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Raccolta di poesie di Liliana Zinetti
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

I poeti non muoiono



Io? Io vado scalzo verso inniò,
i suoi occhi il celeste
pitturato da un bambino.

Pierluigi Cappello




Muore giovane chi è caro agli dei
tu caro lo eri anche agli uomini
e l'erba si è piegata soffice al tuo andare
il corpo teso nella corsa ritrovata
sei tornato a volare sulla pista
poi scalzo hai camminato verso inniò 1
non sei nella terra, no -
perché i poeti non muoiono
i poeti con lo sguardo e la voce
chiari come i tuoi
portano la luce e gli alisei
nella foresta scura di un dolore
nel buio accecante del foglio
in poesie che disvelano la bellezza
il luccichio segreto del coraggio
di inoltrarsi nella continuità
di albe e tramonti, l'anima esposta.

Niente più fatica, Pierluigi, ogni peso tolto
ti penso oltre la siepe
dove nell' aria chiara
libero si fa spazio
il richiamo del codirosso.


parola friulana che si traduce in nessun dove

*

Trilogia

 

 

si è raccolto rannicchiato come un bambino
nel sonno ha piume che bendano gli occhi
per quel tuo stare insensato per il tuo svanire
tra lame affilate e cocci di vetro ora
fotogramma sbiadito aura nera
certo fu mio l’errore
l’equivoco di un tempo dove ti vedevo
come qualcuno che restava.

***

cercavo una voce ma tu venivi
come un giorno scuro tra le case
perdute venivi tra rivoli
di un tempo bugiardo venivi tra le case
dove a sprazzi il sole, dove
i  gesti erano premonizioni.
Tragico falsario di lune e sogni
giocoliere del nulla.
Cerco una voce solo mia
in un inverno che fiocca neve
sui passi sul davanzale sul giardino
sulle cose che ci hanno visto andare
senza voltarci.

***

un luogo senza fantasmi senza
specchi nessun riflesso di quel che non sono.

Mi prendo il rischio
di un’ennesima alba
che torce il viso, dichiaro
il nulla del bianco, la neve.
Questo rimarrà. E l’aria trasparente.
Camminavo cancellandomi
porgevo il fianco cieco, abitavo nuvole
senza cielo, equilibrista tra vuoto e pieno.
Nessun luogo, un nulla desolato
il più difficile da dire
muffa e pareti bianche e rughe
pensavo casa ma franava
l’amore
oltre la soglia
lontano.

 

*

Ai margini dei colori

Sto ai margini dei colori
in questa mattina rotta 
dai graffi della luce.
Sul foglio
travi sbarre cancelli
galleggiano nel bianco
mentre l'inverno

infiora di ghiacci le rive

 

(sono lì, silenziosi, in un tempo
senza tempo, sogni di figure,
fogli ormai bianchi)

 

ascolto gli alberi

perduti nel suono delle nuvole

e solo mi è dato capire
l'inquietudine del vento.

La formula è stata scritta
in un idioma che non so tradurre

mi resta ordire la trama di una morte

senza morte

 

la porta chiusa, il telefono muto,

questo silenzio.

 

 

 

*

Improvviso il mare

(Chi non vede bene una parola, non può vedere bene un'anima.)
F. Pessoa

 

Quando la solitudine è domanda
aperta a nessuno, attesa di niente
e lontana pure tu mi sei, parola.
Mano che mi porta, quand'è notte.

 

(da Improvviso il mare, L'arcolaio di Fabbri,

2012)

*

Come possono essere tristi

Come possono essere tristi

i giorni assolati d’estate?

Azzurrissimo il cielo e gli alberi

con il verde nuovo, i muri

e i cancelli assaliti dalle rose.

Ma tu cerchi la nuvola, l’ortica

tra l’erba di un giardino, il ramo

seccato…qualcosa che incrini

quest’armonia

pronta a cedere di schianto, fragile

vetrata d’aria e di corruttibili colori.

 

Siano pure i corvi,  il loro nero

gracchiare,  a frangere

l’ immobilità

in minuscoli frammenti di luce.

Saranno più lievi i tagli, sommesso

il clamore dell’azzurro

-      questa deriva spossata di luce.

 

E vorresti una misura per l’incontenibile

cielo, una profondità impossibile. Lo sguardo

presagisce solo il rameggio scarno degli alberi,

la pioggia…

geometria scontata dei giorni.

Rari i segni, e confusi.

L’aria sa di cose andate, bruciate

al fuoco di mille estati.

 

Che attendi, seduto sul muretto

calcinato dal sole?

