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Raccolta di poesie di Edoardo Monti
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

SEMPLICE COSA TRISTE

SEMPLICE COSA TRISTE

Scorre un treno, e simboleggia
tanti posti mai lontani:
lui ti porta
sai, ben oltre le stazioni

Una campana si sfuria
nella piena mezzanotte:
prova invano a trascinare
la città che non ha un Dio

Là un’edicola oltre il ponte,
in faccia al suono di campane:
luminosa
vende fogli ed erotismi;

qui si prova anche ad amare
forse amori un po’ inauditi;
ma di notte il posto parla
solamente col suo vento…

Non volermene, tu Uomo –
antico morto ammazzato –
se non penso necessaria
la Via Crucis a parlarci
e a ricordarci d’un Dolore;

l’urlo acuto qui è già noto:
Pasqua in questi palazzoni
è solo il vento
del dolore d’ogni mondo












*

SUMMERTIME

SUMMERTIME

Anche al mare se gridi non rispondono;
e sarei ancora solo,
con la vergogna che non so nuotare

Non esiste il posto dove
vorrei scappare

*

NELLA NOTTE, PER L’UNIVERSITA’

NELLA NOTTE, PER L’UNIVERSITÀ

Voglio cullarvi, amici,
amici d’un minuto:
persone che ho sfiorato;
e vorrei espandere una melodia
per le strade che fingono abbandono,
le case quando più non danno un suono
e resta solo, nel tessuto loro
qualche piccola e rada
e dolcissima pezza illuminata

Il mio canto vi prenda
e vi comprenda,
e popolate le mie immagini di luci;
su, vi esorto ad entrare nel mio mondo
rappezzato, un po’ stonato:
baracca da idroscalo
in faccia al mare, mentre il mare
consacra in alto le manate dei suoi spruzzi,
e la baracca così diviene un niente

Vi canterò ovunque siate,
brevi racconti che ho sfiorato;
avrei bisogno tutto fosse stato
fra noi diverso; ed ora non sareste
persone fatte sogni.
Ma conosco ugualmente
i posti dove siete;
senza saperlo, abbracciando dal mio letto
tutti gli sprazzi, i mari,
le colline del mondo

Ci rivedremo, (giuro!)
fra queste case che ora fingono il silenzio
e s’azzerano, lasciando liberi
di risuonare i vuoti della brezza.
Ci rivedremo e saremo tutti qui;
vivete voi l’estate anche per me.
Io sono qui, steso su un letto
di idiozia e d’impotenza
quasi contento a non saper reagire,
sconvolto dalla stessa
pesantezza di sasso del mio corpo;
vivete voi l’estate anche per me;
ci rivedremo, (giuro!)
quando Roma sarà tornata in sé


*

UNA TRILOGIA

UNA TRILOGIA

I.
I CIELI ENARRANO
(Per mio padre)


Tu devi capire
la voglia di morire
che mi mettete addosso
ora che vivo e me ne accorgo:

a tavola dobbiamo
ognuno mostrare
la sua faccia più simpatica
alla volontà divina
che ci tiene tutti uniti in una casa;

tu devi capire
la mia voglia di morire


II.
IPOTETICA RISPOSTA DI
MIO PADRE A “I CIELI ENARRANO”

“Purtroppo si è perduta
l’influenza delle persone
sulle persone:

un uomo
che non avesse dei rimpianti
diventerebbe padrone dell’universo”


III.
IL FINALE

Mia madre ha difeso mio padre

Forse a me piacerà; ma sarà triste
vedere un giorno una donna
far lo stesso per me…















*

DIMENTICA

DIMENTICA

E l’istante
in cui vorrei
scorrazzare per tutta casa
e gridare ad ogni muro:
“Sono poeta!”
torna solo alle volte

Lo sai che il proposito
di vivere ogni giorno
come fosse il mio ultimo
torna anch’esso solo alle volte;
perché io non sono capace
di costruire una giornata
che non sia prendere tempo

Serata nitida:
solo una stella
sul porto
di una mia disperazione

Ed io,
nave ancorata
lontano da Cristo
quanto dai suoi
pentiti peccatori,
una volta affondato
so che le acque di questo
mio lungomare senza il mare
mi riporteranno qui:
serata nitida
dove una stella
torna solo alle volte

*

LATTE DI MANDORLA

LATTE DI MANDORLA

Rifrangi il tempo su uno specchio in penombra,
questo tempo furtivo che guardavi con angoscia
e ora è qui, davanti a te,
venuto quasi di soppiatto,
senza bagliori, tranquillo;
e tu non ansimi di spasmi
nella calura soffocante

Rifrangilo, dai, come lastrine di cristallo
che ricoprono la superficie del mare di Ostia
fanno col sole, prima di affondare
e riformarsi, e rivivere in un nuovo
riflesso di luce,
mentre navigano
ma appena sfiorando il pelo dell’acqua
aliscafi di fantasie
o gabbiani affamati di sogni

Resterai a guardare gli anni e le estati
germogliare e sfiorire e germogliare e sfiorire
tra voci ebbre di vita
o tra il silenzio compiaciuto e appagato?
Rifrangi il tempo, che ora subdolo t’inganna,
nella penombra di queste mura;
rifrangi, accecalo, ed allora
non morirai soltanto di te stesso


*

POETA DELLA SERA

POETA DELLA SERA

Perché si muore intendo dirtelo.
Ma lo farò un’altra volta;

quando
non vedrai più –
non sentirai brezze né luccichi
(gli spazi vellutati, assai romantici la sera)
qui a piangerti davanti violinosi – e inumiditi.
E sopra i tetti un cielo scimunito...

Perché si muore non lo chiedere;
non chiederlo a nessuno.
Ci si abbraccia nella festa –
o si sta soli a disperarsi.
Non domandarmi di più,
queste mie sere al dolceamaro
che in nessun modo o caso mi potranno appartenere

Perché si muore fallo dire
al giorno nelle chiese.
Alle sale da biliardo. Ai gagliardetti delle squadre.
Fallo dire ad ogni cosa che non parli.
Io posso dirti,
comunque tu non chiederlo







*

A DOMANI

A DOMANI

Niente…solo, dovrò vivere;

e se verrà una voce di ragazzo
a dirmi che è già stanca di soffrire,
sorridere dovrò, col volto in pezzi
ma con il cuore che conosce,
ah, se conosce tutto questo…

Viso di pietra raggrinzita, dovrò vendere al ragazzo
la voce di una sicurezza stanca;
ma pure stanca essa si risolleverà
per dimostrare, (forse dargli a bere)
che non è soltanto volto, non è forma:
possiede un senso, e con la forza si può avere

Potrò parlare di “sperare”,
perché in cuore lo saprò: così si deve;
così deve chi ha vissuto:
anche col volto in pezzi, far cercare
e anche coi sogni al vento, regalare

Questo si fa; qualche persona lo faceva
quando sconvolto, come un animale
scendevo in strada ed indicavo a tutti quanti
la follia del dolore,
credendo forse che il dolore avesse carne,
e si potesse vergognare;

mi rispondevano: “è così, ma c’è anche il bello;
ed ai giardini, se ti addentri oltre una siepe,
tu guarda un po’…spesso ci trovi anche l’amore…”

Niente, è così: si deve vivere e sperare