi anni.

*

Una fata...una notte

E così
la notte ci piombò addosso
o forse
invase i nostri occhi
troppo pieni gli uni degli altri,
comunque
non sapremo mai da dove giunse.
Lei disse: " Sei l'amore. "
e decise che ne avrebbe conosciuto
ogni dettaglio: persino il sapore.
Fu sopra di me e la guardai
poi sparì e chiusi gli occhi.
Capii allora che in realtà
era dovunque.
Era sopra, era sotto.
Era dentro e fuori di me.
Era l'aria ed io mi persi
nel vortice che era lei.
E la riconobbi perchè si era fatta notte
con la leggiadria che solo una fata
può avere, trasformandosi.
Parlò con me
ma non udii.
Parlò di me
con bocca piena
e gote infiammate.
Parlò in una lingua
che non avevo mai immaginato.

Pensai gridare, pensai di morire
pensai di disperdermi e pensai di soffocare,
invece esplosi ma non mi persi
lei raccolse tutto
con la leggerezza che solo una fata
può avere, innamorandosi.

Riaprii gli occhi, lei ricomparve
e finalmente fu chiaro
che la notte era proprio lei.
Sarebbe sempre stata lei.

*

E poi

E poi
cercherai i pezzi di una vita
che non hai conosciuto
e di cui sentirai la mancanza,
cercherai
con occhi bagni e animo sconfitto.
Cercherai
nei cassetti che sapranno di chiuso;
ti aggirerai in una casa che voleva appartenerti
ma che hai visitato di rado.
Cercherai i pezzi di una vita
che hai messo da parte
e troverai invece le urla silenziose
di una solitudine piena di dolore
nelle pagine di libri che parlano
anche di te,
nei foglietti scritti da dita sempre più deboli,
in quei quadri che cercavano di eternizzare
il bello che tua madre ricordava.
E poi
ti volgerai indietro
a cercare la fotografia dell'ultimo abbraccio.
Ti volgerai
a rivivere la sensazione di quelle dita
che ti lisciavano i capelli.
Ti sporgerai
dalla finestra della vita
per cogliere l'ultimo richiamo accorato,
preoccupato, divertito o furente
di tua madre.
Resterai solo
in una stanza piena di solitudine
appesa come stracci ad ogni angolo.
La vedrai
nelle vestaglie riposte,
in quelle dimenticate sulla sponda del letto,
nelle ciabatte logore e nascoste.
Nei vestiti che hanno accompagnato la storia
di chi ti ha amato e che nessuno mettera più
Nella grinza del divano, comoda e triste.

E poi
sentirai
il silenzio farsi pesante come una colpa
ma ci sono soltanto i quadri alle pareti
a guardarti, adesso.
L'amore di chi ha passato notti infinite
vegliando, guardandoti,
hai ripagato con telefonate frettolose
e distratte.
E adesso vorresti un attimo ancora
per capire, per chiedere, per rimediare
ma gli attimi sono finiti
e non puoi più rimediare.
Puoi solo chiedere e ricordare
per quanto faccia male.

E poi
penserai
di chiudere la porta dell'appartamento
magari penserai di averlo fatto davvero
ma certe porte non restano chiuse, mai,
fanno finta
sono abili nello scassinarsi da sole.
E d'un tratto
magari durante una notte pesante
senza preavvisi
tornerà a filtrare una luce
e in quella perderai tutte le lacrime
gridando domande che moriranno
sulle tue labbra.

*

Che cosa siamo

Siamo pessimi attori, pessimi registi delle nostre vite;
siamo formiche in una bottiglia, gli stessi vuoti giri,
le stesse sbagliate risposte ai problemi insoluti.
Siamo cani zoppi sulle strade tranquille che conosciamo
che ci conducono a mete incartapecorite.
E tutto quello che possiamo tramandare
è la quieta rassegnazione alla vita che conduciamo.

Siamo le lettere mai spedite, mai scritte
sempre programmate.
Siamo gli affannosi conti a fine mese
sul tavolo di cucina.
E gli anni passano scanditi dai nostri
...domani...
ma il peso che ti sovrasta è quello delle cose
che non hai fatto;
le rughe attorno agli occhi sono dettate
dai tramonti che non hai visto;
e le gambe sono stanche per i chilometri
che hai deciso di non percorrere.

