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Raccolta di poesie di Gerardo Miele
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

IL Venticello del sud

Lieve,lieve,tutti i giorni mi accarezzava

e intanto mi accompagnava.

Lieve,lieve,tutti i giorni io crescevo e lui volava,

mentre l'anima mia intanto sognava.

Una brezza fra i capelli ogni giorno mi cullava,

specie quando stanco il mio corpo

sotto un albero riposava.

Un riposo ancor più goduto

se a poca distanza udivi lo scroscìo

di un ruscello mai muto.

Anche il cielo sempre azzurro di queste terre

ti rasserenava,soprattutto se a poca distanza

c'era una madre che zappava e intanto ti vegliava.

Come erano belli,come erano senza tuoni

quei giorni in cui crescevi sereno a poca distanza

dai polli e dai pavoni.

Dall'alba ti accompagnava un profumo dolce di papaveri e ginestre,ma,

alla sera,che bello! sentire ilprofumo delle nostre minestre!

Tanto tempo è ormai passato,e quelle sensazioni,

non le ho ancora dimenticate! mai andranno nell'oblio,

perchè sono emozioni che mi crea  solo il paese dove son nato io.

Ora mi trovo a molti chilometri di distanza,

in riva ad un mare pulito,

ma, la brezza e lo scroscìo di queste onde

risveglia il ricordo di quel ruscello mai sopito.

Una bolgia di vecchie emozioni,travolge il cuore

di antiche sensazioni.

Anche il canto dei gabbiani

mi ricorda il verso e la bellezza

di quei pavoni così lontani.

Ora vago con la mente a piene mani,

mentre il sole stà calando in attesa del domani.

Come un fiume sotterraneo

la nostalgia percorre lenta

ogni rivolo sottocutaneo.

Riemerge poi improvvisamente

ogno volta che vecchie sensazioni

ti fanno tremare la mente,

ed allora ringrazi Dio

affinchè il tuo passato non si perda nell'oblio.

*

Ritorno alle origini

Come correva ,allora,fra i campi il fanciulletto,

il grano era maturo e in mano aveva già il falcetto.

Guardava i fiori che si riempivano di colori,

ne immaginava i frutti...così pieni di sapori,

ricordi di un amor ormai  lontano,

mentre ora,  lo sguardo è fisso ,all'ombra di un melograno,

Quanti ricordi gli tornano alla mente

ora che l'anima si pente.

Non vedrà più treni che sfrecciano lontano,

ora vaga con la mente,memtre la nostalgia lo prende.

Ricordi di un paese lontano,

fremono dentro di lui e nel suo sangue lucano.

Ora "dirige" un orticello, mentre più forte si sente

il canto di un fringuello.

La magia di quel canto

interrotto...dal suo pianto.

Riscopre ,ora, un mondo di vecchi sapori

mentre ne ammira ancora i suoi colori.

Anche un germoglio fra la tenera erbetta

fa capolino sognando la capretta.

Questa è la natura,questa è la partita,

tutti siamo in attesa di una nuova vita!

 

 

*

IL viaggiatore

                                              IL viaggiatore

 

Giunge sempre alla stazione con il suo bagaglio in mano

sembra non capire che il suo treno è ancor lontano.

Guarda l'orologio ansimante,

memtre incredulo,ne fissa il quadrante.

Lui ha sempre fretta

ma non si accorge che...

il treno già lo aspetta.

Per fortuna che c'è solo un binario

altrimenti bisognava preoccuparsi di...

un nuovo sudario!

Ora corre,sale in fretta 

quella povera scaletta.

Parte il treno per la sua destinazione

mentre già lui impreca al capostazione.

Sbaglia treno,un qualcosa l'abbaglia

ma anche stavolta il treno non deraglia.

Ora con preoccupazione...

impreca ancora al capostazione!

Cova già la sua vendetta,

ma finalmente ha capito...

che non bisogna avere fretta!

