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Raccolta di poesie di Francesco Battaglia
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

ragno del 3 aprile 2018

 

Com'un ragno 

s'intesseva il cavo

verso alla luna

 

sogni covava

uno non abbastanza 

per risolvere 

 

dentro un punto morto 

 

disse il prete

raccogliendo le palpebre

dalla scacchiera

 

passandogli il bicchiere

il giovane alcolizzato

distratto oltre la vetrata

 

un fumo tenue

dalle labbra

verso la luna

 

dove com'un ragno

quell'altro a scrivere

s'intesseva il cavo. 

*

quanti

 

dannata sia la notte

che dava copertura alle pantegane

ricorda sempre il nostro nascondino

tra un pianerottolo e l'altro

fallendo felicemente

risa nei fallimenti

sapendo che dopo il gioco

ci aspettava soltanto noi

quasi il nome di dio

sempre scarso regina reginella

quanti passi devo fare

quanti passi

quanti?

*

puntovia

 

 

finalmente scaduto infine

un altro dì altro giorno

altra sera tramortita in tramonto

altro montare di stelle quelle

se la sono svignata la sera prima

del referendum sul mattino

ho la visiera mi fa ombra

l'ombra mi fa da bastone

però niente ruote

tieni pure questi

scarabocchi di parole

non mi so leggere

tanto fatto per arrivare a questo

punto

già andato

sempre persempre

via

*

potrebbe pure piantarla

 

 

potrebbe pure piantarla

lasciare là quegli sputi

sputacchi su tovaglioli tovaglie

un vagire alla vagina

uscito di casa

uscito di scena no

non ancora

entrato però

per ora

 

per ora piantarla

solo per ora mica sempre

non sei sempre non è sempre

cos'è il per sempre l'amore forse

per sempre lo si dice sempre

nei secoli dei secoli

ma c'ha i secondi in tasca

 

questo avrebbe voluto

gli si dicesse

vagendo dalla vagina

 

*

potrei anche continuare

 

potrei anche continuare

di quando in quando

in giorno pieno o in quarto notturno

un piano pigola sui binari

la stazione chiusa

niente viaggiatori sostino qui prego

 

potrei anche continuare

di quando in quando

quanto hai da vivere

intendevo non la morte

quante ore sono rimaste

quante ore sono restate

là ferme di tanto in tanto

abbassare il gomito

 

potrei anche continuare

tanto hai da chiedere

resta immobile senza

spaccare in mezzo

aprire le gambe al mezzo

ovvero il verbo

stupido tram vecchio

paralitico 

*

Ancora tastano stonati (perennemente in prova)

 

 

Ancora tastano stonati ...

 

Ma nessun tasto, vero?

Ancorati se ne stanno ad un dolente scoglio gelido questi che tu evochi ma non si sa in quale cavità continui ad urlare e certamente neanche tu sai chi vuoi evocare o peggio devi evocare. E, per cortesia, non tirare in ballo la solita tiritera sulla costrizione a farlo o peggio ancora predestinazione ché il tuo genio sappiamo bene a quali sozzi giochi si sia dato. 

 

Ancora tastano stonati ...

 

No, non c'è nessun tasto.

Provati ancora nel tuo perpetuo inutile nuotare in quella campana senza fondo che cresce assieme alla tua ombra, cara nera compagna di giochi. Tanto in questo tuo ostinato andare potrai ben vedere come le tue sirene una volta così premurose e vicine adesso si tappino vicendevolmente la bocca ad ogni tuo passaggio, e gli angeli già si turano le nari appena ti vedono incedere. Però, stando a voci di corridoio, pare che la tua ombra possa ancora prender parte alla feste di cui tu puoi solo ascoltare la musica attufata. La tua ombra si veste bene, si leva presto dal letto, si lava bene il culo, sa cantare correre scrivere partorire danzare, e qualche sirena dice anche che sa amare, amare bene sa la tua ombra. Tu sei mai riuscito ad amare?

 

Ancora tastano stonati ...

 

Ecco, e già non m'ascolti più.

Ma mi hai mai ascoltato piuttosto? Vedi? Tu mi odi, mi giudichi e pregiudichi e mai m'odi bene così da farmi sprecare voce e riflesso. Sì, ricordi bene la notte in cui rischiasti la schiena, ma se solo non avessi ceduto al sonno per ascoltarne ancora un poco di quei miei passi.

 

Ancora tastano stonati ...

 

T'intestardisci ancora canaglia, ma nessun tasto, vedrai.

Non m'hai ascoltato per tutto quest'eterno perpetuo secondo dov'apro la bocca solo per le tue orecchie. Sei troppo stupidamente intento ad incanaglirti nel ritrovare un qualche canto già annegato, vero?

