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Raccolta di poesie di Rosetta Sacchi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

L’albero

 

Più non si dà pena dei rami spezzati

né delle foglie turbinate nel vento

di frutti ha solo memoria del verde

il sogno d’un prato ormai remoto

 

Sente le sue radici sfaldarsi nel suolo

un cielo capovolto, l’ultimo desio,

chè le vecchie radiche possano respirare

mentre asfissiate marciscono pian piano.

 

- A mia madre -

 

*

A mio padre (alla sua memoria)

 

Padre mio,

tu che hai dimora in cielo

delle nubi ti fai schermo e più non parli

tu mal sopporti della terra il sangue

le zolle spente le tante guerre

 

ed ancor più t’affliggi per lei

che viva sente il tarlo nelle ossa

e ti dà pena quel mugolar sommesso

dell’anima sua dolente

 

padre mio,

tu che hai dimora in cielo

tra lo stormire delle foglie, tu più non parli

tu solo ascolti del mondo le miserie

e per lei , in una lacrima raggeli.

*

Nel silenzio una parola ora si leva

 

Nel silenzio una parola aduna

tutti i miei pensieri.

Ecco dunque spiegato il vuoto,

un precipizio apparente dove

ho smarrito le mie scarpe e i piedi

gli occhi, una preghiera

 

Sorriso e pianto hanno lacerato il tempo

nel silenzio una parola ora si leva,

un soffio che non ha barriere.

Vive l’attimo di luce dei tuoi occhi

ed il sogno vermiglio d’una bocca

schiusa sul tenue ciglio delle labbra.

 

*

Le parole tra noi

 

 

Le parole tra noi sono cadute come un velo

sul plumbeo mare come nebbia sulla terra bruna

come la mano sul mento

come una ciocca fluida lungo il viso quando il corpo s’arrende

 

Ed hanno perso vigore. Vedi i rami nella tempesta che infuria

e anche le foglie staccate ad una ad una quasi con cura

Vedi qualche lacrima che scende e gela come brina

mentre si riavvolge la pellicola della vita...

 

Le parole tra noi ora non fanno male non hanno peso

non cadono a valle come sassi non picchiano sui vetri come neve

non mirano a nulla, semplicemente cadono

e mai le abbiamo amate come ora.

 

E’ quel che spero o forse bramo, io che nel sogno non confido

e attendo solo quiete a lenir gli affanni

Le parole sono rosari tra le dita sono carezze posate con premura

alle propaggini di noi ceduti ad un tratto di matita sopra un foglio

 

I nostri chiaroscuri!  Come fossimo bozze appena partorite

da una nuova stagione verde dopo il nero

Come il nero s’aprisse al vomere della luce,

noi illuminati dal fuoco, invulnerabili.

*

Vorrei dirti parole

 

 

Vorrei dirti parole lievi parole di luce

e le parole sepolte che non ti ho mai detto

quelle che nascono rugiada e muoiono

sospiro in lenzuoli d’ovatta

 

Vorrei nascessero bianche come ali sull’indaco

che ciarlassero allegre,

il pensiero all’approdo

nell’isola quieta dei tuoi occhi bruni

 

Vorrei nascessero spighe, d’oro promesse

nei giorni di lago, placida la riva,

a rimirare solitudini

vorrei dirti le parole non ancora pensate

 

Scrutar l’orizzonte che or s’allontana

e ritrovare il sentiero tra i fianchi del monte

nei sogni spezzati, ed aspettare che torni

con le ombre, la sera, la mestizia a sorridermi ancora

 

Vorrei dirti parole coraggiose e di speme

sulle tombe dei vivi che caparbi rigettano

ogni nudo istante di felicità,

ossessionati sempre dal timore dell’oltre.

*

Senza titolo

Non posso qui sostare

fuori del sacrario

sento il coro di recite, litanico

le mani congiungersi

l’attrito delle note, con fragore.

 

Non mi meraviglio, non più…

 

Le mie ossa non si genufletteranno

vinco l’affanno per una schiena dritta,

pur se da duri colpi offesa. Resisto.

L’arte è altro, lo so dagli anni,

non pietrificarsi nell’attesa.

 

 

*

E’ uno di quei giorni...

 

E’ uno di quei giorni

che vorrei fossero eterni

le parole hanno levità di piume,

 

prima del vento, delle sue lusinghe.

Anche il sole benevolo sorride,

forse m’inganna...

