I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
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Acredine
L’etere, protettore e protetto d’inedia narcisa sollazzo nel guazzabuglio multimediale fibre fradice sul fronte albeggiano residui passati di un dolore presente Ivi marciscono file di volti cadenti residui di scatti ardenti ora lamenti batti le dita sui denti la condanna, l’alimenti dove sono andati quei luoghi ferventi? Il dolore è il mandante dell’anima militante Galassie virtuali: dov’è che ti perdi? prigioni dorate di livore, d’acredine l’Ego decollato da sguardi muti e da voci cieche Non vi è un luogo che si va cercando quand’esso è annullato dall’impeto della ricerca: eterna e vive e si alimenta di un’illusione maldestra L’impotenza è veemenza madida di vanagloria irrisoria refrattaria vittoria in perenne resa, di una gravida attesa di noi, d’eroi.
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A Dimora
Figliuledda, venisti dal borgo crescesti nel volgo. Lasciasti a memoria zoccoli e baldoria. Nelle terre del Rinascimento, trovarsi giovamento... Nell’umile insenatura spazzavi segatura. Con la mano sul fianco calibravi l’ammanco; di coloro che ti facevan bruciare, e a quegli zoccoli ritornare. Con ricordi ammutoliti zittisti quegli arditi. E tu sapesti racimolare que’ due o tre spicci nella mano a tremolare. Criatura, ormai stanca, ci guardasti senza rabbia. Ora e dimora di vita vivace c’animasti a tutti d’umanità verace. A Maria
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Sotto i bombardamenti
Sotto i bombardamenti Sotto i bombardamenti, hai lasciato i tuoi segni nel selciato. Come impronte di storia impresse sul sentiero di casa. I tuoi passi sui ciottoli, ricordavano il torrente impetuoso che incessante leviga le pietre, come il tempo fa con le mani. E quelle mani impastate di rosso, che colgono la polpa dal verde, e la porgono a oriente-“alter”, laddove, ed in cui, la pace è concessa. E’ il sudore di chi l’infanzia l’ha vista, e vissuta nel rumore umile e discreto della croce, del passo felpato del gatto, che è ora, come allora, forza motrice raccolta dal vento. Ed è in quel lavoro che hai tessuto le forme nell’ambra; ed è in quella linfa che la vita ti ha donato, alla quale hai sorriso e a tua volta donato, quella forza che fu sempre tua e mai ti ha lasciato. A Francesca
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Eppure vive
Rosso, Poetica di un caos Blu, Chiamami nel movimento del tuo sguardo Seni lussuriosi come frutta aromatica Stati alterati, Di emozioni e tremiti Fotografia, Lacrima e passione (Riflessa) Sapori, Sapidi come bruciori nei pertugi delle labbra Corpi avvinghiati, Si scrivono e si de-scrivono Nei mesi, nei silenzi e negli spazi surrogati Specchi, Di complementari differenze: provenienze L'attesa come moto principale Vivida l'eterna finitezza, Spazio caldo, nell'altrove donato Nell'amore pronunciato Mai troppo forte sussurrato Eppure vive.
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(Béjaïa) Bugìa
Lì si increspa terra gaia, le pendici di Cabilia, alla baia di Béjaïa¹, Le api si scaldavano gli stomaci, vomitavano gli intonaci e nutrivano voraci bianchi martìri di cera appiccava la pantera nella Vaga, nella gola, la galera masticando pece e denti con allori putrescenti si ammaestravano i credenti ogni fila ha il suo colore ogni riga il suo dolore ogni croce il suo candore E così senza traguardi tralla polpa dei codardi, la processione di muti sguardi. —————
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Il Disordine delle Cose
Perseo macchiato dal sangue di Medusa f o r t i f i c ò Micene nei miti dell’uomo antico
Dèi e uomini suonavano le stesse Arpe La materia del sogno non emette sentenze ma simboli Lilith abbraccia il serpente demone, moglie, amante, Grande Madre Nel disordine delle cose quali passi descrivono la notte? A ritmo incatenato di frasi (in)dotte meteore echeggiano nelle prime serate afose. “Mescaline” sostanze riempiono i muri delle stanze: specchio come anfiteatro spettatore malcelato. Ovunque risieda l’armonia negli astri o nell’Anello di Gige è una canzone d’utopia che splende soltanto negli occhi di chi vige.
