I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.
*
Il nome a malapena
Svanito è il ricordo di volti, suoni, luoghi; svanita l’inaccessa corte accessoria; rimane, infiacchito residuo inconsiderato, l’abbrumato ricordo d’un anodino rimembrare che fu, autotelico com’è ogni cosa, e solo un nome, il nome a malapena; e capisco che non m’appartiene la malattia della memoria, che intride quiescente l’alfabeto, corrode il nero midollo evanescente della parola.
Id: 23313 Data: 28/11/2013 23:59:57
*
Foto dun pino marittimo morto
Nella trama che racconta un albero spoglio e secco tracciato a china su un azzurro che si perde già nel passato c’è la suggestione di qualcosa che per passare al vento dalla terra, nel suo circolo svagato e senza orari, costruiva paziente nei secoli la giusta struttura radiante, soltanto uno sterile cerebralismo come un altro. C’è la storia priva di morale figurata nelle valli e nei canyon e in certe sassose mulattiere spraticate soffocate da sterpi, che altri, più o meno uomini di noi (ciò è da stabilire) avrebbero forse chiamato fiume o torrente, fossero stati già pratici d’inventari; c’è l’afasica epigrafe, o sembra esserci, del mito su cui interrogano le bianche pizie della nostra era il mitocondrio renitente e in fondo ignaro, soprattutto della renitenza. In quell’incidentale monumento a ciò che senza scampo chiamiamo morte si ripete l’intreccio medesimo nascosto nella carne del braccio e della mano che scrivono per me, lo stesso che s’espande dal collo nella polposa testa che pensa d’essere me, punta più punta meno, dove si registra momentaneo un fluire senza fine che, mi dicono, ha nome vita.
Id: 22405 Data: 24/09/2013 23:10:49
*
Gli ultimi giorni
Gli ultimi giorni
D’agosto
Van qui accorciandosi
Come il tempo
E scivolano sfatti
Tra le dita
Coi bagliori
Del sole sfracellato
Tra gli scabri rotismi della sera.
I bambini si ritrovano
mani luride
e grandi,
la cenere dei recenti inferni
muta in deserto,
e una volta ancora
s'arrende affannosa
la vita, e grata,
all'evidenza della fine,
e smette ogni enfasi forzata.
Altrove già rimatura
la frusta illusione
che questa resa anche
verrà a frustrare;
la morte entropica
cui tutto tende
conoscerà l’opposizione
disperata del prossimo Aprile,
che, crudele in cima a un tumulo,
nella lisa tromba crepata,
soffierà asfissiando
la condanna dei morti alla riscossa.
Id: 22027 Data: 30/08/2013 10:44:03
*
A est non andrò più.
A est non andrò più.
Al tuo sogno Augusto
ho dedicato la mia vita
e migliaia d’altre
sotto il trascorrere dei cieli
ne ho immolate a nutrire
di terre il tuo impero.
Ma a est non andrò più.
Stanotte mi schiuse un sogno
la fine delle nostre campagne:
era nostro il globo intero,
a eccezione d’un regno;
in testa all’avanguardia,
nella luce alleata della luna,
straziavo villaggi,
e non incontravamo soldati.
Essi erano alla fine,
di spalle, e così li prendemmo
e a loro anche portammo la morte.
Avevano voci giovani.
Nel voltarmi a cercare
la gioia dei miei uomini
c'era ancora il villaggio
attorno a loro, e il mio pugnale
nel sangue lucente
tra le spalle di mio padre.
L'uomo che la mia lama
finiva di spegnere
aveva la tua faccia; cadesti
che il riflesso dei soldati,
nella tua pupilla marmorea,
ancora mi dilaniava.
Id: 21602 Data: 28/07/2013 17:41:39
*
Ritorno
Grigio l’asfalto inerte della strada; cicatrici appena a lato segnano cascanti d’acciaio la campagna, e va ingrigendo più s’inerpica verso l’acqua azzurro spento fin la costa grigiazzurra in lontananza dove l’arancio non la vìola, e cielo, sopra, azzurrogrigio e nuvole allungate e grigie di passaggio e cielo azzurrogrigio di là d’un vetro sporco di malintesa carità nociva, fuori dal lamento soverchiante d’azzurrogrigia bestia prodiga di fughe e mesti ritorni.
