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Raccolta di poesie di Matteo Veronesi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Cinque poesie di George Pasa

George Pasa, poeta rumeno, esperto di letteratura russa, traduttore di Esenin, un poco appartato rispetto ai grandi centri della vita letteraria, autore solo negli ultimi anni di quattro esili raccolte di versi, sembra riuscire a fondere in sé una duplice vena, una duplice sorgente d'ispirazione, proprio come quella «sorgente del tutto», «Izvorul a Toate», da cui trae nutrimento: da un lato, si potrebbe dire, la grande lezione di Nichita Stanescu, per quell'impareggiabile capacità di tradurre il dato naturale, il germinare e il pullulare della materia vivente, in sostanza verbale, in oggetto e materia di elaborazione letteraria, con quell'elemento di baudelairiano surnaturalisme che inevitabilmente ne deriva; dall'altro, forse, quasi allontanata o rimossa, l'ombra di Lucian Blaga, con quel suo senso panico, quasi panteistico della forza vitale che permea tutto il vivente e da esso si trasmette, si trasfonde e riversa nel discorso del poeta.
Ma si stende anche, sui versi di Pasa, il velo di una, per così dire, metaletteraria malinconia, dettata dalla consapevolezza che la pagina del poeta fissa in parole e segni, essi stessi perituri, una realtà e un mondo di sentimenti e di visioni anch'essi transeunti – mentre la Sorgente del Tutto continuerà, impassibile, a far scaturire correnti d'esistenza, a cui si contrappone, eterna, impassibile, la serenità quasi brancusiana della pietra.
E, ancora, simbolo malcerto della poesia e della sua condizione esistenziale, la figura di Ovidio, archetipo del poeta esule, perso fra i ghiacci, le tempeste e i suoni aspri di una lingua incomprensibile – così come esule, benché trasognato, ironico, quasi incredulo, è il poeta, smarrito nella realtà e nel linguaggio.

 

(introduzione e traduzione di Matteo Veronesi)

 

studio celeste

 

non aspettare colori inauditi
o un maestro che passa
di colore in colore,
qui c'è solo il fumo che sprigiona
l'ardere a un fuoco quieto
qui c'è solo il segno
che l'arte ha denti splendenti,
che mordono solo nel mezzo,
con il vantaggio d'essere il principio.

non esistono testimoni,
solo il restare sospesi nei pensieri
e il pennello che accarezza il legno
con ostentata dolcezza.
Nulla cade di sbieco,
solo di tanto in tanto
si gettano le scaglie,
perché sia pulito,
come prima di un'esposizione di sogni.

 

atelierul albastru

 

nu aştepta culori nemaivăzute
sau un maestru ce trece
din culoare-n culoare,
aici e doar fumul pe care-l face
arderea la un foc potolit,
aici e doar semnul
că arta poartă dinţi strălucitori,
muşcând numai din miez,
cu avantajul de a fi începutul.

nu există vreun martor,
doar s(t)are pe gânduri
şi penelul mângâind lemnul
cu duioşie făţişă.
nimic nu cade oblic,
doar din când în când
se mai aruncă molozul,
să fie curat,
ca înaintea unei expoziţii de vise.


Tempo di rimpianto

 

Dovevi essere le mie mani,
splendente sulla scala dell'assenza,
venire in pienezza lungo la via dell'attesa,
perché neppure un mattino mi destassi
senza sfiorare le tue palme.
Ora i frutteti si vestono di fiori
per altre ondivaghe illusioni;
io passo senza accorgermi del nettare
in cui la primavera ha mutato la propria bellezza,
il cielo limpido spento nell'azzurro,
non vedo che cenere a memoria del fuoco.
Senza rimpianto, presto sarà sera,
sapremo di non essere stati che ombre in un sogno insidioso,
per questo tutto ci duole, tutto ci grida in una sola voce:
«È il tempo per l'amore, è il tempo di ricordarvi
che tutti gli istanti hanno gemme e fioriranno per voi.
Passerà ad altri il vostro splendore, l'appassire
è l'ultimo confine prima della notte. Nulla va perduto:
il tempo ha memoria per tutto ciò che esiste.
Tenetevi saldi: passate per una stretta cruna,
e in equilibrio è il tempo del rimpianto».