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Psicoatrofie
Poeta non sei altro che un vile scarnifichi la tua bile in veli d’inchiostro Poeta inumano costruisci salvezze su cumuli di macerie arroccando certezze in granelli di sabbia Poeta redento nell’illusione di una ricerca senza moto Poeta villano E le tue colpe autocentrate hanno reso questi mondi calici di vino versato Immolarsi nel crepuscolo non è altro che un gioco senza meta dove il compiacimento ti attende al varco Poeta e il martirio di chi sceglie l’esca dell’ urlo indolore: Cristo non è morto per te, ma con te
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Il Profeta
Il Profeta Su ascensori sono i ricordi 90 i piani e gli echi passati Si svolgono, come bisce sguizzanti smembrate nell’acqua demoni, terrori sopiti! Ammaestrati da mani ruvide esperte, da parole divine di Profeta e saggio d’oriente Da uomo che calcava il divino; della corteccia di bosco finemente sminuzzata, da artigiano della natura, da maestro di terra di polpa, placenta, primordiale di vita che ci lascia un sospiro profondo ritornato in quel verde, in quel lago, in quei giorni dell’uomo che fu Marinaio di bosco Imbarcato in quei passi Affogati d(i)sole
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Psicastrocca del fu studente
Ripetendo questo verso Ti ricordi ancora il senso Di quel giorno tutto scuro Ti premevan contro il muro La cartella era a terra Un soldato nella guerra I compagni affiatati Con la penna "impilati" Trotterellando sul binario Arrivavi in orario Ascoltando le parole Diventavi sognatore Il capo pieno di cervelli Ripetavan gli stornelli i pazienti spazientiti Delineavan gli spartiti Scarabocchi e numerini Formulette e assiomini Si riunivan nel clangore Liberando un po' il grigiore Ma affrontavi le tue prove Come un leone nell'altrove E gli amici nel tuo branco Ti credevan così franco E un giorno finì tutto Non sembrava così brutto Con tutto quel sapere Ci credevi nel potere Diventato un egoista Ti fingevi un po' altruista Ma imparavi una teoria Che parea un’eresia Che la vita non si cura Senza avere la premura Di guardare un po' più oltre Da quel trono e la sua coorte Ripetendo questo verso Ti ricordi ancora il senso Di quel giorno tutto scuro Ti premevan contro il muro La cartella era a terra Un soldato nella guerra I compagni affiatati Con la penna "impilati"
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In 8 minuti
Cammini
incorniciando
l'estasi del momento
in cui lasciasti
l'altare dei visi muti
La paura ti trascina
laddove
riprendi le redini
di questo timone
Ma dove sei finito?
Figlio tremante
di questo castigo?
Implori il perdono
ma cosa c'è da perdonare?
Solo il tumulto del cuore
merita l'ascolto
Neanche l'ugola del mare
ha voce in capitolo
Assieme al silenzio
violenta il pensiero
ma non fermarti e và
Abbandonati
nel vagabondo semestre
senza guardare
quei passi sulla sabbia
Il sale sulle labbra
non basta
La penitenza va scontata,
come necessità
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Barriere
Cùmuli
di plexiglas
dove pascolano
(e sssibilano)
- inerti -
Tùmuli
di cenere
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Crescere
La Luna.
Il Vento.
La Pioggia.
Un'onda solcata da cori solitari in continuo divenire.
Dove le mani si stringono per lasciarsi dove comincia L' Azzurro.
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