 

                                                          Gerardo Miele

 

 

*

L’ultima lucciola

L’ultima lucciola

Un tempo sui campi andava, nelle sere d’estate danzava, un mondo rallegrava.
Come erano dolci, come erano buoni, quei campi di grano, proprio lì, vicino ai pavoni.
I bambini le cercavono contenti, correvan di notte lungo i sentieri per raggiungere quei lumicini lontani in mezzo alle sementi.
Sempre allegre volavano, nel buio della notte ondeggiavano, serene nello spazio volteggiavano un’atmosfera da favola creavano. Tanti lumicini brillanti come stelline. Delle vere stelle filanti, e i bambini le rincorrevano in tanti.
I tempi erano poi cambiati, i campi velenosamenti concimati. Per sfuggire alla cattiva sorte, si rifugiarono alle pendici di un monte, in attesa della morte
Un bambino le sognava, e di notte ancora le cercava, Poi una lucina in lontananza gli accese una speranza.
Di corsa lungo i sentieri
per arrivar fin lì dove lo portavano i pensieri
Che tristezza sotto quel monte! Un cimitero di lucciole aveva poi di fronte, una sola luce brillava, era l’ultima lucciola che, testarda, ondeggiava; ormai rimasta sola, nel buio della notte si disperava.
Su una strada polverosa, un bimbo tornava a casa, con la sua speranza erosa. Poi un sogno sempre più forte non si arrendeva alla cattiva sorte; la lucciola che amava, forse si salvava. Dentro i ricordi di quell' antica emozione, ora più forte grida, la sua umana disperazione.

*

Il treno

IL treno
Ora fischiando mi sbuffi davanti,
non hai pietà nemmeno dei santi.
Di gente pensosa che non ha voce,
ne trasporti il corpo, e… anche la croce.
Rimbombano i tuoi suoni dentro le stazioni,
rumori di ferraglia forti come tuoni,
tagliano l’aria in tutte le stagioni.
Sbuffi più forte per evitare la morte,
a gente penosa con le memorie corte,
fischiando più forte per evitarne la sorte.
Dentro il tuo ventre di rumori assordanti
trasporti persone dai flebili canti.
Siamo giunti alla meta ,dopo una corsa sornione ,
tu però già riparti per la solita destinazione,
mentre io mi fermo qui’,per sempre,sono già in pensione!
Ho riposto il cappello e il mio fischietto,
quando ritorni,non portarmi più rispetto.
Oramai ti guardo come il miglior amico mio,
il tuo ricordo, non cadrà mai nell’oblio;
come quel treno che un di’ sognavo,
mentre sul ponte dell’Ofanto lo salutavo.
Continua la tua missione,più pesante è la tua croce,
più forte è la speranza di chi non ha voce!

*

Il pensionato pescatore

IL pensionato pescatore

All’ombra di un lago dorato, seduto su una panchina, al sole, sollazzava beato, un nuovo pensionato.
Nell’attesa di iniziare la pesca, i ricordi gli riempivano il cuore, mentre le sue tremanti mani cercavano ancora un’esca.
IL silenzio turbava il suo cuore, poi un rumore di voci lontane, di un nugolo di persone anziane, vecchie come campane, si fermarono sulle vicine panchine, in ordine sparso e pronte a…moine.
Ora all’ombra di un lago dorato, seduti, stanno, altri pensionati, con i loro aspetti curati e pronti a scambiar fra loro consigli aggiornati.
L’ amicizia era il loro forte, le confidenze e le avventure di una volta, ripetevano fino alla morte, sotto lo sguardo indiscreto di qualche loro consorte.
Esperti di tutto sembravano, un dialetto diverso parlavano, e con l’aria da professori consumati, dispensavano a tutti consigli mirati.
Lenti erano i loro movimenti, ma, lucide erano le menti.
Sotto il caldo del solleone, il pensionato che sollazzava, adesso, si agitava, per un pesce che prima luccicava e ora… al suo amo abboccava.
Senza nessuna compassione, prese però, un’infausta decisione: far vedere agli altri tutta la sua arte, e... per attirare la loro attenzione, in alto la preda per l’esibizione. Giù dal cielo scese veloce e senza far rumore, un uccello pescatore, dando in un baleno al povero pesce il suo giusto valore.
Dal cielo l’ultima beffa, il nuovo pensionato, impreca ora , anche il fato per il suo onore…mancato.
La colpa di un umile uccello pescatore, divenne per il neo pensionato, incubo, fonte, e spirito sognatore.Peccato però ,che era l’ultimo martin pescatore!

*

A mio padre

                        A  mio padre

 Anche la tua partita e' finita molto prima,

tutti avremmo voluto che continuasse 

ancora fino in cima.

Anche a te la vita ha riservato un corto destino,

ora riposi lassù e vegli sul nostro cammino.

Un cammino a volte tortuoso

ma il tuo esempio ,a noi,

ce l'ha fatto ancora più glorioso.

