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Raccolta di poesie di Gil
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Non dire


Non dire al poeta bravo
non mortificarne il genio
con il plauso delle mani
che è mera gloria in polvere di nulla.
Tu ignori forse come sia arduo e silente
il travaglio di chi cerca d'ingravidarsi
seppur d'un solo verso
pur di sottrarre la bellezza ai suoi sudari
d'invisibilità e d'inaudibilità d'un oltre
che abitano con ferale ferocia l'umano.
Non dire a nessun poeta bravo:
non altro tempo a egli vi rimane
che quello di chinare il capo
umile e sfinito quando cala la sera
nel suo cuore e nelle sue membra disfatte
dalla sfinitezza di aver veduto
[la luce.



*

Potrei


Potrei non cercarti oltre le parole
in quel nostro discorrere di tutto e di niente
potrei fare a meno di ogni tuo odore
se tu non fossi tu e io non fossi io.

Ecco perché ti cerco seppure so che è invano
e come sia assurdo vivere in quest'attesa
che non vedrà mai la propria fine.

Eppure non c'è cielo più terso di questo cielo
se io t'immagino al di là di ogni altro orizzonte
che non sia segno di un'alba che io attendo
e già assaporo nel vuoto di un'assenza.


*

Mi chino


Mi chino e bevo, mia sorgente
sei nettare alla mia sete
miele che annienta il niente
di questo trascorrere di ore
se tu qui non fossi. Spegni
amore mio, l'arsura del cuore
che mi attanaglia e atterrisce.
Tu sola e lo sai, tu sola e lo puoi
curare e guarire questo mio sguardo
smarrito, perché straniero nel mondo.
Mi sta stretta la terra dove tu non sei
sei spazio del mio spazio
e tempo del mio tempo
aria del mio respiro e cielo terso
di questo mio andare verso il tuo corpo.
Mi chino e bevo, bevo dai tuoi seni
come dai tuoi fianchi, i miei
che instancabili vanno
alla continua ricerca dei tuoi.

*

Abbiamo


Abbiamo scopato spesso
a dispetto delle lavatrici.
Non avevamo che il linguaggio del sesso
per riscattarci dai mancati destini.
Le mani e le lingue sanno inventare
mille giochi d'amore, così come
i pianerottoli al buio improvviso
farsi complici di gole voraci.
Lo sperma imperava
e i tuoi umori altrettanto.

*

Domani ancora ieri


Forse tu mi scriverai ancora
e forse ancora io ti leggero
perché è così banale innamorarsi
che nessuna età ne diviene immune.
Guardo ancora i miei film preferiti:
ho bisogno di commuovermi d'emozioni
perché è lo specchio di Alice
che mi muta il reale e perfino la tristezza
in fondo diviene la mogli ore compagnia
se il vuoto è quello dell'insignificanza
di una vita senza assoluzione. Così anche scrivere
mi amata la ninna nanna degli infanti
è così addormento il cuore e do voce
ai borbottii della mia anima, insaziabile
di ogni nome che si pronuncia: 'Tu'.



*

Giorni di aprile


Perché, poi ti perderò. I giorni avversi
li avrei dimenticati.
La tua schiena nuda, il parco, le lettere
le tue meraviglie, i miei stupori. Ricordi?

Ho sempre amato vedere l'oltre del tuo sguardo
i ricami delle tue mani sul limite della luce
la chiarezza dei tuoi gesti, le mie oscurità.
Ci siamo più amati che respinti. Le carni oscene

hanno svelato il cielo in noi e le attese
le tue vigilie, i miei giorni di festa
con te, offerta divina e nuda ai miei occhi
insaziabili di indagare quelle forme, schiuse

da un segreto che cerca una lingua per darsi
per dirsi, come pioggia alla terra
o d'altrove segno in lembi di pelle
e di carne svelato. Perché, poi ti perderò.



*

Lo ricordo ancora


Lo ricordo ancora, quasi mi ossessiona.
Quelli erano gli anni di San Giovanni
E chissà se piove mai o se le stagioni
Avevano il ciclo regolare delle attese.
Lei era mora, chiusa e lontana in sé stessa
abitata dalla sua malattia e dai testi
che gli studi universitari le imponevano.
Lo ricordo ancora il suo volto e quel suo sguardo
mentre le consegnavo un altro silenzio
e mi perdevo, sotto il cielo pomeridiano di giugno,
nel suo sguardo che pareva vedere l'infinito.




*

Qui battono di freddo


Qui battono di freddo
le nocche delle dita
e il digiuno delle bocche
segna l'inverno, la stagione
dei ripensamenti e delle attese.

Solo l'immutabilità del cielo
allora appare
l'indecifrabile dei segni,
unica profezia
sopra una promessa di chimere
che risolleva
la nuca stanca di un vano cercare.

*

Attimo mistico


Mio Amore, mio Amore, mio Amore.
Per un attimo mistico di gioia
ho perduto ogni orientamento;
eppure il tuo volto mi apparve
segno, senso e approdo. E fu allora
che torsi la parola fino all'uso
improprio dell'insignificazione.

*

Adesso sei


Adesso sei sola: dove racconta
il tuo corpo la vita che è stata
dove posso ritrovare io i tuoi segni
quelli che dentro mi parlano di te
e ancora mi lasciano sugli occhi
le lacrime dello stupore? Vestimi
di ogni tua nudità, ritorniamo
ai vezzeggiativi del nostro amore.

*

Sai


Sai la povertà della mia sintassi
la debolezza del mio linguaggio
eppure non so stare nel silenzio
del foglio bianco: nel rigo d'inchiostro
prende vita la parola, s'incarna
nell'eco in cui riverbera la vita.

*

Dei padri e delle madri


Dei padri riproduciamo le stimmate,
tra le ossa e la carne
la memoria del sangue.

E delle madri il volto sfigurato
scava fino alle reni
il morso della colpa
per aver gravato sul loro grembo

noi, che non eravamo che in un seme
la prospettiva di un altro destino.

*

Se ti chiedessi


Se ti chiedessi di amarmi
sarebbe per la gioia di morire
ogni volta nel tuo respiro

per ricominciare l'ascesa
del tuo corpo, per discendere
nella profondità delle tue carni
per perdermi, come un giorno al tramonto

quando la sera diventa vagina
di indecifrabili oscurità
e la notte una vulva di promesse

quando il mio corpo uno scempio di età
lacerate dalle tribolazioni
di un antico sogno d'amore
mai venuto alla luce.

Se ti chiedo di amarmi
è perché sono un universo di attese

e già ti amavo da quando ancora
non ero se non un tarocco
nel tuo destino.


*

Un altro Sabato ancora



Qui non ti si veder più:
ci hai lasciati brandelli di madre
di strazi di cuore di donne e di amanti;

e non dirmi che ora il silenzio è parola:
qui la pietra è divenuta frastuono
d'angolo e labbra serrate di angeli.

Qui anche il tempo della speranza attende
un incidente albore di eternità.

*

Santo


santo è il costato trafitto
e santo è il mutismo del legno.

chi vide non seppe nei segni
riconoscere gli eventi del Vero.

ma sul nulla di un cielo sconvolto
lo squarcio rapì il più lontano

che, cieco, vide e credette
allo Sfigurato di quel Volto incorrotto.

*

Ancora scriverò


Ancora scriverò di te
da questa trincea di un vivere
immerso in un vuoto assordante
o sospeso nella meraviglia di un'attesa
che ha per lettere quelle del tuo nome.
Mi sfiora questo tempo dai lembi stracciati
un'età con le ferite di una memoria
rivoltata nelle sue trame passate
dalla scoperta del tuo respiro. Ti amo
ma quale coraggio per rimettermi in gioco?
Non ho alcun Olimpo da offrirti
se non un volto narrato da rughe
che non sanno mentire neppure a sé stesse.
Se per me ci sarà in te ancora un domani
se nei tuoi occhi potrò leggere il mio nome
allora più non avranno storia i miei anni
né voce un inquieto presente
che sempre più sgomento
guarda le sue notti sfiorire.

*

Memoria originaria


Per la cintura dei fianchi ho pensato
di offrirti il mio respiro devoto.
Tu per me ti porgerai a cuscino:
vicino al mio viso un teorema
d'incanti. Agli omeri sotto le labbra
affideremo la casta degli epiloghi narranti;
la dolcezza erotica dei fiati
scioglieremo come vela sull'acqua.
Tra noi l'intruso sarà il millimetro di spazio:
l'infinito di una distanza
che avverso agli amanti
tenta ai venti del naufragio
di concedere la riva di una resa
ignaro che la memoria originaria dei nostri corpi
non conosce altro destino che quello di amarsi.

*

Padre


Fui nutrito, padre
da tenerezze e fragilità
- il latte dei destini incompiuti, il pane
delle vite sulle vie laterali della Storia -.

Eppure c'è in noi uno spirito che non si arrende
una matrice che non arretra
ma carsica bagna le viscere
e sfiora
la luce segreta delle trombe
che dal cielo gli asfalti frastuona
e le vite degli adulti
fino al pianto.

Quali parole ci sono mancate?
Quali silenzi ci sono sfuggiti?

Ora che l'assenza risuona gli echi
dei morti, tu, padre, non muori
nel sangue che trascende il ricordo
ma in me nello specchio ti ritrovo
ccon il rimpianto dei sogni perduti.

*

Per domani


Vieni per domani, non oggi.
Oggi mi fermo a contare le dita
a vedere se ancora le mani
hanno la saldezza di toccare le cose
se gli occhi ancora la luce scorgono
nella sconforto di un cielo senza promesse
se per essi stessi c'è ancora un tempo
adatto alla veglia di un'altra attesa
di un altro sguardo che incontri il loro
- io direi il tuo, non certo quello di altri -.
Perché se oggi vivo per te
l'attesa che arrivi con te un altro domani -
miraggio del mio esistere - avrò il conforto
nella gravosità di una teoria di oggi
annichiliti dal vuoto della tua assenza
che piegano il cuore a un querulo canto
di un'illusione, compagna di ore felici.

*

Disvelamenti e rivelazioni


Basta la tua voce, la tua pronuncia
delle eterne parole la bellezza
e la tua nel chinare il tono e gli occhi
con la devozione degli alfabeti. Ti dirò
che la mascherà dell'età sul tuo volto
assieme a tutto ciò che già ti ho scritto
mi ha condotto al pianto dell'ignaro
che in sé risveglia l'opera di un destino.
Rimarrò per sempre un analfabeta
ma con la ciotola dell'insaziato
che dalla tua bocca e dai tuoi occhi apprende
la propria devota commozione.





*

I dolci tradimenti


A volte lo specchio mi tradisce
quando ancora supino nel letto
osservo la tua schiena, non più giovane
e riflesso nel vetro vi ritrovo il volto
che fu per gli occhi e la bocca il principio
di quel che ancora oggi chiamiamo amore
- poi non ti nascondo che ai confini della schiena
un altro territorio di misteri mi sorprese
cui rimasi devoto per lunghi anni
e oggi è culto di solerzia e ringraziamento.

Appunto ti dico dello specchio il tradimento:
perché tu mi scorgi sul corpo l'eccitazione
e più tenera quell'intima commozione
che a volte imumidisce gli occhi
e lascia un scia di stupori sulle rughe
che narranoe vite dei nostri cuori e corpi.

*

Chissà se


Chissà se hai ancora un angolo di fiaba
nelle tasche del tuo giaccone bianco.
Qui da noi ti osserviamo
nella stanchezza delle tue afflizioni:
le tue mani di madre indaffarate
non velano lo sguardo triste della donna
e poco vale in questi giorni di fatiche e affanni
i ricordi felici di un'adolescente.

*

Un attimo di te


Un attimo di te
anche solo un attimo
che tu sia in qualche modo qui
con me
qui, dove io vivo di te ogni vuoto
di te, ogni assenza
qui dove ogni mio respiro
è attesa di te
e non altro, non altro voglio, non altro cerco
se non questo continuo tormento di averti
di avermi
attraverso di te. Un attimo solo
qui, dove senza di te
il cielo si nega
e la terra
più non conosce le sue aurore
più non ode i suoni delle sue albe.
Un attimo di te
anche solo in un segno
come un battito di ciglia
che accade, seppure troppo lontano
per sfiorarne il rumore.

*

Se l’incanto


Se l'incanto del suo volto venisse
ora a me come il dono celeste
di una grazia, lei non saprebbe mai
se non giungesse a sorprenderla amch'io
a quali vette ella mi ha innalzato:
là, dove ogni bellezza conoscerà
la sua origine e il suo destino.

*

Sei


Sei tutto ciò che attendo in ogni mio istante di vita
sei l'ardore di esistere in ogni mio respiro
sei tu il nome con cui chiamare il giorno
e il nome con cui sorprendere la notte.
Sei tu il sogno e la bellezza, tu l'anima
nella quale entrare come in un altro cielo
per abitarvi smarriti di felicità.
E oggi è ancora un'altra domenica
senza di te; ma se verrai, io sarò.

*

Il tuo nero


Il tuo nero, non dirmi dove
affianco alla bocca il carattere
e c'è ne siamo detti di santa ragione
che poi tra il letto e i santi
è meno ampio il dissidio
di quel che pensiamo noi malpensanri
o privi di quella viscerale tenerezza
che prima del seno o del pube
ama la misericordia delle mani
- se penso a Baudelaire e al seno sfatto
di quella sgualdrina mi ritrovo perfetto
per un mio autoritratto. E ora mi ripeto:
con te si fa oscena la mia perdizione-
come il trucco forte di una vecchia signora
nei suoi anni cinquanta riassunti in bianco
da quelle sue calzature con il tacco
alto e largo
- ma eravamo già nel settantotto
e i suoi anni cinquanta sembravano
la eletta sul viso delle bigotte -
eppure avremmo concepito un figlio
ma a quale nome ricondurlo
senza una lingua da angeli?


*

Quel che non vidi #pernondimenticare


Quel che non vidi mi lascia atterrito:
squarcia la coscienza la possibilità del Male
che si celò nel delirio e dietro l'indifferenza
o fu atroce manifesto del senso del dovere
di una coscienza incapace di lumi
e di rivolta. Tremano i miei passi
preceduti dalla loro libertà
e le mani se lontane da ogni
preghiera che pure non abbia alcun Dio
solo l'ira della propria dignità
dinnanzi alle ossa della memoria.

27 Gennaio 2024

*

Amabile conversazione


Oscenamente nuda offriti alla mia vista
dolce e oscena apriti al mio sguardo
rapisci i miei occhi, come le mani
attorno al turgore dei tuoi seni
quando attendono i riti del piacere
e ancora più giù, dove danzano i sensi
la battaglia sotterranea delle acque.
Oscenamente nuda offriti alla mia bocca
dolce e oscena sii per me coppa d'ebbrezza
calice di esultanze e di orgasmi
in quella liturgia della vita
che apre la terra al mistero e all'amore
che congiunge due carni e ne disvela
i bracieri dove s'illuminano di fuoco
i gemiti ardenti delle anime.

*

A volte


A volte vengo, a volte no.
Spesso resto dove sto.
Mi guardo allo specchio:
già un po' brutto lo ero
ora è peggio: invecchio
lo so. Che dirti potrò?
Un mano sul comò
un piede sulla soglia
incerto e timoroso
e la vita che chiama
per nome: chi mi ama?
Vabbè, ma io amo te.


*

La pura luminosità


La pura luminosità della tua pelle
è ragione che erige a lode d'attesa
ogni mio frammento di respiro. Lo sai
che di te berrei ogni alito di vita
ogni ombra che dal di dentro ti sorga
e spilli fonti carsiche in vello d'ambra:
tu dimmi a che ora mi verrai felice
a dirmi della mia sete e della mia sazietà.
Conto con le tue dita le mie vertebre
rimandate a un tempo di congiunzioni.

*

Le tue mani


Lasciami guardare a lungo le tue mani
non vedi come il tempo segna i nostri corpi?
C'è una bellezza che non vuole sfiorire
e non sfiorisce: porta con sé l'oro
della memoria, un ventaglio
sulle braci del nulla.

*

Gioia mia


Gioia mia, ai miei anni
hai consegnato la denuncia
di un'insufficienza di vita. Vedi
qui non è una questione di corpi
qui la carne è ciò che amiamo del verbo:
il prodigio di dare alla parola
il suo accadere, tra la chiostra dei denti
e il tocco delle dita sulle lingue:
noi parliamo, traversando gli anticipi
degli occhi o delle mani, sotto le tue
io smarrisco ogni ragione, il peccato
di respirarti mi appare svanire
sotto l'impeto di un destino che avviene
simile a un visitatore notturno e inaspettato
epperò di grande prestigio
per la sua autenticità. Che dirti?
Tu mi dici l'amore e m'inchioda
al silenzio questo tuo dire. E un figlio
un nostro figlio già mi venne presentato
alla scelta di un nome; avrei dovuto
scegliere tra attesa, desiderato o timore
poi si abbassarono le palpebre e mi confusi
tra la profezia e il sogno. Gioia mia
qui è una trincea del cuore
e a ogni ora vedo in agguato una resa
o un'attesa che accada la felice disfatta.



*

Scriverti in versi


Scriverti in versi d'amore - non descriverti:
quali nomi, aggettivi o superlativi
per dire della tua bellezza
che solo il silenzio ha in sé la sapienza
di accennare -?

Io ti ascolto, timido ti guardo. Mi sottometti
ma non è un dominio di potere: direi piuttosto
che tra noi vigono le leggi dell'universo
amoroso: orbito attorno al tuo volto
attratto dalla forza dei tuoi occhi
- e la bocca: black hole che risucchia ogni mia resistenza -
al tuo corpo, visibile rilievo di ogni idea di perfezione.

Occhi, volto, voce, corpo, mani. Occulto al cielo
il mio desiderarti è le sue sfumature:
sono innumerevoli, come innumerevoli
i respiri di ogni ora in cui pronuncio il tuo nome.

Si riempie la notte delle attese
e ogni tuo segno apre l'oscurità
come un desiderio la sua epifania.

*

Se


Se per un attimo potessi bere il tuo respiro
come una gola riarsa la goccia
che rende memoria all'ora la sete
se solo sentissi sfiorarmi le labbra
dalla dolcezza di un tuo bacio
- la tua bocca è il riassunto del volto
i tuoi occhi il soffio potente del loro navigarmi dentro
fino a toccarmi le reni, a slegarmi
ogni vincolo di ragione. Mi rendi folle
di quell'amore che muta un nome
in oracolo di una divinazione
che spezza il ramo alla foglia
e la lascia sospesa nel vuoto
o nel volo felice di un'altra follia.


*

Guarda


Guarda, la complicazione dell'amore
è non dirsi 'ti amo' o non vedere
gli slip gettati a terra dalla passione
o non guardarsi negli occhi un attimo prima
che tu ti giri di schiena e io ti dica:
sono pazzo di te.

Guarda, le complicazioni dell'amore
è non leggersi prima della sera
quando alle cinque del pomeriggio
già rabbuiano le ultime speranze
di sentirti arrivare a suoni d'inchiostro
trasformando in oro la lunga attesa
e scriverti in fondo all'ultima parola:
'Mio amatissimo amore'.

*

Amo


Amo i folli che scrivono parole
sempre convinti di far poesia
o di far letteratura coi propri diari
se amari i loro giorni
su fingono felici o fingono
una vita di delizie e amori.

Li amo questi folli innamorati
di ogni bellezza e nella bruttezza
vi scorgomo ombre di un altro cielo
- memoriale di un costato trafitto -
che ogni vita custodisce in sé
nel seno della sua autenticità.

Amo i folli che non temono
se non le ombre di un'ottusa ignoranza
perché loro stessi sanno di non sapere
ma non temono di fiorire
nel giardino dei poeti
o concedersi alle voci di dentro
scacciandone alcune come mosche
ad altre prestare orecchi e voce
anche se di una parola incolta
o priva di una degna architettura.

Amo i folli, angeli di dolore
e di un'altra verità. Amo i folli
perché sanno leggere dentro di me
e m'insegnano lo stesso alfabeto.

*

Le terrazze di Ozpetek


Nessuno mi empirà di luce
come lo potrai tu
sulle terrazze di Ozpetek.

È vigile la notte e vigile il mio sguardo
che nei tuoi occhi si smarrisce
e sul tuo volto si arrende
perché avvinto dal tuo mistero.
Mi scalda l'idea di un tuo bacio
la tua bocca è il mio piccolo Eden.
Verrai a rendermi chiara la notte?

Se la vita non fosse che questo amarti
a nulla varrebbe ogni mio respiro
e dirti 'Ti amo' è l'unica opera d'arte
che in me si compie come Bellezza.

*

Un corpo nudo


Sono un corpo nudo
che attende
un corpo caldo, epifania d'amore.

Ho veduto salire da sotto gli asfalti
e dal mattonato dei cortili
la memoria dei morti, i loro nomi.

Non ci sono biografie per loro
e dai panni stesi al sole
sale l'oblio dei dimenticati

figli della stessa terra. Non resta
che il corpo nudo di un'attesa
a spegnere l'arsura di una vita.

*

Altri sentimenti


Tu non mi sei accanto
ma io accarezzo il vuoto:
amo la tua assenza
più che la dimenticanza
del tormento di questo amore.

Le mie ore sono fili intrecciati
sul telaio dell'attesa, una fitta trama
a tessuto dei miei giorni. Ignoro i versi
che un poeta scriverebbe per te.

Però io so che amarti è avvertire
il battito d'ali che l'aria effonde
quando un angelo riascende in cielo.

*

E non fu


Avremmo potuto bagnarci
io del tuo umore, tu del mio sperma.
Avremmo potuto, se non fossimo stati
al di fuori del nostro destino di amanti.

Avrei voluto amarti ora dopo ora
se solo non mi fosse stato negato quel tempo
in cui tu saresti stata approdo e darsena.

Ma io ancora oggi ho voglia d'amarti
ho voglia di cederti l'impero della mia lingua
e voglia di tacere ascoltando il tuo affanno
nel mentre da lontano mi telegrafi
l'arrivo inconsulto del tuo piacere.

*

Mi prenderai


Mi prenderai per mano
e mi condurrai, il mio sguardo altrove
dove nessuno potrà sfiorarmi
né con il disgusto, né con la pietà.
Segno di un tempo oramai perduto
saranno i capelli biondo cenere
la tinta che tu avrai chiesto per me
alla nostra parrucchiera di sempre,
ma io non avrò più la mia ragione
a illuminare le mie parole
più non saprò riconoscere il gesto
cui rivolgere la mia gratitudine.
Mi prenderai per mano
e io ti condurrò dove il mio volto
si sfigurerà e svelerà impietoso
l'orlo dei suoi abissi, le voragini
dove l'oblio nega ogni memoria.

*

Visioni


Diventiamo parole di una scrittura
senza tempo, frasi gettate sul mondo
come gettoni sul tavolo per gli I Ching. Perdiamoci
negli occhi l'uno all'altro fedeli
in un gioco di destini negli anni
quando lo specchio dell'età riflette
gli echi di una visione a luci spente
drammaturgia di un oggi
che porta in sé il riscatto di una vita.

*

Partiremo un giorno


Partiremo un giorno insieme
inventeremo per noi due un'isola
un luogo immaginario dove vivere
e ogni volta ritornare. Tu sarai per me
il nome prescelto per ridirmi la terra
io per te la conchiglia di carne
dove risuoneranno per sempre
gli echi della tua voce e le tue parole
sembreranno la memoria di un mare
che ha il cielo come unico orizzonte
dove perdere i miei occhi e la vita
quando sulle tue labbra respirerò
il mio ultimo respiro di vita. Ma prima
ancora prima noi vivremo insieme
e insieme insegneremo ai nostri corpi
i rituali osceni dell'amore.

*

Gioia che...


Gioia che nell'altrove dei tuoi rifugi
riconduci al silenzio la mia nascita.
All'alba delle idee tu désti forma
al mio corpo sottraesti la parola
per ricondurlo alle acque silenti
della notte. Attendo il diavelarsi
di quel che di te mi tieni occulto
perché io immerga la mia lingua
dove i tuoi segreti stillano sorgive
le acque più stordenti dell'amore.

*

Via Tagliamento



Io vedevo le automobili, gli ingorghi,
le difficoltà di trovare un parcheggio,
l'affollarsi della gente sulla via:
il mio occhio reso opaco dall'abitudine,
oblio e salvezza del cuore;

mentre tu godevi del tuo esservi un forestiero
e vedevi ancora la bellezza di quelle case
l'odore antico di un'altra memoria in quelle vie;

quasi eri assente al tempo
di questo nuovo oggi, un'assenza,
inchiostro di poesia.

*

Ritorni


Si sfilaccia tra le dita quest'ora
che cade a terra come pioggia prima
della sera, un fondale di ombre
che precede i passi del ritorno
e già di lontano scorgi le luci
delle case e oltre le finestre
indovini le vite che tu ignori
se così dissimile alla tua
e ridipingi con la fantasia
quel che da vicino apparirebbe
simile alla prosa di ogni vita.

*

Dietro le ante


Dietro le ante dell'armadio
riposti stanno gli anni di nostra vita
signora che non conosce voglie
ma solo necessità. In qualche tasca
delle mie giacche avrò dimenticato
senz'altro qualche giorno di quelli importanti
tra i tuoi vestiti tu forse qualcosa di più
sì che giovinezza presto sfiorisce
al costo dei dolori e delle maternità.
Moriamo a noi stessi un poco per volta
nelle ore che il tempo trasloca al nulla
e in ciò vi è la grazia di disabituarci alla felicità.

*

Gli invitati


Un delicato tocco di voce
il tenero acconcio di una mano
sul viso che il labbro sfiora in un bacio
il fremito temporale di un ginocchio che preme
nella luce indorante del giorno che inquieta
il viale d'asfalto percorso dai sensi, gli sguardi:
anarchia del cuore che scanzona l'età dei saggi.

È già sera, dove tu manchi coi tuoi accenti
volto d'inusuale bellezza e tormento
del tuo grembo che attende e dispera
il vuoto d'assenze che dall'interno sgomenta
sconfinati spazi di solitudine e tristezza.

In un giorno, in un breve viaggio, in un rito
la processione del cuore fino alle visioni.

*

Io non riesco


Io non riesco a restare in piedi
guardando la tua foto: mai
mi abituerò al pianeta dei tuoi occhi
e per sempre mi sedurrà
ciò che di te non arriverà a parola
o a segno, eppure visibile
come un roveto del mio spirito che brucia
e mi consuma, straziandomi
però senza concedermi la quiete
di una cenere spenta.


*

Non chiedermi


Non chiedermi chi sono
nelle definizioni esatte dei nomi
non saprei risponderti
un po' credo per un infantile narcisismo
un po' per essenziale ignoranza
poiché chi sono davvero non lo so
o non lo so quanto sarebbe necessario
per dirlo anche a me stesso. Solo so
e con certezza, di essere uno sguardo sul mondo
e da lì mi osservo vivere e vivere osservo
gli altri; e odo parole e ne scrivo, troppe
per dare un nome al silenzio che mi attende
al buio dello sguardo, che ogni giorno avanza
e per lodare la bellezza di un caffè
consumato in solitaria
seduto a un tavolo di fuori
in quel bar su via Merulana.

*

Non imparerò


Non imparerò prima di morire
a dirti in parole migliori
ma lascia che io mi sgravi
di questo seme che mi devasta dentro
e ora preme in forma di sembianze
che urgono la luce come nei poeti.

Non c'è oro che possa nell'aria
svelare la propria lucentezza, ma tu setacciami
come rena che ha visto camminare
scalza ogni alba di ritorni dispersi
opoure scavami nel petto
fino a farmi diventare una conchiglia
e ascolta come ininterrotta sia
in me l'eco ripetuta del tuo nome.

*

Se io ti mancassi


Se io ti mancassi
E tu mi mancassi
E noi due ci mancassimo
Ancora e ancora ci mancassimo
In queste assenze di mani e di corpi
E fossimo disperati amanti
Di queste assenze di sessi e di umori
E di bocche e tremori fossimo avari
Ora non avremmo grani di nomi
A scorrere maschere tra le dita
Per dare un volto a un vuoto di fiati.

*

Madre, ci abiterà il dolore


Madre, ci abiterà il dolore
delle parole mancate, i segni
delle reciproche assenze
stimmate sulle anime dolenti
per il diluvio dei nostri silenzi
che hanno disseccato il pianto
e reso più amaro il tuo destino.
Resterà forse una pietosa grazia
in noi di una memoria divenuta
cieca alle sue domande, cieca
ai nostri domani senza memoria.



*

È una vetta di luce


È una vetta di luce quell'atto
che apre l'abisso alle innervature
e scompone l'ordine del respiro
nell'aria. Conti le genuflessioni
della mia devozione: archi d'ora
per un vibrato delle nostre reni.

*

A questo sentire


A questo sentire
ho piegato le ginocchia
mendicando lo sperma
delle grandi occasioni

e per te l'umido bagliore
d'una prosopea d'albe.

Se guardingo mi rigiro per caso
sul desco del tuo guanciale
schiamazzi di vulva accaldata
mi cingono i fianchi.

Non ho mai ceduto
alla superstizione della costola
malgrado io possieda
un torace di mancanze.

C'è sempre un buio che mi attrae
dentro lo spazio
tra un inguine e l'altro

felice mi ci perdo con le dita
spillando il ghiotto degli odori.
Mi bagni per favore la fronte?

Ho chino il capo
dove tu mi sei
madre di silenzi e di piacere.

*

Se un giorno verrà


Se un giorno verrà
tu non prendermi per mano
non scandalizzare la tua età
con le dita rugose di tuo padre.
Se quel giorno verrà
aiutami semmai a trovare l'angolo
giusto dove rimanere in qiuete
con lo sguardo smarrito, l'occhio umido
di chi più non sa dire le parole
della propria commozione o quali
visioni ora la sua mente insegua
vagando tra presente e passato
già dimentico di un altro domani
che forse per l'età più non vedrà.
Se quel giorno verrà
e temerai ogni somiglianza tra noi
non cedere allo sgomento e ridi
fino all'oblio del mio nome: che sia
solo un bisbiglio, un leggero sussurro
un'eco d'altrove
al suono dei tuoi passi sicuri.

*

Hai detto di me


Hai detto di me che sono un idiota
e credo tu abbia ragione. Peggio
hai sottoposto a giudizio morale
le mie parole e le hai ritenute
false: buon per te, che sai con certezza
distinguere il giusto dall'errante, il bello
dal brutto, il buono dal cattivo. Per me
posso dirti la mia follia, aspra
la mia ignoranza, veggenza dei pazzi
la mia parola: se non vana, vera.



*

Qui si sta


Qui si sta di fronte ai rami
che dal vetro la finestra svela
e se spingi in alto l'occhio
il cielo lo vedi nei suoi azzurri
quando picchia forte giugno o nei grigi
quando gioca l'autunno
le sue cartomanzie di ritorno.

Ma non puoi chiedere oltre quel che vedi
e vai di mano in mano cieco agli oracoli
e ti fermi dentro il buio che attanaglia
l'anima e disperi se non nella parola
che scarta l'eco degli uccelli in volo. .


*

A questo sentire



A questo sentire
ho piegato le ginocchia
mendicando lo sperma
delle grandi occasioni

e per te l'umido bagliore
d'una prosopea d'albe.

Se guardingo mi rigiro per caso
sul desco del tuo guanciale
schiamazzi di vulva accaldata
mi cingono i fianchi.

Non ho mai ceduto
alla superstizione della costola
malgrado io possieda
un torace di mancanze.

C'è sempre un buio che mi attrae
dentro lo spazio
tra un inguine e l'altro

felice mi ci perdo con le dita
spillando il ghiotto degli odori.
Mi bagni per favore la fronte?

Ho chino il capo
dove tu mi sei
madre di silenzi e di piacere.

*

Bisognava


Bisognava dedicarsi al piacere
per godere del diritto ad essere felici
pure nel poco o niente di un pane
duro lasciato da giorni ad ammuffire.

Qui arriva di lontano il suono d'un flauto
e la quotidiana gazzara degli uccelli
di cui ignoro il nome delle specie. Ti penso
nella rabbia della tua solitudine, un prezzo
pagato a un tempo che ti fu avaro
di doni e insegnamenti, dove la libertà
pativa ancora le usanze e le convenzioni.

Siamo nati senza salvezza e la tua eredità
se non grava come somiglianza pesa
come una partecipe colpa di avi.


*

E quando la sera


La mia mano non tocca la campana
e tra noi, madre, manca la parola:
ora è scabro tutto ciò che resta.

E nell'agosto delle solitudini
tacciono le perdute voci i muri
dagli intonaci di pianto e silenzio.

C'è in te lo smarrimento dei nomi,
madre, la radice di una domanda
che non chiede più appelli al domani.

E quando la sera incarna le sue ombre
già m'inquieta la tua età, sul confine
dove si dispera un tempo redento.

Se potessi restituirti a un altro
destino, se potessi riscrivere
la tua vita, giocherei la mia assenza

e non patiremmo l'incompiutezza
senza un dio a interpretarci la vita
già sfatta da quel nulla che l'attende.

Così veglio sulle nostre distanze
temendo lo spauracchio delle notti,
tremando sulle tue solitudini.



*

Disvelamenti


Selvaggia e celeste la tua figura,
nei colloqui del tuo corpo la carne
appare visione e tocco d'angeli
profani; ma non lontani
dai percorsi segreti dei celesti
specchi, dove ti rifletti e in te
si riflettono le calde acquosità
del sogno di un figlio di Adamo.

Specchio per specchio le tue figure
giocano un oracolo coi miei occhi,
divinazione opportuna ai miei silenzi,
nel mentre si smarrisce la ragione
in ciò che di te sveli e in ciò che di te
rimane al di fuori della luce.

*

Dimenticarsi


L'andirivieni delle foglie
tra l'occhio e il vento
assomiglia a un racconto
di vita, mi ricorda
di quando tua madre
ignara vegliava
i tuoi pudori, in un inganno
di storia e memoria;
perché ogni ventre
non conosce che i morsi
del dolore o della vita
nei suoi più reconditi rossori.
A quegli anni
dovremmo accendere un cero,
ma troppo sfatti siamo oggi
per riprenderci in mano
il discorso. La nostra grazia
è stata la nostra stessa illusione
o forse c'è dell'altro nel nostro destino,
ma questo appartiene a un mistero
che noi solo sfioriamo nei gesti
di un vivere quotidiano senza più sogni.
È come un seme del nostro domani
il tempo che abbiamo vissuto insieme,
però se domani più io non fossi, ti prego
tu non pensarmi se non come un'idea
apparsa di fantasia in un giorno di sole.


*

Eri il mio viaggio


Eri il mio viaggio, la liturgia
dell'alba, il principio di ogni passo
nei ritorni di luce, baci sulle iridi
nel sortilegio dei tuoi incanti. Ogni ora
trasfigurava il limite del tempo
in un infinito orizzonte di origini.
Eri il mio altrove in in luogo di carne
e un cielo di parole, a bordo dell'indicibile
e io il tocco di uno sguardo ferito
dai tuoi sortilegi di luce
di fronte al gemito di una distanza
di abbracci impossibili
tra i fiati e i corpi
in un frammento perduto
del nostro universo d'amore.

*

Dove al ritorno


Dove al ritorno si addice il rimpianto
o l'insidia del rimorso, tarli del tempo metastasi di memorie dolenti, ossario

senza lo stigma d'una deposizione.
Incavata la cera e fumante lo stoppino
all'oro colante di date e nomi.

*

Solitudini


Qualunque parola o gesto
tu non riuscirai a toccarmi.
Noi siamo solitudini e assenze
vuoti incolmabili di nomi, appelli
come echi di altri appelli; cieli
senza terra dove posare gli occhi.

*

A notte fonda


A notte fonda
l'agonia degli ulivi.
Il ritardo dell'alba
il marmo delle domande.
Eppure dove dormono
Dario e Amelia, un angelo
di pietra rischiara l'ombra
e trema ogni certezza
allo stupore di una giovane età:
'Anch'io ne vorrei una così' .

*

Incontrarsi


Incontrarsi con il destino
addentrarsi nell'ora ignota
che inquieta - da una via all'altra -
o piegarsi al fascino della luce
che riverbera sul verbo incompiuto
dei cortili - l'ebbra festa dei mari -.
Si apre a finestra la parola, si apre
sul mondo, indecifrato mistero.

*

I tuoi segreti


Avevamo da raccontarci
i tuoi segreti odori
e dei tuoi umori
ti narravo la gioia e lo stupore
della bocca pellegrina sul tuo corpo
e delle mie mami
mai sazie di toccare. Gli occhi
ti camminavano addosso come pie donne
in un corteo di festaggiamenti
nel giorno del santo patrono del paese.
Poi, la voglia di tenerti tra le braccia
la voglia di possederci
era tutto ciò che restava di noi.
Prima dell'alba e dopo il tramonto.
Dipingevamo coi nostri corpi
un'altra eternità.

*

Non avrei dovuto


Non avrei dovuto darti ascolto, padre mio,
avrei dovuto fare di te un urlo di disperazione
davanti al grido delle mie ali e dunque
dinnanzi al visionario volo degli abbandoni
e cederti a un orizzonte di desolazioni
e impaurimenti della vita; figlio d'ansia
sarei dovuto essere, in un altro destino
sarei dovuto giungere fino a morire,
ma i nostri anni ignoravano i tuoi dei
e i miei, incapaci di voci e di nomi. Non dirmi,
padre mio, tra questi muri sudati
alla fatica del tuo ricordo, delle tue ossa,
perché io non so ridare a esse una vita
e alle mie un'altra possibilità. Mi schiaccia
ogni passo verso la strada e ogni immobilità
m'illude di aggirare l'attorno e trovarvi quiete.
Ti scriverò ancora, padre mio, dei murati silenzi
e mi dirò le parole che non ci dicemmo in vita,
per riprendere un discorso che mai ebbe
la sapienza e il coraggio del suo principio.

*

Ai miei angeli


Ai miei angeli di carta - a voi
che mi veniste un giorno a cercare
mentre io non cercavo voi finché non vi vidi
e vedendovi vi scopersi, a voi devo oggi
questa intima commozione, questa confusione
interiore che agita l'anima e il cuore. A voi
che vi prendeste cura della mia nudezza
di parola, che copriste con la pietà dei miti
lo sconcio della mia ignoranza; a voi
che foste miei compagni negli anni migliori
quando tutto il possibile deve ancora accadere.
- Quale pessimo discente sono stato di voi! -
A voi devo ora questa gioia interiore, a voi
che foste un tempo il mio salvadanaio di povero
a voi debbo ora il sapore della mia vecchiaia
a voi lo stupore se ancora vi cerco, se ancora mi cercate
e assieme ci prepariamo, io a morire, voi a restare
nella gioia di una reciproca gratitudine.

*

Dammi


Dammi l'indirizzo del tuo capezzolo:
la bocca non ama che l'areola,
il senso di pienezza che il sodo del tuo seno
regala alle papille gustative. Dammi il suo indirizzo
e a quanti isolati di distanza
io trovi l'ombelico e poi la vulva:
ho il viaggio del tuo corpo come vocazione,
un 'on the road' da recuperare
alla gioia della tua esplorazione.

*

Ora che


Ora che non sono più tuo
in questo mio corpo di disabitudini
ora che lo disabiti nello spegnimento delle luci
e resta rapace la notte sull'omero
e sfianca di silenzio i lombi
tormentati da un tremore di radici
nella memoria di giorni lontani
- ancora ieri mi chiamavi per nome -
disvelano l'incertezza dei numeri
alla conta delle giravolte
nel grezzo panno dei soli
a sudario di una carne ancora viva
stabat di reni dolenti e sudore di altri peccati
Ho amato il tuo florilegio di mani
adattate all'oroscopo delle nostre bocche
- divinazioni di lingue su seme e umori -
quando ritualizzavi la mia attesa
con gli incantesimi delle tue parole:
mi afferravi, affamandoti di te.
Eri nel gioco la cartomante vincente
io una carta senza figura o valore.
Rilanciare oggi la scommessa sarebbe un azzardo
al tavolo verde dei miei anni
eppure siamo una posta troppo alta
per non tentare una devozione al rischio.

*

Chiedersi


Chiedersi se le parole hanno un sesso
io credo sia errato porsi così la questione
certo è che quando ancora ti vedessi
in slip e reggiseno, troverei ancora
l'attimo di un fremito d'emozioni. Però
credimi, lo giuro, ora come ora vale più
di una scopata questo parlarsi addosso
guardandosi negli occhi
e insieme dibattere la questione
se Dio avesse voluto una figlia femmina
come sarebbe andata di traverso la storia.
Perché vedi essere felici in due
non fa dal sesso la sua radice
ma del sesso semmai ne fa un diletto
per darsi da bocca a bocca
le gocce di uno scambio di piaceri.

*

Piegati


Piegati sotto il peso della colpa
portiamo come stimmata la vita;
curvi sotto un sole impietoso
sudiamo l'innocenza degli animali
col rancore della morte nelle ossa
chiamata a un eterno essere nulla.

Solo di te farò banchetto di festa
quando corpo dentro al corpo
lasceremo urlare le nostre carni
nella sfrenatezza dell'attesa
che sfrontata
attende con ingordigia le sue gole.

Allora così soltanto saremo
vele sull'attimo e rami d'acqua
che spezzano i letti dell'arsura
dei giorni, ubriachi fino alle reni
che inarcate incantano lo stupore
di un'attonita solitudine d'amore.

*

Filigrana


Volevi che in filigrana si vedesse
l'ora incline al destino. Sostavi,
tacendo, sulla soglia dei morenti.

E la notte fu ingorda di luce:
in fretta e per sempre
rubò le albe a ogni tuo mattino.

*

. Non più di te


Non più di te avrò del mondo.
Lama crudele d'intrighi e di affondo
recidi istante su istante
dalla mia pelle, in balia dei tuoi oblii
si dissolve il tempo. Richiamami
memoria sudata del tuo corpo
fammi umore della tua carne
e orazione che ritualizzi il tormento
delle promesse dei miei inverni.

*

Dovrei


Dovrei imparare la metrica
studiare i Padri della nostra Poesia
in fondo così fanno i veri poeti
quelli che davvero hanno talento
e sanno scrivere. Ma io sono
soltanto un uomo innamorato
e mi basta poco per dirmi dell'amore
in fondo mi basta un vocabolario semplice
un dizionario povero di lessico
e il vecchio tavolo della piccola cucina
e da lì, complice il balconcino, riscrivere il mondo.
Tu, se vieni a leggermi, fallo come colei
che il destino, un giorno, elesse a mia Musa.

*

Tu



Si sottraggono gli Angeli
alla visione dei tuoi passi
nel mondo, perché non sia
oscurato il dono o del dono
l'altra creaturale bellezza.

Carne della mia carne
è pure il mio fango, di pianto
e polvere ne è il giusto impasto.

Mi perdo ora
nel puro soffio dell'attimo
mi perdo alla gioia o al peccato.

Ma senza il tuo nome
dov'è il mio Giardino?

*

La cura


Ho piegato la schiena
ho proposto i mie lombi
ho comunque goduto
di ciò che la carne offre alla vita,

perché non ci negasse la sventura
la disgrazia della nostra libertà
e nella sua bellezza
io venissi alla cura

e fra le tue piaghe restare
il canto di una donna
nel pianto di una madre.

*

Era


Era la mia verginità che mettevo
in gioco, tradiva l'affanno l'alba
tardiva alla schiaritura dei sensi

bruciava gli occhi un'ostinata veglia
sull'offerta profana di una resa
schiusa, non altro tempo né destino

a segnare una stagione senza appelli
la chiromanzia d'uno stupore
carnale, una disfatta di semi.

*

Quando


Quando la luce del giorno ritorna
e riprende in me il solstizio del cuore
tu scorgi un'ombra sul viso
uno sguardo verso il tempo perduto.

È un figlio concepito che portiamo nel grembo
questa memoria d'infanzia - sangue e sudore -
che dentro sommuove e irrequieta
sfigura il giorno, lo mena alla tregua.

*

Bagnati


È nei tuoi sguardi d'autunno
che ritrovo i miei ardori

e sciolgo il mio corpo
a un'altra memoria: ricordi?

Ci bagnavamo di noi, ci bagnavamo
e ci bastava che accadesse così.

Al di fuori del tempo era l'amore
al di fuori del tempo è oggi l'amore.

Ti guardo e mi specchio in ogni tuo affanno
ti guardo e mi perdo: il tuo corpo è l'amore.

Così più non conto il tempo che resta
incanto i miei giorni con ogni tuo sguardo.

Dimmi se muore l'amore o se il corpo
dell'amore invecchia con il tempo: se io ti vedo

e brucia in me un fuoco
che non conosce epitaffi.

*

Immagina


Immaginami con un cappotto rimediato
e quella bruma davanti a una vetrina di un bar in inverno.
Immaginami con un tuo libro di versi in mano
e quei morsi di dentro che fanno la vita.
Immaginami con le tue parole per pane
un po' fatte di terra un po' fatte simili al cielo
e i miei piedi che si perdono nel giro del mondo
raccolto in strette vie di un antico quartiere
o sfumato nei colori di parchi quasi deserti
quando la lettura non contava le ore
e le tue pagine erano il fuoco e l'acqua
con cui abitavo questo mio corpo.
Innaginami ora braccato dagli anni
eppure con te alba in un angolo di vita
coi tuoi versi a riscrivermi la vita
a dare un corpo al fantasma di ogni amore.

*

Dove


Dove le tue cosce segnavano
la mia visione del mondo
e diventavi una promessa
che avrebbe mutato il tempo
in istanti di grandiosi scenari

a incantare ogni respiro
ogni affanno di lingua e di mani
ogni preghiera di fianchi e di reni

velando in una nebbia di stordimenti selvaggi
quel che avremmo poi chiamato domani
cedendo i visi arrossati al gioco dei baci

ora ci prende uno strano pudore di anni
il sentimento della caducità di ogni cosa
e forse solo ci resta il coraggio dei nomi.

*

Nella lode


Nella lode delle tue lacrime
ho pianto le mie mani
sporche di sudore e di fango
ho pianto i miei passi senza una strada
i miei fiori di carta straccia
lasciati al crocevia
dei miei ultimi smarrimenti
vestiti solo di una nuda follia
senza voce e senza orizzonti.
Nella lode delle tue mani
ho pianto la commozione dei tuoi occhi
mia voce, mia preghiera senza terra.

*

Il tuo corpo


Il tuo corpo è sacro
alla liturgia dei sensi,
i falsi riti ne violano i sigilli
profanano la carne le impure lingue
e bocche e mani lo toccano con menzogna,
ai sortilegi dei vènti inferi
come canne ondeggiano la loro grazia,
sulle ombre dell'abisso
prostituiscono la loro luce.
Il tuo corpo è sacro, specchio del mio.

*

Se


Se mi ami pronuncia la parola
scrivila senza sosta e che io la legga
sgretola i muri, gli asfalti, stingi i cieli
soverchia la notte, sradica i pali della luce
addomestica gli alberi ai nostri giochi di mani
e di bocche, richiama sui nostri corpi nudi
la posa dei passeri in volo, affinché canti
per noi l'ultima gola aperta all'amore.
Se mi ami, invocami come fossi un dio:
io già sono in ginocchio davanti al tuo sapore.
Se mi ami, vieni con il tuo respiro
a darmene notizia, io arderò
in un incendio di follia.


*

Che


Che io non sappia riconoscere
la tua gravità, tu la mia
e amputiamo le parole
del loro oro, ci abbandoniamo
alla memoria dell'innocenza
e dell'ingenuità, incise nella carne
con gli anni dell'allegrezza
e con i giorni del pianto, ignari
dei segreti nel colore delle urine.
Oggi premono le nostre vesciche
come un tempo premevano
i genitali al sole la loro fame di vita,
oscena protesta
che non perdonava alle anime
la ricerca di un'altra nuova luce,
perché l'attimo prima del buio
precipitava sulla carne un silenzio
che tratteneva l'urlo del piacere
alllo scandalo della perduta felicità.


*

Mater


Vita mi si attorciglia ai fianchi.
Le formiche hanno prodotto
il paradigma dell'alacrità
ma io ho scelto le cicale
seppure traslando il loro canto
sotto il cappotto degli inverni.
Così al nome di una donna
ho attribuito la mia maternità.


*

Sei presagio


Sei presagio di carne
Corpo che mi viaggia dentro

Dai glutei agli inguini
Come un arco in attesa

Sospendi in me il tempo
Ti fai cosce e bocca voraci

Alle tue mani affido le mie braci
La mia anima si ustiona ai tuoi tocchi.

Nulla posso più in tale disperazione
Mi disciogli e perpetui la pena.

*

Da qui alla strada


Da qui alla strada
la fune stretta dei giorni
alle caviglie. D'oro
disparve la notte
ai sogni - folletti del buio. L'asola
vuota è segno di eros
o di un'insana distrazione.
La nostra ingenuità
scrive ancora
con l'inchiostro dei folli.


*

Erano tre le croci



Se ci fosse dato di svelare il Mistero
ora sapremmo con certezza leggere i segni,
ma a nulla vale la ragione
e il cuore non può che pronunciare
le parole del silenzio. Restano
le tre croci sul monte dei dolori:
una sembra confermare l'assurdo della vita
al centro quella che grida il mutismo di Dio
resta per noi la croce dei ladri
che sanno rubare perfino il Paradiso.

*

Ho una compagna


Ho una compagna
si chiama raggiodisole
abita a est
dellla mia solitudine.
Ogni i giorno mi scrive
che è impossibile amarsi
perché nell'amore
un poco per volta
muore l'amore.
Mi scrive anche
che lontano
è la terra d'esilio
del desiderio
ma solo da lì
si può tornare
e far vivere per sempre
il nostro amore.
Ho una compagna
che ama l'amore.

*

Chissà


Chissà quel giorno com'era il cielo
se pioveva oppure era freddo
e se nei cortili si giocava a campana
se l'ora in cui nacqui mutò l'allegrezza
di sassi e pareti e dello spiazzo di prato
dietro le case. Quel giorno, io credo
già ti sentivo vicina, seppure non eri
già ti pensavo, ti formavo nervi e fianchi
e i tuoi seni pensavo, le tue cosce vedevo
i tuoi fianchi guardavo, seppure non eri
io ti aspettavo, io tuoi occhi volevo
carezze d'ali il tuo sguardo d'amore
la tua voce già amavo, la tua voce
domatrice dei miei silenzi interiori
perché è quest'oggi con te
che mi dice di ogni mio ieri
e mi stupisco ancora di come eri
il giorno in cui nacqui
seppure ancora non eri.

*

A figura intera


Tu sei il pronome della magia:
il giorno si divide in quattro
e ogni sua parte è un canto
del cuore che vibra al tuo incanto.
Ma io ti amo a figura intera:
scendere dal volto, passare per i seni
fermarmi attorno al ventre
- come un'ape sopra un fiore -
arrivare così lontano nel mistero
da rimanervi immobile nel centro
e poi guardare ricomporsi il giorno
intero, come noi, a nomi sovrapposti.
Tu sei ciò che il tempo mai sarà:
una beata sensazione di eternità.

*

#Ventunmarzo -



E noi siamo sempre qui
su questo promontorio che è la vita
camminiamo ancora insieme
da anni su gli stessi marciapiedi.

Vecchiaia ci ha voluti ancora insieme
tu incerto nei tuo passi senza più vigore
io con le gambe maculate da troppi ematomi
che segnano il percorso di una storia.

Eppure ancora oggi è di nuovo primavera
e sanno di racconti queste case
ci guardiamo negli occhi ed è memoria.

*

Quando sarò vecchio


Quando sarò vecchio
non venitemi a trovare
non preoccupatevi di riordinare
il tavolo della piccola cucina
tagliare in piccoli pezzi la mela
lavare i due piatti rimasti
dare una stretta alla caffettiera
pulire il bagno
stirare ancora una camicia
e a sera telefonare di nuovo
prima e dopo cena
per sapere se ho preso la pasticca
se la pressione è buona
e se all'indomani mi ricordi di dire al vicino
di darmi il numero di quell'imbianchino:
un ambiente rinfrescato dà più salute
voi mi direte
e stimola la mente l'attenzione.
No, quando sarò vecchio
trattatemi come un piccolo cero
acceso per devozione al tempo
e poi per me direte: era vecchio
riposi quieto, lui
che ha vissuto senza rimpianti
ma per noi, avrebbe potuto fare meglio
gli sia lieve ora il peso della terra
e a noi il grave onere della memoria.
Quando sarò vecchio, lasciatemi andare...

*

Ma qui


È inutile girarci attorno
se io ti amo. Lo so, è strano
pare una fioritura dell'assurdo.

Ma qui nell'imbrunire di quasi primavera
l'aria è mite e i rami stanno immobili sotto il cielo
gli uccelli fischiano nel vuoto i loro versi
- non ti dirò di loro il nome perché lo ignoro -
e mi torna fino in gola il mistero della vita.

*

ottomarzo



Se io sapessi chi io sia
potrei forse anche di te
intuire il destino. Ma io
ignoro di me persino il nome
e i tratti del volto mi sfuggono
mutevoli e stranieri nei giorni
che tendo a contare sulle dita.

Davvero è crudo restare nel tempo:
consuma ogni sera la sua verità
e non lascia che spoglie di parole
carcere dove si apprende
l'arte del morire.



*

Michelangelo oggi...


Non camminano sulle acque
i piedi dei disperati - non sono Dio -
e non spezzano pani
perché meno di cinque ne hanno
e non sanno che moltiplicare il nulla
dei loro giorni su di una terra
che non vuole fratelli e sorelle
di un'unica madre: la vita. E allora
si muore, loro nel mare
della diseguaglianza, noi
nel sentimento dell'indifferenza
o della colpa o dell'impotenza.

*

Amarti


Amarti è una tragedia, amarti
è il tragico della mia carne
il dramma della mia anima.

Perché lasciarsi prendere dall'amore
è accogliere in sé il seme mortale
dell'inverno, la crudezza dei geli
che lacerano la pelle alle mani.

In questo amarti si raccoglie l'universo
coi gemiti della sua attesa. Io veglio
disperando nella violenza dell'amore
il tuo sguardo o di una vita il fiore.

*

La fatica dell’ala


Convocati al volo
dal silenzio del cielo
soggiocato dal sole
come l'uomo dall'ombra
che gl'impegna l'andare.

Tu rimani nel velo
e ricami parole;
arreso al silenzio
io osservo il ritorno,
la fatica dell'ala.

*

Maria Grazia


Maria Grazia, c'è qualcosa di nuovo nel verbo
ed è il tempo che passa. 'Lo so'
tu mi dici, 'è da sempre che scorre
costante, simile a un fiume senza mai secche'.
Ma non è per questo, Maria Geazia
che lo noto e lo annoto nel groviglio degli anni
non a quello tendo l'orecchio, non a quel suono
stonato nel corpo che mi affliggo, ma al noi
che muta e rimane, irriconoscibile e noto
a quel noi che un tempo vivemmo
di gioia e di luce
senza appartenerci in quel compiersi nel noi
dei nostri mutevoli nomi e pronomi.

*

Se la sera


Se la sera ha voci di assenze
e lo sguardo non vede che il vuoto
in gola si strozza il nome di un volto
soffre il cuore l'esilio dell'amore
e la felicità la lontananza degli esclusi.

Allora non chiedermi se gli angeli
abbiano scritto per me una canzone
o se un'arpa abbia rotto il corpo alle ore
che il silenzio innalzava a legni di croce;

piuttosto ritrai la tua mano pietosa
e lascia che la mia preghiera resti
senza un dio che le presti ascolto.


*

L’ora del sole


È così fugace l'ora del sole che indora il giorno
e io vi cammino immerso nell'andamento vario
degli altri, a volte li osservo, sempre ti cerco
ma non ci sei; allora penso a dove conduci i tuoi passi
chi guardano i tuoi occho, se un altro tu ami
e se di noi ricordi quel tempo di albe e di notti
e d'intermiblnabili parole, Credimi,
non faccio poesia: scrivo per non morire
e placare la furia della sete di te
che mi divora e piega le ginocchia
fino alle mani giunte di un'ora profana.

*

In tanti lo dissero


Amore, amore mio, in tanti lo dissero
in tanti lo hanno detto e in tanti
lo diremo ancora, amati
e non amati: 'Amore, amore mio'.

Anche l'asfalto, le rose nei cortili
e gli alberi da marciapiede
ogni giorno vegliano quelle parole
che ciascun vivente avverte mormorare
dentro di sé: 'Amore, amore mio'.

Oh, tu sei la mia nave, tu la mia rotta
tu il vento e la vela, tu il mare! Amore,
amore mio, senza di te non sarebbe il mondo
senza di te nessun suono, nessun canto
senza di te nom ci sarebbe l'universo
senza di te l'esistenza stessa della luce.
'Amore, amore mio', la parola
che fa sussistere le cose, il tuo respiro
che mi schiaccia sulle labbra
la più dolce saliva, culla del mio morire.

*

Credere che


Credere che sia facile rimanere soli
quando il silenzio non è più la quiete
che riconquistava le ore alla notte
e il sonno un nemico da vincere
perché vinti noi dalle grida della carne
che giovane mal taceva le sue tante fami.

Ora le rughe sulle mani raccontano altre storie
e le ore hanno più fragili attese
anche se il sangue una memoria ancora viva.

Ora che il tempo è un filo d'arco che torna al legno
comprendo quanto oro vi sia nelle parole
e nella tenerezza, che ridona voce
dove il silenzio rischia di ferire.



*

Insegnami tu


Insegnami tu che cos'è la poesia,
che cosa può dire la voce di un poeta
a una gioventù ricordata
sugli asfalti delle cinque di mattina
quando l'inverno e il sonno
trasformavano un eskimo
in un temporaneo sacco a pelo
e il tram era il dondolio giusto
per cullare l'ultimo quarto d'ora
concesso alla voglia oscena di dormire.

Insegnami tu che cos'è la poesia
e le regole del gioco o forse tace
la voce del poeta quando non grida
il destino degli ultimi o non vi partecipa
con il suo male di vivere. Mare muto
è il poeta che vivesse solo il lusso
della poesia, tragedia e grido
di chi non ha parole.

*

Tutto è compiuto


Se non mi raggiungerai
la colpa non sarà tua, né mia
ma c'è una solitudine
mai battezzata, senza nome
sorda e cieca, però di un fine
sentire, che tutto le appare
in ombra, anche di sé
non avverte che il tremarle
addosso di un vuoto, una cavità
incapace di annientarsi. Oh
non chiedermi parole
che non possiedo! Solo
guardami e non mi perderò
guardami e non ti perderò.
Ti amerò, senza invocare
il tuo amore, senza chiederti
di essermi pane
per una fame d'amore
che mai avrà pietà di me.

*

Rosso


Un bicchiere di rosso, non so dirti
né scelgo il nome e il marchio.
L'unico faro in questo disorientamento
d'incultura enologica è il minimo grado:
mai inferiore ai dodici. Eccomi, allora
primordiale nell'ordine di una carestia temuta
a negoziare sulle offerte del dodici virgola cinque;
tredice un bottino di caccia da trofei,
il tredici virgola cinque un miracolo
che farà della tovaglia un luogo di devozione.
Ma tutto dipenderà dalle scelte di mercato
e la disponibilità del borsellino
se non si voglia invece ripiegare
sul classico cartone di vino.
Ma dopo 'Scirocco' del Maestrone*
con Spatola e la Niccolai non credo
mi sarà più possibile: alibi per un digiuno.

*Francesco Guccini

*

Filamenti


Filamenti di olio alla preghiera
della lingua tra i seni, che spingono
verso le ali sublimi di altre verità.
Ha il pregiudizio del miele
l'ardire del tuo odore tra i fianchi
e mi strema la battaglia del sudore
affinché si apra sotto di me l'abisso
che transita la carne dal corpo al mistero
e guida l'anima a toccare la follia
la veste elegante della nuda verità.

*

Luce di certezza


Non è nostalgia del ritorno
il ricordo, ma una luce di certezza
nell'inquietudine dell'attimo

che teme l'amaro odore dell'oggi
quando brucia sul fuoco della vita
l'indecifrabilità di un destino

senza più fogli bianchi alla scrittura.



*

Asterischi


Non posso che chiamarti fiore:
non conosco il tuo nome;
però ora so del mio stupore

e di quando ti ho visto e non so come
ma qualcosa di te e di me ho intuito
e non ho saputo tacere, come

non può tacere il mare, infinito,
che dà voce alle sue onde
e alla riva che, con esse, si confonde.

*

Amore mio


Amore mio, lo squarcio sull'anima
che provoca questa fane di amore
potrei dire che non ha un volto, nessun nome
e che mai si ricucirà quello strappo originario
che pure è senza un'origine nella carne
epperò della carne ha fatto la sua voce.

Amore mio, potrei dirti tutto questo
e sarei nel vero del mio sentire,
ma altrettanto come non dirti
che qui, adesso sei tu quel volto e quel nome?

Non si vive che sotto lo sguardo di un altro
non si vive che come un tu di fronte a un tu
e allora affréttati e vieni
senza tardare ancora
un'eternità di più.

*

Portami


Portami sul tuo corpo
o con gli occhi dentro le sue forme.
Portami nei suoi passaggi più luminosi
e su quelli che sembrano velare un segreto.
Portami là, dove tu sei soglia del mistero
e il mio pellegrinaggio verso quella meta.

Non è il piacere che mi dà la tua carne
questa è solo la voce di quel tuo essermi oltre
anche se davanti a quella, la sua bellezza
mai del tutto rivelata, mi commuove
e mi porta al pianto.

Dalla bocca ai seni
dalla schiena ai fianchi
si sprigiona un fuoco
un ardore potente dello spirito umano
che non saprei definire
se non con la lingua dell'eros.

*

Grembo del Bello


L'angelo si è scavato l'interno
uno spazio vuoto a grembo del Bello.
Non vedi come il musicista è docile al suo strumento?
Egli è ha percorso il sacerdozio dell'obbedienza
si è reso servo della potenza dell'arco
perché egli stesso ne divenisse freccia
e perfetta mira, sì da incidere di note
l'aria, le pietre e il mondo. Non vedi
come egli ami la sua arte? Ad essa
e per essa si è reso dotto e ignorante
principe e mendìco, si è reso nulla
affinché nel nulla risplendesse l'Altrove
nel Bello che rende canto il silenzio
e lode ogni bocca resa muta
per la luce e lo stupore dentro i suoi occhi -
gli occhi del musicista o dell'artista,
specchio di chi ascolta, vede, ripete.
A quale parole ora affiderò il mio grido?
Mi vedo e sono ignudo d'ogni Musa
eppure sono qui e devoto e credo
di udire ogni tanto la voce del Divino.

*

Se tu


Se tu venissi
e io con te venissi
se noi fossimo assieme
l'esuberanza senza pudore
ma solo dopo averci detto dell'amore
e di come questo cambi per noi il mondo
e ancora assieme noi guardassimo la luna
o quello che delle stelle resta
nel lungo viaggio della luce
allora io di nuovo mi lascerei coprire da te
e dalla tua bocca ruberei
ogni mio felice respiro.

*

Come avremmo potuto


Come avremmo potuto
rimanere nel silenzio
di fronte alla morte? Parola
dopo parola
ci siamo costruiti
un discorso tra le ombre
e nelle ombre
ci sorprese la bellezza.

*

Tra i nomi


Aggiungimi tra i nomi che ami
nella lista del cuore dammi un posto
ricordami ogni tanto
mentre passi di fianco a un giardino.

Se sopra di te vedrai un cielo di aprile
tu pensami come un luglio promesso

e non dimenticare di dirmi il mio nome
se i miei occhi non avranno più specchi
dove ritrovare qualcosa di noi o di me.

*

Farò


Farò a meno di me stesso, lo giuro
e della notte
quando il buio diventa un eremo
dove mi rendo osceno coi miei respiri
e il pianto
che viaggia la distanza
tra il qui dell'ora in cui accade
la luce dell'altrove dell'arte e il di là
dove la luce sembra nascere o traversare
l'obliquo sguardo della nostalgia. Tutto
l'oblio della memoria offende la parola
la disabitudine dell'anima all'afasia
la mia necessità di dirti questo amore
che sanguina se non ti fai suo respiro.

*

A noi che...


A noi che non rimane altro che restare seduti
e guardare da qui questa vita che segue i suoi giorni
a noi che abbiamo guardato con il cuore aperto nel petto
il lento scorrere del fiume
e il riflesso degli alberi sull'acqua.

A noi che attraversando ponte Testaccio
ci sorprendevamo della bellezza del cielo
nell'intimo calore della primavera
che illuminava d'oro i suoi giorni
e incorniciava l'epifania delle voci.

A noi presi da un'inspiegabile nostalgia
quando la via del ritorno traversava il quartiere
e le strade e i palazzi diventavano
piccole epifanie di poesie non scritte
o scenari diversi di una diversa follia
guardata sedotti dalla propria compassione.

A noi che non mancava il pianto del cuore
o il fragile respiro dell'anima, ché anche
in un piccolo parco, un gelato era una porta
un arco di un altro altrove, un amplesso
della mente con un'origine ignota
eppure avvertita come madre di un sé
che a fatica ancora prova a darsi un nome
e non trova aggettivi per aprirsi una via.

*

Amami


Amami solo se vorrai spogliarti per me
fino a mostrarmi nuda la tua anima
anche se non avrò le parole per comprenderla
o gli occhi giusti per vederne lo scandalo
ma soprattutto l'insondabile furore di bellezza
anche quando quieta si vela o tace. Ma tu
spogliati per me, dagli occhi
fino al seno, dall'ombelico
fino ai fianchi, dei fianchi
mostrami il retroverso, lo sguardo
di un mistero che seduce e
dalla schiena portami alla nuca
fino all'odore dei capelli
perché tu sia per me
un'ostinata ricerca di senso
di questo inverosimile vivere
che sale dagli abissi dell'amore
e ci sorprende e ci abbaglia
come un sole nudo
nell'inverno del nostro esistere.


*

Di te


Si ricorderà di te,
e del tuo giovane sorriso
farà la sua iconografia filiale.
Sentirà salire una gioia commossa
che gli bagnerà il cuore e l'anima;
e se di te avrà solo il segno in una foto
la tua assenza sarà meno crudele
perché l'età lo avrà reso sapiente
e vedrà oltre la scia di un nome in oro
il marmo vuoto della rivelazione.
Così si racconterà di quei giorni
e degli anni in così fretta passati
e di un intreccio di destini
eppure rotaie di una vita mai emersa
dagli abissi del suo mistero
e riunirà in un'unica visione
la giovane donna e l'anziana madre
e dell'una e dell'altra conserverà il velo
di non saperne spiegare il segreto del volto.

