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Raccolta di poesie di Gabriella Vai
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Surreal Tango ~ Suite

(Intro)

 

Riflessi d’un infranto core
Azzurra vita che non vieni
Rimescolo rintocchi alieni
Al comico annottar dell’astro
Imberbe rimo al figliol prodigo
Discuto il flusso di Macao
D’improvvidi gitanti incognito
E scortico il jeux noir che fu”.

 

(Pronti…)

 

I - Tartassata di rudimental sostento, impigrisco addolorata su guanciali d’emblema: torvi corvi, gufi stufi, spiagge amene, speme inferma, graduale discernersi di quel morbo garibaldino già sperimentato, monitorato, protocollato e d’indigenza assuefatto.

 

II - Avatar di Pleiadi scomposto, flusso di luna = flusso di vendetta, coprocoltura svizzera per ruminanti poveri, pieghe di selve zingare s’aggrappano al malcontento ritmico, sì! – ripeto adesso – si!, ritmi incalzanti ondeggiano all’imbrunir del sole.

 

III - Todeschità passate accusano il mio ceto corvino d’armeggii intimisti e contesti scarmigliati a sa+rabanda, invisi al fido nordico azzimato - scriminatura bieca ed introversa; mentre; magri d’autore, virgole codarde, capri, ischemie e godurie spettinate brillano al chiar di lunedì cadetto.

 

(…Via! )

 

Mal soppesando il futile ragguaglio

vivo di brezze attonite e sincere;

mostro ribrezzo al buco dello squaglio

ma -sperperando il fiato dell’alfiere-

domino a scala e carte quarantotto

chi mi incatena il blues con laccio edotto.

 

«Viene la rima viene la neve viene il tormento del tempo che fu.

Ecco la bambola subdola e greve, alza le veste e il boa non c’è più».

 

Ma, se non porto a tangere i budini

posso tramare accolite scommesse

vigili in groppa al re dei ciclamini

che mi riversa il the come piovesse;

 

Va colorando il cielo mattutino

scopro a pedali il fresco del viadotto

macino gruppi a zenzero e cumino

spero in un tango atroce e malridotto

tutta la mia simpatica attenzione

tutto il futuro cieco e inappagato

che si riscatta al buio del commiato.

 

Apre la donna il guscio dell’ombrello

sostituendo il falso al malcelato

prediligendo il duttile budello

al duro incarto a fungo del prelato.

 

Morde l’orecchio e il morso si fa guerra

simili affronti del passo carraio

dolce progetto, il seme cade a terra

e sfonda l’assoluto di Gennaio.

 

Catarifrango il premio dell’olfatto

mentre un canguro mastica il mio retto

aperitivo al nulla, e di soppiatto

vo’ spalancando il cor a un do di petto

che s’aggroviglia all’ugola del giorno

che mi vedrà ripetere la posa

da ascetica vedette a luci porno

(da fondo di bambù a bocca di rosa).

 

Mangia il mio pane, oh cimbro maledetto!

Segui chi tanto ardì e non fiatare:

so chi ti da cineserie nel letto

so chi lo fa e so anche come fare.

 

La geisha non sarò dei tuoi malanni:

infimo guasto al blocco del motore

si oppone al flusso estatico degli anni

si innalza un gemito

s’illumina e poi muore…

 (Ponte )

 

¡Cosa sarà di me del sé del the di queste false anguille acciambellate non so differenziare tra abitacolo interconnesso e la predilezione per l’incontrastabilità acuita dal possesso fasullo sminuzzato di intemperanze incondizionate splash!

 

(Trio )

 

Quando il fallo farà forza, il fiore ferirà fulmini e coralli.

Mi estenua questa tanguerìa balda ed ubiqua, sembra una danza semplice ma quant’è potente, mi sbatte come schiaffo di tempesta.

Comignoli di gas, le stradine umide dei rigattieri, il colmo per un fioraio e la Senna che ghiacciata fomenta ingiuste parodie d’innocenza.

Se non smetto mi dissanguo.

Se non mi dissanguo crepo d’avarizia.

Prendere o lasciare: il gioco è fatto, le rime avute, il dado del cavallo al trotto è tratto e rifulge nella notte della nebbia dei portoni socchiusi.

 

(Finale )

 

Ciao, mon Breton che sbirci dall’Olimpo: ti ho conosciuto oggi, ti somiglierò mai?

Ti ingannerò per sempre, come l’attesa.

 

- Plin! -

 

 

*

Divino ardore

 

I.         Spietata aurora ha trucidato i sogni

            Negli occhi disperati della notte

            E versa tra le nebbie arroventate     

            Uno stridente strazio interminato

           

            Dolente musa inaugura un calvario

            Che dagli ardenti abissi invoca e grida

            Ma cieca si contorce la speranza

            Tra le feroci fiamme del mistero.

 

 

I.         Del più potente dramma, un segno svela

            Tutta l'inesorabile sequenza

            E carica di penitenze e croci 

            Le forme sfigurate del tramonto

 

            Legato dalle stesse sue promesse

            Si piega un corpo ad un'intenzione

            E, mentre assolve e libera, nel tempio

            Si fonde l'infinito con la luce

 

 

III.       Trasmutazione eterea e concreta

            Apre il cammino verso altri livelli

            Purifica delle memorie il senso

            Rigenera del cuore la bellezza

           

            E l'anima dal secolare viaggio

            Tornata, alla sorgente si riposa

            L'Eterno si riflette nella gioia

            Risplendono i sorrisi, come stelle.

 

 

 

 

 

Nasce come Eva da una costola di Adamo e si sviluppa in una direzione tutta sua. Le quartine di endecasillabi piani (giambici e dattilici) di cui il primo generalmente a maiore e i successivi a minore, sono presentate in "stanze" che richiamano la passione-morte-resurrezione di Gesù ma anche le immagini di inferno-purgatorio-paradiso - un innocente tributo alla "divina" opera di Dante, come evidenziano la scelta metrica di endecasillabi e l'ultima parola.

 

 

 

*

Aleph

dedicato a Borges

 

 

Tu mi solleverai

dal desiderio del tempo

e

nella chiave che custodisce

l'ombra

si orneranno di rugiada

gli orizzonti.

 

 

*

Ardore

 

 

Spietata aurora ha trucidato i sogni

negli occhi disperati della notte

e versa tra le nebbie arroventate

uno stridente strazio interminato

 

Dolente musa inaugura un calvario

che dagli ardenti abissi invoca e grida

ma cieca si contorce la speranza

tra le feroci fiamme del mistero