 

mentre ammaestro i miei pensieri

ed il freddo mi tarla

in questo giorno caldo d’aprile.

 

Mi sovviene il mio nulla,

tutto quel che mi serve.

Sotto la cenere cricchia il male di vivere.

 

 

*

Non sono che il sussulto dell’onda

 

Oggi ho digiunato e non importa

chè non si vive di solo pane

ma della spiga acerba dal seme esplosa.

Non bibliche reminiscenze, è sotteso…

ma un pensiero strabico sospeso

nei meandri d’una poesia impietosa

che m’attraversa traghettandomi

per mari incerti ed ignoti.

 

Non sono che il sussulto dell’onda

in via di sfogo, presto alla china

che ridiscende, fragore ed eco

nell’attimo celeste _idillio_

e nel sogno d’una fronda gravida

e d’ogni ramo adorno, speme.

Mentre io perdo la conta delle foglie,

ad ogni passo ogni sosta ogni mancato arrivo.

 

 

*

Coltelli

 

Conficcata nel petto è quella lama

come falce di luna inchiodata al cielo

Grondano stille di sangue al tramonto

mentre attendi pezze sul nero di stelle

 

I ricordi hanno l’odore dei nuovi vestiti

mai indossati quasi ammuffiti

Lacrimano gli occhi e non di sale

dinanzi i tuoi piedi e pozze di gelo.

*

A sera di pensieri un groviglio

 

 

Risuona una voce

sul silenzio che cade,

pensieri in apnea.

 

Sto come una pozza sta

piena d’acqua, ferma

che pare geli.

 

Nessun passante,

nessun fragore

a slabbrarla.

 

A sera, di pensieri un groviglio

l’oblio degli affanni

la stanza intatta.

*

Sul fragile stelo

 

 

Il capo chino sul fragile stelo...

Mi consuma il dolor che

della terra dilania

le profonde sue viscere.

 

*

I pennelli dell’Anima

 

 

Come usa i suoi pennelli l’Anima

come stempera il cielo con l’ocra

come dà risalto alle perle nel buio

come l’uscio spalanca

e lo inonda di luce

come abbraccia i suoi abissi, non sai…

 

Non sai come risorge

da ogni lama da ogni spina!

 

*

Le cose perdute

 

Vivi sereno, le fronde aulenti

verso un cielo pregno di voci

Io e i miei spazi neri, distante…

Non provo odio o rancore

sono secche le pozze.

 

Nessun rumore tra le foglie secche

non c’è racconto nel petto del vento

ma notti grigie di silenzi ed ombre.

Il mattino trafigge un nido vuoto

ed i rami vestiti a nuovo, scontenti.

 

Addio, nuove primavere!

*

Da rosa ad erbaccia, il passo breve

 

Non conobbi altro traboccar dall’orlo…

Il miracolo d’espellere le spine

tra le maglie d’un cancello arrugginito

fu simile ad un miraggio in terra d’Africa

 

Da rosa ad erbaccia, il passo breve

e tra le pietre restarono ferite assedi ed ombre

frammenti d’ali e piume ed ossa

nutrirono il fango con la pioggia

 

Fu la fine sulla lama d’una parola

per l’anima squarciata da tempeste

a me note e sconosciute a chi pretese

di guarire la vita dai suoi mali

 

Fu il riemergere dai flutti anche dai lutti

a frammenti a stille a schegge a lampi

per cercare nuova forma e resistenza

a correnti avverse demoni esultanti

 

Fu il mutare nel rimembrare essenze

svaporate o forse sotterrate

il volo bruco – farfalla, tatuato

da chi s’ostinò tenace oltre la pelle.

 

*

Qualcosa di non scritto

 

Qualcosa di prevedibile

dietro ogni alzata del sipario

Ho incontrato tante comparse

nel chiasso delle piazze

ed ho visto tanti marionettisti

regalare emozioni nelle tragedie

 

Qualcosa di incredibile

dietro ogni calata del sipario

Mi sono distesa con le ombre

io l’ultimo bersaglio del faro

Ho interrogato il silenzio alla fine

quando l’illusione cadeva giù come una sottana

 

Ho dato peso alle parole

perdendole al crocevia

vittima d’una sillaba tagliente

distratta da un chiodo schiodato dalla croce

dirottato nel pieno del mio palmo

 

Qualcosa di non scritto nelle viscere

d’un sentiero di rovi e in un nido di serpi

Ho piegato i ginocchi sotto il peso

d’una preghiera disimparata

di notte, il cielo illuminato a giorno

dopo il precipitare degli occhi sul fondale.

