chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Matteo Bona
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Der Wahnsinn und die Anmut

Der Wahnsinn und die Anmut 


 

 

Autumnal Beauty

 

 

 

 

Autumnal beauty

October’s fury

Which red reached me

From the flourished Viburnum,

And the Mespilus

Sings about you -

Till the feet of Christ.

 

The Buckthorn

With its cheerful berries

- Beloved - Tenders you 

The Summer’s furlough

And mantles of Osmanthus 

Kiss you with smoothness -

Onto the blowing wind.

 

The hazy Plumbago

With the Prussian colour

Curiously peeps 

Toward the rising star:

And the hearty Camellia 

With its immense perianth 

Lays itself with gentleness and meek

Onto its green body.

 

Everything sings about you

With suave tones

And from the September’s sundown

Is showing to you tearfully 

The humble face

Of the Nature which die. 

 

 

 

 

 

To all the absent beauty

 

 

 

 

Petals are sailing

From an ivory pallor,

And they are falling

Tired, serene.

They’re laying with 

Patchy touch on

The barren edge -

They're looking to 

The rich space

To the grace

Adverse. 

With a creaky

Squeak the great 

Gear exists,

It grinds throaty

Every absent joy,

Swallowing - bleeding - 

The whiter beauty.

 

 

 

 

 

 

 

Lightlessness

 

 

 

 

 

 

I’m arose on the hill -

Where I could see the shiny lights

Of the far sky, where the nights

Sleeps, 

Dyeing of blue our

Doom, 

And the damp the Nature 

Spreads its perfumes!

 

Overflowing being 

Dropping outside

Itself -

Delightful darkness,

Joyful bridge end

Of the past, innocent

Days -

Dost thee 

Comprehend

The start of 

The gyre?

 

 

©Watersheed Review, author: ©Matteo Bona, Università degli Studi del Piemonte Orientale.

*

Esperimento ironico I

Onomatropea

- Verace sinestesia

Fra suono ed 

Olfatto - 

Dei delicati

Mi sovviene

L'ironia,

Udendo bleah.

 

 

©Matteo Bona, Parodie e pensieri liberi ~ Sull'ironia (Edizioni Del Foglio Clandestino)

*

Alla terra natia

Premessa:

Questa poesia è stata premiata al concorso letterario Piazzalfieri (Asti), e la tematica di quell'edizione era "Alfieri ed il rapporto con la città".

Il componimento, volontariamente pomposo e magniloquente, vuole simulare - attravverso il metagioco della lingua - l'ipocrisia di fondo della società astigiana e di tutta la sterile impalcatura socio-linguistica.

 

 

Sua Eccellenza, della nostra astigiana

Terra natia 'l fato pare ascoso: non 

Dai corsi e dai calli da niuna vita 

Gremiti, non dai fragori baldanzosi

Di scaglie di misera vita e da siderali 

Ricordi d'un tempo lontano, rimembreremo

Fieri spirti che innalzarono possenti

L'arcaica Pompeia. 

Deh, l'atro fluir del tempo non risana

La piaga delle menti inermi che ai 

Tempi suoi già pregnavan la città:

Eppur non verso essi volgesi 'l disio e la

Speme invereconda poiché punta alma

Vetusta, come un'occidua facella nel 

Ciel de' Grandi, rutilerà su queste 

Vie or disadorne. 

A te, signor della cittade infame,

Maestro d'un'antica arte agli

Albor cinta d'argentê corone,

Van narrando i versi miei e di 

Come al tempo nostro sia scialba

Ed indelicata la nostra altissima 

Terra. 

Fia 'l Tanaro un mezzo per rubiconde

Abluzioni e, dalle colpe civili degli 

Anni più stigi, da esso si smuovan 

Le floride fondamenta d'un futuro

Novello!

Mio storico fratello, padre e maestro

Nel divenire, pel peccato che soggiace 

Obnubilante sugli occhi della nostra 

Amata, insegnaci in su l'opera tua

Grande e libera cultura e mente.