Quante strade hai finto di non vedere,
a quante svolte della vita hai tirato dritto
per finire contro il palo del destino,
o peggio,
giù dal ponte della tristezza.
A quanti occhi hai detto addio.

Siamo scogli alla deriva, onde che non arrivano mai.
Siamo tristi bandiere senza vento,
la stessa rassegnata attesa.
Siamo comparse in cerca di una partitura
che sbaglieremo nei tempi, nei modi,
comunque.
Quello che non riusciamo a capire
è come si faccia ad andare avanti.
Cosa è che ci spinge a proseguire;
forse il velo che copre la finestra,
la carta che nasconde il regalo, lo sguardo giusto
che ancora non hai incrociato.
Cosa è?
E cosa siamo se non pessimi attori
sempre in disordine, sempre in ritardo
con una battuta ancora da imparare
a riprese finite.
Che cosa siamo
se non uno sguardo
che si chiude sul mondo.

*

Una sola bandiera

Spazzano via i detriti da questo povero mondo
e chi è fuori è fuori
chi è dentro è dentro.
E l'ubriaco per terra sulla strada per Caracas
rotola dove nessuno potrà vederlo,
là dove potrà essere dimenticato.
Foglie e pagine che vagano nel vento,
petali di fiori ignorati
avvizziti e strappati.
C'è gente che viaggia impegnando la vita
alla ricerca di un domani migliore,
illusi dall'idea di un'esistenza diversa
da cogliere appena svoltato l'angolo.

La polvere del sud del mondo è pronta
passeranno più tardi ad impacchettarla,
saranno uomini con divise splendenti,
sorrisi impeccabili appena restaurati.
Porteranno via i resti di un mondo offeso,
già conquistato, poi spersonalizzato
infine deriso ed umiliato.
Si istalleranno piscine e solarium
sui resti di pueblos millenari.
Grattacieli al posto di templi.
Glutei pubblicitari sopra i volti
di eroi libertari.
E ci sarà una sola bandiera, una sola lingua
una sola moneta.

Spazzano via i detriti del mondo più povero
quel mondo che non può difendersi,
che percorre miglia a piedi scalzi
lontano dai nostri condizionatori
dai nostri fuoristrada di marca.
Un mondo che mormora piano in quechua
e non capisce, e non vuole farlo.
E non si adegua e nè ci tiene a farlo.
Quel mondo di cappelli bianchi che vediamo
a National geographic e pensiamo di conoscere,
nei mercati caotici di Cuenca, La Paz.
Su corriere che scalano le Ande
gonfie di fagotti straripanti. Lontano,
al di sotto dei nostri comodi Jet di linea.
Popoli che grattano il fondo del barile
per cercare le briciole da arrivare
a fine giornata.

Nelle valli risuonano flauti tristi
come l'anima dell'uomo che si regge
ad un bastone contorto, fiacco.
Brindisi sprezzanti salutano l'operazione
di pulizia, strette di mano ansiose
di commercianti che già pregustano nuovi guadagni
già immaginano la sensazione del portafogli
gonfio sul petto, là dove hanno cavato via
il proprio cuore.
E nessuno ascolta più le madri nella piazza
a gridare la loro muta domanda.
Nessuno guarda più i figli sparsi
come petali tristi, lontani, confusi,
spiazzati su strade di un mondo diverso.

Si sono già spartiti la parte povera del mondo
a lotti, a quarti come una bestia da macello.
Lo hanno fatto sotto i nostri occhi distratti
dalle sorti dei giochi televisivi,
dalle finali delle coppe,
dalla classifica delle hits.
Noi che non capiamo
e potremmo farlo.
Lo hanno fatto sulla pelle dell'uomo
che anche questa notte rientra, scarpe rotte
lungo la strada che muore a Saruma,
stretti nelle mani i quattro dollari
guadagnati oggi per aver raccolto,
oggi,
le arachidi che saranno il nostro aperitivo
domani.

Ma presto ci sarà una sola bandiera
un solo candidato da votare, una sola moneta.
E tutti questi discorsi saranno aria fritta,
o sarà meglio dimenticarli di averli fatti e sentiti,
negare se necessario, perchè chi può permettersi
di fare mille volte il giro del mondo
non vorrà sentire parlare del bimbo
che invece muore di fame, di quelli divorati
dalle mosche: manderanno i trattori
per seppellire queste scene.
O sventoleranno, come un'insulsa bandiera
il certificato di adozione a distanza;
quella sorta di elemosina per corrispondenza
che gli permette di dormire la notte.