*

Le mie mani


Le mie mani, le mie gambe
i miei occhi, il cuore
e la fatica dei giorni. Ora il tempo
vissuto è una trama di destini, di nomi
e di assenze che muovono l'aria
a malinconie di ricordi. S'alza
ancora un sentimento e guada le vigile
il passo ingenuo
di una perduta innocenza

che pure si fa parola ancora
e amante di lontane utopie.


*

Innamorarsi


Innamorarsi
non è ancora perdersi: l'amore
è una drammaturgia dei sensi
poi del cuore
se tradisce l'anima
la linea di dolore
che il vuoto primigenio
traccia
con un invisibile sanguinamento.

L'amore è il tragico
di un continuo perdersi
nell'incompiersi dell'Altro
nel sé dell'amante

che sfiora l'amato
in quella sua assoluta distanza
madre
di una divina nostalgia

che non chiede altra fedeltà
che quella di restare innamorati
dell'amore che genera l'amore.


*

Continua fonte


Continua fonte - Tu - l'occhio si dilata
profano graal di ogni tuo segreto
che nel cuore della carne stilla
e si disvela pronto
a una lingua impura, alla chiamata oscena

arcobaleno tra i due corpi di un'amante
la via delle piccole estasi, tra osso e osso
le luci lungo le dorsali, il passaggio tra le costole
il tocco della leccatura sulla nuca

e la schiena
sfiancata dalla gioia.

*

Potrei dirti


Potrei dirti d'amarti, oggi
tra la rasatura e il caffè, il profumo
che precede l'uscita. Potrei dirti d'amarti
tra il volto che non vedo e la voce
che ancora non odo. Potrei dirti d'amarti
nel desiderio che mi abita dentro
e sconvolge la carne, allerta i sensi
in una vigile attesa del tuo venire
mentre già sei qui, visione di un nome
unico pane
nella bisaccia della tua assenza. Potrei dirti d'amarti
perché già ti amo nell'attesa che si compia
un destino chiamato a diventare storia.
Potrei dirti d'amarti e poi tacere
perché lo griderebbe il cielo
lo urlerebbero i venti
perché non c'è bellezza più grande di questo amore
che inginocchi davanti a te l'intero universo.

*

Ricorderai


Ricorderai i vuoti, le assenze
ciò che non hai còlto, ciò che ti è mancato.
Sentirai in te il gemito di quelle voci
i fantasmi della tua carne, i rimpianti
e le colpe della tua anima. Vedrai dal balcone
passare i tuoi anni e le vite possibili
e non guarirai dai tormenti degli amori perduti.
Il tuo spirito soffrirà le cicatrici della memoria
ma tu non dovrai temere il giorno
perché se il tempo curva le spalle
il tempo non sotteae il latte ai sogni
e i sogni sono l'ombra che il reale proietta
sotto il raggio potente del desiderio
quello buono rende estate l'inverno
e fiorisce primavera dentro il coccio dei vuoti
dei semi mai nati alla luce.


*

Il canto delle poete - tra largo Argentina e piazza Navona


Ho visto le poete cantare
con le voci miti del dono
le parole-figlie adottive
delle loro anime-madri

e figlie allo stesso modo
le poete-madri

della lingua-madre
e lingua-figlia
della Poesia.

Sembravano
le poete-lettrici dei propri versi
i cinguettii degli uccellini
tra i rami del grande albero-silenzio
e loro, sembravano
cinguettii
o lussureggianti foglie.

Ma anche tuoni e lampi
sembravano le poete
- e lo erano -
con le loro parole
e con le loro voci di poete.

Ma anche
sembravano
monaci in coro
con le loro parole
e le loro voci
le donne-poete

sicché ho visto
la loro missione:
restituire al tempo
il mondo trasfigurato
e non oltre il tempo
- disse il sapiente - .

Non restino inascoltati
poete e poeti
il loro essere
- insieme -
è una sillaba sacra

un continuo annuncio
e memoria
al cuore del mondo

tra largo Argentina e piazza Navona.

*

Non ti dirò


Non ti dirò di morire insieme a me:
l'amore perfetto è senza memoria
ma pure gli è necessario il ricordo
per ritrovarsi sempre al principio.
Mi basterà che avrai pietà di questo
corpo, come si ha pietà dell'ultimo
bacio o dei volti in bianco e nero
alla partenza dei treni o alla fuga
delle rotaie che illudono di orizzonti
mai visti. E vorrei che non piangessi
allontanandoti da quel mio strano riposo
vorrei invece tu tornassi al centro di Roma
tra largo Argentina e piazza Navona
ma quando è più buia la sera. Lì vorrei
tu ricordassi di me a quelle pietre
e a quel cielo che saranno il mio rimpianto
e lì vorrei tu ripetessi il mio nome
cedendolo come si cede un figlio
alla donna amata che sposa.

*

Una brutta poesia


Mi basta una brutta poesia
una parola dietro l'altra
con gli impudenti a capo
un'impressione a stampa.

Mi basta un verso occasionale
come quegli incontri casuali
davanti al bancone d'un bar
con due chiacchiere senza scopo
al posto delle zucchero nel caffè.

Mi basta l'apparenza di un testo
che si confonda a poesia
come lo sguardo di una donna
- era il tempo
della mia verginità prolungata -
che non sta guardando me
ma io m'illudo e credo
che sia il mio prossimo amore
definitivo per la vita - nello specchio dei sogni -.

Mi basta una brutta poesia:
mi lascio alle spalle l'aggettivo
spezzo a mo' di pane il suo nome
e trovo riparo ai giorni infelici.

*

Lei


Lei, sprizzava erotismo
da tutti i pori
io, le guardavo il culo
con dovuto rispetto.

Si faceva l'amore
così, senza gemiti né parole.

*

Ingordigia


Della vita vissuta restano
i giorni, le strade percorse
i ponti sul Tevere traversati;

i ricordi di amori e di affetti
i grigi cieli d'un presente
stretto fra gli autunni dell'età.

E quel che ancora sogna
nelle fibre intime della carne
quel che dipinge sull'anima

il volto senza volto
di questa sconosciuta nostalgia.

*

Una...


Una levatrice senza arti
è questo il miserere che recito
ogni giorno, questa è la colpa
che i padri ereditano dai figli
quando la vita strazia le viscere
alla fame di una legittima gioia.


*

Dimentica


Dimentica di avere amato,
perché sia sempre nuovo
il tuo amore.

Dimentica l'amore,
perché sia sempre nuovo
l'amore che ricevi
e ti stupisca
la sua natura di eterna novità.

Dimentica
ciò che più non puoi dimenticare
e sii felice di ciò,

come l'alba
quando saluta l'aurora.

*

Ad ogni modo


Ad ogni modo d'asfalti è ascesa
la funesta controversia del giorno
e di fiaba in fiaba a volute celesti
salgono dalla gravità
alla leggerezza le loro parole.

Le loro lingue furono
la lunga brevità di un inchiostro
tra viaggi e stazionamenti
le vie crucis di sguardi e destini
i corpi disabitati dalla vita
testimoni di un atroce dolore
- un altrove -

fulgore di una stele le carni incavate
dalle luttuose mimesi delle ossa
risonanti come marmi nei silenzi
pietrosi dei cimiteri ai margini
di righe sovrascritte come croci
datari di sangue e di morte.

Restano nei fogli contro il vento
le loro pagine erette come tende
dove riparare o trovare
un'oasi di quiete quando la terra
riarde e sfianca il ritmo del respiro
il passo incerto che non trova un nome.

*

Un giorno per non dimenticare, non dimenticare nessun giorno


Non spiego, patisco con te.
E patisco ancora
perché non sono diverso
e fatico a trovare parole
per questa vergogna
di essere uguali
uomo accanto a uomo
maschio accanto a maschio
portando in sé ciascuno
il proprio seme di violenza.

E qui vi è una violenza
ancora diversa
la violenza peggiore
quella che non ha nemici
perché è una violenza
senza pietà, è la crudeltà
del padrone verso lo schiavo
è l'abominio
dell'oppressore verso l'oppresso
è la sottomissione
dell'altro fino a volerne
il dominio assoluto.

E non ha solo urla
e smorfie di bestia
ma goccia dopo goccia
degrada il corpo-bersaglio
con le proprie maschere
di un'ordinaria quotidianità.

*

Il giardino


Morderei dalle tue labbra
ciò che lasci apparire della mela
mentre muovi i tuoi passi
svelando il giardino. Ho la colpa
di amarti, colpa che l'amore assolve,
perché è un male senza rimedio
questa carne che digiuna di te
e vive il tormento di essere viva
perché viva senza di te.

*

Il caos


Il caos
tra le natiche e la vulva
o l'ordine cosmico dei seni.
Alla nuca ho disfatto il cuore
tessuto un filo di eterno
con la trama delle tue iridi.

*

Sorpresa del giorno


Vieni nella sorpresa del giorno
è immenso il tuo passo
nell'ombra lasci apparire il tuo corpo
le tue labbra un sussurro di nomi
le mani tra loro custodi della pietra
accarezzano con il volto rigato
di una Maddalena il loro silenzio.
Ti guardiamo noi da una primigenia soglia
perdendo la malizia degli innocenti
e ripetendo i riti dell'amore
mentre un nebbia vela lo spirito alla carne.

*

Ho visto


Ho visto il Corvo di Poe:
in sogno mi volava attorno
e Proust che scriveva e scriveva
e Kafka in partenza per l'America.

Quando verrai in piazza, chiamami:
non abbiamo tempo per coltivare colpe
e i rimorsi sono un vino che ubriaca.
In fondo è meglio l'osteria dei rimpianti
lì c'è sempre qualcuno cui parlare.

Ma quando tu vieni in piazza, chiamami:
il Corvo di Poe non mi ha dato numeri
ma solo la dimensione del Tempo.



*

È stupefacente


È stupefacente la gioia
ed è magnanima la follia
di questa mia felicità. Ma guàrdati!
Mi torci il collo
perché sinuosa ti muovi e io non voglio
perdermi nessuno dei tuoi passi:
la tua schiena ho veduto
ho veduto ogni tua nudità. Ora
m'assale quello che ho sempre temuto:
la gioia d'amarti e la follia
di esserne felice.

*

Io non credo a altro



Io non credo a altro
che a quello che resta

quello che resta
è una memoria squarciata.

Guardo alnpresente come all'obolo
che offre il domani, già breve

nell'affanno che spezza il respiro.

Eppure sarei disposto ad amarti
nell'ancòra della carne

*

Filamenti


La sottile sostanza dell'amore
è un filamento di odori
e arcane rugiade di esfoliazioni.

Ha suoni gutturali, inondazioni
di arsure, oscurità di segni
e corpi d'acque di stupefazioni.

Nel canto inesplicabile dei silenzi
risuona un'eco degli indecifrabili:
qui si odono le quieti e gli uragani.


*

Ecco, la tua mano



Ecco, la tua mano: il gelo, padre,
il gelo della morte
che toglie voce alla speranza.

Ti abbiamo saputo noi, tuoi figli,
ti abbiamo saputo, ma fino a dove?

Ci attraversa la memoria
un affollato nominario, ma di te
di noi e di ognuno il senso sfugge:
resistiamo noi, per ostinazione.

*

Srotoli i miei giorni


Srotoli i miei giorni
con le mani sapienti del desiderio
e la tua carne porti a me
nel calice dell'amore. È caldo
il silenzio notturno di questi riti
quando viene a guarire il buio
che abita i miei occhi. Con te
non ho più domani nella voce,
con te è un fuoco di luce
il qui che crei giocando
i miei sensi alle tue visioni. Tu sei
radice e fiore di bellezza quando appari
nel gioco delle ombre, il mio tempo
di te si riempie, come gola
allo spillo dell'ebbrezza.

*

Non si può


Non si può diversamente
è così che accade.

Poi sulle dita conti i morti
e con gli anni ne sussurri i nomi.

È così che è andata, dirai ancora
e verrà come una tenda l'ultima parola
a velare la luce di un giorno
troppo intensa per i tuoi occhi.


*

Se nom questo


Che cos'è se non questo?
Sotto la finestra voci in dialogo
più il là il passaggio di automobili.
Chissà oggi perché gli uccelli tacciono.
Sulla via Regina Margherita ricordo c'era
la piccola tavola calda cinese sempre affollata.
Più in là
o forse prima
il buon caffè-pasticceria.
Che traffico di bellezza è la vita:
anche il suo tragico la innamora.

*

Questo sì


Questo sì, questo sei tu.
Io mi spengo
nel chinarsi della sera
alla rassegnazione
del tempo, sempre
stanco di sé
e di essere soltanto
un labile passaggio, atteso
mai amato.

Soprassediamo alle parole,
da qui non odo
altro che voci
e un rivolo d'acqua
continuo
che cade - asciutto,
aspramente pungente alla memoria -
dal bagno di sopra,
il suo continuo fluire mi allarma
e vengo a capire questo di te:
sei sangue nel sangue
e mai quiete - sei questo -,
sei squarcio di vita
in quest'ombra di vita,
sei l'ora che amo
al di fuori del tempo,
sei tempo oltre il tempo
e io tuo schiavo d'amore.
Tu fuoco e chiarore,
piaga d'oro
tra i fianchi e le mani.

*

Tu sei


Tu sei Il seme di tuo padre
e del padre e del padre e del padre
di tuo padre e di tutti i loro padri
e il frutto dell'utero di tua madre
e dell'utero e dell'utero e dell'utero
di tutte le madri che prima di te
traversarono il passaggio a nordovest
di quel sepolcro chiamato vagina
apertosi improvviso alla luce
e tu rammenta tra i marmi e la strada
e non guardare il cielo se non tra le pietre
e Il tuo nome e i loro nomi tu rammenta
che furono solchi di memoria alla terra.

*

Dov’è


Dov'è il tuo cavallo?
Oh, corri sulle mie praterie!
Ti chiederò la tua maschera
i veli che mi porti in dono.
Hai reso vergine la mia attesa
e la mia lingua una voce straniera.
Tu hai condotto in esilio i miei giorni
le mie labbra sigillate con il fuoco
del tuo tulipano segreto. Guardami
fino a lasciarmi morire.


*

In me


In me c'è un lato di donna
o una fame-radice di donna
una fame che mi sconvolge le membra
ma non da maschio selvaggio. In me
dal profondo gorgoglia un bisogno di donna
in me che mi trasforma in una bocca vorace:
una fame di donna c'è in me, una fame
da donna a donna.

*

Fui attratto


Fui attratto
dalla vita che avvertivo in me,
che avvertivo in quel dirmi: 'io'
in cui precipitava il mondo.

L'abisso del mio nome
creava in me sgomento
e stupore.

Emersi
dal mio essere bambino,
già ferito dall'esistenza delle cose
e ferito
dalla gioia della luce

e dal suo lento spegnersi nella sera
quando avvertivo di opere e cose
il triste mestiere del morire.

Allora le successive ore
di un'età confidente di ogni sogno,
diventava in me
utopia della carne

o le ribelli istanze di un corpo
nella quiete crudeltà dei sensi,
docili
alle mani sulla pelle; riarsa.

*

Letture

a Daria B.

Una felicità buona
una felicità semplice
una felicità possibile
una felicità qualunque.

Una felicità stupida
che ci renda stupidi
di fronte alle cose
di. fronte alle piccole cose

di fronte al cielo
- quando alzi lo sguarda da terra
e lo lasci volare -
come carta velina sul bambù -

di fronte ai fratelli alberi
di fronte alle sorelle piante

vivendo alla sequela dei fili d'erba
- nostri maestri di ostinata saggezza -
cresciuti tra il catrame delle strade
e tra le righe di pietra sopra i marciapiedi
fili d'erba nostri maestri. E così

nutriti di stupori e sgomenti di ogni forma luminosa

sugli incerti passi
a volte
ci accade di sfiorare il cielo.

*

Se



Se siete poeti
siatelo.
Se siete pittori
siatelo.
Se siete scultori
siatelo.
Se siete musicisti
siatelo.
Se siete filosofi, scienziati, intellettuali
siatelo

Perché senza di voi
si ritrae dal mondo la Bellezza
e senza la Bellezza, le forme
e senza le forme, le Idee
e senza le Idee, la libertà.


*

Una


Una risposta breve:
scrivimi: 'Ti amo' .

*

Corpi


Questo corpo in deserto di segni
spaccato da assenze di carezze e di baci
una terra riarsa non germoglia vita
eppure ha viscere che urgono lampi
luci di umidi amplessi fino all'orgasmo.

*

Di perduto


Com'è doloroso questo tempo
che sa di perduto, di amaro
e non abbiamo che un verso
per dirlo: il verso della vita
e non abbiamo che un metro
e ce lo insegna il respiro. Si muore
e si vive
in ogni angolo del mondo, in alcuni
ci pisciano i cani, in altri
ci dormono i barboni. E abbiamo
inventato le parole, dato i nomi
alle cose, ridotto al silenzio
il mondo. È nera l'aria che respira
le ceneri della memoria.

*

Così


Così ti imito e mi bagno,
sul tuo corpo divento donna

- m'accogli, m'accorgo - la parte di me
mancante, che in te, compiuto, ritrovo.

*

Sai


L'ho sfiancato il corpo, sai
l'ho prostrato nella carne
lasciando che la mente
ricreasse in sé le tue forme - riprovavo
un calore simile a quello che provavo
quando scioglievo la mia lingua
all'inarcarti delle tue reni. L'ho sfiancato
sai, passando e ripassando a memoria
la tua voce allorché mi chiamavi
a venire nella parte più segreta
del tuo nome e io non diventavo
altro che un appello, un'invocazione
un grido, una dolce quiete. Mi hai reso
sai, un uomo disperatamente felice.

*

Sei tu


Sei tu, il dorso della mano
su cui si sgrava la fronte stanca
nel mentre del cuore che batte
ostinato contro ogni ragione
di vita quando l'otre dei tormenti
colmo tracima dal pertugio dei dolori
e flettono le gambe ginocchi disabituati
alla preghiera di fronte a un mistero
che non traversa gli oscuri morsi
della disperazione sulla gola.
Sei tu, la dolce agonia degli occhi
prima che li sconfigga un sonno
dalle radici così remote d'apparire
l'ultimo appello dell'ultina sera.
Sei tu, lo squarcio del desiderio
che mostra la sua desolazione
quando non soffi tra i miei denti
il caldo del tuo respiro e l'amore
non sia quella terra promessa
che il corpo vede cieco e attende
come il proprio originario destino.
Sei tu e nessun'altra colei che amo
tuo il seno su cui vorrei spegnere
le mie parole che parlano di te.

*

Che cosa resta di noi?


Che cosa resta di noi?
Di ciò che siamo stati
le distanze hanno divorato il midollo
e il tempo ha fatto scempio dei nostri ardori.

Ci furono giorni che conobbero estati
e freddi inverni con la lingua delle primavere. .

Ma ora celebriamo
una liturgia delle assenze, troppe
perché la carne non urli
nel fuoco delle proprie solitudini.

Presto dimenticheremo la teoria di nomi
e l'oblio inghiottirà lo sguardo reciproco
delle nostre nudità. Irraggiungibilie Noi.


*

Tre asterischi


Ai misteri irresistibili
alle defecatio
alle notturne celebrazioni
ai riti delle voci e dei suoni
alle finestre sull'alba
alla memoria dei morti
agli amori extramondani
alle infedeltà dei sassi
alle pietre e ai nomi
a questo domani inpudico
che già si prostituisce all'oggi
senza ritegno e senza alcun guadagno
a quella stanza d'un albergo parigino
a quell'odore di fraganze vaginali
al tempio ererto tra le cosce
che chiama a devozione
la lingua resa imperfetta dalla parola
a tutto quel che accade
e non avremmo voluto che accadesse
a quel che resta di un altro ieri
e a chi ci rimane caro
perché ha saputo dirci e ridirci
anche quando ancora non ci sapevamo
a queste righe scritte a mano
nell'insonnia di una veglia senza attese
a questo giorno che danza selvaggio
dentro il circolo delle sue ore e non muta
un ottobre già destinato a contarsi
la fine dei suoi giorni sul datario
che adorna di sé un filo invisibile
cavigliera sulla disillusione.
A tutto questo e a tanto altro
che qui non scrivo per timore d'ignorarlo.

*

Sto buono e mi lascio scrivere


Sto buono e mi lascio scrivere
da quelle parole che possiedo di
dentro, più simile ad un barbone che addobba
di rimedio uno storto alberello
di Natale con quattro ninnoli
raccattati in strada che non a un vero
poeta: la sappiamo entrambi
la fragilità del darsi dei nomi,
veri o falsi incapaci di vita.
Non è un cielo sereno oggi:
c'è del grigio che incupisce l'aria
e scolora negli occhi una speranza
di luce. Una stanchezza mi prende
anche alla storia, avrei fatto a meno
di certe faccende, però gettati
nel mondo non siamo altro che passaggi
inquieti e inquietanti, un po' fiori un po' puzza
destinati a sorreggere petali
di marmo offrendo il bianco alla terra.
Intanto mi riscrivo la vita
mutando il tempo con la memoria
e non importa se falsa il segno
uno sguardo di sogni o il dramma
vela con un sudario d'inganni,
perché se ogni attimo è buono per morire
allora vale ricercare sotto il cielo
un po' di terra trasfigurata in bellezza.

*

In ogni caso


In ogni caso sappimi vivo
riposto nome tra le attese:
il tuo elenco dei travagli
trattenuto
come una mano nella mano.
Si ebbe un tempo dei miraggi
quando le visioni
accecavano la prudenza
e la conducevano ai sogni
senza che questi ne avessero
ritegno.
Oggi che conti ostinata i marmi
della teoria numerosa delle date
io m'accorgo d'un'ingenuità perduta:
era simile alle credenze nel buio
quando ci sopraffaceva lo stupore.

*

Paula


Ho avuto anch'io i miei quindici anni
e un elettroncefalogramna ancora nella norma
malgrado la mia vita scrivesse righe storte e la mente
ogni giorno partorisse gli stessi o nuovi fantasmi.

Non chiedermi perché ho camminato nella vita
come avessi una direzione,
non ho mai davvero abitato me stesso
ma solo perché ne ignoravo il perimetro
e tuttora non ne conosco i confini
ma certo l'arsura che mi brucia in gola
e annaspo nel buio di ogni senso
semmai uno ve ne fosse a questo strazio
eppure faccio del mio pensarti una terra
un riparo a questo esilio che mi allontana da te.
Fatti carne, fatti pioggia, alluvionami con ogni senso
purché tu mi stordisca o io non sappia più
a quale catena è legata la mia morte.
Se al tuo nome affianco il tuo ti amo
la mia sconfitta mi apparirà più lieve
e potrò sopportare il muto tacere
di questi miei giorni.

*

Mi chiedo


Mi chiedo sempre quanti passi
tra me e te marcano la distanza
dei sensi, quel non toccarsi
delle carni fino a far piovere di piacere
gli inguini sudati. Mi dirai
di lasciar perdere gli abbandoni
e di non inseguire gli odori trascorsi
tra di noi, eppure se tu tornassi
già solo con gli occhi a guardarmi
io riaprirei le mie gambe alla gioia.

*

E così


E così tutto volge all'attesa
tra me e te, la distanza d'un bacio
nell'attimo che il tempo sospende
nell'istante che si fa alcova di fiati
incanto di bocche sorprese all'eterno
apparire nel respiro di amanti
noi due già persi nei corpi eccitati
dalla lingua dei sensi, nostra dimora.

*

Resteranno


Resteranno asciutte le mie dita
e il silenzio delle tue labbra
non donerà le stille dell'ebbrezza
la bianca corsa dello stupore
negli attimi di tempo senza ragione.

Ma il mio corpo ostinato ti trattiene
nel rammentarsi delle tue carezze
persino la tua gola un tempo straniera
ora è una ferita sanguinante sulla pelle
come una fistola senza più guarigione.

Tornami pioggia ed io tornanti
tu discesa dove l'infero avvampa
io ancora dinnanzi a te l'abisso
tu abisso della mia perdizione.

*

Eva




Fosti l'annuncio di Eva
il disvelamento dell'Amore
in te ritrovai il destino d'un nome:
il mio che mai avevo conosciuto.

Il tuo corpo mi nutrì come un pane
spezzato, un simbolo della fua anima,
sposa di una promessa di fede
come due vere congiunte per sempre
da un destino di luce.

Ma il tempo come un vento impetuoso
ha squarciato le nostre vele
e il tempo trascorso
è stato il mare del nostro naufragio.

Eppure restano sulla pelle i tuoi segni
incisione di carne e sangue, nuovo sole
ogni volta mi appari, eterno giardino
di una bellazza che mi chiama alla gioia.


*

Come un pane


Fosti l'annuncio di Eva
il disvelamento dell'Amore
in te ritrovai il destino d'un nome:
il mio che mai avevo conosciuto.

Il tuo corpo mi nutrì come un pane
spezzato, un simbolo della fua anima,
sposa di una promessa di fede
come due vere congiunte per sempre
da un destino di luce.

Ma il tempo come un vento impetuoso
ha squarciato le nostre vele
e il tempo trascorso
è stato il mare del nostro naufragio.

Eppure restano sulla pelle i tuoi segni
incisione di carne e sangue, nuovo sole
ogni volta mi appari, eterno giardino
di una bellazza che mi chiama alla gioia.

*

Riecheggia in me la tua visione


a 'Marcel'


Abitiamo un tempo nudo
una striscia d'asfalto
traversata da crudi silenzi
o diradate voci disumanizzate
dai ricettacoli notturni delle ombre.

Eppure leviamo gli occhi
deprivati di un'originaria visione
verso lo squarcio di un cielo chiuso
il saldo che dobbiamo alla vita
e il credito che ci offre il destino.

Così navighiamo le ombre
traversandole con sgomenti e parole
ma nella cecità degli ultimi sguardi
ancora c'innamora la bellezza
o il primo bagliore della sua idea.

*

Ossessione


La mia ossessione è il tuo corpo
il calore della tua carne come avvento
di una lunga vigilia.

Ho fame dei tuoi baci
e della tua bocca bramo
l'ufficio dei suoi riti profani.

*

Il rito delle parole


Rispondono a un rito le parole
a una liturgia dell'assenza
le scavo nei boschi del silenzio
tra i rami della lontananza
ne gusto il frutto. Per te
conosco la solitudine dei sensi
e della carne la desolazione. Anche un attimo
vorrei penetrare la tua intimità
anche solo un attimo
sentire il tuo calore. Dimmi
perché io esisto e tu non sei mia?
Non fu forse deciso all'origine
che io ti appartenessi come schiavo
d'amore? Non cercare nelle mie parole
la ragione e neppure il bello dire
di te sono un uomo innamorato e questa
è un'evidenza come della dura pietra il marmo
che porta in epigrafe l'estremo saluto
ché l'amore e morte non sono poi così nemiche
se l'uno manca l'altra impera
corrodendo l'anima nei suoi tormenti.

*

E se


E se io t'implorassi di raggiungermi
con le tue dita di poeta
fino a farmi gemere l'anima
per il tormento della tua tangibilita
dopo che il tempo ha ormai sverginato
la muta voce della mia attesa, dopo
aver preso le ore e i giorni e i mesi
e averli plasmati come fango, avergli dato
le tue forme e il tuo volto, averti immaginato
anima di quel mio simulacro, totem
del tuo amore, della tua bellezza.
Se solo io potessi vivere
come piuma tenuta in volo
da ogni tuo singolo respiro
e poi posarmi
sulla tua nudità e lì restare
con la gola inondata d'ogni tuo piacere
fino all'assoluzione del desiderio di te
che mi scava la carne e riduce le ossa
allo stridore della ripetizione del tuo nome
e far emergere dai silenzi della sera un suono
che origina di nuovo in me il tuo principio
simile a un laccio che non mi strozza
ma mi rende abisso pronto alla resa
voragine senza più volontà.

*

Ho


Ho avvertito nel buio del nostro dirci
tutto il tuo calore, la tua voglia di carne nella carne
come se non fossimo altro che gole di sensi spalancate
come se non ci riguardasse la morte o la morte
non fosse l'unica cifra da tenere a memoria
per dare un senso alle dita, noi che con il tatto
avremmo fatto l'amore fino a toccarci
con il furore delle disperazioni. Bocche
ingorde e voraci siamo state, depravate
fino allo scandalo di ogni oscenità
ma eravamo solo fami di un qualcosa
che aveva radici nel mistero o nella gioia
di berci a vicenda, fino allo sfinimento degli occhi
nel vederci godere l'uno dell'altro
e tramare tra i glutei di ogni notte
la luce sacra di ogni rivelazione.


*

Di questo sguardo


Che cosa rimarra di questo sguardo
sulla sera, quando nelle tue pupille
sapienti tessitrici disvelano
gli orizzonti della malinconia?

Se respiro il tuo respiro nell'alba
della meraviglia, è con te il giorno
che trova le sue ragioni o il senso
di un tempo altrimenti smarrito
in quel che più di sé appare assurdo
e d'ombra in ombra ci avvolge e inquieta.

*

No, non dire


No, non dire ciò che non ti abbia ferito fino al sangue
o traversato con lame di gioia.
Fai del tuo dolore l'incudine su cui ti forgia la vita
e del tuo pianto il martello che ti dà forma.
Fai del tuo sorriso il figlio della tua utopia
e di ogni ieri l'eco della tua speranza.
Rivèstiti del giogo delle parole
e una a una amale, senza giudicarle;
accogli quelle più oneste e quelle più caste
come fossero le più infedeli e spudorate,
al contrario prendi le peggiori
come le stelle che orientano il tuo cammino,
fai della loro compagnia il tuo nomadismo
e assieme siate vagabondi;
perché sotto uno stesso cielo
vi consumerà il vostro destino
e nel silenzio, vostro unico sposo,
sarà la vetta del vostro tacere.
E sia il vostro al di là la Poesia,
perché l tra i rami del tempo
qualcuno vi veda un giorno
ancora tra le nuvole volare.

*

Se tu


Se tu venissi, ora
con le tue pieghe nascoste
se io, ora, potessi scorgere
la nascita dell'universo tra i tuoi fianchi
o il dono divino delle tue sorgenti
e se ancora io potessi viaggiarti
con lo smarrimento della lingua
mentre attraversa i tuoi sapori
ora potrei sapere il senso di noialtri
e di questa mia carne, adorna di te.


*

Potrei


Potrei stringerti in un abbraccio
o incantarmi alle tue labbra
mentre mi guardi bevendo uno spritz,
lasciarmi andare al profumo sul tuo collo
o all'odore dei tuoi capelli, ammirare
le tue caviglie esaltate da un tacco dodici
e un cinturino che le rende loquaci amanti,
potrei, se non fosse questo tempo
il tempo d'una crudele distanza.

*

Dentro le parole


Dentro le parole
trovo una via per tornare
ritrovare i luoghi della vita
per ridirmi tutto ciò che è stato
o la sua ombra, calda come un pane.

*

Quell’amore


Quell'amore di carne
di fame di odori e sapori
di bava alla pelle, quell'amore
che vuole annegarsi in un oblio
di fianco all'estasi, quell'amore
che fa dei corpi vele squarciate
dai venti soffiati dalle viscere
passioni all'ombra mortale del tempo
quell'amore che non mi salva e mi perde
dove tu sgorghi cavillo e sorgente
pungolo e puntualità di ogni mio smarrimento,
quell'amore sbattezzalo di ogni perfidia
perché più amaro sia in esso il mio pane.

*

Labbra


Spigolano le labbra gli ultimi sapori
frugando l'erta delle dolci ascese.

Mitiga l'oscurità della notte
l'ora dell'oblio sottratta al tempo.

*

Traversando di sé



Quanta voglia di scriverti ancora
curando il dolore di questo silenzio
e questa distanza che apre
all'assenza dei fiati
le voragini che ogni corpo contiene
traversando di sé
la consistenza degli atomi. Tu dimmi
quale materia può provare questo amore?
Se solo riuscissi a tornare in ginocchio
e volgere con coraggio uno sguardo sul vuoto
forse sentirei in me un dio pregare;
ma io ho voglia di te
e questa carne a te m'inchioda
come s'inchioda su un legno
la memoria di un morto.


*

Ferragosto


Nel cuore ardente dell'estate
il silenzio delle vie del quartiere
non risuona d'un'insperata quiete
ma appare d'un triste tacere
eco delle case disadorne
di occhi, mani e sentimenti. Vegliano
i vecchi le finestre accostate
immersi in uno sguardo
tra l'oggi e la memoria, altri
l'orizzonte di settembre,
atteso come il profeta
d'altre albe, fiori odorosi
dai petali d' una fragile speranza
che pure prepara il cuore
all'allegrezza di ore più raccolte
in sguardi e voci di consolazione.

*

T’innalzi


T'innalzi sopra la mia stele
tu prodigio di cadenze sonore
come un canto pluviale
nel dolce cadere dell'autunno.

Mia mina, mia minaccia alla quiete
torci i sensi fino agli spasmi
della gola quando ti urla nel nome
profano del tuo accadermi blasfemo

se l'odore della tua sotterraneità
si fa in me corpo di conoscenza
rettitudine di una deviazione
sussurro delle dita unte di te.

*

Non diventarmi


Non diventarmi una signora all'antica
resa saggia dagli anni e dalla vita
che guarda rassegnata l'orizzonte
e più non desidera e più non sogna.

Sia la tua anima un arco, un ponte
tra la realtà e l'immaginazione
sì che in una s'infiammi l'alba
e nell'altra si acquieti il tramonto.

*

Di noi


C'era di noi l'odore dell'amore
quando apre i sensi al piacere
e bagna i corpi d'attese e d'emozioni
e annusarsi è traversare il possibile
fino a toccarsi i ciechi fiori dell'assurdo.

*

Opera del tempo


È opera del tempo
la nostra spoliazione.
Mutano
le stagioni della vita
e gli anni del vigore e dell'abbondanza
ci lasciano
come le foglie i rami d'autunno.

Dietro le finestre socchiuse delle case
insidiano i vuoti la salute dei cuori
e i giorni recano solo ricordi e affanni.

Eppure s'affida all'intuito dell'arte
un piccolo rigoglio nella temperie
e l'alba allora assurge a dono
e perdono alla vita è l'oro che stilla
l'ultima lacrima dai notturni silenzi.

*

È dietro l’angolo


È dietro l'angolo
il disastro la catastrofe la sventura
e la quiete perenne dei cortili
nell'ansia che prosciuga
i sotterranei dell'anima.

In viaggio dentro la sua scrittura
si fa incolpevole del metro
il facitore di versi: insegue un suono
che vibri un'antitesi al silenzio
o al proprio ingrato sopravvivere.

*

Sensi


Vorrei sentire i tuoi piedi nudi
calpestare il mio petto
perdermi con lo sguardo verso l'alto
mentre mi sveli la tua natura. Amarti
è questa strana patologia che mi affligge
ma non amarti sarebbe un quieto morire
privo di oscenità e scandalo e la vita
non sopporta l'indifferenza della morale.
Amami sempre e ancora oppure tormentami
con la tua assenza, però amami:
non posso fare a meno di te.

*

Ho dettato alla pietra


Ho dettato alla pietra il tuo nome
se ne avessi scalfito la durezza
avrei inciso per sempre un destino.

Nella foto in cui mostri la schiena
la nudità ha sopraffatto il respiro
e il mondo è finito di lato
e ho cercato parole
per incitarmi alla resa.

Potrei venire ai tuoi seni
come un monaco all'ora
delle sue orazioni
o assaporare dai tuoi fianchi
l'acqua segreta bagnata di mistero.

Ma ho la notte tra le mani
e fitte oscurità che smarriscono l'anima
già afflitta dai tuoi silenzi
e dal venir meno dei miei giorni migliori.

*

A titolo personale


Amo darmi una mano
tra il tramonto dell'alba
e il sogno che si fa crocevia
o croce dolente di rimprovero.

All'aria azzurra del mattino affidai
l'esuberanza dei sentimenti
ma mi crescevano in seno i sensi
insidiando la gola con le acque
mantenute segrete negli occchi
di un pronome sfibrato
da una sottile veste di donna
che intuiva nelle sue trasparenze
l'esistenza di una lingua d' altrove.

Ora sono qui all'elencarmi dei morti
fardelli d'attesa che piegano le spalle
o sollevano le mani all'emersione
dal fango della gioia: il mio giogo estatico
terminovia degli ultimi giorni
spoliazione dell'io in ogni parola
afasia di un ritrovato smarrimento.

*

L’urgenza della carne

 

L'urgenza della carne

in me si fa parola e urla

di tormenta se tu non vieni.

 

Ogni giorno la vita 

si umilia nella prova

e cade in ginocchio

anche senza una preghiera

 

che non sia uno sgauardo

di muto dolore

e attesa della grazia

 

come nell'ora dell'innocenza

quando il cuore batte ignaro

e la pioggia riconoduce

i sogni vergini

ai loro autunni di speranze

e piccole vigilie 

 

frammenti luminosi

di un'altra epifania.

 

 

*

Beato chi


a M.

Beato chi si nutre di Bellezza,
naviga nei suoi Cieli indifferente
alla gloria della terra, più fugace
di un respiro di ubriachi all'alba
quando l'ora fragile della carne
vinta dai suoi fantasmi cede al sonno
quel tempo di luce che mai esplora.
Beato il poeta che allora ignora
il gusto della vanità, non cede
alle lusinghe della notorietà
e resta pellegrino d'arte e luce
svelando al mondo le vie d'un Altrove.


*

Nei


Nei rami secchi
Nei rami spogli
Nei rami storti.

La bellezza degli scheletri non ha uguali.
La vita i suoi terrori, le sue urla
Nelle attese disperare. E guarda l'occhio
Il fiume asciutto delle ore, a valle e a monte
L'elenco delle ossa morte.

*

I giorni piangevano



I giorni piangevano di me e di te
il tempo consumava i nostri corpi e i nostri sogni
restavano spogli domani ad attenderci
un'attesa di parole che restavano mute.

Solo le mani avrebbero continuato a parlarci
con l'umiltà delle loro dita, con la voluttà
di toccare un volto amato o prendere,
con il gusto dei grandi ritorni,

la solita tazzina di caffè
nel solito bar
all'angolo del quartiere.

*

Il tempo guarisce


Il tempo guarisce l'amore
spegnendolo come un cero
arrivato all'amen
dell'ultima orazione. Rimane

la corona di grani
per un altro domani
quando di nuovo
la cera del desiderio
consumerà il proprio ardore

nei riti delle vigilie
e delle invocazioni.

*

Tre donne


Ciò che non è mai accaduto prima.

Così torni alla memoria
dimenticando ciò che è stato
perché quel che è già stato
non sottragga la meraviglia al presente.

Ho visto in un film
tre donne nude correre verso il mare
ho visto le loro spalle, le loro schiene
le loro natiche e gambe e mi sono commosso

fino a piangere per quel segno
di radicale autenticità e comunione:
tra loro, con il tempo, con la vita
con il sé e con la notte; qualcosa di più

che traversava la loro fisicità
qualcosa di più, un altrove dei corpi
da abitare fino alla felicità
struggente di dirsi nel noi
d'un femminile stare, nella purezza di un ritorno

dove il tempo dei sogni
è l'utopia delle mille possibilità.


*

Ti scrivo


Ti scrivo qui della gioia di parlarti
di stare davanti a quel che tu sei per me
anche se non ho molte parole per dirlo
e cerco invano un altro dizionario.

Ti parlo della gioia di vederti
e di quanto il tuo viso consoli il mondo
anche se il mio è un guardarti di lontano;

conosco la tristezza delle mani
che non toccheranno mai un tuo respiro
né la felicità del tuo calore.

Ma non importa questo mio esilio
della non appartenenza, lo comprendo
nella distanza delle nostre figure:
mi possiedi e io ti voglio

ma le dee fuggono i mortali
e la bellezza ogni altra forma.

*

Ma dimmi di te


Noi non facciamo più la fatica
e questo amarci contando i giorni
alle nostre albe di luci fioche
come piccoli ceri allo stremo
davanti ai santi. Le passioni
hanno i corpi
nelle stagioni del vigore
invece la realtà
trita ogni resistenza
e il tempo funziona a dovere.

Dammi ancora un'idea di poesia
l'incipit di un sogno, il profumo
delle cose immaginate, dammi
calore e odore della tua carne
la linea sottile che si dischiude
al centro del mondo e fa dei suoi passaggi
viaggi nel cuore della memoria
quando i nostri anni migliori
erano prati verdi e i sensi accesi
la loro lussureggiante fioritura.

*

A due passi


A due passi dal tuo nome
ho sentito il calore
delle tue mani, eri respiro
e visione di seni, i tuoi fianchi
il canto della tua carne. Ho ceduto
il mio sguardo ai tuoi occhi, il tuo viso
un ventaglio di visioni, mistica
delle tue vocali
e della mia nudità.

*

E allora un fuoco


E allora un fuoco
arderà tra le mie carni arrese
e il tuo nome sarà quel fuoco,
un continuo furore d'amore
verrà con violenza a turbarmi l'anima.

Avrò visioni tra i tuoi seni,
nelle tue acque una lingua gemente.

Lungo il tuo corpo
verrò pellegrino di bellrzza,
ogni distanza tra noi
sarà luogo d'esilio

dove il desiderio abita l'amore.

*

A giorni


A giorni
mi è venuta notizia del tuo amore
a giorni facili e difficili. A volte
quando preme la vescica l'urina
sento il cane del vicino abbaiare
e l'inquilina di sopra
anche lei urinare assieme a me. Qui la vita
sembra sempre un accadimento di sconforti
di sconfitti o facili entusiasmi. Qui le strade
sanno d'asfalto e i sogni delle giovani donne
hanno la consistenza degli zucchei filati
mentre tangente alla costante taglia uno spazio
il tempo continuo delle sirene. Qui intanto
io mi preparo a morire, ma senza attesa
se non l'accadermi dell'amore, forse uno sbaglio di specie
specialmente ora che gli anni si sbagliano
sul conto dei miei ultimi giorni a morire.

*

Il cielo sul cuore


Prendimi e lasciami morire in te,
non ho altro da vedere
che il cielo dentro i tuoi occhi

e in quelle castane profondità
perdermi per ritrovarmi alfabeto
di ogni tuo nome.

*

Detergimi


Detergimi con un bacio
la pelle ustionata dall'amore,
guardami in modo da rinnovarmi il sangue,
verrò purificato da ogni tuo respiro
che soffi caldo e impetuoso
dove il sonno non trova quiete. Amami
è un grido disperato d'una preghiera lontana,
affonda le radici in un desiderio primitivo,
ni rende selvaggio la visione del tuo volto
e come un primitivo fletto le ginocchia
se il cielo mi riflette il tuo nome,
mentre con le mani cieche cerco una forma
che mi ricordi i tuoi seni e i tuoi fianchi.
Sei la lentezza del mio morire: un'agonia
se disperassi di vederti tornare
o una beatitudine se tornata
tu sigillassi il mio respiro
con un tuo bacio innamorato.

*

Declino


Ti hanno partorito in faccia i mali
le vergini ore, è un gioco sì crudele
del tempo l'oblio, il gioco crudele
che il tempo attovaglia e dismaglia
la rete che vita consunse e contenne.

Ma ora tu vivi un triste destino
di età deformi e non più le aspre ore
di albe vocate alla felicità.

*

E scrivile


E scrivile ancora, scrivile
le tue parole, scrivile in tuo nome
e nel mio, che ti passerò accanto.

Qui c'è un'arsura che brucia la gola
e il senso di un'assoluta mancanza.

Qui anche i corpi migliori
ignorano che cosa sia la vita.


*

Sulla soglia


Siamo sulla soglia
un'attesa che grava il respiro.
Abbiamo raccolto e consevato
le pagine dei nostri calendari
annotate nei giorni
con la tua scrittura. Chissà se in futuro

qualcuno rovistando tra le cose morte
si soffermerà su quei racconti di vita:
la visita dal pediatra, la prossima ecografia
il compleanno di zia, la scadenza del bollo,
le mestruazioni; l'invito a pranzo per domenica
a casa di Paola. La signora anziana

del piano di sopra è andata via
già da qualche anno; non aveva figli
ed era diventata sorda. Usciva raramente:
qui non abbiamo l'ascensore e scendere
e salire le scale fino ad un quarto rialzato,
a novant'anni, è un'impresa da campioni.

Qui dai cortili
salgono alle finestre le voci dei morti,
chissà se un giorno anche noi rimarremo qui
a tracciare percorsi di ricordi e memoria,
se anche noi diverremo parole e scrittura

in chi sarà nato con il sole già spento
sui nostri volti senza più vita.

*

Non dimenticarmi mai


Non dimenticarti mai di me
Gioia mia ! C'è in te una voce
che chiama a sé il mio destino,
risuona in te un'Origine
che nutre la mia anima
come fosse un neonato.

Non dimenticarti di me: promettilo.
Se anche tu guardassi un giorno da lontano
il ricordo del mio nome, lo stesso non dimenticarmi:
ho conosciuto in te un Cielo
che la terra non può contenere
un Cielo di bellezza che in me
è già simile al Giardino dell'Eternità.

*

Mi manchi

Mi manchi
come la vita al cuore

al mio funerale diranno: 'è stato banale
nella sua ricerca d'amore' e: 'è morto
per pigrizia congenita, restando immobile
sulla riva delle nostalgie'. Mi manchi
come il nome quando mastico l'erba
e, in linea generale, amo il tuo mancarmi
poiché io tremerei se tu m'amassi davvero:
non sopporterei la luce del tuo amore.


*

Io vedo


Io vedo
Cristina e Dario
la nettezza e lo spasmo
la creaturalità di Dio nella carne
l'agonia dell'aspirazione
e l'intima fragilità delle ossa
dove più forte grida
il silenzio di una lontana Luce.


*

Pasqua, nel duemilaventidue


Non furono che due legni
a forma di croce, l'elegia
della crudeltà sull'innocenza
la violenza dell'indice
sul mite ribelle, lo squarcio
nella monocromia del discorso
l'apparire nel tempo di un altrove
lo scandalo del passaggio alla pietra
la forma immobile dell'afasia. L'attesa.
Caposaldo del mondo a venire il segno
frattura temporale dell'ora. Grido notturno.
Infine: esultanza della luce. Giorno.

*

Perché hai sottolineato le mie parole

 

Perché hai sottolineato le mie parole

i dirupi interiori che squarciano l'anima

mostrandone gli abissi e le oscurità?

 

Mi divora una fame insaziabile:

la ricerca spossante di un'altritudine.

 

C'è un continuo sanguinamento dell'esistere

un'ombra che mi vela il volto e mi fa esangue

nello smarrimento dell'incompiuto.

 

 

*

Desiderio e risvegli


Se solo io potessi guardarti nel risveglio
coniugare i verbi con il pensiero
e l'amore con i gesti delle mani.

Se tu fossi già qui a segnarmi la bocca
con il battesimo profano di un bacio
quando la passione traversa i fiati
e tocca le gole come una benedizione.

Ho questa estate sulla pelle
infuocata come la sabbia di Ferragosto
e se tu non mi bagnerai come mare mio
non diventerò mai più riva d'acque

quelle tue che ti nascono dal cuore
dove la carne diventa un fiume
tra memoria originaria e presente.

*

Così


La notte è quell'ora che non passa
se l'attesa è veglia che sconquassa;
qual grazia mi potrà mai sovvenire
se il tuo corpo è felice di dormire?

Così insazio e triste il sonno tento
ma del desiderio arde in me la lava;
mi giro, mi rigiro e mi tormento
la carne è inquieta, l'hai resa schiava.

Nel buio indovino le tue calde forme:
i fianchi, il ventre, il seno prepotente,
il morbido sentiero in mezzo ai glutei,
i sensi barbari - selvagge torme -
affilano affilati i loro aculei.

Ti farai fiamma prima che rischiari l'alba
rivampando la mia brace ardente
o lascerai che la mia anima nuda e scalza
si spenga con un gemito indecente?

*

Fogli


Scrivo su di un foglio la vita
o quel che ne rimane:
per leggervi dentro
una diversa sintassi di ore.

Ho inseguiti i miei anni
quando ancora ne avevo l'età,
perché un incanto
non sortilegia il tempo,
ma lo riduce a parola, a segno.

E di nuovo mi specchio in un vetro
che ha per riflesso il futuro
una maschera antica che precede
ogni verità. E di nuovo t'invoco
tra i fianchi e il tuo nome,
talamo di bellezza il tuo vólto:

il pianissimo della mia felicità.

*

Lallazione devota


Non lasciarmi andare, trattienimi ancora
in questa superficie di odori,
in questo viaggio in selve segrete,
nei giochi delle forme alla follia del tatto,
alla ricerca della lingua di una sua salvazione;

che sia ancora per me il tuo corpo
accoglienza del nome e riparo,
l'offerta della carne esegesi
del mio respiro, la mia testa reclina
sotto il dominio delle tue mani
lallazione devota di una profana preghiera;

fino al disvelamento delle nostre anime
quando si congiungono nello scambio
delle nostre salive e dei nostri respiri.

*

Immagine

Mi piacque guardarti a lungo
sciogliere la gioia del pube
salire insieme gli acuti del piacere
il furore della mia lingua, le tue parole
la tela dipinta di nero e di rosa, la mia fronte
raccolta sfinita tra i tuoi seni, le tue mani
danzatrici di un'altta tenerezza e di nuovo
l'esodo delle nostre carni, il tuo corpo
e il mio, la nostra terra promessa
il ritorno degli occhi alla gioia
di ridirti il respiro, lo splendore
dei tuoi fianchi e i miei, innamorati del tuo venire.
Mio cuore, mia glossolalia.


*

È tutto qui



È tutto qui: una bellezza di gioia tra le mani
il tuo giocare con le dita a far l'amore
quel soffio di risveglio da bocca a bocca
il languore degli occhi già perduti
in un'altra luce che affiora in superficie
cone un'alba di una notte in altro annuncio.

Siamo fatti di bisbigli nella carne
dentro corpi oltre ogni solitudine
io e te, che ci navighiamo come fiumi
acque tumultuosa di passione.
.
Vieni a ripetermi i numeri del giorno
io conterò tra i tuoi fianchi le numerose stelle
che fanno di ogni fiore d'acqua
una poesia di gemiti e lamenti
per quel che resta di aria tra i nostri corpi
un vuoto che appare ancora un crudo esilio.




*

Di fianco


È qui di fianco la tua carne
- memoriale del tuo sesso
il silenzio delle mie mani
sul tuo corpo - rivestita di eros
vieni a respirami sulle labbra.

Ti tocco e ti attraverso nella luce
sostanza incorporea della carne
- tua forma con cui mi prendi in te
traversamento di un'epifania -
visione d'un fianco che apre l'altrove.

*

È colma di te


È colma di te la notte che tace
e non culla il risveglio
il silenzio che lacera l'attesa
dell'aurora, la promessa di luce:
verrai ancora domani?

È colma del tuo nome la mia bocca
nell'oscurità di ore che tacciono
mentre la carne tumulta il respiro
nell'assenza che rimbomba e rintocca.

*

Nessuno mi chiederà


Nessuno, nessuno mi chiederà
della mia donna venuta dal vento
nessuno, nessuno mi chiederà
dei suoi occhi color della notte
delle sue pupille profonde e lontane
come lontane sono nel cielo le stelle
e delle sue labbra d'un fiume di baci
scarlatto. Nessuno, nessuno mai saprà
del segreto delle sue mani,
della tenerezza dei suoi fianchi
e del furore delle sue carezze;

perché nessuno conosce il suo nome
e il giorno in cui Dio vi pose la sua opera,
il giorno in cui Dio la trasse dal mio costato.

Nessuno, nessuno di lei mi chiederà
e io di lei ne serberò il segreto
e di lei il segreto della mia felicità.

*

Un giuoco d’acque


Sfiniscimi gli occhi con le tue mammelle
tra le areole e i capezzoli eretti
lascia passeggiare il mio respiro
accogli ovunque tu ti schiuda
gli accenti tonici della mia lingua
una tradizione orale tra i tuoi fianchi
ha fatto delle mie dita
una traduzione di scrittura
e della tua schiena
la pergamena d'un mio poema.
Ah, l'amore! Ha l'occhio acuto
sul rosso dello smalto
che adorna i tuoi piedi!
Non dirmi che vi ho pianto la mia saliva
se tra il dorso e la caviglia vi ho sognato
le ampie praterie delle cosce
prima di riceverle in visione
quando risalivo con il corpo
al fuoco segreto delle tue sorgenti
un giuoco d'acque
per la mia dissoluzione.

*

Amori


Ballami nella gola
gioia dei miei tormenti
epicentro dei miei sensi
scuoti l'omogeneità dei respiri
recidi i nervi
tra la carne e la coscienza
mi derivi
in naufragi di eccitazione
novello giocoliere coi tuoi seni
esploro ogni altra possibilità
di scrittura nella lingua
che mi abita la bocca e precede
il pellegrinaggio delle mani
sul tuo corpo divino di acqua e di carne
pane ed esilio
la distanza tra i nomi, tra i corpi
nell'attimo che li disgiunge, distingue
l'io e il tu, viaggio di magi
tra i piedi e i capelli, stella di luce
fino al nord di una nostra epifania.


*

Pietre


A pietre preziose creiamo collane di niente
meglio è il pollice umettato di saliva
d'un romantico e grasso biscazziere
vecchia vigilanza disarmata di parole
a bordo orario tra un marciapiede
e la strada, istmo di una scommessa
contro un destino di cozze e vongole
a mezzi chili di linguine in finto oro.

Lì della birra le divertite passioni
un collo di bottiglia in vetro scuro
tenerezze al lume di mancanze
e memorie in pizzi di false glorie
rovesciate da terrazze di baldorie,

qui ciò che resta in forma d'anello
lavorato in rotolo d'alluminio
promessa di un futuro calzante
per le prove della graziosa scarpina
tra una cenerentola e l'altra
tutte rigorosamente formate
in sogno, quelle in legno finto tek.

Meglio per noi il sole tra le righe
di un passato di sacre scritture
ancoraggi d'altri versi, anatroccoli
disbaciati dalla dèa orba di spiro
in centri storici creati ad arte.
Meglio davvero sarebbe partire
che restare nei pressi dell'amore.

*

Corpi


Che l'amore non sia un atto politico
potremmo discuterne davanti a un buon rosso
intanto ti dico che è l'unica forza capace
di ribellarsi a una vita, a una condizione di stasi.

Non so quanta filosofia ci sia nel mio corpo
né se il corpo dell'altro sia l'unica carne
possibile a questa strana utopia
che è l'amore, eppure lì vi accadono
i possibili e lì vi si ripiegano le sere

anche se spesso in sudari di dolore.

*

Annunciazione


Hai atteso la sera tra noi
affinché l'andare diventasse parola
e forse dolore
se hai esitato a dirmi di te.

Ho visto davanti i tuoi anni
e i miei
già brevi a venire. Chissà
se avrai degli affanni
o quali battaglie di risa
dovrai sopportare o se comunque
sarai felice e se come a tutti
ti apparterrà il diritto di amare.

Io non sono capace di dirti altre parole
che quelle di un altro tacere
perché in fondo c'è poco da dire:
noi siamo quel poco che siamo -
o nulla - in un tempo che annienta il giudizio
se è solo una lama già pronta a ferire.



*

Non ho più tempo...


Non ho più tempo per cercare di dirti amore
le strisce di asfalto e i vecchi cortili
ora paiono volti immobili di pietra
piccole tracce di memoria, mere
testimonianze d'altri tempi.
Sono passati in fretta tutti i miei anni
in fondo come i tuoi, che ancora resti
a richiamarmi i sensi alla gioia, alla vita
natura crudele senza alcuna coscienza
eppure dono. Qui ancora ti guardo
e sono capace di sognare insieme a Piera
o ricordarmi d'Isabella: mi smarrisco
nella bellezza dello scarto
tra ciò che si era e ciò che si sarebbe potuti diventare
e non siamo diventati, ma non per rimpianto ci ripenso,
solo per quel passaggio temporale
in cui si può scorgere l'infinito.
Così mi regalo ancora un po' di cenni
di un'altra loro biografia, chissà se in fondo
anche immaginare non sia poi vivere.
E così posso ancora amarti
ma senza fartelo sapere
perché non si volti indietro
il sorriso dei tuoi occhi dentro i miei.

*

Gioia degli anni


Ci fu un gennaio già freddo
a onore dell'inverno inoltrato
il silenzio dei cortili legava
tra loro i muri delle case
e i portoni avevano ancora il verde
dei legni, l'ottone restava al pomello.

Non ci fu una grande sorpresa
né lo stupore del dirsi una stanza
ad accogliere l'errore del sesso
con accenti che furono d'alfabeti
portati in dote a una lingua messa a radice
in una terra rivoltata col pianto.

Era la mia generazione, inquieta
nel muoversi dentro l'alveo prima della luce
un segno profondo che tagliò la memoria
bagnando il tempo con l'insolenza del mito.

Ci fu un tempo di gravi respiri e di occhi
in discesa d'albe insicure di chiari, anime
che avevano perdute le ali in quartieri
dove già il suono del nome inseguiva la storia.

Ciò scrivo ancora a futura memoria
di fiori lasciati a sfiorire sul marmo.


*

A volte


A volte mi chiedo
se non sia una grazia
lasciarsi amare da una donna poeta:
nel suo sesso io trovo parole
come legno che arde un camino.

C'è della grazia in una donna poeta:
nel suo sesso io trovo parole
capaci di uccidermi per darmi la vita.

*

Il tuo piede nudo


Il tuo piede nudo è loquace
come la tua carne più segreta.

Mi sgretolo dove l'osso non cede
rimango febbre e seme di padre
uomo che rinasce se ti apri a grembo.

*

Lascio ai poeti


Lascio ai poeti la metrica del verso
la rima l'assonanza la rimalmezzo.
Io per me amo la poetica dell'asfalto
lo scarto di stagione
ll cielo fuori orario
lo sguscio di schiamazzi popolari
tra case colorate di graffiti
e corti teatrali di giochi e liti.
Io per me amo il segno
lo sgorbio grafico
la sbavatura dell'inchiostro
la vita fuori posto
lo scambio interrotto
il binario morto
un destino con il fiato corto
il cellulare con il vetro rotto
il rosa steso caduto giù di sotto.
Lascio ai poeti la parola seria
il giudizio puntuale e colto
la pagina dotta, il rigo mai distorto.
Io per me amo ciò che non posso
ciò che non ho coltivato e grosso
modo la vita per me ha raccolto.

*

Franca


È una voce del quotidiano
la tua
prende il pane raffermo dei giorni
l'avanzo gettato troppo presto nei rifiuti
e li ripresenti all'altare della lode
e del dolore.

È una carne pellegrina
la nostra
una continua cecità in cerca del ritorno
sta fermo il cuore che batte le assenze
nomade che avanza recitando i nomi.

*

Terra d’incanti


Il tuo ardore sulla mia pelle
- ne ho solo un'idea, il sogno -
devasta la resistenza della carne
squarcia la fragile tela tessuta
con secoli di morale. La tua bocca
che riscrive gli interstizi del mio corpo
apre un cielo di meraviglie . Hai preso
i miei anni per sconvolgerne la trama
sei terra di bellezza, in me diventi urlo
e strazio di un impossibile desiderio.



*

Distanze


E tutto quello che mi scrivi
è come un velo, di te odoroso;

lo uso a sudario del mio pianto:
non averti qui, non averti accanto.

*

Passaggi


Non credo di essere io,
io non sono e sono l'altro
non sono se non nell'atto
in cui l'altro osserva me. Ecco:
io sono solo dopo lo sguardo
dell'altro, sono lo sguardo
dell'altro, esisto nel suo vedermi
mi vedo nel suo guardarmi,
mi dò a me stesso nell'eco
in cui risuono al suo svelarmi
mentre anch'io lo rivelo, altro
nel quale tutto ciò che io non sono
accade. Camminavo stamattina
nel vialetto dell'ospedale
a lato di alberi e motorini in sosta.
Loro erano i miei osservatori
i loro occhi l'opera d'ostretricia
traverso la quale io rinvenivo l'essere
nel quando del mio esistere. Allora
sono stato, oltre
il passaggio dei nomi.

*

Quando vieni



Quando vieni con l'epifania dei segni
non ho altro stupore che l'attesa:
piove un oro nel cuore della veglia.

Ha trovato un luogo tra i miei fianchi
la teoria dei nomi con cui ti appello
mentre sempre più rischiara l'alba.

Siamo l'uno all'altro voce dei giorni,
non sfiorisce il tempo tra gli aliti
quando accostiamo le bocche in un bacio,

quando diventiamo eterni nei gesti
delle carni ardenti come monaci
quando la preghiera si fa estasi.


*

Caterina o dei piccoli pani

 

 

Tu giuochi con le parole

E riscrivi la vita

E io ritrovo

Qui

Quello che non so dire

 

E nel tuo verso

Imparo di nuovo ad amare

L’altro me stesso

 

Quello che conosce

La compassione dei piedi

E cammina con me

 

Mentre il mio io si smarrisce

Tra questa vita

E i sogni

 

Non ancora sognati.

 

*

Contropoesia


Saremo scandalo della lingua
scempio della poesia
oscena pauperofania
di ogni sintassi. Attingeremo
un vocabolario d'asfalti e cemento
- petali di pietre dimenticate ai bordi
di una tangenziale sotto lo stesso cielo
dell'eleganza delle parole colte -
e per metro la deformità delle smisurate
periferie urbane, per ritmo i passaggi
sonori delle liti coniugali - continui
e regolari ritorni di bestemmie
e improperi, maledizioni rivolte
a destini infelici, consumate origini
nella convivenze altrettanto infelici -.
Scriveremo nel dialetto delle nostre piaghe
saremo gorgoglii di gergali emissioni di un parlato
traslato in scrittura, saremo il vomito
esistenziale delle lettere, la fine d'un verso,
la pagina illegittima, il talamo
dove la poesia consuma il suo adulterio
con la vita scabrosa degli incolti.

*

dei folli

 

gerundio del verbo amare

ultimo tentativo prima del declino

che il tempo artiglia ogni attimo

e rapace lo preda e ne fa scempio

o lo immortala trofeo nella memoria.

 

ti scrivo da questa riva

dove l'asciuttezza è prodigio

e il profilo dei colli sul lago

è dolce visione 

tra lo scorrere violento delle ore.

 

ho visto la luce traversare i ritorni

dare ospizio ai luoghi abituali

ho veduto declinare il domani

con le pieghe pietose della morte.

 

 

 

*

Siediti vicino a me


Siediti vicino a me e raccontami:
quand ero bambino, chi ero?
E che cos'era per me
il cortile della scuola
e quelle mattonelle grigie
fatte di altri piccoli quadrucci
grigi? E chi erano per me
i miei compagni, il maestro, i banchi
di legno, che odorvano di scuola
e di libri? E il cortile dove
si giocava tra maschi a pallone?
Siediti con me e raccontami:
dove io ancora non ero, chi ero?
Posa la tua mano sul mio viso
e con la voce carezzami: più dolce
sarà il giorno quando il sonno lo avrà.

*

Passaggi


Mi passerai accanto, passerai
con le mani giunte raccolte in grembo,
dentro gli occhi un bisbiglio commosso,
tra le labbra il sapore del pianto.

Fisserai il mio volto già freddo,
un marmo su cui vi sarà impressa
l'orma della memoria, la smorfia del tempo,
la pietra, quella che incide coi segni
il tremore del sangue.

Mi chiamerai ancora, mi chiamerai
nel vuoto, mi chiamerai per nome
nella stanza troppo adorna di fiori
per celebrare finalmente il silenzio.

E mi chiamerai ancora
per non dimenticare un nome,
per non dimenticare un volto,
per non dimenticare una storia.

*

Era il distacco


Era il distacco
la chiave di volta, la morte
del bruco, il volo
della farfalla. Ritrovarsi in due
dopo gli anni rumorosi del nido,
la teoria materna dei patemi, gli affanni
le fatiche e i timori di un padre. Qui
nel sogno
tutto questo appare e dispiega
la trama dolente della perdenza
e sullo sfondo
la crudezza splendente della vita.




*

All’altezza dello stomaco


Si forma all'altezza dello stomaco
il vortice lacerante della domanda,
dileggiata da chi non cerca risposte
se non riproducibili con metodi
di laboratorio. Eppure suda sangue
la carne trafitta dai chiodi
mentre l'ultimo solitario invoca
un passaggio per il cielo. 'E noi
chi siamo'? Così strappa il dubbio
l'ultimo lembo prima della sera
alla fragile luce del tramonto.



*

Se io


Se io mi dimenticassi di te
se io dimenticassi perfino il tuo nome
se una nebbia velasse il tempo vissuto
fino a sembrare presente il passato
e se neppure più ritrovassi nel tuo odore
ciò che un giorno sedusse il mio corpo
tu abbi di tenerezza piene le mani
ed illudi il mio giorno
come se avesse un domani.

*

Non posso


Non posso amarti con queste mie mani
non posso amarti con queste mie labbra
e sfiorare tra i tuoi inguini l'odore segreto del tuo mistero
nel suo continuo schiudersi abisso che mi attrae fino allo smarrimento
fino a desiderare di non essere più di un soffio
tra le tue labbra, più di un tuo respiro, il pronome pronunciato dalla tua voce
o ancora di più carne della tua anima e anima della tua carne. Essere te
e non essere più io, essere in te e non essere più in me
in questo tormento di questa distanza,
incolmabile - metafisica -
in questo stare di fronte a te, in questo stabat di dolore e stupore,
perché non posso amarti se ti amo e se ti amo ti amo
in questo mio disperato erotismo del cuore.



*

Ma quanto rumore


Non dimenticare chi sei
e l'ora che da te viene.
Già il vetro che affaccia la strada
ti insegna le ferite del cortile:
non sono sempre uguali i vecchi,
solo i morti appaiono simili
nei loro silenzi. Ma quanto rumore
fanno i marmi con la voce dei vivi
o di quel che resta tradito dal ricordo.
Ti leggo ancora, sai, e ti ritrovo
dove l'angolo buio della sera attende
ciò che sappiamo ignorare dei giorni.

*

Nei cortili


Nei cortili distratti accadeva
l'insolenza dei fiori
e nei giardini accurati
lo stabat dei rami alle stagioni.

Era la vita la temperie degli anni
un sortilegio d'incanti e di sogni
mentre vedevano sfilare
gli occhi infantili dai balconi
le prime bare uscire dai portoni.

