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Raccolta di poesie di Giacomo Coniglione
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Per questo e nulla più ...

per questo- e nulla più-
è necessario vivere
nella dolenza dei corpi
martoriati dalla dittatura
del gusto, dal sapore estetico
di una breve ridondanza
 
nel dinamismo dell’attimo
occorre procurare velocità
per inzuppare l’amaro ricordo
- è greve, più che amaro-
di un’esistenza vissuta
da lontano
 
con gli occhi stralunati, spalancati,
nell’attesa di un gesto esagerato
che tacesse le remore del tempo
 
a me la vita è aliena
nelle sue forme più generose
perché l’angolo di conformazione
è impostato a novanta gradi
(g.c)

*

A Giulio Regeni

to Giulio R.
 
Madre attende, risposta tace:
pace non trova dignità di padre.
Fiumicello in piena, Cairo d’Egitto,
Caino rinnova antico tranello
 
e sei libero, e uomo ancora,
-ché schiavo, invece, va in fondo-
Tu scrivi, vivi e attardi l’ora:
sorriso brilli su tutto il mondo
 
             ed è Trieste l’Italia,
            (Trieste e una donna)
            Trieste è una Pasqua
 
           « o Gens Iulia, onora il vero:
            reggi orgoglio e nero arnese.
            Memoria giova in Farnese»
 
 

*

Alla luna

Alla LUNA 🌜
 
Luna, di grazia plena, e nascosta
orson, dolce imbarazzo, alterna,
fungi, fingi e fai di speme tramite,
saluto rendo a fine sera
 
(per caso Nizza, e fato amor 
schiuse e inchiuse fortuna, il tornar
bisogno, come partir necessitade)
 
E il cuor è sì fatto bandolo: o sasso
o carne è ipoteca e scandalo
 
         

*

Fuori nuvola di cotone e bacio...

fuori nuvola di cotone e bacio
di un sole che tentacoli
fa ogni mio abbraccio
(e di nuovo piove)
 
è Catania puttana a morsi, 
traditrice e complice, suo mare 
sputo in inverno che si ghiaccia, 
suo vulcano porta senza mandata
 
(sei fiore sfuggito al mio deserto)
 
- e passerò inverni a disegnar canzoni
 
 

*

Quaranta, e la bilancia il doppio...

quaranta, e la bilancia il doppio, 
ladroni sott'olio e adolescenza 
in poppa, Shahrazād si salva, 
il mio cuor si imbratta 
 
(e nei bilanci la ragioneria
è inganno, il cuore un dardo,
abbatterò muro attorno,
ricominciare è vanto)
 
     - ad East Side ebbi singulto 
in cuore, spegnersi di candeline: 
amor che funge e finge, progenie
indanna e sangue punge

*

Narciso

Narciso 
 
mi ucciderai nel sonno, 
in un momento di delicatezza, 
nel frastuono di un ricordo 
accantonato, alla ricerca 
di un gancio nel passato
 
verrai a strascico, col faggio
in mano, un occhio stralunato, 
il biancospino dei capelli,
il girovita a caffettiera
 
mi ucciderai amandomi
di nuovo, in un abbraccio 
che recupera il silenzio, 
io Romeo e tu Giulietta
 
 

*

Ciascuno a suo modo ...

"ciascuno a suo modo, e ogni parola 
vocabolario, e un suon non fa musica 
e non armonia che credevamo eterna:
trentatrè, anni di Cristo Signor
 
e l'autostrada, poi, una sola
accelerazione, e son passati dieci, 
e fu umiliazione, disonore:
tu voluta disattenzione
 
e non basta google traduttore,
in questo amore a intermittenza
il cuore è grande traditore
 
e dolor ci disperse, tu nell'incanto, 
sterile fior, io in canizie, altra 
trasfigurazion; e a ciascuno il suo"

*

A Pier Paolo Pasolini

to PPP
 
" materno grembo, lego al vento
e lirica libera orgasmo
- chè divenni uomo più che creatura,
profeta più che scrittore,
manicheo per vocazione,
eretico per professione
 
e fui uomo, battezzato in Tevere
-Roma, babele a cielo, lacera
e sconosciuta- e lì abbracciai 
fede e sublimai canto:
 
