chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Andrea Leonelli
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

La pulsazione aritmica

Viscere scoperte

sangue versato

per me.

Gocce rosse da bisturi

cadono

come al rallentatore.

Invisibili sintomi

di tempi sbagliati,

visioni rovesciate

a ricomporre un quadro

colorato di gas.

Anestesia imperfetta,

puzzle di visioni lampeggianti

come fari lontani.

La pulsazione aritmica

di sensazioni di prossimità

*

Scusa come resti

Scuse come resti.

Monete del perdono.

Ciò che resta

le ossa dei litigi,

le ceneri delle passioni.

Promemoria per errori scordati.

Orme dei passi avanti fatti

lasciando indietro passati errati.

Sentirsi silenziosi dentro

e non avere niente

di cui parlare con se stessi.

Pentirsi delle parole

mai pronunciate allo specchio

e sentirsi come una chiazza

di colore fuori posto

*

Cosparsi d’assenze

Consumo tempo spaccando crani

morti da eoni.

Suono femori

inanello vertebre

circondato da cenere e passato.

Mi muovo sognando in questo mondo

grigio e bianco d’ossa.

Niente altro da fare che frantumare

pezzi d’esseri passati

e aggiungere polvere al vento

che erode e corrode

acido

il nulla che mi circonda.

Sorvolo desolazioni monotone

su ali di morte.

Vuoti cosparsi d’assenze.

Ciò che era non è più.

 

Quando non c’è più nessuno

a pensare, sognare e sperare,

idee, sogni e speranze

restano?

*

Notti ad anima aperta

Presentimenti suonano

ininterrotti nella mente,

allarmi continui
e segnali
che preoccupano
e fanno star desti,
in tensione,
con le orecchie tese.
Fibrillazioni improvvise
che scuotono il cuore.
Shock, shock
e adrenalina
che scorre in vene vuote,
un vuoto che non si riempie.
E angoscia
e lacrime
di chi resta solo.
Arrivi e partenze
che scivolano
nelle ore buie
di queste notti
ad anima aperta.

*

Esisto in quanto quanto

Sono in movimento
caotico browniano.

Mi perdo negli scontri con me stesso
urto realtà immaginifiche
disperdendole un spuma probabilistica.
Seguo traiettorie decoerenti,
mi fingo luce camuffandomi da fotone,
sono particella vestita da onda.
Ho un’origine, ma non la ricordo
e una destinazione ma non la conosco.
Colui che osserva non ha ancora
né ucciso né liberato il gatto.
Per adesso resto implausibile
ma esisto in quanto quanto

*

La mia rosa nella nebbia

Avvolte nelle spire
di questo buio sfumato
avanza
la mia rosa nella nebbia.
Calca l’oscurità con passo sicuro
per donarmi
il velluto dei suoi petali
aperti per me
sotto le mie dita.
Non temo le spine
fan parte di lei.
Sono la sua natura.
Non sarebbe una rosa
se non pungesse
ma profuma d’amore
e se s’ammanta di nebbia
è per il dolore
di non poter fiorire ogni giorno
sotto la luce dei miei occhi.
E so che quando torna alla nebbia
piange per me
lacrime di rugiada.

*

Il nulla fatto materia, impalpabilmente

Persone come nebbia
fili di fumo
che si intersecano in spazi diversi
in altrove paralleli
senza corporeità
senza la possibilità
di completa fusione
di personalità e storia
perdendo i confini del sé
arricchendosi della storia dell’altro.
Diffusi e flebili come fili di vento
come ragnatele di luce
unione singole o multiple
da cui derivano costrutti nuovi
stati quantici inediti
particellarità ancora ignote
con vite talmente inconsistenti
da annullarsi semplicemente
nella non essenza.
Il nulla fatto materia, impalpabilmente.

*

Sipari aperti

E ci sono lacrime
che rotolano
come note sulla sabbia
per essere suonate da onde
che vengono da lontano.
E diventano risate
che si muovono
fra labbra che si baciano
fra un piatto e uno sguardo
fuori dalla finestra aperta
su chissà quale paesaggio di domani.
Ma è con questi respiri
che voglio vivere
alla distanza di una mano tesa
persa fra i capelli
che piano piano
diventano del colore
della neve d’inverno
che ancora non scende
su di noi.
Abbiamo sipari aperti
e buche senza suggeritore
ma andremo sul palco
camminandoci incontro
e saremo l’unico centro
del nostro quotidiano essere.

*

Lavo le mie ossa

Lavo le mie ossa
con i flussi
della sabbia del tempo.
Una clessidra rotta
a spargere ore vuote
nel nulla a contenere.
Assenza del sé
in quadri bianchi,
in cornici vuote.
Facce piatte
di antenati ignoti
raffigurati in lapidi
perse in cimiteri dimenticati.
Come fili di nebbia in paludi di silenzio.

*

L’Ade in me

Covo e coltivo
dentro me
quel tetro Ade
in cui cresco i dolori
e conservo le pene
Quelle da cui traggo
la frusta a sferzare,
il pugnale a trafiggere.
Quel posto in cui ripongo
i volti dimenticati,
le parole sprecate.
Provviste di pena,
macerate e stagionate
nell’inverno ricorsivo
che incontro ciclico
e da cui rinasco
per tornare a guardar nell’Ade
nascosto negli sguardi altrui.

*

Proprio io ho sparato

Soffocavo tra le spire
dei ricordi di un sogno
reale come un taglio
s’è scheggiato ai bordi
poi è esploso in frantumi
e lo vedo
crollare al suolo
come colpito da un proiettile.
Ricordi un futuro
mai realizzato.
Un futuro sbagliato
a cui
proprio io
ho sparato
e guardando il cadavere
da cui uscivano illusioni
ho riposto la mia arma
e ho guardato oltre.

*

Solo bianco

Un battito
e poi bianco.
Solo bianco,
e fatica.
Aria che non passa
e solo voci,
solo mani,
sulla mia pelle
bagnata
di sudore gelido.
Freddo bianco,
Come ghiaccio nel petto,
come morsi al torace.
Lame che scorrono
nella pelle.
E gronda acido
sul futuro che conoscevi.
Scende la notte
sui domani immaginati
e resta angoscia
sui giorni a venire

*

Orme

Cammino
coi miei figli accanto,
mai così vicini
e così lontani
I loro piedi
non calpesteranno mai
le mie orme
distanti anni
dalle loro
e a così pochi passi
dalle mie.
Come impronte sulla spiaggia
che il mare cancellerà,
un giorno dopo l’altro
come onde che si inseguono.

*

DNA di malinconia

Piovono parole
dagli occhi alla carta.
Spenti, e vuoti
creano sequenze
come DNA di malinconia.
Eliche d’assenza
mi si avvolgono dentro
e stringono
spremendo le ore attese
facendone costruzioni
che non escono
dai denti serrati,
dallo stomaco stretto.
E ancora sto a bagnare carte
con gocce d’anima.

*

Gusci a perdere

E sbatti ancora

contro i dolori
dentro sguardi impauriti
in silenzi imposti
e nelle gocce che scendono
Flebo e lacrime
e saliva assente.
Gole che grattano
polsi legati
e aria pompata.
Salvati da sedativi
e da amnesie.
Ma dov’è la salvezza
per queste finzioni di vita?
Quale il prezzo
per i gusci a perdere?
E restano giorni rubati
immersi nell’agonia
di un male che consuma.