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Raccolta di poesie di Gianfilippo Gravino
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Prima che

Prima che

 

 

 

È solo un vecchio desiderio

ed è solo un’altra notte

di neon e di luci rugginose,

eppure io vorrei

lo stesso farmi più forte del vento

che sforma e ruba l’anello di fumo

che hai come aureola.

Vorrei e forse posso.

 

Ti bacio le ali mozze, angelo rauco,

costretto a camminare sull’asfalto

di questi Campi Elisi

collusi con l’inferno,

e accarezzo l’aspetto malridotto

della tua anima offesa – fatta

di carne e di pioggia – in un abbraccio

di calore e di bianco

 

prima che intorno sia di nuovo l’alba

di un nuovo giorno sepolto e non nostro,

e prima che il suo freddo ci ricordi

che anche noi siamo rimasti nascosti

dietro lo schermo dei nostri contorni.

 

 

 

*

Cenere

Cenere

 

 

 

L’alba non si era ancora aperta

del tutto, quando sono arrivati

e per due volte hanno

pesato e misurato l’inferno

fino all’ultimo grammo

dei suoi ultimi millimetri,

così da dargli un senso,

un sapore, un prezzo.

Inferno poi inviato,

venduto e riciclato

sotto gli occhi neri del Sole

e nel cuore corroso della notte.

Inferno tra altri inferni,

ma più infiammabile.

(Quando lo appicchi, ti scalda 

il sangue più in fretta

e sempre più in fretta

ti arriva due volte al cuore,

salendoti alla testa.

I mille e dispari paradisi

promessi li mantiene tutti e tutto

trasforma in carezza e calore,

ti fa compagnia e diverte.

Così, se ti specchi, puoi vedere

la tua faccia che ti ride in faccia

tra le sue fiamme

di carta tutta crespa:

cenere all’istante.)

 

 

 

*

Rondini

Rondini

 

 

 

«Un urlo dal dolore

è il vento cieco

che solleva e rigira

la polvere di stelle spente

che compone ogni cosa»,

 

spesso si è detto. Intanto, oltre lo specchio,

corpi celesti

senza un nome, perché hanno già tutto,

 

quasi si divertono

a disegnare ellissi a perdifiato

a bassa e svelta quota.

Sirio, il loro Sole.

 

Nere e come lame

hanno le ali, però la loro voce

dal chiaro del petto

volge pure quel vento in virb

 

 

 

*

Fragile

FRAGILE

 

 

 

a C.

 

Correre e tremare

come una luce incerta e ubriaca

che rincasa al mattino.

Correre, dopo aver corso

su una corda tesa

tra farsa e tragedia,

ma finalmente in cerca

di quel suono intravisto

in fondo al silenzio più stonato.

 

È questo che hai impresso

a fuoco nelle vene:

correre per sfuggire al tuo sé,

alle sue volontà, come al caso,

diventando più scaltro

perfino del dolore.

Sei un pacco con su scritto “FRAGILE”

che è stato spedito a migliaia 

di indirizzi estranei,

ma che alla fine

ha trovato la sua casa: lo spartito

di una sinfonia ingiallita

ed ogni giorno più incompiuta.

 

 

 

*

In ogni dono un gioco

In ogni dono un gioco

 

 

 

Un dono può anche essere sbagliato. Non piacere.

 

 

Oggi non è il tuo compleanno

né un giorno prefestivo,

e io ho voglia di darti in dono

questa matrioska con la sua grazia

grossa e gravida di quattro o più 

segreti dai colori

rumorosi ed estesi.

 

È solo un po’ di plastica prodotta

in serie, è solo un souvenir,

ma un souvenir che non serve a farti 

rimpiangere un viaggio

tra l’altro mai avvenuto.

Le sue gemelle sempre più piccole 

sono già il tutto di un mondo

che di guscio in guscio

scende fino al seme

del suo nucleo solido:

la pressione e le ore

di un giorno fermo in fila.

 

Perché anche in un giorno stancamente

di serie può nascondersi un dono – 

e un dono è come un gioco

che rinnova il ciclo e il carbonio

del primo dono che hai scartato:

 

il gioco originale

che non sempre diverte.

Quel gioco severo

che cambia ogni giorno le sue regole.

 

 

 

*

Memento

Memento

 

 

 

Anche se un giorno (o nel corso di un sogno)

sicuramente torneranno a galla

in qualche palude della mente,

sul pelo livido delle sue acque,

 

memento che alcune cose è meglio

scordarle, ricacciarle nel niente,

di cui sono le madri e le figlie

a un tempo. (Almeno per qualche momento.)

 

 

 

*

Ultimo passo (prima della danza)

Ultimo passo (prima della danza)

 

 

 

Danza nella sua mente

(al suono delle vene)

la voce di una strana

prima madre, che chiede

la testa del giovane

invecchiato in galera

in dono ed in cambio

di un amplesso col sogno

del nuovo e vecchio padre

dai piedi ben calzati.

 

Danza e, danzando, è

(giunta all’ultimo passo)

sempre più sangue e ossa: 

“Salomè” pronta e sola,

e nera e lieve insieme.

 

 

 

*

Al potere

Al potere

 

 

 

Le parole d’un paese senza case

non scorgevano suono,

tanto da perdersi e poi rinchiudersi

in riflettenti mani

che non stringevano né la seguivano,

la luce accennata negli occhi, 

dalle dita già troppo unte

per posare la prima e anche

le altre pietre – dopo

che l’accelerata guida

dell’affiatato battito

fu coperta da quell’oro

che ne svelava il fango.