<Non credo in un Dio padre
onnipotente bensì nell'uomo
-portio suae craturare-
nelle contraddizioni e istinti
che l'adstrato piccolo borghese
move a soffocare, e la sua chiesa
che usignol non fa cantare>>
 
e fui uomo, ancella di sottoproletariato, 
schiavo complice amante
di una purezza del tutto animale
 
e fui puro e virile, vergine
e meretrice, e addossai colpe
redentrici,
 
e fui eletto al barbaro
consesso, liet-motiv di scandal 
eccesso:
 
<< Costui ingiunge al vero e recide
il falso, e come un santo non teme 
il diavol;
costui professa amor e non teme 
il sacco>>
 
e fui uomo senza gancio, mosso 
a compassione del fatal
inganno
- chè democrazia è tarlo
e per questo parlo
 
( E continuo a guardar dall'alto)

*

In memoria


Prima notte illune e incolore

- il chiasso del tuo sorriso

non fa più dolce primavera-

e si fa tutto di grigio il cuore.

 

(Il viso bagnato dalla pioggia

e quel trucco, rivolo di sangue)

Anche se cadesse neve, nero

resterebbe il fango della follia.

 

Quand'anche soffiasse forte,

morte suonerebbe il vento:

silenzi che diventano lacrime

affogano anche la prossima estate.

 

E tu, giovane donna, consacrata

al gusto vero di democrazia

brindi all'ingiusto martirio,

- il calice, fino alla feccia,

ebbro di autentico perdono.

 

 


*

Questa gioventù....

Questa gioventù, becera
e bigotta, straniera,
a me ostile, alcune volte
spontanea, altre affettata,
refrattaria,
appassionata di volgarità,
artefatta,
a tutte le ore indomenicata,
dalla faccia ricamata
ed efebica.

Questa gioventù vicina
ma distante,
diversamente da me pulita,
profondamente ligia a se stessa,
alla sua istintività
che la fa selvaggia e corruttrice,
cacciatrice,
extraterrestre e non più urbana,
ignorante.

Questa gioventù malata,
informatizzata e ignava,
è a me negata,
sfuggevole
come cirro nel vento,
come il secondo nel tempo.

Questa gioventù santa
ma colpevole perchè corruttrice,
meretrice,
quest'oggi è a me fine.


*

Questa gioventù...

Questa gioventù, becera
e bigotta, straniera,
a me ostile, alcune volte
spontanea, altre affettata,
refrattaria,
appassionata di volgarità,
artefatta,
a tutte le ore indomenicata,
dalla faccia ricamata
ed efebica.

Questa gioventù vicina
ma distante,
diversamente da me pulita,
profondamente ligia a se stessa,
alla sua istintività
che la fa selvaggia e corruttrice,
cacciatrice,
borghese e non più proletaria,
ignorante.

Questa gioventù malata,
informatizzata e ignava,
è a me negata,
sfuggevole
come cirro nel vento,
come il secondo nel tempo.

Questa gioventù santa
ma colpevole perchè corruttrice,
meretrice,
quest'oggi è a me fine.

*

Idiosincrasia


Accarezzo il rasoio dell’ira
con l’astuzia di un matto. Tu godi
nel vedermi avviluppato
nella risacca della gelosia.
Nulla rimane degli spruzzi di calce
che abbelliscono il tuo sepolcro imbiancato,
sordo muscolo in cui pompi fiele.

Alla mia morte perpetua l’assenza
coi fiori e con un orologio a pendolo
che ti ricordi l’idiosincrasia dei due cuori.
Ciononostante continuo a singhiozzare
il tuo nome e ad alimentare
la brace con le mie lacrime.

*

Amori intransitivi


Ho bisogno di legare il mio nome
al tuo, distillare questo amore
intransitivo
alla voluttà delle tue forme.

È da lì che parte la conquista
ed è lì che claudicante cerca
conforto il cuore. Potessi scioglierti
fisserei ogni goccia del sudore

sulla mia pelle che freme:
è l’attesa del sentimento
postdatato
a consumarmi. Lo sai:

non è il momento opportuno
per affidarsi alle banche.