Se fia tale, allor desterommi come 

Un discepolo fedele e speranzoso

In questa moderna Asti. 

 

©Matteo Bona, Dalla Palingenesi alla Poetica del Vuoto, ovvero L'Ultimo Romantico, LULU Edizioni Digitali (2016).

*

Alla notte

Alla notte sospirammo

Con volti dispersi,

Perduti ad ammirar

Quei tanti faci

Che dinanzi a noi

Stagliavansi cheti,

Immoti, eterni. 

 

Alla notte sussurrammo

Con fiati tagliati,

Con labbra schiuse,

In occhi che mai

Vedemmo prima d’allora -

E fu vita -

Come un infinito

Canto dai silenti

Toni. 

 

Alla notte ci dichiarammo

Sotto un portico silente,

In guardi da lungi

Ricordati, or presenti

Come anime 

Simbionti

Della notte più feconda,

Della vita più profonda. 

 

 

©Matteo Bona, Anti-Ares, ecista dell'Universo: LULU Editore.

*

Vana sia la pena

Vana sia la pena

Dell'uomo reo innanzi 

Al plotone eccitato. 

Salda è la presa sul calcio

Ed il dito tremolante,

Come un boia silente

Con la scure funesta 

Erta sovra 'l capo, 

Freme spasmodico 

L'ordine paventato. 

 

Vana sia la pena di 

Quello che uccise per

Amore! Vacua essa sia

Come amor intriso di

Gelosia. 

 

Il capo mira i piedi

Con tono di perdizione

Ed ei mirato accenna

Un guardo, uno solo,

Di desolazione eterna:

Sia la morte giusta 

Per chi ha amato tanto?

 

Fredde scendon le gocce

Dal cielo saturnino,

Grigio il vello di quel

Bestion ruggente,

Ed ora alla terra!

Alla terra ancor

Solingo. 

 

Vana sia la pena

Di quell'uomo:

Abbiate pietà di questi!

Quando sfolgoranti dagli schioppi 

Fulmineran' i proiettili,

I proiettili divengan fiori. 

 

 

©Matteo Bona, Dalla Palingenesi alla Poetica del Vuoto, Editore LULU.

*

Echi

Io vivo

Ed in te respiro,

Echeggiando 

Degli stessi 

Mormorii della

Natura,

Infine divengo

Un atipico suono

Della tua stessa

Essenza:

M’infrango

Ai confini della bellezza,

Riducendomi

In polvere,

Per giungere

Purificato

In un mondo

Che non

M’apparteneva. 

 

©Matteo Bona, Il senso del nulla, Montedit Edizioni.

LINK: http://www.accademiapoesiarte.it/?p=1271;

*

Adone

Quando da un plutonio albore

Mi vedrai risorgere, quando

Nell'estate fredda e piovorna

E lacrimosa e ferma,

Quando prima nel cielo vedrai

Sul manto Orione bellicoso,

Io - Adone - ergerommi a uomo

E poeta e filosofo,

Finché forza e passione vi fia. 

 

Sempre solo come Odisseo, come una nave

Rapinata e gremita, come uno stelo picciolo 

E gracile eppur bello, eppur mansueto come 

La corolla violacea ed alba d'Orchidea. 

Già m'hai visto sorgere? Qui - ove fra le frasche

Docili e dagli eoli sconquassi mosse - io sto:

La solitudine di questa valle mi rimembra 

Quella della mia vita passata e mi far sognar

L'agognato fato di quella ventura e da cotante 

Mosse al destino ingrato io chiedo 'l perché. 

 

Che sia il volere del divenire e come una linea

È istante millesimo d'un cerchio universale, 

O' Adone unico, tutto riappare medesimo e 

Preciso: l'alpha diviene omega e tutto rinnegasi

Al ratto impreciso ed effimero. Atropo è morta!

Aitante possanza d'animo nello scoprir funesto,

Come ti muovi fra Apollo e l'Ade? 