 

Ancora tastano ...

 

Ebbene, inutile piangere sul verso versato e piantala finalmente di far lo smemorato per finta. 
Sai bene e m'azzardo a dire forse meglio di me come vadano presto sbiadendosi i tuoi versi nella partita a carte che tu hai voluto intraprendere. 

 

Ancora tasta ...

 

Colpa dell'amore allora vero?

Colpa della morte allora vero?

 

Ancora ...

 

Ho sempre ammirato quel tuo ghigno disperato divertito ammalato ammaliante come lento progredire verso l'inferno dove i tuoi piedi scarnificati avranno finalmente sollievo e congedo, sollevandoti dai tuoi versi ed incubi per vivere finalmente nelle fiamme del fuoco che t'ha sempre ipnotizzato. Continua ancora a ghignare accusando dolori al polso per veleni di versi, diversamente poi riderai finalmente con me ed il tuo diavolo ed il tuo angelo ed il tuo amato ed il tuo maestro ed il tuo parentame ed il tuo amico ed il tuo riflesso, sì, soprattutto riderai felice col tuo riflesso, entrambi vi scolpirete dolcemente il ghigno come due bambini che si tocchino vicendevolmente i nasi.

E le tue sirene torneranno a cantare litanie orribili a squarciagola e gli angeli torneranno a lanciarti piume di cormorani trucidati nel cielo dal

 

tuo dio defunto

che s'alza la veste quando ti vede

gloriandosi dell'enorme erezione -

 

"sono impiccato non vedi?" -

 

ed allora finalmente pianterai lì tavolo e carte

canti versi diavoli angeli fate streghe malattie

tentando allora finalmente l'amore

 

che non risponde

 

torna pure al tavolo

 

tu ed il tuo tu

 

in gioco v'è la vita

 

chi perderà allora

 

tra noi?

 

Ancora ...

*

Posso salire?

 

 

Vorrei rivelarti.

Sai, ero sotto. 

Sì, dove non ricordavo come entrare.

Quali numeri, la combinazione.

M'è sempre mancata la combinazione, ma mi lasciavi sempre entrare.

Vorrei rivelarti.

Ho scritto e riscritto e soprattutto cancellato centinaia di parole.

Ero nei tuoi pressi, avrei voluto dirti, nei tuoi pizzi.

Proprio vicino al nido dei ratti per cui entrambi trasalivamo.

Piccole minacce per sacchi di vetro vuotato ore prima, dove urlavi spensierata e barcollante.

Io nella finestra.

Non so i numeri.

Stavo per allarmarti, ma il tram m'è giunto in tempo, giusto in tempo per non rivelarmi.

La notte m'ha ancora da digerire.

Resisterò a non tornarti.

Quanto però vorrei.

Non so la combinazione.

Mano sul braccio per ritornarsi. 

Non so la combinazione,

ma bene la porta,

vorrei rivelarti.

 

Posso salire?

*

Frammento s’una tovaglia

 

 

Niente d'eccezionale nemmeno stavolta

sperando in un segno del proprio volto,

ma lo specchio è stato distrutto dai servi,

nevrotici di colla s'aggirano smagriti,

dimenando le dita nei palmi perdono il volto, 

che schifo la notte oso dire alla volta

che mi precipita sui piedi andanti verso,

no, quello che non ho non è altro che io, 

pur se dedicandomi spesso squallidi versi - 

soltanto per masturbarmi sui sogni di turpi eccessi - 

 

No. Questi mente ancora. Adesso arriva.

No, niente di speciale. Non dovrai far altro che. 

*

Balli umidi

 

 

 

I giorni ballano sfrenati 

al cospetto dell'ore annoiate,

se ne stanno sedute mostrando le cosce, 

chi si degnerà di riportarle a casa?

 

Tengono sempre la sua forma

questi spettri mai invitati,

per loro l'uscio lo lascio spalancato,

sia mai mi portino biscotti. 

 

Mi si lasci tastare tra le fogne,

sono solo in cerca della barchetta di carta,

così non ferirò entrando nel porto,

sarà un attracco delicato,

la carezza sarà l'àncora. 