*

Per di più è sbagliato

Per di più è sbagliato scindere
il tempo dall’oggetto: si brinda
con zucchero filato mentre le macerie
invocano giustizia. A ricomporre

quel puzzle si finisce col coltello
in mano e non è follia il tentativo
di nobilitare il resto. Non io ho voluto
cercare l’antidoto alla noia;

la prescrizione del medico parlava
chiaro: abbisognavo di endecasillabi
sciolti per rientrare nella tua vita
che alterna pertugi e ballatoi.

Si sa: il mestiere del vivere non è adatto
ai gommisti. Eppure la bocca tradiva
un emozione e del no restava poca cosa.

A chi sa vedere nel nulla il tutto
i fazzoletti serviranno ad asciugare il fango
delle ferite non cicatrizzate.

*

Delitto preterintenzionale

Un tempo non sarei mai sceso.
Mi sarei sentito complice di un delitto
contro la coscienza. Oggi, invece,
procedo tra serpi mentre cicale
rompono l’aria con garrule note.

(Dio ci punisce con le nostre stesse virtù),
anestetiche emozioni non so decifrare.

Se mai le tue labbra mi sorrideranno
sarà perché hai imparato a fare
la scriminatura alle mie ferite.

Tra saline ricerco frammenti di vita in quest’inverno
che non fiorisce estati lontane.
Non dà tregua il vivere.

Continuiamo a morire a rate
senza la saggezza della vecchiaia.

*

L’ammorbidente

Pertanto rimane la scorza del melone
a testimonianza di un'estate
consumata soprattutto in spiaggia
a cuocersi al sole.

E ripercorro i ciottoli di Trezza
e li conto ad uno ad uno
come a costruir castelli.

Di sciara i pensieri,
distillati come gli alberi d’autunno.

Tu che mi rincorrevi
invitandomi a rimaner a galla.

Proprio me che il morto
riesce meglio sulla riva.

La mia vita è stanca di centrifughe
ed attende solo l’ammorbidente.

*

Italia mia


E ti calza a pennello il diadema

alpino a renderti bella Gioconda,

superba Roma imperiale. Bagnata,

mai sazia di pasta, a Pisa

pendente ma mai spezzata, corrotta

nella sua politica, ora laica

domenica nella sua fede calcistica.



Al bivio campano crocifissa,

derelitta negli sbarchi sull’isola,

prendi a calci quella Trinacria

che, con slancio pressoché solenne,

si sforza a diventare Italia.

*

Parodia de La pioggia nel pineto

Piove sul favo stillante la rugiada mattutina,
la trasparente luce che infonde iride alla tetra
muscolatura di ogni piccolo pollone. Piove
di nuovo sul lastrico. Muove linfa nei capillari
irti degli sterpi e su questi secchi pieni
del nostro madido sudore, o Ermione.

Piove su questa altura e su queste mura
che non proteggono dal solleone e dalla umidità.
Piove sui giovani di vecchie speranze, impiegati
ad ingrassare i tarli dell’offerta. Piove
la grigia cenere sul fuoco spento della notte
e sulla gravida terra e muove le uniche foglie
sopravvissute al rogo del giorno. Piove
un respiro che di notte si fa pianto amaro,
singulto atroce e fiati sprecati.
Piove sui ricordi muscolosi del campione.

Avanzando, i fotogrammi si fan sempre più nitidi
perché coperti di un grigio silenzio,
che profuma di muffa e carbone.

Come di te, ho bisogno di scompaginare la realtà
di questi fogli bianchi che adombrano il mio scrittoio.
Inizia il calvario delle mie crocifisse verità
dove finiscono le tue bugie di cuoio.

*

Fette di pane


Io ti amo eppure soffro in silenzio
facendo il paggetto al tuo matrimonio.

Di tulipani e di gigli è arricchita la chiesa
ma nessuno profuma di me.
Nessuno traduce in colore
il dolore di un uomo che vede il tramonto.
Di un uomo che non è Giosuè.

Le mie fette di pane non ungi di marmellata
e ti accontenti
di briciole.

Neanche il cane lecca le mie ferite.

*

Supplica



Erigi un campo di grano
che dia germogli
in questa primavera senza rondini.

Il profumo santo della vita acceca
e ferisce, dissipa ed esalta
la ruggine del mio cuore,

ferito da spine di rovi e da corvi
che beccano il putrido grasso
che rischia di evaporare.

Non mettere le calze agli aironi
ora che hanno scoperto il fango
del tuo silenzio.