 

E timpul pentru dor

 

Trebuia să fii mâinele meu,
strălucitor pe scara absenţei,
cu plin să vii în calea aşteptării,
nicio dimineaţă să nu mă trezească
fără mângâierea palmelor tale.
Acum înfloresc pomii pentru alte iluzii hoinare;
eu trec fără să iau în seamă nectarul
în care primăvara şi-a trecut frumuseţea,
limpezimea cerului stinsă-n albastru,
văd numai tăciunele ca amintire a focului.
Fără dor, va veni mai curând înserarea,
vom şti că n-am fost decât umbre într-un vis lunecos,
de-aceea toate ne dor, toate ne strigă-ntr-un glas:
„E timpul pentru iubire, e timpul să v-aduceţi aminte
că toate clipele au muguri şi vor înflori pentru voi.
Strălucirea voastră va trece în alţii, veştejirea
e ultima barieră înaintea nopţii. Nimic nu-i pierdut:
timpul are memorie pentru toate cele ce sunt.
Ţineţi-vă bine: treceţi pe o punte îngustă,
şi-n balans e timp pentru dor”.


Pietra dolce

 

Le ore, fissate con chiodo d'argento.
Il pedale della dimenticanza, calcato fino al rifiuto.
Fra i rumori, il silenzio come un uccello del cielo,
fermo alla fonte per addormentare l'istante.

Di tutto ciò che hai avuto,
non ti è rimasto che un piccolo cerchio di pietra
a cui intrecci il filo delle storie.
Sai che ha soltanto un'imperfezione l'erba:
prende la forma dei nostri corpi perituri,
poi dimentica il nostro passaggio.

Se l'oblio è la legge che il sonno
fila per noi dal giro delle stelle,
se dici “mai” quando sogni in eterno,
allora esistono anche ore impossibili,
che lasci vagare libere tra elefanti d'argilla,
allora esiste una cera con cui si modella
anche il nostro corpo prima di farsi scoria.

Tu resti una pietra dolce
su cui l'amarezza non ha intonato il suo canto,
pietra lasciata nel sonno della pietra.

 

O piatră dulce

 

Orele, tintuite în cuie de-argint.
Pedala uitării, apăsată pînă la refuz.
Printre zgomote, linistea ca o pasăre a cerului,
oprită la izvor s-adoarmă clipa.
Din tot ce-ai avut,
nu ti-a rămas decît un cercel de piatră
prin care îti treci firul povestilor.
Stii că iarba are doar un cusur:
ia forma trupurilor noastre pieritoare,
apoi uită că am trecut pe acolo.

Dacă uitarea e legea pe care somnul
ne-o toarce din rotirea stelelor,
dacă spui niciodată cînd visezi totdeauna,
atunci există si ore imposibile,
pe care le lasi să umble libere
printre elefantii de lut,
atunci există o ceară din care se modelează
si trupul nostru înaintea trecerii-n zgură.

Tu rămîi o piatră dulce
pe care amarul nu si-a exersat melodia,
piatră lăsată în somnul de piatră.


Ovidio

 

e se il simbolo della poesia fosse Ovidio
e se le mie stagioni si chiamassero
sogno silenzio tristezza e amore
e ancora il vento che batte nei vuoti della vita
vanità
allora perché non dovremmo anche noi dirci
esploratori dell'ignoto
poveri buffoni che rubano incantesimo all'istante
e poesia alla notte
e se il simbolo della poesia si chiamasse
Ovidio

 

Ovidiu

 

şi dacă simbolul poeziei ar fi Ovidiu
şi dacă anotimpurile mele s-ar numi
reverie tăcere tristeţe şi dragoste
iar vântul ce bate-n pustiurile vieţii
zădărnicie
atunci de ce nu ne-am numi şi noi
exploratori ai neştiutului
sărmani bufoni ce fură-al clipei farmec
şi-a nopţii poezie
şi dacă simbolul poeziei s-ar numi
Ovidiu

 

Tutto vive

 

Poiché ti sento qui,
o Sorgente del Tutto,
mi scrollo via il mantello dalle spalle
su cui cadono le pietre degli istanti,
lascio che mi lavino le piogge d'estate
dai peccati del dire in violente torsioni,
perché restino solo le parole
balsamo sulle cose.

Lo so fin d'ora: neppure una virgola
divide ciò che è stato da ciò che è,
solo punti di domanda
cercheranno risposta eternamente.
Il contesto si traccia in superficie con i segni del senso,
mai si inquadra la grande frase nella pagina,
si riverserà verso l'interno, fino a uscire da sé.

Non c'è sosta in questo divenire,
anche il filo di sabbia serba il canto della sorgente.
È vano chiedersi chi va, chi resta,
sempre l'argilla e l'acqua furono compagne,
il fuoco e l'aria scriveranno i segni
dell'ultima venuta.

