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Raccolta di poesie di Francesca De Santis
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Un attimo di emozione

 

Non c'era giorno in cui non pensassi a lui... D'altronde, ogni giorno era uguale all'altro... Gli innumerevoli stimoli della realtà affaticavano il mio sibilo di orgoglio, distruggevano le macerie su cui avevo costruito tutte le verità della mia vita. Non era pesante essere senza di lui. Era quasi impossibile sostenere il pensiero che lui fosse senza di me. Di saperlo solo anche con una donna nel letto. Ma i giorni passavano e il mio cuore si chiudeva. Non potevo dimenticarlo, mal col tempo, imparavo a fare a meno di lui. C'erano attimi in cui sentivo che poteva cambiare tutto. Potevo smettere di respirare. Il mondo poteva smettere di girare. Ma a me non importava. Quel tremolio di un letto a baldacchino vuoto. Mi guardava e mi compiangeva. Era insostenibile la forza di ciò che era stato. I fremiti del mio corpo avevano smesso di tormentarmi. Mi rigiravo nel caos di tutto quello che era senza di lui. E lui, evolveva senza di me. Non mi sono illusa di averlo amato. So che è stato così. Ma con la grandezza del mio cuore, non sono mai riuscita a colmare il vuoto che ogni volta mi lasciava. Non negavo che potesse esserci di più. Sapevo quanto avrei avuto di meno. Percorrevo i minuti senza guardare avanti. Era indietro che mi voltavo ogni volta. E nelle foto riscoprivo ogni emozione che tentavo di disperdere nel fiume che mi trascinava via. Non c'era giorno in cui non pensassi a lui. C'era stato. Ci sarebbe stato per sempre. Ma il pensiero del mio dito senza anello mi fa ancora male. Avremmo potuto sposarci, avere dei piccoli bambini che cadevano per casa, che avrebbero fatto capricci per delle caramelle. Avrei voluto vederlo padre. Marito. Famiglia con me. Ma era andato. Ed io, non ero andata con lui. 

 

*

L’anima nel pozzo

Non sapevo se fosse il mare o il rumore del vento a farmi sentire così. O la strana sensazione che la mia anima fosse sdraiata accanto ad un pozzo, a dormire scivolando giù. Non sapevo se si fosse persa nel catrame di quel fondo, buio come la notte. O se si fosse invece risvegliata e stiracchiando le lunghe ali del tempo, avesse avuto il coraggio di spostarsi, di prendere per quella strada tortuosa di campagna, una di quelle strade che si perdono e finiscono nella polvere. Alla cui fine c’ero io. Probabilmente stava crescendo, dormendo e sognando, o forse dopo aver corso verso di me si era fermata ed aveva le ali fredde come il ghiaccio per la corrente che veniva dal corpo vuoto. Chissà, forse aveva avuto il coraggio di guardare giù o dentro di me… ed era riuscita solo a crollare. Non so perché pensavo tutto questo mentre avevo paura dei tuoni e vedevo i lampi incendiare le strade, ma lo pensavo e mi sentivo solo e spento, come un vecchio lampione che abbandona la strada di notte perché non ce la fa più. O forse era il senso di smarrimento, il vuoto che aveva lasciato nel mio letto la mia lei quella mattina, e che avrei sentito tutte le mattine che sarebbero venute. La sensazione che mi dava quello spazio freddo, che non riusciva a colmare la sua mancanza, la sua lontananza. Il cuscino ancora fisso, le lenzuola che mi guardavano piegandosi sulle ciglia. Immaginavo il suo nome scivolare sulle pareti mentre cercavo qualche appiglio, io che allora ero appeso alla vita con un filo. Tutto mi cadeva addosso e mi perdevo dentro quelle grandi onde che s’infrangevano nei miei occhi, lasciando che il mio universo sprofondasse e si perdesse, come nave in tempesta. Non sapevo più chiamarmi per nome, perché non sapevo essere altro che questo: niente. Cercavo di recuperare la mia anima, smettendo di domandarmi una volta per tutte dov’è che si fosse persa ma anche quel tentativo era vano. Non c’era. Non sapevo più se fosse quel frastuono, il mondo che si svegliava nel temporale fuori dalla mia camera, non so perché la mia anima quella sera mi sembrava così strana e lontana, ma ero capace solo di versare un altro bicchiere di vino rosso nel mio corpo e lasciarmi andare ancora una volta.

*

Le lacrime di San Lorenzo

LE LACRIME DI SAN LORENZO
 
Ricordi scanditi
Da giorni finiti
Musica suonava
Soltanto per te
Limiti invalicabili
Nel sogno di noi
Cuore distrutto
Distrugge a sua volta
Riprendere le parole?
Ormai sono andate
Rammenta Francesca
Rammenta
Mi è impossibile
Non farlo
Lo dico a me stessa
Per questo fa male
Perciò sarò sola
Stasera
Sotto le lacrime
Di San Lorenzo
Milioni di stelle
Soltanto per me

*

Sonno

Addormentato,
li fra le mie braccia.
Non riuscivo a scrollarti
A dirti con tristezza
“Devi andare”.
Ad ogni tocco
Ti svegliavi e subito
Tornavi a dormire.
Ed avevo quella gamba
che scendeva dal divano…
Io nuda e tagliata fuori.
Ma senza il coraggio di spostarti,
di chiederti di farmi spazio.
Ti ho riempito di baci
Sulla fronte sudata.
Volevo sussurrare nel tuo orecchio,
o scriverti addosso.
Dirti dell’effetto che mi fai.
Dell’effetto che mi faceva la sigaretta
Fra le tue labbra,
accesa lì, solo qualche ora prima.
Ma anche a far questo non ero capace.
Mentre cadevo anche io nel sonno
Ti ho chiamato amore…
Non te ne sei neanche accorto.
Era quasi giorno e ti sei alzato,
sei corso via ed io sono rimasta
gelata, immobile.
Con la mia gamba finalmente a terra.