*

Dei miti


anche se non so fino a che punto
tutto questo sia vero
e mi chiedo che cosa io intenda per vero
il rapporto tra il vero e il reale
se il reale sia più grande del vero.

si vive il tempo nella percezione del ricordo
il qui ed ora è una pura illusione
non esiste se non già nel vissuto
il tempo si declina solo al passato.

siamo figli del passato
esistenze già deposte in sepolcri di nomi
suoni trasformati in pietre
ardori resi in cristalli di ghiaccio.

sulle spalle pesa la gioia
curva la schiena il piacere
panchine di tristezza sono i giorni.

eppure eiaculano gli occhi ai tocchi della luce
che penetrano lo sguardo con le sue forme
sottratte per un attimo all'insignificanza del tempo
trascesa con le epifanie del nulla

prima che una nuova speranza
si slabbri come una bocca vorace
sulla vulva di un'ardente vagina
per saggiare la consistenza dei miti.



*

Ti leggerò



Ti leggerò una poesia di Maria
Luisa Spaziani, quando verrai
e saremo seduti l'uno a fianco all'altro
su quella panchina del parco
che affaccia uno scorcio di Roma.

Avrai anche tu un libro tra le mani
e dei versi scritti sul tuo taccuino
mentre in viaggio sul tram guardavi dal finestrino
correre in fretta il tempo di ogni domani
il lampo vorace di ogni destino.

E fiato a fiato faremo l'amore con le parole
saremo capitelli di nomi sotto l'arco di un'ora
che rapida soffia un cielo di nubi,
fragile luce di un giorno che senza pudore
languido muore.





*

In memoria di Isabella



Noi non sapremo mai
nel tempo della cenere
il perché di questa distanza
la terra si fa gravida
di segni oscuri. Un volo
mi appare il tuo sorriso
beatitudine di una nascita
dove copiosa stillava la parola
a ripetere nel tempo
oltre la finitudine
l'epifania della bellezza.


*

Avrei voluto tanto...


Avrei voluto tanto dirti un vaffanculo
ma non c'era più spazio libero
sulla pagina stanca. Non direi
che tu avessi torto del tutto, magari
qualcosa di giusto l'avrai anche sfiorato
ma il tono, capisci, il tono: una cacofonia
capace di rompere il cazzo pure all'universo.
Ora vieni a dirmi che questa non è poesia,
sarebbe come dire a un morto che non respira.
Ma è proprio lì la mia ragione: la morte.

*

Acquachiara


Se tu venissi ancora
bagnando d'alba gli occhi
se tu sfiorassi con le dita
il tuo segreto ed io vedessi accadere
il miracolo della rosa o ancora
il canto d'oro quando inonda il giorno
tacere non potrei l'ardore
che il desiderio eleva
al tremulo delle felici ore.


*

Notturno


Nell'estrema solitudine del duale
nella ferita dell'isolamento
si aprono abissi di angoscia;
solo nel reciproco compenetrarsi
traversandosi come dono
si rivela l'Altro come Terzo
Comunicazione e Giustificazione
di ogni sé, iconografia testimoniale
di un rumore trasfigurato in nota.

*

Trastevere


E vorrei raccontarti, Trastevere,
narrare le tue vie, le tue piazze,
l'andirivieni delle voci che scendono
dagli intonaci degli antichi palazzi
e dalle finestre
che narrano di vite passate, dire
dei tuoi luoghi - nostro segreto -
dove struggente il tempo conserva
intero lo stupore della tua bellezza.

*

A casa di Valentino


A volte mi accade di tornare
a casa di Valentino,
magari solo per pochi minuti,
il tempo di ascoltare
qualcuna delle sue parole
o vedere l'essenziale
del suo vivere senza troppe
vanaglorie. Vedere e ascoltare
in lui risuonare potente
l'eco della poesia, un'eco rivestita
di Valentino, rivestita
della sua interpretazione.
Così mi accade, a volte,
di tornare in quella casa,
un modo tutto mio
di abitare la poesia.


*

- Perché io non mi dimentichi di te -


- Perché io non mi dimentichi di te -

Nessuno potrà mai dire
che un verso liberi un popolo
o sconfigga un dittatore.

Non c'è un solo libro di versi
che riporti in vita un morto
o cancelli la crudele violenza
dal corpo martoriato della memoria
e dalle carni martoriate delle vittime
inermi o combattenti per la libertà.

No, la poesia mai potrà dirsi
liberatrice degli oppresso, eppure
finché esiste sulla terra un solo verso
non ci sarà pace per ogni oppressore,
perché essa indica le radici all'uomo
e rende sacra la dignità d'un detenuto,
segnala il bivio dove si biforcano
l'umano ed il disumano.

25 Aprile, festa della Liberazione

*

In cinque piccole parti


I

Sono tanti
gli odori di una casa
immensi
quelli di un corpo.

II

Ogni tempo
ha la sua stagione
e l'età getta
o distrugge
ponti
tra la carne
ed il desiderio.

III

Il rischio della tenerezza
è nel suo divenire
negli anni
una lingua morta
un dizionario della memoria.

IV

E non ha riguardi
il ramo distorto
fuori della finestra
a non dissimulare
la secchezza
nell'inverno
che ne strema
la spoliazione.

V

Le luci che illuminano la notte
del minuto terrazzino al di qua del cielo
appartengono al palazzo di fronte
e saranno l'ultima magia
dei giorni.

O tu verrai ancora
a discorrere
con la parte residua dei sensi
a dare
la misura dell'anima
nell'orgasmo
di un sentimento
che carsico
riaffiora
a farsi di nuovo
parola.

*

Respiri


Mi consegni il giorno
nell'orto delle tue parole,
sono echi d'albe
trascorse tra un canto
e la memoria della notte.

Dei poeti amo
l'eufonia del dolore,
quel dolce dirsi
tra le pieghe delle ombre
quando più cruda
si svela l'ora tarda della sera.

*

Un orizzonte alle spalle


Amo la nostalgia dei giorni perduti
quelli che oggi mi appaiono i più dolci
quelli che s'innamoravano
dei giardini a lato di Porta Maggiore
quelli che scoprivano l'amore
nel sorriso di una giovane donna
appena conosciuta, quelli che ancora
guardavano agli anni settanta
o esultavano per una vittoria
che stringeva la folla in un unico abbraccio
perché il pallone aveva toccato il mito.

Amo la nostalgia dei giorni perduti
perché è l'unica morte nel tempo
che lascia vivo l'eros dello sguardo.

*

Un volto, uno sguardo


Ho visto il tuo viso, i tratti
e gli occhi, lo sguardo
e il colore, la spinta
tra i fianchi a svelarti
di spalle la vita. Mi chiedo
e ti chiedi, tacendo agli altri
il segreto, se era questo
il destino alla resa dei conti
o se, a conti fatti, ti hanno tradito
i fatti, se la forma iniziale del sogno
non sia andata perduta e per sempre
visto ormai che gli anni li conti
non più con le dita delle mani
ripetute due volte o un poco di più.
Se poi ti volti e mi guardi
ognuno di noi si legge
domanda dell'altro e la sera
riporta alle ombre gli occhi,
una flessione di voce, un altro
silenzio.

*

Solitudini


Il terrore dei fasti
interiori, la carne
che urla la sua fame
di essere amata, un altro
corpo a dare un naufragio
alle disperazioni. Quante
solitudini traversano l'anima,
mendica di uno sguardo amante,
accoglienza di un io in frantumi,
frammenti di una voce che grida
nella propria cecità la domanda
di un ascolto o, narcisa, di un'eco.


*

Attrazioni


Un gioco di sguardi
il volo erotico del desiderio
che oltrepassa l'età;

gli occhi neri di lui un appello
e l'altro pronto alla resa dei sensi,
il richiamo dell'incontro di due nomi
quando ancora nel sangue urla la vita
strappata un giorno
al suo quieto inesistere.

*

Dove io vedo


Dove il nudo delle stelle
apre il silenzio alla parola
io vedo
dentro gli occhi tuoi
la storia del tuo viaggio
il tuo continuo andare
nel cuore del reale
gravida di sogni
senza poterli partorire. Per mano
nel tempo lungo di un respiro
tieni il figlio della carne
il suo passo malfermo
che pure non riduce in polvere
il tuo sorriso, l'ardore di madre
e insieme a lui ancora celebri
la tua estraneità al mondo
con il caffelatte dell'unica cena
che ti è ancora possibile.


*

L’oscuro sentimento della Poesia


Io non so come ti chiami
se ti devo un nome o un aggettivo
ma so che l'istinto al tuo seno mi porta
e forse un giorno ti chiamerò madre.

*

E poi nasce l’amore


E poi nasce l'amore.
A volte come un dolce canto
che arriva a ferirti con il furore
di una mite ostinazione, a volte
tumultuoso come il placido scorrere
di un fiume che appare svelarsi
un'oasi d'eterno in un tempo caduco
e fragile. Così l'amore. A volte
ti assale improvviso, impastato
di carne e di sangue, di sensi
che come lupi arresi alla fame
divorano ogni spazio alla ragione, a volte
si fa cammino di tensione e preghiera, a volte
ritorna alla barbarie del suo primo stupore - a volte -
quando rivela la seduzione delle forme.

*

Breve


Già si fa breve la parola
la lunga distanza diviene un affanno
non vuole rassegnarsi la vita
a verbi che risolvono il tempo
accorciando la fuga d'orizzonte.

Non è sufficiente il canto dell'anima
quella lingua che non ha mutato i suoni
perché il corpo è un gendarme severo
e non concede anelli alla catena.

Ma se pure dolente è la caviglia
nondimeno non arretra la carne
il respiro che di ogni festa fu vigilia
la veglia della sentinella
prima dell'orizzonte.


*

Il fermo del tempo


Gli anni del silenzio si allungano,
diverranno nel tempo
una distanza irraggiungibile.

Ci traversa le ossa un mistero,
ci trafigge il fermo del tempo,
folta di ricordi è la memoria.

*

Ti guardo arrivare


Ti guardo arrivare
tra Parigi e la strada
ma è solo la mano
che gira la carte.

Ti guardo la gonna
un po' sopra il ginocchio
è un'estate francese
che cammina per Roma
e parla una lingua imperfetta
che attraversa le vie
e passa davanti ai negozi.

C'è un rumore di sera
che chiude la porta
e prepara la notte
un'altra pagina inquieta.


*

La finestra sul cortile


Arresi a questo vociare di uccelli
tra gli intrecci dei rami del cortile
sotto la luce di uno stesso cielo
che oggi compie ogni sua promessa
di primavera.

Atterrisce il mistero della gioia
l'allegra clausura della risposta
la conclusione del viaggio,
lo sbarco nel porto del nuovo
o il ritorno all'atteso.

Ma solo nel continuo
andare sospinti dal vento
impetuoso della domanda
noi diventiamo vele solitarie
e la promessa l'assoluto
appena scòrto e solo di spalle.

*

Un angolo di strada


Ci furono concesse notti
al giro delle carte in quattro
ma senza il vizio del gioco
o la passione per il tavolo del rischio.
Erano riti obbligati, liturgie profane
alleate con le tradizioni della fede
al pari delle frittelle
per la generosa fatica delle madri.

Un angolo di mondo non conclude
il mondo in un angolo di strada
dove affacciava un balcone ammirato
per la bellezza dell'abitatrice, un ampio spazio
dove lasciare randagi i sogni. Era la nostra età
prima che tu morissi, il primo di tutti.

*

Elogio della notte


Il diritto della notte
a guardarci negli occhi,
senza sfida o compassione:
ha in mano il tempo, testinone
della promessa originaria,
che l'alba non nega: ne fa memoria
voltandogli le spalle
finché in luce rimane il giorno.


*

Passaggio


È trascorsa l'ultima notte
il Risorto
per un attimo
è morto,
un attimo durato tre giorni
l'inferno del nulla
sembrava gia eterno.
Poi Qualcuno smosse quel sasso
non tutti sappiamo ancora col sangue
il suo Nome, ma Lazzaro per tutti
ci predisse la sorte.
E di nuovo
quel mattino
s'improvvisò la luce.

*

Avremo ancora l’odore


Avremo ancora l'odore del ferro nella carne
senza chiederci se quella violenza
fosse dell'uomo o quale demone
avrebbe goduto in perversione
o se anche quello spirito fosse straziato
dallo scempio dell'origine nell'icona di Dio.

La crudeltà conosce in sé solo la sete del sangue.
Attende la materia la fine dei tempi
perché riveli la mutazione dei segni
la Storia.

*

- Il Sabato dell’attesa -


Avrei voluto vivere in quel tempo
e vegliare la pietra sopra l'attesa
quel cavo oscuro privo di aria
dove in germoglio dormiva la luce.

Aveva squarciato il cielo quel grido
squasssato alla terra le viscere
un nervo scoperto il terrore dell'uomo
incerto di ogni credo il destino.

Nelle ore in cui muto il silenzio giaceva
sottomesso al dominio della notte
avrei voluto vedere l'angelo del risveglio
l'indomani danzare all'arrivo della Maddalena.


*

Fino al punto


Potremmo credere o non credere
che davvero tu sia il Figlio di Dio;
che davvero tu sia da sempre
il Verbo del Padre, ma questo non importa,
non è questo il punto: sono passato
per destino o per caso in questa vita
e presto ne ripartirò;
e seppure solo avessi conosciuto
la solitudine dei soli,
come potrei negare
che almeno tu mi abbia amato
fino al punto di straziarti per me?




*

Segni


La casa dei morti
io abito
la memoria dei padri
il respiro dei seni materni.
Bambino non avevo timore del buio
mi avvolgeva come una coperta di giochi
poi presto divenne carezza di donne
fantasie inseguite in un reale più altrove
del tocco regale di una mano, che sovrana
si sceglieva ogni volta il finale.
Venne ancora al seguire dei sogni la notte
incanto e promessa di ubriachi, selvaggia scrittura in assenza di voci, di righe rubate
e mandate a memoria. Ora coincide col buio
il pensiero e non trova percorsi di luce la stasi
questo restare raccolti in uno scorcio di tempo
un frammento disposto a tracciato di segni.



*

Mi hai scritto


Mi hai scritto che non verrai neppure oggi
che il tuo tempo è grigio
e il piede e l'occhio hanno i loro affanni
mi hai lasciato intendere
che scriverai dei versi, li riporrai
nel cassetto delle cose preziose
perché non si sa mai, mi hai scritto,
il treno rapido della notte
potrebbe passare all'improvviso
e occorre essere pronti. Non verrai
mi hai scritto, rimarrai avvolto
nella solitudine delle ore, quelle migliori
che potrai avere tra pagine da rileggere
e nuove da sapere e qualche riga frugale
che ancora riuscirai a scrivere. Ma non verrai
mi hai scritto.

*

La battaglia dei nomi


Continua a vivere la battaglia dei nomi
il nudo mostrarsi delle vie
con le panchine d'asfalto, l'orlo d'immondizie
e fili d'erba a ridosso dei marciapiedi, lo spessore
d'inciampo al silenzio quando assorto
s'inerpica per erte mistiche
di avrebbe potuto essere o forse è stato
e sembrano tanti libri ancora chiusi
le facciate dei palazzi, le persiane
un indice dei nomi, il titolo in copertina
la suggestione evocativa di un altro ieri
quasi il canto dei morti a ferire la luce
perché sono stati in questo sono presente.
Sul ponte sopra il fiume la voce risuona
la tua voce - una piccola prima volta -
una piccola epifania. Divento utero
di storie taciute, segreti dell'acqua
specchio di cielo e di rami, a ridosso dei marmi.

*

Vuoti


Pago il fio
della mia ignoranza. Tu vieni
a darmi le parole
ed io ascolto. Com'è grave
questo marzo morente
rivolto al sole. Qui la luce
rende più chiare le voci
di fuori ed in me si annida
un silenzio
che insidia il respiro. Dalle tue righe
mi appare la dilezione dei nomi
ma diventa tormento
questo vuoto dietro le spalle.

*

Senza fiori


Non ho più fiori al mio balcone,
non ho più vasi appesi alla ringhiera
e sempre mi affaccio con indosso una vestaglia,
perché non ho più niente da dire al mondo
che mi riguardi. Mio marito era un bell'uomo,
l'ho perduto che saranno trent'anni; era un bell'uomo
e sempre di voglia ci facevo l'amore. Ma la vita...
È strana la vita: assembra con assenze
rughe e sogni e arde sulla pira del reale
le illusioni, come streghe di arcani sortilegi.
Cosi ogni giorno mi affaccio dal balcone
e guardo la vita andare avanti e a tratti
mi stupisco e a tratti mi dispero,
smarrendo i miei pensieri
nel tempio d'oro di questa mia strana età.

*

Quando la notte



Dove andrai tu, dove andremo noi
quando la notte verrà con in mano
l'elenco dei nomi ed il cielo muto
cadra in pietre di un bianco silenzio?

Non fissare l'occhio ai giorni sudati
e libera le mani dalla polvere
di ogni atto compiuto, non sarà l'ora
quella
di disputare la parola al nulla.


*

Nascosta



Nascosta ai servigi della carne
l'anima gravita attorno ad un'orbita
di attese e sospensioni,
vive grama
la solitudine delle cose,
tra gli oggetti
abbandonati al mondo,
figli di un'imitazione,
fratelli di un destino di nascita e morte.

Così non muta il giorno
la cagnara degli uccelli,
tuttavia ravviva il fuoco della loro voce
l'insorgere tra i rami celesti della domanda
che quieta e inquieta
ogni singolo mattino.

Viviamo quindi sull' orlo di fili d'inchiostro,
ma non abbiamo solo forma nella parola:
già dalla terra fangosa del primigenio
apparve il segno a dire, immediato lo sgomento
poi, con lentezza di ere,
lo stupore.




*

Colonne



Saremo colonne erette nel tempo
il tempio dell'attesa ci aprirà le porte
nel chiuso spazio di un recinto sacro
il nudo della carne al nudo si svelerà
fino a mostrarsi crudo nella distanza
di un limite che squarcia il silenzio
con il grido della terra volta al cielo.

Saremo mute labbra nell'ora deserta
e piccoli passi dietro l'orma delle assenze
nel vuoto verranno setacciati i nomi, in polvere
ogni tentativo dismisurato della presa
le mani giunte stringeranno l'aria, il vuoto
flagellerà le lingue e riarse bruceranno le gole.

*

Impronte di farina


Nella farina le impronte di mia nonna
E ancora quelle di mia madre, di mio padre
Che ora spoglio ed immobile è lì
Dove il marmo sfodera del silenzio
L’ombra incessante dell’assenza.

Ma ora ho la mia farina da setacciare
E l’acqua degli occhi a darsi generosa
O snervante

Per la quiete che più non abita i giorni
E per l’inquietudine che ne scava l’incertezza
Ed il domani, sospingendo l’attesa oltre il viaggio.


*

cielo di primavera



assente è la quiete in questa nuova luce
dove terso è il cielo nell'annuncio
della primavera appena giunta
con il fardello delle sue promesse.

sembra ridire di antiche sirene il canto
e non v'è fune che trattenga il cuore
al naufragio della disperazione
perché all'orizzonte non v'è più voce

né un'immagine che ridia un senso
al tempo e assurda tra le righe ora
appare la lunga teoria di anni

dispersa nell'attesa di una veglia
dentro l'epifania di parole,
stabat di ore sul legno di una soglia.

*

Quando avremo

Quando avremo fatto l'amore
e l'istante turgido avrà slabbrato l'attesa
traversato ardente la soglia , toccato
del cielo l'ardore e le bocche
avranno lasciato danzare le lingue
tra salive e respiri di fuoco, allora
avremo compreso il destino in noi
e in noi sarà accaduta l'Origine
e il Per Sempre.


*

A - #poesiapoeti


Cosi siamo all'ombra di uno spazio vissuti
così nutriti di forme e di parole
così di luci amare che ci svelarono sole
anime all'impresa con il vuoto, disperanti
canti di tamburi a morte. A sorte
venne tirato il nostro destino, corte
braccia per annaspare il vuoto. Moto
di rabbia e di dolore ti rubò le mani,
il tempo consumò in fretta il piacere,
un eros mite che non salvò il domani.

*

Alla Poesia (madre mia) - 21 Marzo 2021 - #poesiapoeti


Mi hai dato la fame tra i cancelli,
i salti alle ringhiere, gli amici
spericolati oltre il gioco, i chiodi grandi
- i punteruoli - da conficcare a terra
tra le piante, nelle piccole aiuole ad ornamento.

Ho mendicato la grazia della tua parola
quando m'apparivi già in lontanza
una possibilità di spiegazione o il pane e l'acqua
di quelle grandi fame e sete
che mi divoravano di dentro. Ti ho tirata
per la veste, ti ho spogliata dei tuoi ornamenti
ti ho resa nuda ai miei occhi fino all'essenziale

ho scelto i tuoi capezzoli a mia dimora
scalzo così com'ero mendicai e ancora mèndico
la tua maternità ed io ti porto in dono
il fardello di un'informe figlitudine.




*

Dove tornano i morti


Dove tornano i morti alla memoria:
l'amico dalla pelle trasparente.

Simile ad una preghiera recito
il sui nome, un angolo
di strada il piccolo altare. Siamo
silenzi in un universo di destini,
brevi tratti di rotaia, fugaci
corse cieche di un binario morto.

*

Ventuno marzo o della Poesia


(Per un amica)

Tra le mie mani porto ancora un sogno
anche se ho mani stanche e ferite
da un tempo già lungo d'illuse attese.

Giovane guardavo i miei orizzonti
e attraversavo il mare solo con il cuore,
ero in grado di dare luce alle mie ore
a sfinirmi d'un tempo senza disinganni.

Ma le delusioni hanno divorato i miei giorni,
la desolazione non ha avuto pietà di me,
la mia solitudine è senza compassione,
solo la Poesia mi guarda ancora,
con tenere carezze mi consola.

*

A mio padre



Una donna gravida celebra l'attesa,
il tempo dell'assenza la nascita o il risveglio.

Camminiamo a piedi scalzi sul filo del vuoto,
non abbiamo più risposte che consolino l'appello,
incide la memoria una dolorosa assenza.

Porta marzo il resto d'Israele, lo stesso cielo
sopra il nostro andare, distanti tra due nulla
e in fondo una flebile speranza

che lontana appare.

*

Stare


Non hai più voglia di conoscermi:
l'uguale spaventa e affonda,
lascia sgomenta la vita se priva
di rintocchi all'ora che rinnova
questo transito rapido di luci
apparse di vita. Qui termini
il passo e vai oltre, non lasci
il tuo sguardo a segnarmi la sera
che avanza nel punto più buio che duole.
Ti guardo, mi guardi e non resti nell'oltre.

*

La voce della luna


Verrò con parole minute, semplici
parole che siano così semplici
da non disdegnare un semplice
andare a capo, come andiamo a capo
noi, ogni giorno, cullando con le bocche
i nostri respiri, lasciati crescere nell'aria
come piccole nuvole viaggiatrici
in cerca del dono di un'altra poesia.

*

La memoria delle vene


Io so che aspettare sarà dolore,
che il tempo inquieta
per l'incertezza dei frutti. Se chini
il capo verso una preghiera, la verità
dello squarcio non è meno crudele
nella lacerazione al cuore dell'anima.

Risale una ricerca difficile, un nodo
stringe nella gola il respiro e tu guardi
sanguinare dal vivo una viva memoria.

Non c'e domani che rialzi la schiena
dal flagello del giorno dei nomi.

*

Strade di quartiere


Ho amato il freddo pungente di San Lorenzo
quando ancora la domenica
non aveva conosciuto gli anni novanta
ed il giorno di festa sapeva alle otto del mattino
il silenzio delle strade ed il portone
dell'Esercito della Salvezza sembrava
una conferma alla fede nella Rivelazione.

Ho amato più di quanto potessi amare
con un tempo stretto a disposizione,
ho amato più di quanto sapessi amare
e con un cuore senza compagnia, fratello
dell'immobile solitudine del mare.



*

Verso il mattino


Ci sorprenderemo ad amarci
ancora un giorno, nel mondo
tra le luci e i suoni di un cielo
che declina il silenzio in vigilie.

Rada ancora al passaggio di voci
la strada alle cinque è l'ora
delle gioie segrete nei vani
nascosti agli sguardi di altri segreti
taciuti al notturno dei viali deserti.

E più sottile sarà la voce di un bacio
che un nome ha già dato all'atteso
del mattino e un nome ha già detto
a ridosso dei vetri schiariti dall'alba.

*

Resto


La suggestione d'un ramo fiorito
spezza il pane della presenza. Chi sei
al di qua della tua distanza? Oltre l'albero
s'affaccia una nuova primavera. Ora sto
al tuo sguardo come tu al mio, resto
di segno e trascendenza.

*

Un’ipotesi di otto marzo


Vorrei uscire dalla circonferenza magica
della femminilità,
dall'incantesimo dei generi
- vorrei riemergere dalla pulsione mascolina
che governa l'occhio
e l'agire che domina la mente -
nell'approccio verso il mondo.

Vorrei oltrepassare il perimetro ristretto
delle relazioni affettive, che confondono
il necessario con il desiderio,
che cristallizzano i ruoli
fino a figurarseli come idoli in terra,
falsi dèi dalla parola muta;

perché essere donna e uomo diventi
un atto civile di libertà, un grido
di vita oltre i recinti spinati
che uccidono i sogni e la dignità.

*

Indosso gli stracci


Amerai i tuoi giorni feriti, i tuoi anni
con indosso gli stracci del fallimento
e della solitudine. Straccerai
i conti della ragione e ti coprirai
il corpo con il manto della nuda esistenza
che muta sia i savi sia i folli
in polvere di tempo.

*

La vita centrata


La vita centrata è un poco più su
o un poco più giù. Quella indovinata
non ha cieli per soffitti o sale da pranzo
con ospiti in vetrina. E non ha figli
già avanti con gli anni da tenere per mano
le cui madri abbiano lo sguardo devoto
nella pia religione della pazienza
o la dottrina della grande sopportazione
in ogni circostanza. Non ha madri,
la vita centrata, e figli
con pastrani e berretti di lana
e pochi spicci per la cena
fatta in piedi in un bar
mordendo sdentati una brioche
e bagnando di gusto la lingua
nel caldo inverno di un cappuccino.


*

Ricordi


Sei piu di un ricordo: sei il sapore
di un tempo divenuto ormai sangue
che arriva al cuore come una fitta

che piega la bocca in una smorfia
di pianto trattenuto, perché tanto
è il tormento dei giorni di un oggi

che per memoria ha il tuo nome
e per vuoto il tuo respiro di allora.

*

Mi scrivi


Mi scrivi ancora della tua gioia
quando ti prende lo sguardo un cielo
che promette con la luce primavera.

Ti leggo anch'io felice di saperti
tra le ore verso un'estasi di colori
che luce dona senza parsimonia
e soffia nelle parole un vento
che lascia stormire i giorni.

Allora io ti chiamo con il nome
che dà entusiasmo alla mia lingua
e attendo il tuo venirmi incontro
come la pianta la mano che ne ha cura.

*

Sei


Sei la vela dispiegata, la prua
che il mare naviga senza temere
la riva, il porto e l'approdo
che non veda ripartenze. Sei
il mare che specchia l'alba
e il suo nitore, promessa
di un mattino di luce, felice
ora che raggiunge il tramonto. Sei
l'acqua che colora imbruno il declino
increspando i sensi fino al respiro
di un'estate che potente soffia
sugli ultimi chiarirsi della pelle. Sei
la luce che dà vita alla mia ombra.



*

Il bacio copernicano


Che cosa accadrebbe se tu
mi dessi un bacio? Ora guardo
se il congiuntivo rispetti la norma
della sintassi, il clero ortodosso
della lingua, il perfetto disporsi
dei nomi, verbi ed aggettivi - nota
l'eufonica degli incolti -. Ma ora
torniamo al bacio: nulla è più rivoluzionario
di un bacio. Non il sesso, non l'eros, non
il casto sentimento dell'amore: solo il bacio
partorisce ogni volta un nuovo Copernico
epperò è raro quando davvero ciò accade.
Ora, se tu mi dessi un bacio...

*

Ci sarà sempre un’alba per noi


Sapremo mai il calore dei nostri
respiri? Ogni alba è una promessa
di luce, ma trema ancora la carne

l'impazienza del buio notturno
quando freme un'attesa di segni
e nessuna parola colma il silenzio.



*

Se


Se io fossi nato poeta
avrei ora ali di verso
che lo sguardo mutano
in occhi di cime innevate

o avrei magari le mani di un virtuoso
che sfiora i tasti di un piano
con dita di cielo.

Oppure ancora porterei nelle tasche
il dolce tormento di giorni raccolti
in un giogo di voci e di rime mancanti.

Se io fossi nato poeta
avrei ora il passo irrequieto
dei grigi marciapiedi di città
prima che giunga alla gola
la carezza di un caffè, preso
seduto al tavolino di un piccolo bar
mentre sui vetro sferraglia un tram
le ore perdute tra la voglia e l'attesa.

Se io fossi nato poeta
avrei ora imparato a morire
guardano un cielo divenuto già un nome.

*

Di te, ogni sapore


Ho conosciuto di te ogni sapore,
ogni segreto del tuo corpo
ha imparato i nomi della lingua
che ho mosso come vela spinta
dal vento impetuoso dell'olfatto.

Non c'era notte senza i tuoi odori
non c'era arsura tra i tuoi umori,
la gola devastata dal piacere
apriva abissi di significato
inafferrabili come la luna
quando più chiara rivela l'ombra
che accompagna i passi nel buio.

Tocchi di dita, il caldo alle mani
celebra ora il tuo nome un alito
che spinge la soglia del cielo
verso l'interno. Dammi il tuo inverno:
scioglierò ancora il mio pianto
immergendo il mio volto tra i tuoi seni.

*

Vieni


Vieni tra i miei seni
e non guardare la loro età.

Le mie rughe sono righi di scrittura,
la partitura di note composta dalla vita,
accordi e disaccordi di una continua
disarmonia di voci, la forza del destino,
l'impetuoso vento del tempo
che lascia i suoi segni sui miei glutei
che un tempo con orgoglio mi guardavi
come si guarda una terra all'atto di proprietà.

Vieni ora a dirmi coi tuoi occhi
la tenerezza di un desiderio se rimasto vergine,
l'incombusto rovo dell'ardore
che precede la parola e le sopravvive.

Nel lamento della mia carne vieni ancora
a spegnere la tua arsura di segni
che mi dicano ancora - che ti dicano ancora -
se vera fu la radice di quel ramo ora spoglio
che ancora chiamiamo amore.

*

Tra le ore


Avrei fatto il prostituto volentieri,
mi sarei guardato alle spalle
per vedere venir meno la notte,
avrei avuto il giusto tatto, la giusta presa
che guadagna sconfitte al destino. Non avrei
avuto l'indugio della prudenza, il calcolo
ragionevole, la giusta concezione, l'apparire
nascosto di un furore racchiuso tra le ore
di un orologio sempre puntuale. Io ho amato
i pontili, le passerelle verso il mare, l'impudenza
venuta al calore d'un disperato esistere; ma in fondo
c'è sempre il resto del cucinato nella padella
e qualcosa nell'acquaio che rammenta alla luce
le infinite solitudini di chi rimane ancora vivo.

*

Verrà


Verrà meno il respiro,
forma dello stupore.
Tra i seni poserò
lo sguardo e sui fianchi
il volo delle mani.

La bocca respirerà
il tuo respiro. Nuda
la lingua senza voce
verrà alla sapienza
dei sensi, nello sguardo

le lettere taciute
d'un nome diverranno
ardore della pelle
quando i corpi cedono
al soffio della carne,

sigillo dell'amore.
Di nuovo nel giardino
verremo alla gioia
di un destino di luce,
origine dei nomi.

*

Scrivimi


Scrivimi, fino a stremarmi gli occhi;
scegli bene il colore dell'inchiostro,
la morbidezza del tratto, la punta:
che sia raffinata come un diamante
sì da incidermi l'anima di vetro
e aprirvi un varco. Non desistere
se la luce si riflette sull'opacità
di un sentimento di sfiducia, sappi
che l'amore apre valichi nelle montagne
della durezza ma non dell'indifferenza, questa
schianta come una pioggia improvvisa
il primo mattino di primavera. Ma tu
non fermarti alle prime lettere, non indugiare
nel dirmi le parole che hai tenute segrete per me,
perché anche se io vivessi il mio ultimo giorno
non sia la distanza tra i miei occhi e il tuo respiro
l'ultimo sguardo su questo mio esistere.



*

Tu


Tu pènsati un giardiniere, coltiva
la gioia. Àlzati al mattino, o se
non puoi, dal letto in cui vivi da infermo,
innaffia il davanzale dell'anima
con le lacrime della commozione,
perché ancora sai il cielo sopra di te
e l'alito caldo di una parola
d'amore o la gravida attesa
di ogni silenzio, anche se feeito
dagli squarci della solitudine.
Apprendi il rito del ringraziamento
e riconsidera il tuo esistere,
perché la vita non è solo un dono:
è un prodigio che ogni giorno ripete
lo stupore del dirsi io, del dirsi tu.
Pensa al miracolo dell'universo
che mai ancora ha perso il suo equilibrio,
alle sue leggi, un giogo di armonie,
aspra disciplina per la bellezza.
Non esulta il tuo spirito di fronte
a ciò? Tu coltiva la gioia e avrai
presso di te il fiore della verità.

*

Incanto


Si fa dolce di te il ricordo
nell'ora che l'alba rivela.

Chiara è del giorno la voce
e vola verso di te il pensiero,
salmodia di questo mio esilio.



*

Disegni


Disegno una stazione di treni
con la mano incerta e stupita di un bambino
- avrò avuto anch'io un giorno tre anni, ma ora
non ricordo più quel tempo forse felice -. Tu
scendi dal treno e sei subito bella
e vieni con passo deciso verso la luce, la voce
adesso fa risuonare un nome nell'aria, chissà
se anch'io nei tuo sogni ho ricevuto un nome.

Ogni sera riprendo la matita dei sogni
e una risma per il mio desiderio, chiedo
al sonno di non tardare a venire. Ora
ricordo lo stupore di giugno e mi lascio
assopire dal tuo rumore di passi.



*

Lampi di luce


Il dono degli occhi è per la luce
che illumina e rivela le cose, si scinde
l'invisibile nei sette colori,
s'immerge il senso della vista
nell'infinita bellezza della vita, che parla
negli oggetti che osservi e nelle persone
o nel volo delle rondini o in un albero
che incontri all'uscita dal portone.

Oppure ti perdi nel vedere lo sguardo d'amore
di chi un giorno ti rubò il nome
e ne fece un rivo dove dissetare
la sete dell'anima alla fonte di un tu.

E tutto fin qui è già meraviglia!
Eppure c'è qualcosa che appare
luce oltre la luce o la sua opera perfetta
ed è il lampo di un'idea. Lume
più grande alla ragione non c'è
e non c'è piacere dei sensi che oltrepassi
l'estasi di un'idea che abbia rapito una mente.

*

Colori


Gli operai lavorano e qualcuno
chiama Nicola, battono
sopra i ponteggi i carpentieri
ed i ferraioli
che sanno il mestiere.

Dalla casa di fronte
i vetri aperti sull’inverno osservano
la luce di un cielo già stanco
che sembra volersi involare
più in fretta che al tramonto.

Di lontano i rumori delle strade
traversano distanze di asfalto e di voci,
qualcuno con passo veloce
entra in un bar.

Girano incessanti
le pale del tempo e sfarinano
le ore del giorno
fugaci passaggi di vita.


*

Ritorni di luce


Nella curva dei glutei trovo lo stupore
e guardo la tua schiena con i sensi incantati
e sento il sangue farsi calore nelle vene
e la vita dirsi nel suo inestricabile mistero.

Ogni alba di te conosce il nome
ed il cielo diventa purissima luce
in cristalli d'occhi pieni di meraviglia.

Un canto d'oro dischiude la via nascosta
rivelando il segreto di un nuova lingua
con parole di silenzio eretto a stele
quando un arco di rose appare soglia
di un nome divenuto dimora di gioia.



*

E un giorno


E un giorno cambieranno la porta di casa
non rimarrà il lamento del vecchio legno
inelegante di fronte alle nuove blindate
e avremo perduto così l'ultima frontiera
contro l'avanzata incessante del tempo
che a volte diventa scrigno di memoria,
più spesso oblio che ferisce nei mutamenti
il perenne mutismo dei marmi. E allora
anch'io verrò chiamato al rosario dei nomi
e conterò con le dita il vuoto tra le mani
quando avranno già dimenticato il calore
di un volto di rughe amato con pudiche carezze.

*

Temperie


La temperie di millenni squarcia il mio destino
abissi di voci risalgono da immense profondità
avverto echi di ossa di volti rivolti al sole
atterriti dalla notte nelle sue indecifrabili oscurità

figli di un tempo minore come giacimenti di buio
macera la carne una terra primordiale di ancestrali memorie
quando il nome non aveva che un suono di lacrima senza voce

di là di questa luce una cavità innumerica
si acquieta il respiro del dormiente oltre la forma
mani e piedi come rami secchi tagliati
occhi incortecciati e feriti fino alla resina.

*

Guardami


Guardami come non mi hai mai guardato prima
perché il giorno presto sfiorisce e la nudezza
delle mani gela il cuore come la terra l'inverno.

Guardami come non mi hai mai guardato prima
perché solo in uno sguardo che ascolti la nudezza
dei miei silenzi, io potrò risvegliarmi alla vita

e guardami con lo stupore della meraviglia
che muove le labbra nel giorno della bellezza
quando riconosce nell'altro il proprio dono e destino.

E guardami ancora con la tenerezza nel cuore
perché le mie dita sempre di più sono simili
a rami spogli nell'inverno del tempo, crudezza
di gelo che conta minuto per minuto i miei giorni.

Ma tu guardami ancora e non stancarti di dire alle cose - ai tuoi vasi di fiori -
il mio nome, di ripeterlo al cielo, alla terra, alla vita
che s'attarda strappando un'ultima luce alla sera
prima che l'ombra notturna di parole dormienti
imprigioni il cuore affamato di aria e di sogni.

Tu vienimi incontro e guardami ancora.

*

Trovami


Trovami con dolcezza
con l'amore che piega le ginocchia
con la tenerezza che non vede gli anni
che non sente se non l'odore di carne
quando affiora il bisogno d'affetto di labbra
che scelgano la ripetizione d'un nome nel buio
dei sensi, a festa finita, prima
di ogni attesa d'alba promessa all'aurora, prima
che l'ora di luce ritorni a mitigare il giorno
nel crudo suo dirsi già vinto dal tempo.


*


E se mi sorprenderai ancora
con quel tuo apparirmi nel cono di luce
illuminando l'alba tra le tue mani
e la tua parola che non chiede risposta
ma ancora solo la domanda che dallo stupore
affiora quando il suo silenzio scrive
righi puri di eternità e piega
le ginocchia una devota meraviglia
allora lì saprai il vero nome della mia felicità.

*

Bar



Lo vedevi arrivare
vestito da professore di sinistra
extraparlamentare anni settanta
sedersi al tavolo tondo di fòrmica rossa
e mettersi a scrivere su fogli di carta
formato protocollo. Allora
per me era come assistere
ad un evento che aveva in sé del prodigio
simile ad un fan che incontra il suo beniamino.

Oppure la studentessa universitaria
cappotto di cammello, piena di libri
la borsa di greco e latino e chissà che altro ancora
probabilmente perdutasi in un autismo memtale
eppure capace di riflettere l'imfinito
nei suoi occhi mentre di fuori dal bar
guardava un tiepido cielo
prima del tramonto dell'ultimo sole.
Così ancora ricordo la prima visione
di un lenzuolo macchiato di sangue
sul marciapiede del lutto suicida

e furono quelli gli anni
della mia formazione di vita e chissà
che non furono ancora quelli gli anni
che i letterati un tempo chiamavano
dell'educazione sentimentale. Ricordi
diventati ora i pascoli verdi del mio tempo
dove un po' più giù è sceso quel cielo
che appariva una volta
un lontano orizzonte di vita.

*

Come foglia d’un ramo


Se io non ti avessi amata
come foglia d'un ramo cui la vita
deve per l'appunto all'appiglio
traverso il quale le giunge il pane
del proprio vivere ed invece esistessi
esclusivamente tu come occhi davanti a occhi
il mio guardarti sarebbe diverso e diversa
la percezione che avrei di te e di fronte a te
tra me e te si svelerebbe il dramma dei due:
una distanza senza possibilità di misura
una separazione, l'inafferrabilità delle solitudini
cui l'una e l'altra - l'uno e l'altro - in sé di fronte all'altro
abitano con radicale apofasia.



*

Cortili di fine Gennaio


Cortili, cortili di scuole chiuse
rubati ignorando bambini ogni norma
maestri illuminati per non insegnare
che la vita è degna in ogni quartiere.

L'umiltà sfrontata di chi non calcola il rischio
e arrampica un lampione stradale per un gatto
la delinquenza di chi nasce in miseria
e rimane innocente tra le orde del male.

Nutrito da un cenacolo di amici più colti
fabbricanti di sogni su angoli di strade
o rivelatori di antiche certezze. Nutrito
d'idee come cibo fiutato d'istinto
o raccattato per caso contro il destino.

Così torno a celebrare la vita
inquieto tormento di questi miei anni.

*

Acquerello


Vorrei oltrepassare le forme ed i colori
che rivelano l'esistenza di uno sguardo
ed il mondo che ne ha traversato gli occhi.

Ma rimane segreto quell'attimo
in cui si è rivelato l'Altrove delle cose,
un Non-Luogo, un Non Detto
ed ora ci strugge il riverbero nel segno
di questa sua inafferrabile Bellezza.

*

Vedi come sono immobili le cose



Vedi come sono immobili le cose?
Tutta la casa attende il tuo respiro
per darsi alla vita ordinaria dei giorni;

ma nascondono un segreto le cose:
il canto d'oro dei tuoi passi quando le mani
sfiorano la materia che dà forma alla vita
e la cecità delle cose torna a vedere.

Così io mi animo nel solco del tuo nome
e raccolgo tra l'aria e la carne ogni tuo gesto,
il tempo ora non ha più ragione né vittoria:
resta sospeso di fronte alla tua bellezza.


*

Il tuo universo, a me rivelato


La delicatezza con cui mi vieni incontro -
rivela lo sguardo un altro universo -
pur senza velare con un inopportuno pudore
l'acqua che sorge bollente dalle viscere
che la tua carne come terra in attesa
lascia affiorare alla superficie dei segni intaciuti
convocando il mio desiderio a dirsi parola
traversando con gli occhi la tua nudezza
che mi accade dentro l'anima come evento
di un destino senza origine e senza tempo,
trasfigura ogni istante in un'epifania di bellezza
rapita al centro più profondo dell'eternità.

*

Ventisette Gennaio


Strano a dirsi
di questo nostro essere carne nella Storia
e con l’assenza di padri o madri alle spalle
che non siano gli stessi nostri volti di fango.

C’è uno specchio della crudeltà
costruito con lembi di carni strappate e frammenti di ossa
con crani intrisi di urla, di grida e di sangue
con un tempo di istanti eternamente uguali tra loro
uno spazio destinato all’oblio della matrice umana
con occhi e sguardi d’innocenti e di alcuni mutati in violenza
d’animale braccato da fame, freddo e terrore.

Non vi è perdono né un altrove
dove espungere la carne dall’anima
perché la foresta riarsa dal fuoco
non rinasce o mai rinasce com’era.

Ma nell’orrore dello scempio
non vi è più la gola degli innocenti
a mostrare l’abisso: in quell’abisso
vi rimanda lo specchio
ciò che avete permesso a voi stessi di diventare:
artigli di un mostro senza testa
vilipendio della vostra stessa umanità

Che mai sposi maldestra una lucida follia
lo sterco della Storia, perché non figli al tempo
la cieca colpa della vostra disumanità.

*

Così noi andammo


Così noi andammo di bellezza in bellezza
Naufraghi delle nostre disperazioni.
L'inafferrabilità del senso, l'assenza
Di una riva di luce capace di appdodo
Ci squarciò l'anima coi suoi sgomenti;

E ci perforò l'occhio la visione improvvisa
D'uno scorcio inaudito di angeli.

*

Verso sera


Poi, verso sera ti verrò a trovare:
dove l'alba si è trasformata in mito
la sera si farà luogo degli stupori;

lì vi pioverà un respiro di fiati
e prenderanno forma nell'argilla dei sensi
i silenzi che hanno atteso l'ora
come il cielo il transito delle nuvole
perché non velino agli occhi
l'azzurro di una promessa di felicità.

Diverrà invisibile il mondo
e la terra tornerà ad essere un giardino
nel risveglio della meraviglia;

sfiorerà la distanza tra i respiri
un sottile senso della tattilità
sottomesso al dominio della lingua
che più non parlerà e muta
toccherà il cielo tra una riga e l'altra
squadernato con le dita della gioia.


*

Dei mille stupori


È un chiodo nell'attesa la notte
tra le dita ed il sonno si sgranano le ore
un rosario della distanza, che rende l'alba
il ritorno degli esuli d'amore alla parola
nello scambio delle lingue
con la convergenza della luce
allo sfiorarsi dei respiri
quando i fiati sovrappongono le carni
riportando a dimora i corpi
dove il destino incontra la sua origine
pronunciata in un continuo intrecciarsi
di braccia e di occhi e bocche allora mute
nella meraviglia dei mille stupori.

*

Ogni giorno


Ogni giorno vengo a patto con le mie ossa
a loro il compito di sostenere la carne
a loro il destino di durare piu a lungo
dopo il giorno del mio ultimo respiro.

Con gli anni si sono fatte disobbedienti
per la loro nuova fragilità, ma non hanno lingua
per dire in parole il loro lamento o stanchezza
epperò rendono immobili i giorni più inquieti
e aprono all'anima i volti del dubbio.

Talvolta la notte le sento parlarsi nei sogni
un continuo bisbiglio di voci, un atto d'accusa
a me che le ignoro e continuo a sognare.

*

Dei nomi


Ciò che sono stato per te
e cio che non sono stato per te:
il dramma e la gioia - l'immediata
prossimità e la radicale alterità -

ora che viviamo negli anni
in cui ci scambiamo
le nostre narrazioni di vita perduta
ci sfiora l'anima

l'inafferrabilità dei nomi.

*

Idraulica


Nello stillicidio della goccia cadente
non c'è luce che guidi il cammino
l'uomo è preda delle sue prigioni
il sapere lo inchioda alle proprie responsabilità.

La natura cieca dell'acqua
bagna la terra ignara
del proprio accadere, non v'è
evento senza il tempo, gendarme

dei drammi racchiusi nel vivere
civile, tra saperi distorti in cultura.
Lei mi diceva dell'idiozia felice,
io rivendicavo il bene della tragedia.


*

- Quando dimenticare è morire -


Senti come sotto i tuoi passi
ancora scricchiolano le ossa
dei morti ed il ghigno che squarcia
la gola ai carnefici, ora che i vermi
hanno pasteggiato con i loro corpi
mentre la terra gli rinfaccia ancora
la verità dell'uomo senza distinzioni
tali da smarrire ogni viso nella crudele
teoria dei numeri. Stridono tutt'oggi
i resti di quei marchingegni, le architetture
di una follia disumana, che non bastano
a chi ancora oggi fa dell'altro
un osceno balocco della propria inanimità.



*

Quel venire


Quel venire degli occhi alla fonte
con la lingua che attende il verso
nella direzione contraria della luce
dove lo stupore apprende l'urlo della gioia,
è l'alba che diviene messaggeria tra le dita
nello scompiglio della carne
quando scrivono poesie i sensi.

*

La vita anonima

 

Ti accostavi al cibo

con l'umiltà dei semplici 

e con il gusto in bocca 

di chi sapeva l'affanno della vita. 

 

Era il rito delle celebrazioni 

con cui onoravi la quotidianità 

non temevi il banale, l'ordinario

dei nomi: era ancora l'eccezione

a scoprire il tuo fianco debole

ma non la diversità, che non vedevi

per quella ingenuità del cuore

cui appare il semprepuro nel vero

di ogni respiro e battito d'occhi. 

 

La vita anonima sembra non segnare

la terra mai avara di memoria, perciò 

quando dirò in un mattino di grigiori

o in un silenzio di nomi e di marmi

la parola noi, in questo primo pronome

verrà come un vento gagliardo 

il volto taciuto d'un destino incompiuto. 

 

 

 

 

*

Nido


Tu guardami con labbra chiuse
dentro gli occhi
e sarò eco al tuo silenzio,

ci farà ombra la parola muta
e verremo con le mani sopra il viso,
ciascuna carezza sarà un bacio,

il cuore un nido con un nome
scritto nell'attesa d'un ritorno.

*

La signora delle pulizie


Dalle scale viene un rumore di scopa:
la signora delle pulizie è mattutina
forse ha in sé inconsapevole e misteriosa
la missione di spazzare l'alba. Chi già sveglio
ne avverte il fare operoso ed onesto, la cura.
A volte mi viene di pensare con gratitudine
a queste dee della normalità, piccoli motori
immobili, così simili a Dio, poete dell'ordinario
mentre io mi crogiolo nella mia vanità
che scrive in finti versi
gli ultimi minuti prima che cada il giorno
sotto i colpi pungenti di ore obbligate.


*

Férmati alla parola amore


Amore quando è sera
è una dolce parola che consola
e non importa se attinta
dall'oggi d'un respiro caldo
o ripresa dal fondo della memoria,

perché amore è una parola con le ali
capace di volare sopra le ombre della notte
e rende sacri pure i passi
che lenti conoscono la solitudine
di un marciapiede senza più voci.


*

’Dove sei’?


Ogni relazione significativa
è genetatrice di angosce e di attese
disabita il luoghi dell'incontro
teme il muto silenzio del perduto
nella lontabanza dell'altro
teme la distanza dell'esilio
del proprio essergli amante:
Non fu così per Dio
nella domanda del Giardino?

Ecco che allora nell'universo
ad ogni apparire dell'alba
in ogni coscienza d'un sé
gravida d'attese squarcia la notte
una domanda: 'Dove sei'?


*

Luoghi


Dove si nasconde di noi il mistero,
dove di ciò che esiste velata è la ragione,
tu muori d'amore, cuore mio.


*

L’alba


Attesa, appare ogni giorno
col suo chiarore d'erba
d'asfalto e una continua
ostinata resistenza della notte,
un esodo nel cuore di ogni nome
una deriva di sé nel fuori
del silenzio, tra i primi risvegli
che seguono il gallo. Una scritta
sulle rive nascoste del cielo,
che appare e dispare
nel grigio crudele di un gioco
che inganni il tempo creduto già vero,
ma invero solo un'eco remota
di aura e morte.

*

-Ventuno d’amore



Ti scrivo oggi
per dirti dell'alba
di come ancora
mi parli di te.

È una poesia
questo continuo pensarti.

*

Loris


Quando Loris m'insegnò la divinazione delle cosce
con la sua filosofia d'uomo già vissuto
esperto d'anni, d'orli di tazzine e di bicchieri pieni
mescolando l'eloquenza di una glossa ristretta di lessemi
che pure trafiggeva come un raggio di Leone
il battito inguinale
nell'impetuoso esprimersi della vita
insieme a quell'arsura della gola
sul boccale che apriva il cielo nella bocca
d'un esofago di per sé già vorace d'aria
- e d'ispirazione -
impresse nella carne la memoria
di queste sue parole: 'Una birra senza schiuma
è come una donna senza calze'. Ma allora eravamo ancora
nel millenovecento e ottantadue ed eravamo ancora
noi fingitori di un tempo fingitore di anni
che presto avrebbero perduto la loro sorte migliore.


*

L’annuncio dell’alba


Se immagino la punta delle dita
giocare con i tuoi respiri, ora che il sonno
ha vinto i fianchi della gioia

piego le ginocchia supino dentro il letto
come il segno di un ritorno al principio della vita,

immerso in un silenzio di seni
e di bocche
ma traversato nelle reni
dall'attesa di un altro mattino

quando nell'annuncio dell'alba
tra i segreti della carne riudrò
il dolce mormorio d'un incanto.







*

Salimmo


Salimmo ai castelli d'aria
Sfiorando coi piedi il cielo
Nei suoi germogli tra i fiori.

C'erano ciuffi d'erba dove il pianto
Aveva segnato coi suoi solchi l'attesa.
Ci bastava il nome delle cose.

La felicità si vestiva coi fiati caldi
Delle nostre estati. Vedevamo i lumi
Dei morti, ancora senza sgomento.


*

A contare


A contare sulle dita i tuoi anni
quante mani di amici
dovremmo riunire in memoria?

Eppure sono sempre pochi i numeri chiusi
se pensiamo all'infinito dell'essere
che ci appariva nell'azzura distesa del mare.

Ora la realtà ha corroso i nostri miti
si è svestita ai nostri occhi dei suoi miraggi
non tornerà indietro nel tempo la sorte

di te rimarrà in noi il tondo del volto
e la mitezza di un caro ricordo
profezia vera sul nostro domani.

*

Il chiarore della notte


Non si consuma la notte nel buio
ma resta tra le rovine del cielo
un chiarore, un lontano vibrare
che continua a dirci la vita.

Arduo è scostare un muto sudario
e raccogliere tra le mani radici
d'un segno. Scava nella gola il pianto
il vuoto che non sa più di attesa

e di spalle si vede la bellezza di anni
ora pietrificati nella distanza dei marmi
per te che qui più non rimani, per me
che rimanendo, non vedo.

(Roma, 7 Gennaio 2021)




*

Se tu qui


Se tu qui mi fossi
compagna di straniera vita
e svelassi l'oltremodo della carne
che mi tormenta e scava, nudo chiodo
dentro la terra umida dei miei morti
e scendessi fino ai miei abissi
sfiorando con le labbra il costato
della mia solitudine, quale gioia
avrebbe più in prestito il mio debito
con questa vita di macerie e luci?

*

Gli anni


Voi ora non sapete quando vi diranno che lui è morto
voi ora non sapete ma imparerete il suo nome
imparerete il suo quando ed il suo dove
imparerete della luce che lo vide accadere come luce.

Gli anni passano e non hanno remore
a dirsi fummo e più non siamo
mentre noi già temiamo il più non saremo
e sempre più inquieti ed incerti sono i nostri passi
e ciò già da quando fummo consapevoli dell'alba.

*

Se tu ora


Se tu ora venissi
al centro dei miei occhi
io mi alzerei dalla sedia
per contare quante stelle
attraverserebbero allora il mio cielo.
Se ora tu venissi
tra il mio latte e la fetta di dolce
io lascerei il mio tavolo apparecchiato
e mi spoglierei di ogni gioia e di ogni attesa
e diverrei sordo ad ogni rumore di fuori,
perché dalla tua presenza io trarrei
ed il pane per la mia bocca ed il canto per la mia sete
che brucia la gola quando tra te e me
l'aria è ancora soltanto un deserto
di voci di pelli e di sussulti di corpi
che attendono l'ora e i propri fiati
migrando dal vuoto al desiderio
nei suoi ardori che segnano il tempo.

*

Di te, conosco solo il nome


Arriveremo a volare
quando le ali saranno già stanche
per aver provato invano
mille e mille volte
ad alzarsi in volo.

Io allora avrò per te
solo il tempo dell'ultimo pianto
quandi dall'occhio già velato
vedrò il tremolio della luce
l'attimo prima che inchiodi la notte
sul silenzio dei mille volti già muti.

Ma tu non rinunciare al tuo volo
non disprezzare quel resto di cielo,
c'è un cammino di luce dentro l'anima
da percorrere con la nudezza del cuore

e allora anche tu comprenderai
che non ha un'ora per nascere al mondo
la felicità.




*

Le tue mani


Con le tue mani raccogli innocenza
con lo sguardo reinventi il mondo,
un davanzale di vasi piantati ti appare
il domani di un tempo già in fiore.

Dalla finestra anch'io rileggo
le trame di luce di un cielo che appare
anch'esso un orcio al colmo di promesse
che temo non manterrà, ma lo stesso già inseguo
l'ultimo segno che cade sul vetro
e della luce che ricama i miei occhi
rileggo il tuo corpo e tremo di gioia.

*

Piccoli bisbigli


L'immancabile gioia
di aver trattenuto tra le mani
i piccoli bisbigli del tempo
e aver toccato
con i polpastrelli stupiti
i tratti salienti della bellezza
e aver conosciuto
ogni intimo ieri del battito
che concede alla vita il respiro
della luce tra le feritoie del buio.


*

Richiami


Ogni alba è un richiamo di luce
tra gli archi di azzurro è la vita
a chiedere una cura che parta
dal cuore, coacervo di drammi
di amori, di affetti - spugne di affanni -
una commedia che alligna senza parole
all'ombra divina delle periferie
d'un dirsi imperfetto, d'una parola
in replica di giorni su giorni, grida
d'un tempo prestato a respiri
che hanno stancato le gole.

Ma rimane uno squarcio di nomi
che gonfia il mio petto di pioggia
e preparo il mio coccio al domani
senza timori dell'ora al digiuno.

*

E infine


E infine aggrapparsi ad una parola, ad un nome
ripetuto più volte nelle sillabe
della sua lingua. Mi è madre e padre questo silenzio
che assedia le labbra dischiuse allo stupore
ed è già perduto l'occhio che smarrito ammira:
il tempo a venire gli verrà negato.

*

In attesa


C'è una concordanza di tetti tra i palazzi
le luci adornano il buio adorando il tempo
è il ritorno delle radici nella gola delle voci
un volo d'illusioni nel ventre dei desideri
macchine inventate per sognare il domani
un miraggio della distorsione temporale
attesa ingenua della coincidenza. Eppure
vi è una discesa di angeli nel vento
e rimanere sospesi al centro della notte
ammirando il cielo sfinito nell'invisibile
immersi nei suoni delle voci o degli arcani
segreti del remoto approssimarsi delle onde
sonore o luminoso ancora appare
il senso del mistero all'ombra dei sensi.

*

Di anno in anno - i miei auguri -


Ci commuove la vita con i suoi splendori,
ci confonde con lo struggimento
delle sue nostalgie e la malinconia
ci è compagna nel ricordo
dei giorni perduti; ma ancora la vita
ci commuove, pure quando traversata
da mille dolori e disgrazie, perché segna
in qualche modo il confine
tra il sono stato e avrei poruto non esserci,
perché c'insegna che ricordare
o rimanere in una memoria
è lode del tempo che nasce
seppure poi muore. Allora non biasimo
quest'anno che sta scomparendo
nell'immenso fiume della Storia,
perché in ogni respiro ho veduto
il miracolo dell'accadere delle cose
che ho amato e creatura mi è fratello
ogni manifestazione della materia
e dello spirito. Ed è ancora
la stessa sorgente di Bellezza
che presso di me di nuovo accadrà.

31 dicembre 2020

*

Tracce


Non amo il niente che accade, amo
i luoghi dove lasciano tracce i segni
dove oltre l'abito da sposa delle parole
vi è un venire dell'immediatezza che svela
ciò che sovente si trattiene sulle labbra
tra un respiro e l'altro. Faccio memoria
degli esuli, che abitano una terra straniera
ed insieme a loro imparo a guardare il cielo
e divino sulle assenze un gioco di tarocchi
per questa solitudine di labbra tra le ore.

*

Salterio dei sensi


Un angelo ha soffiato sul tuo seno:
non lo ha corroso il tempo, veleno
che insidia dell'eterno il desiderio.

L'occhio guarda, ammira, un salterio
di lodi il suo smarrirsi nel pieno
di quel morbido turgore. Scende
la notte senza ombre sulla pelle

solo resiste l'amore che difende
il tu che il qui eleva fino alle stelle.

*

Legamenti


Ci siamo legati all'acqua
più di quanto concedesse la vita,
la lingua è un continuo tradimento dell'essere,
una traduzione economica pretaporter
a vantaggio del marmo, l'occlusione
che dà il proprio prezzo ad ogni respiro.

Solo i tuoi occhi si fanno navi del guado,
arco trionfale sulla linea sottile, metafisica
degli abissi, disvelamento di una visione,
narrativa d'anima, amplesso con un'oltre
che non sapremo mai definire nel tempo
che ci resta, confuso
tra le suture della carne.


*

Ignoranza del vento


Ignorare il vento che scuote i vetri,
salvando l'innocenza del legno.
Cammino cedendo alla pioggia i passi
sotto un ombrello di colpe. Restami
sulla pelle, invisibile essenza
della notte: tra le ore buie
sei la luminosa; serrerò le labbra
perché non urli la carne
il tuo nome.



*

Il miraggio della verità


Conosco la gentilezza dei fiori
non oso chiamarli per nome
non ho studiato la loro genealogia.

A volte in casa mi accade
di rivolgere un fugace sguardo
ai girasoli di plastica, di questi
ho imparato ed il nome e la forma.

Non sembra che la mortificazione
dei sensi - solo la vista nel gioco
della luce che rivela - amputi lo slancio
all'idea. E mi basta il ricodo dell'aria
per recitare in loro presenza
un salmo profano, a lode
delle loro carezze gentili. Mi basta
l'idea, per vedere di spalle
il perduto o la terra promessa.


*

Attraversando la dimenticanza


Finiremo tutti al cimitero
degni di un'antologia di epitaffi
i più ricchi in cappelle di cognomi
i più grandi dove grave già vi accade
la gloria della luce. Gli altri
a solleticare l'occhio curioso
delle date. Alcuni, i più disgraziati,
dietro gettate di calce senza fiori
né lumini, per rammentare ai vivi
il silenzio della polvere dei nomi. Così
ha taciuto l'ignoto tra i poeti
il testimone della memoria.





*

Sensi d’albe


Tacciono i segni e muta resta l'alba.
Davanti a me una nebbia è sudario
d'un rosario profano nella forma
che muta l'ora nascente in preghiera.


*

Tra i fogli


Tra i fogli dispersi una pagina
bianca mi offre ancora una riga
dove scrivere e riscrivere i nomi
delle tue epifanie profane
riverberi sacri dei canti nomadi
dell'amima. L'agire dell'oblio
che l'opera del tempo mette in atto
è commedia della memoria o dramma.
Ma la dimenticanza è tradimento
se il cuore e la carne riebbero
nel pronunciarsi dei nomi il battesimo
dei giorni destinati all'opera
che trafigura l'esperienza in spirito.


*

Spirale


Vieni come potente soffio
impetuoso vento che scompiglia
respiro dei sensi, urlo nel cuore
della carne; non accade l'attesa
se l'orizzonte non apre allo sguardo
la scittura dei segni sui corpi
ascendenti la spirale dell' amore.

*

Il peso delle mani


Non conosco il peso delle mani di una madre
quelle che ho conosciuto faticavano il sudore
e non c'erano giorni senza il peso degli affanni
eredità di un tradimento di specie. Mia madre
cucinava lavava stirava - faceva i mestieri si dice -
e le sue mani non scrivevano poesie. A volte
mi chiedo se quel frastuono delle dita
non l'abbia resa sorda per sempre al suono dei versi
forse in segreto avrebbe voluto cambiare il mondo
o almeno il volto dei propri anni o anche soltanto
qualcuna delle loro ore.



*

Spezza le tue parole


Spezza le tue parole con me
io ti darò in cambio i miei silenzi
ho le labbra stanche e gli occhi muti
ma una memoria del tempo
che attende una lingua
per dirsi e ripetere i nomi
che emozionarono i giorni.
Ma dammi parole per frasi
che non abbiano virgole né punti
sia solo un continuo flusso di ricordi
di volti amati o solo sorpresi
a sorprendersi della vita nei suoi percorsi
a volte scabri di luce, scarni di gioie
a volte più intensi, a volte
intrisi d'un eros d'idee
quando le utopie diventvano amanti
ed il giorno un letto che non moriva
se non al ritorno di un'altra alba
a far nascere ancora del sole il chiaro di luce
nella ferita degli occhi, perché la vita
è solo uno sguardo di spalle
che ci svela di sé
quando si allontana da noi.



*

Sguardi


Guarda dentro i miei occhi:
non vedi come la loro anima
non sia altro che il respiro
del tuo nome? È un esodo del cuore
questa solitudine della carne,
un esilio di pronomi, un cielo negato,
una terra promessa senza più sguardi.

*

A guardar bene


A guardar bene il cielo, oggi
non vedo che segni muti, gravi
nel loro silenzio; sarà per l'incertezza
di quest'alba che piega la luce
verso i rimasugli notturni, le ombre
che restano a vegliare la mente
già stanca dei suoi respiri. Sembra
una zattera su mari in tempesta la vita,
una promessa sposa ad un naufragio, un atto
nuziale che in un oscuro remoto fu scelto
nel modo in cui si sceglie un destino per altri.

Lo riguardo di nuovo il cielo e nulla in sé muta,
non vi è parola che accada dall'alto
come pioggia a rivoltare la terra dei vivi
e dei morti, eppure mi lascio ancora
stupire da quella sua immane bellezza.


*

Ma il vento


Ma il vento non avrà pietà di noi,
né l'asfalto si farà conca al tuo pianto;
come foglio di carta letto e gettato in strada
ti sollevarai in aria e ricadrai a terra,
un po' di qua e un po' di là. Finirai i tuoi giorni
sul dosso sconsolato d'una fine ringhiera
o ai piedi d'una casa sbattuta dal piscio dei cani randagi
o condotti al guinzaglio da volti a te estranei.

*

Se un giorno


Come curerò le tue piaghe
se un giorno visiteranno il tuo corpo
e quando ancora aperte
saranno scandalo ai miei occhi
e fetore alle mie narici? E se già
nell'età che avrà per ombra la notte
come potrò ancora avvicinarmi a te
senza avere di te pietà ma puro amore?

Solo se il cuore custodirà in sé la memoria
di una luce remota che albeggiò un giorno
o solo con uno sguardo di verità che oltrepassi
il segno e vedrà l'invisibile dentro la carne
nel suo disfarsi al giogo del tempo, allora
solo così le mie mani potranno prendersi cura di te
e avranno sulle dita le ali della tenerezza.

*

Il dettaglio delle radici


Gioia mia, siamo qui
in questi silenzi sospesi
trastullati
sulle altalene degli angeli
mentre dintorno il mondo ci mostra
le sue ferite, le sue spalle ricurve
per il peso del tempo e dei propri dolori.
Eppure non sembra più lontana
quell'età che non contava i giorni
quando la lingua recitava i nomi dei mesi
come fossero una lista di amici
da invitare ad una prossima festa.
Allora tutto appariva sempre in azzurro
anche tra il freddo e lo scarno dei rami
già spogli
ed il terso del cielo sempre accadeva,
perché ancora ignaro
dei colori più bui della notte.



*

Visioni d’alba


La mistica della tue dita
apre un cielo ai miei occhi,
con la bocca stupita attendo
la dolce commozione dei sensi,
il tumultuoso lacrimare della carne.

Vieni in fretta: l'urgenza della gola
brucia il tempo. E non indugiare
nella timidezza dei segni: ogni velo
squarcia l'alba e la consegna
al dominio notturno della distanza

tra due parole, che così mai potranno dirsi
l'amorevole narrarsi di un destino
nell'intima originarietà di un pronome.