 

*

Perchè cercate tra i morti colui che è vivo?

 

O pie o clementi, devote donne

perché cercate tra i morti colui che è vivo?

La voce dell’Angelo era al sepolcro

all’alba chiara d’un dì di Pasqua.

 

Di Lui è memoria impronta eco

nel lenzuolo che del corpo serba traccia

ieri di verità sepolcro e giustizia

il suo messaggio faceva vibrare l’aria.

 

Oggi il destarsi di colui che è vivo.

Risorto altrove. Così tra altre braccia muore

il pensier tuo così poco incline al credo.

 

Ascolta o Dio il grido dell’uomo

che di passar la soglia ha brama

e veglia e prega, pur con labbro muto

 

e prega e veglia e non riconosce il suono

della sua querela nel dì dell'oltre,

soglia che al piè si sfalda in luce.

 

 

*

I nostri percorsi irrazionali

 

E poi…

E poi si sceglie un nome che ci rappresenti

un nome per continuare a lottare e sperare di vincere

contro noi stessi così remissivi ed esausti così provati dalla vita

così dolenti ed arresi così soli

 

Si sceglie un nome come un vessillo un remo

una riva da raggiungere un comandamento

Si sceglie per similitudine per assonanza

Per distrazione o dimenticanza

 

Si sceglie il mistero più comprensibile

dove poter rientrare a sera come a casa

come tra quei pensieri accantonati

come ad un focolare che ci riscaldi e ci consoli

 

E poi…

E poi si sceglie di non morire tra le braccia di un’inquietudine

mai domata e che ci perseguita fissando i chiodi e da forma

alla nostra croce e poi ci si arroventa la mente come in un braciere

e con mille perché i dubbi i timori gli azzardi sepolti

 

e poi si resta fermi sulla soglia con una domanda

una carezza gelata una traccia perduta d’una stella

quando la terra frana e noi siamo fragili in un volo di farfalla

e nel percorso al contrario, alla memoria del bruco.

*

Il Monte degli Ulivi

 

Salirò il belvedere al monte degli ulivi

di fronte alla Porta d’Oro,

all’imbrunire, quando il richiamo della preghiera

è pungolo per l’anima ed intima magia

 

Camminerò tra le tombe

quelle recenti quelle corrose

quelle con le pietre in cima

Ma altrove io sarò sepolta

 

E non s’avvererà per me la profezia

Andrà il pensiero oltre il crinale

che corona Gerusalemme

oltre il deserto della Giudea

 

quando migrerò tra le stelle

ed il silenzio ammanterà il colle

quando giungerà per me l’ora

e tu mio Dio, sarai ancora faro oltre la soglia.

 

*

Non è meravigliosa la mente umana...

 

Non è meravigliosa la mente umana

ma folle se sceglie abissi di solitudini

e pozzi neri di lune e notti rivelatrici

 

Se i sogni crescessero a grappoli sulle viti

sarebbe certa la vendemmia

ma non sono che cerini nella notte, presto spenti

 

I miei sogni muoiono strangolati

da mano ignota mentre chiedo al cielo

un’alba nuova, d’intrecci e di ricami

 

Non è straordinaria la speranza di chi vive

come nell’era antica l’ora di sole sopra il muro

con le lucertole in posa ed il pensiero

 

sospeso ad un sogno che mai si avvera

E folle è il proseguire senza una meta

in lotta col destino e in balia del caso

 

breve il tempo dell’illusione come la vita d’una farfalla

ed il miraggio d’un ventaglio di colori

su vecchie bozze in bianco e nero.

 

*

Nel caos

Collimano nubi sull’orlo dell’anfora

piovono note in duetti stridenti

s’aprono in danze le aeree fronde

al respiro d’un flebile vento

che muore seminando la terra

 

Una scrollata di foglie percorre la valle

dove l’algido cielo reprime un raggio di sole

Essenza che sbafa la sacralità d’un silenzio

mentre cadono i gesti su orme scavate

dalle passate crude stagioni

 

Si somigliano le sillabe bieche

ai boati improvvisi in luoghi remoti

oscura minaccia presto alienata

ma le nubi si spingono stanche

come sotto una croce

 

Sulla soglia il pensiero s’uccide nella parola

mutilata in un ammanco di suoni

la voce, vibrazione imperfetta, tacita il vero

rimasto sul fondo vestito d’oblio. Ora è quiete,

assente là dove v’è battito d’ali d’una farfalla.

