chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Ludovico Maradei
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Vediamoci sull’orlo del monsone

Vediamoci sull'orlo del monsone

a comporre serenate putative

alla scarsa manutenzione

esistenziale che questo tempo

troppo piccolo a chiamarsi

epoca

già intonato

su rapsodie del non più mondo

ci impone

al suo rullare a bassa quota

e spopolare d'alta moda

 

Nutriamoci di appelli

e delle impari tristezze

che fermentano risa agrumate

e rapide all'ossimoro

ché saranno

sazie le nostre speranze

e incorruttibili le sconfitte

*

In certi occhi costellazioni

Qui c'è un treno tiranno

carnefice d'arie e maestranze

che nel franarsi per campi

sobilla un'ascesi

l'accusa accurata

capriccio e rifiuto dell'antipresente

e abbrivio scontato

di carichi soli collerici

in certi occhi

costellazioni.

 

Qui c'è un tiranno

e lì un turbamento

dove un castigo di insurrezioni

crepita in secche mansuete

d'oceani senza parte

come pronunce dell'apatìa

per limare d'accenti

genealogie dell'amare dissimile.

*

Primalba

Segue un rintocco attutito di cera

la strega che ammette le notti

mia cara primalba

e poi schizzi strappati

di lana da bere

a macchie e giacinti

le coprono il corpo e la terra

le coprono tutta la terra.

 

Nei guadi ho bruciato

fin dentro ai pensieri

ma ogni boccata

di donna e corrente

mi ha preso per mano

come una sorella.

*

Sposto una lettera a mezzo intervallo...

Sposto una lettera a mezzo intervallo

così che l'amaro diventi avaro

olio di luppolo

spavento in bocca,

quasi un culmine costante

di imbarazzo a fiume corto.

 

Come i costi dei domani

che ci scambiano passati

di vertigine sul cuore

sfuma verità nei toni

quel dio satiro che beve

innamorato della sete.

 

Nella sua lezione

d'intima inesistenza

ritrovo il silenzio

e una bugia bianca.

*

Saprò rovistare tra facce stanche...

Saprò rovistare tra facce stanche

ma chi avrà begli anni a vestirsi di me

nella discarica di un dolore?

 

Spendo amuleti corteggia fortuna

nelle funzioni di un sonno bambino,

i sogni suoi di urti da latte

di angeli universali

e neuropatie residenziali

come fuliggine a briglia sciolta

in camini improbabili di resistenza.

 

Io so di lenti cavalieri dell'ozio

come balli e celebrazioni

so di sorprese e articolazioni

ormai tra benevole dimenticanze.

 

Per farsi strada una gratitudine

mi parla spesso di cosa voglio

mi cuce un'indole su misura

mi ascrive a un culto di umanità.

*

Di chiavi di volte

C'è una donna sul Tevere

vecchia e anni fa

ballerina con poca umiltà

una grazia e s'inchina alla cena

e agli estranei improvvisa una soglia.

 

Nei bollori d'Agosto

eleganti sbadigliano

tachicardie indotte

i suoi oli di nude attenzioni

ufficiali e la falsa miseria

dei nomi francesi

che affolla le borse e gli infissi,

veggente impudica lei

bada che i tetti si chiudano bene

sui lunghi amori che sopravvivono.

 

Ponte Milvio dei retroscena

di chiavi di volte di vene ossidate

cercami spesso per insegnarmi

ma non tornare se è troppo tardi.

*

Lettera breve

Col morso esatto

di una folata verdesera

senza richiesta ho portato

nei palmi la cenere e il conto

dei vostri sogni.

 

Il guardiano del coro disegna perle

rosa e gorgheggi sui ritornelli

dei miei sentimenti aspri indolenti

che sanno di fuori e di lontano.

 

Mi scrivono lunghi alfabeti

certi usurai di emozioni forti

come se il prezzo valesse spesso

quest'ombra di gioia che restituisco.

*

Oracoli a gettoni

Sei nei miei segreti

d'incanto e allusioni non colte

nelle note a pie' di cuore

brulla come una marea di autunni

leggerai carte

di semi impertinenti

nervi e oracoli a gettoni

nelle pagine di Bradbury.

 

Saremo compagni di nessuno

sacrificabili e maldestri

ricchi in peccati

poveri in protagonismi

diremo volerci salvare tutti

ma le parole degli eroi

avranno gambe molli

per trattenerci su mari aperti.

 

Così ci liberiamo dalle attese certosine

scudo e abaco nelle cui intemperie

tu non ci ritroverai

e il primo segno umano

sui libri dei contabili

sarà un autore degli insiemi piccoli.

*

Metrica gracile illogica

Il giorno è un guaire pallido e smorto

fatto a brandelli di anice e miele

distratto e contento non più il meriggiare

con le ultime foglie gracchianti d'estate

ripara un lenzuolo di storie severe.

 

Sale, uva e coraggio.

Noi quattro arcieri

di consumazione

certo non siamo già persi:

ci sono acini per prevenire

fra rime d'idrogeno

ben temperato il pudore degli altri.