Vieni in fretta e accadrà nel suono dei nomi
l'irrompere della luce, quando l'agonia
silenziosa dell'attesa è un gemito
che teme l'inavverarsi di un incontro.



*

È l’ora


È l'ora buia il volto del tempo
che disegna le sue ombre
sul bianco vergine d'un destino
quando gli anni maculano la luce
con trepide oscurità di forme
che rendono più incerti i passi
in futuri ormai possibili
solo in frammenti residui di memoria.

Così la cronaca si trasforma im parola
e la parola ancora in potenza evocativa
che trasfigura l'accaduto in un evento
di un altro destino possibile, tracce
di uno sguardo ferito
dalla debolezza di non trascendere
il proprio esilio d'occhi.

*

Il richiamo


Minava la via del ritorno
l'urlo materno del richiamo
che incantava l'intero cortile
con le sue minacce prive di spoletta.

Si era negli anni delle possibilità,
ai bivii del destino
ancora si poteva chiedere
il rinvio d'un incontro
che sarebbe divenuto una storia.




*

E sempre ritorni


Perché se leggerti è guardarti ancora
lievemente nel tuo sfiorire, guardo
dove ti tocca il pungiglione della morte
la carne ancora viva, pur sempre viva,
e declini il verso come un grido:
ma è il mio grido, non più il tuo,
che giaci stremato, esanime, direi morto,
un lascito voluttuoso perché mi traversi
sull'ultima costola lo spirito,
e sempre ritorni, più grave, più lieve.


*

Il tempo dell’innocenza -



I tuoi giorni si bagnavano nel mare
e l'estate correva come un aquilone
nei cieli tersi della tua anima.

Nei tuoi occhi la linea d'orizzonte
sull'acqua
ti donava ali per volare
con la leggerezza dell'innocenza,
con lo stupore dell'ingenuità.

Ora che quel tuo tempo è andato perduto
ora che è diventato la valigia
di tutti i tuoi ieri
ancora ti accade di guardare il mare
ma senza quello stesso stupore
senza l'incanto in cui eri tutto te stesso
un incanto che sembrava durasse per sempre;
ma tutto passa e nell'ombra del tempo
presto svanisce.

*

Giglio


Il liquido seminale è quell'inchiostro
con cui vorrei scrivere la parola amore
nella tua carne, un'incisione
di vita, il segno d'una traccia,
una traccia esso stesso, quel dirsi
della vita, come fu il già delle grotte
delle bestie delle dee e infine della morte
senza sgomento e senza teologie
ma solo con un selvatico stupore
un giglio di luce
quando ancora buia la mente scavava
la paura dei lutti
con le mani nude d'un'intelligenza primordiale.


*

L’angelo della mediocrità


L'angelo della mediocrità l'alza in velo
perché non ti ferisca la luce gli occhi:
non hai lo sguardo pronto alla perfezione,
soccomberesti sotto la frusta della follia.

Quiètati allora e attendi con l'umiltà del patire
il giorno glorioso delle rivelazioni,
nulla ti verrà sottratto della tua eredità
che, ricorda, ti venne concessa per grazia
e non per diritto. Oppure, se l'impazienza del bello
ti corre più del sangue nelle vene, tu inizia
il cammino delle salite verso i tuoi calvari
e accetta che la vetta più alta del tuo monte
non sia la gloria del mondo ma il buio
della sua notte più oscura. Così sia.


*

Epigrafe


Verrai schiacciato dai tuoi versi
la stessa poesia ti sarà d'inciampo
i tuoi esemplari ti verranno a condanna
con le tue tasche vuote girerai nell'aria
le tue strade deserte muteranno l'asfalto
in un continuo mutismo di litanie e lamenti
della tua ribellione al destino ne trarrai
un'ultima frase, un paio di versi o forse tre
da sfoggiare in un'epigrafe sul marmo
semmai qualcuno al suo fianco
riscriverà in finto oro il tuo nome.


*

Non siamo


Non siamo senza padri e madri
non siamo figlie e figli di nessuno
non siamo un'orfanezza senza radici
ma discendenti di un'origine fattasi storia.

Siamo una scrittura nuova
dentro un alfabeto antico, siamo parole
venute da lontano, ne rinnoviamo il senso
ma non ne oltrepassiamo il limite, né il confine
che ci costringe al di qua dell'indicibile,

negandoci la possibilità di un essere
di per sé indefinibile. Angoscia e destino
le nostre gemelle siamesi, un'inscindibilità
che rende gravida d'attese
l'aria pungente dei nostri autunni.

*

Eloisa ed Abelardo


E quando fui davanti al cielo
dei tuoi occhi, capii
il senso della carne e non fuggii
ma mi arresi a ciò che il mondo chiama ancora
insana passione.

Anch'io non vidi in te la decadenza
l'incipit della distanza tra i nostri anni:
mi velava una luce
l'ombra che ogni carne reca seco
e mi svelava un altro cielo la stessa luce
che aveva reso gravida l'anima
trasfigurando il tuo sguardo in un incanto
e ancora insieme ne inventammo le parole,
inventammo un nostro dizionario dell'amore.

Allo stesso Dio s'appellò il crudele
tolse dalla mia carne la sede agente dell'amore
ma nondimeno crebbe il nostro amarci
nondineno lo spirito riebbe i suoi messaggeri.

Seguitai ad amarti seppure invisibile agli occhi
cercai il tuo amore perduto per natura
laddove ogni amore trova la sua origine
e fu Dio quel mio rifugio
speculare al tuo eremo la mia clausura
perché entrambi fummo madre e padre
come un figlio custodimmo il nostro amore.

Neppure l'ombra della morte
oscurò le luninose tue labbra
fino ed oltre al sigillo del bacio eterno
che fragilità del tempo impone
m'impedì l'ultimo gesto
d'aprire a te le braccia per far di te
dolce mia sposa e tenera mia amante
la medesima mia eternità.

Se fummo vinti in vita dal tempo
vincemmo il tempo in vita e oltre la vita
con l'ostinazione del nostro amore.
E quando fui davanti al cielo
dei tuoi occhi, capii
il senso della carne e non fuggii
ma mi arresi a ciò che il mondo chiama ancora
insana passione.

Anch'io non vidi in te la decadenza
l'incipit della distanza tra i nostri anni:
mi velava una luce
l'ombra che ogni carne reca seco
e mi svelava un altro cielo la stessa luce
che aveva reso gravida l'anima
trasfigurando il tuo sguardo in un incanto
e ancora insieme ne inventammo le parole,
inventammo un nostro dizionario dell'amore.

Allo stesso Dio s'appellò il crudele
tolse dalla mia carne la sede agente dell'amore
ma nondimeno crebbe il nostro amarci
nondineno lo spirito riebbe i suoi messaggeri.

Seguitai ad amarti seppure invisibile agli occhi
cercai il tuo amore perduto per natura
laddove ogni amore trova la sua origine
e fu Dio quel mio rifugio
speculare al tuo eremo la mia clausura
perché entrambi fummo madre e padre
come un figlio custodimmo il nostro amore.

Neppure l'ombra della morte
oscurò le luninose tue labbra
fino ed oltre al sigillo del bacio eterno
che fragilità del tempo impone
m'impedì l'ultimo gesto
d'aprire a te le braccia per far di te
dolce mia sposa e tenera mia amante
la medesima mia eternità.

Se fummo vinti in vita dal tempo
vincemmo il tempo in vita e oltre la vita
con l'ostinazione del nostro amore.

*

Viale Irpinia


Chi vive in queste case?
Dietro queste finestre
protette da grate di ferro
o ai piani più alti
investite da un sole
che racconta sempre
le stesse storie
in un modo nuovo?

Voglio sapere i loro nomi
e i nomi dei loro morti
e i nomi dei loro nonni
e delle loro nonne, madri
dei loro padri e dei loro zii,
e di quelli e di questi
voglio sapere i nomi
e di questi e di quelli
le loro nonne videro da queste finestre
di grate di ferro e spiccioli di sole
le vite dei loro figli fiorire
e sfiorire
nel tempo che abita ogni respiro.


*

Del fiore e del vecchio


È il fiore
questo tumore alla stagione
non più grave viene la luce
c'è un'ombra che incede impudente
io l'amo
come il vecchio del mare il legno
che lo trascina dove non sa ancora
i volti sull'acqua mossa dall'onda.

*

Je t’aime


C'è un pianto segreto che traversa l'anima
una sottile linea che insegna un limite
un passaggio della carne oltre i rumori
della strada e del cielo: inseguono il tempo
le ruote delle auto ed il cibo i cercatori in volo
gridando il loro istinto di vita, analfabeti
delle nostre scritture terrene di vite e di morti.

Ma se appare nei segni d'alba il ritorno
allora il destino rivela i suoi arabeschi
e un sussulto del corpo nella luce
dei bisbigli che risalgono la pelle
svuota il luogo notturno dei fantasmi
discosta la pietra delle oscure interpretazioni
e riprende il cammino degli incanti
affidandosi al tocco delle mani
ultiimi occhi prima di sfiorare l'anima.


*

Fugge la luce


Fugge presto la luce
e l'alba di bellezza è solo un attimo,
scrivo sulle righe del mio pianto
parole d'eco a ciò che è stato.
Ho già alle spalle le vesti della gioia,
recita la carne di dolore le litanie dell'anima:
ripete nel nome unico degli anni
il proprio esilio da un'origine, un destino
ancora solo intuito in una promessa,
che si svela nella nudità d'acque
che ogni giorno bagnano i nostri nomi,
impastano cielo e terra in un nuovo sé.


*

Nudità


Non basta guardarsi negli occhi:
occorrerà che io scenda
nell'inferno della tua carne
perché quel luogo di fuoco s'apra alla luce
d'un chiaro che segni la rinascita dal nulla
gridante un destino di necessità
e diventi di nuovo cielo quell'origine
tesa ad arco su di un ponte di fiati
un respiro di lingue in sussurri di nomi.

*

Guardarsi d’amore


Avrei voluto appartenerti
con una sovrapposizione d'identità
essere altro da me per essere un'altra di te
una parte di me. C'è dell'invisibile
che percorre la distanza
tra gli occhi e le labbra, perfetto segno
del mio desiderio di uomo. È il volto
è il tuo volto il mio dramma:
voglio toccare l'infinito ma la mia mano
è stata plasmata con la finitudine
d'una materia che ha forme di vita
ma non possiede in sé la vita.
Narra quel nodo il mio esilio
la lontananza da te, che sei il cielo degli dei,
che sei i miei dèmoni interiori.


*

Padre


Padre, dimmi: dove eravamo noi
quando la tenerezza ti portava
sul cuore bambino d'un figlio
o il senso dell'onestà fedele al dovere
prima ancora della potenza del sentimento
ti piegava la schiena fino a lacerarti l'anima
con gli occhi che cercavano segni lontani
per dare al respiro la tregua dei giusti
quando costretti a battagla? Dov'era
quel luogo che ora abbiamo perduto per sempre,
quello spazio di tenerezza e legami
di cui ora tu non ne puoi più dire nulla
e di cui io non so più ripeterne il nome?
Ci fu concesso un tempo di gioia
e un tempo di affanni, comoscemmo la vita
in un avvicendarsi di sguardi diversi
fino a questo esilio di destini ceduti alla morte.

*

Sei


È un lamento degli occhi
questo attendere che il tempo
si spieghi nella luce dell'incontro.

Ci venne dappresso un destino
tenuto segreto come un figlio taciuto
perché nessuno sapesse del padre
quale volto di bellezza ebbe ai suoi anni.

Ora ci tremano le mani
quando gli affidiamo il silenzio
delle parole, perché siano le carezze
a travasare nel declino delle ore
l'esondazione dei sensi, che in acque
di gioia, trafiggono questo stupore
che ancora non si rassegna alla sera.






*

Il colore della notte


Non è nero il colore della notte
né il silenzio delle parole è
la sua voce; la sua è una trama
di luci oscure e gravi, anche quando
attraversata dal piacere. Non è
nella fine delle cose il termine della notte:
già madre d'aurore e gravida di nuove luci.

*

Eri


Mi dirai della tua morte
di come ti abbia negato il tempo
abbia mutato l'occhio e la luce
dal dirsi in sequenze di voci
a silenzi d'immagini. Eri più giovane
del mio respirare anche se incerto
una cesura tra le nostre esistenze;
ti chiederò della ragione e del torto
di un destino che non ha più saputo
come in un tempo andato dirci di te.

*

Sospeso


Hai sospeso il tuo sguardo sul mio dirsi
palle di Natale orfane d'un abete.
Quali sotterfugi di finzione
chiedi alla mia liturgia profana?
Non ho riti da proporti
se non questo quotidiano di respiri.

Oramai siamo giunti a quell'età
dove l'ultima erezione viene concessa
alle notifiche nel pieno della notte
- visione di Freud munito di taccuino -
una seconda ondata di onirici disegni
da leggere nei risvegli improvvisi del destino
come oracoli divinatori di oroscopi
sempre male interpretati o falsi simboli
che mascherano i fantasmi dell'inconscio
per evitare delazioni della coscienza
- la morale ha i suoi agenti nel controspionaggio della mente -.

Siamo diventati vecchi, vecchi d'un'età
senza più appelli e i muri di silenzi
non la difendono dalla propria fragilità;
la nostra è un'età debole: fragile il dolore
più non inganna con le sue disillusioni.

*

Cieli ardenti


Più non sembra ieri
il tempo che insieme
trascorremmo
a ridosso di nuvole ridenti
costeggiando dal ponte
la visione del fiume, mistico
ed erotico, che muoveva i passi
fino al suono delle voci, concordi
riverberi sull'acqua che lenta andava
tra le sponde incolte
e cianfrusaglie di dossi
così com'era la vita
nel miracolo di quell'ora
che sconvolgeva il mattino
dandogli inquieto un cielo
al risveglio ardente dei sensi.


*

Delle tue parole


Raccontami la vita:
tra parole ed immagini
arriverò
dove da solo non sono capace
di giungere. Le mie mani
sono mute e cieche
per arrivare dove l'anima si trova
in attesa mendicante d'una mia carezza
ed io dei suoi discorsi di luce
e di preziose oscurità.

*

Intersoggettiva - quasi un manifesto poetico -


Questo dire
a volte non coincide con il reale,
ché del vero noi tutti non sappiamo
la verità, cui s'approsima
con sottocategoria d'appartenenza; di ciò
anche la parola ne soffre nel suo dire,
seppure essa di sé dice sempre il vero.
Così anch'io procedo per arrufatezze e frammentarietà
di un dire rivestito di cenci, a tratti
in parvenze di ritrovate scarpe, altre
con socratiche aspirazioni, epperò
non si dica se non per esperienza
intersoggettiva, che tutto ciò sia vero.

15 Novembre 2020 (da Tracce o un giorno che vissi - inedito -)

*

Veglia d’amore


Se tu mi svegliassi
quando il sonno mi ruba al tuo soffio
che alita sulla coscienza la gioia
di questo sdraiarmi al tuo fianco
affidando alla notte il segreto dei corpi
l'oscena impudenza di dirsi ti amo nei sogni
vincendo del tempo ogni oblio, acqua di mare
che vorrebbe cancellare i nomi dai righi di sabbia
e imporre al silenzio del buio lo schiocco dei baci
quel darsi reciproco dei fiati al piacere
insieme all'intreccio delle gambe
quando si sovrappongono i corpi.

Se tu mi svegliassi
potrei vederti addormentare
con la fronte sotto il tocco delle mie labbra
e la mia veglia sarebbe
il miglior sogno del cuore.






*

Passione d’amore


Grido al cuore dell'alba il tuo nome:
mi presti la luce per vedere la gioia,
diventi mia testimone di fronte alla visione.

Tra le ginocchia allargate appare il segno,
un'acqua profana affiora a battezzare la lingua:
dirò dei nomi che segnano il sacro e l'amore.


*

Anima fragile


Nel castano profondo dei tuoi occhi
scorgo il riverbero dell'infinito.
Non si arresta l'emergenza della bellezza
dai percorsi interiori d'un'anima fragile
perché avverte in sé il suono dolce
dei passi di Dio. Ti guardo io
perduto nelle resa alla mia debolezza di occhio
che non vede più un altrove oltre l'orizzone
eppure mi accoccolo sulla tua voce
ache quando muta mi ripete il silenzio
dello sguardo di Dio.


*

Sguardi di vita


L'uomo abita una terra che non gli appartiene
in un esilio di cui intuisce il nome.

Guardi dalla distanza il fondo d'una strada
un percorso possibile all'accaderti delle cose.

Verso il cielo si protendono i rami,
è ciò che resta dell'albero spoglio:
tu segui con lo sguardo quelle insolite dita,
ti chiedi se ancora oltre le spalle dei morti

possa un fiume assumere la voce dell'utopia.


*

Dove stava il mare?


Dove stava il mare? Tu dicevi
bàgnati di me ed io venivo
come un perseguitato che cerca
l'esilio ed era il tuo nome il pane
che masticavo nell'attesa del divenire
dei sensi, ché ancora ci divideva
un cielo senza asilo per la carne dell'amore.

E si perdeva il tempo in un gioco di mani
un intreccio di dita offerte di lontano
nella visione dei mille mondi notturni
e di mille albe gravide dei tuoi respiri.

Consumavo le mie ginocchia in una devozione di baci,
mi ferivo la lingua dove trattenevi la luce
e ti viaggiavo come dentro un sogno
e ti lasciavo disseminare di stupore
ogni angolo della mia pelle fino allo sfinimento
del mio dirti sulla labbra del nostro amore.


*

Rosso ideale


Mi convinco sempre di più
che nel palmo della mano
non racchiudi il futuro
ma il mito. Fu l'architrave
d'un tempo coltivato a sentimento
e pensiero, tra ragione e utopia.

Ma se è vero
che non invidio la tua ingenuità,
tuttavia ammiro il tuo passo leggero
e mi addormento
con una prossimità della sera
che non mi sgomenta, né la notte
mi turba ora più di ieri
e sorrido
a questi nostri cuori bambini,
tu per verità, io
per mancata rassegnazione.



*

Ed è


Ed è il silenzio grave degli alberi
attoniti per l'impervio autunno
tra venti e piogge che scompigliano
i giorni d'una mitezza del vivere.

Sulla terra sono rimaste le impronte
di quando respiravano i tuoi occhi
guardando il rettilineo d'asfalto
come fosse l'apparizione d'un sogno
diventato carne di pietre e domani.

Scrivo a margine di questi giorni
l'elenco dei tuoi nomi, ancora
la tua ora si fissa immobile nella memoria
tra il mito della nostra eternità ed il nulla.

*

Avrei


Avrei fermato il tempo per quelle pietre
sotto quei rami dove l'odore del fiume
sembra giocare a dadi con il destino
e l'unico appiglio è il riflesso d'un cielo
che si trasforma in uno specchio
nello specchio dove appare il desiderio
di una voce che ripeta il nome e nell'acqua
il riflesso dei volti strappati alla dimenticanza
di passi che non hanno più echi. Avrei voluto
non cederti al tempo perduto dei nostri ieri
perché senza un'anima una memoria muore.

*

Un braccio dalla terra verso il cielo, una mano tesa


Ciò che rimarrà di me
è un braccio alzato, una mano aperta. Non la vedrai
stele di preghiera, né la seguirà
la disperazione d'un grido maledetto,
le sue radici affonderanno
dove la terra non conosce luce,
eppure si eleverà alta verso il cielo
testimone in maschera
d'una memoria senza più tempo.



*

Spoglia delle stagioni


Non conosco lo strappo della foglia
la lacerazione ed il tormento
del ramo, però chi dirà al mio ventre
del dolce germoglio di primavera?

*

Quante notti


Quante notti ci portiamo nelle tasche
luci elettriche formano un cielo di promesse
angoli bui crocevia di cupezza disgraziata
e muti echi di dolenti solitudini dentro case
dinenticate dal futuro. Camminiamo sul bordo
di un vuoto che dischiude ciò che resta di noi
mentre un po' magi ancora osserviamo il cielo
e ai nostri incerti passi consegniamo l'ultima poesia
scritta con l'inchiostro d'un caffè dentro un bar.

*

Lampi


Eleva il calice sopra l'altare
innalza il pane è la carne del Cristo
guai all'occhio che riduce il fulgore
in un riverbero d'un sole chiamato
a tramonto. È il Corpo dell'assemblea
dei vivi, da lì trova l'Origine un destino,
ogni nome reca in sé un nome nuovo
che l'occhio attraversa e si china alla forma
ché in quella forma si trova a dimora l'Altrove.

*

Il tuo sguardo


Mi guardi il volto leggendomi la linea
che attraversa gli occhi. Nel limite
oltrepassi il confine e leggi di me
ciò che mai sono stato o mai appreso
prima della tua interpretazione.

Cade ora un muro di parole,
una teoria di suoni, tutto ciò
che hanno dismesso della vita gli anni
mentre mi restituisci uno sguardo
che fa di me un'altra invenzione.

*

Je suis l’autre


a S.P.


Se le vostre voci non riempiranno le piazze
Se il vostro silenzio ucciderà di nuovo la parola
Nessun Dio potrà abitare la terra, nessun Dio
Potrà dirsi cieli e terre nuove per il cuore dell'uomo,
Ma solo un simulacro di una lontana intuizione
Smarritasi nella sconfitta di ogni mediocrita.
E rimarrete figli della violenza, unica vostra religione,
Perché non v'è nessuna benedizione
Dove non viene benedetta la fraternità.



*

Camminavamo lungo i dorsi


Camminavamo lungo i dorsi
dei sogni, tra le albe ed i tramonti
di piedi e occhi feriti dall'ardore,
sembravano le vette delle visioni
orizzonti prossimi ai veggenti,
non pativa la luce l'ombra degli sguardi,
ma tutto ritrovava un suono
dell'emergenza delle voci, echi alla lontananza
nell'avvento d'un cielo con il nome di domani.
Poi nacquero al tempo le ore degli smarriti
e si perse la traiettoria dei camminanti,
pietre su pietre si costruì un muro di memorie,
ai lamenti del passato non vi fu rimedio,
nell'alveo di un respiro
ancora il segno d'un viaggio,
l'ultima scrittura
per un destino al centro dell'anima.

*

Le consolazioni della bellezza


La notte non spaura, forte è la speranza,
un fuoco, arde in cuore, nessun'ombra
cancellerà la gioia: la bellezza
incanta con la luce, come un'onda
appare e già travolge, l'anima arde
nel fuoco che l'anima muta rapida
ai tocchi ardenti; dei sensi è l'estasi.



*

Ouverture


Ardimentiamo la questione
nelle ore più tardive dei tramonti
sicché il cielo rimane in silenzio

fino a tornare alla misura
del palmo a palmo, il gioco dei ragazzi
tra le terre dei cortili. Confondiamo

il costante respiro dei veggenti
nel residuo dell'occhio aperto. Cerchi
inutilmente la vanità del vuoto.


*

Quando arrivi scrivimi


Quando arrivi scrivimi
per il benessere dei muri
e la sinconia degli orologi.
La policromia delle note sullo spartiacque
diventa la complessità della tua laringe.
Porto delle nespole nel taschino
e una rinuncia al nuovo giro in barca.
Semmai scrivimi utilizzando le dita,
impronta d'inchiostro dopo impronta.
La tenda davanti al palco non tace i segreti
dei sederi assisi sulle poltrone in fila.
Quando arrivi scrivimi. Qui qualcuno
intanto è tornato a bussare fuori dalla porta
con la gravità dei tocchi. Scrivimi.

*

Una donna


Senti il grido di gioia dell'anima?
Guardo muoversi le tue labbra, nome
che pronunci nell'aria, tutto attende
quel suono che incanta la pelle, vieni
mistero d'origine, compimento
delle stagioni, ombre d'un antico
destino, nel tempo frasi taciute
d'un discorso d'amore. Ora sei qui
sguardo che mi riporta i miei nomi,
sei presenza che oltrepassa la carne,
oltre l'alveo del piacere dei corpi
l'universo in te accade, mio stupore.

Roma, 9 Ottobre 202O

*

E sappiamo


La stanchezza taciuta dei padri
e lo squarcio d'amore nel cuore
delle madri. Comprendi ora
perché la prima pioggia d'autunno
più non ti sorprende? C'è
una teologia della vita
tra le foto lapidarie dei marmi
e come un formulario algebrico
tra gli intervalli numerici delle date
che dicono del tempo nostra dimensione.
Ma la vita è solo una memoria del nulla
che riempie di sé ogni futuro?
Ora noi sappiamo cos'è l'amore
e sappiamo il gelo delle sue assenze.
Ripetimi i loro nomi ed i miei
che porti con te tra le pieghe umide
della tua misericordia.


*

Sottopelle


Sottopelle l'autunno è carne che scrive
nel sangue il coro delle proprie voci,
è un intervallo tra l'origine e il mito,
un diverso narrarsi del tempo.

Nella corsa tra il respiro e le labbra
si apre un bosco di meraviglie,
odora la foglia incanti, si bagna
l'alba tra la radura e i colli.

Smarrito nel discorso dei sensi
la lingua si articola in una sapienza di suoni.
Tu appari nell'immediatezza del cielo
terra promessa ai giorni di luce.

*

Una gioia


Vi era un gioia dentro di te
che si rifletteva nel chiaro degli occhi
e quasi sembrava sfiorare
la chioma bianca dei tuoi capelli.

Nulla pareva turbasse il tuo silenzio
con cui curavi la casa ed i gerani
sul davanzale della finestra
che affacciava la via più larga del quartiere.

Odorava di buono la tua casa
di pace e di una quiete interiori
che nessun rumore poteva turbare
perché tu già abitavi un altrove.

Ora che sfoglio i tuoi libri
che mi nutro delle tue parole
vengo a parlarti dove più non sei
se non un segno di bellezza nella storia
e ti ripeto in un monologo interiore:
'Vieni, prenditi cura di me'.


*

Non dirmi


Non dirmi che a nulla mi arresi
e d'un'ostinata attesa
ho vegliato nei giorni la vita.

Siamo ora simili a rami spogli
che il tempo sveste di speranza
e neppure il cielo si schiara di conforti
o di miraggi in grembi gravidi di sogni.

Eppure non posso dimenticare i porci
e caro mi resta il sapore di carote in bocca
perché se crudo apparve un tempo il viaggio
ora è fitta trama d'emozioni
il senso selvaggio d'aver vissuto
senza ombre dove riparare il cuore.

*

Gli avanzi del pollo


Gli avanzi del pollo li hai dati al gatto
sordo? Ricordo la Parigi diva
tra le bancarelle di piazza a Roma
e i miei diciott'anni senza decoro
e i clienti del bar, tra cui il matto
san Francesco, il barbiere, il falso oro
la gioia la tristezza la sera l'ombra
e il tempo che declina il mio invito
e lo smarrrimento d'uno sguardo di luce
nel sangue viola d'una lontananza remota.
Fossile di gravida forma è la memoria
pietra d'inciampo al giudizio universale.

*

Gioia dei nomi


Abbiamo detto della gioia dei nomi
e di come vibrino sulla pelle i loro suoni;
per la carne dei corpi è un continuo appello,
un'istanza di riconoscimento che dai fianchi passa al cuore.

All'ombra del tuo nome sorge la vita
e ti ripeto con la voce nei mille modi dell'amore,
ogni modo un suono un nome un chiarore di cielo
e un rimuovere la pietra per la luce
che attraversa gli occhi fino all'anima.

Rimane il tempo in questa dimensione,
a degradare l'origine con un prima e un dopo,
con un dire che non è stato ciò che avrebbe potuto essere;
purtuttavìa abbiamo mani a specchio
e tra le bocche un unico respiro.

Ci abita un mistero in polvere di stelle,
qualcosa di così prossimo all'amore,
che siamo l'una all'altro ali immense
per un volo d'infiniti cieli.


*

Ricami con le mani


a C.


Ricami con le mani il filo d'oro
delle parola - la lingua ora tace
raccolta in silenzio nella bocca -

e tessi le lodi d'oro all'attimo
che sottrae il tempo all'oblio
di sé, nella dimenticanza del dono.

Sono sorelle l'alba, la notte
e la luce del giorno che taglia in due
la preghiera tra le mani.

Ancora un tu ritorna ad udirsi
tra il costato e la voce,
eco d'un altrove tra ieri e domani.



*

Stagioni


La certezza del vino
il rosso di castagna
la gioia di vivere
e l'ombra delle foglie
a terra, silenziosa.

*

L’altro come cielo


Le parole che ritornano
nei miti colori dell'autunno
portano con sé gli echi
di un tempo come origine
e storia di un'anima. Lì
dove abita la luce, un giorno
si formò con terra ed aria
il cuore.Fu l'ora benedetta
dalle ore, una trama di gioia
coprì il nudo della carne:
nella solitudine accadde
l'altro come cielo.




*

Eloisa


Eloisa aveva un sogno,
forse la danza
o forse la musica
- il tempo ora sfuma
i ricordi minori -.

Aveva un sogno, Eloisa,
ma i sogni
sono dèi capricciosi:
incendiano albe,
bruciano notti insonni;
poi tornano inquieti
ai loro rifugi segreti.

A volte li vedi ancora passare
nel nero degli occhi di Eloisa
che sotto una chioma bianca
misura coi passi un po' lenti
la distanza che resta tra il tempo
ed i sogni di Eloisa.


*

Acquerello n° 2


Passiamo quasi invisibili:
solo una lieve increspatura d'onda;
nessuno ricorderà i nostri nomi
o le rotte dei nostri destini. Rimarrà
l'immobilità dei segni, la traccia
di una solitaria memoria. Domani
sarà il nome d'un continuo ritorno,
fino alla polvere di ogni respiro.

*

Annotazioni


Logora la goccia ed il trasudo
della cassetta: il tempo nega
la perfezione. Così i vecchi
ed i nidi rimarranno segreti,
delle trame d'oro nei loro occhi
per sempre non sapremo le orme.

*

Ipotesi d’amore


Ognuno di noi è stato partorito
sopra un cielo d'asfalti, la vita
che nasce nasce senza pudori.

Crescemmo in quella stessa nudità,
che ignora le differenze
tra le pietre e la pioggia.

Arrivò poi il tempo del fuoco
che bruciò l'apparenza alle foglie
e inflisse il concetto dell'evidenza
alla curva grave dei fianchi.

Le gambe divennero la ragione dei lombi
e iniziammo il lungo cammino,
pellegrini dei nostri pronomi.

Fu a quel punto che ci apparve l'universo
ed il miracolo assurdo delle stelle,
fu lì che vedemmo per la prima volta
lo sconfinato limite delle nostre solitudini,

eppure fu sempre lì che vedemmo un altro miracolo:
ci scoprimmo l'una all'altro
segni e simboli di un unico altrove
dove abitare insieme
l'assoluto dell'amore.


*

Dove una volta abitavamo


Dove una volta abitavamo
guardando da un angolo la vita
a volte attenti a volte più distratti
con la voglia di capire il mondo
o con l'amore vincere la partita
contro quel margine di solitudine
che attraversava il cuore e feriva l'anima.

Grandi di età non lo eravamo ancora
eppure il disincanto dei mattini incupiva
l'ultimo bagliore dei sogni negli sguardi
e si partiva verso l'ora feriale con le dita
sulle pagine di un libro, ultima frontiera
prima di quel nulla che divorava il tempo
destinato a rincorrere ogni nostro domani.

*

Tu che sai di me ed io che so di te; ed è l’autunno di Noi

 

La carne che conosce l'autunno

nell'intimo della propria età

si flette verso terra al pari della foglia

rassegnata al destino che prelude l'inverno;

 

ma il tempo non conosce solo l'ora del mezzogiorno

quando luglio è già inoltrato

e tutto appare un lussureggiare di miracoli

nella vita che ardente rinnova il suo sangue.

 

Ecco allora l'amore all'autunno,

alla sua mite promessa di felicità

quando in fretta il buio si fa sera

e al freddo si passeggia solitari

nelle vie del quartiere, dopo un caffè.

 

 

*

Disvelamenti


Sì, ora m'accorgo di quanto t'ho amata
in quel tacere dei muri
che udivano il rumore dei sensi
ma tacevano il fuoco che li divorava dentro.

E t'ho amata senza il desiderio della carne
se la carne consuma in un grido la sua voce,
t'ho amata come si ama il mistero dell'amore
quando c'incanta con la scoperta di un tu
così potente da travolgere un io. Ed ora

che più attenti si muovono i miei passi
io vedo la verità del tuo essermi stata di fronte
e di come il tuo nome si scioglieva e scioglie ancora
dentro la mia bocca, simile ad una colata di miele. E dirmi t'ho amata
è uno scandalo che non voglio più negare
ad un cuore dalla radice per te rimasta più inquieta.


*

Sapremo più nulla di noi


Sapremo più nulla di noi
e di questi affanni di settembre:
la vita ci sfida con le sue parole
che spesso non sanno dire di noi.

Avremo alle spalle gli anni vissuti,
le foto dei sogni incompiuti
e di quelli scheggiati sul vero
perdendo per sempre il loro valore.

Diremo ancora in un angolo di un altro Natale
le gioie apparse come vetrine di luci, ammirate
con lo stupore di voci, ma presto sfuggite
alla presa impossibile del tempo che dura
quanto dura una fine.

Così sapremo più nulla di noi
e dei nostri dolori rimarrà soltanto
il silenzio e la muta ombra
del loro mistero.

*

Rovesci le ossa nei solchi dei morti


Rovesci le ossa nei solchi dei morti
cerchi tra i marmi il petalo smosso
dalla finzione al simbolo
tracciando nell'aria dei segni.

Sono delle madri gli ultimi seni
al fallo dei padri tolsero
gli appeli dei polsi e false voci
diedero al miraggio delle ginocchia
piegate da inchini di rito. Altre

righe scriverai prossimo alla tenda
rimarrai un secolo al di qua della soglia
sarà il silenzio l'anello delle tue dita

una mano e l'altra vedranno
lo scanbio dei nomi
e grani di legno cadranno
pioggia di terra ai tuoi piedi. I tuoi passi

risuoneranno dell'agonia di un arcobaleno.

*

Di lontano


A noi non è dato di abitare
la terra promessa, forse l'abbiamo
intravista apparire di lontano
con le sue luci, i suoi incantesimi
di gioia; però ci siamo sentiti stranieri
non appena il suo orizzonte ha dato
l'ombra al giro degli sguardi
verso l'origine della vergogna.

La stanchezza dei passi ha roso
le cartilagini ai ginocchi e dato
più nessuna preghiera alle gambe
che additi agli occhi una sorta di cielo.
Grave diventa il respiro al vedere
la colpa squarciare il velo innocente.


*

Fonte segreta


Non sarà lieve il mio bussare
se la carne ha appreso l'urlo
del deserto, se ha gli occhi feriti
per aver cercato a lungo la via
all'orizzonte, se s'innalza la stele
all'idea d'una lingua devota, allo scambio
delle linfe vitali, a quel gioco d'acque,
perché un miracolo ha mutato l'arsura
in ebbrezza di sensi; tra la bocca
e la parola un solco si è aperto
a dirsi fonte segreta di gioia.

*

I tuoi capezzoli d’acqua


Amo i tuoi capezzoli d'acqua
e la rosa
che si apre ogni giorno
alla voce dell'alba.

Amo quel tuo muovere tra le labbra la lingua
degli angeli quando intonano per noi i canti
dell'esilio e si specchiano fieri
dentro le nostre carezze erette a tenda
per accogliere l'amore.

Amo quel tuo rimanere in quieto ascolto
delle parole non dette, che custodisci
come una gravidanza stupita, perché ancora
ne ignori il nome, il suono e la forma
della luce che saranno ad ogni alba
dentro i tuoi continui ritorni.





*

Veglie e clausure


La parola
veglia il cadavere,

ma pure il ritorno.
Clausura di perimetri

la vita.


*

Il mio giovane amante


Il mio giovane amante
batte nel letto il caldo dei miei glutei
mentre dalla finestra accesa
naviga verso Itaca un cielo d'ombre.

Ho lo smalto ai piedi, per la gioia del mio daimon
lui che ha in tasca il plico del mio destino.

Mi sono sempre chiesto se dare via il culo
per amore o per piacere, fosse la carne della vergogna;
ma in quante stanze accade che la notte oda
i gemiti del piacere? Mala ipocrisia è la condanna
di ciò che natura volle fin dal principio
e indiscreto non è l'occhio che guarda e poi grida,
ma il buco felice che si vergogna di sé
ovvero chi cede al giudizio immorale
lo spazio della propria libertà.






*

Tra le mani


Si sgretola tra le mani
il tempo della memoria
questo impossibile ritorno
all'apparenza di luce. Con le dita
la mano continua il suo rosario,
ascolta l'istante che passa in fretta
lo struggimento antico di una preghiera.


*

Le piccole gioie


Sminuzzo con il becco dell'anima - chissà
se anche così fanno i passeri
sul davanzale dell' alba - tu non chiedermi
la vita che ignoro - le piccole gioie

che dissemini lungo le mie ore,
ti fai per me cielo e nido caldo
dove il becco del desiderio beve
l'amore che la gola riarde e poi disseta
fino alla sazietà dei sensi;

ma non pensarle piccole per spazio di voli:
hanno l'apertura dell'immenso per la felicità.

Ti seguo come l'ombra un oggetto
illuminato, mi possiedi
e come un'antica sedia in ferro battuto
racconto al silenzio dei luoghi di noi.



*

Lentamente


Lentamente ti spegnevi
nel sussurro degli occhi
già lontani e gravi
di quel nero a specchio
delle nostre sospensioni.

A poco a poco il tuo respiro,
inquieta ombra di un'irrisoluzione,
declinava lo sguardo sulla sera
della vita, quell'inizio misterioso
come un quarto di finestra sulla notte.

Non fu facile chiudere il discorso,
la parola costretta in un mutismo
privo d'aria. Non è facile
sopportare quesro silenzio
che prelude ad un domani
di foglie gialle
che sorprese dal vento
e dalla fatica di un appiglio
presto scriveranno per sempre
l'epilogo di queste storie
ignare di un principio.


*

Zanzare


Nell'infradito il piede
si gioca il suo destino
muovendo ai passi
l'incerta inquietudine
di un incedere costante
tra la libertà ed il timore
di smarrirsi
all'ostinato pungerti delle zanzare
sulle caviglie nude e ancora temi
il cielo che ti appare - tra le fronde -
così popoloso di intarsi riversi
sull'acqua e la terra di futuri impasti
negli antichi sortilegi del tempo.


*

Nessuna morte mi può essere estranea


- Nessuna morte mi può essere estranea -

In memoria di G.

Era l'unico equilibrio possibile ad una quiete
l'immobilismo delle pietre, la stasi delle labbra.
Scavava con l'anima nuda dentro le parole
alla ricerca di fondali ancora più ricchi di stupore
ma l'increspatura della loro superficie
lo condussero verso un naufragio senza più stelle.

Così altri si persero inseguendo cattivi suoni
senza l'eufonico canto degli incanti a più voci:
l'estrema scissione e i grumi nerastri di sangue
stillarono goccia a goccia la violenza dei morti.

*

Ma il tempo


Avremmo potuto dire altro
tu le tue parole
io le mie illusioni. Ma il tempo
è andato via e noi sappiamo
solo dei nostri ieri. Ci fu un'età
in cui tutto questo appariva
remoto, in un futuro dall'odore
degli inverosimili. Poi accadde
e più non furono altri destini.

*

Sensi


È un fuoco che brucia
quest'attesa di te: se vieni
con la nudezza delle tue forme
la mia carne si arrenderà al piacere
e si distenderà la mente
nell'urlo dei sensi
senza interrogarsi ulteriormente
su questo nostro esistere, che rimane
il rompicapo di sempre. Slarga
la tua foce alle mie labbra: di te berrò
il mistero di luce e la gioia, cui con devozione
consegno il mio respiro
nel tempo dei miei giorni d'autunno.


*

Del giorno


Sottoposto ad interrogazione il giorno
studente impreparato non risponde.
La via delle rose punge le piante
toponomastiche del quartiere
lacerandone i nomi: squarci di oggi
e di ieri. Eppure amo le finestre sulle facce
delle case, gli avvolgibili abbassati
hanno il fascino della lingerie nelle notti
di passione o quello erotico delle copertine
dei libri, con l'odore di carta appena stampata:
amo quel loro invisibile narrare, pregno
del silenzio dei miti; e pure l'affacciarsi
delle vite dai balconi - i miei vasi di fiori
raccolgono ciò che resta dei pensieri notturni
nel timore di un orizzonte notturno a breve distanza
dai suoi possibili epiloghi -. Così festeggio l'alba
e attendo che il giorno ritrovi le sue parole,
io spendo le mie, pochi spicci nella tasca
della mia clocharditudine, amante di fuoco.

*

Dell’età

Datemi un volto d'autunno,
la maschera triste della nostalgia;
che sia la mia spoliazione
la nuda crudezza della felicità:
se fu un attimo lo fu per sempre.
Ora è punteruolo sulla fragile corteccia
il tempo impietoso dell'età.

*

Beatitudine


Che cosa rimarrà di questo mio corpo?
Arde gioventù e brucia il tempo
quest'effimera ebbrezza dei sensi,
che pure nel piacere della gola
non v'è succo di Bacco che la oblii;
ma se questa è la mia condanna
non mi sottrarrò all'attimo fuggente:
due bocche tra loro sovrappposte
avranno l'alito caldo della beatitudine.

*

Un paio di cose vorrei dirtele


Un paio di cose vorrei dirtele
magari sarebbe stato più opportuno
al tempo della penna, a macchie d'inchiostro
scrissero un mondo i nostri antenati:
abbiamo i corpi invecchiati. Guarda il tempo:
ne sono passati di anni. È sempre qui la storia:
ci credevamo immortali e gli unici ad essere veri
in un mondo cui concedevamo il credito delle figure.
Certo si rimane tutt'ora perplessi: chi non cerca
il vero di ciò che gli appare - chi non cerca
il senso di questo stare al mondo - che cosa
raccoglie quando chiude le mani a pugno?
Ah, non biasimare il mio lamento e non distogliere
lo sguardo dagli occhi che hanno pianto:
non ci sono fratelli senza padri e senza madri.

*

Poetica del dove


Qui l'appartenenza al dove
pone delle domande a radice
dei tuoi rami intrecciati. Rovisto
nel cestino un fuoco
che arda la promessa del legno
fino all'inestinguibile orazione
in una sequela di devoti. Le mani
plasmano la materia filamentosa
dei tuoi bisogni impastandola
con quel che resta di una polvere
residuo di domande inquiete: l'orizzonte
in lontananza non rivela segni
che preannuncino una risposta. Ora
io e te siamo nella plausibilità di un amplesso
ma avrei preferito l'inessere al nulla
di questa evidenza dei sensi
che non diventa profezia, ma soltanto
un sussulto dove la carne è naufraga
d'incertezza fino all'estasi dei propri orgasmi.


*

Sempre di settembre ripenso l’autunno


Tutte le volte che cammini
vedo che non hai il passo elegante:
qualche volta sì. Sono rari
quei momenti in cui appari bello,
non vedi invece chi è sempre sul rigo?
Epperò non fermarti ancora:
non mi atterrisce il brutto, ma il vago.

*

Settembre


Siamo figli di altri figli e figli
del primo giorno che vide la luce
e fu luce. Ecco che agosto è già ieri
un vento effimero ha scosso le onde.

Si resta in attesa di una voce,
anche di un grido, che spieghi alla carne
questo ritorno d'autunno, seppure
è già dolce la penombra che crea
la pioggia nell'intimo di una stanza.


*

Decidere il gioco della mano


Decidere il gioco della mano
sfogliando le pagine ingiallite
e cedere gravido di emozione
a quelle tracce aggiunte della memoria:
chi era, chi sei o fosti e perché poi,
a quale sentinento si concesse il segno
e se vi fu una teoria a muro
una parete silenziosa di parole. Cercare ancora
con l'orecchio teso il fruscio di nomi
e di storie, il parto gemello
di quel cielo sopra Trastevere.




*

Dentro le ore


Quando l'aspro giorno insidia dell'alba
la promessa di luce, un'incertezza
attraversa lo sguardo ora sgomento,

tremola il passo inquieto dentro le ore.






*

Clown*


Si china sull'ingenua innocenza di un fiore
il mio sorriso,
breve come un soffio la sua vita
simile al vostro riso, un arco di luce
nei brevi attimi delle mie apparizioni.

Anche chi mi ha amato ora è solo un volo
e un vuoto dentro mi lacera l'anima;
inseguo ingenuo ancora il miracolo d'un sogno,
la gioia d'un sentimento che sazi la sete:

sta bruciando il cuore
tra uno scherzo e l'altro.

(Ispirata ad un dipinto di Ketty La Rosa)

*

La carezza di una madre


La carezza di una madre
è un impasto di carne e sangue
e non ha memoria di nessun tempo
non vi è ora trascorsa dalla luce
al limite della linea dove muore un giorno.
Non sa del pane raffermo rimasto sulla tavola
o dei bicchieri vuoti nel cuore d'una guerra
le proprie battaglie le combatte tra gli occhi
ed il costato, scrive i nomi dei figli tra i seni
e lascia una ferita aperta tra l'aria e l'amore
quando lungo un binario ancora sussurra il cielo
e sopra i tetti delle case deposita gli occhi
cenere e sussulti, mangiando polvere e strada.

*

Ti stancavi di ripetere il mio nome


Ti stancavi di ripetere il mio nome
e cercavi un rimedio che non fosse
il mero soliloquio dell'universo
continuavi a dire che le galassie
erano i nostri cavalli a dondolo
poi hai perduto la battaglia con le pietre
e ti hanno nascosto al tempo dietro un marmo.
Amavi giocare con i dadi sulle rotaie dei treni
l'attesa dell'invisibile era un azzardo domestico
e la sorte una finestra aperta a tuo favore
tra una cellula e l'altra. Poi il fuoco
non era una cagna in calore, né la fiamma
una gatta randagia tra i vicoli di Roma
erano solo quel consumarsi dei sogni
o lo spegnersi delle sere nei bui
che sempre accompagnano le notti
nel cuore dei destini. Accadde la morte
a dirti l'eletta schiera degli umani, senza versi
e una flebile memoria, ìmpari impresa
contro quel gigante che si chiama oblio.
Accadde la morte e più nulla, più nulla
di quel rumore di pioggia sui tetti
e delle mille maschere di quell'unico desiderio
nelle pieghe dei nostri respiri che furono l'incipit
di ogni atto di nascita alla vita, poi disperse
a ventaglio dell'incompiutezza,
spermatozoi scartati al casting dei protagonisti.

*

Riverberi d’albe estive


Vorrei appartenere alla roccia delle montagne
essere un frammento petroso della loro memoria
quell'immemore remoto che appare imperituro
mentre nel cuore della materia vi è la stessa
nostra fragilità. Ma così è l'amore:
ci lega con una forza più forte della morte
eppure ci lascia esausti nello sfinimento del tempo
che si consuma consumando ogni storia.

*

Maddalena

 

Maddalena, prostituta di Dio

vieni, ché questa è l'ora della grazia.

Farò di te un'altra madre, pura,

perché appartiene a Dio ogni verginità

e dentro il calice non c'è memoria

che rabbui la tersità del giorno. Ora

vieni e sazia la sete d'Assoluto

che macera l'anima nella carne.

Così ti parla il Cristo, Maddalena;

innocente, il fiume che ti attraversa

 

 

 

 

 

 

*

Che cosa dirai di te


In molti casi l'offerta ci è parsa vantaggiosa:
due loculi al prezzo di uno,
ma il marmista vuole la mancia
ignorando i baristi della guerra civile spagnola.
Ho visto di spalle un anarchico pisciare sul muro
il giorno di Santo Stefano, veniva dai monti
ed era cresciuto tra vacche e miele selvatico
e si faceva di vino, in compenso parlava tre lingue,
era simile a quel pianeta che scrive le sue rotazioni
su tre lune. Si fanno i morti tra loro
mille complimenti e tu li senti la notte
parlare tra un cimitero e l'altro, qualche scienziato
ne studia le voci
per vendere dati alle compagnie telefoniche
che manderanno giovani in cravatta
verso un futuro d'oro alla lavagna dei mendicanti
di contratti d'utenze con ritorno
a percentuale e prestigio. In fondo
con impegno e buone maniere
c'è la speranza di fare carriera: la bara più in alto
avrà il nome sulla targa in oro
davanti al portone di un vecchio
che muore di fame o di un transessuale
che si vende di carne alla fame del vizio
oppure alla fame delle mille solitudini
perdutesi nelle nebbie del tempo. Se tu rimani
domani anche Rilke ritroverà una voce
ed io mi addormenterò tornando bambino
sul seno che fu di mia madre
e della madre di mia madre. Ora
non dirmi mignotta: sono un uomo
che si concede per scelta
o per la perplessità di una filosofia
con pochi spicci in tasca. Tu telefonami
un giorno, troverai il mio numero
divinando i tarocchi
o con un euro della tua miseria
gurdando di nascosto - dal giovane barista -
nei fondi di caffè. Ignora
la marca: non appartiene
al mestiere di vivere
ed inganna chi presta attenzione
ai rumori del cuore o dei peni
malati di quella strana nostalgia
che chiamiamo amore, un naufragio
sullo scoglio delle infelicità
quando eretta la stele
si fa avanti il vuoto dell'aria o il nulla del tempo.

*

- ’VENTO A TINDARI’ (Omaggio a Salvatore Quasimodo)


- 'VENTO A TINDARI' (Acrostico in omaggio a Salvatore Quasimodo)

Verremo anche noi un giorno
Estromessi da questa stessa vita
Nelle oscure valli dove ora taci
Tu che désti al mondo un canto, la voce:
Ora il silenzio governa il destino.

Albe per te più non vi sono state.

Tremano le mani sulle pagine
Incise dal talento e dal genio
Nei quali tu fosti immerso per virtù
Della Poesia; i tuoi versi immortali
Adombrano il tuo riposo perfetto.
Restiamo noi all'ombra della tua luce
In un incanto di bellezza oltre la morte.




*

Un poco di pioggia


Se adesso cadesse un poco di pioggia
se dove ardeva ieri l'asfalto ora
vedessimo il lucido specchio dell'acqua

se un bacio tra noi ponesse il sigillo
di un unico alito tra due bocche ardenti,
per un attimo, anche fosse solo per un attimo,

la gioia sfoglierebbe queste pagine stanche
che radenti sfiorano l'amarezza del nulla.

*

Lulù


Lo avremmo chiamato per il nome che portava
lo avremmo seguito nell'ignoranza degli odori
segugi animali assoggettati alla legge dell'istinto.
Fu percosso lungo la cordonatura per la durata del tempo
un sibilo come di vento sembrava alitasse dagli occhi
aveva mani ferite e sangue alle tempie
per il troppo desiderio di vita. Ai nani
rivolse la sua ultima orazione, sulla luce
di un sole morente si appese con il collo
rivolto verso il nord, celebrando così l'untima rotta
quando toccando le corde di un'ukulele
ebbe il suo primo satori calpestando il rivolo
d'un piscio di cane, come lui randagio.

*

Vieni


Vieni ora, perché il tempo non attende:
siamo noi nel pianto delle lacrime l'attesa
o nella dolcezza che rende più chiara la pelle;
però tu vieni, perché ogni attimo d'assenza
è un respiro di un sogno che va via.

Ma tu verrai solo se assieme abiteremo
una casa, un luogo, un nostro altrove,
ché non sia un'occasione fugace il rifugio,
ma sia un talamo il cielo degli amanti.

*

Una ragazza


Una ragazza solitaria e triste
su una strada solitaria e triste
una strada solitaria e triste
su una ragazza solitaria e triste.

Una strada ragazza solitaria e triste
su una ragazza di strada solitaria e triste
una ragazza di strada solitaria e triste
su una strada ragazza solitaria e triste.

Moriva l'alba, il mattino, moriva il giorno,
morivano gli anni, il tempo,il mondo;
moriva la notte, morivano i fuochi.
Gli occhi degli angeli rischiatati dal pianto.

Una ragazza una strada degli angeli il pianto
solitarie e triste le note del triste canto.
Sul volto una donna, una pagina bianca
da rigo a rigo cerca la vita il verso che manca.


*

Finzione


Il tempo è un dato imperfetto
un clown con gli ultimi sorrisi in tasca
ed il naso della finzione
perduto tra le maschere oltre il tendone.

Ho visto dei morti vegliare le voci
attendevano la resurrezione del silenzio
tra di loro qualcuno mangiava more
e qualcuno si nutriva di piccoli rumori
raccolti nei dintorni delle nuvole sparse.

Verrà il giudice di turno a dirmi del cielo
e delle ragioni di arrestare il volo:
non c'è posto tra le poltrone del buon senso
anche se indossano le vesti dell'assurdo.
Nel teatro dei savi gli altri sono folli.


*

Il bordo di pronuncia


È finito sul bordo di pronuncia:
un guado il movinento della lingua
nella bocca. La docenza dello stiro
scaldava il ferro per la nuova piega
e si prestava il bianco presso il fiume
a dimora di parole in forme nuove.

L'abito mondano una maschera da gioco
nel ruolo di consegna per le ore finte
d'interpreti convinti della parte,
un cielo corredato di false glorie,
ma la verità è della sorte dei pagkiacci.
Qui manca la luce e non c'è un vestito nuovo.

*

Fogli d’agosto


Torna breve l'ordine della sera
e quiete d'attorno inargenta le ombre
se già del domani un sole si dispera,

perché più chiara luce vi sgomenta
il giorno e tomenta incerte le ore
e non v'è domanda che rassereni
né risposta che diventi preghiera.

Si spande amaro tra un respiro e l'altro
il tempo d'ogni età che già separa.

*

Scivola l’acqua


Amore mio, scivola l'acqua dalla grondaia
e un cucchiaio di legno rimesta
nella pentola il ragù in bollitura.

Dalla porta-finestra tu ammiri il cielo
mentre io aspiro piacere dalle tue forme
e non c'è sale e non c'è punta di zucchero
più della vena quando soggiace all'eros.

Se mi presti le dita delle tue mani
rifarò daccapo il percorso degli antichi
e di nuovo imparerò l'arte del contare
fino alla sconfitta delle zero, l'impossibile
somma di due sentimenti contrastanti.

Sì, lo confesso: ho immaginato a lungo
per pensarmi meno straniero e sperduto
nella grande metropoli americana -
leggevo Kerouac e Ginsberg fino a Bukowski -
di arrivare tra i grattaceli di New York
e vedere ad un trentacinquesimo piano
una mutandina stesa di colore rosa
oppure una canottiera bianca in stile muratore
simili ai nostri vasi sul davanzale oltre il vetro.

Qui le ore passano con regolarità
sembrano secondini di una prigione
alle dipendenze del tiranno Tempo
o sentinelle armate di minuti
che sorvegliano l'affannarsi del giorno
a non errare nel presente ma a mutarsi presto
in un elemento nobile della teoria degli ieri.

Tu ora guardami allo specchio, Amoremio,
in quella verticale silenziosa d'inganni
e credimi ancora di là, nel dentro del riflesso,
però anch'io già non sono più ed evaporo
come l'odore del ragù sul fuoco che continua ad ardere
noncurante della nostra fame di luci ed ombre
alla corte fragorosa degli accesi sensi.

Non c'è altra salvezza d'attimo
che l'evidenza della tua bocca: bacio o parola
nel rito della lingua m'inebrio la mente.



*

Trasparenze


Mi stupirò ancora delle parole,
dei loro sensi e segni e suoni;
saranno di nuovo uno sguardo veggente
sulle cose, un dispiegarsi
della vita in nuove trame, in nuove
interpetazioni. Non sarà la verità
del legno, ma un passaggio d'ali in volo
rapido come una visione, un punto fermo
un abisso di voci sommerse in un cielo
che nelle sue forme è come un clown
che gioca coi miei occhi e mi sorride
vagabondo d'incertezze e significati.

*

C’è un silenzio innaturale


C'è un silenzio innaturale
quando la vivacità delle voci
abbandona le città e lascia
vuote le case. C'è un silenzio
che incrocia gli occhi con il destino
dove il tempo ha mille sapori
di vita e di memoria, dove già l'alba
odora di sera
nella luce sempre più chiara.

*

Un’ipotesi


Non si sgretola la parola
come le tue ossa
non muore la parola
come muore una vita.

Si sradica la pianta dalla radice
nel pianto di una lacrima
che bagna la terra.


*

Il pane della solitudine


Mi faranno compagnia gli uccelli
e i cani a passeggio, i gatti
quando studiano i giardini
o sfilano tra i cassonetti
dell'immondizia. Mi faranno
compagnia le tapparelle chiuse
e quelle tirate su, davanti alle finestre
aperte per il caldo. Mi farà compagnia
di ogni casa la memoria dei vinti
dal tempo, che più non sono; sentirò
le loro storie, le loro vite
mi narrerranno con le loro voci mute
dell'oltre invisibile che fermenta la mente
con una memoria impossibile
- eppure reale -
che sfiora un'origine del nostro esserci
sfiora un tempo ancestrale
- eppure attuale -.
Mi farà compagnia la nostra solitudine
uno iato impossibile da chiudere,
celebrerò le assenze con i riti del cuore
nel ritorno consueto ad ogni giorno
del tenue grigiore della sera.


*

L’ora lieta


Ti ho amata
con l'inopportunità dell'ora lieve
quella che effimera lascia
più umida la pelle,
un'ombra d'una luce arcana
lontana dai confini della ragione,
un sommovimento della carne
un'emergenza dagli abissi di senso
là dove resta immutato il grido
di ciò che non si rassegna alla storia.

*

La gioia dei semplici


La curvatura delle spalle
con il nome recuperato
dal vocabolario dei medici
è immagine plastica
di una sconfitta inflitta dalla vita
a chi di tutto ha avuto il niente
oppure il poco che natura concede
quando si sposa a civiltà. Così
le spalle curve in avanti, un poco,
si fanno maschera d'un destino,
servitù di mendicanza o dorsale
per chi dal destino fu sottratto alla gioia.

*

Tu aspettami


Tu aspettami sulla soglia di carne
lì dove il tempo si quieta e appare
sospeso in un incanto di mare

quando tremula più calma l'onda
nel silenzio d'un cielo che la sovrasta
d'infinito orizzonte riapre la visione

fino al tormento del ritorno alla riva
alla sfida dei venti, al fuoco che brucia
ai flutti che rompono l'attesa
e obliano la memoria dei passi

fino a smarrirne il ritorno. Tu aspettami là
dove sulla terra devastata dei sensi
rifiorisce la carne alla gioia, al tempo
torna il respiro delle ore alla vita.

*

Teatro, oggi


Possiamo dirti quello che non possiamo
in un tempo che non ha più parole
per dirsi la memoria
e credere in un futuro.

Siamo nel recinto d'un presente
lontano dalla luna, abbiamo scartato
gli scarti tra la norma ed il dolore
e ora cerchiamo la perfezione dei neutri.

Senza più lo sguardo rivolto alle grotte
abbiamo offerto la resa all'inchiostro
negandogli la metafisica del segno.

Ma nell'assurdo del caos l'ordine
rivela la sua assurdità, un seme
nuziale si fa strada con le piaghe,
si fa notte e nel buio attesa d'alba.


*

Celate carte


Noi sappiamo dei piedi scalzi
e della durezza del cammino.
Un pianto trattenuto vela il dolore,
ogni traiettoria è icona del vago,
il vuoto, appello ad ogni direzione.

La presa della mano è fragile
ed ogni sostegno è breve, voci
d'estranei rismazzano la sorte
sotto un cielo d'alba, celate carte.


*

Voci


L'incertezza rende vago il giorno,
smaschera il ghigno del tempo.
Si addensa il grigio della tempesta
sull'anima cui soffia la mutità del mistero

Avviene con scarna visione il ritorno
tra nodi di marmo e pietre d'inciampo,
cieca è la luce che fragile resta
a terra nascosta segreto dell'oro.

Tu guardi ancora attonito
quell'ora che grave ti circonda
e grave appare voce che a monito
profetizza nebbia fitta e tremebonda.

*

Vite


Quanti uomini e donne
hanno per giorni e giorni e mesi e anni
veduto il cielo da queste finestre e le notti d'estati
da questi balconi e terrazze, ma di loro
sono poche le tracce della memoria e le loro vite
sono sepolte con l'oro del tempo, non hanno più nulla da dire; eppure è lì,
lì dove un poeta ha lasciato il segno d'un verso,
che ora per quei morti trafigge la terra
una stele di voce oltre il marmo, una luce
per sempre a memoria.


*

Sei


Sei un volo d'uccelli
nel silenzio che ancora osserva
l'ostinato venire del giorno
e con i volteggi delle ali
scrivi dentro la carne il nome
del desiderio. Sei già voce
che frantuma l'immobilità della notte.
Eri voce, ora sei fuoco
che divinamente brucia la resa.



*

Lui


Lui è morto
e voi ora chiedete per lui
parole che lo dicano
ne ripetano la vita
il carattere, gli elogi.

Ma non vedete
come è immobile quella bara?
Non udite come è muto quel legno?

A quali carni ora voi volete sia resa voce?
Furono gravi e lenti i suoi passi
e le sue grida afflitte dalla mutità
non ebbero echi da un cielo sordo
ai naufragi dell'anima. Tacete allora
perché ora non è più questo il tempo
delle parole: non sapemmo di lui prima
non sappiamo di lui ora. Sfugge l'uomo
ai tocchi dei segni nelle mani del dolore.
Non v'è pietà per questa vita, perché non v'è parola

per il silenzio dei vinti.



*

È il moto silenzioso delle mani


È il moto silenzioso delle mani
la preghiera che tocca il vuoto
dell'aria dell'assenza dell'incertezza
quando la paura non ha la nobiltà
del dubbio, ma il panico del terrore
e fragile si rivela la vita
in questo suo essere stata gettata
nel mondo. Superata la soglia
naturale del buio, ora è la luce
il vero inciampo alla libertà: gli occhi
temono il loro confrontarsi con il fuoco
che brucia le notti disperse come isole
in un mare incomprensibile alle parole
divenute scarna liturgia di solitudini
e abbassano le loro paplebre
perché non li ferisca l'ora della verità.

*

Il nome di una madre


Non hai mai dimenticato il colore
dell'acqua dentro i suoi occhi
quando fu l'ultimo respiro il bacio
della sua fronte sulle tue labbra.

Adesso il tempo misura la distanza
tra i tuoi passi e i suoi
che lasciano orme di una luce diversa
e un silenzio di parole, incapace

ormai di sostenere la gravità
della memoria, ora che i giorni
di un destino scrivono
nel cuore delle tue vene

il nome di tua madre.




*

Parliami dt te



Mi dirai dei nostri silenzi
che ci lasciano nella verginità
d'una distanza nuda di parole,
un'impossibità a dirci in un discorso
nell'attenzione del cuore , a darci
come si dà l'immediatezza della vita.

Mi dirai di ciò che non puoi dirmi
ne pronuncerai le consonanti
senza poterne pronunciare il nome,
perché rimarrà nascosta la tua vita
ai miei occhi, come la mia
è rimasta nascosta per sempre ai tuoi.

Ci siamo amati come isole divise
da una piccola lingua di mare
ogni volta con la fatica della traversata
in un balbettio di parole usate a ponte
che pure mai ci hanno davvero congiunti.

Ci siamo amati per caso o per destino,
tu ramo ed io foglia, ma mai sapremo
davvero di noi, solo in un riflesso d'infinito
s'incontreranno i nostri sguardi; ma tu
lo stesso parlami di mia madre, che fu donna.
Parlami di te.

*

Il tavolo


L'oggetto è il tavolo
una definizione fiorita
sulla radice concettuale
teorica e remota, la cui
memoria viene conservata
nelle categorie dell'etimologia.

Oramai l'oggetto il tavolo ha perduto
la carica erotica della novità - qui
vi è la correlazione causale della curiosità
con la conoscenza come atto erotico -
perché il lento lavorio del tempo
ha corrotto il vigore del conosciuto,
così come leggeremmo in Baudelaire
se vi cercassimo il vero. Quindi il tavolo

a detta di alcuni si declina al femminile
se per rotonda abbiamo pretesa di élite
ovvero tra le altre sue funzionalità,
non ultima l'analogia lussuriosa e scarpiana
della lavatrice, potremmo riferirci
a quel nobile che fu d'esercizio
negoziato sindacale, epperò disvalendo
quel che la Storia annovera al passato
resta il fascino un po' volgare
degli sgabelli ad uso cartomantico
sotto il colonnato della Galleria Sordi.


*

Verrà


Verrà un giorno compresa di doglianza
a riprendersi il fiato d'un discorso interrotto,
simile a dissimile il vuoto d'ogni distanza,
ciò che prima fu e poi non più avrà corrotto

quell'intrepido o vile intervallo d'ore
e senza più luce e priva d'ogni colore
avrà la notte dentro gli occhi chi domani
attenderà l'ultimo gesto di pietose mani.

*

Che cosa chiederò


Che cosa chiederò a questo tuo amarmi?
Siano i tuoi occhi la porta dell'altrove,
anima e cielo
da attraversare con il mio respiro.
Ai miei passi porgi un cielo d'orizzonte
che abbia i colori tersi dell'infinito.

*

Le parole del vino


In agguato le parole
arrotolano i nostri morti
e borbottano i loro gorgoglii
le macchinette del caffè,
le ultime voci d'una resistenza
che alimenta la passione del fuoco.
È quel poco che resta del giorno
di festa, una piccola tempesta
nel cuore delle stagioni,
una memoria del dorato portale
ad arco sul giallo dei limoni.
Qui non v'è più anima viva
che scriva epitaffi alle corti,
qui i morti non restano
tra i vivi che più non sanno
gli antichi nomi; ma bastano
i fili tesi dei panni stesi
sui balconi, mani tese
alle mutande stese, appena lavate:
a loro, rie o pie, voi domandate
nuovi oracoli o vie, nuove filosofie.

*

Quando ti guardo


Quando ti guardo
in tutta la tua nudità
qualcosa di originario appare:
un attraversamento della carne
che genera ogni volta in me
una primizia di stupore. Sei tu
eppure non sei tu in ciò che vedo:
non gli occhi, che pure dicono l'anima;
non i seni, che pure mi conducono
dove i sensi godono il cielo; e neppure
il bacino, dove regnano gli inguini
e tra gli inguini i colori del nero e del rosa;
neppure lì, dove il sesso diventa passaggio,
a volte simbolo, neppure lì tu sei.
Ma se apri le labbra
e pronunci il mio nome
allora io finalmente ti vedo e li
tu sei, seppure ancora in un lembo
d'un infinito mistero, tu sei.