Grazie a te,figlio di umile gente,

sempre piu' orgogliosi 

ora ti ricordiamo nella mente.

Ora riposi lontano dalle tue montagne lucane,

l'hai fatto per noi,e per questo ora,

suonano a gloria le nostre campane.

                                                             Gerardo Miele

*

Francesco the best!

                                 Francesco the best!

 

Hai dovuto fare una scelta che mai avresti voluto fare,

ora incredulo galleggi,con i tuoi pensieri,nelle tenebre del mare.

Una persona a te cara ti ha tradito,

mai avresti immaginato che poteva un dì

staccarsi dal tuo dito.

Ora la tua anima è confusa e inorridita

mentre scalpita in attesa di una nuova vita.

L'egoismo di una persona senza cuore

ha pensato al suo benessere e non al tuo dolore.

Hai dimostrato con la tua coraggiosa scelta,

che sei già maturo e vuoi rivivere alla svelta.

Ora sei circondato da tante persone

che ti vogliono e ti vorranno sempre bene,

d'ora  in avanti,non preoccuparti,

penseranno loro a curare le tue pene.

La tua vita sarà meno in salita,

perchè anche noi spingeremo sempre più forte

per farti vincere la partita.

 

                                                     Gerardo Miele

*

L’emigrante africano

                         L'emigrante africano

 

Bolle la savana,si risveglia la speranza,

un eco giunse lì da una campana in lontananza.

La speranza di un lavoro in un paese amico,

a sud di uno stivale,con tanti alberi di fico.

Per lui,abituato a scrutare sempre l'orizzonte

una nuova scelta aveva ora di fronte.

Da sempre abituato a una vita di stenti,

finalmente adesso,forse,poteva cambiare gli eventi.

Quanto gli costò il dover lasciare quei campi ancora da arare,

quella famiglia ancora da sobbarcare,quei luoghi sempre da amare.

Eccolo ora là,sopra un battello,

con il suo misero fardello.

Solo tante speranze si portava addosso,

tali da ricoprire ampiamente ogni suo piccolo osso.

Eccolo di nuovo là,a scrutare l'orizzonte...

fino alla riva dell'isola che aveva ormai di fronte.

Come un pulcino indifeso e bagnato

eccolo ora là finalmente arrivato.

Con le gocce di mare ancora sulla fronte,

lo investiva una bolgia di divise urlanti,

e già rimpiangeva il barrito degli elefanti.

Quanti sforzi per ribaltare tutte le avversità

che gli vennero di fronte,ma, una piu' dell'altra

gli si paravano davanti come un monte.

Scopre ora tutto un mondo di avarizia,

ed eccolo là,a cercare qualcosa da mangiare

fra i bidoni dell'immondizia.

Quanto spreco avvertì intorno,

tutto ciò che a lui mancava...

dentro quei bidoni si trovava.

Mentre con le sue mani nere,fra quell"oro",cercava,

faceva capolino solo il sorriso e la pietà di un bambino che lo guardava.

Uno sguardo curioso e profondo

verso di lui che veniva da un'altro mondo.

Anche la sfortuna di un cibo avariato,

ed eccola ora là per terra,prima contorcersi

e poi sdraiato,adagiato su uno sporco e bollente selciato.

Sotto il caldo del solleone, in un mondo idifferente,

il suo sguardo nero e lucente, lì per terra ora riposa,

fra l'indifferenza della gente e la pietà di una misera rosa.

Con gli occhi sereni nella sofferenza sognava,

la sua terra lontana che tanto gli mancava.

Poi un urlo straziante, di dolore profondo,

di una mamma lontana,

arrivò fino a lui dalla lontana Savana.

Ora riposa in un paese..."amico",

a molti chilometri di distanza,

sotto l'ombra di un albero di fico.

 

                                                           Gerardo Miele

 

 

 

 

*

La vita

                                             La vita

 

Troppo corta la vita

troppo corta la partita.

Un alito di vento appena ti sfiora

che già la tua vita annuncia che è l'ora.

Un tempo passato troppo in fretta

ognuno la sua montagna ha scalato

ed è già sulla vetta.

Una panoramica di sguardi 

sul tuo tempo passato

e ti accorgi come la vita

ti ha pian piano abbandonato.

Ora discendi in fretta

la tua partita è finita

è l'alba di un nuovo giorno

e di una nuova vita.

Ogni vita non è stata perfetta

ora che il corpo riposa in pace

sotto un pezzo di brulla terra

e la resurrezione aspetta.