 

 

*

Ora che la solitudine non è in delirio

 

Ora che la solitudine non è in delirio

e a sé converte difetti e pregi

strépiti la musica e nel suo vortice

risucchi ogni grinza ed ogni verso

 

perché non s’oda un tuono di tempesta

ed il silenzio canti con nitido fragore

là dove ogni provvisoria meta

odora del suo labile trapasso

 

L’anima esulti e da cavernosi anfratti

con il fiato vergine primitivo

replichi vagiti e non sia ferita

ma promessa di riconciliazione.

*

E’ dolce l’atmosfera a Marrakech

 

E’ dolce l’atmosfera a Marrakech

coi suoi odori e sapori e la sua folla

Perdersi nel souk e nel labirinto di strade

quando ancora è presto e c’è silenzio,

 

è magica l’atmosfera a Marrakech

prima del the alla menta nella piazza

chiudere gli occhi e respirare

l’immensità del deserto, la sua forza.

 

Ho sognato il tramonto a Jemaa el Fna

sulla terrazza dove s’aprono le bancarelle

e alle narici arriva del cibo il buon odore

con la musica di strada e i giocolieri.

 

Ho un amico vero a Marrakech

un giorno al Nomad noi pranzeremo,

un calice di rosso tra le mani

negli occhi la quiete del deserto.

*

Oggi parlano delle donne

 

Oggi parlano delle donne delle lotte dei soprusi

di una umanità alla deriva

di sogni interrotti miracoli mancati

della pioggia torrenziale e delle nubi

dense sulla luce

 

Oggi dicono di progetti vie soluzioni

semafori da osservare

di madri uccise di bambine vendute

E ancora la differenza tra maschio e femmina

guadagnerà il palco

 

Oggi qualcuno parla di Eva e della mela,

ma questa è un’altra storia…

*

L’Anima

 

Vi sono recessi dove non approdo

ad ogni passo è un indietreggiare

chè scavare è ostinazione

e si rivela disegno assai fallace.

 

Non graffio che la patina, nevrosi

d’un pensiero in equilibrio, regista del vuoto

Confido solo nella tenuta del filo…

l’unica supplica che il tempo non intacca.

 

 

*

Tutto ciò che non può essere compreso

 

Ho trovato la chiave per capire

tutto ciò che non può essere compreso

il verso d’un fringuello il paesaggio

la mente d’un uomo il suo coraggio

di comparire in maschera (apparente)

annunciando d’essere se stesso

sempre o soltanto troppo spesso

 

Ho silenziato il cuore nel setacciare

ogni angolo con perspicacia

chè ragione sempre in me prevale

nelle necessarie scremature

e l’eremo ora è come specchio

di silenzi e smorfie (caricature)

dove il buio annovera le rughe

 

Ho trovato la chiave dell’abisso

dove mi cerco quando ormai smarrita

non sogno non spero non mi dimeno

nel tentativo inutile d’eclissi

Ed ora so che non può essere compreso

quel macigno dell’anima sul corpo,

gracile fusto dalla chioma greve.

 

 

*

Nel giro di giostra

 

Nel giro di giostra, all’arresto,

non è compreso

il rammarico d’un insuccesso

il turbine dei pensieri

nella cadenza di verbi invertiti

nel senno del poi o del cuore

 

Perché ad ogni testa si contrappone una coda

e la distanza è solo un assioma

il referto è dissenso o idillio nella follia

Nel giro di giostra, all’arresto,

non è compreso

l’acuto di meraviglia, un segmento di noi, veritiero.

*

L’ouverture ad un’incompresa poesia

 

D’improvviso citare qualcuno mitico o solo ordinario

diviene stravagante novella come l’alba al tramonto

ora che l’onda s’innalza espellendo a riva la cima

Ha clamore di spot la durata sua breve

anche la sabbia è polvere d’oro l’istante dei raggi del sole

e le vuote conchiglie memori sono d’antiche memorie

Orfana io sono d’una frenesia inespressa

di idee ai bordi della follia d’una voce udita

una breve armonia balsamo sulla mente in fervore

 

Compreso nella curiosità è l’assillo del chiodo

lo sguardo diretto lontano la luce in fondo alla grotta

l’arcano di fronte e qualcuno incompreso

rappreso tra le ventose affamato d’aria e di poesia

V’è un indizio deviante nell’indice di versi sconnessi

un non ritorno dalla pezza sugli occhi

è ciò che in danza esultante la pupilla evidenzia

È così all’apparenza, l’ouverture ad un’incompresa poesia

un’evacuazione nell’aria, insospettata.