Grandioso ordigno metafisico della mente, taglia

Le mani a Lachesi filante! Mostraci come tutto

Appare al mondo in uno e non più d'altri attimi. 

 

Adone, Adone stoltissimo: guardati le mani, carne

Divina, e pensa - orsù - come può[te] fermare il

Flusso inconsapevole del Mondo. Dalla rugiada che

Discese bellissima sui giunchi sereni nell'Inverno

Agostano, quō vergere 'l guardo offuscato e atro?

Abbandona la via, questa tua dottrina indarna,

Rifuggi ai pensieri ascosi e da cagioni d'Io gremiti

E immagina: sia mai possibile diventar Io, se prïa

D'Io, altro non sia che non Io?

 

Dal cerchio tutto termina e da esso

Fulgente Apocatastasi, mistico risveglio,

Rinasce Uroboro il magnifico

Nichilismo. 

 

 

 

Tratto dall'opera Dalla Palingenesi alla Poetica del Vuoto, o L'Ultimo Romantico ©Matteo Bona, LULU Edizioni Digitali.


*

n. 7

Curo i miei dolori

Nel silenzio

D’una serra,

Dalle lenti satinate

Gocciola la paura

D’una consapevole 

Mediocrità:

Penzola dalla

Trave, penzola goffo,

Il poeta incapace. 

 

©Matteo Bona, Annale Poetico dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale, Facoltà di Lingue Moderne Straniere e Letterature Contemporanee.

*

Metamorfosi

Dedicato a Martina F.

 

Mi nasconderò dietro

Al velo del sonno

Per vederti 

In un sogno amaranto,

In un delirio inaspettato

Dai suoni

Del vocio della gente,

Come splendida illusione

In questo ardore 

Che mi stringe. 

Mi celerò dietro ai desideri

Dalla notte nascenti,

In quelle vele da

Un vento ignoto

Scosse

E penserò a quelle mie

Vite passate,

Offuscate dai ricordi più

Amari. 

 

Se rinascessi asceta?

Ben mi avvederei dal

Non eremitare sino

Alla tua magione,

Dormendo nudo

Al chiarore delle stelle,

Pascendomi della tua

Luce,

Pregando per il tuo amore. 

 

Sì, m’appresterei

A nuotare sino

Alla luna, per cogliere

Quel chiaro

Pallore che tinge la

Tua pelle,

E mi dipingerei

Il volto con macchie

Della tua purezza,

Per rassomigliarti.

Mi ruzzolerei nel

Prato del mattino

Per profumar il mio manto

Della tua stessa Natura,

Sublimando dolcemente

Nella brezza vespertina.

 

 

Mi vestirò dei tuoi desideri

Modellandomi su d’essi

Come autonoma creta,

Tingendomi le iridi 

Di limpida aria

Per specchiar l’immensità

Che dentro di te

Si cela. 

Mi spoglierò delle

Mie sordide vesti 

Ed abluzioni farò,

Gettandomi liberato

Nelle tue fertili acque. 

 

Viaggerò - per te -

Un milione di passi

Per coglier

Quell’inesistito fiore

Che dentro di me

Sta crescendo,

E te lo donerò,

Porgendotelo con novella

Grazia. 

Berrò dalle fonti della tua 

Sapienza

Per divenir saggio, limpido

Ed umano.

Non vivrò con te  per

 Sempre

Ma condividerò

Le gioie della mia apparenza

Carnale,

Divenendo una gentile

Epifania

Ed un marmoreo

Plinto su cui

Piangere lacrime ascoltate.

 

 ©Matteo Bona, Syllogo Gignonomicon - LULU EDITORE.  

*

Il Silenzio

Forse il silenzio,

Previo ‘l risuonar de l'anima 

Nel fragor del concerto 

Oscuro e vivo,

Meco striderà anzi assai

Giacché avvezzo son 

Nel menar favelle 

Vuote. 

 

Silenzio,

Ove sei?

 

Squarcia la folgore il cielo 

E le nubi di dio 

Tuonano l'ambasciator

Di vita! 