E poiché ti sento qui, o Sorgente del Tutto,
scrivo su queste pagine mortali
ciò che non morirà
insieme a me.


Totul e viu

 

Pentru ca Te simt aici,
Izvorule a Toate,
mi-azvarl mantia de pe umerii
in care lovesc pietrele clipelor,
las ploile verii sa ma spele
de pacatele spunerii in rasuciri violente,
sa ramana doar cuvintele-balsam-peste-lucruri.

Stiu de acum: nicio virgula
nu desparte ceea ce a fost de ceea ce este,
doar semnele de intrebare
isi vor cauta intotdeauna raspuns.
Contextul se deseneaza in piele cu acele sensului,
niciodata nu are sa incapa in pagina marea fraza,
se va revarsa in interior, pana la iesirea din sine.

In toata curgerea aceasta nu exista intrerupere,
chiar firul de nisip mai pastreaza cantecul izvorului.
In zadar te intrebi cine pleaca, cine ramane,
lutul si apa au fost dintotdeauna prieteni,
focul si aerul vor scrie semnele ultimei veniri.

Si pentru ca te simt aici, Izvorule a Toate,
scriu pe aceste pagini pieritoare
ceea ce nu va pieri
odata cu mine.

*

Versi sull’acqua

VERSI SULL'ACQUA

 

 

 

                          rapida scribere oportet aqua

 

 

I

 

 

Scrivo

questi versi sull'acqua

 

E sull'acqua svaniranno, in questo fiume

diveniente e perpetuo della lingua

che palpita e dispare, goccia a goccia

d'istante in istante come d'era in era

questo fiume in cui non due ma infinite

volte ci bagniamo, i morti

nei vivi, e così i vivi nei morti

silenzioso e fremente fiume d'ombre

 

II

 

Eppure l'acqua ha memoria

 

Ricorda

nel suo flebile cuore il vibrìo

delle voci soavi

o irose che la sorvolarono, l'ala

del respiro che la sfiora, l'incorporeo bacio

delle labbra chiuse dal segreto

 

Come i volti che videro se stessi

nell'antica fontana ormai putridi

di muschio, sprofondati

nel buio abisso, dissolti pallidi nel bianco

fiato delle ninfee

 

III

 

Ma come potrà giungere puro questo fiume

alle mani di quelli che verranno

 

Troppo

denso il limo dell'ideologia, delle duplici

verità che nessuna acqua santifica

 

(Eppure sorgerà, come nell'ombra

del rivo esile fra le navate in preghiera

degli alberi reclini

nel cuore quieto della viva selva –

brillerà come quel liquido, mai spento, argento

eterna e tersa e fragile la luce

della parola che dice)

 

*

Una poesia inedita di Luminița Amarie »
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Una poesia inedita di Luminita Amarie

Pubblico, per gentile concessione, un testo inedito di Luminita Amarie (http://luminita-amarie.blogspot.it/), tanto sofferto nel sentire, quanto levigato e adamantino nella forma, cesellato nella sottile scansione del ritmo trocaico e nella risonanza delle rime, spesso ricercate e difficili: tutti pregi stilistici, questi, che la traduzione non può restituire.

 

Da tanto non sentivo un terrore così grande

Agitarsi gridando nel mio corpo

Non conoscevo il sangue che si spezza

Se ti passa attraverso come fossi di ghiaia

 

Resto immobile come la candela

I miei occhi hanno cera anziché fiori

Corre la morte lungo la mia schiena

Anche la vita mia vuol dire morte

 

Cresce dentro di me un gelo di pietra

Come in uno scongiuro piove cenere

Di te non so più nulla

Taccio e credo nella vita oltre la tomba

 

Forse io non fui mai concepita

Le mie mani ginocchia corde spini

Sulla mia carne velata

Accarezzato dai gigli è il corpo morto

 

Da tempo non vivevo tanta morte

Il mio cuore non ha mai palpitato

Io figlia di una nascita deserta

Nelle acque la mia croce è caduta.

 

(traduzione di Matteo Veronesi)

 

Testo originale

 

 

N-am simțit de mult atâta frică
Zbătătoare-n trupul meu țipând
N-am știut că sângele se strică
Dacă-l treci prin tine ca prin prund

 

 

 

Nemișcată stau ca lumânarea
Ochii mei au ceară-n loc de flori
Moartea îmi cutreieră spinarea
Viața mea înseamnă toată mori

 

 

 

Frigul cărămizi în mine crește
Plouă cu cenușă ca-n descânt
Despre tine n-am primit o veste
Tac și cred în viață din mormânt

 

 

 

Ce pesemne-s eu nezămislită
Mâinile mi-s sfori genunchii spini
Peste carnea mea acoperită
Mângâiat e trupul mort de crini

 

 

 

N-am trăit de mult atâta moarte
Inima nicicând nu mi-a bătut
Fiică eu a nașterii deșarte
Crucea mea în ape a căzut.