 

 

*

Lo stupore d’un bambino

 

Dardi lanciati nel domani quelle ludiche catene

del conoscere tra speranza e sogno

assaporare il fiume ad ogni goccia, il mio sapere

di marea in marea sfiorare l’onda

con la luce che spezza il vermiglio dei papaveri

e il colore che si propaga sul chiaroscuro

 

Crescono tra le crepe delle dita fili d’erba verde

non sono spenti i miei occhi sono lame

a fendere la pece mentre varco l’enigma

e osservo il mondo, lo stupore d’un bambino…

mi meraviglio di tutto, del pensiero della vita dell’uomo

del caso e del destino e di me caparbia in ogni divenire.

 

*

Sarà inevitabile

 

 

Avrai un volto di cartapesta

grinze anche nei pensieri

E saremo impotenti in due,

la percezione d’ un fulmine

 

Chiuderai gli occhi come per dormire,

quelle sfere che raccontavano il mare

quasi mai visto da vicino,

ad ogni stagione affamati di luce

 

Attenderò ancora una tua parola

come il tonfo d’un pomo tra le fronde

e tenderò la mano al tuo ramo

mentre il tempo non sarà più nostro

 

E tu altrove mi guarderai mansueta

avrà parole scarne il tuo belare

a rassicurarmi che stai bene,

le lacrime tra la lana dei capelli.

 

 

“Una mamma è come il mare.
Non c’è tesoro che non nasconda.
Continuamente con l’onda
ti culla e ti viene a baciare.”

Da “Che cos’è una mamma” – Francesco Pastonchi -

 

*

Esilio

 

È una presenza che crucifigge

questo esiliarmi in orchestra di silenzi

Chiodi d’un mal comune e note

asfissiate nell’ancia d’un sax

quando la notte scheggia di luce il fosco

 

ed è un suolo straniero il Pensiero

dove il vento semina un velo

La polvere amalgama il tempo

l’inganno d’un giorno inatteso

fiorisce in stagione d’inerzia

 

Muore a ridosso di labbra

un fonema esercizio sospeso

non consono all’angustia del luogo

È una presenza che manca

a raggio, sulla cresta del vuoto.

 

 

*

San Faustino

Pochi ti venerano Faustino nel cercare l’anima gemella,

patrono con Giovita, di Quinzano d’Oglio

Chiari e Sarezzo,  ed in quel di Bergamo, di Brembate.

 

Contrapposto al dì dinanzi, quando Valentino

cuori dispensa d’ogni sostanza fatti ed altri

trafigge con lusinghe ed archi.

 

Oh beata solitudine che rischiara notti insonni e che ricama

di nuovi sogni la via sottile tra le frescure boschive e l’acque

e non distingue sopra i calendari santi vicende e paralleli!

 

Beata solitudine che le menti schiude

e ai sogni dà nuovi profili,

oggi ch’è mutato il tempo e l’emozione è un suono

 

ad eco sullo sciame dei ricordi in cui s’alterna al pianto

un sorriso increspato come il mare quando

lima l'onda il vento,  e creste spunta!

 

*

Amami!

 

 

Stonato il suono rauco di asperità

rimaste tali in un tempo killer

favole la brama di verità abortite

la terra che espelle il seme e il vento

carico di pioggia che persevera e ancora

nella zolla il dente affonda

 

In questa danza di nubi vola!

Sboccia in quella mano che strappa segni

e di storni a lutto veste l’azzurro

sosta Pensiero sui miei passi ignaro del cammino

come un grigio sasso come una foglia

screziata di giallo e rosso in uno strappo di luce

 

Un petalo appassito chino in volo o al suolo

all’ombra possente di frondose chine, il tuo sapere.

Quest’ignoranza è l'antico sale d’un pensiero

incerto tra opposte rive dove

il sole fiacca una lucertola e le mie ali

hanno il vibrare mancato d’altri cieli.