 

 

 

*

La mia Nona

La mia Nona 

 

 

 

A volte – ad occhi socchiusi – mi lascio

scorrere nelle geometrie friabili

di una foglia, o in quella musica

che, riempiendola, colora l’aria

su cui galleggio e che mi avvolge.

E mi sembra davvero

di essere una sola cosa con

il mondo e la sua carne.

Ma, se ogni croce ha una sua delizia,

ogni splendore ha le sue miserie,

e così, ben presto, sono costretto

a tornare a me stesso

e al mio percorso,

visto che i miei inni alla gioia

muoiono giovani

e quasi mai beati

(visto che la mia Nona

lascia loro il tempo

di un tramonto appena).

 

Sapienti saggi hanno

premura di spiegarmi che le gioie

sono un canto di cigno

o un ardere di paglia

ma che è proprio questo retrogusto

di amaro a renderle

l’uva più sublime ed il suo miele.

Tuttavia, l’immagine del cosmo, 

che alla fine mi vendono, è sempre

coperta dall’effetto

neve di una sfera che si infrange

in mille specchi al minimo contatto

con il suolo del reale.

E così – scorsa via la sabbia stretta

nel cavo della mano –

non stringo che un pugno

d’aria da offrire

al primo soffio che passa (per caso

o per sbaglio) sul mio percorso.

 

 

  

*

Di fronte al Moto

Di fronte al Moto

 

 

 

Ripeto spesso che a questo mondo

non c’è gloria che non sia vana

né vittoria che non sia di Pirro

 

di fronte al Moto più vasto e perpetuo,

 

eppure brucia veramente tanto

stringere tra le mani le macerie

in fumo d’un altro lucente incanto.

 

 

 

*

Napoli anno zero

Napoli anno zero

 

 

 

Sirena annegata

tante volte sotto il peso

delle ombre e dei rifiuti,

dell’immondo e del sangue buio, 

sotto i lapilli e la nube ardente

di mille vulcani al rogo,

 

hanno dettato alla tua voce

parole di zolfo, affinché

ti sporcasse di vuoto,

di vecchio silenzio,

e non rivedessi più l’aria.

 

Adesso che hai assaggiato il fondo,

per un principio fisico,

sarai chi risale e nasce

sopra le sue onde di cenere –

ma dimmi questa volta

quanto durerà

la tua riemersione.

 

 

 

*

Sogno di una scala

Sogno di una scala

 

 

 

Centoquarantanove

gradini ha questa scala – ogni volta

che sono io a contarli.

 

Centocinquanta ne ha invece quando

li numeri tu, che sei da sempre

più abile di me.

 

Certo, non stiamo parlando di qualche

scala magica tra Betel e il cielo,

tra una pietra e gli astri.

 

Nemmeno nei tuoi sogni

la percorrono stormi

di angeli con occhi di lapislazzuli.

 

Alta e stretta, da un brano di mondo

ci conduce ad un altro

brano di mondo in prosa – e viceversa.

 

Ed è questo il suo sogno,

la sua sempre incostante

e scritta col marmo chiaro magia. 

 

 

 

*

Tutto scorre e tutto brucia

Tutto scorre e tutto brucia 

 

 

 

I

 

 

Un vento è solamente un fiume d’aria

e un fiume non è che un fuoco fluido.

 

Ma aereo o liquido,

il fuoco è sempre eterno

e proprio non ha tempo

per credere a questi

e ad altri insipidi dettagli,

visto che il fuoco è già nei dettagli,

sin da quando, nel buio stellato

della sua officina,

è come scintillato

quel caldo bagliore

che ancora oscilla in ogni cranio 

e in qualsiasi altro cuore.

 

Così, se è vero che tutto è come

immerso in un fiume

che scorre via, lontano da se stesso, 

è anche vero che in quel fiume 

tutto è lava e tutto

brucia di una febbre

che viene dalla vita

e va verso la vita,

perché non è che vita – e perché non è.

 

Visto che alla vita, come al fuoco,

piacciono l’essere e il non-essere

a un tempo e l’essere senza essere

nello stesso luogo.

 

 

 

II

 

 

Il fuoco è sempre eterno,

ma non sempre riesce a respirare

al ritmo del proprio passo

e del suo stesso sangue,

e sono sempre tante

le volte in cui il fuoco

non vive di vita, ma della brace

più grigia

e delle sue ceneri disperse

tra le nausee più sazie

e i più stanchi rimorsi.

 

Però

la lena che riprende

pochi momenti dopo

è legna

umida di benzina,

ed è in questo modo

che il fuoco può di nuovo

tacere le sue colpe

danzando sulle punte

dei suoi capelli alti, rossi e scomposti

dal ritmo del proprio petto

e della sua stessa voce.

 

 

 

*

In riva a questo mare

In riva a questo mare 

 

 

 

La luce era

nel colore dell’acqua

e non del cielo.

Ma non serve a molto

fondersi ora

con la tua continua epifania

che – eccedendo – recede

e risucchia e rigetta,

sensibile, avvolgente

dio, che di nessuno

conti i respiri né riempi

l’animo monco.

 

Ti insegui per sfuggirti

e dopo ti ritrovi

su un tempo di sabbia.

E in fondo anche in te si agita

qualcosa di placido:

nella tua iride immensa

un cielo sottile quanto un soffio

istilla una dolce e azzurra

bugia che – se l’assaggio –

ha lo stesso sapore della lacrima 

di chi si è ritrovato

su questa riva in riva alla tua luce.