Ah, dolce ciangottare...

Sotto questa stilla eterna

E melliflua 

Ascolto l'anima riecheggiar 

Della stessa sostanza dell'universo.

 

Eppur questo orrore tanto

Grave e greve, 

Gracido fra le mani della terra

Che si protendono ad ei,

  Ottunde l'animo mio nell'esaltar

Tosto il profano sproloquiar. 

 

Dacché il tacer altro 

Non è che il roboar de l’anima,

Mia è la pretesa di trasalir

Al filisteo mondo 

Di parol tracotanti!

Ahimè, io non son degno:

Al di là del silenzio

Altro non v’è che

Il tacer di dio. 

 

Tratto dall'opera Dalla Palingenesi alla Poetica del Vuoto, o L'Ultimo Romantico ©Matteo Bona, LULU Edizioni Digitali.

*

A te, Sarmatia!

Pacata si muove la folla 

Dalla piazza del vetusto

Maneggio,

Docile si serba di scender

Serena i grandini del Castro

E, come mille ed ancor più 

Piccoli semi della patria,

Tutti s’affacciano sui

Placidi seni del Cremlino. 

 

Dalla superba Mosca,

La capitale suprema delle

Contraddizioni, si stagliano calmi i

Piani smeraldini e le acquee vie 

Che cullano la grassa terra:

Il tempo segue il passo sereno

Dei cirri lontani, col loro

Passo perpetuo e cheto

E tutto si prostra umilmente alle 

Croci d’oro ornate. 

 

Falci e Martelli fan d’orpello 

Alle memorie lontane, alle

Povere e grigie genti della

Terra dai diversi misgovernata!

Eppur si rinfranca il cuor in

Moderne speranze, in sogni

Che loro vedon come lustrini

Da luci illuminati:

Terribili spettri d’una realtà

Che non conoscono!

 

La nostalgica Pietrogrado

Si staglia e si prostra sulle

Baltiche prosperità, 

Fra quieti golfi ed oblunghe

Rene vermiglie

Che fan di te la Cesarea Regina

D’una Russia splendente 

E lontana. 

Il tuo fiume, la solenne Neva,

Si snoda, s’erge e governa 

Imperiosa e paciosa la cittade

Antica ed i suoi cari figli

L’enfiano fieri e gagliardi. 

 

 

 

Il fiume Fontanka

Zampilla imperiale 

Nella città,

Ebbro di glorie e da

Sinuosi ponti sormontanti:

Affiora dolcissimo, 

Come un bacio inaspettato 

Su gote di marmo e mattoni,

E fugge con achillea alacrità 

Verso più ampi lidi. 

Il giovinetto Moyka,

Figlio minore 

Dalle scherzose mosse,

S’appresta giocoso 

Dall’agostano Eden sino al 

Precordio sincero di San Pietroburgo:

E tutto riverbera una pace

Irreale, dalle plutonie

Sfumature di tristi ricordi. 

 

La regal Peterhof dall’aurê 

Cupole si staglia magnifica

Sul baltico golfo, e sospiri...

Interminabili vocî di maraviglia

Accondiscendono estasiati

Alla longinqua regalità. 

 

Dalla capitale sino a San Sergio,

Piissimo trono dall’ortodosso

Cuore, lunghe distese di prati

E conifere rigogliose:

L’eleganti betulle dall’alba

Corteccia divengon 

Il cordiale sorriso della Moscovia

E l’acqua rinasce meno cara,

Meno splendente in acquitrini

Di ninfee e Typhe slanciate. 

Il lontano tempo, la passata Russia

Rinasce palese agli occhi

Incoscienti, e tragiche verità

Si disvelano, perdendo la maschera

Dell’europea illusione. 

 

©Matteo Bona, L'inaspettato diario di Sarmatia.

*

Stato di Natura

Titilla il cielo 

Di pesanti sonate

E la terra soave

Nel buio

Si cela. 