 

 

 

 

*

IL vecchio capostazione

                            IL vecchio capostazione

 

Solo il cappello non gli faceva difetto

ma...addosso a quel vecchietto

ne addolciva lo sguardo e anche l'aspetto.

Le rughe gli rigavano la fronte

sopra divise linde sempre pronte;

testimoni di tempi passati

a suonar fischietti a treni ormai andati.

Come sono lontane le prime emozioni

quando si accingeva a licenziar treni

per conosciute destinazioni.

Ora immobile aspetta

con in mano la sua paletta.

L'ultimo treno dalla curva svetta

fischiando frena,e il suo segnale aspetta.

Poi la sua gola si fa stretta

mentre alza l'ultima paletta.

Uno stridio di ferraglia e...

anche stavolta il treno non deraglia,

e per premiare la sua precisione

il treno fischia,salutando il capostazione.

Pensa a casa,a chi l'aspetta,

mentre abbassa la paletta.

Poi un cupo dolore al petto,

mentre depone il suo fischietto.

Poi gli amici,qualche lacrima,e un'ovazione,

fa tremar la pelle a colui che va in pensione.

Ora i colleghi gli cantano canzoni

mentre il suo corpo vibra

sotto una pioggia di emozioni,

che gli saturano i bronchi e anche i polmoni.

Il nuovo giorno senza la sveglia

non gli pareva normale e ora...veglia.

Pensa al suo posto,alla sua postazione,

domani non ci sarà più il capostazione.

Ora "galleggia" sopra i divani,in attesa del...domani.

 

 

 

*

Chiamami ancora,nonno!

                                    Chiamami ancora,nonno!

 

Io che ero preoccupato,già se mi mancava il fiato.

Stavo sempre a rinverdire,quel mio corpo da ringiovanire.

Mi guardavo meno allo specccchio,per non sentirmi vecchio.

Anche se l'età avanzava,cercavo sempre un qualcosa che la ritardava.

Ma un giorno,che delusione,una notizia mi gonfiò il polmone.

Una figlia mi annunciava: che la famiglia aumentava.

Non volevo capire,davo la colpa al troppo sonno, non volevo diventare nonno!

Troppo presto mi sembrava,che un bambino,nonno! mi chiamava.

Fino a quando non ha parlato,troppo freddo ci ha separato.

Ora che mi chiama,nonno! avverto un'emozione che mi rientra nel polmone.

Adesso,anche la figlia benedico,per quel bimbo che ora prediligo.

Lui sì,che mi crea sensazioni,e mi fa vivere sconosciute emozioni.

Che bello, ora, sentirsi chiamare,nonno! da un bimbo perso nel sonno.

Quante cose gli vorrei dire, ora che lui mi sta a sentire!

Quante cose gli vorrei dare,ora che lui mi stà a guardare!

Ora mi tiene per la mano,e a guardarlo mi emoziono.

Prima che la vita mi porti lontano,fra le braccia del mio bisnonno,

ti prego,chiamami ancora,nonno!

*

IL passero canterino

Sopra una pianta di melograno allegro volteggiava,

sfiorando quei fiori color vermiglio,la primavera salutava.

IL suo canto gaudioso,rendeva il mio respiro ancora più affannoso.

Immerso nel dolore fra la mia gente,

mentre ricordi di antiche primavere

mi tornavano alla mente.

Oh! come cantavo anch'io sotto l'ulivo

mai avrei pensato che da lì a poco morivo.

L'amore certo non mi mancava

mentre una mano amica già l'assottigliava.

Ora guardo il mio amico di fronte e...

mentre ascolto il suo canto

più forte di me arriva il pianto.

IL suo cinguettare così allegro e profondo,

rallegra la primavera,ma non me,

che adesso vivo in un altro mondo.

E mi sovviene il ricordo del mio amaro destino

fà che non sia così, anche per questo mio amico canterino.

Rallegri la vita col tuo canto armonioso,

lo fai anche a me, che ora ti guardo pensoso.

Dio ti protegga  da un gesto insano,

ora che canti sopra una pianta di melograno!

*

Mamma!

                                                 Mamma !

 

Parli,parli,e non dici niente,

perchè la mia mente è persa

dietro ai ricordi della mia anima tersa.

Mi rincuori,mi consigli,mi riempi di premure,

solo tu sai capire il mio cuore pieno di paure.

La paura di un cuore tradito mi tormenta,

è sempre lì,appena un pò sbiadita,

in attesa della vita.