 

Ora il mio archetipo

metrica gracile illogica

come Himalaya inodore di stimoli

può farsi gesti

di lunghe intenzioni.

 

Mi indichi in piedi vicino ai tramonti.

Ancora mi salvano i tuoi occhi buoni.

*

Ho steso una treccia

Ho steso una treccia

di arterie e di polsi

ne ho fatto un ormeggio

un po' ornamentale

per trattenermi

tra l'ombra e il sole

il mio corpo di paglia

lì incustodito

a contare i suoi fili

e a cantarli male.

 

Noi dissipati noi vinti

e dispersi

innamorati di pochi mestieri

noi martiri d'impeto

oltraggi e misteri

con pesi sugli argini

e doni tra i denti,

da Arrivederci a rituali gentili,

alle dinamiche d'apparenza

offriamo un infuso di scorze amare

per sacramento del non partire.

 

Di tutti i risciò in affitto

dall'alba dei miei vent'anni

rimane un consiglio ben collaudato:

"Pane al pane e

spire mortali al vino" -

ma raccontarmi non resta nuovo

e soltanto il telefono squilla piano.

*

Le tue dieci dita

Le tue dieci dita

spaccavano il cuore

e io un poco giostraio senza pretese

sbagliavo gli a capo

sui tuoi fiordalisi

tu minatore delle mie parole

quando ero bello e aprivo

i tuoi angoli

ti univo oroscopi tra le lentiggini

che troveremo in ogni altra giuntura

ma per contagio o da balzi in petto

avremo una folla di spari a salve

per accompagnarci

di passo in passo

*

Senti mai...

Senti mai nel caldo del tuo apogeo interno

come il contesto di una quiete

una camera ferma

di utero pronto

dove non crescersi

e contenersi?

 

Cerco a memoria le decisioni

che mi portarono a volermi

un bosco di meriti

abusi e limiti

è un punto di notte per cominciare

ieri corazza del presto e tardi

un pasto vero

da ringraziare

e io come i petali delle rinunce

mi sento nascere continuamente.

*

Quando mi siedi lontana

Desidero una liscia

coperta di sollievo

per quando mi siedi lontana

e ci scambiamo

deboli cortesie

e ognuno fa il verso

al cuore dell'altra

con quello che ha,

senza inarcarsi di più sopra l'onda

dell'Ave Meschino.

 

Ogni tanto

ho bisogno di pregare,

ma non so chi

(se t'importa).

*

Mi sembrano precipitare queste ore

Mi sembrano precipitare queste ore

mentre mi guardo piangere e mi piace

e il mio nome intero,

che ora so essere tutto,

è un legame sfilacciato tra molecole simili,

là per ghermire altre righe per mascherarsi

calpestando anche quattro o cinque sillabe alla volta.

 

Ma queste irate spezie del mio animo,

quest'insensibile sordo tonfo

che è il mio cuore di foglie morte esterne,

vale quanto il luccichio di bava che tu lasci sul cuscino

quando dormi.

*

E ciò che dice

Versami paura.

Consuma la bottiglia.

 

Correggi con libidine,

pupille brave a dilatarsi

e un bel portamento.

 

Finisci anche quelli.

Agito e mangio, ingoio, dimentico.

 

Da ora

hai il mio cuore malvestito in mano,

succhiane qualche colore.

 

Ho lingue sporche

imbarazzate

impiastricciate di stornelli

e amore.

 

Rido i tanti scherzi, rido,

valorosamente rido con fierezza.

 

Una notte che tutto confonde

mi graffio sulla carta

mi graffio sul tuo seno

con le tue mani curate

con le mie ciglia non meno affilate.

 

Hai le labbra

per stringermi forte la gola

se vuoi.

 

Un disagio crudele

non è più mio

ho trovato chi l'ha colto

e a lui m'affaccio

aggrappato alla caviglia

e su fin dove arrivo.

 

Ho il mondo

d'un costume

uno soltanto

che parla

e dice

Siate dolci.

 

Le tasche piene

di valigie vuote

per poterti andare

ovunque

senza nulla preparare.

 

Ho satura di bellezza

una lacrima sismica

sulle movenze schiarite tue.

 

Hai la mia voce.

*

ho preso i nostri incontri

ho preso i nostri incontri

al setaccio del vocabolario

dove scalpelli di settimane

cesellano apocrifi possessivi

e la semantica di rincorsa

vive in cantine d'opportunità

 

così

lasciamo stanze tra i nostri fiati

per ricordarci di respirare,

ché quel sedimento di geografie

prestava semplici ubriacature

e si digeriva insieme al caffè

*

Per il tuo volo

penso a dove nascondermi

perché l'aria non ti sia invasa

 

per il tuo volo ti sogno più in alto

 

opaca

una trama di vimini

e pelle è il mio dorso

 

vorrebbe rugiada ma canta soltanto

nevischio disciolto

che era poesia

 

eppure ti porgo

il mio mondo migliore

*

Risacca

       Il mio polso governi,

toccandomi ora da lato

  e da colpi, e da me

             ossa lievi

 e forato rimedio

 su mani trapunte.