 

*

La trama del fuoco. Dieci poesie di Ana Pop Sîrbu

La trama del fuoco. Dieci poesie di Ana Pop Sîrbu

 

I versi di Ana Pop Sîrbu (poetessa rumena autrice di quattro raccolte, e collaboratrice delle principali riviste letterarie del suo paese) che ho il privilegio di presentare per la prima volta al lettore italiano, tratti da un quinto libro di prossima pubblicazione, potrebbero far pensare, ad una prima lettura, con il loro dettato estremamente asciutto, essenziale, con la loro sintassi netta e scolpita, allo chosisme di un Ponge, o magari, da noi, alla poesia “millimetrica”, esatta, limpidissima, eppure segnata a tratti da lampi improvvisi di tragicità, sapienza e smarrimento, di un Magrelli.

Ma si tratta, a ben vedere, di una pagina solcata e venata, per così dire, di silenzi; tele verbali che hanno in apparenza l'esattezza figurativa e la nettezza di forme, campiture e contorni di un De Chirico o di un Magritte, eppure, forse proprio per questo, lasciano trapelare con ancor maggiore, ancor più perturbante intensità, nelle loro pieghe più segrete, il «fantasma sottile» del mistero, l'ombra fuggitiva dell'ospite ignoto, la musica ombrosa e sfumante del ricordo irrisolto e del tempo incontrollabile.

Ma il mondo e la vita sembrano ruotare, infine, intorno alla cella solitaria del poeta, illuminato dalla lucerna perpetua – quasi fiamma vestale – dell'espressione, e sulla cui ombra, sul cui capo reclino, si staglia il deserto. Come diceva un Maestro, «tutto al mondo esiste per far capo ad un libro».

Il tempo accidentale dell'esistenza non è che «tempo fortuito». La parola del poeta dura eterna anche se segnata dalla precarietà, dal perpetuo divenire, dall'oraziano inreparabile tempus, che essa stessa porta in grembo, da cui essa stessa è, in fondo, trafitta, pur trascendendolo in una fuga immobile di statua, in un moto raggelato ed esemplare di figurazione archetipa. (Matteo Veronesi)

 

 

Reverie

 

Doar șoapta verdelui stă ascunsă,

Sub rubin, violete și crini...

Doar gândul,

În seiful blândeții...

Seara ne apropiem de Pompei,

De acea pasăre ce va promite întoarcerea.

Prin preajmă, sculptura lui Eros.

Altă viață. La nesfârșit.

Cu buzele solitare.

Un țărm roșietic va lumina singura clipă...

 

Reverie

 

Appena il sussurro del verde si cela,

Sotto il rubino, le violette e i gigli...

Appena il pensiero,

Nello scrigno della soavità...

A sera ci avviciniamo a Pompei,

A quell'essere alato che prometterà il ritorno.

La statua di Eros, vicina.

Altra vita. All'infinito.

Con le labbra solitarie.

Una riva rossastra illuminerà l'istante solo...

 

Clipele

 

Înconjurăm clipele

Care se frâng.

Un alt drum

Stă între noi și trecut,

Mărunt, ca o arătare.

 

Gli istanti

 

Accerchiamo gli istanti

Che s'infrangono.

Un altro viaggio

Sta fra noi e il passato,

Sottile, come uno spettro.

 

 

Ţesătura flăcării

 

Ai schimba miniatura oboselii,

Folosită împotrivă-ți.

Gleznele se apropie de marginea fotoliului,

Lipite de împotrivirea din jur.

Ridici ochii și simți cum sufletul

Se strânge.

Cum târziul din inimă

Se joacă de-a ziua și noaptea,

Luminat de țesătura flăcării,

Când asculți molateca voce a zilei de ieri.

Urmarea, în semnele dimprejur,

Când cauți cealaltă clipă,

Care tocmai ți-a căzut din privire.

În dreptul ușii, o mână rece

Mângâie gândul luminos de pe figura opacă.

Fereastra e împietrită

În cercul decolorat și mărunt...

 

La trama del fuoco

 

Vorresti mutare la miniatura della stanchezza,

Rivolta contro di te.