*

Una costante fragilità


Una costante fragilità
nel solco di una grande solitudine.
Ti muovevi nell'incertezza delle parole
eri timido perfino nel tuo respiro
ogni passo inquietava il tuo silenzio.

Noi siamo figli di un destino ignoto
senza futuro per la gloria di un epitaffio
guardiamo il mondo che non ci riflette
specchio mancato ad una nostra immagine
dal nulla al nulla la linea terrena delle mani.

Avevi poco più di vent'anni ed un sogno,
tra le pieghe degli inguini l'ardore degli anni
figlio dello stesso tempo di tutti i figli
di quel tempo che non conosce storia
e in bocca l'amaro sapore delle assenze.

Siamo rimasti noi tuoi testimoni
a celebrare ancora il tuo nome
a ripeterlo nei luoghi della mancanza
tra il muro e la strada degli antichi ricordi
prima che l'ultimo degli sguardi

conosca anch'esso il proprio oblio.


*

Io e Adele


La forma la forma la forma
sono ossessionato dalla forma
dalla misura
dalla misura della forma
dalla forma della misura. Un punto
mio dio! Ho usato un punto.

La forma e la misura la gravità del suono
la forza di gravità della parola
che precipita verso terra la voce. Il punto.
Ossessionato dalla forma dalla misura dal punto. Punto.
La forma. Non posso disperdere il mio seme
sulla terra. La tragedia delle dita nella scrittura
della mano nella suddivisione delle sillabe
la ripartizione degli spazi bianchi. Lo spazio
la misura la forma il punto. E Adele.
Sì, in fondo per superare la solitudine della mano
la tinidezza delle dita, il tema della forma, la forma
l'ossessione della forma l'ossessione della misura il punto
il metro della misura della forma secondo la scansione del punto
sarebbe sufficiente il dualismo dei nomi:
Io e Adele. Punto. E un caffè.
Sì la forma la misura il punto il caffè e l'ossessione dei nomi. Punto. Punto.
E io e Adele. Punto.


*

H Ar


Era partita. Aveva lasciato
affiorare dalla terra il silenzio
la pietra dove lasciare cadere
le parole e la luce
dei giorni sospesi nella veglia
fino al suo ritorno. Gurdavano
le mani il giungere del vuoto
e ogni notte le dita
sgranavano il rosario dell'attesa
con una corona di battiti
quasi simili ad un sordo lamento
d'un marmo senza nome. Veniva
con l'aria di lontano l'eco d'un tempo
tormentato nelle sue ore, un lungo
cammino tra due distanze, un angelo
di tristezza che annunciava la gioia
come l'aurora il preludio dell'alba
nei propri timidi chiarori di luce
tra le pieghe più oscure della notte.
Era partita dal mio respiro e la vita
serrava le labbra con una muta preghiera,
un dolore stupito dalla mancanza, il vuoto
scavava solchi nella pelle, il ventre
gemeva l'attesa in una gravidanza di ore,
i giorni e le notti affidati agli occhi
scrutanti nella pieghe di righe d'inchiostro
oracoli che leggessero il suo ritorno.
Ed ora lei è qui, ne odo di nuovo la voce,
soffia la sua bocca sul mio giacere
tra le gravide masse della terra e rinasco
al canto luminoso della sua lingua.


*

Giacché fummo


Sull'esempio dei pali della luce
m'illuminavi con i tuoi lampioni
e affidavi i tuoi saperi segreti
ad un filo d'oro, sorgivo d'albe.

Ai primi bagliori degli occhi
piegavo lo sguardo cercatore
d'ogni tua alterità d'intarsi.

Giacché fummo ciò che fummo
tu continuavi a cantare
inseguendo le note delle sirene,

ma l'unica vera riva alle tue acque
era il silenzio della mia lingua
nelle movenze danzanti d'un dolce pianto.


*

Ditele


'Ditele che la perdono per averla tradita'*;
ditele che la perdono per avermi donato
gli anni dell'innocenza ma non dell'idiozia;
ditele che la perdono per avermi ingannato
sulla perfezione dell'amore e sull'eternità
degli affetti;
ditele che la perdono per avermi perdonato
il tradimento di quando eravamo felici
e ditele poi che ora lei, la mia Atlantide,
è sommersa e mai più riemergerà
da quel tempo perduto dove solo lei è rimasta
a guardare allontanarsi le mie spalle.
Ditele che io la perdono, la mia infanzia.



*De Gregori: 'Atlantide'

*

Lampi di luce


Lo andremo a cercare
tra le cloache di Roma
tra i ragni e le mignotte
di Torpigna. Muovono le chiappe
i transessuali dalle spalle
di traslocatori di porto
e non sono gioielli in oro fino
i pendagli sotto i sogni ricacciati
indietro perché non feriscano ancora
la tenera verginità del cuore. Ho prestato
il culo a sedute sbagliate, vecchie prigioni
senza più rotaie. Avrei attraversato più a nord
la vecchia stagione dei figli dei fiori
ma gia Pasolini mi aveva narrato il destino
e una storia da strade di quartiere
depredato dell'ultimo verde
prima della storia. Tutto finì
tra le cosce d'un piacere di sensi
di fiche di peni e di culi venduti
alle aste dei morti. Non ho vissuto
abbastanza per ridirmi il mio nome.



*

Così...


Così imitavamo l'uno la morte dell'altro,
perché quella esuberanza di vita
già sapevamo destinata a finire.

Eravamo stati un tempo
abitatori di miti, di quei giorni e quei nomi
che mutavano le ore in un incanto di sogni.

Ma tutto sembrava già spegnersi la sera
quando ci prendeva a schiaffi
la nostalgia di un futuro
rimasto alle nostre spalle.

*

Parole per morire


Che cosa accade tra le parole?
Dici il mondo o lo scrivi
lo traduci o lo inventi
scegli il pianto della commozione
per morire con i piedi nudi
un attimo prima di voltare strada
e prendere un sentiero laterale
lì dove scarti il bivio e la scelta
è aprire la bocca ad un nuovo respiro
fino al ridirsi di ogni parola
grembo fecondo per un nuovo mondo.

*

Un altro cielo


In un cielo di marinai
avrei voluto volteggiare
coi sensi, un'alternativa
all'alba dei soli. Lì il mare
appariva scia, via
di raggi verso un centro
l'approdo
verso un porto. Di gioia
in gioia sognavo una forma
di carne, io teca dal nome
di raccolta. Forse il tocco
di due labbra e uno sguardo
avrebbero guarito un corpo naufrago
di fami e solitudini, un corpo
in dissidio con la vita, il sangue
amaro
nel cuore scavato dalle assenze.

*

Sconosciuto amarti


Non dirmi di te:
lascia che sia il tuo volto
a parlarmi dei tuoi occhi
e di quel colore sulle labbra
che incantano il mio sguardo
fino a toccare il limite
dove si smarrisce la ragione.

Ti sembrerà banale tutto ciò,
un mero sfarzo dei sensi
eppure ti dirò che non è così:

non è della carne la voce che in me
ora sta parlando, non è il consumo
del corpo l'atteso desiderato;

non si tratta di un vuoto incontro di sessi
quel che il mio spirito attende,
ma la rivelazione di chi sei tu, di chi sono io,
di chi siamo noi. E perché questo
sconosciuto amarti.


*

Ti offrirò il mio corpo


Ti offrirò il mio corpo
ai tuoi occhi offrirò la mia nudità
sarò il segno oltre l'immagine
e tu non penetrerai l'immagine
ma toccherai in me il segno
ed io sarò nel segno il segno
e t'insegnerò a guardarmi:
perderai l'ossessione del vedere
e degli occhi, ti renderò cieco ai sensi
e ti darò la veggenza dell'amore.


*

A Effe


C'è sempre in te
lo sguardo del dolore
che il verso trasfigura
in bellezza. Non siamo
altro che macerie
di memorie, ma in queste
rovine resta ancora
una possibilità di redenzione.


*

La tristezza dei padri


La felicità ha il volo degli angeli
e il nome degli sconosciuti.
Senza ali per volare
grava le spalle il silenzio, curva
lo sguardo verso terra il vuoto,
l'eco delle assenze trafigge il respiro.

Siamo continui appelli, domande
che vegliano un domani dopo l'altro
fino alla consuzione del tempo
attendendo un altro destino.


*

VideoG


Un tronco scavato il tuo volto
lo zigomo che segnava il tempo
la voce che tornava al passato
la gloria nascosta di quei versi.

Foste un campo di fiori selvaggi
un erba spuntata a spaccare le pietre
ad aprire i sepolcri dei tempi alla luce
di un tempo oltre il tempo fino all'Origine.

Ma che cosa rimase del tuo corpo di fame?
La carne che fu il segmento più scuro del segno
il ritmo del verso, il timbro nell'occhio
che di visione in visione si espanse sull'universo

ora non sembrava altro che un rito
scarno nella spoliazione dei rami
nuda parola riversa nel forno
ghigno d'un destino di morti.

Eppure ancora ti stacchi dal cielo
dei morti, eppure nulla è per sempre
sepolto con il respiro di pietra. Un lampo,
una luce, una voce: ancora tu sei.

*

Il volto perduto dell’età


Senti come ti squarciano l'anima le voci
ed il sudore ti corre lungo il dorso
e sfianca gli occhi? Si sfaldano i giorni
di una lontana memoria, quando l'innocenza
si grava di colpe ancora ignara. Un nodo
stringe al tempo la gola ed il volto perduto
segna l'età che più non torna.

*

Perché della tua bellezza ho fatto il mio stupore


C'è un respiro nelle ore della sera
un soffio più mite, una delicatezza
che esita il passaggio. Forse
è lo sguardo attraversato dal futuro,
la coscienza di un declivio notturno
che sfigura il giorno appena andato
con l'affanno della memoria
a trattenerlo vivo, narrante
nell'incanto del ridirsi al cuore.

Eppure è ancora nella tenerezza delle mani
quando s'attardano nei fraseggi dell'amore
o negli occhi quando traversano l'ultimo cielo
prima del sonno, il senso d'un restare
nel cuore delle ore inclini a voltarsi indietro.

*

Dei cortili e dell’ora


Dei cortili fummo le voci
bambine e poi ragazzi
fino ai primi ardori
ma senza scandalo
seppure fu
nel segteto dei cartoni
il primo approccio, approdo
verso un'altra riva o rive
di diverse acque. L'ultima
erba ci nacque addosso, ci prese
l'anima come un'illuminazione
e fu la sete della mente, la fame
di parole, l'inizio d'un viaggio
a ricercare la lingua originaria
che potesse dirci ancora
e ancora dirci
nel senso d'un respiro
la carne stupefatta
e poi il dolore
quando fu l'ora il tuo nome.

*

Il suo nome


Ripetete a lungo il suo nome
ma senza intonare la voce degli angeli.
Guardate dei campanili la spiovenza
e dei loro suoni il tocco perenne
nella precarietà dei segni. Siate simili
ai marmi dentro i cimiteri, siate simili
agli epitaffi d'autore. Ripetete a lungo
il suo nome
e di voi misurate i vostri passi
perché sappiano la distanza tra voi
ed il suo nome.


*

Parole


Vivo la parola come la terra
quando piove: che cosa
rimarrà dentro di me?

Rimarrà soltanto ciò che è
penetrato fino in fondo, forse
a nutrire un seme o forse il vuoto,
ma nell'accadere della parola
lo struggimento di aver vissuto.

*

Gelidi fiati


Nel pozzo del mio sfintere
il naufragio della sera,
attendevo la pioggia
cadde a terra una capinera.

Non lasciate nel gelo le mie mammelle
già fredde. Non al marmo
e non alle bocche fui destinato uomo.

Non era necessario per voi farmi ridere:
un'acquasantiera di sguazzi profani
alle mie spalle. Nessuna dolcezza.

Un inferno mi raschiava la gola:
le urla delle vostre solitudini
hanno ancora il sapore dei sassi
tra l'erba incolta e l'asfalto.

Ma voi non direte mai i nomi dei morti:
lo stupro della memoria è senza pietà.


*

Il meretricio della poesia


Parlare solo a se stessa
in continuo apparire di fonemi
legati tra loro
in una lingua di atomi.

Da questo estremo isolamento
trova origine la poesia, degrada poi
in flussi di coscienza, strafalcioni
di grammatica o lenta risale
i pendii delle perfette forme;

ma la vetta è sempre la solitidine
dell'anacoreta, la custodia dell'indicibile,
poiché ciò che è detto accade
e ciò che accade in poesia
è sempre il vuoto che lascia dietro di sé,
è sempre la sua assenza. Non cercatela
dove non è, non biasimatela
quando a tutti aperta si concede.
Non chiamate meretricio
ciò che è amore del bello.


*

Tre sorelle, un’isola


Dove scriverò il mio nome?
Lei, la Ginevra, ha voluto questo scempio:
interrompere il silenzio
affidandolo ad un incolto
incapace di descrivere il pelo pubico
perfino di un felino, pessimo esempio
questo della Ginevra: chiamare a raccolta
cani e gatti, tra molti poeti, perfino i morti
che odorano di morti e annusano i morti
come i cani annusano i cani. Per colpa
della Ginevra ora dovrò lasciarmi vivere
nella digitazione maldestra di questo disgraziato,
meglio avesse fatto il camionista
trombandosi la strada in lunghe ore
di viaggio, piuttosto che riaprire
la mia stanza, che i secoli e una lingua
hanno a lungo ignorato. Colpa della Ginevra
se adesso devo dire di me
che trascorro il tempo tra una bottiglia
di gin e le carezze d'una mano
sul mio corpo che sta sfiorendo
e più non odorano i miei slip
del desiderio d'un uomo. Maledetta
idea d'un amore che inchioda il cuore
sulle sponde dell'impossibile e inganna
nella menzogna d'una felicità fugace
come quella pagata al prezzo della vittima
oppure per il fascino del soldo o ancora
per le spade puntate del dovere. E ancora
mi chiedete dei miei quarant'anni, una vita
sfiorita ad aspettare e ora rimestata
nello sterco del rimorso e del rimpianto
i due estremi della corda con cui s'impicca
l'anima. E chiedetelo sempre alla Ginevra,
si assumesse la responsabilità di questa barbarie
di pixel selvaggio, il nome delle mie sorelle,
la più giovane e la più bella quanti mosconi
attira al suo miele, ma il pane del piacere
non lo spezza con nessuna, non lo spezza
con me che vivo un digiuno del corpo
come il deserto spaccato dall'arsura! E l'altra?
L'altra aspetta il mio tramonto, a volte con dolcezza,
a volte rapita da un impeto di rabbia contro la vita
che con lei si è accanita oltremodo
sottraendole con la parola una piena ragione.
E comunque gridatelo alla Ginevra: non basta
un legame di sangue, per noi forse a metà
e moltiplicato per tre, perché fiorisca
nell'anima qualche germoglio di un amore comunque.

*

E rimani


Quando arrivano gli anni dei cuori aperti
e qualche amico è già andato disperso
dove il tempo non è più toccato dalla luce

tutto allora ti appare di nuovo banale
oltre la mezzanotte di ogni incanto e rimani

sospeso nel muto dirsi del nulla.





*

Joy


Dormi con me: sia il tuo respiro
l'angelo d'oro dei miei sogni, sia
il soffio delle tue labbra l'eros sulla pelle
del dormiente che ancora ignora
il viaggio del piacere. E l'alba

rivestirà di luce il bisbiglio degli occhi
il sussurro.degli sguardi
quando sulla pelle affiora un pianto
lacrime d'una lingua originaria
dove trova il proprio canto lo stupore.



*

Nel petto, l’amore


Àlzati, dèstati dal sonno della carne:
non vedi le sue meraviglie? Apre l'alba
un cielo di vie segrete, passaggi
da un respiro ad un altro; altre acque
inquiete nella veglia della notte
sono pronte ad esondare dall'alveo
del silenzio e diventare prima urlo, grido
poi parola. Non vedi come il suo corpo
è un'intima danza dei suoi sensi? E tu
che aspetti? Danza con i tuoi baci
su tutto il suo corpo: dopo la visione
sia la lingua la sapiente della conoscenza
e non più distanza vi sia tra il respiro
e la pelle, principio d'un cammino
che ascende alla congiunzione
delle carni amanti. Dunque, che attendi?
Àlzati, dèstati: non vedi quali meraviglie
ella ti porta in dono? Ella è la Meraviglia
di tutte le sue meraviglie. Ecco perché
si piegheranno le tue ginocchia
e umide le labbra per sempre segnate
ti ricorderanno ad ogni alba
la luce d'un immenso stupore.



*

Sergio e Cristina


Ho chiamato a raccolta le mie ossa
le ho nominate eredi della terra
con cui verrò ricoperto nel giorno dei giorni.
Ho dato alla carne le mie ultime istruzioni
ho disposto ogni cosa in disordine
affinché vi sia una sequela di epiteti
che non siano maledizioni
ma solo rievocazioni d'un nome
affinché non scompaia del tutto
la memoria dei segni. Ho lasciato
un ricordo alla seduta migliore: dei nastri
di carta, coriandoli di versi
nati durante le albe migliori
quando il risveglio aveva le ore contate
e il piacere del culo farsi ribelle ai doveri
nel dispiacere acuto di non dirsi in vocali
che a stento riuscivano a diventare
un discorso, contrappunto alle grida del cielo
in un cortile di uccelli e di cani ammaestrati
a deiezioni mai fuori orario
pena il sovvertimento del mondo. Intanto
ogni giorno un poco di più tendo a morire
per ora tra Sergio e Cristina, poche righe per volta
nella dolcezza tattile d'una pagina sfogliata.

*

Non chiedermi


Non chiedermi di bagnarti
con la commozione coitale
l'eternità muore
se attraversa il proprio compimento
tu restami nella distanza della pioggia
io ti toccherò con lo sguardo dei brividi
quando la pelle ode nel suo fiuto animale
lo sguardo furtivo d'un incontro selvaggio
e la terra di nuovo vibra la superficie delle madri
e sulle mani affiora il nome straniero
d'una inappartenenza.

*

Patrizia


Avrei voluto chiamarmi Patrizia
e centellinare un liquore in un bar
un sapore di forte durezza
ma con quel gusto che dà alla vita
il sapore d'un'ultima dolcezza
oppure il ricordo futuro d'un'utopia
creduta sorella e puttana emigrata in un sogno
mentre tu restavi a misurare quanto distava
ogni giorno la terra dal punto più basso dei tuoi coglioni.
Non so se che cosa sarebbe mutato dei mortI
se mi fossi chiamato Patrizia
e se fossero davvero essenziali quei giorni
che ora qualcuno rimpiange dietro il culo del mondo
o seduto in un parco scambiando le stecche
d'una panchina con le ultime mani sfuggite
ad un lenzuolo bianco senza più memoria.
O chiamarmi Patrizia o chinarmi per un nome.

*

Se non impariamo


Se non impariamo dai rami storti degli alberi spogli,
se non abbiamo visioni interiori del passato,
se non siamo capaci di entrare nella luce
di un'assenza e farne memoria, hanno vissuto invano
i padri antichi della terra e la terra
non ci sarà più madre e sterile rimarrà il futuro
bruciando il tempo senza più il conforto
e la profezia di versi ancora capaci di sognare
e vedere l'eterno dei poeti accadere tra noi.

*

Della ruota e dei perché sottostanti una scrittura


Faccio versi tra una pisciata e l'altra
non volermene, il corpo tormenta
fin dai primi vagiti, tra peni e vagine
fino al bordo dell'antico pitale
che nel frattempo ha cambiato il suo nome.

No, più non canto e le mani
non hanno la resa d'un tempo, tese,
mostrano l'affiorare in superficie
del grigioverde delle vene; ma scrivo
i miei schizzi su fogli di luce,
coltivo poesia, tra il senso morale del bello
e lo stordimento dei sensi. Un giorno
mi vedrai indossare le scarpe di Antonio
e sulla riva del fiume rifare
tale e quale
la baracca di Valentino. Seguo
l'Armando, un poeta dell'oggi
e dei senzatempo, quelli alla Ezio,
innamorati persi di un'alterità,
chiaro bagliore nel culo del mondo.

*

Di trattenuta voce


Mi vengono incontro
invisibili luci
stelle d'un cielo nascosto o angeli
di trattenuta voce,

quando poi non accade
l'ora che giusta di verità
rivela il segreto. Così l'alba
ti svela a me dallo scrigno notturno

e m'appari di luce voce
tra le voci, l'anima che rinasce
al tuo sguardo
in un'attenzione devota.




*

La tenerezza delle mani

 
Vedi, l'amore non si compie
dove ai corpi accade l'estasi
che porta le carni ai sensi
quando felici sposano le lingue
del loro dirsi in gemiti e parole.
L'amore accade quando due mani
- estensioni del cuore -
intrecciano le loro dita in una stretta
che non ha più bisogno di parole
e in quel tacere delle voci
più forte grida traffigendo gli sguardi
d'una sua originaria luce - un destino -
e tutto nell'universo principia a tremare
con il canto della tenerezza delle mani.
 
 

*

Non chiedermi

 

Non chiedermi la parola che non viene
se non dopo che il seme della verità
ha fecondato la terra e nel buio del grembo
attende il germoglio della luce, quel tacere
del verbo che si lascia morire nel silenzio,
un sonno che culla il tempo nell' attesa
sotto il cielo atteso come una vigilia,
ché una debole fiorirura non resisterebbe al vento
e la finzione dentro la voce non romperebbe i muri
lasciando immutate le distanze tra destini;
tu chiedimi del sangue che trema le vene
e conta le ore tra l'annuncio e ogni suo natale
e quel ferirsi della carne con l'amore
fino a dire di sé l'estremo grido, fino a darsi
nel gemito trattenuto dentro la terra
la nota che lenta sale alla luce come il pianto
quando nell'anima sta accadendo il cielo
in un volo che rende straniera la terra.
 
 

*

Del legno la stessa voce


Già di sera s'acconcia quasi nuda
Una troia sulla strada e dirada
Il passo svelto dei rientri l'ora
Più desolata della vita. Cruda
È la parola che senza indugio
Una bocca d'impietosa ingordigia
Ripete come l'ascoltasse il cielo,
Ignorando del legno la stessa voce
Che squarciò la somiglianza oltre il velo.


*

L’ombra ferente


Duolemi l'alba ritrovato lume
de la ragione che il sogno nega
più non volo uccello senza piume
soggiaccio al tempo, ombra d'una strega

e non v'è santo e nessun altro nume
cui lo sguardo volger colui che prega
spezzasi l'alma e d'ogni suo frantume
vede il nulla che il cuore ratto annega

l'anelito di speme e già socchiude
gli occhi in un disperato pianto
che svelle gli ori dalle mani nude

e giunte, più non ode l'alma il canto
che dolce conforto fu d'ore crude
d'un tempo nemico d'ogni altro incanto.

*

Eri tu


Ho imparato a camminare nel vento,
a non coprirmi il viso nella tempesta.
Sono diventato un uomo contro me stesso
quando ho scoperto in me la carne
e gli abissi che divorano l'anima
con le mille maschere dell'angoscia.

Eri tu la voce del mio destino,
eri tu la carezza d'un cielo notturno
che trasfigurava le ore in vigilia; tu
la voce che tremava la pelle. Eri tu
il senso del tempo ad uno stare imperfetto
ora che il nulla ha dilaniato il sogno.


*

Labbra straniere


Attraverso i vostri giorni
con il mio passo straniero:
vi osservo e non vi riconosco
su strade che abitate
tra rumori evanescenti
e silenzi crudi d'assurdo.

Ho veduto sorgere un altro sole,
un altro cielo dare un'anima
alle sue mani, le sue dita
danzare tra la gravità della vita
e la leggerezza d'un circo, dove
ogni gesto porta con sé il sublime
della perfezione, fin dentro
la smorfia d'un clown.

Se nei miei occhi leggete stupore,
non fatevi ingannare dal rosso
delle labbra:
io passo dinanzi ai vostri nomi
sulle sue dita d'angelo
fino a sfiorargli il volto
con la mia ingenua follia.

*

Un nome


Aveva un nome mio padre
e due occhi di ragazzo
che anche loro avranno guardato il mondo
con lo stesso stupore dei miei
quando guardavo il suo viso bambina
e le sue mani piene di tenerezza. Avrà avuto
anche lui dei sogni mio padre e dei passi
che incerti o sicuri hanno traversato il mondo
prima che il buio ne inghiottisse la voce
ma non l'estremo sorriso. Mio padre
un destino compiuto dentro il mio destino
e per sempre.

*

Sempre


Tu fosti per lui il Cielo
che avvolge gli Angeli. Puro
il cuore, casta l'anima. Nulla
vi fu al di fuori dell'Amore, nulla
restò al di fuori dell'Amore; ma il Tempo
vi rese ladri di baci e di carezze, stranieri
di un destino che vi appartenne come terra,
ma come terra straniera non poteste abitare
o solo in furtivi sguardi di fiati sospesi
tornare a scambiarvi un ardente respiro.

*

C’era

 

C'era una bellezza in quell'estate:

il velarsi delle parole in miti silenzi,

un tacere pudico dei sensi. Ardeva

la resa dei corpi un fuoco d'amore.

 

*

Mutamenti


Non saremo più quello che siamo stati:
il tempo ha mutato i tratti, ha negato
i volti. Nella gola brucia
un'arsura, una memoria liquida
un flusso che piegava le ginocchia,
una corrente che non dava tregua.

Oggi che tacciono i corpi, esuli
dentro una distanza che lega
le carni al tacere del cielo
tra i grembi, neppure più strappo
le pagine d'un calendario a parete,
testimone infelice
di giorni senza più storia.

*

Nella fragilità di un annuncio, resiste una parola


Sono fragili le parole dell'amore
quando non ha che brandelli di voci,
cenci di un'arcana lontananza, echi
di destini ancora taciuti e di un cuore
incapace di contenerne lo stupore, l'ardore
che tende la carne fino agli spasmi
del desiderio. È così fragile l'amore
che sempre torna e duole, come un male
di cui non v'è cura né guarigione.

*

Un’impossibile distanza

 

Odora di te la pelle

e si contorce la carne

nel desiderio che tarda

a compiersi nel tempo.

 

Il corpo non sa tacere

e urla l'assenza del nome

lo trafigge

un'impossibile distanza.

 

*

Cielo


È bello questo cielo di maggio
accarezza degli occhi il risveglio
alla vita. Quanto tempo è passato,
quanti giorni che ora non hanno più voce.
Ti sorprendi a cercare
nella soffitta della memoria, dove non sono
i ricordi più preziosi, ma forse ritrovi
il ricordo ignorato, quello
che ha conosciuto l'oblio del cuore
e riscopri che un nome dimenticato
rinasce a nuovi destini. Ecco
ora veleggi come un verso
sul mare delle nostre malinconie
e della nostalgia, sposa
delle nostre ore più inconsuete.




*

Sortilegio d’inganni


Ho predato i tuoi seni - un rapace
sono stato - e dietro la maschera
dell'innocenza rapivo
ogni altro destino, una teoria
di possibilità. Eri

nella tenerezza degli abbracci
la mia dolce reclusione e ignaro
graffiavo lo strazio alle carni
macerate in un aggettivo
scambiato per nome: madre,
il dilemma di una donna, la scelta

che lasciava morire i sogni, un'ara
al senso del sacrificio, al dovere
di non essere altro se non
perdita di sé. Ora

solo se attraversiamo il mistero
si rischiara l'oscurità d'un cuore inquieto
con lontani chiarori di pace
per un intuito o solo sperato
riscatto e ancora temuto
come un sortilegio d'inganni.


*

Lei


Lei ora è tornata
e di nuovo abito la luce
del suo grembo di parole che mi accoglie.
Lei ora è tornata
ed io ammiro i suoi piedi ancora nudi
che hanno traversato mille terre misteriose
e tra i suoi seni ora si odono gli echi
dentro una pioggia di parole
che s'impastano come pani nella gola
per un cielo dentro il cuore della voce
quando le notti digiunano le stelle
e all'incanto si concede nuova luce
e nelle viscere del suo ritorno io rinasco
come un nuovo parto oltre il tempo.

*

Dentro l’età


Chi eravamo noi o chi siamo
sotto questo pallore d'un cielo notturno?
Domande inquiete ci traversano,
sono scie luminose di stelle cadenti
che dilatano lo stupore negli occhi
se torni con lo sguardo bambino
e smarrito ti chiedi la ragione d'ogni cosa.

Chi eravamo e chi siamo ora noi
traversati dall'età inquieta dell'ora
che stenta nei passi il domani
e tutto affidiamo a dei segni, piccoli dèi
d'un'altra narrazione di vita. E sgomenti
celebriamo ogni nostro respiro
in una liturgia che ritualizza l'assenza,
improvviso bagliore che squarcia il silenzio
quando in ogni parola accade un'attesa.

*

I vostri nomi


I vostri nomi e quel tempo
che le ore lasciava morire
nel vissuto di atti e presenze
ora sono la trama che fila
i miei giorni, i miei ieri
splendenti di luci. Ora comprendo
quanto prezioso fu quel che banale appariva
nell'accadere consueto dei giorni
e nulla appariva un evento o raro
il darsi al minuto di un poco di gioia. Ora comprendo
la fiaba del sonno e chi veglia non bacia
ma bacia dormiente il vegliardo
l'antica memoria e lo risveglia alla vita
nell'età che in nebbie scontorna il domani.


*

Il sapore dell’eternità


Fedeli d'un medesimo volo
ala accanto ad ala eleviamo
la concordanza dei nostri sguardi

esuli di una stessa stranietudine
e cerchiamo insieme un altrove
dove in quiete si posino i nostri respiri;

è come quando labbra su labbra
si snuda l'amore in un bacio
e nelle bocche rimane quel soffio d'alito

che ha il sapore dell'eternità.

*

La ripetizione di un nome


Il silenzio di un'attesa
è una carezza sulla pelle
quando appaiono in abissi di distanze
le assenza delle voci all'amore.

Eppure c'è una fierezza ii questo esilio,
il sentimento di un rimanere
stranieri, mentre è dolce alle labbra
la ripetizione di un nome.


*

Memoria


Chi percuoterà i nomi alle pietre
Perché non fissi l'oro un solo grido
Ma squarcino l'aria le urla tetre,
Obbligo per un destino infido?

Diverranno i morti lire, cetre
O volo di gabbiani sopra un lido
E i marmi frecce alle faretre
Perché lasci la colomba il nido;

Odano i cieli ancora la voce
Degli oppressi d'ogni tempo infame
E come il grido che spaccò la croce

Dissolva l'umile le oscure trame,
Pietà non abbia di ciò che fu atroce:
Libero tema ogni nero liquame.


*

Se


Se l'alba non è rivelazione
delle cose, a che cosa serve
la luce? Così ogni notte diviene
attesa e l'aurora preludio
di esultanza; se tu verrai ancora
e nuda e schiuso fiore,
quale nube oscurerà il giorno?
È un inno alla tua bellezza
questo desiderio, un canto
la veglia dei sensi nell'attesa.



*

Miti e musei


C'è sempre un povero che muore
ed un ricco che si lamenta:
lo scandalo è la vita stessa
e l'ipocrisia degli uomimi. Fili d'erba
o roseti profumati, è senza voce
la parola del silenzio. Ieri
diventa un'eufonia del tempo
quando partorisce del passato
riverberi di luci e di voci. Miti
e musei, viatici per un buon morire.


*

Mano nella mano


Se camminiamo mano nella mano
il cielo tra di noi ci sfiora le dita
ed è solo stupore questa vita
anche se più non si vede lontano
nessun nuovo orizzonte in arrivo.

Ma ciò che importa è restare vicini
stretti forte in un abbraccio vivo,
un unico cuore in due destini,
dirsi la lingua della tenerezza
nell'età che inquieta coi suoi tormenti

e fianco a fianco anche se a passi lenti
gustare d'ogni tramonto la sua bellezza.




*

Festa della Liberazione


Non smarrite il tempo della memoria
nel chiedervi o capire le ragioni
di chi ha avuto torto, poiché mai
avrà dalla sua parte il giusto
colui che viola di quello dignità
uguaglianza e libertà. Cercate
invece in voi stessi le ragioni
del male, perché queste non abbiano
su di voi la forza della vittoria.

*

Tendi i fili


Tendi i fili in quest'aria
Un intreccio di giorni è la vita
Una trama sbuffata da moka
Non sempre riempita
Fino solo a metà. La sconfitta
È negli spazi di una parola, tra i suoni
si aprono le acque ai morti
che solcano su surf di ceneri e ossa
emozioni di sguardi alla riva,
chi si garantisce un ritorno ha perduto
il senso d'un mare nascosto nelle bocche.
Interi quartieri hanno una propria alba,
tutte diverse tra loro, hanno una lingua
per il dirsi dei sogni nella voce dei giovani
o per raccontare le utopie degli anziani
quando l'età è una sentenza di condanna
e il tempo un giudizio senza indulto.
Anemone da oggi sarà il mio nome
per dare un margine al mio scrivere.

*

Che non hanno


In questo perimetro di silenzi
misuro il respiro della tua carne
e della mia, già data in pasto
alla ferocia dei giorni. C'è un tempo
per vivere e un tempo per ricordare,
crudeli sono le ore della memoria
quando l'età è un utero di strazi
che non hanno destinazione.

*

Maternità


Non avrò la forza sufficiente
per proteggerti dal tempo
fino al suo epilogo finale.

Non avrò la forza per proteggerti
né dagli inganni né dalle delusioni
e neppure potrò sottrarti
alle illusioni dei sogni,
agli eventi tragici del destino.

Il mio seno avrà potuto nutrire la tua infanzia
- la gioia di amarci madre e figlio -,
ma non avrà avuto la forza
di perpetuare quegli anni
della nostra felicità.

Eppure figlio mio, anche se non avrò potuto
sottrarti alla nostra finitudine
e neppure avrò potuto darti per sempre la felicità
in questo mio abbraccio
spero ritroverai
negli anni della memoria
la gioia di aver vissuto
un'estasi oltre l'assurdo.


*

Bar


Al tavolo d'un bar siede un intellettuale:
legge un libro, scrive, prende appunti.
Un immigrato al banco, dai lineamenti smunti
ha ordinato un caffè, sfoglia un giornale.

Il barista dietro il bancone,
scherzando con il collega più giovane
d'età, s'appresta a dargli prova
di grande abilità: con fare sbruffone

agita con agile polso di mestiere
il bricco del latte e con fine indiscrezione
spiega attorno un sorriso e ciglia fiere

d'essere ora il centro d'attrazione
di giovani calze a rete nere
prede, lui crede, della sua seduzione.




*

L’incanto della nostra età


Mi commuove questo nostro guardarci
l'uno e l'altra nudi, quando l'età
muta in sussurri di tenerezza
i gemiti strazianti del piacere
nel tempo in cui la carne lamentava
ogni distanza tra i corpi amanti.

Ma è proprio in questa commozione,
nel bacio sopra il grigio dei tuoi capelli,
che si apre ad un linguaggio nuovo
il nostro alfabeto dell'amore.
Così in ogni gioco di carezze
tra di noi ancora schiude il sogno
l'incanto vergine di un destino.


*

E se


E se non avremo più un tempo per dirci l'amore
tu verrai ugualmente a pronunciare il mio nome
altrettanto io dirò il tuo nel cuore dell'aria
e scuoteremo l'universo e i suoi silenzi.

E nessuna morte potrà legarci le mani,
nessuna fine impedirci carezze
e sulle bocche dei nostri baci
avremo ancora il giusto respiro,

un arcobaleno di fiati
a coprire di cielo questa nostra distanza.


*

Di alba in alba, l’amore


Tempo viene e corrode le ore
dell'incanto e coprono la gioia
le incertezze dell'assenza, vuoto
su vuoto appare il segno mancante,
non ha voce l'alba per dire il giorno.

Ma se tu verrai ancora, parola
nella carne, il buio alla luce
avrà dato un grembo, un nuovo cielo
nelle gole ripeterà i nomi,
danzeranno i corpi dalla gioia.

*

Pasqua 2020


No, non è l'alba
l'inizio di un nuovo giorno:
è nel cuore della notte,
quando muta nello sgomento
tace ogni voce e l'unico grido
squarcia il creato,
che si rivela l'amore.

No, non è l'alba
l'inizio della luce:
è l'alba l'epilogo della croce,
dove il donato si annienta
e chiara rende ogni ombra,
nell'ora partoriente di doni.


*

Venerdì santo


Anche questa scarnificazione della parola
si è ammutolita di fronte alla violenza
del silenzio di Dio.
Oscuro il tempo ha squarciato di sé il ventre
osceno abisso privo di riscatto. Il buio
il vuoto, il nulla, un infinito
orizzonte senza più immagini: né cielo
né acque nuove. Dispersa la luce,
cantico della Notte senza amanti.
Nessuna terra all'esilio. Si muore
tra il lamento delle pietre, lo sgomento
dei vinti. I piedi trafitti
da un cammino storto, ramo sterile,
l'abominio il frutto meno amaro, lacera
l'anima ha reso gli occhi a Dio.
Un processo irreversibile di degradazione
prepara la carne alla corruzione della terra,
privo di suono il nome tace il respiro.
Solo labbra ardenti possono baciare quel costato,
priva di sandali una bocca s'accosti alle ferite,
solo lo scandalo di labbra dischiuse può svelare
l'ora segreta della sorgente. Tutto è compiuto
al mostrarsi delle spalle di Dio.




*

In piedi


È un rimanere in piedi
Un minuto restare
Nell'attonimento delle cose sospese
Le abitudini nelle pietre
Quando fuggono gli umani.

Non muta il cielo
Però non raggiunge le pietre
S'intrattiene in dialogo con se stesso
Come un attore quando recita una parte
Guardandosi allo specchio. Occorre la memoria
Per evadere oltre le grigie note
D'un suono senza variazioni di tono.

Ascolto dal tempo
Il lamento dei giganti
Piegati dalla fatica del dolore
Quando la violenza sfiora l'animale.

Così si resta
In pochi quadri d'aria
Ogni attimo d'ora è una veglia
Verso un'attesa epifania
Del ritorno.


*

Il Cristo velato*


Hanno avuto pietà dello Sfigurato
ridotto al Silenzio di Dio; ma neppure
un velo ha potuto impedire a quel Grido
che la voce uscisse dalla pietra esanime.

Fu ancora il grembo di Maria
l'estrema detersione di quel sangue
e su quelle ginocchia il corpo straziato
ritrovò l'abbraccio della nascita,

quando fu la Luce e non l'Ombra
- la gioia e non lo strazio -
a trafiggere il ventre di una madre.


*Opera scultorea di Giuseppe Sanmartino

*

Chissà


Gente di memoria navigava il tempo,
vecchi cappelli cedevano alle lusinghe del vento.
L'angolo eletto ad albero spaziava per gli occhi
le luci della lontananza. V'erano ore serali
a saldare le illusioni del giorno con i nomi
dei debitori
e riscuoteva crediti l'ombra d'un destino.

Ora che le assenze sono trame di silenzi
prestate ai marmi per un'ora immobile,
lo sguardo della memoria affronta la risalita
faticosa dell'immagine che sfuma il suono
di ciò che resta la piaga del perduto e irrompe
osceno nella fredda luce dell' attesa l'avverbio: chissà.

*

Mi coglierai


Ecco, ella ora appare,
fiore alla muta luce d'uno sguardo s'offre
nel pudore della svestizione. Accoglie
tra le sue mani
la mia nuda povertà, l'insufficienza
della parola, l'incompiutezza degli occhi,
il sordo affanno degli orecchi, l'incerto
tocco delle mani
andate avanti con l'età dei segni
d'un tempo che svergina lo stupore
e immoralizza l'inganno dei miraggi;
ma non è forse il sogno
la teologia della mancanza?
Mi coglierai come un frutto
della malfazione d'un ramo aspro,
sarò marciscente tra le tue mani,
eppure m'annuserai con il piacere
che sempre dà un brivido d'orrore.

*

Un altro Simone


La clavicola dell'Innocente
si è piagata sotto il legno della colpa.

Un tempo mi affiancai a te,
perché più leggero mi apparve così
quel peso che portai anch'io
sollevandolo dalle tue spalle.

Nessuno mi costrinse nel ruolo
che fu di Simone. Non ebbi
il modo, oltre i miei passi incerti, di capirti,
ma non mi fosti estraneo,
né io a te. Fu la morale invece
ad espellermi dal sepolcro vuoto.

Ora non sento che i gemiti dei marmi,
il lamento dei ciechi; l'urlo dei muti,
il terrore dei sordi alla violenza del vento.

*

Stare


La semplicità del nostro stare
immobili e muti
sotto un cielo che appare
di un azzurro indifferente,
a tratti sgomenta
come la luce una prigione;

eppure, se tu osservi,
attraversando le apparenze
delle forme che sottraggono lo spazio all'infinito -
dentro i limiti si rivela la libertà -,
lo stabat dei colori,
ritrovi nelle contrazioni della luce
gli spasmi della gioia di vivere
in un restare fermoimmagine
all'ombra luminosa dell'assurdo.

*

Una voce, l’alba, l’amore...


È così colma di doni la tua voce!
La bellezza della tua nudità
ti adorna: città d'oro. Quanto
splendore nelle tue vesti interiori!

È un tessuto di luce il tuo dire,
mentre io vengo con indosso i miei cenci,
mendicante alla tua fonte
cerco il filo d'oro del tuo canto,
il calore che renda muta la mia parola.

Riempimi di stupore, terra benedetta!
Nacqui per saperti
dentro il mio respiro. Il mio destino
non ha che le tue braccia come cielo.


*

Dovesei


Dove sei, fonte d'acque chiare?
Le mie labbra sono riarse dalla sete,
urla la mia gola il tuo nome: Dovesei?

I miei occhi cercano l'aurora dell'annuncio,
la dischiusa della rosa all'incontro d'albe:
non siamo forse io e te le due labbra
di un'unica voce che attende
di dirsi alla luce? Perché indugi
ancora, Cuore mio? Svelami
gli intimi palpiti, lascia che io entri
nel più profondo del tuo segreto
là, dove la carne chiama il mio nome,
dove la sposa accoglie lo sposo,
dove la madre accoglie il seme
e dove gli amanti serrano le bocche
nel sigillo d'un bacio e tacciono i nomi
nell'unico suono d'un pronome: Noi.

*

Il poeta è cieco


Il poeta è cieco, non ha un nome
né una strada traversata dalla Luce,
vive e respira
nella distanza che separa l'uomo da Dio:

il Giardino Rovesciato, lo Specchio, l'Altro
della sua Assenza;

dove il dono è dato: ogni Soffio
prima della pronuncia dei nomi.


*

Se tu d’amore m’appari luce


Tutto fu creato per la nostra gioia
ed ogni giorno siamo accolti
nell'Eden dello stupore

se solo tu nuovamente appari
forma della luce tra le foglie
che intona un canto al desiderio.

Congiunti fummo fin dal Principio,
impastati seguendo l'idea
d'un Destino originario e ancora

in ogni giorno del Giardino inseguo
l'odore selvaggio dei tuoi passi
dentro l'innocenza dell'amore.

*

Vieni e non tardare, sacre fonti
che mai saziano la mia arsura:

sempre a misura breve si prosciuga
l'alveo della mia sete, sempre nuovo
il tuo trafiggermi la gola

con acque di profonda schiusa
di cui il mio sguardo attende
l'alba dell'intimo disvelamento.


*

Sottile


È sottile il filo teso, vago
odore di sconforto tra le membra,
falsa l'ora una luce prematura,
quali nomi daremo alla memoria?

Anche il minimo soffio d'alito
è vita, che sia d'alba o notte
il suo darsi; ma è senza pietà
il lampo che attraversa gli occhi:

vetrifica lo sguardo un arcano
stupore.


*

Il Lavatore di piedi

a papa Francesco


Ha guardato davanti a sé
il vuoto della piazza, il deserto
di voci, l'assenza della folla. Ha guardato
il nulla della disperazione, lo sgomento
che annienta la speranza, l'asperrimo
mutismo degli occhi quando si annuncia
un tempo crudo di morte. Non si è
inginocchiato, dicono alcuni, i più restii
di fronte al Bambino della Stalla, dimenticando
che si è invece disteso a terra, in una forma
ancora più radicale per la fede -
avrebbe potuto fuggire quella piazza vuota,
chiudere la finestra, chiudersi nella stanza:
chi glielo avrebbe rimproverato? Si è disteso
nel modo più radicale possibile: sfidando il vuoto,
il silenzio della paura, supplendo
con la propria voce all'apparente
assenza di Dio. Si è sdraiato a terra, il Servo,
il Lavatore di piedi. È questa la fede.


*

L’età degli ingenui


La luce del sole muta il cielo
ed il silenzio diviene parola.

Guardo oltre il vetro il volo
di chi non conosce la gravità
della terra. Ci fu un tempo

quando non contavamo le ore,
perché l'ardore dell'età sapeva
la forza dei miti. La vita

scrunava come un filo l'impossibile
fino alla soglia della colpa
già oltre l'innocenza. Ma era

quella l'età degli ingenui e ora ritorna
in quest'alba deserta di voci. Ora
che di noi ci assale il senso del nulla.


*

Andrea


È stato strano sognarti, dopo
questi lungi anni di assenza
che il ricordo lontano non risolve
nel vuoto che hanno le mani.

Ti ho sognato e rincorso nel sogno
un incontro per caso e chiamarti per nome
fermarti con il suono di voce
e vederti girare sorpreso.

Ho sognato l'abbraccio del cuore
quello che dai a chi un tempo hai amato
e chissà per quale arcano motivo
o comunque, ed è lo stesso, gli hai voluto
un gran bene. Ti ho sognato

e nel sogno ti ho chiesto di lei,
mi hai risposto: 'ora sta bene, grazie,
dal male non so se è guarita del tutto,
ma per ora sta bene e va bene così, grazie'.

Poi ti ho chiesto della bambina:
'lei cresce, è vispa e vivace, si muove
di continuo, ma con tanta dolcezza
che ci riempie la casa allargandoci i cuori'.

Però non ne avrete altri, di figli, mi hai detto,
è cruda molto spesso la vita e senza riguardi,
lei così giovane - tua moglie, così bella,
io bene la ricordo con gli occhi - eppure
già ferita da un male che muta un destino
o devìa verso la sera il sole di una vita.

*

Giulia, di noi


Il silenzio stringe
in una morsa d'assurdo
le strade, rare
le auto e il passaggio
delle persone. Giulia
s'affretta

per le ultime spese, le ore
dei giorni si sono ormai arrese
e resta soltanto
l'attesa
di un chiarore
che tarda ad arrivare.

Giulia sorprende
il silenzio e la vita
nel tempo sospeso
che ora le appare

un tempo più lento
nel lento
morire dei giorni.

*

Raccogliere un momento


Raccogliere un momento in una mano
un lampo che apre il passaggio all'oblio
nel buio attraversato dai segni nel cielo
coi loro bagliori più veri. Il tempo
forma dei canali per l'accesso ai sogni
pronto a tutelarne l'inavverarsi: sono riserve
destinate alla sopravvivenza i miraggi
e nutrono il languore dei sensi. C'è un piacere
che attende il domani quando gli occhi
sono attraversati da uno sguardo di donna.

*

E quando


E quando ci accorgeremo degli angeli
che ci camminavano a fianco, vedremo
nuovamente la luce bianca scindersi
nei sette colori e ancora il cielo
curvarsi sul suono delle parole
e sarà allora come un vento impetuoso
che spazzerà via ogni sgomento dei corpi
e dagli inverni dei morti ogni tormento.




*

Acattolico Requiem #poesiapoeti


Tornerò a trovarli: Dario, Amelia, Gregory
e gli altri di cui ignoro lì
il loro stare, immobili attese.

Camminerò ancora tra le loro tombe,
leggerò le date, le frasi, guarderò i marmi
pietre di memoria;

perché non muoiono i poeti,
sono ali sospese nell'aria,
incerte se andare o restare.

*

Di casa in casa


Di casa in casa striscia l'isolamento
mendicando vesti di solitudine
e sguardi ritrovati in una voce
che non strida sui bordi delle parole.

Una riserva di pensieri si annida tra la pasta
e il pane torna al sapore caldo dei ricordi
della guerra. È sempre un passo indietro
la libertà, quando la ragione
torna al terribile stupore della notte
di cui ignoriamo i fianchi
e l'odore delle ascelle.

*

Padre


Non in queste cinque lettere
di un nome comune potrei
chiudere la tua vita, padre.

Troppo angusto sarebbe
lo spazio di una parola sola
per dire la tua vita, dire
il tutto di un uomo.

Come nel ricordo
di quella gamba flessa a forza
nella chiusa finale, prima del marmo.

Più simili noi, fratelli
di un comune destino, di sogni
incompiuti e taciuti

nel pudore di una lingua già cólta
della fatica di vivere
e del morire.



*

Farfalle


La fatica di diventare ciò che sei
l'attraversamento dei dolori per la bellezza
lo stadio alto per il volo
e il fugace esistere nel cuore della luce.

Tu e noi, gemelli di un destino
diviso in sé dalla parola. Ti osservavo

con l'innocenza crudele dei bambini
per fermare il tuo volo ed inchiodarti in un foglio
di tela
senza più vita.

Ora ho imparato il gioco drammatico
della mano aperta e felice
dentro le nostre libertà.



*

È così semplice


Era così semplice sciogliere il teorema del mistero
ovvero liquidare quella parte in chiaro
che ci tormenta l'anima, aggoviglia
dentro spasmi dolenti l'intestino.
Così rivedo l'impiegato assicurativo
inizi Novecento e la coscienza dolorosa
della vita e della sua fine. Ah, la morte
questa tenera amante dalle gambe rinsecchite!
Eppure non si può respingere il suo bacio;
a fior di alito, comunque s'avrà un mancamento.
Non il desiderio, ma la sua ombra.
È così semplice venire meno ai sensi...

*

Tu c’eri


Pensa al mistero degli occhi
quando non sono attraversati da una preghiera,
al gioco degli sguardi tra sconosciuti
e alla lingua idiomatica d'uno straniero
dispiegata come vela tra stasi di ombre.

Guardavo al futuro come un indovino
ma penetrando i tuoi fianchi, tra i seni
l'arte divinatoria dei miei baci. Quali oroscopi
avremmo tratto dalle nostre sovrapposizioni?
Ho perso un tarocco con te, la cifra di carte
nel sigillo carnale dell'amore.

*

Le mani buone


Le mani buone hanno qualcosa di gentile,
sono timide nelle loro carezze
e anche quando salutano in punto di morte
hanno la mite rassegnazione dei giusti
e sembrano dire al mondo il loro grazie
e non vantano crediti da riscuotere
e il loro debito è solo un giardino nel cuore di una piazza
o un angolo di azzurro davanti a una chiesa.
Le mani buone sanno della loro fine
e custodiscono il cielo sopra la testa
come un fiore di gioia cresciuto negli occhi.
E oggi anch'io vorrei avere mani gentili,
gentili come quelle che ebbe mio padre.

*

Non soffiare


Non soffiare su questa manciata di terra -
se la impasti con l'acqua del pianto
le restituisci una forma, supplente
d'un'origine smarrita al principio.

Non soffiarvi perché non ceda al miraggio
di un orizzonte dal profilo dei magi: l'amore
una luce in cammino che confonde la notte
e rende loquace il silenzio; ma il domani?

Ho visto l'alba stirarsi le membra
e tornare a dormire tra gli ori di soli perduti.

*

In quei giorni

 

In quei giorni

vi era un lento accadere delle mani,

il tempo misurava parsimonioso i ritorni

sempre più rari, inquieto il domani.

 

Tu c'eri

e contavi le dita, addendi

erotici di un intreccio d'amore,

quando la somma dei sensi

conta più due solo fino all'uno

 

e singhiozza la gioia e le carni

sono il segno tangibile di quelle mani

che hanno dita per contare l'amore

nei giorni del loro esilio, distese

alla solitudine dei fiati.

 

 

*

Vuoti senza resa, i corpi


C'è sempre qualcuno che chiude casa
e parte per un viaggio di media durata
Se tu capiti e vedi che è chiuso
e nessuno risponde
tu pensi che qualcuno sia andato in vacanza
o se più vecchio a trovare una figlia lontana
si sa il lavoro gli studi la nuova famiglia
Raro che pensi sia morto
o sia morta la casa senza un cuore che dentro vi batta.
Ma la casa non rimarrà mai
come il corpo dei morti
anche un rudere di cemento
ha pur sempre una sua bellezza
non parla invece di bellezza il corpo dei morti
forse ancora il simulacro dei santi
o degli antichi re d'Egitto
ma non il corpo dei morti.

*

Sale sul marmo dei morti


Sale sul marmo dei morti
un poeta, anche sul proprio,
e niente e nessuno respinge
come compagno di strada, sapendo
che il nastro della vita è un arco
rimasto in sospeso sul Mistero.

*

Ecco, si fa guardingo


Ecco, si fa guardingo il rumore
e il suono delle voci più flebile,
distorce l'asfalto il sorriso
tra i marmi. Non è la quiete
dei fiori ai giardini del tempio,
ma il respiro di un affanno.
Percorre un sentiero la scala
tra la parola del tempo e l'utopia.

*

Verrò da te


Verrò da te a mani vuote,
non porterò né fiori né parole
e neppure il giallo della mimosa.

Sarò una preghiera taciuta,
una domanda di perdono,
una supplica di speranza.

Perché non sia quest'oggi come ieri
cui non basta un rito per la vita,
che solo a te di diritto appartiene.

Così verrò in silenzio e a labbra chiuse,
disegnando coi tuoi occhi il domani,
affinché assieme ci veda la tua liberazione.

8 marzo 2020 - per un contributo di memoria -

*

Senza campane


In quei giorni mi stupiva
l'indifferenza del cielo
e dei giardini tra le case.

In quei giorni senza campane
dove un futuro pareva mancasse
come l'aria dentro i polmoni.

*

L’alveo dove la quiete tace una voce


Lenta affonda in te la sete
che divora e lacera la carne
finché le appari

nel tuo sesso umido e dischiuso
cielo e compimento e ancora terra
dove abito un altro orizzonte,

linea che attraverso nell'incanto.

*

Ci vuole


Per vivere con coraggio ci vuole
il coraggio di vivere. Ma duole

questa incertezza dei fiori
nella distanza tra i vasi.

*

Dove arrivano i tuoi occhi e quest’ora

 

"Ma nel silenzio è inutile la voce//anche delle campane."

                                                                                                                                                                                               Sandro Penna

 

 

Dove arrivano i tuoi occhi e quest'ora
che non dà tregua al tuo risveglio?
Si corre per un giorno con l'obbligo di vivere
nei canoni convenzionali della necessità
o degli stili che mancano di coraggio.

 

Tuttavia mi ritaglio un diritto minimale d'anarchia
e parto da queste mura con un sogno,
piccoli frammenti di disperate utopie
nel gioco suicida delle illusioni
che pure ho eletto per la loro bellezza
a mia estrema verità. E qui vivo.

*

Non alla gioia e non all’amore


Se questa morte accarezza un fiore
o lambisce la riva sparuta
d'un mare, se un odore mi seduce
ma presto si dissolve nel tempo
che segna la finitudine di ogni cosa,

non alla gioia e non all'amore
si sottrarrà il mio respiro: ho vissuto
e conosciuto la bellezza; ora potrò dare
il mio dorso all' oblio e al nulla.




*

L’amore ai tempi del tacco dodici


A furia di bestemmie
sugli stipiti delle porte
l'asfalto si è lastricato
di blasfemie.

Tra una cordonatura e l'altra
inciampa un tacco dodici.
C'è vento di tempesta in giro,
ma mancano foglie e mari.

*

Lo avrebbero detto anche loro, ma hanno taciuto


occorre che vi arrendiate al fenomeno
o lo combattiate sì ma pronti ad una sfida
che vi potrebbe vedere vinti fino alla morte
delle vostre teorie di conoscenza, le
sistemazioni dentro strutture - gabbie
per prigionieri politici, eversivi
d'un potere antialchemico -. tutto
qui si colora con un tramonto d'idee
e scolora il buio le ultime amenità
floreali di plastica. vedete, l'orizzonte
non coincide più con se stesso e
naufraga nella schizofrenia dei tempi,
la frammentazione d'un rinascimento
non ha figliato polvere di caffè - un
bicchiere di rosso tra noi o un'intera bottiglia
e avremmo avuto la propedeutica
alla gestualità del sesso reciproco - qualcuno
con contrazione di senso avrebbe dichiarato
con pretesa di crusca: 'alla scopata'. qui dico
contrazione di senso, poiché ogni riduzione
dal fenomeno alla definizione
è una predazione del reale
a svantaggio di ogni reietto. va bene, torniamo
a lui: egli è il fenomeno oltre la cenere. dalle
grotte al rigo di quaderno dispiega
nelle mutilazione dei tempi
la forza impetuosa d'un dono. hanno
tirato le sottane di dio, i poeti,
purché dimorasse con loro e nudo.
senza rimandi, ma intanto, per esserci.

*

Un clown, l’Amore


Io e te, Amore
due solitudini irraggiungibili:
siamo solo dei segni in una carne,
una maschera di smorfie
prestata al tempo. Io e te

Amore, ci tendiamo le mani,
ma di là d'ogni carezza rimane
l'abisso del cuore. Io e te

Amore e questo mio volto
di clown: un sorriso di vetro
per riflettere a specchio una luce
che inganni la vita
come d'un sogno l'illusione di realtà.

Ma tu vieni lo stesso, Amore,
perché coi nostri reciproci sguardi
tendiamo un filo sulla notte
e in un equilibrio di luce
camminiamo giocosi
ridendo
d'ogni buio e verità.

*

Questo sguardo di pietra


Questo sguardo di pietra
non assolve il mistero
v'è una crudezza nell'ignoto
che il manifesto non risolve
è dell'ombra il possesso del tutto
la parte incompiuta rasenta il nulla
i muri assistono muti agli effetti del tempo
poi crollano con le loro verità
non sono i movimenti apparenti la corda del suono
è un rumore sordo e scalfisce la pietra
negli occhi che non hanno più sguardi
e cementi di lacrime per un pianto di paura
che non sa il coraggio della compassione
in viaggio verso una commozione
in primavera di nuove parole.



*

Un insegnamento dalla folle di Zurigo

                                                                                 

                                                                                                                    a James Hillman

 

 

Non era quello il cuore che cercavo -

non quella carne data alla ragione -

era altro il suo volto, il suo senso

e non avrebbe più abitato il mio respiro.

 

C'era un vuoto che avvertivo in me

un abisso di senso mai compiuto;

di una memoria si trattava, gravido grembo

che perse la vita al di qua di ogni ora

fertile della mia immaginazione.

 

 

*

Un passaggio d’anima


Temo la notizia
che stacchi la foglia dal ramo, ciascuna
nuda alla crudezza del vento.

Ho conosciuto la vita in un tempo
rigoglioso nei fiori, il volo
d'una farfalla e d'un aquilone
coloravano un cielo già terso d'azzurro.

Ma il tempo muta i suoi volti, mille
le maschere che indossa tra le ore;
minuto è il sospiro e grave di grida
l'ombra incombente della tragedia.


*

un corpo

 

avevo un corpo
su cui piansero le madri.

non senti

come è corto il mio respiro?
è il declino di una lacrima,

in un cristallo di luce -.

 

ho attraversato l'attesa con le mani nude,

avrei voluto un fiore dall'intenso profumo

per nascondere ai tuoi occhi il mio dolore.

 

ti rimarrà di me

il lamento delle dita aperte,

un suono sordo

a seminare un tempo

senza più la sua gravità.  

 

 

*

Le parole difficili


Le parole difficili, le parole colte
disabitano queste nude mura,
non hanno quadri alle pareti,
non hanno tinteggi di alcun vanto.

È quasi un sussurro qui la vita che resta
un bisbiglio d'un tempo residuo;

ma tu non dirmi della mia tristezza
o della tua, senza memoria:

sono un'eco di vite mai nate
nelle gole spalancate dei ricchi.

*

Diamanti e letame


Saremmo stati qualunque cosa
voglio dire
avremmo potuto essere chiunque
non c'entra la potenza del soggetto
voglio dire
muore alla luce il tempo delle definizioni
siamo un messaggio in una bottiglia.

Se penso a Sandro Penna, a Dario Bellezza,
se penso all'Insana, alla Bemporad
di una ricordo il nome dell'altra
ora mi tradisce la memoria - Gabriella
Giuliana - Giovanna alla ricerca.

Se penso a 'Luci a San Siro' di Vecchioni
o a 'Via del Campo' di De André - ho di
'Dio è morto' la sinossi incipitiale di Guccini -, se penso
voglio dire
ad Antonio Ligabue...

Ora torno da 'Via del Campo':
tutto è altro da ciò che altro è
quando la parola trafigura il mondo.



*

Del cieco viandante dei sensi


Una teoria d'istanti ferma il tempo
nelle forme della memoria, quando
capovolto il cielo
in un fiore odoroso di vita occulta
appare un fiume d'acqua segreta:
il miracolo dell'amore
sulle labbra aride d'un deserto.

È un cieco viandante il mio corpo
e segue le vie che gli scuotono l'olfatto,
ha la lingua selvaggia degli animali,
è un circo di voglie la giostra dei suoi sensi.

Ma l'amore educa all'amore
e alla verginità della luce riconduce
lo smarrimento della natura, addestra
l'istinto alle segrete danze dei corpi
quando nella carne i sensi incantano
le voci e dalle gole sorgivo un suono
fonde i due pronomi nel verbo dell'essere
che frange l'aria - impetuoso tuono -

e s'ode nell'ora d'alba d'una stanza,
il grido nascente d'una nuova carne
che per sempre darà il suo nome
all'origine d'un arcano destino.

*

Scioglimento carnale


Ti sciogli tutta
nel desiderio che torce il tempo
in filamenti perlacei d'attesa
dove schiude un taciuto il mio nome.

E ti fai movimento di anche impetuoso
nell'apparire d'una carne nascosta;
vi è un canto che scuote le labbra,
una pioggia che bagna di sé l'abisso

scavato nel mio venire alla gioia.

*

Nell’odore della tua resa


E libere le lingue
tra le bocche danzano,

dell'amore svelano
l'ala occulta e langue

l'attimo tra gli inguini,
tempo umido d'attesa:

fugge dei pampini
la veste nella resa

ai canti delle carni per la gioia.

*

Ricordi d’acqua


Le tue mani di madre curavano
la fame di tenerezza che un figlio
porta in sé come stigma di nascita

e diventava festa la vigilia
di ogni festa: la bagnarola azzurra
il talco sulla pelle, il pigiama pulito.

Era, quello, il rito delle madri,
la lingua popolare di un cortile,
l'eco di un'altra possibilità.



*

E piove sulla pelle


Sono un volo d'ali le parole,
creano ricami di luce
nel cielo notturno della distanza,
spezzano il pane agli esuli d'amore.

Acqua e pane sono le parole
che mi sussurri dinanzi agli occhi
con il bisbiglio dei sensi. Allora

vivo in una continua veglia di suoni,
ogni istante di quel volo è un canto
e mi commuovo quando nella bocca
roteano le lettere del tuo nome
e delle tue parole ne sento il coro
di voci sulla pelle e non conosce addii

quest'alba che vince di gioia il pianto
di ogni notturno ritorno che toglie il fiato
fino ad ogni nuovo avvento di luce d'alba,
cielo d'amore che ricopre di sé la terra

e piove sulla pelle un'ebbrezza inquieta.

*

Dentro un ricordo, una morte violenta


Così era una strada, il suo marciapiede,
l'ultima dimora d'un lenzuolo,
sudario del suicida. Così era
la macchia violenta di sangue, il segno
dell'impatto: la vita contro il suo dolore.

E si camminava a fianco senza sgomento
né pietà: l'indifferenza svela l'altro,
la sua estraneità, abitatore d'una distanza
tra la metafisica ed il caffè. Parla ancora
quel morto e ad altre morti suicide s'affianca.

Un tempo che vidi vissi vinsi
dentro la sconfitta delle ore, affidate
esuli ad un'ingenua preghiera,
perché dei morti minuti si nutrono i giorni
a venire, in vesti di ansie e timori.

*

Canto d’alba - a Elle -


Respiro le lettere del tuo nome -
le mastico -
sono l'ebbrezza di quest'ora d'alba
l'attesa del tuo venirmi incontro
pelle sulla pelle. È nella carne
il cuore tenero dell'amore, la carne
nella carne, la mano che accarezza,
lo scambio delle salive, il calore
degli inguini tra gli inguini. È nel turgore
che penetra il passaggio vitale, l'oltre
umido dove un nido di carne accoglie
- caldo - il volo d'un desiderio che si congiunge
al corpo desiderato dell'amore.

Allora i sensi divengono voci,
un coro della gioia ed il piacere
il segno luminoso d'un altrove
dove noi assieme abitiamo
l'uno dentro la carne dell'altro.



*

Il prosieguo d’una madre


dimmi se ti ha soddisfatta la terra
e il sapore della polvere dentro i miei occhi.

un senso immane del dovere
cuciva la tua vagina ad ogni incontro
che non fosse dentro un nome finito.

L'udito e gli occhi erano malerba di strada
o l'innocenza dei sensi senza istruzioni
per l'uso: la colpa è d'origine ignota

e il reietto è un figlio di altari notturni,
fratello di cani e mignotte.


*

Gli


Gli accostamenti non sono facili
ed il prezzo delle zucchine
non sempre è in offerte speciali.

Eppure in linea eretta si staglia la voglia
lungo le rotaie verso Ostia.

Un tempo avremmo anche osato dare un nome
ad ogni granello di sabbia di mare,
ma già sapevamo dei nostri sogni
la voce resa roca dal fumo.

Così ora guardi nel cielo ogni vuoto e conti
le tue parole assenti e quelle mancanti.


*

Ho un viso di donna


Ho un viso di donna ai lati dell'ora,
di bionda cornice e di occhi in amore,
non guarda la vita, la inventa di nuovo
e nuova di luce già l'ora riappare

*

Io e lei


Perché poi ti guardo e viene mattino
e giro i miei occhi ai tuoi passi,
cerco di vedere il possibile
- se solo scorgessi qualcosa di più
di quel che si vede, mi dico -

e con gli occhi già amo il tuo corpo
e più non mi frena il pudore. Se venissi
di te berrei ogni cosa, di te la mia sete
mi farebbe felice, tu nel coprirti di me
e noi con le braccia già alzate
se poi insieme tocchiamo già il cielo.

*

A Elle

 

Toccami oltre ogni distanza

che staglia nel tempo

la mia solitudine.

 

La carne è il luogo dell'annuncio,

mai del suo compimento.