Finisce il giorno degli illusi. Più su, oltre ogni cosa la luna come un faro nota, ostinata, luminosa all’apogeo, e insegna come stare al mondo spartendo un po’ ciascuno l’impotenza.
Id: 20655 Data: 24/05/2013 09:45:16
*
Ospiti
Stanchi nella penombra,
dondolano per gioco ai trapezi della sera appese le zanzare pungono le schiene ogni tanto brividi di un'estate automatica ricordata con rabbia svogliata cala, Godot, la notte,
gli ospiti provano
a chiudere gli occhi per non riaprirli.
Id: 20623 Data: 21/05/2013 20:37:46
*
Quello che conosco.
Di zufoli pispoli e chiù di zirli e trilli conosco il suono (e posso anche farvelo: eccovi un chiù); di un barrito, di un muggito, d'un bramito conosco il suono; e il suono conosco di tutti i versi degli animali.
Conosco il suono d'un bacio
e d'un abbraccio, d'una carezza, della brezza che spira un'emozione che abbandona il petto e conosco il suono d'un balletto, dei tuoi tacchi che tic-tac ticchettano sull'acciottolato e il suono che fai masticando il cioccolato.
Di questa poesia, da sempre sordo, conosco la voce, e il suono puntuale d'ogni verso, parola per parola.
Id: 19612 Data: 16/03/2013 22:08:19
*
Il mondo sta finendo
Il mondo sta finendo da sempre. È finito già infinite volte e finirà ora in me e in te, per quanto tu sei mondo e lo sono io, e in tutto ciò che sente. Rimarrà la morte.
E la morte non è
il mondo, senza occhi che la guardino.
Id: 18193 Data: 19/12/2012 13:26:00
*
Sono la morte
Id: 17234 Data: 28/10/2012 11:02:59
*
a
Aiuole algenti all’alba affiancano arbusti amputati ad arte, automobili altrove attese azzannano autostrade; alberi antichi accolgono ali ad atri antri adattate: allocchi albini abbandonano atroci affannati assalti, assaporano anfibi avvinghiati al volo, annullati. Automi? Animali? Antiche anime attaccate ad ali? Addormentati, assorti, argentei attenderanno altri astri, atti ancestrali, ancora ascoltando abituali agonie, angosciosi afasici «aiuto!»
Id: 17149 Data: 23/10/2012 21:30:17
*
t
Tori, toreri, titani, tiranni; torri, tendoni, tenori tonanti; turgide tette, trottanti turisti, tenere, timide, tortore tristi; “Tite tute Tati tibi tanta turanne tulisti!” Tutto trascolora e torna terra.
Id: 17109 Data: 21/10/2012 20:10:49
*
Il bosco di castagni
Le foglie nel bosco di castagni sono in terra una pelle morta, le ere un vapore immobile tra i fusti come il muschio; in alto le chiome mormorano raccolte della lontananza.
Il vento da sud suona coi tonfi una sua melodia a distanze cangianti, e guida coi ricci il raccolto, la caccia ch'io faccio fuori tempo; ogni tonfo è il dono d’un complice ch’accoglie impensato; e inalo, riconosco, dimentico. Duecento passi più a nord s'arricciano tre nasi di lupo; si prepara allo scatto una vipera sotto l'ultimo colpo di tamburo.
Id: 17088 Data: 20/10/2012 21:11:34
*
Breve elenco lacunoso di cose inutili
La carta, le sigarette, le silhouette, le schegge di legno, o di vetro; ogni sforzo. La polvere e il vento che la sputa addosso, ogni balza, ogni fosso; il pesce palla, il pesce rosso il pesce gatto, la murena, ogni pesce, ogni gatto, la cancrena, un letto sfatto, un copriletto con un gatto e due uccelli, o tre uccelli; tutti gli uccelli, i rettili, gli insetti anche non fastidiosi; io, tu, le nostre mani che si sfiorano; tutte le mani e le cose che sfiorano, i pollici opponibili, i ponti, il pollame, il polline impalpabile, i vetri rotti e gli infrangibili; tutto ciò che questa poesia non dice; gli occhi della lince.