 

Nascosta 

Al giorno 

Dai più veduto,

Come infausta

Ombra dalla vita

Ceduto,

La pioggia

Di Marte

Promulga la guerra,

Infausta sulla 

Terra

La voce dell’Uomo. 

 

©Matteo Bona, Le primavere di Marmo: ogni violazione sarà perseguita legalmente.

*

L’anima della Calliandra

Movesi aggraziata e dolce,

Come una calendula eterea

Sferzata dal placidissimo 

Scirocco,

A mirar, con scaglie di eterno

Con frammenti di Oceano,

Ignote e stupende le 

Morenti nubi. 

 

All’infinita possanza

Dei gaudi ch’essa sconquassa 

Giammai podria comparar 

’L cobalto guardo che dai 

Suoi occhi mi giunge.

Come la fulgida linfa

D’una stella morente,

Soltanto luce, niente altro

Che Anima. 

 

Quell’albo fiorrancio 

Dal tacito ciondolar

M’è parso un melato

Spiro di Perennità ~ 

Da essa solo silenzî enfiavano

Fluidi la mia mente:

Addî quinci s’apprestano 

A divider questa vista,

Eppur - nella più oscura

Regione del mio ramingo

Spirto - sempre terrò caro

E gelosamente custodito ’l

Ricordo di quella gentilesca

Calta.

 

E sia, come una linea diamantina

Che si frange nel crepuscolo 

Purpureo, questo commiato

Un filo d’eterno ricordo,

D’un fior veduto e mai colto. 

 

©Matteo Bona, tratto dalla raccolta In der Palästra®

*

An economic play

Shiny jail, spotted by glamour's sequins,

You dim your reality under gory gauze;

Beneath them, tragic wounds bare

Your previous masks and resurface 

Obloquy, injustices and human pain. 

 

Though the blood gush irrepressibly, 

A blind man feels the hack's ache but not 

The cause of it, and never will he try 

To change his condition because he's 

Too much engaged to steer a greenish

Prow made of damn papers. 

 

This pendulum, this murderous hourglass, evokes

Dreamlike ghosts, similar to human entity - maybe us -,

Which sleepy walk towards the Unknown: O dreadful 

Majesty, reckless pecuniary hubris, as black hole over us

You engulf us through your immense power; and yet 

Pseudo-thinking animals we are but gullibly we hide 

Ourselves under the haphazard vestiges. Maybe luck?

However a complaisant Death which enchants us with

Poignant manners and events! 

A hideous Hand, a stinging immanent force, squelches 

The will and overwhelms - as the firmament for Atlas - 

Our consciousness with garish grant. There, where two

Oceans lave different cliffs of the same land, where

Matter becomes essence and life's cause, that fester 

Manifests his nauseating derivation. Men's sore, 

Mankind's nuisance, as the Gods's wrath that befalls us

Other can't we do expect comply, can we?

 

Lurid jail, twisted perversion, not yet!

You must grow more, and more again

To be an enormous unmovable plague. 

Grim expression of a mortal life, flagitious 

Flout labelled by charming mood and faces,

Featherless souls's villainous Holocaust,

Tell us why! 

 

We are all automatons, grovelling and abject 

Human's imago - as well as a bark could be

Painful weakness's figure -, and, as throngs

Of mislaid infants, we seek oblivion

Misapprehending it for joy. Damned sloths!

O mighty and fatigued, fundamental oxymoron,

God, ask us what you scavenge. 

 

Bid me, O crippled existence, how a fleeting and

Heavy plutocracy would have subdued us: the choice's

Possibility became a linearly dependent life's condition

And nothing else could enrich our will except the greed,

Unique boldness of a greenish Humanity. 

As you will, woebegone and bipedal mass of execrable

Slaves: absolutely confident onto a sure world, sure as

Could be reliable a Sun that wanes to East, you - unworthy 

Cancer of a painful comedy - supervise onto a poor 

Consciousness, delayed between logical jokes and

Terrible abysses. 

 

©Motes of Dust, Matteo Bona: ogni violazione della proprietà intellettuale verrà perseguita legalmente.