La caviglie si avvicinano al bordo della poltrona,

Attaccate al contrasto tutt'intorno.

Alzi lo sguardo e senti

Come si stringe l'anima.

Come la sera del cuore

Si prende gioco del giorno e della notte,

Illuminato dalla trama del fuoco,

Quando ascolti la soffice voce del giorno di ieri.

Il séguito, nei segni intorno,

Quando cerchi l'altro istante,

Che appena ti è caduto dallo sguardo.

Davanti alla porta, una mano fredda

Sfiora il pensiero luminoso sulla figura opaca.

La finestra è impietrita

Nel cerchio sbiadito e sottile...

 

Mișcarea șoaptelor

 

E un joc de șah,

Ce ține legătura între două

Sau mai multe închipuiri,

Urmărind mișcarea melodică

A fiecărei șoapte.

O stanță fărâmicioasă,

Pe chipul fluid al regelui

Vedeau cei

Care dădeau șah la rege.

Intrau toți în acel frig cenușiu.

Dar, pe chipul lor,

Umbra pieselor de șah

Se pierdea...

 

Il moto dei sussurri

 

E' una partita a scacchi,

Che mantiene il legame fra due

O più fantasie,

Seguendo il moto melodioso

Di ogni sussurro.

Una stanza frantumata,

Sullo sguardo liquido del re

Vedevano coloro

Che tenevano il re in scacco.

Entravano tutti in quel freddo grigiore.

Ma, sul loro sguardo,

L'ombra delle figure si perdeva.

 

Niște ființe albastre

 

Nu știu de-i sticlire, ori ne lovesc tot felul de făpturi reci,

Care se aciuează în noi, la nesfârșit se tot adună în noi,

Cu adevărat nu știu cine sunt cei care ne caută,

Ne aud plânsul, noapte de noapte,

Niște ființe albastre, cuprinse de tot felul de împotriviri,

Ne țin de mână, intră în noi, aceste semne,

Care se poticnesc lângă alte poticniri ale noastre,

Cu fața surâzătoare. Atât de simple. Totuși.

Toate simțămintele se transformă

Într-o scenă care nu se mai termină, o închipuire

Care se strânge lângă ea altă închipuire...

 

Esseri celesti

 

Non so se è splendore, o se ci colpiscono gelide creature d'ogni specie,

Che s'insinuano in noi, all'infinito si raccolgono in noi,

Davvero non so chi siano coloro che ci cercano,

Ci ascoltano piangere, notte dopo notte,

Essenze celesti, avvolte da ogni sorta di conflitti,

Ci tengono per mano, entrano in noi, questi segni,

Che inciampano accanto agli altri nostri inciampi,

Con un sorriso sul volto. Così semplici. Nonostante.

Tutti i sentimenti si trasformano

In una scena che non ha più fine, una parvenza

Che stringe accanto a sé un'altra parvenza...

 

Urcușul străin

 

Încet,

Se închide

Încet

Adâncul acela

Gonit din imagine,

Răsfrânt ca un chip

Ce se pierde în abur.

Locul lui

Pe urcușul străin.

Locul ei.O margine.

Deslușită. Iederă străină.

Singura ce vede ocheanul întors.

Străină.Străină.

 

La strana salita

 

Piano,

Si chiude

Piano

Quel fondo

Cacciato dall'immagine,

Rifratto come uno sguardo

Che si perde in caligine.

Il posto dell'uno

Sulla strana salita.

Il posto dell'altra. Un margine.

Distinto. Edera strana.

La sola che veda il cannocchiale rovesciato.

Strana. Strana.

 

Cum fraza se-nmoaie-n silabe

 

Și copacii aceia iradiind erezii,

Cum surâd.Ce contur învălmășit în crengi,

În răsunetul vlăstarilor tineri.

Ea vine și se-așează sub ei,

Ca sub o pânză flamandă.

Are sub arcul inimii o vârtelniță

Ce-i strânge linele șoapte.

Umbrarul și privirea ei țes

Încetinite plutiri,

Cum fraza se-nmoaie-n silabe.

Picuri mari de grădini

Se ascund în Sinele blând,

Împleticind clipa cu târziul ce vine..

 

Come la frase s'imbeve di sillabe

 

E quegli alberi che irradiano eresie,

Come sorridono. Che contorno confuso nei rami,

Nel fragore dei giovani virgulti.

Lei arriva e si siede alla loro ombra,

Come sotto un velo di Fiandra.

