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Raccolta di poesie di Ketti Martino
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

da Il ramo più preciso del tempo. Oèdipus, 2018

Così fallimentari le palpebre si chiudono.

 

I mattoni, allineati nella loro permanenza,

hanno nobiltà di porcellana.

 

Domani, la casa sarà un'isola,

un travaso di silenzio e di rovine.

 

La vita promessa è una fucina di casualità,

un simulacro di privazione e rapimento.

 

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Sul volto, la casa scioglie l'ingombro

rappreso del brusio. La febbre che fonde

negli avanzi dice che l'azzurro è ubriacatura avara.

 

Per vocazione, le luci della sera

hanno la benevolenza primitiva dello spazio.

 

Poi, quando si spegne, la casa cambia pelle

e trema.

*

Cupressus

Cupressus

Spogliami e fammi brezza in aridità di cibo,
gheriglio fradicio, maglio uncinato proteso
verso il cielo:

accolgo l’amplificazione di questo ventre
lo spasimo di chi per nascere
è stato partorito con dolore
e per morire ha soffiato i gemiti del mare.

Inutile cima a fermare il vento,
copro i papaveri con l’abbraccio corto
che tiene le fratture in gola. Mentre
la luna d’acqua s’alza, grigia piuma
a tenere il canto, nelle metamorfosi
di cento arbusti è il mio segreto
e nelle radici il raggio profanante
che buca la memoria.

Se i muri avessero anche un solo gesto,
direbbero che è silenzio obliquo
il pianto degli umani, oscillazione
di una giostra in un’ora qualunque
del meriggio.

Direbbero che è vita navigare nei dettagli
scivolare nell’ignoto. E marmo è il fuoco
che ci osserva offeso; polvere, il verde
che colora le mie vesti.

Vita è la pastura sciagurata della sera,
di fogliame e lacrime concime.

*

da I poeti hanno unghie luride, Boopen. 2010

Scivola la voce nel dire, nel non dire

di vocali e consonanti

accarezza soggetti e desinenze

romanza sinonimi essenziali.

Aggiunge verbi, sopprime articoli.

Accantona gli aggettivi nello sgabuzzino

e striglia i congiuntivi arrotolati sulle dita.

Rimescola gli avverbi coi pronomi

in un valzer che sa d’amore e luce.

Scorre sulla lingua il tempo,

fa luce al desiderio, ripiega l’ombra

ed è concetto

idea

soluzione ultima

esaltazione.

È poesia.

 

*

 

La mia vita è un quartiere sgombro ingoiato dal silenzio,

landa genuflessa senza lavori in corso e strade parallele

abitacolo sventrato con abiti dismessi, impolverati

e quelli ancora nuovi già invecchiati.

Ho traslocato mille volte da me stessa,

e sempre son tornata, con rime mal cucite

e un Golgota sedato dentro al cuore.

Taccio per uniformarmi allo sgomento

rivestire i luoghi

svuotare due bagagli.

 

*

 

È immerso nella nebbia il letto,

pane dimezzato in un sorriso senza varco.

Sognare mondi infermi è pazzia

restare in equilibrio sopra i tetti è follia.

Mi industrio a ricoprire lembi,

cucire pelle con mastice e saliva,

nascondere capelli bianchi e ruggine.

Eppure sono ancora io in quello specchio,

deforme e concava è perfino la mia ombra:

lamina essiccata divenuta tana.

*

da Del distacco e altre impermanenze, LVF. 2014

Quale fosse la dea che mi portava al giorno,

non mi è dato sapere

ma ricordo il bianco dei tuoi occhi al cielo,

contro i palazzi. E le pupille

a fissare l’ultimo fermo-immagine.

 

*

 

Ai margini, dove tracciavo l’invisibile tragitto,

il vento ancora supera le idee.

In quella solitudine che non implora cibo,

per occupare meno spazio al mondo,

me ne sto col foglio bianco sulla soglia:

il naso, ricettacolo di sangue e abissi,

punge come scricchiolio di ossa.

Approdo al suolo, priva di memoria.

La vita vive in altri luoghi.

 

*

 

Quando di te avevo in me il risveglio

e nell’occaso le braccia forti,

potevo stare sulla terra senza precipitare,

a seminare, a cogliere tutte le stagioni.

           (Esisteva un tempo di perfezione e in quello vissi)

Ora che sei riflesso solo nell’autunno,

un dialogo contumace copre i giorni:

come essere inseguiti eppure fissi.