Id: 17073 Data: 19/10/2012 22:14:30
*
Vetro
Sincero, non nasconde bellezza né abominio. A volte gioisce nella malinconia della letizia degli altri, sorride di riflesso; per natura aspira a non farsi notare, forse a non esistere; impara che nessuno lo guarda per guardarlo che è sempre fuori posto, mai nel punto verso cui volgon gli occhi, sempre prima, o dopo, e mai s'intromette nelle scoperte di due sguardi che si cercano. Gode con voi di una giornata di Sole, si perde insieme a voi nel buio. È fragile, il vetro d'una finestra, instabile per natura, non adatto al mondo trema ad ogni alito e mano che lo sfiora. In questa vita di vetro lo scaraventarono a forza, non la chiese. Non era così mentre irrideva il vento del deserto e col nome di sciagura soffocava l'arroganza in gola agli sprovveduti, concedeva un termine al lungo viaggio dei dispersi. Forse se non lo ferisse ancora giovane ogni sguardo storto e disperato che lo trapassa, il tocco mal calibrato che la distrazione accorda sempre agli oggetti, quella devozione meccanica di cui non è il fine; se troppe voci non stridessero tanto inutilmente se avesse il tempo di adattarsi alla paura arriverebbe a conoscere la luce rossa della fine. Ma non avviene mai, invecchia sempre prima, e alla fine si rompe.
Id: 15655 Data: 15/07/2012 23:32:10
*
Santa Teresa di Riva
Della parola più lunga non conosciamo l'inizio, né come finisce. Riconosciamo nel rauco gemito del mare solo il dolore che a tutti dà la vita. A Riva l'acqua è una schietta trasparenza azzurra, e ci puoi leggere dentro cosa pensa. Delle paure, delle passate delusioni, delle ossessioni, degli amori sbagliati ne fa una pietra, milioni, e prova a liberarsene; ma ritornano sempre: le stesse pietre, per milioni d'anni gli stessi pensieri consumati dalla risacca, spinti via a poco a poco. È un moto di tutti i mari: pietra dopo pietra costruiscono dall'odio, e per desiderio di purezza, i continenti. I mari sabbiosi rimuginano più a lungo, e più d'ogni altro, e su tutto; non fossero afflitti da se stessi svelerebbero l'Universo. Altri paiono non conoscere cura, e ne hanno poche, o solo una; ma scoglio, isola, arcipelago irriducibile e che mai consumeranno. Non vantino quindi i marinai giunti a riva la propria padronanza del navigare; alla malinconia che il sorriso custodisce chiedano che vale loro tal disprezzo. Le pietre di Santa Teresa stanno in una mano a due o tre; le più distanti dal mare sono vittorie sofferte e antiche: non ha eguali la crudeltà di chi per gioco ve le ributta dentro. Sdraiato sul limitare dell'acqua, mi offrivo alle onde, che mi spingevano sulle pietre, e con esse. Non mi voleva, quel mare, non quel giorno, e sull'odiata terra mi respingeva che mai mi ha voluto.
Id: 14951 Data: 30/05/2012 19:50:31
*
Ombra e luce
La guerra che fan per le strade luce e ombra d'estate dura da sempre. E lì dove mai vi fu scorrer di linfa in ime processioni malate di lentezza, le nuvole è una parola che nessuno dice e vuoto è il cielo non parlato, dove niente increspa il nulla, non v'è gialli fruscii o verdi al vento né al sangue, che non pulsa e fermo e fisso è sempre stato tutto nella morte; lì solo troveresti, turbandola infine, che dura immacolata una luce eterna.
Id: 14862 Data: 25/05/2012 20:32:24
*
Lindbergh
Trentatré ore nel nulla ho catalogato deglutendo differenze nel monotono ronzio lontano delle stelle sull’Atlantico. L’ombra del mio spirito profondo nell’acqua tratteneva il respiro, ogni nuovo orizzonte sfioravo come il filo del telegrafo. A Parigi in centocinquantamila si dividevano un po’ dell’attesa mia della Francia, e ne erano stremati. Tornai tra gli uomini e s’acclamarono, portati in trionfo; fui esposto simbolo non più umano dell’umano dominio simbolico sullo spazio vuoto per anni tra lunghe ali di folla viaggiò il mio corpo per miglia, ronzò la mia bocca. Il mio spirito in volo restava in quell’istante, spiegava pesanti le ali due metri sopra il filo del telegrafo.
