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Stanco Sud.
Non cambia niente qui al mio Sud, tutto è immoto,
e quello che scorgevo, scorgo ancora:
soliti fichidindia, olivi e viti,
le madonne issate in processione,
i giganti nelle fiere paesane,
tarantelle, fisarmoniche e ‘nduja …
son mescolati a Jeans Dolce e Gabbana,
Suv, I-phone, I-pad e borse Armani.
Ecco poi, nelle fiumare avvelenate,
le carcasse d’auto incenerite,
il pianto d’un agnellino sperduto,
il folle frinire di cicale.
Regna sovrana la turpe indifferenza,
se mi concentro stordimento m’assale,
e colgo intorno a me desolazione:
zappe lasciate su zolle inaridite,
spaventapasseri senza più un sorriso
migranti che imprecano tra le arance marce,
uccelli senza voglia di cantare.
Non cambia lo scenario qui al mio Sud,
il progresso è solo un triste inganno,
falsità da comizi elettorali,
d’un Cetto Laqualunque e vai, cumpa’!
Hanno sepolto con quintali d’amianto
con fusti radioattivi e altri relitti,
i nostri miti e al posto di briganti
affaristi politici corrotti, faide ‘ndrine e
selvagge mattanze, coi kalashnikov al posto di lupare.
Non c’è più posto per fiabe e leggende,
… dov’è sortita la fata Morgana?
Ed il Vizzarro … chi sarà mai costui?
I nostri focolari sono spenti,
i proverbi … chi li rammenta più?
Senza pubblico i vecchi cantastorie,
nonne senza favella … dove “la favola bella”?
Bambini che non tremano per l’Orco,
ma per un tablet scarico, stop al game.
Senza timore, lungo lo Stretto, vanno i tonni
ché ormai rais non ce ne sono più.
Non cambia nulla, è solo una chimera,
non lo vedo il cammino della Storia,
e i suoi fantasmi sono fuggiti via
verso Olimpi, Nirvana e Walhalla
pure loro stanchi del mio Sud.