 

*

Grigia è la notte


a P.Z.

Grigia è la notte dei dolori e gravi
squarciano le carni d'una madre
le lacerate grida d'un figlio
tra abusi e torture. Tra abusi

e torture smaschera di sé il potere
l'ipocrisia dei forti e la violenza
degli ignavi per il loro silenzio.

Forse un giorno anch'io dovrò scegliere
dalla parte di chi stare, affinché
non mi vinca la viltà del tacere, ma il coraggio
dell'uomo libero e giusto.



*

Alperg


Dove arriva il tuo respiro
cade il velo di ogni oscurità
e anche se fosse ancora notte
l'ora buia diverrebbe già chiarore.
Così accade quando l'alba promette il giorno
e il rinascere delle cose alla luce.

Vieni dunque in questa stanza
con il carico dei tuoi doni:
attende il cuore la tua voce
e la pelle le note del tuo canto; la carne
il venir meno d'ogni lontananza.

*

La signora anziana


La signora anziana sotto casa
dice le parolacce al cane
come se fosse un figlio un po' ribelle.

Io ascolto il suo borbottio
e mi preparo al giorno, ribelle
questo, dalle molte facce.

*

Forse neppure sappiamo


Forse neppure sappiamo che cos'è l'amore.
Qui non nominiamo le cose
per dar loro il respiro, qui
sono le cose a cercare un nome
e se quel nome
dica la loro identità; eppure
vogliamo dominare le cose
e chiamiamo amore un'esperienza.

Si confondono i semi con il vento
e ci pare che l'odore degli uni
appartenga all'altro. Mio, tuo;
nostro, vostro. Un cappello di nomi
ha scisso il reale
che ora vaga animale diuturno
in cerca della notte, perché soltanto là,

nel buio che confonde luce e ombra,
ritrova un nome la sua appartenenza
e il nominato il canto d'un ritorno.


*

Tu rimani lontano


Avrei voluto salvarti dalla merda
ma ho le gambe troppo corte
per impastare un uomo senza terra
cercando di formare con l'acqua
il profilo di un volto. Tu rimani lontano,
io straniero dentro una distanza senza metro,
privati di ogni misura non abbiamo più
una terra dove abitare, né pareti di cartone
che simulino una stanza e una soglia
adornata con fiori di vino. Soli si muore, più soli
quando nelle tasche mancano le parole
e non hanno più grida i testicoli ed il pene
già osserva monocolo un orizzonte di silenzi - a volte
un flebile canto pare condurre a terra un suono
di note slegate alla memoria, ma forse
è un semplice gioco di luci di strada -.
Sì, vorrei ancora salvarti dalla merda,
ma non ho altro per te
che una corona di muti grani
lavorati ad attesa.


*

È vero - a Elle


È vero -
non ricordo ora
se era di lui
che dicevi
ciò che adesso
io ripeterò -:

ogni parola appare
nel suo dirsi
necessaria e nulla

sembra nominarsi di più, nulla
pare sottrarsi al suo dirsi

e avverto ancora
nel susseguirsi dei suoni
un'eco
al filosofo del destino:

Sì, il pianto e la gioia andranno perduti,
ma nulla sapranno del nulla, essi sapranno,
delle lacrime dell'essere,

la primigenia sorgente
al di fuori del tempo.

*

Osare


Osare in tutto di vedere la grazia -
un aquilone per le ali di un angelo -
qui la memoria apre un passaggio d'archi,
conduce al legno dei vini e il tempo
fuoriesce dal giudizio dei lati, nessuna
misura può chiudere la gravità degli atti -
il gesto delle dita attorno al vetro
segnano il percorso della storia, il vissuto
ha formato un gioco di ombre, una danza
di spettri prestati al teatro dei ricordi
in una continua apparizione di volti, il tuo
che ancora mi appare un enigma
impresso a simboli di pietra
nell'indecifrabile novità di un nome.

*

Dell’alba e dell’amore


Ho nel cuore l'esultanza della gioia,
nei sensi l'esuberanza del piacere,
carne e anima sono voci danzanti
al canto di un'intima confidenza.

Se la lingua già pregusta della rosa
l'umido albore, la calda rugiada
che sgorga tra i petali - sul collo
la dolce stretta degli inguini -,

s'erige il desiderio verso il cielo
vegliando l'attesa della terra
fino al possesso della penetrazione
che congiunge le carni e gli ardori

e nei gemiti dei respiri nelle bocche
le lingue si contorcono nello scambio
delle salive e nello scambio dei fiati
potente soffia l'alito dell'amore

fino all'inarcarsi delle reni
quando esondano dagli alvei dei corpi
le fiumane travolgenti dell'orgasmo.

*

Dell’amore e dell’età


Se siamo qui
ora
sappiamo del passato la memoria, sappiamo
il senso del vissuto, la sua trama
d'infinite storie
tra il perduto ed il possibile. Ora

che la fragilità delle ossa
più fragile ha reso il domani
e la carne si arrende
alle confidenze del tempo,

non c'è più alba
che non urli la vita, che non sia
un cielo d'eros, il sorriso
di due labbra, per il piacere

di ogni loro respiro.





*

Mutamenti


Sono
in ciò che non sarò mai,
poiché in ciò che sono
il tempo presto mi muta;

ma nel mutarmi
rivive ciò che sono stato
e quello che non sono stato
rimane
una possibile utopia
nel mio divenire altro ancora.

*

Tu non venire


Ho il verso diroccato, tu non venire
e non sbirciare tra le mie parole,
il sopracciglio della gioia ricadrebbe
sul grigio dei miei suoni, privi
di una casa dove ad ogni passo
sapere di poter tornare, dove
il dovere del ritorno
ha la capacità binaria delle rotaie
di leggi e convenzioni in bello stile.

Tu allora non venire e disabita
questa mia gioia d'illusioni, l'artefatto
degli incanti e del bisogno che m'inganna
ponendomi nella gola un'altra voce,
fiato inquieto e disadorno
di questa nostra solitudine di figli.

*

Amoremio, guardami...


Tu non sai della violenza dei sensi,
della loro urgenza; non sai
dell'urlo della carne

quando il tempo forma
le ferite dell'attesa, il sanguinamento
interiore della distanza e non sai
degli occhi il tormento, il fuoco
della bellezza che ne brucia lo sguardo

quando nuda ti sveli e ti riveli
nel gioco della carne, quando

vieni con le spalle curve dell'esodo
e m'incontri nel respiro
e della mia gola abiti una promessa

fino a squarciare con un grido il cielo
l'estasi che strappa violenta il velo
e disvela nella finitudine delle quieti
l'ombra dei corpi alla felicità.




*

Incompiuta


Che cosa accadde in quel tempo
quando la luce apparve agli occhi
ancora imbevuti di notte ed il buio
sfumava i suoi contorni
in brevi sussurri?

Noi ancora ne decifriamo il mistero,
indecisi sul segno da dare
alle cifre, che del tempo dispiega
la qualità e l'incertezza della carne
già grava la curva, sostegno
del destino

e ancora tu lieve ti soffermi
addossata al miraggio
di un altro tempo, di un'altra
possibilità, di un'altra
preghiera - profana –
che dia al cielo una terra, specchio
di acque piovane
e di nebbie, segni inquieti
di un'altra età
rimasta fino ad ora incompiuta.




*

L’uguaglianza di ogni identità #GiornoMemoria


Se ci curvarono le spalle
gli spasmi dell'orrore
e la croce dentro gli occhi,

se ci flessero le ginocchia
lo sgomento del dolore
e la memoria dentro il sangue,

ora ci umilia la dimenticanza,
la mistificazione della storia, il mentire
contro ogni sua verità; e c'indignano

le bocche dei mostri di oggi
ancora spalancate
dalla voracità del male,

che vogliono inghiottire
l'innocenza di ogni luogo,
lì, dove nasce e muore

l'uguaglianza di ogni identità.



*

Pietre


E tu già mi dicevi del mattino
e della pietra
corrosa dalla memoria

e ancora mi dicevi
del pianto delle madri
sul futuro negato dei figli

e delle ombre della crudeltà
nemica della giustizia
e della morte

e dei nomi delle madri
che avevano perduto gli occhi
tra le ore deserte delle lacrime

e della loro desolazione
poiché furono svuotati
i loro grembi di ogni nome

e perché ancora urlasse
nella vita una speranza
seppure tessuta

con un filo di respiri
in apparenze
d'un luminoso canto.

*

Sortilegi


Noi conoscemmo la mestizia delle ore
quando velano gli occhi
con l'opachezza della morte
che rende estranea nel dolore
la memoria d'un'antica sorte
al varco degli archi tra i ginocchi.

Non vi è stanza al mondo che contenga
fino in fondo il mistero e la vita
sfugge, appare che non appartenga
al corpo sfatto da una malattia avita
che è quella di essere un giorno nati
dentro un tempo di giorni già malati.





*

La forma nello specchio


La forma nello specchio dentro il bagno
curva la schiena verso terra
per via della luce che diventa suono,
canto d'alba quando dentro gli occhi
piove forte il destino d'una voce.

Ho preso dal centro della pelle il tuono
dei sensi quando battono violenti attorno al cuore
inquieto nell'impasto dell'attesa con il sangue
e vi soggiace l'ora della carne nella resa.


*

Parliamo dei frutti


Parliamo dei frutti
e di quello che è accaduto alla terra.
I nostri vestiti interiori
hanno ancora indosso gli odori
delle parole rapprese, le frasi rafferme
con cui abbiamo appreso del mondo.

Adesso che il tempo restringe
la feritoia della luce io rimango
dove più forte mi grida
la tua insuperabile assenza.



*

Quando vieni con la tua nudità


Quando vieni con la tua nudità,
prossimo si fa l'odore della carne
nell'umore acquoreo del desiderio

e seppure nella distanza dei corpi
più reale allora mi appare questo nostro amarci,
questo dirci della gioia degli occhi e delle parole

che dànno all'anima
il sentimento straniante dell'amore,
il senso degli esuli sulla via del ritorno.



*

Ci siamo arresi


Ci siamo arresi
alla piegatura delle maglie
quando soffia forte una rabbia
che alle porte sbatte contro
l'amaro destino di cardini
su cui ruotare senza tempo. La libertà
tuttavia, non ha rifrazione
e resta invisibile agli occhi
se non incontra una goccia
fosse pure stilla dolorosa
o l'ultima goccia di piacere
sottratta all'oblio dei sensi
nei ricordi della carne
di voglia in voglia dischiusasi
come un cielo già promesso. Mi piego
a questa necessità di fuoriuscire
dai cunicoli retti dalla struttura temporale
sotto il dominio di un'ora
che non conosce se non se stessa.


*

Il dramma di ogni nascita


Abbiamo spezzato il tempo
che ci rimaneva da vivere
- il dramma di ogni nascita
è il senso della fine -
dentro parole mai taciute
e bicchieri di vino
figli di un'osteria minore
tra un angolo di strada e la strada
che portava un po' più in alto.

Ma ora il tuo corpo tace
ogni respiro di vita
e immobile è lì che giace
al netto di una lentezza infinita
che disfacente proclama la sua vittoria,
codice indecifrabile
nella lingua che brucia
ciò che resta
di questo arcano universo.

*

Le mie ginocchia si consumano

 

Le mie ginocchia si consumano

Piegate dalla devozione

Di cui le gravo

Quando mi stupisco

All’apparire della tua bellezza.

 

Trascorro il tempo

 In questo deserto della distanza

Con le labbra riarse dal desiderio

 

E dischiusa ti penso

Fonte d’acqua chiara

 

Mentre Afrodite t’inarchi

Piena di sollecitudine

Verso la mia sete.

 

Oblia il mondo

Ogni apparizione

Della tua nudità

 

Ed io m’inchino ancora

Mendicante d’amore

 Sulla soglia luminosa

 

Del tuo essermi terra benedetta.

Sotto la volta di questo mio cielo.

 

 

 

               

 

 

 

*

Nel gioco della vita


Nel gioco della vita
il talismano delle parole
dentro le tasche segrete dell'eroe.

Troia avrà ancora i suoi cavalli
ed io morirò all'arrivo dell'ora:
non prima. Vietato disturbare

il quieto sonno dei vinti.

*

Correnti


L'uno non può essere uguale all'altro,
anche le copie uguali tra di loro
oltrepassano la soglia del duplice
e divengono unicità. Non basta
tracciare nell'aria segni con le mani
perché la parola diventi un'esule
lontano dal verbo dei poeti, ché non v'è esilio
nel cuore della parola. Giace
colui che ora tace
nel cuore delle parole in esilio,
poiché è il silenzio che tace
l'esilio di ogni parola. In altro
trasfigura il verbo poetico il mero dire,
rivelandone l'esilio nell'indicibile muto.
Un'indagine condurremo in atto,
pochi indizi e un'innocenza
colpevole di sé.

*

Armando


Dal cielo della gola il leone
urla la rabbia della reclusione
e sputa luce di stelle dolenti
che schiumano onde luminose
ad indicare la strada a cani in calore.

Non lacrima pianto la pietra della carne
e ogni smorfia non distorce la resa al destino,
il cuore è una piccola pieve di voci
e lui ne conosce le arterie ancora vivaci.

Dieci sono i giorni che numerano le mani,
le stesse dita che giocarono coi genitali
in ghirigori d'inchiostro femminili. Ora
la quiete forza il tormento della pelle
nelle ore di un oggi senza più orizzonti
che spostino in avanti la linea dell'esilio
oltre le pagine ancora vergini del tempo.


*

Sì, ho questa voglia di vivere


Sì, ho questa voglia di vivere,
perché il cielo è ancora una volta venuto
a deliziare i miei occhi feriti
da una luce inafferrabile. Mi dirai

poi dei giorni più duri, dei mesti congedi,
del grigio dolore degli uomini nudi
esposti al soffio ferale della morte,
al suo approssimarsi prima della verità.

E allora di questo stesso cielo, mi dirai,
che si carica di pianto, mi dirai,
fino a bagnare la carne di buio
e di angoscia, ancora mi dirai.

Ma io ti dirò una volta di più
che l'attesa non ha reso vano il tempo,
poiché l'atteso è già venuto, ombra
di una luce trasfigurata in promessa,
dolce suono del sì di uno sposo fedele.

Per questo oggi ho ancora voglia di vivere,
perché sopra le mie spalle
gravide di angosce e patimenti
di nuovo è venuto a disvelarsi un cielo.

*

Visione di Lei - dedicata -


Un piccolo bisbiglio nell'aria
- mite una parola, mite
una presenza. Un sussurro,
il segno umile del passero
quando smollica un davanzale,
la mano tesa d'un'amicizia solidale
nello stupore della reciproca esistenza.

Poi accadde tra noi la parola, diremmo
ancora il miracolo della lingua, il mistero
che schiude l'isolamento alla solitudine,
la solitudine al segno, all'epifania di sé,
attraversamento dell'Oltre verso l'Altro.

Ma la bellezza della tua alterità
è nella mia prossimità e ti toccai
nel segno della parola e accadde Amore
e fu ancora luce e di nuovo luce.

Io fui terra e tu acqua: uno sposalizio
rese al tempo la forma Originaria
ed entrò il Destino nella carne
e le nostre carni divennero l'anima
d'un unico Destino ch'ebbe in dono
la parola - il suono d'un nome - Noi.



*

È così


È così lieve la dolcezza del tempo che passa
che lascia un oro inquieto sull'anima
un passaggio della nostalgia
che dipinge di struggimento gli anni.

Ogni finestra chiusa è un racconto di vita
e conversano i morti tra di loro,
si sono scambiati la pace dopo la tempesta
e sembrano un gioco di vento le loro voci.

Nelle ossa dei vivi già sento il domani
con il suo rumore di passi che avanza,
ride un sole tra il freddo dei riti
e diversa già appare la sua luce.




*

Il mio Paolo

 

La notte era un treno

che attraversava la gola

e le uniche luci
note che vibravano in suoni
teorie di sequenze sonore
che davano forma ad un volto
dagli zigomi che sarebbero apparsi
un giorno sporgenti. 
 
Nel cuore qualcosa gli aveva scavato gallerie
gli abissi non trovavano la quiete delle onde
immota solo appariva la luce, ma era un inganno
del tempo, che inganna se stesso
con l'inganno di esistere. Non v'è spazio
quest'oggi per il tempo. Assiso sul nulla
estroietto le ombre e i fantasmi, assiso sul nulla
vivo l'estasi della corrispondenza: 
nostalgia chiama e bellezza risponde.
 
 

*

Eravamo noi e non altri


Eravamo noi e non altri
a terminare con i piedi in un sogno,
noi e non altri
a distrarci nei bus affollati,
noi e non altri
a tendere una mano verso la terra

avara di libri, preziosi e sciamani.

Eravamo noi e non altri
a salire sul battesimo d'un angolo di strada,
noi e non altri a dargli un nome di luogo,

un suono di lettere tra il mito e gli angeli.

Siamo noi e non altri ora
a celebrare il tuo sorriso
timido noi e non altri
a ricordare il sussurro di vita
che ti abitava dentro come tu abitavi

in un timido sussurro il tuo tempo.

Perché siamo siamo stati noi e non altri
ad aver vissuto questa storia di vita,
noi e non altri ad aver sognato i nostri destini
gurdando una notte dall'alto i lumi dei morti,
prima che tu te ne andassi di qui in un giorno di vita

e per sempre.



*

È nata come una stella l’ora


È nata come una stella l'ora
temuta dell'alba, che riporta
alla luce il grido della carne
quando urla amore. Tu sei

la voce che squarcia la pelle, tu sei
la visione che bagna il cuore; tu sei
il canto dell'anima: quando sfiori
i sensi trafiggendomi gli occhi.

Tu sei la mia follia d'amore
che fa più santo il giorno.


*

Oltre le campane di San Pietro - legge Rodolfo Lettore*

                     

 

                                                                                   a Poienauti 2

 

 

Camminavo nella solitudine
della mia ignoranza, ardeva
dentro di me un fuoco. Vagavo
ai margini d'una selva, lontano
dalla città dei poeti. Il verso
mi costringeva il collo
nel suono della lebbra d'una distanza, nessun canto antico
risucchiava in sé
il pianto della mia infelicità, l'assenza
d'un nome, la convocazione
d'un appello, lo sguardo
di chi sa dare una forma libera
alla mutilazione d'ogni forma, alla vita
che non ebbe
nobili natali
di lingua e di parola
e per sapere
solo una piccola stalla di cultura
tra il bue del desiderio d'imparare
dei colti l'erezione dell'occhio
e l'asino della curiosità di scoprire
il senso d'una cometa
nella notte dell'ignoranza
che lascia il vuoto
della bellezza. Non che si sia
tutti dei bambini divini o dei futuri cristi,
eppure coi poeti spezzammo il pane
dell'estasi del verso, in estasi
nel verso, in estasi col verso. Dicevo
camminavo nel deserto della solitudine,
quando la bellezza del dire non ha chi l'oda,
quando il passo che la cerchi ignori il suo nome, finché
non m'apparve un uomo, forse un dio,
più semplicemente un messaggero
della dea, che mi guardò con compassione
e mi disse: 'Parla, poi scrivi' e mi rammentò
di Rilke, Budda, Cristo e della libertà
dalla colpa dei miei respiri. Mi disse ancora:
'Se dentro il tuo grembo urge una voce, tu cerca
di darle la luce, sii una partoriente; la forma
della bellezza che tu cerchi come in un sogno
non vive solo nella misura, rapporti, proporzioni: è forma e non forma; è non forma della forma;
è forma oltre ogni forma'. E fu acqua pura alla sete.

 

*Ringrazio Rodolfo Lettroe per la stupenda lettura

*

Dario


Se tu mi ritrovassi un giorno
tra le pagine di un libro,
poeta tra i poeti, forse
diresti di me: 'è stato un poeta
o quantomeno ha scritto poesie
degne di nota a margine'.

Se tu mi ritrovassi un giorno
tra le pagine di un libro,
forse verresti alla mia tomba
con un fiore in mano. Io, ricordo,
vi andai, a quella di Dario,
senza fiori, ma solo e da solo
con la bellezza e la solitudine
tra le mani.

*

Stanno per mutarsi i tempi

 

Stanno per mutarsi i tempi

in genitali d'assalto: le rosse

guerrigliere assiepate

in cortili illuminati da notti insonni

riverberano vite avvinte

a muri di silenzio e schiavitù.

 

Qualcuno rimesta nella merda dei cani

e i cani latrano sulla merda dell'uomo,

ma l'uomo non combatte più la sua battaglia

e ai cani ora preferisce i robot,

ai doni della lingua il bit,

un pensiero privo di sfumature;

 

e la vita ha ora il fascino proibito

d'una marchesa dalla noia infoiata.

 

*

Noi non possiamo

 

Noi non possiamo sollevarci dalle spalle la colpa

di aver derubato i figli della speranza.

 

Li abbiamo distratti al domani,

reclusi nella menzogna dei padri

quando hanno loro nascosto il tempo

sotto il velo di un eterno presente.

 

Ma voi continuate l'inganno,

sanguisughe di diritti e libertà;

all'ombra di Caino gozzovigliate

con le tenere carni dei figli

sottratte al futuro.

 

Di questo graverete la vostra memoria

il giorno in cui avrete il coraggio dell'onestà.

 

 

*

Polisemie


Salivamo le nostre incertezze
piccoli pendii a ridosso di sponde fluviali
equazioni a due incongnite, polisemie
per sentito dire - le sale d'attesa
sono le docenti delle piazze, le insegnanti
d'un populismo delle idee -. A ciò si aggiunse
la scoperta dei risvolti nella testa, segreti
accumuli di pensieri - sentimmo dire
di un certo freud, se ne interessò il marco
che però si arrese immobile
con il culo di pioggia
sulle stecche della stessa panchina
dove si adagiò a morire una donna
priva della grazia delle ceneri. Ora
ci siamo legati agli orologi ai polsi
e misuriamo con ansia le ore mancanti,
ignari di quanto ci disse in segreto
samuel a proposito delle forme inavvenienti
e risolviamo il dubbio sul sesso degli angeli
con la carnalità dei nostri corpi congiunti
quando il letto apre i suoi rami e s'infoglia
per un nido transitorio agli appetenti
o un angolo di strada versa dentro il buio
i riflessi di due lune in quattro gambe.


*

Nel silenzio dell’alba

 

Nel silenzio dell'alba,

nel dirsi all'apparire della luce

un canto d'amore è la carne in attesa.

 

Se una stanza si fa grembo,

il nostro amarci è seme fecondo

che lega i nostri nomi

 

in un destino tra cielo e terra

con un arco di luce e di suoni

che ripetono la parola Noi.

 

 

 

*

Andata a fuoco


Dispiegammo le nostre fami come vele
navigando a vista nei solchi dei corpi,
furono pane e acqua ai nostri giorni
quando minacciava naufragio
la tempesta della solitudine.

Nei caveau delle nostre carni preziosi
venivano custoditi i tesori: tu
m'eri anello sulla punta di diamante, io
ti portavo con le mani l'oro liquido
per la gioia del tempo della semina.

Ci guarimmo dalla malattia degli specchi
guardando oltre il muro delle forme,
gli occhi perdettero le figure della luce,
furono stranieri prima d'ogni esilio
abitando una terra vd'anatemi.

Adesso tra i rami spogli delle vele
abbiamo casa, una teoria di ricordi
la polena di questo nostro tempo
e per cambusa ci portiamo dietro
il sogno delle rughe

e un'illusione andata a fuoco.


*

L’uomo che scavava dentro l’abisso

 

                                                                                        A Salvatore Pizzo

 

 

 

L'uomo che scavava dentro l'abisso

di una teoria di respiri, scavava

riportando tra le mani ferite

piccole scaglie di luce. Egli

 

era solito attraversare il buio con il fiato in gola

e non misurava se non con gli occhi la distanza

tra lui noi e le stelle. L'uomo portava con sé

 

un canto nella carne del cuore e gli premeva sull'anima

un suono sottile, simile al lamento d'un esule lontano

che guarda la terra natia negli occhi di un amore,

 

foss'anche lo sguardo d'un cane randagio

nella solitudine d'un poeta. L'uomo

sapeva con la pelle la voce degli ultimi, la sapeva

fin dentro le fibre della propria carne, la sapeva

 

fino ad udirla nascosta

nelle ombre dei lembi di cielo, quando

le ore d'autunno presto diventano cera

 

d'un altro giorno andato perduto per sempre.

 

 

*

La Cvetaeva ha di me un’opinione sbagliata


La Cvetaeva ha di me un'opinione sbagliata.
L'altra mattina il barista le serviva il caffè
E lei mi guardava come se fossi una tazzina.
A volte mi cammina premendo i piedi sulle vene
E osservo il suo smalto sulle unghie.
Se lei mi amasse potrei diventare un pesce d'acquario
E dormire e sognare - ma dormono e sognano
I pesci? - tra l'andirivieni dei suoi passi.


*

Come fosse una preghiera


Padre, che ora turbi i miei sogni
Con le tue apparizioni, ora
Che gemi nella morte
Come un tempo gemesti nella vita,

Ora che le nostre spalle
Sono divenute tra loro straniere
Vedo sfiorire ogni nostra verità
E allo stelo d'una strenua resistenza affido

L'immagine di quest'uomo che pulisce il vetro
Convinto che una più chiara trasparenza
Lo conduca lontano nella visione

Ignorando con la coscienza
Il dramma del bivio, la svolta
Che muta il flusso del divenire
In una teoria di attimi
Dove la scommessa di ogni alito
Si perde
Tra nebbie, miraggi ed illusioni,
Dove il tuo apparire non è altro
Che un residuo di fonemi, lettere
Con cui assemblo un alfabeto
Per continuare a vivere in ogni parola
La nostra umana dignità.


*

Lavate il mio corpo voi donne


Lavate il mio corpo voi donne
Con garze imbevute di pietà
E voi uomini non guardate con sdegno
Ciò che rimane delle mie carni.

Tutta la vita ho rivendicato
La mia arte povera,
Scarna di doni, priva di beni

E il mio diritto d'esistere
Nel solco dei poeti.



*

La notte di Natale e l’albero

 

Eravamo in tre con il morto

La notte di Natale e l'albero

Che barava faceva il quarto

Da palo alto fino al puntale

Tra le palle colorate e i lumini 

Accesi sul dorso della cometa

In ansia per la fuggevolezza 

Del tempo. Ora, a dire il vero,

Di quel tempo ricordo solo il contrasto

Tra la fica di lei ed il morto

E l'albero baro

Che sotto i rami nascondeva la neve;

Diceva: "Ci vogliono le palle

Per vincere la partita".

 

E allora noi ci alzammo

Per osservare il cielo di notte

Ed il piccolo principe

Che innaffiava la rosa

Tatuata tra le cosce della luna

Mentre questa vegliava

Le schiene nude

Delle ultime mignotte

Dalle ciglia vogliose di sonno.

 

 

*

Del Cristo sulle acque

 

Del Cristo sulle acque

vedemmo soltanto i piedi

dimenticando il cielo

nel grembo della madre.

 

Forata coi chiodi la parola

perdette il suo oro dentro il vuoto

 

se dove ancora risuonò quel grido

ogni traversa di legno si scuote

 

alla solitudine dell'amore.

 

*

C’è del vero

 

C'è del vero in questo assurdo.

Graffia la vita con le unghie da gatto

E la scimmia sul ramo la beffa

Riflettendone la smorfia da volto pensante.

 

Ma poi l'alba riporta tutto alla carne

Delle cose, tra i piatti sporchi della cena

Ancora da lavare e una lavastoviglie,

Paradiso perduto o mai raggiunto.

 

 

*

Povere ossa


Sono così fragili le nostre ossa
Che nell'universo di polvere dei morti
Nessuno più flette le sue ginocchia
Nessuna preghiera rompe la pietra.

Ci vorrebbe un miracolo al miracolo
Della vita, all'amore dei nostri anni
Al venirci incontro della bellezza dei giorni,
Ma è solo la fine del dolore

La consolazione del tempo dei morti.



*

Al piano di sopra


: 'Che ci fai tu con le parole?'
'Io ci costruisco il mondo'.
Ma l'acqua che scorre nella vasca
Accade sul piano di sopra.

Ora sono passati degli anni
Da allora. Lui era un girovago
Che ogni giorno cercava una piazza
E dintorni. E la notte respirava Roma
E Roma aspettava che lui
Le restituisse la vita. Accadde
Un giorno come le parole
Che trascorrono il tempo come l'acqua
Nella vasca al piano di sopra.



*

L’alba


L'alba nasce nel mondo per farsi eco
dei nostri nomi, mai ripetuti invano.
Traversa il buio della notte una speranza
E ancora ancora abitaremo la luce
Delle nostre carni che attende l'ora
Dell'estrema loro congiunzione;
Perché non c'è sole senza corpi
Che ne avvertano il calore, né amore
Se il fango non cede alle sue impronte.
Allora tu distenditi come terra si distende
Alla semina del coltivatore, ed io ti coprirò
Come cielo dispiegato e al turbinio dei sensi
Affiderò il carattere del mio sangue, verrò
Nell'ardore del seme al grembo tuo di madre
E scriverò col colore bianco della gioia
Un nuovo nome dentro la tua carne, un figlio
Che porterà in sé l'Origine: Noi.

*

Una voce


È così piena di luce l'alba,
guardi verso est e rinascono
con te tutte le cose; ma è nel buio
amico mio, che la tua sete di bellezza
ti trasfigura in un'altra bellezza ed il mio est
torna alla notte, come un amante all'amore.


*

Tra vent’anni


Tra vent'anni, attorno
ai miei settantasette anni,
sdraiato su di un fianco,
nella stessa casa di sempre,
con la mascherina dell'aerosol
sul viso, mi preparerò a morire.
Tra vent'anni o forse meno.

*

Comporre versi


Sono un vagabondo. Un vagabondo
stanziale e senza coraggio: ho sempre bisogno
della carta igienica per pulirmi il culo. Eppure
ancorché nella codardia della corporeità
sono un clochard: amo il margine, lo stare fuori.
Comporre versi.




*

Il piede di una donna


Il piede di una donna
Se è ben curato
Muove il mio sguardo
E del mondo il colore muta.

Il corpo di una donna
Se è ben curato
Muove il mio desiderio
E del mondo il mondo trasfigura;

Eppure è del piede dentro il fango -
Il piede stanco ferito di cattivo odore -
Che io amo l'immagine e la parola,

È dietro ogni sua orma
Che io raccolgo la vita

Ed i suoi frammenti di stelle.

*

Tra noi


Tra noi un'alba è lo spazio di un'eva,
Lì la luce assume lo stupore di un uomo
Dopo la ferita dell'idea diventata altro fango,
Ora miracolo del sapore di labbra
Succhiate avidamente per rubare
Un respiro al cuore. Il corpo
Disteso ai fianchi di un altare pagano
Celebra il rito delle congiunzioni;
Vi sono ancoraggi e sostegni
Al fluire morbido delle carni,
Vi sono liquidi sospiri e sussulti,
Bagni d'acque chiare a dare battaglia
Alle pieghe fredde della solitudine.


*

Vedevo quel lenzuolo bianco


Vedevo quel lenzuolo bianco
Sull'impassibilità del tuo silenzio,
Disadorna di corone e cuscini
La piccola camera ardente:
Un sudario di miseria e solitudine
O mistero
Stringevano l'esanime
Tuo corpo nell'estremo abbraccio.

Nessuno quel giorno si smarriva
piangente nella litania del tuo nome;
Eravamo tu ed io, due sconosciuti
Nella desolazione d'un incontro

Tra il tempo dei respiri ed il nulla.

*

Quando litigano


Quando litigano, le loro grida
salgono e scendono per le scale
con il tono delle voci sguaiato,
i reciproci improperi e gli epiteti
che dall'uno passano all'altra,
finché lei non vince stremando
la resistenza di lui, già sfinito
da una vita di scelte sbagliate, di sogni
incapaci di sognare se stessi

e di strade nel quartiere
che non offersero altro
che una claustrale lingua d'altri, appresa
per obblighi di istituzione,
servigi ad un potere di classe
che non conosce pietà,

eppure, parlano come gli altri –
di me conoscono
la similitudine dei fratelli -,
hanno una stessa lingua sulle labbra,
ma sono stati privati delle loro parole, sono rimasti
degli indicibili sconosciuti alla Storia.

*

Io non riesco più a parlarti


a L.

Io non riesco più a parlarti,
a dirti di me a dirmi di te, a dirti
dentro le parole chi noi siamo,
chi sei tu, chi sono io;
perché non ci sono parole
che ci possano contenere o svelare
alla logica della luce:
chi se tu, chi sono io, io
che non so dirti altro di me
se non un'approssimazione dei sensi
o di ciò che le parole di me sanno dire
o invero solo di ciò che ho appreso
della lingua delle parole fin da bambino;
ma se io fossi nato - non tu, tu
non cambierai per me - dentro
un'altra lingua, ora
che cosa ti direi di me? Mentre di te
rimarrebbe comunque in me
un intrigante silenzio.


*

Quando il mio tempo


Tu verrai a raccontarmi,
Quando il mio tempo non avrà più ore.

Allora dirai
Agli alberi piantati sopra i marciapiedi,
Che la mia vita è trascorsa
Nell'ignoranza dei loro nomi;

Allora dirai
Alle anziane del cortile,
Che avevo vergogna
Di mostrarmi alla luce,
Che ignoravo il respiro
Delle loro memorie

E di come ignorassi
Le notti sospese
Tra ritorni di fughe
Alle veglie dei morti.

E ancora dirai loro del mio nome,
Mentre ai giovani non dirai altro
Che il nostro silenzio
Alle veglie dei morti.


*

Di questo abisso


Roteano i versi lungo il bordo
Di questo abisso di parole e visioni
Che sembrano una nebbia
Ad impedire il passo
Verso un altrove ancora possibile

E ci costringe ad un ballo senza tema
Un girare attorno al vuoto segno
Di una follia senza bellezza, che c'imprigiona
Nel sortilegio delle assenze
Dove abitiamo le nostre schiavitù,

Per cui trova ancora un senso nuovo
Questa nuova resistenza di poeti

Anche quando ai margini d'un foglio.

*

Tra le scapole della tua colpa


Non fingere la parola che non sai
- la tua vita ha un soffio breve - .

Ricorda le tue origini
E l'assenza di punti di sutura.

Guarda i marciapiedi che calpesti
E l'asfalto dissestato dei tuoi giorni:

La piaga non riunisce i suoi lembi
E resta aperta la ferita nell'inchiostro.

Ma tu ti volti ancora e senti sulla pelle
Il soffio caldo della sua voce. Senza innocenza

La segui: accade un destino
Tra le scapole della tua colpa.

*

Gli eroi di Picco dei Falchi


Avrei cercato la salvezza a New York:
Un paio di mutande stese
Al trentaquattresimo piano
Di un grattacielo dentro la città.
Solo così, avrei potuto sopportare
Un mio viaggio in America. Ragazzi
Lo eravamo ancora e la strada
Era quella tra la Togliatti ed il mito.
Ora la morte ha già lambito
Gli eroi di Picco dei Falchi.


*

Ed era ancora presto per non essere felici


L'adesso è una strettoia
Un imbuto di possibilità una carrozza scartata,
un destino deviato. Il tempo
Ha avuto ragione del mito.

Una panca di legno sorreggeva il mondo
E la pagina scritta era un'alternativa reale
Tra gli alberi ed il sole di giugno
Prima che l'ora declinasse alla sera.

Avesti a dirmi del volto sconvolto
Si trattava di mediare un appello.
Ora qualcuno ha già sospeso il discorso
Le sue labbra cedute al ricordo

Dei nomi di cui ora tacciono i suoni
Ed era ancora presto per non essere felici.



*

D’un’estate oramai al tramonto


Sarà appena passato
Non ci salveremo
Dalla ressa dei giovani assalti
Dalla folla che la ripresa intristisce.
Ogni giorno è una scelta ad un bivio:
Andare o restare o andare perché dove
E quale percorso scegliere
Se il tempo è sempre quella misura
Che non ci appartiene. Tra poco
Saremo incontri di corpi
Costretti in una socialita
Di fiati senza parole
E visi sgomenti
In attesa di venire liberati
Con il rito d'un caffè. Resisto
Al caldo della lamiera alle spalle,
La stufa del vano motore
Un'afa tardiva
D'un'estate oramai al tramonto.


*

I poeti


I poeti siano memoria
Gli uni degli altri
E i poeti dei poeti
Le poete delle poete
E gli uni delle altre
E così queste di quelli.

E si dividano in piccoli gruppi
In cenacoli di simpatia
O di affinità. I giovani
Ricordino gli antichi
E i vecchi dei giovani
Diventino discenti,
Affinché non si disperda
L'acqua sacra della Poesia
E loro tutti, eterni viventi
Siano il chiostro
Dove i mortali
Possano trasfigurarsi
Ai passi celesti
Della divina Poesia.


*

Se ora


Se ora io riudissi di nuovo
La tua voce, il tuo dirci
La vita
O te stesso,
Penserei a te
Nel chiuso della casa
O in viaggio verso la gravità
Ma non penserei di te
Che un giorno la morte
Iniziò sul tuo corpo il suo scempio,
Ma questo accadrebbe soltanto
Se di nuovo ora io riiudissi
Il suono della tua voce,
Ché il suono della parola
Non concede alcuna distanza
E lascia disparire in sé
L'inganno dell'illusione,
Quella diastole senza ritorno
Che separa per sempre
I vivi dai morti. Non così
Invece mi accade se rivedo
Una tua foto, pure nel tempo
Ritrovato d'un vissuto:
L'immagine rimane
Al di là di dove siamo
Adesso io ed il tempo.

*

Non uccidete Dio


Non uccidete Dio,
Lasciate che il suo Mistero abiti
I cuori lacerati dalla solitudine.

Grida un deserto di pronomi
L'anima squarciata dal silenzio
Dove non risuonano appelli
Del suo nome.

*

Smarrimenti


M'insegnarono che ero vivo,
Imparai a chiamarmi per nome,
Fui presto sorpreso e consapevole
Di vivere dentro un respiro.

Ma nulla ho mai appreso
Delle leggi sovrane dell'universo, nulla
Della chimica, della biologia, della fisica,
Ma della donna appresi qualcosa, imparai
A sentirne l'odore diverso del corpo, diverso
Il suo punto di vista sul mondo. Così mi divenne, la donna,
Una promessa di gioia ai sensi
E uno stupore dell'anima
Che smarrisce ancora oggi la mente.




*

Nella gravità del reale


Pesano nella gravità del reale
i sogni, un lungo interminabile
stallo, un'àncora
che ancora impedisce il mare.

Non v'è altro respiro che questa vita,
confini vegliati da angeli o bestie,
tutto appare irreale
nella tragedia delle pietre

quando dei muti
è l'ultima parola.


*

Settembre o dell’autunno



Ieri il sole bruciava la pelle
ed erano di ieri i racconti del mare
il mormorare delle donne sul bagnasciuga
gli schizzi d'acqua dei bambini sulla riva
la ruota dei maschi in cerca di glorie. Ieri
che ora è già solo un ricordo
e segna la natura il passaggio delle ore
la consegna delle stagioni, i segni
di un'attesa che si avvicina
prossima al desiderio
cavaliere della distanza
tra il frutto maturo ed il palato.


*

Vibrazioni


Sempre ho ritrovato la vita dove
i marciapiedi incrociano piccoli
fatti, teorie di storie, memorie
che segnano il respiro dei giorni.
Sono varchi nel tempo, voci d'altri
ieri, volti trascorsi e passati
dal tempo al suo altrove, è come
avvertire un'aria diversa, udire
un coro di voci clarisse
dal fondo della loro clausura
che avesse dimensioni di mura
e di asfalti. Sono quei piccoli salti
nell'eros del mito, dimore di pelli
e di cuori, note intonate
con infinite vibrazioni,
emozioni lasciate fiorire
nell'incanto d'un sole al tramonto
quando Roma ti prende e rapisce.

*

Sulle croci dei morti


Un giorno siamo stati
senza poesia o poesie
senza lettori. Un giorno

noi fummo nel terrore del fuoco
e nel dolore del fuoco

che non ha pietà neppure del nulla
di chi nel dolore respira la terra
con la schiena ricurva
sul pane dei morti.

E un giorno noi fummo
nell' unica certezza
d'una speranza che insegna

ad aspettare la fine
sulle croci dei morti.


*

Memoria d’un dipinto


Ero prigioniera tra prigionieri, reclusi
in una cella disumana, ridotti
senza pietà, ridotti a bestie
senza più alcuna identità.

Di noi alcuni divennero carnefici
e carneficina e non di rado
i primi aguzzini
della loro stessa dignità.

Se riuscii a salvare in me
qualcosa del soffio dello spirito,
fu per la memoria della bellezza
che m'apparve un giorno
nella trama di ombre e di colori
d'una tela
mandata per anni a memoria.

E m'appariva un cerchio di sole e m'appariva
un cielo, l'accenno d'una casa;
e m'apparivano
le diramazioni d'un albero santo; m'appariva
una distesa d'acqua o di foglie
e tutto era segno,
segno d'un'idea e l'idea era lì,
era lì come un'ala, seppure ferita,
però adatta per il volo
con cui ritrovavo
la nostra umanità.

*

Alle porte dell’alba


I chiodi non hanno più le parole,
solo il grido estremo, poi il silenzio.

Lo squarcio nel petto ha mostrato il vuoto,
immagine dell'assenza; ne sarà
la pietra scostata
il significante. E ancora silenzio.

Nella solitudine degli occhi
lo sgomento dell'indecifrabilità. Cadono
dal legno scorticato a sangue
gocce scintillanti di miraggi, muta la speranza,
vocata claustrale all'attesa
nel grembo sospeso del silenzio.

Schiaccia la notte
il costato trafitto, eppure
trafiggerà la pietra la luce
alle porte dell'alba.

*

Nell’impossibilità stessa dell’amore


Io so che un giorno saremo stati
e più non ricorderemo
il calore delle mani tra le cosce.
Io so che un giorno saremo stati
e più non ricorderemo
l'intrecciarsi delle lingue
tra le bocche spalancate dalla voglia
e in quel sovrapporsi di labbra e di salive
rintracciare il segno vitale del mistero,
quella pulsione di luce che ci abita i sensi.
Io so che un giorno saremo stati
e più non ricorderemo la gioia dei corpi
nella congiunzione delle carni
a ridurre la distanza dei sessi
dall'infinito all'amore.
Io so che un giorno saremo stati
e più non ricorderemo
il dolore del mondo,
quello che lacera carni e anime
e rende brezza di quiete la morte
oltte l'atterrirci del nulla. Io so
che più non ricorderò di essere stato
e che l'ultima ferita di luce ai miei occhi
verrà dalla memoria viva
di questo nostro amarci
nell'impossibilità stessa dell'amore.




*

A ’Delle rose l’appassire’: omaggio alla Turra


Ricordati, stupore di Dio:
quando guarderai una rosa appassita,
tu guardala con gli stessi occhi
che ne videro il nascere
e ne ammirarono ancora
il florido rigoglio dei petali;

poiché ora
è solo l'inganno del tempo
che vela al tuo sguardo,
dietro forme di vecchiezza,
l'eterna bellezza di quella rosa.

*

Uno smarrimento ci attraversa


Uno smarrimento ci attraversa,
un'ombra della memoria,
un ricordo oscuro appena intuito
che per un attimo sembra risalire
la fissità immobile d'uno sguardo cieco.
Non sappiamo pur sapendo il tempo
di un tempo andato per sempre perduto.

*

Ci spinge l’ardore...


Ci spinge l'ardore erotico del sapere
e non temiamo né la notte né il mare.
Gonfia la vela del desiderio
l'intuizione indicibile d'un Altrove,
l'Altro è l'ultima riva del nostro andare
e al canto delle onde già
s'appaga,
sotto l'occhio vigile della luna,
l'inquietudine indicibile d'un sogno.






*

Maldestro tentativo d’imitazione ovvero un emulo mancato


A ben guardare non era Ben il nostro uomo,
un'appartenenza appartamentata
che non soddisfaceva la congrua attesa
del calibro d'un ventisette, eppure
alla tredicesima puntata fu l'assunto
degli assi in una mano
a passare le carte come un impiegato
preso al punto dove eravamo rimasti:
in crisi temporale
sul metro di chiusura. Giorni,
l'ho sempre detto: una voce
romantica per non dire nulla
eppure deflagrante dentro
il nome dato all'anima
che di simboli si nutre
a sé stante o a congrua distanza dalla carne,
minima prima della congiunzione
non attraversata più dall'aria.




*

La carne cruda


La carne cruda squarcia il mutismo
della notte e grida solitudine
la vita nell'ora che più estrema
dispiega l'assurdo o la speranza.

Così ti ricordo, padre: velati
gli occhi eppure specchi di rapace
artiglio che di sé annuncia il tempo
lacerando nel dubbio chi rimane
l'atteso sulle stesse tue orme.


*

Dove l’assurdo scava un abisso alla ragione


Dove l'assurdo scava un abisso alla ragione
la bocca quieta il suo lamento
sopra gli umidi dossi del tuo sesso
che dischiudono altri abissi nella mente
quando l'oblio d'ogni causa è il piacere.

E se la creazione non fosse altro
che l'esodo mistico del divino
quando si trovò nudo di parole
di fronte a se stesso?

Così ritorno al mare che si tormenta
nel rumore che muove il suo orizzonte
verso la deriva dei miei occhi
più ciechi ancora quando alla luce.

*

La morbidezza...


La morbidezza dei tuoi glutei
che porti sul mio ventre,
il turgore del mio desiderio
che arde il passo della tua intimità;
così annunciano l'aurora
dell'amore le carni amanti
e nella parola tornata muta
grida il piacere la lingua dei sensi,
urlo che grida la vita, l'eros
che vela nell'estasi dei corpi
l'ombra cupa d'ogni finitudine.

*

Un dipinto, un volto di donna, una suggestione poetica


È dei miei occhi l'intima identità
che il volto incastona,
come un gioiello la pietra preziosa;

allora tu non fernarti ai colori dell'ovale, effimeri
o perenni:
ti diranno di me il meno ardito,
mentre solo se mi viaggerai
nel tuo stare immobile con lo sguardo
dentro il mio sguardo,
siforerai di me l'Indicibile parola
nel silenzio del tuo stupore.

*

Oltre le parole, il suono


Fu per noi la questione del nome,
ci colse alla sprovvista e non fummo pronti
alla definizione del tratto finale.

Così la fuoriuscita di senso irrise
la serietà del risvolto: elesse la fine
a chiave di decifrazione e criptò

la vita del Cristo, affinché dell'evidenza
non emergesse l'ombra
che tradiva la luce là fuori. La fine

ci apparve il destino del nome
e senza disperazione ne prendemmo atto.
Presto sentimmo il brusio della vita

ma senza che lo stupore lasciasse eredi,
piuttosto stranieri con l'oblio della memoria
e una teoria di atti, per zittire il silenzio.


*

Madre


Ci separerá la naturale cesura,
come un tempo ci disgiunse la luce.

Tra la polvere dei mille silenzi
incontreremo parole di pietra,
quelle che a margine d'un nome
diranno soltanto d'un tempo vissuto
oramai passato a memoria

e diranno d'uno sguardo perduto
al tocco pietoso di una mano
filiale o materna rimasta nel pianto
ai piedi del mistero e del dolore
che porta con sé nel suo apparire.




*

Buio


Non hanno a cuore la giustizia ma la violenza,
fanno della vittima un simbolo sacrificale,

esorcizzano il pensiero con la propaganda
per liberarlo dai semi della ragione.

Convocano al baccanale dello stupro
la libertà per farne dileggio e brandelli.

Sono ombre dei loro fantasmi, idee ossessive,
menzogne prive d'ogni luce.



*

Portami uno squarcio nel cuore


Portami uno squarcio nel cuore
e scuci dell'anima i lembi della difesa,
non darmi tregua, non permettere
che prenda fiato il mio respiro, tu resta
della mia carne la parte intera; del piacere
del tuo corpo sotto il mio
ne farò un chiodo dalla punta arroventata
ed in brandelli avrai la mia agonia d'amore
nel mentre un'acqua di gioia
sarà sale dentro la mia arsura.


*

Il corpo e la pelle



Il tuo corpo sfiorava ardente la pelle,
la tua lingua cercava la mia bocca,
perché in un bacio apponessimo
il sigillo della passione.

E ridestasti così i sensi
al soffio impetuoso del desiderio; io mi arresi,
schiavo d'amore, alla tua carne

e chino il capo sul tuo segreto
furono le tue mani tra i miei capelli
la corona di gemme al mio piacere.

*

Due donne, un amore


Perché sentissi in me la vita
dovetti affrontare l'esodo dei sensi,
oltrepassare il cedimento del corpo al piacere,
affinché qualcosa sfiorasse la gola
e sentissi il mio suono nel mondo.

Così ho dato un nome ad un altro
che mi fosse ancora più simile nella carne, un nome
che percosse la resa dei muti
allo scandalo degli ottusi;

e fummo donne, femmine nell'amore
e fummo amore nell'abbraccio che più non distingue
il corpo dal cuore.


*

S’adagia come un cielo

                                                                                                                                                    

                                                                                                                            Dove sei tu, inizia il mio cielo

 

                                                                                                                 

S'adagia come un cielo

il manto della tua bellezza

e m'avvolge

nell'incanto dello stupore l'oro

che riveste la tua anima, meraviglia

d’ogni meraviglia che s’offre in dono

allo sguardo attonito del mondo.

 

Ma è ancora nell'alba, talamo

del nostro amore,

che la tua forza piega le mie ginocchia

ed inarca

le reni la potenza evocativa

del tuo corpo

e della sua bellezza

ogni seduzione m'avvince.

 

Allora schiavo d'amore 

cerco di te l'essenza

tra il capezzolo ardito 

e l'alcova di carne,

dove ogni volta placo la mia sete

d'ogni tuo segreto piacere.

 

 

 

*

Così...


Così le parole cadevano su Trastevere,
tra piazza Rolli e ponte Testaccio;
sembravano fiocchi di neve
come quelli che ci sorpresero -
disteso manto bianco,
quasi il riapparire di un'innocenza -
e non eravamo più bambini e non eravamo
più ragazzi: eravamo
al di qua del confine dell'età giovane
che non trovava per noi
il posto giusto nel mondo. Così
le parole cadono tuttora,
ma non più su Trastevere, non più
tra piazza Rolli e ponte Testaccio
e non sono più neve, non sono
più acqua, eppure ancora dissetano
l'arsura della mia stranietudine
in un mondo dove inizia il mio esilio.




*

Noi, chi eravamo noi...


Noi, chi eravamo noi
quando venivamo al mondo? Non c’erano premesse che promettessero giorni di felicità. Dilagava
tra i corpi gettati nel mondo un assurdo esistere
privo di giustificazioni e soltanto
l'inquieto temporeggiare della notte
leniva l'acuta percezione d'un vivere smarrito
in giorni privi di senso; eppure
non ci spiegavamo ancora
quella dolorosa nostalgia, l’acuto struggimento
che dischiudeva il desiderio - rosa nel cuore -come di una vetta prima dell’orizzonte. Non ci spiegavamo e ancora
inermi dentro un tempo ignaro
ignari non ci spieghiamo.



*

Ore notturne - solo un mero andare a capo -

 

Che cos'è la poesia? Forse non è concepimento per il parto

e parto per la lettura?

Cosicché essa stessa diventa 

un tentativo di seduzione,

l'artificio osceno del poeta

per irretire il lettore, foss'anche questi

e quegli un'unica maschera di parole.

O che cos'è la poesia? È forse il cielo

che copre la nuda terra 

come un uomo la propria amante?

Hanno ceduto le parole il loro segreto,

un siero aggiunto, una discordia,

la discordanza tra il nero e il bianco,

un'intercapedine nella lingua, un uso

laterale dei costrutti fonematici,

uno scarto tra l'io e il tu, un incidente,

una teoria di celle recludenti ogni respiro.

Non chiamarni per nome, non esisto:

sono stata per te 

solo un mero andare a capo.

 

 

*

Un tempo senza nomi


Quando attraverso le notti
prive di voci e mi atterrisce
un tempo senza nomi,

allora ricordo le tue parole
e con loro nutro di bellezza
la mia solitudine.



*

Gesti


Allora quel gesto serale di congedo
- il controllo della presenza come respiro,
contigenza di una radice -
riprende dalle mani del corruttore
i trenta denari, assolve la colpa
che inquieta il cuore, manca la pena
di una libertà appena sfiorata.

*

Suggestioni


Detto per scarto di parola,
Il non detto è l'altra verità.
Così nel vissuto resta ancora
un discorso possibile da dire
o meglio ancora: è ciò che non è stato
l'appello rivolto ad una lingua
che se tace i suoi nomi,
di un'altra storia si fa nomenclatura.


*

Ho tagliato le unghie stamattina,

 

Ho tagliato le unghie stamattina,

prima che il nero della vita

ne insidiasse il nitore.

 

Non so quale domani attenda il mondo

e se io avrò ancora un domani ad aspettarmi.

 

Spagino un libro di poesie della Grazia

e grazia amcora m'appare ogni parola,

erogenesi di un incontro sospeso

tra il nulla e gli abissi di senso.

 

 

 

*

La purezza della forma


Tu cerchi in me la purezza della forma,
la perfetta matematica della misura,
ma il mio verso è solo una soglia,
una porta finta disegnata per gioco;

simile a quella di bambini più grandi
quando inventavano squadre con poco
nel cortile angusto d'una scuola
scavalcato in disordine sparso
armati solo di calci e pallone.

Così ora non cercare in me uno stile
o la perfetta consapevolezza della scittura:
lascia che sia la mia urgenza
a muovere l'esule passo interiore
che torni e ritorni costantemente
verso una terra che chiamo il mio altrove,

volto di madre dai tratti a me ignoto,
eppure con voce che inseguo e voce
che sempre mia terra io riconosco.

*

Una poesia difficile


Noi non possiamo smembrare un nome - il Cristo
Inchiodato alla croce
saprà mai di essere stato
un uomo felice?

Lo spermatozoo penetra l'ovulo,
segna una natura esultante di sé -
in lacerazioni di carni
o loquace violenza
d'uno sproloquio di vita.


*

Vania


Lei quando scrive scava dentro
e non risparmia le unghie per grattare la terra dalle anime
o ferire; lei
non ha paura di cedere la carne
alla passione
o di guardare il mondo
dagli orifizi di un corpo in subbuglio - quanta fame
corrode le ossa
al riparo della luce. Lei ama
l'anarchia dell'utero e tra i seni
il soffio potente della sua libertà
oltre il recinto d'ogni pregiudizio
che non sia disposto a perdonare
come uno sposo tradito
le infedeltà della vita.



*

Io non sapevo


Io non sapevo se tornare a morire
o se vivere intendesse la luce.
A tratti emergeva una linea,
un segno che sottraeva il bianco
al potere disperante del nulla.

Così trascorremmo una vita in schizzi d'inchiostro
e ci chinammo a parole di mutevoli attese,
ma di sgomento fu pieno il viaggio
quando fu chiaro il respiro dei giorni.

*

Musicista


Se negli occhi tuoi
si specchia il mare,
se alle tue dita
s'affida il suono celeste
della musica, tu dimmi:
siederai ancora su questa terra?

Alla polvere di questo mondo
tu non offrire una casa
e lascia i tuoi piedi
liberi di camminare sulle vie degli eletti -
o dei graziati -.
Ti condurrà dove la bellezza è già un altrove
questo muoverti con passo di 'straniera'.





*

S’alzano in volo


S'alzano in volo uccelli nel parco
portando in alto il loro verso;
anch'io, che pure non ho ali per il cielo,
cerco di trarre versi
da questa terra 'straniera'.


*

È il figlio della croce


È il figlio della croce, mio figlio
e non il figlio della redenzione.

Questi asfalti lastricano i giorni
di cupi dolori, tristezze e fallimenti,
fugace è la gioia

e come un vento impetuoso
lascia dietro di sé
più denari che stupori.


*

Tu mi desideri? Scardina


Tu mi desideri? Scardina
l'universo chiuso della mia solitudine
la parola che pronunci o per sempre
mi reclude l'orizzonte del segno.

Non ho mai creduto
di diventare un uomo felice,
ma se nessuno invoca il mio nome
chi mi dirà che sono ancora vivo?

È il tuo desiderio a ferire il mio tempo
e revoca la mia presenza
da un limbo sfiorato dal nulla
e respiro dalle tue labbra
il suono del mio nome

e del tuo desiderio
io mi nutro ancora.


*

L’incavo del mio ventre

                                                                                                

                                                                                              a E.

 

L'incavo del mio ventre

ha portato in sé la luce

di questi miei giorni; uno scavo

di vita tra battiti e acque

fino al dolore 

quando grida la notte.

 

Ora che il vuoto del nome

ha dato forma all'assenza,

nondimeno sarò madre nel volto

in un tempo chiamato a non dire

nell'aria il suono del nome

fino a quando 

dalle profondità terrestri

torni alle pietre una voce

ed il frutto mai nato a radice

ripeterà il mio nome di donna, lui

che mi è stato figlio

e lo sarà per sempre.

 

 

*

Anch’io, un giorno, iniziai a vivere


Anch'io, un giorno, iniziai a vivere
e furono respiri su respiri
sul seno giovane di mia madre

ed il tempo trascorreva
ferendomi le spalle
con la leggenda d'una data incerta,

perché un altro tempo
sfuamva i suoi contorni
senza il timore odierno
di perdere i dettagli,
di perdere il giorno dei giorni.

Ora è diventata una scommessa
questo vivere sommesso, nel mentre
urla l'età giovane dei figli

e troppo quieto e inadeguato appare
vivere in una teoria di bisbigli.


*

Noi


Amo le tue nudità, nudità
di madre, terra di semina
e di fuoco,
terra che accoglie,
inghiottendo, la carne
che più non trattiene il seme
e d'amore
fiore.

Agli angeli di un figlio che nascerà
fu detto il segreto del tuo sguardo:
negli occhi già si ode
l'avvenire gemente del parto.

Rinasce in te e rinasce tra noi
Noi: il cuore nuovo
di un altro universo.


*

Scriverai tu di me


Scriverai tu di me
quando morente
declinerò il giorno
in lasciti d'assenze
e una luna oscura
affaccerà l'altro lato della vita
e quella costola al fianco
non sarà più nel mio respiro
con tratti di spasmi ed utopia.

Scriverai tu di me
e dell'esile incertezza d'un fiore
che pure nella sua perfezione
dice dell'infinito il chiuso
in limiti di finitudine.

Scriverai allora tu di me
se quieto ed immobile
non mi tremerà più la gola
al suono delle tue parole
quando già la voce
lacerò del cuore le sue carni.


*

Passione d’amore

                                                                                                                                                        

                                                                                                                    a Passerottina

 

 

 

La tua bocca che si schiude ai baci

è miele celeste che dona il giorno

e sotto del desiderio le braci

ardono ed è fiamma di ritorno

 

questa attesa di carni amanti

finalmente nell'amplesso congiunte.

Sarà teoria di baci e d'incanti,

estasi di pelli dal piacere unte.

 

 

*

Anniversario


Ci conduca, il Signore degli eserciti,
dove più verdi sono i suoi pascoli,
dov'è perfetta la quiete del cuore
e perfetto lo stare dell'anima.

Più non ricordi gli affanni la carne
che ha a lungo vissuto nel tempo,
perché se una madre dimentica
del parto le doglie alla luce
della vita che nuova sempre rinasce,
anche noi dimentichiamo
nell'oblio della gioia
l'ombra avvenuta alla grazia di Dio:
non è forse sulla sua schiena
la scala che porta in Paradiso?

Ecco, allora, ci conduca il Signore degli eserciti,
Egli che già sosteneva con le mani
il nostro futuro destino - e fino
alla fine - prima ancora che muovesse
il passo verso l'oggi dei nostri respiri.

*

Cinque anni, senza più stupore


E sarà averli visti morire
la nostra futura memoria,
averli visti morire
senza aver ceduto
una mano all'aiuto.

Avevamo troppa ricchezza alle spalle,
perché l'innocenza ci apparisse più vera
nella sua impossibilità di vivere,

dove se pure la vita nasceva
aveva in sé già l'odore di morte.

E sarà averli visti morire,
averli ceduti alla morte,
ciò che ricorderanno dei padri
i nostri figli, tra loro e di loro
fratelli, perché d'una stessa gente
così si era soliti dire.


*

Scavo


Io scavo alla ricerca dell'osso
che altri hanno sepolto passando
la mano a memoria. Dirai di me
che annuso le tracce d'urina
e che questa è piscio di bestie
e che il piscio non disseta l’arsura
del cuore; ma io ho visto nel cane
di Franco un altro me stesso e di Allen
amai quegli squarci di cielo sul dorso
piegato dai sapori di merda.

*

Adesso che l’atteso


Adesso che l'atteso
è diventato il venuto
io e te abitiamo
dove ha preso dimora
Noi, la nostra casa
che attraversa il tempo;
vecchi, ci baceremo
ancora e sulla pelle
porteremo impressi
i segni dell'amore.

*

Scrivere


Mi sono svegliato con una lingua
nel fianco, una lingua persa, priva
d'una forma elaborata e spoglia,
vedova nuda del bello, che giace
impudica dentro il letto sfatto
d'un adultero elogio, traditore
della lingua perfetta. Una lingua
- quella - impetuosa, rada scoperta
su cui s'incaglia incerto
un cavo piacere, alveo di vele
d'un verso ai lati più ottuso. Un porto
di mali approdi, di scafi malfatti.




*

La cura d’un fiore


Così ora mi hai detto di te,
di questa tua stranietudine,
di quando fuggi il giorno
coi suoi gangli:
una rete occlusiva di convenzioni,
una reclusione di sconfitti
senza redenzione.

Così mi hai detto di te
e del tuo abitare un altrove
tra la tragedia e la follia;
ed io ti vivo nel grembo,
seme
che la terra ha respinto.

Così ora io dico di te,
della tua stranietudine,
di questo tuo abitare un altrove, un altrove
che io abito
come gli angeli il cielo.


*

A guardarti non ci rimetto nulla

                                                                                                         

                                                                                   a Passerottina

  

A guardarti non ci rimetto nulla:

non avrò vissuto invano il mio tempo.

 

E se amo l'odore delle tue ascelle

quando sono cielo alla tua nudità

non di meno amo le gocce del tuo piacere

quando scendono tra gli inguini

e m'imperlano la barba

che adorna il mento

pregna del tuo odore di donna

ardente d'amore.

 

Così, Amore mio,

ancorché foss'io chiamato oggi

a vedersi spegnere questo sole

che mi rovina sulla testa

con le malinconie dei suoi tramonti,

nulla su di me potrà la morte

dopo che ho conosciuto il calore delle tue braccia

 

e nei tuoi occhi e sulle labbra

la Bellezza riverberare di sé.

 

 

*

Con tendini rialzati


Con tendini rialzati
il salto nella morsa
della vita. Eppure
quante vite in transito
non sembrano trovare
un luogo. Anche il cielo
marca un tardo azzurro,
pare l'ora dispersa
d'un destino mancato,
adesso che il tempo
ne svela le perdute
trame e degli amori,
quella carne che brucia,
un fuoco senza braci.



*

Passione


Vieni con il vello ai miei occhi
e lascia che l'umida rosa sia il bacio
d’un'attesa trepida di vigilia,
dopo che il tuo respiro
avrà soffiato l'alito dell'amore
tra le mie labbra dischiuse dal risveglio
dei sensi. Sentirai la mia lingua
cercare nel piccolo solco di carne
la falda nascosta del piacere,
odorerò tra i tuoi inguini la fonte
e con la parola muta dello stupore
respirerò l'effluvio dei tuoi sussulti
fino a bere ogni goccia del tuo venire.
Sotto di me ti distenderai, terra
benedetta, sarò cielo di carne
gravido di pioggia, seme d'amore
nel velluto della tua fecondità.
Germoglierà dalle carni amanti
l'estasi dei sensi, l’oblio dei corpi
sarà il gemito dei nostri nomi.



*

Il sabato dei poeti


io parlo una lingua che tu ignori
o forse cercherai d'imparare, una lingua arcana,
perlopiù strana, dissimile oppure uguale
eppure - è una lingua amputata - ignara
di altre forme che non siano le sue;

allora tu non t'attardare se vuoi
un'altra lingua - di nobili accenti -,
non vi cercare segni che non siano i suoi,
ma pure tu lasciale - lascia ad ogni lingua -
il senso poetico del suo linguaggio,

poiché ad ogni lingua è stato consegnato
lo scarto dell'essere altra poesia, d'essere
comunque, e pur sempre, un'altra poesia.



*

Non sarà taciuta la libertà

 

Se torneremo a piangere i morti,

se dovessimo tornare a piangere

altre morti, se morte verrà a ghermire

ancora una volta i giovani corpi

dei nostri figli e delle nostre figlie,

pur sempre sapremo nello straziante

dolore, che non fu muto il silenzio,

che non tacquero i morti il loro grido,

che non sarà taciuta la libertà.

 

 

 

*

Di noi


E subito mi basta scrivere di te,
perché tu venga ad abitare nella mia stanza;
e non m'importa di cercare il metro esatto
- non è mai esatta la vita, sbava da ovunque
le sue imperfezioni -.

Ma quando io scrivo di te,
cosicché tu vieni ad abitare con me
lo spazio che abita il mio respiro,
allora mi sembra di spogliarmi nudo davanti a te
e tu sembra che ti spogli nuda davanti a me.

Ma in tutto questo non c'è il sesso come c'è sulla terra:
noi abitiamo una promessa, noi
abitiamo ciascuno
lo sguardo amante dell'altro.

Così io scrivo di te,
camminando parole fuori d'un metro,
abitando uno spazio il cui respiro
alita remota una poesia.


*

Padre


L'estrema solitudine del tuo tacere per sempre
ora, padre, è trama di memoria,
tessuto lacerato di ricordi, brandelli
di una teoria di giorni, mesi, anni
di cui ancora ci sfugge il senso,
un disegno originario, una possibile scrittura
che dica di te per sempre e non resti solo
il passaggio fugace di una vita
disseminata
nelle carni di una discendenza
che ha negli occchi il tuo stesso destino.

*

Diremo che...


Diremo che la vita è un dono,
fingendovi saremlo attori
d'un canovaccio senza storia.

Ci saranno comunque
dei bagliori di leggenda ma,
figlio mio, non potrò salvarti
dai graffi della vita; saprai,
con l'amarezza d'una bocca
che sa il sapore del fiele,
che essere felici è solo volontà
di sottomettersi ad un miraggio
senza dibatterne l'inganno.