Id: 14781 Data: 20/05/2012 22:29:52
*
Oltre lorizzonte
Oltre l'orizzonte va lo stormo lontano vociante nel tramonto; e lo ricordo sotto altro cielo spezzare nella corsa verso il polo opposto e spargere in terra più obliqui raggi. Ieri s'appoggiarono come accenti spaesati agli ulivi del limite, oggi un attimo sul palo ai cui piedi s'aggruma il fango. Non fossimo così estranei tutti a questo mondo (non condividessimo l'aria sola, e il tedio, e il furore) Fratelli, griderei, è vano, ma se mai troverete da dove si esce, venitemi a chiamare, io v'aspetto qui sulla mia croce.
Id: 14232 Data: 20/04/2012 21:19:51
*
Pretese
Strisciano fuori dal tempo sicure lucertole scure a seccare sul muro dell’estate senz’ombre. Un bambino dagli occhi perfetti ostinato le piglia a pietrate, ogni tanto ne ammazza; ha le ginocchia graffiate leggera la fronte il vento alle spalle, una pessima mira: tutta vuole per sé la vita.
Id: 14056 Data: 12/04/2012 12:36:47
*
Stillicidio di vite
Taci. Tanto se parli non odo parole che siano umane; ma odo soltanto grugniti o suoni simili a versi di cane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su un mondo che è pieno di farse, piove su inermi e su gente in armi, piove sui carmi profani; sugli attimi fuggenti da noi mai colti, sui ginocchi rotti d’artrite dolenti; piove sui nostri volti d’umani, piove sulle nostre guance irsute, su i nostri sentimenti di ieri, su i brutti pensieri di una vita, diciamo, non bella, su la fellonia bella che ieri m’illuse, che oggi t’illude, credulone.
Id: 13458 Data: 11/03/2012 21:17:10
*
I nostri mostri
I nostri mostri son mostri nostri; conoscono i nostri posti, son tosti come mai fosti né fui, né di ciò noi sconosciamo i costi. Divisi in caste, i nostri mostri, a cataste ci s’accostano da dietro, s'accalcano, incauti a volte cascano, in terra vuoti poi s'accasciano; ma i più lesti ci tastano, e sembra testino, le lasche coste, che treman come lische, con losche e lunghe dita come aste, non certo caste, e che a tale task traggono dalle tasche. Di buio pesto e di peste s’impasta la pasta che sostanzia la casta di questi mostri che le nostre teste impesta; e conoscono i nostri posti dall’alba dei giorni nostri.
Id: 13423 Data: 10/03/2012 20:02:15
*
Ricordo - a L. -
Ricordo il dieci e il disìo acerbo del tuo seno.
Giovane sul bianco dell’onde salato saltellava il sole; tu nera lo fendevi di giallo fasciata e di blu, e con te, di lontano, insieme il respiro ogni volta e il tempo bloccavo che nel grembo, per tornare, sparivi del mare.
Guardavo.
Dai tuoi lunghi capelli poi l’acqua, e non capivo, e dalle tue spalle s'allontanava, tornava acqua; e tornava a colorarsi la spiaggia di un verde che più non conosco e che nei tuoi occhi solo ricordo.
Id: 13399 Data: 09/03/2012 23:15:43
*
Un senso per certe poesie -versione rivista-
Certe poesie son lunghe e noiose, altre, noiose, son corte; alcune, un po' meglio, sorridono, in altre, un po' meglio, è la morte. C'è, chiedi forse, un senso per tutte?
Magari son tanti, non certo nessuno, e sarebbe ben bello trovarne pur uno. Ce n'è, son sicuro, minimo mezzo (tre quarti, davvero (davvero), non penso). Ma tu non resisti, tu vuoi che lo dica, ben vedo che già ti freghi le dita; eccotelo allora, il senso, lo dico; lo dico, pur mezzo, e condiviso alla vita:
se tu guardi il picchio l'albero vola, il mare sul fondo profuma di viola; (sbirulì sbirulà trenta novanta una volpe che canta) ma se non lo mangi finisce la sabbia,ti cadono gli occhi, ti serra la gabbia.
E' un ostico mezzo tal senso, lo so; e se il tuo preferisci (e se non l'hai mi stupisci), se a te proprio non piace, hai letto un poemetto e vai avanti in pace.
Id: 13370 Data: 08/03/2012 13:40:32
*
Un passero
Da sopra le sbarre d’una panca lo spiavo: leggero, fragile, indifeso tra i venti ai più forti, alle correnti, concorrenti, beccava meccanico l’arido cemento e non parlava; monotono a tratti scambiava lo sguardo mio triste col guardo suo triste di pianto e non spauriva, forse non soffriva; spariva, tornava, era dietro la gamba nera. Entrambi eravamo in gabbia.