 

Qualcuno sotto lo stesso sole canta.

Sconosciuta dolcezza.

 

 

*

Senza titolo

Pensarsi altro
ora che vivo 
la matita sottile del tempo.
Pensarsi un'altra
strada segnata da mie parole.
Solco fatti ala.
Alta sulle macerie.

*

Al padre

Riavvolgere il tempo
ritrovare il basso della tua voce.
E ti dico dell’inquietudine del figlio
della fragilità delle ragazze.
Ascolti paziente e scuoti il capo,
il mondo non è più come ai tuoi tempi
quando bastava alla festa
la polenta in tavola, fumante.
Mi dici della tua giovinezza:
<<Aviere scelto, sai, e avrei potuto
diventare sottufficiale, ma quel giorno
nell’hangar l’aereo lo misi proprio male>>
E ridi con gli occhi scuri limpidi dei trent’anni
e mi diventi figlio
come quando mi guardasti smarrito
un’ultima volta prima di voltarti:
<<Temo che questa volta finisca male>>
<<Che sciocchezza papà, presto starai bene>>


Poi le flebo, la morfina
e tutto quell’azzurro quando te ne andasti
tutto quell’azzurro che vacillava stordito.

 

 

 

 

*

Haiku

Bianco acceso

dei ciliegi in fiore

neve a primavera

 

 

La galaverna

ragnatele di luce

ricamo del vento

 

 

Noi, che passiamo

forse un poco felici               

in un domani

 

 

 

Oscura notte

la matita spezzata                 

stellata e ghiaccio.

 

 

È  luce il prato

fioritura nevosa

accesa nel sole

 

*

Nessuna terra è promessa

Una luce stonata filtrata dalle fessure

finestra che apre un occhio

sulle cose finite ieri per un caso

o un corso del tempo che è tempo

questo senza padri, tempo di templi

e dèi falsi, cartamoneta e casta

erette come un fallo arrogante

distruzione d’anime senza  terre da abitare.

Dove la grazia è maceria, scostàti

la dignità e il pensiero

avvoltoi volteggiano, scavano

col becco vorace

fin dove mai arreso gira

attorno al tornio disperato

chi resiste nel grido

d’una fabbrica  di  fame  e dolore.

La vita si aggrappa tenace a un filo d’erba.

L’infanzia è stata una bugia crudele

e nessuna terra è promessa.

Questa terra di nessuno

questa nostra terra

                               brucia.

        

                              

*

Essere cosa

Essere cosa.

Accadde che l’immagine penetrò lo specchio.
Vi si stabilì incurante del suo patire
e degli scricchiolii, di un inutile contorcersi.
C’è una sofferenza che attiene anche agli oggetti.
Invano lo specchio tentò di cacciare
l’oscuro intruso, invano si sforzò di rimanere
intatto. Cedette, si frantumò
in minute schegge, così
lesta l’immagine scivolò via, si diresse altrove.

Ma era solamente uno specchio,
una cosa
e questa non è una poesia

*

Per Alice


La carezza complice che mi sfiora la spalla
lo sguardo cobalto dove imparo il volo.
Ritrovano un ordine le cose
nella stretta felpata della sua mano
che tiene il mondo
come un cavalluccio di legno
e fiorisce primavere e attese
che ride promesse e acque trillanti

trottola di colori e stupore
ali della meraviglia
sei l’alba e il ritorno
sei l’assenso che gonfia maree
e colora la luna.

*

Un addio

Saperlo era il vento tra i pensieri
la sedia stanca di provvisorie distratte presenze
l'assenza riposta tra i barattoli
del caffè e dello zucchero nella credenza
mentre l'alba rotolava
verso destinazioni sconosciute
e bianco saliva il giorno.
Lui usciva e poi tornava, mai
veramente. Scricchiolava la sedia.
Si dissero addio lungo una vita,lei
ricorda sere di barche lontane, il mare,
qualcosa confusamente sognato
in nessun luogo che poteva dirsi amore, casa.

LZ

*

Inediti

I

Verso il margine. Fruga l'aperto, il duro
cielo di novembre, qualcosa rimasto
nel fondo incomprensibile. Il tempo osserva.
Polvere e petali, ghiacci eterni.
Alla fine dei nomi forme senza tempo.
È poco è tutto.
Pare strano non sanguini la luna.

II

Lingua di fiori, il sentiero ha colori
che evaporano. Per il nulla fiorisce
la rosa. Dove finisce l'azzurro
cade il nome, abbacinato
e i libri scordano le parole.
Ripetere per la notte, per
la distanza delle mani, per
il nulla, infine?