 

Carezze intascate

col buio del gusto,

occhi spenti figurano

pieghe,

la pelle in silenzio

e le dita intrecciate

odorano di unghie

nebbiose,

appena una frase

non detta

si schiude.

 

Un piccolo sudore,

    fine come sabbia,

      sul petto mi resta

             come trappola

                          fresca

 di un qualche respiro.

*

Granelli d’ordine che »
Questo testo è in formato PDF (19 KByte)

*

appena cantabile

siamo
tantissimi
giochi
e mucchietti
di fiabe


la verità è a malapena
un insulto lussuoso
di stenti.

*

Lento ritornare

Lento ritornare

movimenti
laccati d'azzurro
piegano
infastidiscono
materassi tiepidi
ascoltano
insofferenti
i vermi
di nuvola
soffici abrasioni
generano
pensieri
abitano
in singhiozzi
sussistono
per nulla

*

solo un corpo siamo

solo un corpo siamo

un’aritmia che vede

con gli occhi che trova

e i sensi

già stabiliti                                                                           sa.

 

la mia anima è la mia pretesa

illegittima e serena 

*

Da qui

Ma conta

una voce mischiata di fumo,

a sud del bivacco

dove sognando scaccio

le impavide ore

notturne, conta i miei occhi

e il novero perde,

di terre non scelte

che già mi rattristano

parla, valorose

vocali agli estremi;

Fatica è tenere la marcia,

per quanto non soffra l'immoto

io lì non comprendo, riunitesi

come e a chi darsi mai possano e ore

attorno al paglieccio infuocato

su grazie perenni a discutere, e umane.

Con ciglia lentissima e sonno

quel vago bisbiglio io ascolto da qui.

*

ti dirò lo sgusciare

ti dirò lo sgusciare

tra i secoli

di un gesto,

un'idea che non sogna

mai nessuno

 

pioveva senza tregua ed era il completo

nubifragio dei pensieri,

tutti mai riempiti di fondali di esistenze,

scenografie allagate di interventi

e baci casti sulle dita

 

solo un sussurro

privava di senso

il crearsi veloci

 

l'esperienza ridente

frusciante di grammi

di appartenenza

non ha luogo a spiegarsi nel tempo

né tempo di ordire una via

 

e ho visto su te

la mia ingenua trascendenza

su te la mia

felice onnipresenza

il mio ricordo dell'avvenire

su te rimpianto cullarmi

e donarmi una voce

 

la vita è un dolore luminoso

 

e meraviglia

da spezzare ad occhi chiusi

 

dovremmo reggere in alto un vessillo

di forma futura

i nostri corpi telai digitali

di nuove righe

capovolti dall'uno al    

 

più e più spalancati

 

parlasti di cuori e di razza parlasti

con canti ora blatero amore e altre

parti sconnesse impossibili a scindersi

atomi àuguri e

crome

di desideri

*

Le mie vele

Dall'alto le scorgi,

le mie vele,

fattezze eleganti

di marine rivoluzionarie

trattengono ordini commossi

come vessilli in un oceano di balbettii

 

ognuna perdona il nemico

e resta a scandire sulle onde

la chiglia vissuta dalle alghe,

poi affonda veloce

e si fa nuova schiuma

 

simili a vecchi incastrati negli abiti

stentano alcune

a tradire la riva,

 

ma tutto il mio tempo

è gettarle e passare.

*

battono i denti dal petto

battono i denti dal petto

 

sterminato e sublime il fragore

un cartoccio di spade affrettate

 

ho una breccia sui reni

 

 

 

di lì passano dolci bufere

*

Rue Percevoir

Nessun Luogo è il compagno di stanza

mio amico più irresponsabile,

e noi non saremo mai

per parlare di giusti rincuori,

di come calde corolle

rose fioriscono,

che i grani del fango

conoscono senza mie cure.

Importa poco da crepa scosciata

chi ostentine tremi due versi in calce,

o quanti guarda

e scuote la testa,

né sarò qui,

non passi che amari con me

lontani bagnati

nei corpi scroscianti

cadevano ieri

in Rue Percevoir.

Tra noi confidenze d'oggi

e giornate e giornate

di vezzi ferali e ragazze imperlate,

noi uomini stinti che fanno

ma ancora non sanno svelarsi.

Al mio amore stellato vicino di letto

dico tutte emozioni frasali

con lo stesso linguaggio che loro dà fiato.

*

amo i ritorni dei miei polmoni

amo i ritorni dei miei polmoni

e la bonaccia lenta che li respira

la firma e la mano che intenerisce

l'appartenermi di antichi ostaggi

 

ora stagione di profezie che sono aperte a togliere

ma privare non nuoce le nostre goffe canzoni felici che travolgono cantarsi

e precipitarsi

nel loro esempio gelose di una gravità perfetta

 

dalla scelta grafia che mi rincontra forte

le covate di sogni

le loro celle indecise

fanno sedurre a tutti

coi miei motivi e le congiunzioni, perché è spiegato,

perché generoso come un risveglio permanente

sicuro di offrire me stesso

all'incerta speculazione

rimpicciolisca a me il fuoco

giocoso e viziato del vero,

la mia non stoica partecipazione ai vivi