Id: 13331 Data: 06/03/2012 18:04:09
*
Quando annichilito ...
Quando annichilito tra rantolosi corpi trascino la mia carne e muta è la natura; nei giorni più corrotti sotto il silente grigio, quando d'alati suoni rimane il vano auspicio; quando la via è un deserto di dune mutilate ormai prive del canto, dagli astri abbandonate, e persino al triste vento fa senso tale sciàra e il mondo, freddo, trema, e il terminal dolore urla con voce chiara;
allora in me mi sprango, richiamo la tua voce, e il cielo mio nervoso un poco si rischiara.
Id: 13271 Data: 04/03/2012 10:34:40
*
Onomatocardiopee
Tum tum in me tumulto e strage; tu menti, ancora, e ancora non lo senti. Tum tum tumefatti tumori d’intuizione s’ingrossano di vecchi accenti or disfatti nelle parole consuete che ancor ripeti, sai tu perché, e più non senti; né io sento.
Morbide ancora le labbra tu muovi, e ancora vedo una t io appena e non sento. Tum tum sento, tu muori.
Id: 13259 Data: 03/03/2012 19:07:16
*
cane straniero
Cane straniero che in terra dormi e hai per letto il tuo sangue, indifferenti accanto a te ti schiva l’oblio e il traffico che ti ha schiacciato, e i denti bianchi insozzi secchi sull’asfalto indaffarato di passi veloci e freddi che non odi; né vedono i tuoi occhi aperti che come prima non esisti.
Id: 13253 Data: 03/03/2012 13:31:24
*
Eppure ti amo
Eppure ti amo e tu mi ami;
come ama l’amaca la mole che l’ammacca, o l’amo la madida ombra di pesce distante a cui ammicca nella morta acqua dello stagno; e ama l’amorosa idea, l'amorfa, che mai non muore dell’amore il mortale che da molti a morte sopraggiunti amori ricevette ammonimento eppure amor ricerca ancora in ogni dama, non gli accorda altro costume suo talento, e muor d'ogni novo amor sotto la lama.
Id: 13227 Data: 02/03/2012 11:36:32
*
Metamorfosi vocale
E I fu. Siccome E appena era stata, e A prima ancora; poi O sarebbe, e infine U, diventata.
Id: 13204 Data: 01/03/2012 12:14:43
*
Sfiorando l’interruttore
Sfiorando l’interruttore mentre non penso, mi viene in mente l’elettricità trepidante in attesa sotto al dito, e il tungsteno che la sogna nel suo bulbo asfittico. Poi certe case abbandonate, chiuse da tempo, con la polvere sui tasti; e come a volte, con la nostra assenza, decidiamo la solitudine degli altri.
Id: 13201 Data: 01/03/2012 10:07:51
*
Poe-s-tiche
Nel mezzo dell’infinito silenzio, immobile, accanto a un muro in un’alba di perla, sta una capra e bela, non rugge. (E come potrebbe mai ruggire, o cantare?) Bela mare terra morte bela colpe tum tum pomeriggio bela zigrinatura e apocatastasi beee suoni parole.
Id: 13182 Data: 29/02/2012 19:16:53
*
a M.
Ora che hai volato nel rosso petecchiale del sole affogato nelle cortine si perdono i miei occhi. Tu sei come una fitta rete che alla preda arrendevole s’appressa, gli angoli della tua bocca amo da cui sanguinante solo tu puoi salvarmi se m'odi; lampare d’ambra scure nelle tue palpebre luccicano della luce di lune baltiche. Sei come il forte bosco odoroso che stendendosi la sua chioma rossa spande lento per morbide balze e col languore della morte apparente su di sé invita l’autunno. Sei come stormo d’aliti leggeri: soave il tuo amore gemi a me che per colli e spelonche vado annusando i sapori di questa mobile terra, sui lievi suoi colori striscio cercandoti, sempre escluso ti sento sotto di essa.
Tu sei come il baco pudica. Dopo avermi carezzato e mordicchiato ogni foglia, come il fremito d’un rantolo soffoca la gioiosa ricerca, trascolori e ti chiudi con un ghigno tuo nel molle lenzuolo, delicato; ne esci stanca, diversa, sazia di paure, guardi fuori. Rimani poi sul mio letto a morire.
Id: 13178 Data: 29/02/2012 18:41:34
|