Ci sarà una sola bandiera da sventolare
forse sarà quella più stellare.
Ci sarà un solo candidato da votare
e sarà quello col sorriso più accattivante,
quello che saprà vendere meglio
le proprie bugie e quelle del cartello
che rappresenta.
Il mondo sarà allora un unico, immenso
mercato globale, come da tempo si vocifera,
ci si augura, si auspica a gran voce.
Un enorme mercato globale dove, a guadagnare
saranno solo i mercanti più scaltri,
quelli che dirigono i giochi dall'alto
dei loro menhir di cristallo.
E gli altri nella polvere, a boccheggiare
costretti a sospingere i vicini più sotto
per una boccata d'ossigeno, un sorso d'acqua.

Domani, il sud del mondo sarà cancellato
perchè tutto sarà sud.

*

L’ultimo petalo

Sopra alle frontiere di questa terra
io proverò a volare.
Abbiamo già pagato quello che era pattuito.
Un movimento nella nebbia fa sussultare
il mio trepido cuore:
è la mano di un amico
o la lama del destino?

Così credevi di poter solcare il cielo
se pur privo di ali.
Ti sei attaccato ad un sogno,
come un bimbo alla madre.
E sei caduto dopo aver spinto
appena spiccato il volo.
Chissà se hai capito quel'era l'errore.
La luce che esce dai tuoi occhi
illumina la stanza
di ombre sinistre
e di gelidi rumori.
Qui tra le mani ho ancora l'ultimo petalo
frutto di sacrifici senza fine.
Voglio sapere se a qualcosa son serviti
e tra poco scioglierò questa nebbia.

Forse, ignari, ora siamo morti
o forse non siamo mai nati
ma un treno mi ha aperto la strada
questa notte.

Sopra alle frontiere di questa terra
io proverò a volare
solcando il cielo
accarezzando le nuvole
stringendo il petalo che sarà il mio cuore.


2/6/'89

*

Tramonto

Cosa cercano i gabbiani nel vento?
Dove volano i gabbiani nel vento?
Forse cercano ancora il sole che muore
e si lasciano trasportare dolcemente
contro questo cielo livido e purpureo.
dove vanno, mentre il mare si scatena
contro gli scogli e solleva spruzzi
che sembrano volerli colpire.

Cosa cercano i gabbiani nel vento?
O forse: cosa vorremmo stessero cercando.
Forse le risposte che sfuggono a noi,
quelle che non sappiamo ascoltare.
Forse vorremmo che le trovassero
e le portassero sino a noi.
vorremmo che dal cielo potessero
guardare il futuro per aiutarci.
Ma per quanto si spingano in alto
non riusciranno a guardare così lontano.

Dove se ne vanno i gabbiani
contro questo cielo sempre più cupo,
loro che in realtà non hanno domande
e che non hanno bisogno di risposte.
Forse volano verso il sole giusto per salutarlo,
un ultimo giro di walzer
prima che la luce si spenga.
Prima di aspettare il vento di domani.

Eccoli ancora a solcare il cielo
nelle loro solite traiettorie,
sicuri ed esperti del loro poco
come la nave che esce dal porto,
tutte le luci accese.
Da qui sembra scivoli via senza problemi,
silenziosamente.
Maestosamente.

I gabbiani sanno su quale scoglio si poseranno domani
così come la nave sa in quale porto farà scalo.
Noi restiamo qua, ad una finestra sul mare
sognando di poter essere un gabbiano, un giorno.

Restiamo a guardare da questa finestra sulla vita
dove il mare nasconde i nostri dubbi,
e noi come la nave lo solchiamo
erroneamente sicuri
perchè quelle onde potrebbero tirarci giù
da un momento all'altro.
Forse vorremmo solcarlo, quel mare
come fanno i gabbiani, senza domande,
sicuri ed esperti delle piccole vite
che riusciamo a ritagliarci.

O forse è meglio porsi queste domande
è meglio vivere e provare
e tuffarsi nudi nel mare;
cercare di arrivare sin dove possiamo spingerci
sin dove i polmoni ci portano,
sotto quel mare a guardare i nostri dubbi.
Perchè quei gabbiani forse
neppure si accorgono dei colori di questo cielo,
neppure si accorgono della bellezza di questo mare
che sembra chiamarli con rabbia.