Sotto l'arco del cuore ha un arcolaio

Che le torce i dolci bisbigli.

Il pergolato e il suo sguardo le intessono

Silenziose vie d'acqua,

Come la frase s'imbeve di sillabe.

Briciole grandi di giardini

Si nascondono dolcemente nel profondo,

Imbrigliando l'istante con l'ora tarda che viene.

 

Cu flacăra lui de ambru

 

Deopotrivă se-amestecă umbra cu noua ei soră

Blând ți se-așează pe față, mereu revărsându-se-n tine,

În târziul ce nu se desprinde, ce pune o punte

Peste ochi, peste frunte.

Un joc fărâmicios dintr-o altă poveste

Ce intră în alt chip, zvâcnind pe furiș

Pe linia vieții, ai vrea să oprești această umbră,

Cum deschizi fereastra unui turn,

Cu flacăra lui de ambra, pierzându-te-n alt trup.

 

Con la sua fiamma d'ambra

 

Ugualmente si mescola l'ombra con la sua nuova sorella

Dolcemente ti si siede davanti, sempre riversandosi in te,

Nel tardi che non si divincola, che getta un ponte

sugli occhi, sulla fronte.

Un gioco friabile in un'altra storia

Che entra in altro sguardo, con segreto sussulto

Lungo la linea della vita, vorresti fermarla quest'ombra,

Come apri la finestra di una torre,

Con la sua fiamma d'ambra, in altro corpo perdendoti...

 

 Rostogolire amară

 

Sinucigașul poem lângă noaptea noroasă,

Când neîndemânatic, poetul sare de la o tristețe la alta,

Revine ușor, expert al memoriei,dezgroapă fluxurile primare,

Milimetru pe milimetru, ca sărutul pe-o rostogolire amară.

Poetul stă singur, își întoarce poemul literă cu literă,

Timpul trece întâmplător prin viața lui.

El vede fluturi, în loc de porumbei,

În dreptul inimii are zimți de aur

Și o fereastră pe care stau câteva libelule.

 

Giravolta amara

 

Il poema suicida accanto alla notte nebulosa,

Quando smarrito vaga il poeta dall'una all'altra tristezza,

Facilmente ritorna, esperto della memoria, dissotterra le primigenie correnti,

Millimetro per millimetro, come il bacio su un'amara giravolta.

Solitario sta il poeta, volge e rivolge il poema lettera per lettera,

Fortuito passa sulla sua vita il tempo.

Vede farfalle in luogo di colombe,

Davanti al cuore ha denti d'oro

E una finestra su cui dimorano libellule.

 

Opaiț

 

Urmărești cu pana chilia

Cu ochi de grămătic.

Privești păienjenișul frazei.

Îți întorci fața spre opaiț.

Din el picură fântâni arse.

Ești tânără și subțire .

Deasupra umbrei tale e deșertul.

 

Lucerna

 

Con la penna segui la cella

Con occhi di grammatico.

Scruti la ragnatela della frase.

Volgi il viso alla lucerna.

Da essa gocciano pozzi riarsi.

Sei giovane e sottile.

Sulla tua ombra è il deserto.

 

 

 

 

*

Due poesie di Juan Armando Rojas

La poesia di Juan Armando Rojas (docente di letteratura spagnola alla Ohio Wesleyan University, e autore di raccolte fra cui spicca Río vertebral, Fiume di vertebre, da cui sono tratti i due testi che presento) è strettamente legata all'immagine e all'idea della frontiera: quella arida e ardente, torrida e consumata che divide il Messico dagli Stati Uniti; quel lembo di deserto segnato dalla disperazione e dalla speranza dei migranti, ma anche dal sangue del narcotraffico e del martirio (misterioso ed inesplicabile se non alla luce, o meglio nel buio, di un machismo folle ed assurdo) di una grande numero di donne.

