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Raccolta di poesie di Alessandra Jorio
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Del limite e del vento

Quel che voglio è nascosto in un respiro

Di vento. Oltrepassare

La siepe, delle valli il limitare

Tranquillo, poi l'azzurro

Profilo delle ripide montagne.

Infine il cielo: bucare

La trama della nostra finitezza

Chiamare Dio, perdio,

Alla sfida più antica della storia

Salire verticale

Frantumare ogni limite

Cadere.

Giacere nell'abisso. E poi

Tornare. Così fa lo Scirocco

Tra le dune, deserti
Che nel fondo mi assomigliano. Un poco

Di vento, una misura

della vita che si fa viaggio ed eco,

Un'ambizione di non morire mai.

Sempre, di andare.

 

 

 

*

E’ tardi

E’ tardi. Ti rimbocco le coperte,

ti do la buonanotte con un bacio

leggero, che non abbia a spaventarti.

Resti in silenzio, le pupille chiare

sulla mia schiena.

Già senti ricamare le cicale

nella quiete assonnata di un agosto

lontano. Nel celeste dei tuoi occhi

solo appena sbiaditi, io lo so bene

che la notte è finita ancora prima

di cominciare, e tu sei già per strada.

C’è una bambina, una bottega. Dentro

Sacchi di grano, balle di cotone

e qualche caramella dal sapore

d’orzo e di menta. Sono voci

e risate, in questo dormiveglia

che ti conduce in un presente antico.

Anche tu ridi, col verso di un uccello

piccolo e impertinente, che già vola

dove nessuna rete può fermarlo.

Allora so che a me, che ti son figlia,

resta di accompagnarti come fossi

tu la mia bimba tenera e piccina,

che dal mio abbraccio partirai lontano.

Così ti stringo, ancora, perché resti

impigliato per sempre il cuore mio

ai tuoi capelli, al bianco delle ciglia,

a questo istante che sa già di eterno,

ad un sottile odore di lavanda

che ti somiglia.

*

Dalla terra alla luna

Cogliemmo della luna,appena in tempo,
Un filo sottilissimo d'argento
Che intrecciammo alla punta degli scogli
Lungo la spiaggia.
L'altro capo, lo vorticammo ai polsi
Ci scortico' le vene insieme al cuore.
Un ultimo barlume di lampara,
Poi fu silenzio e sciabordio di remi
La luna fu mangiata dalla notte
E noi dal mare.
Dalla terra alla luna solamente
Dista un filo d'argento: un'orizzonte
Che divide la vita dall'abisso,
Quasi un coltello.
Con quella lama separammo il buio
Dalla luce del giorno, che ci colse
Le pupille ferite, e sorprendenti
Gesti convulsi di sopravvissuti
Incontro a un porto sconosciuto e ostile.
Dalla trama sbiadita della luna
Districammo a fatica qualche sogno
Da nascondere in tasca
E fu mattino.

*

2017, Birir

Alte leva la terra
Le braccia a supplicare un Dio nascosto.
Lunghi filari gravidi,
raccolti sul pendio. Vibra una densa
caligine azzurrina, che sale dalle valli.
Odora il mosto

degli infedeli. Presto
di nuovo danzerete nudi ed ebbri,
attenti! Su di voi
si abbatte l'ira grigia del profeta,
ira sui discendenti di Alessandro.
Ma invano: tra i Kalasha

si alzano le coppe
e splende il riso, tra denti come perle.
Muoia la morte, viva
la speranza nei grani d'uva scura
dei vigneti kafiri, nei boccali
rubati alla paura.

*

1944, Ripe

Andammo all'alba consumando l'ora
nel sangue del bicchiere, dolorosa
la terra, aspra la notte e tempestosa.
Squassavano le bombe, e noi di sotto
come si sta bambini sotto i colpi,
senza potere niente, senza scampo.

Era lunga la notte, la cantina
piena di fumi e odori, mormorava
bisbigli, pianti, gridi. Respirava
con ansimare d'animale, ed era
un corpo solo dalle molte voci,
era una sola carne, in sacrificio.

Il lume tremolo', morì del tutto.
Allora ci attaccammo lingua e denti
all'ultima sorsata, e parimenti
le mani si intrecciarono alle mani,
e mani e lingue e vino e fiato e pena
presero forma d'una cosa sola,

d'un pensiero soltanto, un'ossessione:
essere ancora, essere per sempre.

Passò la notte, ed eravamo vivi.

*

1917, Sas de Stria

Neve. Cosi cadesti in fondo al giorno
di capodanno, un giorno indifferente
senza musica e fuochi d'artificio
senza pranzo di gala, senza niente.

Dietro ai sacchi di sabbia, nelle fosse
stavamo stesi in fila, ad uno ad uno
passandoci la fiasca: ti ricordi?
Dalle colline marchigiane uno,

pareva il più guardingo, sconcertato,
e sapeva soltanto raccontare
della vendemmia a casa sua, al paese
appeso alla collina, sopra il mare.

Di quel profumo grato e senza tempo
sapeva anche il Verdicchio nella fiasca
giunta, non si sa come, a noi, sepolti
nella trincea, bianchi di neve. Nasca

la pace, l'amicizia. Un sentimento
caldo e dolente ci sbrinava il cuore,
Ma il vino è già finito, gelo e neve
ricoprono gli Alpini, nel Cadore.