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Raccolta di poesie di Chiara Gasperini
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

I giorni

Nei giorni chiari, potrei aprirmi il petto

lasciarti accatastare parti di me,

come legna da ardere

nelle tue più fredde latitudini.

 

Poi ci sono giorni in cui i miei cieli

si abbuiano di rabbie:

io piango e ti abbraccio senza calore.

 

Il nostro incontro mi apre al dolore

come il coltello spacca la pesca in due.

 

Ti odio e vorrei riprendermi il cuore

portarlo distante, tenerlo con me sola

per aspettare i giorni in cui dartelo ancora. 

 

*

Coazione a perdere

I giorni non stanno fra loro vicini

ma sono da baratri divisi

e là sprofonda, in una silenziosa lontananza,

l’aria respirata e quell’altra

che parlando viene buttata.

Intanto di fronte a quei vuoti

ce ne stiamo a costruire ponti

di parole per dirci che tutto ha un senso.

Eppure non attraversiamo un tempo,

uno soltanto, ma ci muoviamo fra gli istanti,

molti che sono frammenti

di un quadro ricomposto

ogni giorno in cui noi siamo

protagonisti, antagonisti, comparse

finanche ombre di cui si potrebbe fare a meno.

 

Questo va dicendosi la foglia

che scivola nell’aria e nell’aria trema

per paura della terra

e quando infine s’afferra  al suolo

spera che un altro vento

la riporti all’indietro

fino al punto del distacco,

per riconsegnarla al ramo.

*

Fratello: una trita parola

Nelle contigue distanze

gravida d'odio, la massa

di solitudini informi

semina cieca ferocia

sull'altrui miseria.

 

Poi un post a cuore: mamma,

I love you eternamente.

 

Il profeta della paura 

nel brulicante deserto 

delle coscienze si pasce

ubriaco di tv:

porno e sangue da anni

fino a lobotomizzare

quell'angolo di cervello

al dolore dell'altro aperto.

 

Fratello: una trita parola.

*

La preghiera dell’ateo

Ridi – come è che un ateo

ti apre l’anima alla fede?

 

Il lampione solitario

getta luce sull’incrocio:

la brevità del suo sguardo

vede ciò che sfiora poi

null’altro.

 

Ecco, un passante: vive

un attimo in quello spazio,

ma, quando egli resta privo

di quell’occhio che lo vede,

 

l’oscurità della notte

lo scompone in molti dove.

 

Che cosa fa – ti domando -

disperso fra i suoi luoghi?

 

Forse prega – mi rispondi.

*

La rondine

Soltanto di lontano, la rondine volata

non è straniera alla sua terra. Pare

non appartenga a nessun luogo, 

ma sia solo per il cielo vuoto

sposa fidata e amante.

Abita i nostri tetti, tesi come braccia

ad accogliere il fugace passaggio

di ala che sosta ma non dimora

a quella porta. Sconosciuta

ci resta fino a che la sua assenza

non si colma d'inverno:

 

e in quel momento vorremmo averla

un giorno ancora per vederla e dirle

che non fu vano l'esserci incontrati.

*

L’inebriante profumo del mirto

volevo per mio figlio il frutto dolce
l'inebriante profumo del mirto, il sole
a picco sopra il capo e la forza
d'essere raro, uno
in un mondi di cloni
proni alle idee dei padroni.

L'ho veduto ubriaco,
stanotte, chiuder le porte
del senso buono e, scontato
l'influsso delle mie parole,
sollevare il viso
di fronte al rischio
d'essere soltanto uno dei tanti.

E farfugliava mio figlio
d'amori, di case e d'affitti,
di lasciare il mio nido
per trovare l'altrove,
e chiamava il mio nome
con rabbia e terrore,
banale piangeva sul letto
dicendo che non era perfetto
il mondo che gli avevo donato:

mi guardava con odio,
un malcelato imbarazzo,
di non voler esser più schiavo
di me che volevo per mio figlio
l'inebriante profumo del mirto.

*

buona la prima



La nostra storia è un arazzo sottile
Che teniamo steso sullo sguardo:
amiamo solo ciò che conosciamo.
E nel vento dei fortuiti incontri
Con quale tenacia inseguiamo
Odori passati d’amori negati!
Con quale cieco coraggio
Conduciamo la medesima lotta!
Quante parole c’avranno a ridire
Quante carezze c’avranno a rifare

A noi sembreranno sempre le prime.

*

L’abbandono

Non m'abbandono all'amore
non m'abbandono al torpore,
non m'abbandono al sollievo,
nascondo il canto, nascondo il vanto,
nascondo e non mento ma solo rimando
l'incontro con me, con me che resto
e sempre ti sorprendo indifferente alla sorte
d'essermi al fianco, arreso alla gioia
di vivere l'incanto. Piccole questioni
occupano le nostre cogitazioni: per cena
che mangio? chi paga la multa? il dente
intanto s'è rotto e nella gengiva trattiene
un urlo distorto amaro di pena.
Io mentii, tu mentisti, egli mentì, noi mentimmo,
e voi? voi che faceste mentre il mondo di fuori
correva e ruggiva e diceva che qualcuno,
qualcuno salvi la regina? E la regina
era una beffa, un'interrogazione
sul passato remoto del verbo mentire,
che i bravi bimbi lo sanno dire
tutto d'un fiato senza soffrire.

Ma io soffro il verbo e la sua coniugazione:
non c'è parola, parola che possa partorire
l'amore che ti porto e tu temi, l'amore
che stendo ai tuoi piedi e tu sollevi. Lieve
lieve la piuma discende dall'ala all'aria:
nacque in cielo, morì in terra, visse lenta
la propria distanza, come lenti i nostri sogni
s'incarnano nei nostri giorni. A poco a poco
distinguo nel vento il tuo mento, e nel tuo mento
il mio proposito vero d'aver coraggio e non temere
l'abbandono, io che m'abbandono all'abbandono
abbandono ogni pretesa e il mio corpo alla resa.

*

Come le nuvole

Ma le nuvole
che rumore fanno
quando passano
sul fiume che corre?

Il cielo le possiede,
la terra le sorregge.

Solo questo posso dirti:
quel che viviamo.
Non so chi siamo.

*

All’apparir del vero

Liquida di veli, la notte
s’ammanta di bugie:
come specchi, fantasie
s'affaccian sulla luna.

La pallida lampada
ha il volto rugoso
di creduti ritrovi
e le luci d'intorno
son resti, frammenti,
di desideri dispersi.

Il vero si spicchia
come buccia d’arancia:
un brusio negli occhi.


*

Come quel canneto

Non mi sono mai allontanata,
come quel canneto che cresce,
lungo la strada ferrata,
e piega il capo al treno che passa.

Così fedele al suo terreno,
niente sa della verde riva
e dello sciacquio di certe ore
trascorse vicino al fiume.

Non sa la dolcezza dell’acqua
Che accarezza il piede stanco
E non conosce il ristoro
Offerto da un abbraccio.

Il grido del treno
è l’unico richiamo
d’amore
che abbia mai ascoltato.