Fra queste, per inciso, Susana Chavez, poetessa ed attivista, a cui si attribuisce l'invenzione del motto ni una mujer màs, ritrovata con la lingua e una mano mozzate quelle, nel muto e cruento linguaggio dei carnefici, con cui non avrebbe dovuto mai parlare e scrivere sebbene le autorità abbiano avuto cura di precisare che l'omicidio nulla aveva a che vedere con la militanza poetica e civile dell'autrice. (Ma diverse, per inciso, sono le poetesse, le dolorose ed assorte Muse del deserto, che laggiù levano la loro voce sommessa e altissima: come Micaela Solís, con la sua accorata Elegía en el desierto: «Enredada en sus calles, la ciudad, / impávida ancla la muerte / en la profundidad de su silencio. // Enredadas sus horas y sus días / en las pérfidas mentiras de la luz, / amanece exhausta del último naufragio» ‒ «Avvolta nelle sue strade, la città, / impavida àncora la morte / nella profondità del suo silenzio. // Avvolti i suoi giorni e le sue ore / nelle perfide menzogne della luce, / sorge esausta dall'ultimo naufragio» ‒ o come quelle, fra cui Martha Urquidi, dalla vena più sentimentale, sensuale, e insieme metafisica, ma sempre segnata dalla luce immensa, intensissima, quasi dolorosa, del deserto ‒ luce di desolazione, di azzeramento, ma anche di verità e di rivelazione, di vastità, d vita che si rinnova : «En la luminosidad sobre los mares infinitos , nunca duermen la noche ni el día, ni los incandescentes danzantes eternos en los confines del mundo» ‒ «Nella luce sui mari infiniti non hanno riposo la notte né il giorno, né gli ardenti eterni danzatori entro i confini del mondo»).

L'immaginario della poesia di Rojas sembra ruotare intorno ad un triplice nodo, in sé multiforme e tortuoso, di temi e di motivi: la frontiera, le vertebre, il fiume. Frontiera come barriera, come limite, ma anche come passaggio ‒ stasi e movimento dunque, ostacolo e invito ad andare, limitazione e possibilità ‒ com'è, in fondo, nella natura stessa del linguaggio poetico, che ubbidisce allo spazio e al limite del verso, della pagina, del respiro, nel momento stesso in cui li crea, li definisce, o li riplasma. E fiume-vertebre ‒ vita e morte, fluire terso ed animato, perpetuo moto, assidua metamorfosi, ma anche residuo inorganico, traccia disseccata di una vita svanita, montaliana aridità di greto e di detrito ‒ e, in pari tempo, Albero del Mondo, tramite fra terra e cielo, veicolo del teotl, dell'universale energia vitale che, secondo le cosmologie precolombiane a cui l'autore si sente forse atavicamente vicino, permea l'universo e anima la natura con il suo perpetuo trascorrere e il suo molteplice, inesauribile manifestarsi, il suo ramificarsi lungo i corsi sotterranei e le nascoste ossature chiusi nel vasto grembo del reale.

Il lettore italiano percepisce, nel primo dei due testi riprodotti, una consonanza dannunziana. Eppure niente più di questa poesia, che conosce l'aridità, la sofferenza, la desolazione più prosciugata e sconsolata, è lontano dall'immedesimazione panica con una «arborea vita», un «verde vigore» rigogliosi, turgidi, perennemente rinnovati. Nulla è più lontano dall'estasi meridiana, dal rapimento dionisiaco, da qualsiasi forma di edonismo e di estetismo. Semmai, si potrebbero citare l'«albero mutilato» di Ungaretti, o il «secco greto», la «reliquia di vita» di Montale ‒ se non ci fosse, in sottofondo, il brusio soffocato del teotl, il persistere e il riaffiorare, a tratti, di una perpetua forza vitale che si ostina, anche nel degrado e nell'umiliazione, a voler vincere la morte, di una dignità che vuole essere più forte di una sofferenza iniqua, contrastare la feroce forza che possiede il mondo. (Matteo Veronesi)

 

 

Contemplación

 

De lluvia es el desierto

De lluvia las ciudades que lo habitan

La lluvia para ahogados

de puentes y fronteras

 

Regreso a casa

También lloverá

Regreso a casa

 

Llueve de tiempo

llueve de spacio

Llueve de espaldas

junto al de enfrente

Llueve en la superficie

de una gota de agua

Llueve en silencio

sobre el mar de fondo

Y llueve entre las vértebras del río

 

la lluvia en nuestra ropa

La lluvia en el cielo

La lluvia en astrolabios

Llueve del otro lado

 

Llueve al filo del agua

 

Durante el día

el camaleón se esconderá en la lluvia

porque de noche

solamente lloverán gatos pardos

 

Si llueve en el desierto llana será la lluvia

 

 

Contemplazione

Di pioggia è il deserto
Di pioggia le città che lo popolano
            Pioggia per gli annegati
                  di ponti e confini

Ritorno a casa
        Ancora pioverà
              Ritorno a casa

Pioggia di tempo
             pioggia di spazio
Piove dietro le spalle
             addosso a chi hai di fronte
Piove sulla superficie
             di una goccia d'acqua
Piove in silenzio
             sul mare profondo
       E piove fra le vertebre del fiume