*

(e)levarsi [mica poesia]

 

Togliermi di dosso togliermi di torno da me

togliermi da me levarmi da me elevarmi verso il basso

verso i piedi che toccano tastano leccano il terreno 

la lingua dei miei piedi io parlo coi piedi no 

io parlo co' la testa voglio scendere da me

levarmi dal trono ammazzarmi il re 

 

c'era una volta un re diranno i suoi piccoli lettori

no c'era una volta un pezzo di legno

e il legno va a bruciarsi Pinocchio c'ha i piedi bruciati

se l'è mangiati il gatto espulso dalle cosce del fuoco

ha miagolato il burattino per avere del cibo ha mentito

Pinocchio non dev'andare a scuola

 

paura per lo strutturarsi il formarsi di quest'identità

per darsi un volto un io una struttura

permanente restando fisso immutabile statico nel vento

al mio volto piace tanto il vento volante negl'occhi nel naso l'aspira

buttando poi fuor di bocca situata vicino la testa da cui

scenderò

 

m'eleverò verso i piedi 

 

mi leverò di dosso finalmente questo francesco quest'io questo nome

com'il matto diverrò piede portier'e porta

sarò il guardiano di me senz'avere null'a che fare co' me

stando fuori di me

 

mi leverò. 

 

*

Blu

 

Restatene pure al cesso sorte
ad incipriarti imbellettarti il muso 
così da renderti sopportabili gli occhi cavi

 

mai più ti spierò giuro cieca appiccicosa creatura

ma certo mica credevo di trovarti di dietro la porta

intenta con sforzo ad evacuarti d'ogni sventura.

 

Il cielo malato ha ripreso colore

cessato finalmente il suo raffreddore

rimasto solamente un poco di muco. 

 

Non distrarti luna tesoro

stattene cheta che gli angeli puliranno

ma guardami luna tesoro

 

e piantala cazzo di chiamarmi ospite

e piantala cazzo di chiedermi scusa

 

non dimenticarti del mio seme sui tuoi seni

non dimenticarti dei miei capelli sul tuo ventre

 

e soprattutto non t'azzardare a lavarti luna

almeno finché io non ceda a pisolare nella terra.

 

Hai visto come tremavo coi cani in gola che latravano?

 

Ma il cielo s'è pulito il naso
ma il cielo ha ripreso colore
senza ingoiare aspirine

 

ed io il sonno mi sono guadagnato

squagliatomi pure nel temporale

così da fregare drogando la Morte

che barcollante mi sfiorò per poi tirare dritta -

 

forse ha sbagliato ora, tetra signora

o forse casa, troia di fiducia?

non interessa a entrambi ormai vero?

dunque mi lasci pure qui a dormire nel tuono

e vada pure a godersi la sbronza

che ora è sua, Morte, tetra troia di fiducia, 

gliene faccio dono - 

 

ma prima di cedere all'eterno pisolino aspettatemi

prima dell'assalto dell'eterno pomeriggio ascoltatemi: 

 

dove s'è cacciata la memoria della luna?

*

Pulizia (pretenziosa)

 

Ogni notte di pasta e spezia solita italiana da non poter dire donde evitare inconveniente nel niente dove sai dove non si sa mai meglio non farsi beccare dalle guardie mea culpa mea culpa mea profondissima culpa di quando coll'orecchio appizzato attento pronto a cogliere i tuoi passi che poi sarebbero finiti in quel vaso insozzato di terra poi poterlo innaffiare poi stancarsi tornarsene alle recidive scarse stelle in cielo e il faraone si sarebbe inorridito per quella piramide lasciata là nel grande niente mica dune che sono che so un poco come le zinne di dio 

 

dio ha le zinne
finché ti nutre
ma quando siedi sul tavolo operatorio di Ducasse

 

Artaud, capisci cosa voglio 

 

ho smesso di dire, Antonin,
manco mai ho iniziato,
parto facile nel via
e non ritirerò mai quei duemila 
che m'avevano pure promesso

 

Eppure i suoi passi l'ho sentiti e l'occhiali dritt'in testa e il sorriso preoccupato come per un mio venire incontrollabile 

 

Posso controllare almeno l'ora
di fronte al tempo?

 

Se mi si dicesse di no ecco sarei costretto
a vestirti di tovaglie sporche
e lì posare tra le posate
ridendo delle nostre risa e della mia idiozia
chiusa in un padre nostro. 

 

Mica mio.
Nostro.

 

Dio diviso tagliato sul tagliere timido come
coniglio rintanato nella solita umida tana
costringerlo poi ad uscirsene dal suo nido

 

per poi chiamarlo - "onnipotente" -

 

ma di dio ce n'è sempre interessato poco,
piuttosto

hai ripiegate le lenzuola nell'armadio?

 

Qua mi si chiede di roba
mia
e di gente che magari 
possa sostituire i sogni.

 

C'ho dei sogni in panchina
giusto da domani,
cosa posso fare

per creparmi ieri?

 

Solo un scherzo,
sbruffone sbuffò come un buffone
all'ultimo suo sketch 
pe' la lapide all'ultimo tiro,
ma il passante nota solo e giusto ti fa notare - 

 

"Ma hai pulito la lapide?"