*

Cugine

Non è facile a dirsi la memoria
che i volti narrano d'un tempo vissuto,
quando quel tempo narrato
è passato segnando dei tratti
di storia comune. Non è
facile a dirsi
come quest'oggi sui volti
ancora più intenso racconti un passato
già noto oppure appena intuito.
Non è facile a dirsi dei volti
che narrano un tempo vissuto
perduto per sempre
eppure ancora con noi
nei solchi che passa e ripassa
della carne la memoria del cuore.


*

Avevano deposto il corpo del Signore


Avevano deposto il corpo del Signore,
lo avevano finalmente sciolto dalla Croce, schiodato
senza dolore delle membra consegnate alla morte. I più assidui,
tra coloro che gli vollero bene,
ne raccolsero i resti, per alcuni
la sconfitta di un sogno. Fu notte
e fu mattino. Dal sepolcro vuoto
venne ad abitarci il Mistero, privo
di chiare ragioni per quel Giorno
che non risolvette del Grido il prima
né spiegò con i numeri il dopo. Tutti
si chiamarono per nome, per chinarsi
ad ammirare quel Vuoto che divenne
specchio perfetto dell'Amore, Luce
dove il divino incontrò - e fu per sempre - l'umano.

*

Una lettura del Sabato santo


Ci sconvolge la parola muta, il verbo
immobile, la rigidità del silenzio
il suo schiudersi
in un abisso d'insignificanza.

Ma se guardo l'appeso ed il legno su cui
l'ha trafitto l'amore

allora anch'io mi ritrovo
tra i tanti giuda
ed i buoni ladroni.


*

Che strane case hanno i morti



Che strane case hanno i morti.
Sono porti deserti senza più mari,
filari di nomi e di date a dire chi è stato
e nell'ora di adesso è passato
a memoria. Ogni storia
ha qualcosa di uguale,
eppure vale il frammento diverso.
Confesso rimango appartato
in questo consesso di appelli silenti.
Viventi lo siamo ed è sempre poco,
tra il riso del dramma ed il pianto del gioco.

*

La gratitudine della terra agli angeli


Che cos'è l'amore
se non la frantumazione di un ordine
che non gli appartiene?

C'è un utero dentro il tempo,
che partorisce frammenti di stelle
senza una fissa dimora che non sia
la volta dell'amata per l'amante.

Tra le sue mammelle il caos grida
giustizia per un destino non nato,
dai suoi seni scorre una
dolcezza,
un fiume che si nasconde
quando un occhio indiscreto lo misuri
con la mera morale di acqua e terra
e non vi scorga ancora puro

quel riflesso di cielo, la vetta sublime,
da cui ha avuto origine il grembo,
il fiume di dolcezza, le forme dell'amata;
l'amante e l'amata

e la forma di questo amarsi non è altro
che la gratitudine della terra agli angeli.



*

Anni d’amore

                                                                             a Passerottina

 

 

T'inonderò di un caldo biancore, 

t'inarcherai, terra di ritrovati

sogni, terra nuova; e rigoglioso

sará il fluire delle tue acque,

stille cristalline, a confondere 

la lingua quando, chino nell'ebbrezza

dei tuoi odori, berrò la rugiada 

segreta della rosa tra le gambe,

prima del mescolarsi dei piaceri.

 

 

 

*

Non abbiamo scelto


Non abbiamo scelto ciò che siamo
o ciò che avremmo potuto essere
di una lingua imperfetta un mancato destino.

Noi siamo restii alla felicità,
perché amiamo nelle assenze dentro
l'anima, il suo disvelamento,
in quel suo esserci altro, un oltre,
agonia d'un verso
che nella parola trova ausilio
e voce, forma dello struggimento
che ci prende e rinvia sempre di un attimo in più
la metamorfosi del segno
in chiaro canto d'un'estasi raggiunta.

*

Ti amerò

 

Ti amerò

in questa nostra distanza, ti amerò

nel tacere di parole non dette;

 

ti amerò

in quest'alba di silenzio, ti amerò

in questa luce non donata all'amore;

 

perché anche l'Amore ha le sue notti,

perché anche l'Amore a volte ci chiede

di negare l'amore all'amore.

 

 

 

*

Da che parte stanno i poeti?

 

Da che parte stanno i poeti?
Non sia ingiusta la poesia
con la misura del metro:

 

non ci sono terre
che siano madri per tutti.

 

Molti hanno viaggiato
distanze senza misura,
hanno visto morire nel sale
il dolore, le loro parole mai nate.

 

Dietro lapidi di silenzio ora

quieti stanno i loro versi di marmo.

 

 

 

*

Non dirmi


Non dirmi altro che io non sappia
già nello scuro della notte, incedi
prudente
con la parola nuova appresa dal futuro,
nel mentre antico il sapere sopravanza
questo tempo ancora senza riflessi. Tu
non dirmi altro che io già non sappia
e il nuovo e l'antico incedi con prudenza
affinché la notte non scolori
lo scuro e chiara appaia priva di segreti
e chiara senza luce non disponga l'umano
alla saggezza. Tu
non dirni altro che io non sappia
epperò non tacermi
quel che io ancora ignoro.



*

Cercatore di segni


Qualcuno sempre bussava alla tua porta
con il campanello sfatto da notti insonni;
lo ammettevi nel tuo letto, ti atteggiavi
con discinte movenze di zoccola
a promesse di estasi carnali
tradendo agli occhi maschi
la tua dotata mascolinità, per alcuni
un vizio, per altri
un cercatore di segni in un sogno
che disperante ti rendesse pari
ad un nulla privo di voci: un grido
animale per il dolore di vivere
e per dire del piacere dei corpi
il tragico fine e ancora il grave
della loro inutile felicità.

*

La sua ultima parola


Calpesterò questi asfalti,
come le pietre che sostennero
i passi fragili dei nostri padri.

Non ci renderanno sogni queste strade,
ma solo residui, ombre
di rimorsi e desideri, soltanto al rimpianto
verrà concesso di prendersi in pegno
ciò che sarà rimasto di una vita,
prima che il tempo
avrá proferito per sempre
la sua ultima parola.


*

Nelle trasparenze dei cuori

 

                                                                                                                                   al mio piccolo cielo

 

   

Chiamami per nome: vorrei

oltrepassare la soglia dell'amore

che custodisce il piccolo cielo

e non vi si entra

se non con la nudità dell'anima - il resto

sarebbe soltanto un'apparenza

dolente -. Ho vissuto a lungo 

lontanto da quella pioggia, 

un'acquachiara

che scende fino nella gola

quando la sete divarica la longitudinale

e sutura una distanza lieve

non grave come questo esilio di bocche

negate ad un destino di piacere

quando immerse

nelle trasparenze dei cuori.

*

All’ombra di una remota credenza

                                                                                               

                                                                                                                      a me stesso

 

                                                                         

Dove vado

tra questa morte che avanza

ed il nulla che mi precede?

 

Fosco è il grido 

che oscuro non vede 

il precario respiro di ogni sostanza

 

e costruisce prigioni d'inutile dolore,

ferisce con lama di parola affilata,

innalza spesse cortine di rancore,

tradisce il non detto con voce sguaiata.

 

Non resta che il rimpianto

di un'antica innocenza,

quando vi era ancora l'incanto

all'ombra di una remota credenza.

 

*

Un destino chiamato Noi



Io ti amerò. Aprirai
per me
le tue vie che conducono al piacere,
sarai, per me,
viaggio e terra nuova, estasi
dei sensi e stupore d'anima,
origine e ritorno - amante -
d'alterità. Pronuncerò il tuo nome,
mi risponderà un'eco: 'Tu'...

*

Un pronome segreto

 

Sono germogli di un nuovo destino

questi nostri passi verso l'incontro.

 

Percorriamo una distanza

nel solco della ferita dei cuori

quando all'esilio dei sensi non resta

che il suono conchigliare delle parole:

nel loro corpo cavo

si riflettono i suoni di perduti

o lontani amori; ma di noi due

nulla è davvero lontato da Noi,

 

un pronome segreto

che si svela ad alcova.

 

*

Significare il domani

 

Noi siamo stati attenti

a camminare con le parole del dolore,

però abbiamo dimenticato di scorgerne le nuove,

perché il dolore o uccide le parole o ne partorisce altre

con sembianze nuove, come accade ai figli

che sempre somigliano ai padri e alle madri

abitandone la lontananza.

 

Noi siamo stati profeti di nuove parole

quando abbiamo tolto ogni nome al dolore,

lo abbiamo ridotto ad un grido, ma in quel grido

sono nate parole nuove ovvero antiche, parole

per nominare ancora l'oggi

e significare il domani.

*

Lettera Tenera#POESIAPOETI

                                                                                                 

                                                                                                      a Passerottina

 

Verrai all'alba, con un nome nuovo,
sarai della luce il nuovo nome, sarai
il canto dei germogli ed il colore degli uccelli;

mi sarai cielo al risveglio da un sogno,
dove il mio respiro erano le tue labbra
che mi sussurravano l'amore. Così

ho imparato a dare un nome agli alberi
quando torna in me la primavera

 

 

 

*

Acquachiara e Biancofiume



Che cos'è questo fuoco che mi arde dentro
e divampa ad ogni tuo respiro?
Sei l'alito che rinvigorisce i miei occhi,
mentre non trova quiete
l'ardore che dilaga
bianco dentro il tuo pudore.

Abbiamo ora due nuovi nomi,
due istanze
di questo nostro amarci: Acquachiara
e Biancofiume.

Nel crudo solco della distanza,
le nostre parole ci sono riva, sponda
contro le spinte naufraghe
di questa
innaturale separazione.


*

Nancy a San Siro


Quando leggerai i versi di un poeta,
quando lì vi troverai un segno di bellezza,
tu sempre ricorda che quello è il piccolo germoglio
spuntato tra i marmi senza nome
di un'infelice disperazione;

perciò tu sempre ricorda,
quando leggerai la bellezza nei poeti,
la fame naufraga di esistenze
che mai furono un 'tu' d'amore.


*

È nello scarto del sangue

 

È nello scarto del sangue

il seme della bellezza;

è nel solco delle grida dolenti

la sua fioritura.

 

Non avrei avuto in bocca

Il sapore dell’utopia - il fiotto di sangue

di una mancata risposta -

se non fossi stato crocifisso

alle spalle della mia deformità.

 

 

 

*

Nel fulgore della sua bellezza

                                                                                     

                                                                                                 a l'Intellettuale

 

 

Avevamo ritrovato l'innocenza delle mani,

l'amore vergine nell'ardore di carezze

che non lasciavano incertezze nel respiro.

 

Seguivamo una traccia originaria,

il ritorno ad un destino

che aveva custodito il segreto

 

di un amore

ora dispiegato come un cielo

nel fulgore della sua bellezza.

 

 

 

 

 

 

 

*

Poesia d’amore


Il giorno in cui
s'intrecceranno le nostre dita
per annunciarsi prossime carezze
nel tocco ardente delle mani

sfoglieremo i nostri nomi
fino al suono della parola: Tu.

E finalmente sarà l'alba, chiara
tra gli inguini. Mute
le bocche,

parleranno solo gli occhi
sigillando in un bacio
il tempo ritrovato dell'amore.


*

Noi non avremo più


Noi non avremo più tempo per dirci
dell'amore se questo tempo
non diventerà parola o schiocco
di baci sulle bocche assetate
di senso da dare ad ogni respiro.

Sì, ritorni pure la gioia, torni
ancora una volta la primavera
di questo tardivo risveglio di tempi autunni,

ma noi siamo soltanto due foglie
rimaste a veglia di rami spogli,
scosse da un destino che come un vento

ci riconduce impetuoso
ad un'originaria passione,
prima ancora del fiorire dei giorni.

*

E’ un volo questo nostro amore

                             

                                                                                     A lei, l'Amore

 

 

E' un volo questo nostro amore,

si bgmano di rugiada le foglie

nel mattino. "Tu"

 

è un'epifania dentro ogni alba,

mi vieni incontro

come una trama di luce.

 

Si avvicendano il giorno e la notte,

cornice d'oro alle nostre voci

se, stupite, si dicono l'amore.

 

 

 

*

Adesso qui non rimane


Ho passato
una parte della mia vita
a dimenticare l'infanzia,
l'altra parte
a battere marciapiedi.

Hanno giocato in molti
con ciò che non ero,
giocato con ghigno
o estrema solitudine,
entrambe voci violente
contro una carne senza più voce.

Adesso qui non rimane nessuno
a farmi da madre per una nuova pietà
senza resurrezione.


*

È una lingua imperfetta

 

È una lingua imperfetta

                                             la mia

lingua di poeta

 

una lingua operaia, incolta

                                                 priva

 

della cultura dei colti. Spezzo

la frase

 

per ricavarne dei versi

in un'urgenza di poco

tra dramma

                       e finzione.

 

 

Una voce s’impone, una voce

                                                      di poco

e che poco

rimane: un tempo

un respiro

qualcosa che ha

sapore di vita.

 

 

 

 

 

*

Una nuova Resistenza


Credo che occorra una nuova Resistenza
il senso prospettico d'una memoria
e la tensione verso la Bellezza.

La barbarie di questo tempo, l'infiltrazione
nelle menti di voci distorcenti il reale
pongono di nuovo in evidenza
la domanda di Primo Levi,
che riscrivo a modo mio:

Ma tutto questo
è ancora umano?

*

Non so ancora


Non so ancora dove andrò
in questo tempo che mi è dato
come possibilità. Non ho urgenze
se non questo respiro che mi chiede,
come fosse un bambino curioso,
dove abita la felicità.

*

A questa chiave di lettura cedo

 

 

A questa chiave di lettura cedo

la mia resa, la sconfitta

di quel canto di passi di pietra

                                              dentro

recinti murari. Dimenticammo

 

il valore dei giorni d'un tempo d'altri, disconoscemmo

le similitudini delle voci quando

urlano le piaghe del dolore; solo

l'ombra delle nostre morti - come madri -

a consolare il pianto d'un futuro

                                                   che atterrito

si guarda alle spalle.

 

 

 

 

*

I passi del vostro futuro#GiornoMemoria


Non sono sopravvissuto al mio sgomento
né allo sguardo di bambino
che ha segnato di sangue e di paura
i giorni di un tempo destinato a gioia.

Ho giocato tra le ombre di morte
che gravavano i respiri,
ho fantasticato giochi
rovistando tempo
tra la degradazione dell'uomo
ad animale. Un labile confine
divise gli uni dagli altri:
le vittime dai carnefici;
uniformi diverse
annientarono per sempre
un'originaria similitudine,
violentarono e uccisero
corpi e dignità,
fummo ancora una volta
eredi di Caino e Abele.

Se fossi sopravvissuto, anch'io
vi avrei consegnata la Memoria,
come per Hiroshima, come per Nagasaki;
ma non dimenticatela: essa precede
i passi del vostro futuro.

*

Giovanni


Io penso a te, Giovanni, alla vita
che ci ha attraversati - lasciando segni -
come un fiume di parole l'alveo
delle nostre solitudini. Capisco
solo ora la fatica dei piedi e delle mani
o della mente nella tensione di capire,
ma ci è sfuggito il senso delle frasi
semmai ci avesse sfiorato un segno,
mentre invece abbiamo avuto solo ombre
che non sappiamo proiezioni di quale luce.
Così ora siamo sulla soglia di un ritardo
dentro gli ultimi gesti d'un pensiero,
voce gridata in un coro di solisti
attraversata dai deserti dell'anima.


*

Senza di Te


Hai sospeso il giudizio su Caino,
perché non sospendesti il giudizio su Giuda?

Nello spazio della nostra libertà
nessuno mai è davvero santo

senza di Te.

*

Posso piangere di me


Posso piangere di me,
di questo schiarirsi della parola
che ora diventa in me
conoscenza, cielo
dentro la mente e nuova carne,
nell'anima nuovo respiro. Sì,
posso piangere di me, nell'ora
che il tempo ha dato frutti
dalle sue secche radici
e nuova forma
alle mie ossa
che presto si disperderanno
in polvere o cenere, spore
d'un debole ricordo, sbiadito
come il tempo
che fin qui m'ha posseduto.

*

Il padre, il figlio, le castagne, il fuoco


Il padre
avrebbe voluto togliere al figlio
le castagne dal fuoco,

ma il figlio
amava più il fuoco
che le castagne

e il padre non sapeva contare
né il numero delle castagne
né le fiamme del fuoco;

per questo il figlio crebbe,
diventò uomo,
diventò padre

e sempre per questo
smise di contare
sia le castagne
sia le fiamme del fuoco.

*

Bellezza

 

Bellezza*

 

Se più nulla mi restasse nella vita,
nulla di tutto quello che ho ritenuto importante,
se niente di tutto quello che mi è stato essenziale
più rimanesse a consolarmi il respiro,
pur sempre
sarò grato al tempo che mi rimane,
perché potrò ancora ricordare
quell'attimo di Bellezza
che almeno in un giorno o forse in un'ora
o forse fu davvero soltanto in un attimo
ha penetrato con luce tagliente
la carne in cui ho trovato dimora.

 


*La musica di accompagnamento alla lettura, voce di Laura Turra, è:
Astor Piazzolla 'Oblivion' - Württembergisches Kammerorchester Heilbronn


Ho chiesto alla Poetessa Laura Turra d'interpretare questi miei versi, Ella, con generosità e grande talento di dizione e recitazione - ha trasfigurato in bellezza la mia mediocrità poetica -, ha corrisposto a questo mio desiderio; di questo meraviglioso dono. Le sarò grato per sempre.

 

*

Cercami dove un’anima


Se non ho un tuo ricordo,
tu cercami altrove,
dove un'anima ritrova
le sue cicatrici.

Se non ho un tuo ricordo,
tu non disperare: la vita
è un vissuto di sassi e finestre,
un oltre memoria
abitato per sempre.


*

è scabroso il natale

                                                                                                                                                 ai lettori; ad una "mia" lettrice, particolarmente amata.

 

 

 

è scabroso il natale

senza il tabor ed il gòlgota, senza

la pietra scostata della maddalena.

 

è scabroso il natale,

ma se passerà ancora un altro ladrone 

- il mio nome è felice -

 

allora all'indomani di quella notte

udrò di nuovo il dirsi stupito

del centurione.

 

 

 

*

Se così non fosse stato


Padre,
se così non fosse stato
per te, per me,
se le circostanze, gli accidenti, il caso
o un destino patrigno
non avessero infierito,
se non avessero impedito
l'accadimento della pioggia
su terre pronte a germoglio,
né il mio verso
né la tua lapide
avrebbero ora una muta memoria.

*

Autoritratto di un uomo

 

Prima del tuo amore 

il mio nome era maddalena,

la maschera del giudizio;

 

sotto, la mia verginità.

 

 

*

Non ho parole


Non ho parole
che ti rendano giusto un padre,
né fatti che ne dicano la salvezza.

Si è condannati
ad essere figli per sempre
di chi figlio lo è stato - forse -
solo per una parte di sé.

*

Non v’è bellezza nell’arte e nell’artista

L'arte comprendo nel senso d'un ritorno;
nulla v'è di bello nell'arte e nell'artista,

se non la bellezza come riconoscimento,
rinvenimento di via allo stupore,
turbamento della gioia quando evento.


*

Un destino di felicità


Se ogni alba, amore mio,
è riprendere il respiro nel dirti t'amo,
allora questa vita ha un suo segreto
che mi accoglie come un nido dentro il tempo
e mi adombra con un destino di felicità.

*

Se ti genero all’amore


Se ti genero all'amore come amato,
non così ti genero mio amante:
c'è una distanza nell'amore
tra l'amante e l'amato - un'angoscia
esistenziale - che si chiama
libertà, l'alveo in cui nasce
l'amore come grazia.



*

In me scorre una lettera negra


In me scorre una lettera negra
che fu mano eritrea
ad inciderla nell'anima
ed ero ancora
poco più di un bambino.

Fu forse l'ingenuità, forse il sogno
o forse fu la sua sapienza antica
o l'antico quando straniero
diviene nuova profezia. Fu profuga
fu donna, fu tra le baracche
di Tiburtino Terzo che accadde:

come un talismano, un rito
d'iniziazione, ella, bella che mi parve
a dea simile, mi consegnò
un tascabile di Hemingway.

*

Dove tacciono gli angeli


Dove tacciono gli angeli
muta ed invisibile la bellezza
rimane e la mano rugosa
più non stupisce.

Quando impietosa
non vi è riva ad accogliere il mare
la solitudine diviene deserto.


*

Tirano le reti


Tirano le loro reti a riva, poco
hanno pescato, tra il freddo
e il buio
una radicale stanchezza
nelle mani che ripetono
la teoria di gesti uguali;
così uguali sono i loro giorni
condannati per sempre
dall'esilio
in una madre straniera.



*

Abbiamo uno spazio vuoto


Abbiamo uno spazio vuoto,
un luogo narrativo della nostra
distanza, un luogo di silenzi
e di parole, vi abitiamo insieme,
insieme vi raccogliamo
piccole gocce di gioia
e piccole pietre, eremo futuro
di desolata memoria.

*

Io scriverò


Io scriverò dell'alba e del parco
e del fiore nel vaso
che chiamava i miei occhi allo stupore;

e scriverò di noi,
quel dolce pronome
che abbiamo abitato insieme,

mentre ci sfioriva tra le mani la vita
come una stagione mai vissuta.



*

Ciò che è difficile dire


A Uberto

Ciò che è difficile dire
al rimpianto d'un tempo
sono i tuoi silenzi,

quel modo un po' schivo di vivere
senza far troppo rumore,
perché la vita era dentro,
quasi estranea al mondo.

Il rammarico ora mi prende
di un tempo perduto
e di un tempo tradito
da una lunga distanza,

sopraffatta adesso
dalla morte
che appella dei nomi
solo l'assenza

o una mesta memoria.


*

Il pianto della Storia


Divelto il vento il legno dei violini
si spezzano le reni alla memoria;
ma solo chi ricorda il futuro
consolerà il pianto della Storia
ed il vuoto d'incompiuti destini.




*

Apro gli occhi

 

Apro gli occhi e ti trovo:

meraviglia d'un fiore!

 

Sei il mio calice, rugiada

disseti la mia arsura,

 

di te la mia lingua

s'imprimerà memoria.

 

Per noi ci fu un'origine

radicata in un destino.

 

Non conosce tempo il tuo profumo,

nel raggio della tua corolla 

 

il mio respiro, che ansima  

e poi si acquieta.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Nella memoria d’un nome


È tutto in un nome. Suonano
alla porta e tu chiedi: 'Chi è?'.
Se qualcuno risponde con il suo nome
o con il pronome, correlativo oggettivo
di un nome a te noto, allora egli esiste
per te. Così è dei morti: tacciono
agli appelli dei nomi, però
risuonando il silenzio
come suono muto di un nome
essi - in te - esistono,
esistono ancora
nel tempo di questa vita, esistono
nel nome che scuote la loro assenza.

*

L’acqua della mia notte

 

Quando non vedrò più l'alba, tu vieni

a dirmi di quanto ci siamo amati

e dei giorni felici, alla carne

memoria per sempre ; e lascia ch'io sfiori

con le labbra la tua bocca: sia

di te la saliva l'acqua della mia notte.

 

 

*

Amore mio ti amo


I giorni offerti al silenzio dei sensi
non taglieranno le ali d'un sogno;
ho dentro questo cuore che batte
e una carne che reclama il tuo nome.


*

Madre di bellezza

 

Quanta bellezza c'è nella tua voce,

quiete di attracco

dopo la traversata notturna della tempesta,

figlia del vento d'una distanza. Se amarci

è tutto il senso del mondo, allora vivere

è l'opera d'arte d'un genio, madre di bellezza.

 

 

 

*

Cortili e parole


Nei cortili dove giocavamo
ad inventare il mondo, non avevamo
parole colte, avevamo solo
parole rubate ai nostri padri,
le madri avevano solo mute
parole non dette, a volte sussurri
a temere la vita. Nei cortili
dove moriremo senza più sogni,
non fioriscono parole erudite,
però soltanto parole per dirla
la vita; non quella rubata,
che tace.








*

Paternità


C'è una tragicità
nella scelta di diventare padri:
osservi della vita il perfetto
e la vita che nel tempo lo divora
ovvero il tempo consuma la vita,
corrompe e consuma il perfetto,
fino a farlo diventare, il perfetto,
un altro padre;

e vedersi venire a mancare
nella vita d'un figlio o d'un figlio
il mancare
al grembo materno dell'amore.

C'è una tragicità
nella scelta di diventare padri:
l'assenza di appelli.

*

Metri


Abbiamo data una misura al metro,
occluso con strutture ogni via d'uscita,
prigioniera d'un perimetro ristretto
l'abbiamo ridotta in schiavitù; essa,
invece, sogna il cielo oltre le sbarre
e angusti angoli di strada, l'architettura
elegante d'una clocharde.


*

Il cieco


Qualcuno dovrà dirlo
che l'uomo diventato cieco
ora ammira la bellezza delle stelle,
perché non vi è alcuna notte
che ne possa dimenticare il nome
e di ogni stella e dell'uomo cieco
senza più nomi da imparare a memoria.

*

Non era


Non era la voce a venirti a mancare
né la luce dentro i miei occhi
a segnarmi l'assenza, era
la dolorosa scelta di vederci partire
in direzioni diverse e contrarie
a quel luogo che vide l'amore
nascere con la gioia di un figlio alla vita.
Ora da questa lontananza ti scrivo
parole a memoria di cielo e di pelle
così come di cielo e di pelle
fu il tuo volto ed il tuo corpo per me.



*

Del buio

 

Quando più egli non scriverà nuovi versi

tu chiederai in giro notizie del poeta

- del piccolo poeta -, 

allora ti risponderà la madre della luce

e ti dirà con la sua dolcezza:

'Egli, il piccolo poeta,

ora è prigioniero delle ombre e più non vede,

ma la sua carne è una memoria incisa

e gli rammenta e la bellezza e l'amore 

che gli hanno attraversato occhi e cuore".

 

 

 

 

 

*

Il congedo della luce


Non cercherò più di vedere,
di capire affidandomi ad uno sguardo curioso,
poggerò il mondo sull'orecchio migliore
e tradurrò la realtà in suoni, l'amore in canti;

farò del lamento del buio un invisibile incanto,
vivrò d'ogni alba il lato notturno che nasconde alla luce
la gioia dei miei giorni diversi.

*

Il giorno

 

Rimane nell'aria 

il giorno sospeso, attende

il tuo nuovo respiro, l'alito caldo,

della mia vita, l'essenza:

 

non ho che la tua bocca

a dirmi, in baci e parole,

il pronome dove abitare insieme,

io e te, il giorno.

 

 

 

 

*

Non mi basteranno


Non mi basteranno di te le dolci mammelle al palato
né l'odore che attrae la mente all'oblio dell'olfatto
perché ogni volta sia nuovo il tuo sapore;
non mi basterà la posa che curva lo sguardo verso l'intimo,
l'incunearsi dell'occhio nel mistero oscuro, dove felice domina l'ombra,
l'invisibile che intriga il contatto,

perché nulla di te mai mi vedrà sazio,
finché randagia la carne non dimori
dove tu non hai più appelli oltre il mio nome.

*

Per dirmi di te


Così inventiamo un nuovo ottobre
l'illegittima fuga dell'estate dal duro
trascorso di giorni inanellati a vigilia
un'attesa divenuta voce roca
dal troppo consumarsi in gemiti di tormento
- la carne geme di piacere se corre a rive scelte,
ma ogni distanza tra i seni ad essa dice
l'impossibilità di carezze che ribaltino il giorno
provocando sulla lingua schiocchi d'eccitazione -;
eppure mi bastava il legno di quel caffè
per scorgerti lontana approssimarti
terra promessa per un tempo d'utopie.

Rimango a guardare, io, strano figlio di una stagione
mai stanca di proporsi a nude anche.

*

Noi


Noi
io e te
per sempre.

Vieni, abita con me quel pronome,
diventi la nostra casa, l'alcova
di questo nostro e folle amore.

Là, in quella nudità
dei nostri cuori fragili,
conoscerò di te
le meraviglie d'anima
e infine
finalmente vedrò svelata
la bellezza della tua femminilità,
il tuo corpo di donna scolpito
da un artista ispirato, ché
la tua bellezza è senza pari;
ti vedrò finalmente nuda,
in quel 'noi'
della nostra calda intimità.

*

Prossime all’amore

 

Di te mi prende nostalgia

dei tuoi respiri e dei miei

a fior della tua bocca, vicine

le nostre labbra, così

prossime all'amore.

 

 

*

Nel cuore degli autunni

 

Tuttavia, questo tempo di un amore

fiorito nel cuore degli autunni

ha un buon odore di freschezza

 

e lascia languida la pelle

ancora vivace 

allo scandalo dei sensi.

 

*

Desolata quiete

 

Quando vedevo arrivare 

le tue parole d'amore, pareva

che un volo d'ali dorate

rischiarasse l'attesa notturna

ed il giorno

era pronto alla gioia;

ma ora che il silenzio avvolge il mio amore

nessun volo d'anima lascia una terra

di giorni grigi e desolata quiete.

 

 

 

 

*

Semplici parole d’amore


Ho voglia di tenerti
in un abbraccio forte d'amore, baciarti
la bocca con passione, sentire
l'odore dei tuoi capelli, il respiro
del cuore sfiorarmi la pelle; ammirare
del seno le forme, quel guizzo
femminile del tuo corpo
di donna, rimanere
a guardare i tuoi occhi per ore,
perché la tua anima è la mia alba
e il tramonto dei miei giorni, è cielo
e mare, vette e valli, musica
e poesia, è voce che m'incanta
e m'innamora. Ora
baciami, amore mio, sigilla
il mio cuore con il tuo bacio
d'amore e presto torna:
ho voglia di te.

*

Il tuo nome

 

Parlami dell'alba che i tuoi occhi ora vedono

e dei tuoi respiri che attendo

come il fiore attende del mattino la rugiada;

dimmi poi del tuo cuore e se per me palpita ancora,

io ti dirò di me e della mia pelle

che sempre si tende se pronuncio il tuo nome.

 

 

 

*

Distacchi


No, non torneranno più
i giorni stranieri, le loro voci folli
a nutrire di clandestinità un tempo
con il grigio alle tempie, a ridare un respiro
a questo epilogo di anni che a saldo
lasciano un netto a sfavore
di utopie e desideri
rimasti in sospeso, un credito
verso un tempo debitore di sogni
mai più riscosso dalla vita.


*

Questa voglia d’amarti


Mi dirai delle foglie ingiallite domani,
domani parleremo dei nostri anni,
del tempo ormai andato, di ciò che non torna
e delle mani che non sanno più dire
l'ardore di quando era un altrove
il futuro. Ora, vieni, impariamo
Il tacere, alle parole togliamo
ogni suono e lasciamo che le labbra
tornino mute allo stupore dei nostri respiri
così vicini che l'ebbrezza dei baci
non renda alle carni il profilo dei sogni
e all'amore la resa dei cuori.

*

I tuoi silenzi


I tuoi silenzi, amore mio,
non sono le ombre taciturne della sera
che mesta consegna il giorno
al serraglio notturno delle voci
quando stonano un tempo desolato
le ore della solitudine.

I tuoi silenzi sono la mia carne
che sfiora la tua pelle e ti vuole
e di te avverte e cerca l'urgenza
e del tuo corpo
nella magnificenza dei suoi sussulti.

*

Indimenticabile


È un tormento questa distanza,
l'intervallo tra la parola ed un bacio,
che ora divide i nostri respiri.

Se l'indifferenza di agosto
ha lasciato fuggire la gioia
dai nostri giorni felici,

settembre si mostra più avverso
e traccia un sentiero al destino,
sgomenta l'incombenza del vuoto.

*

A dirti


A dirti le urgenze del cuore è la pelle:
non t'accorgi di come la vita la morda
staccandone lembi di storia
fino al giorno in cui
ne scarnifcherà la memoria?

Non hanno bisogno di specchio le mani
e quelle senza tenerezza restano mute;
lasciami solo a morire:
io e la vita
siamo nemici in una stessa prigione,
ma il tempo, questo tempo,
presto ci porterà via
oltre le sbarre di un cielo d'inganni.


*

La muta poesia di un anziano poeta


a G.

Mi manca quel suo scorrere il giorno
con le sue parole, una promessa d'artrite
a dire il tempo delle mani; e viene
ogni sera
quel suo rincorrere la ringhiera
e le scale
con la mente nella memoria e lenti i passi,
un gradino dopo l'altro, la notte degli insonni,
il sapere del sapere
e della fine
che filtra con il buio
la finestra socchiusa.


*

Padri


Inchiodati ai piedi di nessuna pietà
con il vuoto alle spalle
e l'assurdo a supplire
l'assenza d'un cielo di rimandi,
contiamo le ore della notte
logorando le dita
su un rosario profano di attese
ai limiti del buio
che sfiora la blasfemia. La vita
è di tutti e di nessuno
e di questa polvere
anticipata in carne
viviamo la tragedia
di un'inquieta infelicità.

*

Perché anch’io sono pasta di fango


Perché anch'io sono pasta di fango
e figlio di un soffio
di cui ignoro il segreto,
se sia un mistero la vita
o figlia
di un occasionale meritricio,

un incontro di amplessi
così distanti tra loro
da spaccare il nulla
fino a dischiudervi
abissi di angosce
e lancinanti disperazioni;

eppure divelle la pietra
il suono delle parole
e rompe una musica
il mutismo del tempo,

un andare a capo
che ci smarrisce informi
di pelli e fiati

partorendo ai nostri sensi
l'evidenza
di una struggente bellezza.


*

Non parlarmi di nessun dio fino a quando

 

Non parlarmi di nessun dio fino a quando

non avrai attraversato il mio dolore

o lacerato le carni nei tormenti del dubbio

e della fine che piega le reni ai padri

e svuota dei figli i grembi alle madri,

 

non dirmi poi della luce di quel dio

e della bellezza delle sue risposte,

perché non ci sono risposte buone

alla mia desolazione;

 

ma se tacerai nel silenzio tutte le sue parole

forse un giorno io e te c'incontreremo

anche se non saremo stati figli

di una stessa alba di luce.

 

*

Dov’eri tu quando io morivo?


Dov'eri tu quando io morivo
Lasciando il mondo sospeso in un'assenza,
Una sottrazione di elementi ad un equilibrio
Raggiunto - questo - con millenni di ritardo?

Non puoi ora recuperare quella solitudine
Con una redenzione di frasi lapidarie,
Incisioni di una postuma memoria,
Antitodo ad amnesie rituali, esorcismi
Di fantasmi, ghigni di nuvole
In un cielo precario e grigio di segni
Già privo di loquaci squarci. Muore
Ogni orizzonte di scrittura e vento tra le pietre.







*

T’immagini

 

T'immagini se non fosse più il tempo

E questa domenica di settembre 

Così ancora estiva

Non potesse più dirmi di te 

 

Di questo tuo mancarmi

In ogni respiro, mentre

Mi porta il tram lungo il percorso 

Della sua consuetudine di vita?

 

Se io mi sorprendo di questo amarti

Che non cederà il ramo, ostinata foglia 

Impreparata al giallo degli autunni,

È perché del tuo nome ho fatto il mio pane.

 

 

 

 

 

 

*

C’è un incanto


C'è un incanto in te
Che porta l'amato ai tuoi piedi
Ai tuoi piedi nudi
Dove la venerazione trova il suo segno
E le labbra la loro devozione.

Tu dimmi il tuo mistero,
Sicché la tua anima ferisce
E gli occhi di bellezza
Trafiggendo il cuore.

Chinati sulla mia fronte
Che io senta l'alito della tua intimità.







*

Anime amanti

 

Amami

non con tutto il tuo amore:

mi basta una goccia;

 

però lascia che sgorghi

dalle stesse profondità

 

dove nasce alla luce

il pronome di due anime amanti.

 

 

 

 

 

 

 

*

Io sono un poeta, un vero poeta


Io sono un poeta, un vero poeta
Io sono un poeta incommensurabile,
Né grande né piccolo
Poiché non si misura un poeta
Un poeta non ha misure
E chi misurasse la poesia l'avrebbe già perduta
Poiché non si misura la poesia
Si misurano i morti
Ma la poesia è immortale
E non vuole le maiuscole
Né le parole: si è mai vista
Una poesia di parole?
Io sono un poeta
Un vero poeta
Un poeta incommensurabile
Né grande né piccolo
E quando leggerai dei miei versi
E ti parranno così brutti da dover poi dire:
'Ma questo non è un poeta!'
Sappi che avrai torto e correggerai il tuo dire:
'Questo è un poeta, un vero poeta, un poeta incommensurabile,
Né grande né piccolo,
Perché non si misura un poeta
Né si misura la poesia';
Quando invece ti parrà di leggere
Dei versi cosi belli da non poter tacere allora dirai:
'Questo è un poeta, un vero poeta, un poeta incommensurabile,
Poiché non si misura un poeta né la poesia,
Però allora saprai che la poesia non ha dimore:
La poesia è sempre e soltanto una visitazione.'

*

Sapemmo amore

 

Non è rimasta che la notte tra le mani

Un buio che non ha più dolcezze

Gli ultimi lucori hanno lasciato 

Più strascichi che segni

Come lucciole apparse all'incanto

E presto fuggite all'istanza del reale

Venando di sogno la loro memoria.

Non resta che la notte tra le mani:

Fugge rapido l'ultimo domani

Di un passato che sapemmo amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Il suono di un nome

 

Nulla resta più segreto

della luce che lo rivela,

perché la luce illumina il giorno 

ma non ne rivela il nome.

 

Così è un'evidenza che io ti ami

- al pari del nascere di un fiore -,

eppure solo nel silenzio muovo

le labbra alle lettere del tuo nome,

ma nessun giorno ne saprà mai il suono.

 

 

 

*

Giorni felici

 

Nel segreto delle nostre stanze

Custodiremo i nomi, sussurri di pelle

E turbamenti d'anima. Per sempre

Perduto dove tu ora non sei,

Ad inseguire la dolce memoria

Dei nostri giorni felici.

 

 

*

Tra cent’anni...


Le cose accadono
Pulviscolo d'eventi all'intorno
O astri e disastri
Di luce e buchi neri.
Inquieta perfino il legno
D'una porta d'ingresso -
I prudenti ispessiscono le distanze,
L'isolamento autistico delle pareti
Viene sfumato col rosa
O col blu di una tivù accesa
Se spenta, sgomenta
Il silenzio. - Tu osservi
E pure t'inquieti e poi ricordi
A volo radente di memoria
Un minuto balcone
Arabesco d'una periferia del cuore,
Ricordi l'ansia e l'affanno, l'angoscia
Di crescere prole, bocche affamate
Di pane e felicità, rammenti il momento
Di acquietamento dell'anima, ala
D'un'oscura luce, voce cinica
E sapiente: 'Tra cent'anni?'. Ritorni
A quel legno e ai cortili di resse, tutto
È compiuto: cent'anni è già appena un giorno,
Un'ora, un minuto. E la mente
Ritrova la pace. O la sconfitta per sempre.


*

Solo l’attesa

 

C'è una dolcezza 

Nel pronunciare il tuo nome,

Che quasi sembra lasciare sulle labbra

Il sapore del miele; m'attardo

Lento e rilento a dirmi il tuo nome;

Improvvisa la gioia m'assale,

Un sussulto di pelle mi prende,

Il tuo nome mi toglie il respiro

E la notte vuole solo l'attesa. 

 

*

Sei così chiara

 

Sei così chiara dentro di me:

Se tocco la mia pelle

Sento la tua pelle,

Se accarezzo le mie labbra

Sono le tue mani su di me.

Se tocco il mio corpo

Respiro il tuo odore.

Nella mia bocca rimani

Sapore di noi. Di ogni oggi

Sei l'annuncio del suo domani,

Perché è così dolce vivere di te

Seppure d'una carne senza memoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Devozione d’amore


Di te v'è un profumo
Che verginale contende alla rosa
Il mattino. L'alba dell'amore
Vuole che sia tu a precederla
Come sua aurora. Del tuo volto
Hanno brama i miei occhi,
Poiché della tua bellezza
Non vi sono anime uguali.


*

Nel tuo nome

 

Nel tuo nome, l'estate

Più dolce della mia vita.

Mai, l'onda alla riva, avrebbe

Potuto cancellare con l'acqua

Il fremito dell'attesa, che segnava

I miei passi: sulla sabbia 

La misura del tempo

Tra il silenzio e le nostre voci.

Fui felice: mi désti l'amore.

 

 

*

Di nuovo luce

 

È così fragile il silenzio dell'amore

Che anche il discendere muto di una lacrima

Gli dà la potenza d'un grido di speranza;

 

Come se nel buio notturno delle parole

L'amato scorgesse l'alito che precede 

Della voce amata

Il viaggio in arrivo. Ed è

Di nuovo luce.

 

*

Non chiedermi ora


Non chiedermi ora il sangue dell'amore,
Non l'ora della sera è mai propizia ai distacchi,
La carne del cuore è fragile membrana
Che muove il soffio al risveglio dell'amata
Ma si lacera con un alito contrario
E dà dolore il non potersi amare.

Se mi vedrai in ginocchio sappi
Che è forma dell'attesa: i tuoi piedi,
Attendono le mie labbra, i sensi ardono
E non hanno ritegno, piegano il cuore devoto
Ai loro desideri eppure i loro desideri
Non sono meno docili di un cuore amante
Tuttavia amano sentire
E il piede sulle labbra e la mano amata sulla testa.

Sordi alla ragione non hanno che gli occhi
Che li conducono dove la pelle dell'amata
È petalo di fiore già dischiuso dall'attesa
Ad accogliere il pianto della gioia.
Non sapranno prima il loro destino,
L'unica certezza è l'amore che li muove.




*

Sei tu

 

Sei tu, candore d'anima

Sei tu, fierezza d'aquila

Sei tu, zampillo di sorgiva

Sei tu, dolce amore mio

La rosa odorosa della mia gioia.

 

*

Ritorni


Tornerai alle rose
Colorando pensieri,
Dirai: 'felici fummo
Spose d'un altro ieri'.


*

Il mio nome

 

Sto vegliando il cielo di questa notte

Amore mio, perché ti veda improvvisa

Nel risveglio da un sogno

 

Accenderti come una stella

Tra le altre stelle

E scrivere nel buio il mio nome.

 

 

*

Una foto, un’immagine, un volto


a B.

Nulla viene concesso di più
Dell'essenziale: lo sguardo
Non è assorto né stupito
Per l'attorno. Un'istanza ribelle,
Senza ostentazione di fierezza
Né d'orgoglio sprezzante,
Dice la sconfitta del carnefice
Di fronte al coraggio della vittima
Che ne scruta la vanità negli occhi
E ne rivela l'idiozia del credo.
Così si sta
Di fronte al tempo
O alla vita.

*

Improvvisa

 

Improvvisa è la notte 

nei suoi risvegli

e turba la quiete 

un nome ricorrente.

 

Sembra un rumore

il picchiettare della pioggia 

fuori della finestra,

 

invece è il cuore 

che chiede ancora

di poterti sognare 

 

 

*

Vorrei


Vorrei che tu fossi sempre qui,
vorrei che il tuo cuore mi amasse;
vorrei che tu fossi la stella notturna
fino al mio risveglio.

Vorrei che tu fossi
la luce della mia alba, il sole del mattino,
la gioia degli occhi, l'esultanza dei sensi;
vorrei che tu mi amassi
per un intimo bisogno del cuore.

Vorrei che la tua voce
mi cantasse il tormento del vento
quando soffia inclemente
la tempesta calda della passione.


*

Vivo con ciò che i tuoi occhi hanno visto


Vivo di ciò che i tuoi occhi hanno visto
Dove i miei non sono ancora giunti,
Camminatori senza meta,
E giunte le mani le conduco al petto,
Perché del tuo sguardo mi meraviglio
E del tuo stupore svesto la realtà,
Affinché nuda mi appaia
La sua verità
Mai disgiunta dalla bellezza
E la mia polvere che annebbia
Non più ne deformi il volto
Con torti trucchi da prestigiatore.

*

Promessa d’amore



Ti sarò fedele come ad una sposa,
sarò la meretrice redenta
che abbandona la strada,
sarò il cuore ferito dall'amore;
consumerò gli occhi
con la tua bellezza, la lingua
recitando il tuo nome, le mani
per contare gli istanti
che in ogni ora
mi separano da te.
Sarai il mio respiro
e l'alito dei miei giorni,
di te e solo di te
mai vorrò digiunare.


*

Il profumo

 

Se tornano allo sguardo mura antiche

Di un medioevo abitato da uomini,

Rivive negli occhi un firmamento

Di sentimenti e torna amore

In prima pagina. Sono questi i giorni

Dove non mi sei ancora carne,

Eppure l'anima già conosce di te

Il profumo intimo della pelle.

 

 

 

*

Dimmi che mi ami

 

Dimmi che mi ami, dimmi

che hai un pensiero costante per me,

non ti stancare di dirmelo, ripetilo

continuamte, ch'io ne respiri il suono,

che la tua voce m'entri nel sangue,

 

perché solo del tuo amore mi nutro

e solo col tuo amore mi disseto,

ogni assenza di te è un tempo

che potrei senza  rimpianto morire.

 

 

 

 

 

 

 

*

Non tardare


Amore mio, se tardi mi fai morire,
Lasci che il tarlo del dubbio
Corroda la certezza del tuo amore;

Amore mio, ti prego, non tardare,
Vienimi presto incontro, nuda
Di parole: sulle tue stesse labbra

Respirerò il caldo fiato dell'amore
O della tua bellezza l'intima essenza.


*

Distanze


Occorre accettare la mutezza del tempo
Il silenzio dei giorni a tormento dei sensi
Il vagheggiamento di un desiderio remoto
Che appare solo ora luminescenza
D'un vano viaggiare di possibili stasi.
Resta l'aria fresca d'un mattino
Rapito al sole d'agosto inoltrato, in fondo
Un'antica evidenza ad origine del mondo
Ed io e te, rimasti distanti e feriti
Da un sentimento che, al pari dell'aria,
Muove la vita all'amore e al calice amaro
Di un'incolmabile assenza di mani
Ed intime carezze.






*

Mio cielo


Da quando il desiderio scava dentro
Abito una parola mancante, un'assenza
Di suoni, torna a me nuda
La carne, pura nei sensi:

Segni tu l'Altrove. Ma dimmi
Degli spasmi il nome: hai ferito
La pelle, lembo di terra, attendo;
Tu, del nome suono, mio cielo.





*

Avrei


Ci separa la notte, amore mio,
ci divide un sonno
che rende mute le carni, uno spazio
che rende distanti le bocche.

Avrei vegliato il respiro delle tue labbra
se tu fossi stata qui accanto,
avrei vegliato il tuo risveglio
per un bacio sulla parola buongiorno.

*

Fulgida sei


Fulgida sei, più dell'alba,
amore mio; più dell'alba
che dei tuoi occhi nulla ha
di medesima luce, più dell'alba
che alle tue labbra invidia
l'umida rugiada, miele d'amore.





*

Urla l’Amore

 

Il tormento è l'attesa, l'incertezza

Di un arrivo, il dubbio di una parola

Taciuta, il suono amato tradito

Dal silenzio, consegnato al mutismo

Della necessità, mentre sordi

Si ribellano i sensi e il sangue urla

Nella carne la propria solitudine;

Urla il passo di Adamo

L'orma desiderante di Eva, urla lo strazio

Di una disperante assenza, urla 

L'Amore.

 

 

*

Di te, mai non dirò

 

La tua bocca per un bacio

E poi morire,

 

Ché fu il deserto per noi

Il maestro più dolce dell'amore.

 

 

*

Lei mi troverà


Lei mi troverà e mi porterà via
Mi porterà via con sé e anch'io
La troverò e la porterò via con me.

Lei ha un nome e anch'io ho un nome,
Lei ha un nome che suona dolce come nome
Lei mi suona col nome di dolcezza nella bocca
Ed io la chiamo sempre la chiamo per nome
Perché il suono del suo nome è dolce nella bocca,
Però la chiamo solo con un sussurro,
Perché non vorrei che sentisse il suo nome
Prima che lo senta quando avverrà
Che saremo lontani noi due e soli
E allora il suono del suo nome
Che io avrò appena pronunciato
E avrà riempito di dolcezza la mia bocca
La stupirà di bellezza e saprà
Di quanto io la ami.

Non so ancora se anche lei mi chiamerà per nome
O se prima vorrà sentire il sapore del suo nome
Sulle mie labbra ancora umide di lei.

*

Se questo scrivere


Se questo scrivere servisse a qualcosa,
Se bastasse il poco d'inchiostro d'un verso
A condurci dove mai siamo stati
Ancora quell'un'unica carne che agogno
E a sfiorarci con le mani la vita,

Allora passerei le mie notti a scrivere
Pur di suggere dalle tue labbra
Ogni nuovo giorno

E umide del mio nome.



*

Il tempo è stato ignaro di noi

 

Amore mio,

il tempo è stato ignaro di noi

ha disgiunto le nostre carni

per sempre

quando ancora erano destinate

a confondersi una nell’altra

 

e ora che ho saputo di te

mi strugge dentro la nostalgia

per ciò che avrebbe potuto essere

ed invece non è stato;

 

ti prego, amore mio,

non cediamo al tempo

il resto del nostro tempo:

vienimi incontro senza più veli

senza più riserve snudami il cuore,

 

svelami il nome della tua anima

io ti svelerò il mio e finalmente

scopriremo di chiamarci noi

“Mia Amata” e “Tuo Amato”

 

*

Dimmi che sono per te. .


Dimmi che sono per te l'amato
E non altro vorrò sapere,
Né del mondo né di null'altro,
Né m'importerebbe di morire
Se tu mi dicessi che m'ami.

*

Vicino ad ogni tuo respiro

 

Farò di te la mia amata per sempre

il prato fiorito dei miei occhi

la limpida rugiada dell'alba

il nome dal dolce sapore di miele

quando muove le labbra al sussurro,

 

Se anche amarti fosse una colpa

nessuna innocenza vorrei avere

senza la possibilità di averti al mio fianco

 di essere ai tuoi piedi per sempre

o vicino ad ogni tuo respiro.

 

 

 

*

Quando mi parlerai


Quando mi parlerai,
parlami con la bocca vicino alla bocca:
lascia che io respiri il tuo respiro
e l’anima tua, che è il mio incanto,
diverrà l’aria dei miei giorni
ed il pane della mia carne,
poiché come un pane tu mi nutri
e come un’acqua tu mi disseti;
nelle profondità del tuo sguardo
io respiro e vivo.

*

Nell’ora dei convegni dell’amore

 

Nell'ora dei convegni dell'amore

Le mani degli amanti parlano 

La lingua delle carezze e i loro corpi

Sono uno di fronte l'altro 

Per quel dialogo dei sensi

Che vuole un ascolto 

Senza interruzioni.

 

Nell'ora degli amanti io ti attendo

Amore mio, perché più dolci delle mani

Sono le carezze delle labbra

E amo della tua bocca 

Respirare ogni respiro.

 

Nell'ora degli amanti

Tu affréttati e non tardare

Amore mio: è così bello ad ogni ora

Vederti venire verso di me.

 

 

 

*

Com’è bello...


Com'è bello il mio amore, come le resisterò?
Ai suoi piedi mi voglio chinare,
i suoi piedi voglio baciare,
tra le sue mani voglio poggiare
la mia bocca per dirle che l'amo.

Com'è bello il mio amore per me,
ai suoi piedi voglio restare
i suoi piedi santi voglio baciare,
perché è bello il mio amore,
è bello ed è tutto da amare.







*

Sarai amore

 

Sarai amore mio la mia clausura

La cella dove incontrerò il cielo

Il luogo dove forte udrò l'Amore

Della tua anima farò il suo canto

Con le labbra sui tuoi piedi

Bacerò il giorno dei tuoi natali

Sarai per me la gioia degli occhi

L'esultanza dell'anima

Quando sono benedetti i sensi

Ché nessuna terra mai è straniera al pianto

Quando la purezza le germoglia un fiore

Che sia di campo o puro come un giglio.

 

 

 

 

*

Attesa

 

Non ha parole per me la notte

Se muta resta la tua voce

 

Né vi sono stelle nel buio

Che mi ricordino la tua luce:

 

Ho l'anima gravida di attesa,

Un tempo di vigilia trepidante l'incertezza.

 

 

*

Amore mio per te

 

Vorrei che il tuo cuore mi amasse

Vorrei che tu fossi sempre qui

Vorrei che tu fossi la mia stella notturna
La luce custode fino al mio risveglio,
Vorrei che tu fossi 
L'annincio della nuova alba
E la luce del sole che dà un nuovo giorno;
 
Vorrei che io fossi
La gioia dei tuoi occhi, tu
L'esultanza dei miei sensi.
 
Vorrei che tu mi amassi
Per il desiderio intimo del cuore
Che non concedesse sosta alle tue labbra
Quando nel segreto della notte
Sussurrassero continuamente il mio nome
 
Così come la mia bocca mai è sazia
Di ripetere il tuo, per cui l'anima esulta
E dei sensi esalta la voce, la tua che mi tormenta 
I sogni soffiando impetuosa 
Sul fuoco vivo della mia passione.
 
Amore mio per te
Il mio dolce tormento
Sei tu
Il mio tormento d'amore.
 
 
 
 

*

A labbra pure

 

A labbra pure vengo amore mio

A respirare il tuo respiro

Prima che la parola ridèsti la ragione

Dal sonno che le ha donato il cuore

E ci riporti distanti le bocche, dischiusa la mia

Da un desiderio che non avrà quiete.

 

 

 

*

La bocca dell’amata è mia luce

Attendo che l'alba la ridèsti,
A lato della sua bocca fermo resto,
La bocca dell'amata è mia luce,
Di ogni sua parola mi conforto,
Nulla è minimo nei suoi respiri,
Pane che mi nutre, acqua che mi disseta.
Nel giorno che mi attende è mio sostegno,
Dolce mi è il sapere che io l'amo,
Null'altro ad Ella chiedo
Se non la docilità a questo amore.



*

Amata


Quanto manca al ritorno dell'alba,
Alla luce riflessa nei tuo occhi
Quando il sonno ti avrà di nuovo reso alla veglia
E l'amato potrà tornare a smarrirsi
In quello sguardo d'amore?

Impaziente l'amore non si concede riposo,
L'amante attende il trascorrere delle ore
Fedele al silenzio custode del respiro amato.

*

Porto nella carne


Porto confitti nella carne
acuminati frammenti della tua bellezza
e sangue d'anima verso
a formare un delta
che non congiunga i corpi
dopo che le anime
già da tempo ignorano
la distanza delle sponde.

Sei tu, il mio fiume di passione
sei tu, il mio travolgimento
lo sconvolgimento che mi sommerge
e mi lascia restio
ad ogni ragione
in quest’autunno dei sensi;
labbro spoglio
che ancora invoca dell’amore
la dolce saliva della tua bocca

ardente d’un verso inesausto
che non lasci spegnersi la vita
o ch’essa muoia
nell’algido oblio

d’una sfibrata memoria.


*

Siamo così fragili

 

Siamo così fragili

E la vita ci percuote

E il tempo ci atterrisce

A volte ci salva

Di sottrazione in sottrazione;

 

Eppure questo risveglio improvviso

Nel cuore notturno del silenzio 

Mi riporta a te 

E mi emoziona

Lasciandomi sospeso

L'assillo della domanda: Mi ami?

 

Ritorno poi all'oblio dei pensieri

Dove gli occhi ritroveranno presto

La visione mirabile d'un sogno.

 

 

 

*

Noi


Vieni presto, amore mio,
Sono vuote queste ore
Quando tu non sei
Voce dell'amore che accarezza
Questa solitudine del cuore
Che fu formato perché tu lo abitassi
Con la tua presenza d'amore.

Ma se solo mi dicessi che mi ami
Sopporterei ancora questo silenzio
Che avrebbe un orizzonte
Dentro il buio di questa notte
E una promessa di nuova luce
Per un domani ancora insieme
Noi.

*

Come è fatto il cielo


Amore mio, vorrei vedere
Il colore dei tuoi occhi
Sapere il sapore della tua bocca
Respirare il tuo respiro

E capire così
Come è fatto il cielo.



*

Lettera d’amore, amore mio


Ci emoziona l'amore, amore mio,
Ci emoziona quel sentimento d'amore
Che un'anima suscita in noi.

Ci emoziona la sua bellezza, amore mio,
Il suo fascino, il suo mondo
Interiore, amore mio,
Il suo corpo, la sua carnalità;

Tutto questo ci emoziona, amore mio, sì, tutto questo
Ci emoziona, ci toglie il respiro, ci lascia
Innamorati, amore mio, fino a desiderare di più: la voce, la bocca,
L'odore della pelle, il corpo, l'amore…

Ma quando per mille ragioni, amore mio,
Di quell’anima non si sfiori la carne,
Allora si scrive, amore mio,
Per toccare quel cielo
In cui ci è vietato volare.

Così, di te, io scrivo, amore mio...



*

Queste righe


Se solo potessi sentire la tua voce
Amore mio, se solo non avessi il timore
Delle mie emozioni, se solo non temessi
I temporali estivi sulla pelle,
Ora non starei qui, amore,
A darti forme di carta
Con questi miei versi.



*

Non voglio...


Non voglio una poesia da iniziati,
Coi maestri che ti prescrivono le misure
E gli esercizi da fare
Per passare al grado di novizi
E poi essere ammessi al clero dei poeti.
Certo, beati coloro che lo sono, poeti
Iniziati, benefattori della nostra umanità.
Io voglio invece una poesia dei giorni consueti,
Una poesia che non ammetta novizi,
Ma dica culo al culo e pene al pene,
Voglio una poesia che non abbia misure da maestri
E alcun oltre da oltrepassare,
Non abbia dimensioni da rivelare,
Profezie da profetare,
Ma con le mie vene si prepari a morire.
Una poesia così, io voglio,
Certo accanto a quella dei poeti iniziati,
Tra misure e maestri, però una poesia
Io voglio, dei poeti disgraziati.



*

Io mi riposo in te

 

Io mi riposo in te, anima

benedetta, in te lascio

che si quietino i sensi

che pure la tua bellezza

d'ardore sempre infiamma;

tra i seni della tua luce 

mi rifugio, pioggia di rose

e di aromatiche dolcezze.

 

 

 

 

*

E se hai una vestaglia


E se hai una vestaglia
Di che colore la indossi?
E la indossi appena sveglia al mattino?
E ha dei fiori dipinti la vestaglia che indossi?
E la indossi ancora prima del caffè?
E le ciabatte come sono fatte?
Come ti stanno ai piedi? E porti
Lo smalto sulle unghie dei piedi?
E di che colore è lo smalto che metti sui piedi?

Vorrei essere una finestra dai vetri limpidi
Per lasciarmi ferire dal tuo sguardo innamorato
Di questo cielo d’estate che ci lascia stupiti;

Ed io che adesso non indosso vestaglie
Se tu non ti siedi e non mi parli qui accanto
E che torno a dormire senza stupore
Perché tu non ci sei con la mia vestaglia
A bere con me il mio amaro caffè.


*

Se le tue mani


Se le tue mani mi accarezzassero
il corpo, una nuova forma daresti
al principio che fu di acqua e di terra.

Non dico che di te vorrei alito
d'angelo, poiché la carne ti dona
una bocca che attrae la mia bocca,

ma dalle tue labbra avrei quel respiro,
dalla tua lingua la gioia del piacere,
che al fango solo può ridare l'amore.

*

Frammento


Veglio la tua assenza
Che rende più buia la notte
Ma il desiderio rischiara
Come fosse la luna.

Accarezzo la pelle con questo pensarti
E ti adagio sopra di me

Fino a sentirti il cuore.

*

Nonostante tutto


Può l'amore non mettere radici?

Hai penetrato l'anima
con la tua dolcezza,
mentre la tua bellezza
mi feriva gli occhi,
non ho più forza
per resistere ancora,
eppure mi grava di colpa
l'onere della resa;

nonostante tutto
lascio che impazzisca il cuore
inseguendo in ogni respiro
la felicita che mi prende
al pensiero d'amarti,

se, nonostante tutto,
anche tu mi ami.



*

Oltre i corpi, l’amore


Porterei alle labbra il tuo corpo
Eppure non è ai sensi che volgo
L'orecchio, ma c'è qualcosa di te
Che mi chiama in un oltre, un senso
Di amore ulteriore ai corpi. Non dico
Perché non ho adatte parole
Però porterei alle labbra il tuo corpo
O mi genufletterei a baciarlo ovunque
E non è per i sensi questo stare a guardarti:
Mi nutriresti l'anima
Solo con il tuo alitarmi in bocca - ho fame
Di te. Se ti amo
Dovrò riconoscerne la colpa,
Ma ti amo e di questo
Mi rendo colpevole.
Inginocchiato, di te
Ogni respiro berrei.


*

Se respiro il tuo respiro


Se respiro il tuo respiro
Seducente mi è la notte,
Se tra te e la mia carne
Non vi è più una distanza
Non ho più voglia di dormire
Per averti solo in sogno,
Ora che respiro il tuo respiro
E la mia carne è nella tua
E la tua lingua è sulla mia,
Poco prima di mutare delle bocche
I percorsi del calore.
Dammi tutti i tuoi secreti,
Ti darò il mio biancore
Nel percorso del piacere.








*

se solo potessi sfiorarti le labbra

 

se solo potessi sfiorarti le labbra,

suggere quelle parole taciute,

 

quel muto silenzio d'amore

che stilla nella carne già ebbra

 

- di te - il pianto delle ore perdute:

quel non udito

che mi sconquassa il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

*

Mi viene d’amarti


Mi hai scavato l'anima
Con la tua bellezza, gurdarti ancora
È perdere la ragione,

Perché null'altro di te si vuole
Che quello sguardo d'amore,

L'ncendio dei sensi
Con l'eros del desiderio

Fino all'oblio di sé.

*

Sì, ho amato


Sì, ho amato il tuo volto,
Solo come un folle d'amore può amare.

Nella tua bellezza avrei voluto morire,
Perché della luce che i sensi rapisce

Non si ha timore
Né desiderio di tornare.





*

Amore, dai sensi al cuore

 

Conosco dell'amore 

Il tempo dell'attesa

E del desiderio 

Il colore dell'assenza

Quando tormenta la carne

La distanza dall'amato

 

Ed ogni altra voce

È solo un'ombra del silenzio

Che penetra la pelle 

 

E urla dentro il cuore

La passione d'amore

Che tu hai partorito

Dentro di me.

 

 

 

 

 

 

*

Prima del corpo, l’anima


Negli angoli del mio desiderio
Si nasconde il tuo corpo
Mentre nuda si affida ai miei occhi
La voce della tua anima.

Amarti nei fremiti di pelle
È cadere della pioggia d'autunno:

Si bagna di te la mia carne
E viene la tua ai miei sensi

Come l'acqua alla terra
Ed il seme all'estate.






*

Tormento d’amore


Fragile è la pelle
nel desiderio che resiste
alla ragione.

Un sogno impossibile
grava la carne:
le nostre carezze
e due bocche
mai sazie di baci.

*

Figlio, non ti mancherà...


Figlio, non ti mancherà la tristezza
dei giorni infelici, l'amaro di ore
destinate a memoria e dolore,
non ti mancherà il tarlo del dubbio
che rode l'interno di un cuore quando arde di vita
e ne scava l'anima con momenti privi di fiato;
perché, figlio, la vita è una continua domanda,
una contesa di tempo alla morte,
mentre il seme della felicità ingravida
le nostre esistenze d'attesa
di un giorno partoriente la luce,
quell'oro dei sensi
che scosta le ombre dai corpi
e li porta fino agli atrii della gioia.


*

Risveglio notturno


Non è per la carne
il mio amore per te, non è
per l'eccitamento dei sensi,
che provoca in me la tua dolce bellezza,

l'amore per te, ma è
perché la tua carne mi dice
che cos'è l'amore e lo dice
di là di se stessa,

è solo per questo tuo dirmi felice
che io mi perdo nell'amore per te.

*

Hot


Sulla resa delle curve
solco i tuoi sussulti
bagnandomi la lingua
nella schiusa dei tuoi umori.

Un desiderio estremo
dei tuoi odori intimi,
fontale mi richiama
i fremiti alla pelle.

Di te nutro e del tuo piacere
un pensiero osceno:
sazia la mia gola
ciò che di te in me
caldo mi cola.


*

Dove sei ora

 

Dove sei ora e dove il tuo respiro

Adesso lascia il segno del tuo calore

E se ancora verso di me un pensiero

Rivolgi, se in una parte del cuore 

In te vivo, un angolo d'amore 

Che preceda il giudizio, ignori

La ragione e sia un'osata carezza, 

Un fuoco che ogni resistenza brucia,

Un bacio primordiale 

Tra due anime tornate nude...

 

 

 

 

*

Che timido fugge

 

Vienimi, come quiete nel cuore,

Ragguaglio di luce e dolcezza,

Soffio di vento che l'alba concede,

Parola nuova, carezza sull'anima;

Vienimi, tenerezza del giorno,

Sussulto di pelle, che timido fugge.

 

*

Dissetami

 

Dissetami alle tue sorgenti,

Berrò come bestia al fiume,

Sarò tutto nella mia sete

E nudo verrò spoglio alla resa;

 

Nelle tue acque non avrò più dèi

Né parole da giustificare,

Come un verme di fango

Tornerò al mio nome

Se le tue mani non mi daranno forma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Lettera



A L., invocandone la clemenza


Sì, Laura, hai ragione: è
Una poesia d'amore, d'amore
E di dolore.

Figlio dell'Occidente cristiano
Non conosco dell'amore che l'amore
Ed il dolore: l'amore inspiegato,
Il dolore dispiegato
In molte delle sue scabrose pieghe,
Piaghe oscene o luminose
Ma piaghe sempre dolenti, che non vogliono
Appelli; ma non mi scandalizza ciò,

Perché, figlio dell'Occidente cristiano,
Ho deviato la mia via incolta
E stolto non afferro altro
Dell'amore, mi resta
Solo dolore e amore,
Un amore inspiegato.

Sì, Laura,
Ho visto dell'amore anche la luce,
Ne ho conosciuta la gioia,
So bene e l'una e l'altra,
Ma come il bene
Che vi può essere stato in me
O ancora forse ve ne sarà,
La luce e la gioia
Non mi appartengono, sono,
Ed è questa la mia grazia,
Un Altrove e un altrove per sempre;

Del mio resto non altro ti dico e mi dico
Se non lamenti ed un debole canto.

*

Una lenta agonia gli sfigurò il viso,

 

Una lenta agonia gli sfigurò il viso,

carni lacerate e versamenti d'anima,

la vita diventava uno spettacolo,

conosceva le sue oscenità.