La pioggia sulle nostre vesti       
       La pioggia nel cielo
            La pioggia negli astrolabi
                 Piove al di là


Piove a fior d'acqua

             Durante il giorno
                      il camaleonte si nasconderà nella pioggia
             perché di notte
                      pioveranno solo gatti neri  
            

Se piove nel deserto piana sarà la pioggia

 

 

 

 

Repercusiones de una ciudad llamada Juárez

A esas mujeres rotas

 

Terregales de un polvo blanco que se transpira

suciedad

blancura de la sociedad

ritmos que se injertan en los ladrillos

 

Ciudad desubicada entre sus casas

tan sola tan enteramente sola

tan alejada de Jerusalén

por la circunferencia de la tierra

 

Hagamos oración por la ciudad que sangra

por la mujer que espera un puesto en la maquila

arranquemos los cables y mastiquemos

el azufre almendrado de los coches

 

Llegaremos temblando

hoy se terminó el trabajo en la fábrica

hay tres pares de ojos que me observan

tienen hambre

 

Oramos por la migración de los mojados

al darnos cuenta de que nos encontramos solos

entre las manchas mercuriales en el espejo

se desvanece la memoria de los puentes

 

Hablemos de esta ciudad a nuestros hijos

que no aparece en el mapa

crucifiquemos los brazos de este cielo

con mayor derecho que el vecino

 

Busquemos a las desaparecidas

entre las aguas

y sus médanos

donde siempre sobrará basura

 

Busquemos a las violadas

en la construcción geológica de nuestros hogares

entre las dunas blandas y su arena fresca

y el calcio de sus huesos

 

Hablemos de los latidos del puente

del poco oxígeno que se respira

en el minuto y medio de silencio

a que es acreedor todas las noches

 

Hacemos un círculo e imponemos

nuestras manos orando por el alcohol y la poligamia

rasguñamos el hielo ardiente del asfalto

esta batalla en el desierto

 

Las sombras de los ahorcados

rueguen por nosotros

por la fragilidad y el alto precio de una casa subsidiada

escúchennos

 

Por el segundo que separa un milenio de otro

recordemos la línea divisoria

el furgón en que mueren los mojados

la costumbre del silencio

en donde terminó el río bravo

en donde comenzó el río grande

 

Iniciamos la oración

para lograr el reino de los suelos

por los sueños

de los sueños

de los días

ahora y siempre

 

 

 

 

 

Risonanze di una città che ha nome Juárez

 

Alle donne spezzate

 

Lurida tempesta di una polvere bianca

che trasuda marciume

biancore della società

ritmi che strisciano fra i mattoni

 

Città smarrita fra le sue case

così sola così completamente sola

così lontana da Gerusalemme

per la circonferenza della terra

 

Leviamo una preghiera per la città che sanguina

per la donna che cerca un posto in fabbrica

strappiamo via i cavi e mastichiamo

la mandorla sulfurea delle macchine

 

Arriveremo tremanti

oggi è finito il lavoro alla fabbrica

ci sono tre paia d'occhi che mi fissano

affamate

 

Preghiamo per la migrazione dei pezzenti

mentre ci accorgiamo di sentirci soli

fra le chiazze di mercurio sullo specchio

si dissolve la memoria dei ponti

 

Parliamo ai nostri figli di questa città

che non compare sulla mappa

inchiodiamo le braccia di questo cielo

con più certo diritto del vicino

 

Cerchiamo le scomparse

fra le acque e le dune

dove sempre regnerà la spazzatura

 

Cerchiamo le stuprate

nella geografica costruzione delle nostre case

fra le dolci dune e la sabbia mite

e il calcio delle ossa

 

Parliamo del batticuore del ponte

del poco ossigeno che si respira

in quel minuto e mezzo di silenzio

di cui è degno ogni notte

 

Tracciamo un cerchio e stendiamo

le nostre mani per l'alcol e la promiscuità

grattiamo il ghiaccio ardente dell'asfalto

questa battaglia nel deserto

 

Le ombre degli impiccati

preghino per noi!

per la precarietà e per il prezzo di un alloggio popolare

ascoltateci!

 

Per il secondo che divide due millenni

ricordiamo la linea di confine

il cassone in cui muoiono i pezzenti

l'abito del silenzio

dove il rio bravo ebbe inizio

dove il rio bravo ebbe fine

 

Diamo principio alla preghiera

per guadagnare il regno della terra

per i sogni

dei sogni

dei giorni

ora e sempre

*

Due poesie di Juan Armando Rojas »
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