Poi un silenzio di sguardi persi

mentre rallegran la primavera 

un nugolo di uccelli con i loro versi.

IL tuo respiro,ora affannoso,

rende il mio dolore ancora più increscioso.

Allevian il mio dolore i tuoi sguardi mai vinti,

mentre le mie mani passan nei tuoi capelli stinti.

                                                                     Gerardo Miele

*

IL barbone

                                                 IL barbone

 

Lo sguardo fisso e assente

sul suo disordine,in mezzo alla gente.

Una gente sempre di fretta lo sfiora,

mentre la sua mano e' protesa già dall'aurora.

Non si stanca mai di chiedere un gesto d'amore

a persone che gli sembran lontane dal suo grande dolore.

Sempre assorto da chissà quali pensieri,

ora fuggon da lui, veloci come levrieri.

Poi ritornano piano,piano,in quella mente,

mentre il suo sguardo ritorna fisso e assente.

Si consola bevendo a piccoli sorsi una bottiglia di vino,

mentre con l'altra mano accende un'altra sigaretta

pensando al suo destino.

Un destino amaro lo ha deriso e...ora,                                                                   sogghigna sarcastico sul suo sorriso.

Una vita vissuta senz'amore e di stenti,

lo condanna anche ora che ride senza denti.

Una pena guardare quell'anima sopina,

mentre ,forte,  si sente un odore di orina.

Ora si accartoccia ,fradicio, fra i suoi cartoni,

così la notte e il freddo gli sembrano più buoni.

Si risveglia.Per tutti è l'alba di un nuovo giorno,

niente cambia per lui,mentre il mondo gli gira intorno.

                                                                               Gerardo Miele                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

*

L’indigeno lucano

                                        L'indigeno lucano

 

Su strade polverose,su aride mulattiere,

attraversando torrenti morti,

all'ombra di montagne inerti,

in groppa ad un asinello andava,

un ammasso di vestiti stinti

che sotto il solleone lento ciondolava.

La speranza era il suo forte,ma...troppo lenta

 andava,mentre intanto lui sudava

e sopra un campo arava.

Quando tempo era passato

senza aver mai tirato il fiato,

si accorge solo ora, che le sue forze

lo hanno abbandonato.

Giace lì a terra inerte,

sopra un cumulo di foglie morte,

fra fiori variopinti ,                                                                                          con i suoi vestiti stinti.

Lo sguardo alle sue montagne,

che non avrebbe più riviste,

mentre una nenia di paese

aleggiava sul suo sorriso triste.

Sotto i raggi del solleone il suo corpo ormai traslava,

mentre il canto di un pavone nel silenzio lo salutava.

Come sono amare quelle terre,

come sono chiuse quelle porte,

l'indigeno lucano,ora abbraccia quelle terre

nella sua cattiva sorte.

                                  Gerardo Miele

 

*

La pianta di lillà

                                             La pianta di lillà

 

Non sento ancora il profumo dei tuoi fiori bianchi,

ma già rallegri i miei pensieri stanchi.

Ti guardo,immagino già i tuoi fiori lilla,

quando profumeranno l'orto della villa.

Un susseguirsi di voli sopra i tuoi colori,

cinguettano felici a poca distanza dai miei dolori.

Peno ancora,mentre la mente,

è in attesa di vivere fra la gente.

Guardo i tuoi fiori, guardo i tuoi colori,

mentre il tuo profumo mi risveglia dai vecchi torpori.

Questa e' la natura,questa e' la vita,

mi rialzo in fretta e mi rigioco la partita!

 

                                                                 Gerardo Miele

*

Biancospino

Ritorno nel borgo dove un di' andavo, e

con la madre di mio figlio,felice,sognavo.

Quanti ricordi mi tornano alla mente

ora che,solo, mi avvicino alla sorgente.

Non riconosco piu' il vecchio borgo di allora,

eppure niente e' cambiato,tranne l'amore e l'ora.

Troppi colori rivedo spenti

ora che l'anima si pente.

Una nenia di paese piu' forte si sente,

 aleggia ora sopra di me' e su quella gente.

Non e' piu' il mio caro borgo antico,

piange anche lui, colpito da un fuoco amico.

Poi un profumo di Biancospino lontano

risveglia il ricordo del mio paese lucano.

Solo adesso impreco al destino,

che mi ha portato fin quà,

all'ombra di un Biancospino.

 

                                                          Gerardo Miele