 

Dei figli appesi alle loro croci 

ne sappiamo ancora e sempre

e dei chiodi che gli trafiggono le anime  

ne vediamo le smorfie sui visi sfigurati.

 

Quale Dio nascosto avrebbe sofferto insieme a noi?

Eppure solo nell'Inferno non muore il dolore

e il disamore rimane senza redenzione.

 

 

 

*

Davanti a te


Un vento leggero
entra dalla finestra socchiusa,
accarezza le gambe nude,
mentre il respiro insegue
il tuo pensiero.
Non posso non desiderarti
nel risveglio dei sensi al giorno,
mi viene in mente il tuo viso,
cornice del tuo sguardo
ed allora mi perdo
nello smarrimento del cuore
che sempre di te innamorato

batte forte, batte e fa rumore.


*

Così...


Così sono nato a vista d'occhio
- non dico a tempo perso, non ve n'era voglia -
avendo però una visione divergente
- il tempo è una rapina d'ore,
un guazzabuglio di lancette sul quadrante
e del vizio umano di contare, il vizio delle dita
sulla dita di una mano. Ma non dico
che io nacqui a tempo perso: io non nacqui
ovvero nacqui come io nell'oblio
ancora di quell'ora che io tacqui fino ad ora,
perché dal tempo che io nacqui mi fu dimora
l'ora breve, breviario di parole che addolora.


*

Per dirti t’amo

 

Ti amo

nel dolce odore

del tuo essermi donna,

 

tra le pieghe della tua carne

dove i sensi

traducono la pelle al piacere.

 

Ti amo

dove si resta 

nelle carezze dello stupore:

 

guardarci

io e te 

nudi di parole, mute

 

grida di sensi, 

quando tremano le pelli 

felici di toccarsi 

 

fino a dove 

si risvegliano le anime

con il caldo bacio dell'amore

.

 

 

 

 

 

 

*

Stanotte ho voglia


Stanotte ho voglia di fare l'amore, ho voglia,
stanotte,
che l'alba ci sorprenda perduti nei sensi, ho voglia
stanotte
di navigare con la lingua il tuo corpo, traversare
i tuoi umori come le acque che separano
la carne dalla promessa. Ho voglia
in questa notte
che si ripete inquieta ogni notte
di fare l'amore con te
e nel piacere trovare la fuga dell'esule
di cui nessun approdo sarà mai peggiore
di questa lontananza di sé da sé.

Ho voglia stanotte delle tue mani, mi siano spose
prima che l'alba ci trovi perduti nei sensi
e reclami la sua parte di luce
spegnendo ogni brace di questo fuoco
scarno di senso che è la vita.


*

Dedicata

Di te attendo ogni giorno la voce
Perché dà il tono all'alba che viene
Ed io amo quel cielo che torna alla luce
Solo se lo attraversa il tuo sguardo:

Allora si fa specchio ai tuoi occhi
E la mia carne esulta di gioia.

*

Fugga


Fugga da me il Rimpianto, non resti
Nella casa del sonno dove eterno riposa
Il Desiderio che non ha conosciuto spose,
Non vegli le magre spoglie in ciò che ne rimane,
Mentre mi consoli del pianto la Nostalgia
Che dove io vedo il perduto essa spera ancora l'atteso.

*

Che cos’è...

 

Che cos'è, amore mio, la nostalgia

Se non uno sguardo appassionato

E malinconico a questo cielo di giugno

Che colora di rosso l'ora al tramonto

E convoca l'orizzonte a predire il domani

Nel cui grembo la vita ritrova il seme d'un senso?

Così rimango immobile a guardare i tuoi occhi

E gli uni e l'altro mi sollevano da terra

Lasciando nel sangue qualcosa di Dio

O di un assoluto che gli presta il volto.

 

 

 

 

 

*

Tutte le cose


Tutte le cose cambiano
Anche noi siamo cambiati nel tempo
Di cui abbiamo perdute per sempre
Le ore in cui siamo stati felici.
Più non m'aspetti, più non t'aspetto:
Non abbiamo più ore che resistano al tempo.

*

Ho atteso

 

Ho atteso impaziente che il risveglio

Allontanasse gli ultimi miraggi del sogno

E l'alba illuminasse i tuoi respiri,

 

L'alito caldo che amo ed inseguo

Dentro le stanze silenziose e sul vetro

Mentre il tuo sguardo attraversa le cose;

 

E sulle tue labbra se avrai il mio nome 

Io potrò ora esistere come forma di adamo

Che più nulla di nuovo attende nel suo giardino.

 

 

*

Un richiamo

 

Ti scriverò un verso, amore mio,

per dirti t'amo, un verso mite

un filo d'erba dall'asfalto,

con timida vergogna, per dirti t'amo.

 

Un verso mio, impudico; casto

è nell'ora tenue il tuo richiamo.

 

 

 

 

 

 

*

Aggettivi


Passavo da un letto ad un altro,
perché non sopportavo i vuoti di fame,
volevo continuamente dei segni, ma segni
che incidessero profondamente la carne.

Il vizio della mignotta, dicevano,
ma nessuno seppe mai dei gemiti e lo strazio
di un'anima impreparata a vivere.


*

Ho sognato

 

Ho sognato i tuoi seni, stanotte,

I tuoi seni ed i tuoi fianchi,

E nel sogno li ho pure baciati

E baciati anche un po' di più.

Ho baciato sia il seno che i fianchi,

Ma ho baciato ancora di più

E tu ti mostravi felice dei miei baci

E ridevi, ridevi e giocavi,

Ti giravi su di un fianco e poi sull'altro,

Perché io li baciassi entrambi e dappertutto,

Però il seno no: quando ti baciavo il seno

Tu ti sdraiavi sulla schiena e non ridevi.

Anche quando mi hai chiesto la resa della lingua

Non ridevi e non giocavi: hai chiuso gli occhi

E non parlavi; sembravi fossi diventata muta

E cieca e sorda, sembrava che io più non esistessi per te

O non ci fossi, lì, io, sotto di te.

Così ti ho sognata stanotte ed eri nuda

E ti ho visto nudo pure il sedere. Ed eri bella.

 

 

 

*

In un nome l’amore


Non mi precedi eppure mi stai davanti
Nell'impeto del riconoscimento invoco il nome,
Tu sei il mio tu e rendi il mio ritorno all’io
Possibile evento di una nuova epifania.

Non ho che la tua schiena nuda davanti ai miei occhi,
Perché non mi precedi se non con il corpo,
Una bellezza che toglie il respiro alla pelle;
Ammiro le tue natiche perfette nelle curve
E ancora sode nell’atto insano della sfiotitura,
Ammiro ed impaziente attendo
L'ora della tua rivelazione,
Nel gioco dei pronomi dentro l’eros
Saremo nel corpo l’esperienza dell’alterità
Che tu farai di me, che io farò di te.

*

Della castità della parola ho rivestito la tua nudità

 

Della castità della parola ho rivestito la tua nudità,

perché non vi fosse il rossore della timidezza

nel silenzio che accompagna sempre il pudore.

 

Vi sono braccia capaci di asfalto e cuori di sponde di fiumi

anche se i voli delle rondini non dànno più nitore al cielo dei soli,

ma il loro garrito presto si fa carne per dare carne a nuove parole

 

e servire una mensa che a volte viene sfiorata dagli angeli.

Non chiedermi mai dell'amore e delle nostre anime:

lì vi sono luoghi segreti che rifuggono la ragione.

 

 

 

 

*

Tu non sai


Tu non sai
Quante volte ti ho amata
Nella solitudine di una mano
Mentre la carne
Si lasciava andare al desiderio
E scrivevo scrivevo
Con l'inchiostro liquido del piacere
Le trame sognate
Dei nostri amplessi.

Ma il tempo ci fu ignaro
E le nostre braccia
S'intrecciarono ad altre braccia
Fino a darci
Carni plasmate di assenze

E in questi vuoti continui
Ancora inseguo le tue ombre
Concedendomi sgualdrina a chiunque di te
Voglia ripetermi il nome.

*

Solitudini dell’anima


Solitudini dell'anima
Vuoti d'amore
Carne affamata di carne
La disperante attesa del nulla
Nessun riscatto, nessuna redenzione
Morte per morte dove manca l'amante
L'amore è una sudario che avvolge
L'amato non nato; ma l'amore nel tempo
Non è forse solo un crudele intervallo
Tra nulla e nulla? Qui
Non vedo ali d'angeli né piedi di donna
A coprire i tuoi passi stanchi, a serrare
Le labbra con baci che si scambino
Una linfa di vita in distanze di fine.


*

Nel cuore dei sensi

 

C'è della grazia in te, si avverte

Un profumo nascosto, che rende

Più rosa la carne, la schiusa dei fiori

Dietro le vetrate abbagliate dall'alba

Quando ancora la casa non vuole

Che sorseggiare il silenzio al riparo

Delle parole che poi

Diverranno rumore.

 

C'è della grazia in te; una donna

Che ama nel segreto di un sogno

Tessuto con la carne dell'anima

E un'anima nel cuore dei sensi.

 

 

 

 

*

Le tue parole attendo, amore mio

 

Le tue parole attendo, amore mio

come la veglia notturna attende

il ritorno dell'alba, come il fiore

attende l'acqua di chi ne ha cura.

 

Di te mi pervade urgente un pensiero:

Vieni, mia parola, non indugiare,

vieni con la tua luce e inondami:

di te sarò l'ombra fugace e noi

 

l'attimo di bellezza che il tempo

avrà perdonato al nulla.

 

 

 

*

Se io e te

 

Se io e te ci parlassimo prima dell'alba

Potremmo insieme definire la luce del giorno

Educare le ore del tempo a venire

Come fossero figlie

Concepite durante le veglie all'amore

Quando l'amore era calore rivolto al futuro.

 

Se io e te ci baciassimo ogni giorno prima dell'alba

Tu saresti le notti di veglia all'amore

Madre di ore venute alla luce.

 

 

 

 

 

*

Dove mi hai toccato le mani

                                                                                                         a L.

 

 

Dove mi hai toccato le mani

Non vi era che buio,
Ma le tue carezze sulle dita 
Trafissero luminose 
Quella oscurità.
 
Nell'assenza di parole
Udii il suono della tua voce
E fu bellezza
Pure nel dolore.
 
Non mi restano che i tuoi occhi
Per credere ancora
Ai mille volti dell'amore
 
Dentro questa lontananza, questo esilio
Dove non sono
Se tu per me non sei.
 
 

*

Ad O.


ad O.


Potremmo amarci solo con le parole,
Ridare ai corpi il senso della carne
Quando apre della notte i segreti
E fa dell'umido il destino di una casa.

Potremmo amarci solo con le parole,
Ridare ai corpi il desiderio della carne,
Traversare il tempo delle loro età,
Lasciar parlare alle nostre bocche
Il linguaggio sempreverde della tenerezza.

Potresti amarmi solo con le tue parole
Ed io farei della tua carne
Il mio profano ringraziamento
E della tua anima
Il luogo della mia rinascita.




*

Ho questa morte che mi posiede


Ho questa morte che mi possiede,
Senza tenerezza mi attende,
Amante pretenziosa che non conosce l'impazienza:
Sa che prima o poi non mancherò il suo appuntamento,
Diverrò docile al suo abbraccio
Dopo averla a lungo tradita,
Amante un po' puttana della vita.

*

Lui non le disse

 

 

Lui non le disse tutto quello che le avrebbe voluto dire,

Così si tenne dentro tutte le parole zitte,

Ma poi le parole zitte cominciarono a fargli male,

Perché l'amore taciuto sempre molto duole,

Così se non rischiò di morire, morì dentro quasi uguale.

 

 

*

Vieni

 

Vieni sulla mia pelle ad amarmi

Riempimi la bocca di baci

Conduci le mie mani sul tuo corpo

Che le mie carezze siano la tua gioia

Attraversiamo insieme queste ore

Che separano la notte dal giorno

Siano i nostri abbracci

Il segno del nostro amore

Non indugino  le nostre carni

Non abbiano riserve al piacere

L'uno sia per l'altra il cielo 

Della sua solitudine

Dove la felicità di quegli attimi

Sia l'aria dei suoi respiri.

 

 

 

 

*

Se io...


Se io mi scavassi dentro
E portassi alla luce i feti della mia disperazione,
Tu ti allontaneresti
Non sopportando il fetore delle mie unghiate
In una terra avara di confutazioni.

*

Non è meno bello ora il tuo volto

 

Non è meno bello ora il tuo volto

Nella dimenticanza dell'amore,

Né la lontananza muta un sentimento

Solo ne rende struggente il ricordo

E assurda la speranza di un ritorno

Quando l'alba oramai ha posto fine ad un sogno.

*

Dimmi


Dimmi oggi dove vai, dove porti i tuoi dolori,
Dove inizi a vagare, in quali vie del quartiere,
Dimmi pure se del viso rosso vi è una ragione
E dimmi se davvero con gli occhi mi hai veduto
O se la malattia già ti ha roso totalmente
Ogni brandello di ragione e ogni memoria ricomposta
È solo un cadavere in attesa della sepoltura
E se ha avuto un senso questo nostro vivere
E se lo avrà ancora oggi e fino a domani.

*

Questo tempo che non mi appartiene

 

Questo tempo che non mi appartiene -

Ho venduto la speranza per trenta denari,

Ho aperto la gola deviando il respiro -

Mi nega ogni visione, mi nega

L'orecchio sul ventre della terra,

Mi ritrovo a vagare straniero

Nei luoghi della mia nascita, solo

La notte mi mostra la sua pietà

E lo scandalo fraterno dell'indifferenza

A lato di marciapiedi resi mercato di corpi 

Dove si compra,  per trenta denari,  l'Invendibile.

 

*

Mi dirai di te l’ora migliore


Mi dirai di te l'ora migliore
io ti dirò di me il fuori orario del desiderio
ti darò della mia carne la mendicanza
il bisogno d'amore che sfugge alla norma
quell'insufficienza che mai si appaga
come un vizio portato all'estremo
come una pena inflitta per colpa
quando si è solo rei d'un'insana innocenza
ed il fio si assolve con l'espiazione
di una radicale solitudine. Ti darò
la parte ferita di me, sapendo in principio
che nulla verrà mai risanato, non sazierai
la sete che ho di te, che mi brucia dentro
come un fuoco di sant'Antonio
che non ha più tempo per una buona cura.


*

Forse è....


Forse è morta e non lo sappiamo -
o è morto: dal nome non sappiamo -
forse è morta e noi ci scandalizziamo -
o è morto: dal nome non sappiamo -
di un libro rivenduto a poche lire -
la copia con dedica autografa dell'autore -,
che se lo avessimo ricomprato a prezzo intero
o magari con un piccolo sconto -
anche il venticinquepercento dell'editore -
non avremmo avuto ora lo stesso disprezzo per lei
che invece forse è già morta - o morto:
dal nome non sappiamo - perdendo del libro
il possesso a vantaggio degl eredi
magari pure poco inclini alla lettura
e alla polvere dei libri in una casa
poi figurati verso un libro di poesie.
Chissà se poi è davvero morta - o morto:
dal nome non sappiamo - e non abbiamo
fatto bene noi a scandalizzarci
per una libro rivenduto a poche lire,
una copia con dedica autografa dell'autore.






*

Oltre le parole

 

Sarai clemente con le mie parole

Con questa ricerca di essere felice

Sarai per me tutto o niente

Sarai l’alfa e l’omega della mia disperazione

Sarai il segno di quel vuoto

Che dentro mi divora, sarai

L’epifania mancata, sarai

Il ricordo del tuo piede nudo

Che ho veduto

In un momento d’illuminazione

Sarai il pane dei miei sogni

Nella tua trasparenza di non essere

Quella voce che mi richiama

Dai deserti della mia solitudine.

Ti chiederei di amarmi

Se non avessi dentro di me

Il senso di questa insufficienza

Che limita il mio tempo

Con l’occhio triste della finitudine;

Eppure dentro questa mia tristezza

Sento la bellezza del tuo amore

E torno ai tuoi piedi scalzi

A quella danza di parole non dette

Che sono state

La mia estasi d’un momento

Il fiore raro di due anime

Quando s’incontrano

Oltre le parole.   

 

 

*

Quel che resta

 

Vieni, tu, con le tue parole

Portami l'acqua della tua dolcezza,

Ho le labbra spaccate dalle sete

Di ciò che manca alla mia vita:

Un'eco di riconoscimento, un grembo

Dove riposare il capo; quanta

Stanchezza nella mie carni, l'anima

La divorano ore senza quiete. Vieni

Portami nella tua bocca la voce

D'un amore che sfiori laterale

Quel che resta del mio costato.

 

 

*

Se mi porti ad amarti


Se mi porti ad amarti
in un esodo che lascia bui i porti,
se fuori di me mi porti
lontano dai miei sogni, se contorti
sono i tuoi disegni,
se i risvegli miei deporti
sui tuoi mille abbagli,
sui tuoi lidi morti,
allora amore mio ti sbagli
a non cercar ragguagli
nell'amaro dei miei fogli,
se onesta non ti spogli
dei tuoi alibi, falsi appigli
che ti gravano il grembo, figli
innocenti d'illeciti giacigli.

Più nulla ormai di te che somigli
agli ardenti fuochi vermigli
di quel tempo di carnali scompigli,
di grida di sensi, ora spenti bisbigli.


*

Verso dove


La vita ci ha sorpresi a mani nude
Nel tempo che resta in posa d'agguato,
Nessuno ha saputo l'ora del suo nascere,
Né tantomeno dei nostri qualcuno avrebbe voluto morire.

Camminiamo inermi su lingue d'asfalto,
Ma non hanno accumulato parole per noi,
Neppure un fonema per le nostre suole
Ad impensierire la decifrazione futura
Legata alle nostre ossa
Custodite in acque saline.

Non chiedermi ora di spiegarti il mio oggi,
Del tuo so che ci perderai del tempo
Fino alla resa che concederai al buio
Di una ragione che non avrà avuto ragione
Del suo stesso esistere.

Ma ti vedo andare nei miei occhi ancora
Come quando eri un bambino,
Quando noi tutti eravamo ancora disposti
A stupirci delle foglie stormienti
Davanti alla nostra finestra.

Abbiamo adesso chiuso la casa,
Ci siamo abituati a muoverci per restare
Da dove partimmo senza partire,
Siamo nomadi di un cammino senza patrie
E senza terre da toccare, non abbiamo più di che coprirci
All'inverno incipiente che gelerà
Le nostre anime senza più carne a coprirci d'idee
Che sappiano a quale dio apparteniamo.





*

Da una folla anonima...


Da una folla anonima ti elessi amato
E amante mi fosti in incasti amplessi,
Nella folla anonima ora ti rigettai
Divorando la mia stessa memoria.
Così è l'inferno dei reietti d'amore:
Un poco di sperma o un poco di muco,
Il resto impura putrefazione.



*

Non mi basta più...


Non mi basta più il tuo corpo,
né le mie eiaculazioni
che tu accogli, amante e ingorda,
dove ogni passaggio è copioso
dei lamenti del nostro godere;

e non mi esulta il corpo
dentro ogni tuo orgasmo,
non abbiamo vittorie da celebrare
per i nostri sessi sazi e felici. Dammi,
invece, la tua tenerezza, un bacio caldo
sulle piaghe dell'anima, prenditi
cura di me e dammi le tue mani,
ché io ne abbia cura, allora solo così
le lacrime dei nostri occhi
piangeranno il profondo guardarsi dell'amore.

*

Dammi una morte senza dignità

 

Dammi una morte senza dignità,

Ché la vita non abbia la sua gloria

E l'amore il dolore della sconfitta;

 

Anche se per un giorno d'amore

In cui ho amato e sono stato amato

È valsa la fatica di vivere

Oltre la doglianza del nascere.

 

 

*

Vorrei parlasse il mio silenzio

 

                               ad Antonia Pozzi

 

 

 

Vorrei parlasse il mio silenzio

Per non dire parole chiare d'amore.

 

Rimangono incantati i miei occhi

Quando vedono in un'immagine

L'intensità espressiva del tuo struggimento.

 

 

*

Spigolando un titolo di Márquez... L’amore al tempo della R


Spigolando un titolo di Márquez...

L'amore al tempo della Rete

Ti lovvai, mi lovvasti.
Ci lovvammo per giorni
digitando sui tasti,
eccitati dai contrasti
dei continui torno non torni,
finché soli rimasti
ci parvero nefasti
i sensi al sesso ridèsti.

Risi, anche tu ridésti;
l'ironia disfi ma non guasti
dell'amor nostro i resti
seppur in cenere adusti,
cenere che se ora rimesti
arde di braci e di nuovo
brama quel digitar di tasti.

*

e prima dello spegnersi del sole

 

ci perderemo nel destino della notte

- un attimo di smarrimento, poi il nulla -,

eppure sono grato

a questa inconsistenza, a questo soffio

di un inspiegabile universo, perché del futuro

non avrò presto più memoria, ma una traccia

dei tuoi occhi e della mia emozione 

feconderà il passato

di chi verrà dopo di noi 

e prima dello spegnersi del sole.

 

*

Segni


Sono quei segni del vissuto
Che la tela del pittore aspetta.

Dopo averne amato la luce,
Ora è nel gioco delle ombre
Che la sua mano ritroverà l'idea;
Privandosi di netti contorni
Sfumerà l'assenza con verdi di mare.

*

Non riusciremo mai...

 

Non riusciremo mai a toccarci,

c'è sempre qualcosa che ci divide,

non abbiamo ancora le stesse parole

e anche le simili vinrano dissonanze

che non ci portano lontano.

Sembra che anche la lingua 

abbia la sua feralità, un termine a scadenza

che ci impedisce il passaggio; sarà forse per questo

che i morti sembrano preferire rimanere in silenzio.

 

 

 

*

Fonte


Sulla mia lingua rimaneva il nettare prezioso,
donata aspersione di stille labiali
- hai conosciuto i miei titillamenti -
il gioco che intrecciava bocca e mani.

Fonte offerta a dissetarmi ti destavi
inarcando petto e reni, mi sorreggevo
alle parole primordiali dell'amore:
gemiti e lamenti di piacere,
che traducevi per me in tenerezza,
calde carezze e abbracci
di cosce alla testa e sfinivi
col respiro nei tuoi respiri
la resa alla nostra felicità.

*

Profumano di cielo le tue ali

                                                                                         

                                                         

Profumano di cielo le tue ali

e vola la tua anima come un angelo,

eppure quando sfiori qui la terra

trema ogni carne per il turbamento

 

come l'occhio quando viene ferito dalla luce,

perché sorpreso nella propria nudità;

ma morire di bellezza non è una colpa

né amare dei sensi l'espressione già un peccato,

 

anche se si conficcano dei chiodi nella carne

quando la desolazione abbraccia un deserto

dove l'assenza risuona in un'eco

tra gemiti di un lamento e un bramoso canto. 

 

 

*

Ho finito lacrime e parole


Ho finito lacrime e parole,
Mi resta, compagna dei miei passi,
Una ininterrotta teoria di marciapiedi,
Li batto come una mignotta
Che non cerca più clienti.

*

Mi dicevi con le parole


Mi dicevi con le parole,
Scavando così solchi bagnati tra le pieghe
Agli angoli degli occhi. Quante volte
Ci siamo fermati dove nessuno sentiva
Il rumore dei passi che diventava canto.

La fame dei corpi è fame selvaggia,
Ma peggio è la fame delle voci
Che non lascia mai tempo ai respiri
E spinge dai ventri le carni all'amore.

L'acqua della nostalgia cancella il presente,
Non concede appelli alle ore, domina
L' assenza il desiderio del ritorno;

Il guaio del cuore è innamorarsi per errore
Ed esserne felici anche quando
Ti divora la gola il lamento della lingua.


*

Amare il teatro

Amare il teatro.
Amare la messinscena del teatro,
Amare il mestiere dell'attore. La voce impostata,
Il corpo
In perfetta relazione con lo spazio. L'attore!
Il mestiere dell'attore tra corpi, suoni e parole,
Figlio illegittimo di due padri: il regista ed il pubblico, il primo lo concepisce con la scrittura, il secondo lo accoglie festoso o lo rifiuta, inorridito e pieno d'odio,
Al pari del frutto mostruoso di un aborto mal riuscito.
Amare il teatro, reale finzione di una finta realtà,
Simile alla vita ma più sincero.
Sai dell'origine, sai della durata
E hai chiaro il destino finale, privo d'inganni, privo D'illusioni o colpevoli dubbi. Amare
Il teatro. Si spoglierà il palco e si spoglieranno gli attori,
Ma quel vuoto mai farà paura.


*

Non ho più pudori

 

Non ho più pudori

E vivo di scandali, mostro

Indifferente a chi mi osserva

La mia mendicanza d'amore

E dimentico d'ogni dignità

Disindosso ogni velame di finzione,

Nudo nell'anima

Non cerco approdi, vivo

D'attese e possibili epifanie.

 

 

*

Scioglimi


Scioglimi
Dentro questo desiderio d'amore.

Hai liquefatto la mia resistenza
Disvelando coi tuoi occhi un altrove - abiteremo
Mondi lontanissimi, ci perderemo nella luce dei sensi,
Ci nutreremo ognuno dell'anima dell'altro
E dell'eros abiteremo la fame ed il piacere;

Ma tu ira della terra sei ritornata alla quiete
Io naufragato in questa follia e ti aspetto
Per sempre ti aspetterò...

*

Eri...


Eri l'emergenza della mia pelle,
Il desiderio prorompente del mattino;

Eri il senso di esistere del mondo,
L'odore intenso del seme che attende,
La voce amata per uscire in fiore.

Eri l'opera perfetta di un pittore,
Il verso dolce ripetuto all'infinito,
Il mondo misterioso di un mare profondo.

Eri parola quiete e luce del risveglio;

Eri il mio respiro e la mia ubriachezza,
Eri tutto ciò in un nome di donna, Daria,
Prima che ci vedessimo le spalle
Allontanarsi per sempre dall'amore.


*

Il signor Wilson*, la Dono e la Poesia

                                                                                         a Francesca Dono

 

 

Quante volte il signor Wilson
avrà comprato i fritti di mare al cartoccio?
Lei l’ha incontrato tra la strada e la fine
di un verso. Non si sorprenda 
se la indico a metro: abbiamo bisogno
di sogni ribelli che mostrino il vero.
 
Guardi, il signor Wilson 
potrebbe anche perdersi tra le rose
e la mobilia in stile borghese,
non è questo lo zenit del tema:
 

Le dono le mie ginocchia flesse,

piegate dall'anarchia di versi

che rimette la Poesia 

al centro del suo mistero, 

purché verso queste mie parole 

Ella usi tutta la sua indulgenza.

 

 

 

* Ho chiesto in prestito a Francesca Dono l'utilizzo del suo personaggio poetico

 

 

*

Nella testa di Klimt

 

Non ho altri giorni che questi

Ed un percorso da fermata a capolinea;

 

Traballa sull'asfalto il tran tran quotidiano

Mentre ancora ieri si viveva

Nella testa di Klimt.

 

 

*

Dimmi se


Dimmi se ancora mi pensi
Se vieni e ti bagni quando mi sogni
E se ad ogni risveglio mi senti al tuo fianco
E se con le mani mi cerchi e mi sfiori
Se lasci carezze per me tra i tuoi pensieri
Se ancora con gli occhi t'affacci a cercarmi
Nei segni che lascio
Come rose per te dove tu sai.


*

lui è diventato...


lui è diventato pazzo e cammina
avanti e indietro misurando a passi
l’ampiezza del mondo attorno al cielo
che si crea quando recita il nome
della donna che egli ama lontana;

un’altra vita ora li divide
e lui accecato dal dolore
si misura a passi corti il cuore
e recita come un salmo il dolce nome
che lo culla
dentro il sogno della sua follia.


*

Separazioni


Vivo di continue separazioni
Senza metafore per tacere il dolore,
Ho poche parole nel mio bagaglio
E solo un grido sommesso, una sfida
Alla morte e ritrovo il lamento
Che mi svela vivo a me stesso
Nella solitudine di carne e tormento,
Una monade di anima e sesso.


*

Il cielo dell’altro

 

Ci siamo amati 

Ed ognuno di noi

Era il cielo dell'altro,

 

La carne e la voce 

Due piccole ali

Per lasciare la terra 

Alla terra; 

 

Ma l'inverno della parola

Ora gela le labbra

E la carne è tornata 

Alla solitudine d'un tempo

Quando nessuno

Era cielo a nessuno.

 

*

Ripeto...


Ripeto il tuo nome a sussurri,
Un rosario in cui mi rifugio,

Dove non sei il tempo conta le ore
Di un'altra corona prossima al nulla.

*

Ti amo dall’esilio di questa distanza

 

Ti amo dall'esilio di questa distanza

Che ci separa la carne ma non l'anima,

Ti amo nel silenzio che ingoia le parole

Per non dimenticarne neppure una.

 

Una lacrima dopo l'altra il mio alfabeto

Con cui scrivo la mia solitudine,

Gemo come ramo spoglio al vento dell'inverno,

Gemo e ti sogno per consolazione.

 

 

*

Scrivi, scrivi..


Scrivi, scrivi per disperazione
Non lasciare che la parola prenda forma
Tu scrivi, scrivi la tua disperazione.

Hai le piaghe nella carne per l'assenza della carne
Di colei che sola ti è parola, voce, richiamo.

Non ricordi? Ora che ti chiedi come può accadere,
Non ricordi? Tu camminavi nel Giardino,
Ti colse improvvisa la stanchezza d'una solitudine
Che non trovava eco in ciò che già era; t'addormentasti...

...

Adesso che l'hai vista passare, ora
Che per una volta ti ha parlato
E ti ha sfiorato con un bacio,
Ora che ne conservi conficcata nell'anima la voce
E ora che non è qui con te... Scrivi, poeta o no,
Scrivi, scrivi la tua desolazione.

*

Dietro di me


Dietro di me
non ho più occhi,
gli ultimi rimasti
sono ora più deboli
e hanno nelle bocche gli affanni.

A lato
mi cammina il futuro,
ma le mie gambe malferme
non saldano i passi
ed il tempo è più incerto
se manca al presente
un lungo respiro.

E dimmi
del futuro, mi chiedi,
del tuo futuro. Non vedo
ti dico, non posso più vedere:
sono stanco di una morte
che non scrive pagine in chiaro.

Se mi vedi ancora, ti dico,
amare una donna,
è per colpa di un vuoto
che non ha più radici;
ma di una donna d'amare
mi posso ancora fidare.

*

Desidero della tua bocca...


Desidero della tua bocca ogni respiro,
Il brivido sulla pelle e la follia
Di un desiderio che s'inchina alla tua fonte
Per suggere ogni goccia del piacere
Che segna i percorsi dell'amore.

Della tua schiena sono pazzo,
Dalla nuca fino a dove si smarrisce l'occhio
La forma eccita il desiderio
E la lingua si nutre di pensieri osceni.

Vieni col le tue mammelle,
Dai alla bocca il turgido capezzolo,
Uno alla volta. Tra le mie mani
E la bocca verrà il tuo corpo
Alla gola, crema di miele
D'un profano paradiso in terra.

*

Tra un silenzio e l’altro

 

 

                                                                          ad A.                                                                                     

Tra un silenzio e l'altro

Prima che si disperda la luce

Ed il giorno resti un ricordo

A ferire la memoria, rammendo

Questa scucita vita con i pregi

Di ciò che i miei occhi hanno veduto.

 

Rimane la tua figura sulla pelle

A ferirmi ancora con il desiderio la carne,

Se temo un cielo notturno nel mio futuro

È solo perché di te non vedrò più

Quel segreto che è ora il mio respiro.

 

 

*

Madre, ci ha resi stranieri...


Madre, ci ha resi stranieri
Una stessa lingua, una teoria di parole
Che ognuno di noi ascoltava
Da luoghi d'anima distanti tra loro.

Madre, non ti sia imputata a colpa
Né a peccato sul mio dorso
Un'innocenza di vita
Che ci ha lasciati su margini opposti
Di uno stesso silenzio.

Madre, non dissimile da due libri mai aperti
La nostra reciproca estraneità, mai priva
Di pagine appena sfogliate in cui ho letto
L'amore del dovere e del sacrificio
Fino alla morte di sé, quotidiana
O perenne, qualora vi fosse stata
Necessaria urgenza. Resteranno
Sullo scaffale i passi mai tradotti
Di un'inespressa, sconosciuta, tenerezza.

*

Continuo a girare...


Continuo a girare attorno alla ferita
Come il dito sul bordo del bicchiere
Per udirne acuto il lamento:

Sono stato sorpreso dalla vita,
Un angolo di cielo in grigie sere,
Che porta con sé gioia e tormento,

Perché è dei sensi la voce ardita,
La passione che sfianca ogni volere
Se non di lei l'amore, unico unguento

A questo mio ininterrotto gemere.



*

Abbiamo percorso...


Abbiamo percorso con le lingue
Le nostre distanze e con le mani
Abbiamo saputo delle nostre diversità,
Ci siamo confusi in un unico cielo
Amandoci senza riguardi né pudori.
Sei stata la violenza dei miei spasmi,
Io l'attesa dei tuoi sussulti. Da bocca
A bocca ci siamo scambiati il respiro,
Umido sigillo della nostra passione.

*

Dolce come la tua anima, amore mio

 

Dolce come la tua anima, amore mio

C'è solo la bellezza del tuo volto
Che ad ogni sguardo mio si apre
E mi viene incontro con la sua narrazione
D'incanti e di altri giochi dell'amore.
 

*

Sensi


Vieni, mescoliamo i nostri piaceri
Nell'intreccio dei nostri corpi, ogni orgasmo
Sia un furto che vince la morte,
Non abbiano i vermi il loro pasto
Prima di un tempo opportuno.

Prendi ora la mia mano, insegnale
La via del tuo segreto, e della mia lingua
Fanne unguento sul tuo turgore, non v'è carne
Che non conosca lo strazio dell'attesa. Spasmi
Mi scuotono nella tua bocca
Che non ha più parola ma solo gemiti
Negli istanti in cui mi respiri. Ospitami
Fino a dolermi il cuore
E anch'io ti accoglierò dove la gola
Si fa ingordigia dei tuoi sapori.


*

Sei il respiro del mio respiro


Sei il respiro del mio respiro,
L'alito su cui adagio il mio destino;
Nella visione del tuo viso
Il cielo stesso mi sorprende
E fino a dove il seno
Abbonda nello spazio sottratto all'aria,
Già scorgo la bellezza dell'annuncio.

Attendo odorando
Ebbro della tua natura
La polla di una terra promessa,
La voce della falda
Che gorgoglia lavico il piacere.

Di ogni tuo passo io divento ombra:
Se tu non fossi, io non sarei.
Di te succhio la polpa della vita
E tra la schiena e l'infinito
Preparo la mia carne
Ad attraversare un sogno.

*

Innamorarsi di te


Innamorarsi di te
E ridare al corpo l'esultanza dei giorni;

Innamorarsi di te e mostrarsi nei limiti
Di una natura ferita;

Innamorarsi di te
E diventare mendico del tuo amore,

Perché innamorarsi di te, Amore,
È scoprirsi radicalmente poveri
Nelle mani di un Altro
Nell'ora deserta che un bacio attende.

*

Chi l’ha vista passare


Chi l'ha vista passare
Mi racconti dei suoi capelli
E degli occhi, se erano chiari
Per la gioia del cielo
Di riflettersi in lei
Oppure se erano scuri,
Perché la passione
Vela agli altri
Ciò che è destinato all'amato.
Mi dica ancora
Chi l'ha vista passare
Se il suo passo era fiero,
Se sembrava che fretta avesse
Di raggiungere l'ora
Che veste di rosso gli amanti
O bianco di gioia che resta
Sulla pelli confuse dai sensi.
Me lo dica chi l'ha vista passare,
Perché lei mi ha sfiorato la pelle,
Ne sono sicuro,
Ma non vorrei fosse stato
Soltanto un mio sogno.


*

Mi hai riportato allo stato verginale della terra


Mi hai riportato allo stato verginale della terra
Prima della pioggia e dell'acqua di fiume,
Hai disfatto le forme e ripreso il respiro,
Poi con le tue mani ardenti d'amore,
Ma quell'amore che possiede
La lingua sapiente della carne,
Mi hai di nuovo plasmato secondo il tuo fiato.
Così ho riaperto gli occhi e ti ho vista:
Luce sfolgorante di bellezza;
E dalle tue mammelle rigonfie di me
Ho ricominciato a scorrere con la lingua
I mille sentieri del tuo piacere
E nei tuoi sussulti
Ho ritrovato il codice dei nostri cuori,
Malati di una follia d'amore
Che marchia col fuoco del desiderio
Una pelle già prigioniera del tempo.



*

Eri la penna più dolce


Eri la penna più dolce delle mie righe,
Un quaderno, io, che tarda ad invecchiare
Anche se dei quadretti fu l'infanzia dei numeri
Nell'età che ancora ignorava
I nomi dell'amore.

Ma il tempo divora le ali degli angeli
E lascia le carni ancora più stanche di ieri,
Non verrai più a lasciarmi il tuo nome
E quelle righe saranno di pagine bianche
Su di un quaderno senza più storia.

*

Non la mano


Non la mano
che portasse il cibo
alla mia bocca
io vorrei,

ma la mano
che della mia bocca
facesse il cibo
della propria anima;

una mano così
io vorrei
che mi amasse.


*

In un bacio che non lasci respiro


Non riproducevo né madonne né santi
Ma le ore trascorrevo a tracciare le curve
Delle tue morbidezze, non ero un pittore
Però sapevo dell'amore il bisogno degli occhi
E le mani
O carezzano il corpo amato o lo disegnano
Per non morire di desiderio nella distanza
Che separa due istanti
Di un unico attimo di felicità.

Ora non dare retta a queste mie parole
E non perché non siano vere, ma solo perché
Vorrebbero vedersi venir meno
Sulle labbra che si chiudono sulle tue
In un bacio che non lasci respiro.


*

Dentro la tormenta delle ore

 

Lacero brandelli di carne

Dentro la tormenta delle ore

Che attendono il bacio del risveglio.

 

Tormenta il cuore la tua assenza

E non trovo quiete; sfoglio amante

Ogni tua parola e la memoria che ti attende

Perché si rinnovi lo stupore della pelle.

 

 

 

*

I Protagonisti

 

Era una scena di tensione drammatica:

Il protagonista sul palcoscenico restava eretto

Mentre la comprimaria si versava in lacrime

Per la commozione di una parte

Che le sembrava il suo destino.

 

Recitarono affiatati, le bocche troppo vicine

Per restargli indifferenti, ma guadarono il fiume

Fino all'unico bacino che raccoglieva le acque,

Il resto fu il rumore degli applausi:

Chinarono entarmbi le teste

E fu il loro ringraziamento.

 

 

*

La memoria delle mani


Imparerò il tuo corpo a memoria,
La memoria della mani,
Perché se un giorno non avrò più gli occhi
Io non ti privi delle mie carezze e le carezze,
Amore, saranno il mio sguardo su di te
E tu ancora sarai per me
Il cielo terso di giugno
Che non potrò più vedere.




*

La meraviglia degli amanti - suggestioni da Brel -


Nessuno si accorgeva di noi,
Solo l'aria e l'erba d'un giardino incolto
Raccoglievano i nostri bisbigli d'amore,
L'unica luce che mutava un destino
Senza mutarne la forma. Forse non era
La felicità perfetta, eppure la carne
Pareva gioirne: se il cuore gemeva
Nel vuoto di un'assenza amata,
La carne godeva al suono di voce
Che ci traversava correndo un'onda
E cosi ci amavamo, ogni giorno,
Promettendoci il 'per sempre' dell'amore.


*

Un altro ieri


Avrei voluto vederti le cosce,
carezzarle e baciarle, avrei voluto
perderci tempo, restare a guardarle
così come si osserva ogni volta
una meraviglia. Sì, avrei voluto
restare con la testa tra le cosce
e respirarne l'odore, la pelle,
sentire nei tuoi umori scorrere
il tuo desiderio, la mia vita,
avrei voluto - oggi - un altro ieri.

*

Dedica d’amore - una donna -



Amore mio, le parole che non dico
Perché il mondo non ascolti il mio amore per te
Rimangono dentro e premono l'anima
Fino a farla diventare
Solo un grumo di dolore
Dopo aver sanguinato ferita
Da questa distanza che ci separa;
Perché vedi, amore, tu sei il mio cielo,
Ma come il cielo per la terra
Tu non mi appartieni
E nulla c'entra il possesso
Però un'infinita solitudine
Che soltanto il nostro reciproco sì
Può sottrarre al tempo
Affinché nel tempo
Noi finalmente siamo.

*

Ti lascio un fiore, amore mio

 

Ti lascio un fiore, amore mio,

Perché è perfetta la Natura,

Anche quando la sua forza

Diventa terribile e matrigna,

Ci sconvolge la sua perfezione;

E allora da essa stessa impariamo,

Nel turbamento dei sensi che ci appartiene,

Quanta armonia di bellezza vi è

In questi sentimento d'amore che ci unisce

E ci sconvolge

Come un fiume quando esonda 

O un monte quando frana.

*

Le mani

 

                                           

                                                                                                ad A. 

 

                                                         

Le mani rovistano i nostri brandelli di carne

Lasciati a marcire in un angolo di vita,

Mentre il tempo ci corre incontro

Divorando gli intervalli tra i sogni.

 

L'acqua e la terra continuano l'amore,

Il miracolo è prendere forma tra le tue mani

E le mie che ti accarezzano il corpo

Con la sapienza di un cieco alle dita.

 

Sono i nostri fiati sovrapposti

Il caldo umore di quest'alba,

Il piacere dell'ora attesa

Per dirci la vita, per darci l'amore;

 

Perché il giorno non sia

Soltanto uno sfumato ricordo

Di un'anziana memoria

Quando ci avrà raggiunti il domani.

 

 

 

 

 

*

Angeli di parole


Amore, tu non sai delle ali degli angeli
E del loro portarmi a vedere due sole parole
Che hanno segnato il cuore con le lettere del tuo nome.
Amore, stasera ho ascoltato una canzone di Battiato,
Parlava di lei chiamandola: 'Meraviglioso amore';
Sarà che sono ebbro della tua gioia,
Ma quel 'meraviglioso' mi ha rapito l'anima.
Lo so, amore, non sono dei versi di poesia questi,
Sono solo le frasi di un innamorato,
Però lascia che io ti ripeta prima che la notte m'inghiotta:
Tu sei, il mio meraviglioso amore.



*

Vorrei amarti


Vorrei amarti
Nell’ora malferma delle gambe
Quando la sera affaticherà il passo
E gonfierà i piedi in un respiro che si affanna
Ancora appresso alla vita. Vorrei amarti in quell’ora
Per dirti quanto il tuo corpo che ho amato
Nell’ora più ardente della mia carne vorace
Sia ancora quell’ostia profana
Che nutre d’amore il mio amore per te.

*

Dove siamo noi?


Che cosa siamo stati in un tempo che
più non ci appartiene?
Tra piazza Venezia e la Bocca della Verità un destino si è affacciato;

Ma ora, dove siamo noi?

*

Caro Amore


Ti sussurrerò ancora
Le parole oscene dell'amore,
Quelle che la carne
Ama sentirsi dire
Da un angolo del giorno
Sottratto alla luce.

Darai alla mia bocca
Il potere di una mano
E ad ogni mia carezza
Mi verrai incontro
Con un sussulto del respiro
Fino al disciogliersi della pelle
Nell'umido del piacere.

Ti sarò fedele
Come l'alba alla luce,
Ti leggerò il mio passato
Alla luce del tuo amore.

Porterò il tuo alito alla mie labbra,
Sarà il soffio di una dea
Che ha atteso la mia vita
Al crocevia più importante del destino.

Sarò tuo per sempre
Con un passato che diventa solo storia
Di un'attesa, cronaca che ha soltanto preparato
Questo nostro tempo d'amore.

*

Sabato santo


Ti sei liberamente consegnato ai patimenti della Croce,
Offerto come Vittima di espiazione,
Sei giunto fino al Grido dell'Anima
E lì, pure se con il Volto sfigurato dal Dolore,
Eri ancora Tu, il Dio che sceglie;
Ma dove davvero ti sei spogliato di Te Stesso,
Della Tua Divinità
È in questa Attesa: sei diventato fino in fondo Nessuno, il Nulla.
Niente puoi, radicale passività, ontologica impotenza.
Nella logica dell'amore
verrà l'Altro a dirti Chi Sei
A dirti Che Sei.
Un altro, il Totalmente Altro,
Come in ogni relazione d'amore.

*

Nella solitudine delle ore


Nella solitudine delle ore
T'ho cercata, amore, nel silenzio
Delle case inquieto ho indagato
La confusione del cuore; al volto
Tuo sto cedendo la mia resistenza
Di uomo, perché l'amore è una dolce follia
Nell'attimo, che veste il per sempre,
Ed io vorrei impazzire d'amore
Con te, in una sovrapposizione di bocche
Respirarci fino all'anima
E nel gioco delle lingue
Varcare il confine delle parole.

*

i ho cercata tra la gente


Ti ho cercata tra la gente
Con ogni nome dell'amore,
Ma ad ogni invocazione
Nessun volto che si girasse
Aveva del tuo la sua bellezza.
Così sono diventato un nomade cercatore
Del Volto tuo amato
Preferendo ad ogni altra donna
L'attesa sfiancante del cuore
E la desolazione della carne
Nella liturgia della tua assenza
Fino al giorno della gioia
Quando ritrovai nei tuoi occhi
Il suono dolce del tuo nome: Amore.

*

Se tu fossi qui


Se tu fossi qui
Ti chiederei di tacere
Perché vorrei conoscere
La teologia dei tuoi baci; divina
La tua carne sulle labbra chiuse
E nei tuoi respiri
Anche i nostri corpi
Imparerebbero a volare.

*

Pazzia d’amore


Ora mi sembrano gli anni trascorsi
Il tempo ignaro di una lunga attesa
Che ha smesso di esistere davanti ai tuoi occhi.

Nessuna zingara
E tantomeno la mia mano
Potevano predire questa pazzia d'amore:
Al tuo volto ho ceduto la ragione.

Ora vorrei solo un tempo di clausura
Un eremo delle ore del giorno
Per vivere questa nuova devozione
Che mi porta con il riso dei folli
Il subbuglio del sangue. Morirò
Di questa tua bellezza; ma che importa,
Se amarti è una dolce pazzia?


*

Passione d’amore


Non riesco più a tacere la tua bellezza
stregato dal tuo volte resto immobile
l'orecchio teso all'ascolto della voce
di ogni sussulto dell'anima che mi parla di te
mi ripeto di continuo le tue parole
ripasso con le labbra i tuoi occhi
navigo con il tuo sguardo lo sconfinamento del cuore
cedo alla deriva il timone della pelle
i flutti biancastri spumeggiano un desiderio
che non dà tregue alla ricerca di te
mia terraferma.


*

Poema d’amore

 

                                                                                        

                                                                                      a A.C.

 

Sei la mia Poesia

La vocale accentata

La consonante liquida

La liquefazione dell’io

La fuoriuscita dal tempo

La cesura e lo enjambment

Il ritorno a capo

 

Per ricominciare di nuovo il canto

Del nostro poema d’amore.

 

*

E allora volli di nuovo

                                                                                           a A.C.

 

 

E allora volli di nuovo

L'ebbrezza del viaggio,

Attraversai la tua pelle

Come un marinaio il mare;

Ma invocavo, eretico d'amore,

Di non vedere più nessuna terra.

 

 

*

Oltre ogni ruga


Mi pervade l'anima un senso struggente di te
che non lascia quieti alla pelle.
La tua poesia è la mia dolce fuga,
il mio volontario esilio; non ho
più terre da abitare né ritorni
da viaggiare; ho solo
questi tuoi versi e la mia nudità.

*

Dentro il tuo alfabeto

                                                                             

                                                                                 ad A.C.

 

 

Non potrò più solo leggerti,

m'immergerò nell'ascolto delle tue parole,

ruminerò i tuoi versi

come il monaco i suoi salmi.

 

Mi sarai olio nelle notti di veglia

e pane nei giorni del digiuno,

sarai l'acqua dei miei occhi 

finiti dal cielo della tua bellezza.

 

Se anche improvvisa mi rapisse la morte,

sarò stato pur sempre felice,

perché dentro il tuo alfabeto

ho dato una voce alla mia vita.

 

 

*

Nessuno di noi due 

 

Nessuno di noi due 

fu carne al desiderio dell'altro,

eppure ci conoscemmo

come solo le menti

sanno toccarsi nel piacere.

 

Migrammo l'anima

dove il giaciglio era muto,

perché la notte 

non diventasse grido

e la gioia della pelle

non germogliasse

i fiori della lontananza.

 

Era la tua voce un invito al viaggio,

il tuo corpo il passaggio del desiderio,

i tuoi occhi il silenzio dei miei

mai sazi di vederti

dopo gli umori di un sorriso. 

 

 

 

 

 

 

 

*

Non dirmi


Non dirmi che hai fame di me,
Non potrei resistere e se m'illudo
Che in te covi questo desiderio,
Già sai della mia sconfitta.

Ma io lo stesso ti amerò,
Dentro l'assenza impressa
Sul bianco di un cuscino ti amerò
Nell'assenza dei tuoi segni
Lo stesso ti amerò,
Nello spargimento di una liquida solitudine
Io ancora ti amerò.

*

Tormento

 

Non ho altro da dirti

che il nostro tacere,

non ho altra da darti

che il nostro silenzio;

non ho altro da offrirti

che il seme del fiore

di questo tormento.

*

Da un ramo spezzato

 

Ti guardo

con gli occhi nella memoria,

in un sussulto della pelle ti ritrovo;

ma rimani solo un attimo nel ricordo:

subito il vento del qui ed ora spazza via

le foglie del desiderio da un ramo spezzato.

 

*

Incontri

 

Aveva la tristezza dell'uomo solo

malgrado il loden blu e l'altezza

ne esaltassero la bellezza e l'eleganza

ancorché apparisse più una memoria

che il tratto peculiare di un presente

oramai sffumato in quell'età matura

che già affaccia l'età più anziana della vita.

 

Aveva la sconfitta di chi vivendo

ha subito la mala resa di un vissuto

e ricomnporre un disegno originario

è un'impresa di martiri o di eroi;

anche la sua fede sembrava distorcesse

verso quell'esaltazione più simile al sintomo 

di un disagio che non la ferita di una vera luce.

 

 

 

 

 

*

La felicità ti sorprende


La felicità ti sorprende
nelle semplici cose di una casa:
l’acquaio non otturato, nessuna
perdita di acqua all'inquilina
del piano di sotto, anche l’ingresso
di nuovo illuminato
per la lampadina appena sostituita
ti riporta un poco di gioia;
per non dire poi della tv quando si vede
senza interruzioni per lo scarso segnale
di un’antenna con gli acciacchi del tempo.
Questa felicità è lo stupore dei poveri.

*

Amica mia


Amica mia, il passato non torna
e la primavera non germoglia
mai gli stessi fiori.

Per noi è l'ora dell'inverno
e il gelo della neve
non concede estasi.

*

siamo diventati una distanza

 

Siamo diventati una distanza,

una piaga tra le dita

che ferisce la pelle e dà dolore.

 

Se chino il capo vedo il piede

lasciare un grido muto

tra la neve e se mi volto indietro

 

l'orma è solo quella dei miei passi.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Hai parlato

 

Hai parlato del dolore come si parla di un reietto, 

un ospite infelice dal triste destino per il quale,

dicevi, non vale la pena di perdere tempo; 

 

eppure il dolore è poca cosa se penso

ai morsi profondi della solitudine, che a volte, soffrire, 

sembra un sorso d'aceto ma pur sempre migliore 

 

di quell'arsura del cuore che non ha neppure una croce

e nessun ladro a tenerle compagnia. E come un ladro

il dolore ti arriva alle spalle e spudorato

ti fa sentire ancora vivo.

 

 

*

La via delle stelle

                                                                                                                                                                                                                          a G.F.

 

 

Ho perso la vita nell'atto stesso del nascere,

ma la morte non lascerà in me alcun rimpianto

tanto la vita mi ha corrotto le viscere d'amore

per quella bellezza che trasfigura lo specchio d'acqua

in cui tra fango e detriti ancora ritrovo il respiro.

 

Ho conosciuto fame e dolore di anima e carne,

desolazione e gioia nella resa dei giorni,

ma sempre ho ritrovato nella mia stranietudine 

il corpo di un sogno ancora vivo

la notte in cui smarrii la via delle stelle. 

 

 

 

 

*

Le cinque lettere


Ancora un giorno e la luce
Miracolo del mio respiro
Orlo d'abisso su cui girovago
Ruminando le tue parole
Ebano d'inciso fiore.

*

Amore mio vieni, così disse


Amore mio vieni, così disse
Lo sposo alla sposa, vieni
E nelle acque noi c’immergeremo
Perché nel suggello non v’è fierezza
E quel che è necessario non chiama
A libertà. Ogni ombra discute
La mia scelta, grave è la somma
Degli errori, però non mi sottraggo
Alla condanna, ma tu vieni
E ancora vieni, vieni alla deriva:
Nell’estasi dei venienti, lo spegnersi
Delle seti, umido alle carni.

*

Lei viene lì ogni giorno e mi bacia

 


Lei viene lì ogni giorno e mi bacia;
mi bacia ella fermata del bus
e mi bacia tra la gente che aspetta.

Nessuno sembra conoscerla 

e neppure io la conosco,
ma mi lascio baciare lo stesso.

 

Una volta – la prima volta che accadde
passò e mi guardò ammiccando
con l'indice in bocca e due giovani

che passavano lì per caso
si sorrisero a vicenda divertiti
voltandosi con la testa all’indietro

gurdandoci come fossimo due attori

sulla scena di un film all’ultimo tango.

 

 

*

Amina del Boscovecchio


Accade come con le foglie
Quando nella quiete di un sole ancora mite
Tu senti il loro stormire
Come fossero pigolii nel nido,
Allora t'accorgi che un leggero vento è appena passato
Uno zefiro leggero, invisibile
Che ti lascia nell'anima il segno
Del suo viaggio, del suo incessante andare
Perché è il suo destino inseguire il sui nome, la ragione
Del suo essere vento; ma con te,
Il passaggio è più lieve, più dolce
L'orma che lasci, invisibile luce
Che pure incide profonda e ferente
La longitudine del cuore
E muta della foglia il respiro
E muta del mondo il colore
Pur rimanendo come il vento
Sempre segno invisibile e mite
Di un meraviglioso viaggio.



*

Solo nell’elogio...


Solo nell'elogio dell'imperfetto
Trova quiete il mio respiro.
Un eremo ho scavato
Tra le balze della bruttezza,
Un riparo
All'affanno dei giorni,
Mentre fuori impazza
Il carnevale dei corpi.


*

Dei mie capelli


Dei miei capelli il bianca m'assedia
Un'insidia nascosta dal tempo,
Un assalto cui non oppongo difesa,
Saggia è la resa ad ogni respiro
Che segni il passaggio dal nulla alla vita.

Ma resta confuso in me un sentimento
Un pensiero che ha per madre un istinto
O un'emozione germoglio dei sensi
Che non di serra mai sarà figlio
E non della sera ardente un amante.

Quanto tempo mi rimarrà ancora
Da elencare a memoria quei giorni vissuti
L'incanto è passato a tramonto
Nel bilancio degli anni
Un conto da rubricare a spese.



*

Così appare

 

Così appare nel giorno l'ora migliore,

Alla mano il giudizio e la sentenza:

Si aggrappa all'alba foriera di promessa

O alla notte consegna il debito contratto

Con la vita.  Certa è la durezza delle veglie,

L'insonnia un'isola dove naufragano i sogni

E le stanze nell'oscurità un rumore

Di fondo proveniente dal futuro.

Case vuote e cortili deserti

Il volto nell'innocenza della solitudine.

*

Del detto, del non detto e del piacere


Ciò che vedi
Non è altro che l'Opera di Dio
E anche ciò che non vedi
È opera di Dio. Tu credi
Che solo nel manifesto sia il contenuto
Ma anche la potenza contiene in sé l'atto, però
È nel definito che muore di sé il fiore
Mentre nel non detto
Vive in sé ogni parola.

Così il casto è eloquenza del vergine
E dimora di ogni futuro
Perché ciò cui si rifiutò la luce
Non di meno di ciò che sorse
Ebbe a dire di se stesso:
'Io sono in ciò che attendi e non lasci venire'.


*

Default


Un'espressione comune, un luogo
Ovvio, la convergenza necessaria,
Il battiscopa come termine di sosta,
La millanteria dell'abito, il declino
Della tavola di legno, la notte
La bottiglia del vino sulla stufa,
La neve nell'ampolla e il vetro
Dello specchio dentro il bagno,
La perdita dell'udito con l'età,
L'età inascoltata priva di parola,
L'insegna luminosa fuori il bar.

Un punto di sutura lungo il mare
Per non tradire il fiato al desiderio.

*

Inverso alla morte è l’amore


a Eraldo Affinati e al suo 'Campo del sangue'


Si continuava a fare l’amore tra giovani corpi, a volte già ignari l’uno dell’altro, capitava tra i deportati in attesa, capitava di fronte ad occhi indifferenti. La morte era il termine del viaggio e il viaggio caparra dell’Inferno. Molti forse non sapevano della morte, ma intanto vivevano dell’inferno le soste e il viaggio era il dramma dei vivi già morti nella loro dignità negata. Ma la carne dei giovani corpi aveva fame di vita e di piacere, allora continuavano i giovani corpi a fare l’amore anche senza amore e tra gli sguardi indifferenti di altri corpi, che pativano il puzzo dei corpi la fame e la sete e i giovani corpi a far l’amore anche senza amore, così simili ai fili d’erba quando bucano l’asfalto.



*

Commento a ’Rayuela’*

Gil aveva promesso di tacere
Di abbracciare il silenzio
Della devozione, Gil
L'aveva scritto, ma egli è
Un infedele al giuramento
Dello stupore, ché qui tradisce
Il tremolio della lettura l'emozione
Di una corsa attorno al mondo
Con gli occhi dei bambini
Dentro la sapienza di un'adulta.
È questo il 'miracolo' di Amina
L'inaspettata luce: tornare
Con lo sguardo degli infanti sulle cose
Avendo sulla bocca ogni parola
Mai perdendo l'autenticità del l'ispirazione
Mai degradando in una scrittura
Senza il corpo o fingendo in una trama
Ciò che non porta in sé come gravidanza.
Di bellezza e rara luce il suo mistero
Nella chiusa tutta l'innocenza ed il genio
Che le dimorano nell'anima.




*Non mi è stato possibile inserire il commento nello spazio apposito, lo pubblico quindi per ora qui.

*

La poesia non ci salva

 

La poesia non ci salva

da ciò che siamo,

non ci rende

uomini migliori;

solo quando

la parola è attesa

e alla parola

ci si offre come carne

allora dall'incontro

può rinascere la luce,

la bellezza

di mari laghi e monti

o di strade

battute come marciapiedi.

 

 

*

L’ora

 

Cerco le parole per dirmi il mondo

Cerco di legare insieme delle parole

Per dirmi il mondo, cerco il mondo

Traversando le parole ed il senso

Che le parole dànno al mondo. Cerco

 

Di andare oltre la morte di Gustavo

La morte improvvisa di Gustavo

La morte che si presenta inaspettata

A Gustavo, la morte di Gustavo

Improvvisa immediata bastarda. Indelicata:

Non ha neppure atteso un'ora tarda

O il cuore della notte. Improvvisa

Si è presentata a Gustavo la morte

E  a noi - sfacciata - la nostra sorte.

 

 

*

Appena mezzanotte

 

Forse è solo utopia

Questa attesa che accada

Ai nostri corpi

Ciò che è già accaduto

Dentro le nostre anime

Innamorate di quella congiunzione

Dove si apre la ferita d'un plurale

Traversato dalla luce

Che fa lacrimare persino gli occhi.

 

Oggi ancora un'altra incisione sulla pelle

È l'intervallo della distanza

Tra il desiderio di toccarti con la lingua

E il sapore salato della tua mancanza

 Che preme dentro come un vuoto di parole.

 

 

 

*

in pance come cieli


stringo con una mano il tempo
le dita flesse sull'appiglio
non cedono la presa

coi sensi nell'attesa
si svestono due corpi
già umidi di voglia

vengono nelle nudità
le loro epifanie
turgidi i sessi
liquida la vita

negli antri del piacere
scaltro effluvia
il singulto lacrimale.

due piccole abat-jour
in pance come cieli

*

Tra la pelle ed il soffio dell’anima


C'è un'innocenza, un'ingenuità
Della carne, un'unione selvaggia
Tra la pelle e l'anima, un amplesso
Dove emergono le lingue in bocche
Convergenti su unguenti di suoni.

Ritorna l'idea, il primo respiro
Il disegno del Principio, lo stesso
Velato di una mano tra le nocche
Attese ad un senso di mancanza
Afferrate all'evidenza dei sensi
Alle nozze ogni istante da celebrare
Tra la pelle ed il soffio dell'anima.

*

il sapore della scommessa

 

dimmi la ragione di questa vita

e della perfezione divina della musica,

dimmi perché tutto delina in vecchiaia

se la morte non ne precede l'avvento,

dimmi perché ora che il mio respiro

intuisce il tempo prossimo della fine

l'età giovane sembra una mistica del tempo

e l'età anziana un tarlo dell'anima;

ma forse è meglio che noi tacciamo

lasciando al silenzio

il sapore della scommessa.

 

 

*

Hanno sempre le stesse...


Hanno sempre le stesse abitudini i figli:
Girano a piedi nudi per casa e non ascoltano
Il richiamo dei genitori ed i consigli di questi
Alla prudenza; alzano gli occhi al cielo
Quando ti sentono dire
Di come la vita abbia bisogno di ordine,
Di come le regole aiutino a governare
Il destino e di come il destino
Vada apparecchiato nel presente
Perché il presente è già il proprio futuro.
I figli giovani non amano i progetti
Se sono disegnati su carta millimetrata,
Amano i sogni e accettano il rischio
Di vederli svanire appena verrà un'alba
Che sarà grigia, diverse dalle altre.

Girano a piedi nudi per casa i figli
Ma questo è il loro modo migliore
Per dire come vivono la vita.


*

Ecco

 

Ecco, ascolto il tuo tacere

e di un pronome il suo sfiorire.

 

Terra deserta è ora il cuore,

isola lontana, stele di mare...

 

Fummo dell'amore i turbinii di un'onda.

*

In difesa di una poetessa


Vedi, come lei, la poetessa
Trae dalle viscere della sua anima
Le parole bagnate di luce?
Ma quelle cavità abitate non sono sue,
Ella ha ricevuto solo la grazia di essere specchio
All'Universo e al respiro di ogni atomo,
Un alito perfetto nell'impermanenza.

Non si formano pensieri nel suo grembo,
Né il ventre suo stilla squame di pesce
Fino all'uomo, dal suo ventre
Un'immacolata stilla sgorga e sprizza
Fino a lambire l'utero del verbo,
Che poi partorirà parole
Già fiorite sui rami prima spogli
E come piume sugli uccelli al nido.

Oh, non dire della poetessa
Che ha gli occhi dietro l'ombelico!
La sua lingua è umida di stupori
E quando alita anche Dio viene.




*

Non mi mancare

 

ti voglio bene, amore mio,

anche se il silenzio diviene 

una densità

dove altri cullano il tuo sonno

io resto a vegliare 

i tuoi occhi chiusi

le tue palpebre abbassate

il tuo corpo di statua greca

di bellezza

che seduce ogni uomo.

 

ti voglio bene, amore mio,

sulla tua bocca 

attingo ogni mio respiro;

 

ti voglio bene,

amore mio. 

 

Non mi mancare.

 

 

*

La fatica di mio padre


La fatica di mio padre
Non ha mai trovato per sé
Una metrica né una rima.

La fatica di mio padre
È rimasta la fatica di una vita,
Di quella che non conosce rime,
Di quella che mai avrà una metrica.

La fatica di mio padre
È stata una cruda fatica,
Quella di padri e madri
In un tempo privo di redenzione.


*

Ladro con te

 

Non era rimasto nulla,

tutto avevo compiuto

per lo più retribuito a pena,

imputato a male,

espiato a colpa.

 

Reietto sul legno,

naufrago senza riva,

udivo stridere la mia solitudine

sferzata dai cardini

che schiudevano l’abisso.

 

Stridevano gli occhi privi di pianto:

Unguento del pentimento,

Sutura d'ogni ferita d'anima.

Fino alla voce e all’appello,

Fino a bere di lui il fiotto vivo.

 

 

 

*

Non c’è notte in questa luce

 

Non c'è notte in questa luce,

tutto è stato srotolato dalla ragione
ed anche ciò che resta inspiegabile
prende il volto di un'attesa ingorda
o dell'ora in cui di sé certa
ogni nebbia verrà dissolta.
 
Secche le labbra serrate mordono
il respiro, nei simboli muti
si affanna l'aria e il passo già incerto
di più si confonde.
 
 
 

*

Tra le ossa e la pelle le grida


Lei mi diede alla luce
Traversandomi con notturna voce,
Con doglie di parto m'avvolse la gola,
L'acerba maturità del desiderio s’infisse
Chiodo ai lacerti di carne. L'ìmpeto
Dispiegò la notte in frammenti
Luminosi, a teneri miraggi
Protese la mente, flesso
Il polso a catena si ruppe,
Tra le ossa e la pelle le grida.










*

Amata Ricerca - divertissement -


Questo sito di poesia
Che ti fa compagnia
Come una radiomaria
Cura la solitudine e ribatte la noia
Rigetta di fuori la voglia
Di parole ribelli al buio che ingoia
E recide la lingua come una lama di boia
Che vorrebbe il silenzio d’attorno
E dentro il buio del giorno
Ma vince lo strazio di un lamento
Lo stridere sonoro del tormento
O il canto di un cuore contento
Se pure si finge e si inganna
Ha pur sempre un cuore di panna
E non sempre è poesia
Spesso si tratta di malattia
La voglia aereofagea di un piccola diarrea
Monologante e logorrea
Al fior d’ombra d’un’altra teologia
Al caldo di un bagnomaria
Suoni e voci dell’io profondo
Mesta malinconia o insana euforia
Di stare nel gioco del mondo
Tra la gioia di un culo rotondo
Ed un seno importante
Si erige svettante il verso stilita
E sta, immobile, osserva la vita
Non serva né mite o clemente
Ma degna di sfida, un assalto furente
Al corpo che nudo di vesti invita
Lo sguardo inquirente
A dedurre dalla carne la mente
O la vita, biochimico pastis
Di posticcio pensante o d’anima ardente.