 

*

Allontanarsi

 

Stanco del proprio corpo

e d’un acrobatico pensiero

non più nuovi respiri

sulla opposta riva ad incitare il remo

 

La mano il moto dell’acqua

ed anche il vento nella sua boria

vincono il silenzio che cade

come drappo e cela la rinnegata gioia

 

al pari della collera la noia

la tristezza su occhi che non vedono

e bocche senza suono orecchie sorde

naufraghe in un luogo dove nessuna mano

simula carezze disegna abbracci

 

e separa labbra serrate

al pensiero d’essere dove non può

ma è sempre stato, testimone il sorriso acceso,

un sole nuovo nella notte tarda,

nella notte nera, nella notte di chi  non esiste.

*

Il ’tu’ del Poeta

Non pensate all’amore

per un luogo un’ombra che ci equivale

una stella in terra ad autonomia definita

Non pensate all’amore

per l’ovale d’un viso,

amico amante familiare,

un giaciglio dove le ossa riposano

uno specchio dentro cui annegare,

arresi ed inermi ad una vita ingrata.

 

Chè l’amore non è cosa facile

Non pensate all’amore carnale

né al pensiero innestato che gronda germogli

né all’idea d’un puzzle che si completa

non pensate all’amore

o alla reciprocità di farsi del male

alla pretesa d’una ragione assoluta.

Chè il tu del poeta è un fiammifero acceso

che illumina il suo viso soltanto

 

è un io che si oppone alla sua presunzione

un io diversamente coinvolto nell’altro.

Oh Verità, Verità assoluta quanto lontana tu sei

da ognuno e specie da me che ho creduto

sperato osato acrobatici voli per fuggire

dove solo il Pensiero è sovrano.

In quel tu del Poeta noi cadiamo come dentro una rete

tra le maglie sottili e la muffa alle pareti

magnificando il ragno e la sua artistica tela.

 

Noi, impotenti e deficienti d’ogni sapere!

 

*

Gelsomino d’inverno

Vorrei raggiungerti, nella leggera brezza,

gelsomino d’inverno, e in guizzo di luce

rifiorire sotto un cielo cobalto.

Un’erbaccia infesta, estirpata

non osa più sogni e non brama riscatto

 

chè le parole sono state la piena d'un fiume

i silenzi i rami secchi il pensiero un aquilone imperfetto.

Chimera la vita, il tempo un perpetrato inganno.

È passato Amore su ogni zolla

e come il deserto ha offerto miraggi.

 

*

Sempre si è soli

Sempre si è soli

al nascere e al tramonto

chè amore è un sogno breve

e il viaggio d’un dardo,

un lampo

a fulminare il cielo,

cieco.

 

*

Ad ogni mare mosso

 

 

Non teniamo più il conto

degli strappi tante volte ricuciti

 

Giace ora la vela, lacera.
Ripiegata sulle sue ferite. 

*

Mia madre

Vorrebbe correre come corre una donna della sua età

non come un bambino, che lei sa che non può

e un bambino mai non è stata nella verde sua età

 

Vorrebbe andare pian piano, i passi leggeri,

tra le pareti del suo regno e spolverare le briciole

riempire un bicchiere sistemare sul tavolo una posata

 

guardare fuori della finestra le nuvole ed il sole.

E’ di questo che sogna tra le coltri azzurre delle lenzuola

dentro il letto arroventato dalle sue pene

 

mentre geme in silenzio per un nuovo dolore

che si somma all’antico e ripete sto bene

se legge nei miei occhi affanno e timore

 

E’ fermo il suo tempo mentre conta le ore

senza far confusione tra la notte ed il giorno.

Ha coscienza d’un mondo che va nel male e nel bene

 

più il male, lo sa, dalla televisione ad alto volume.

Lei sospira e ripete sto bene mentre invoca la fine

rannicchiata nel letto e nel suo corpo di piume.

*

Arresta il tempo Amore

Arresta il tempo Amore
quando dei tuoi occhi
naviga il mare


Fatica il remo

per il ribollir dell'onda

e il pungolo del vento


Non teme schianti in acqua
 avvezzo è il cuore
a venti di burrasca più tenaci.

 

 

*

Ogni verso piange

Ogni verso piange, orfano di cielo

un sentiero di pietre smerigliate.

S’è posata la brina sul selciato

e sull’erba del giardino

dove un altare ho consacrato

alla chiarità d’un Pensiero sincrono  

 

di promesse allegre e di speranze.

Non mi domando dove hanno le radici

esili ramificazioni assetate d’aria.

C’è solo polvere sulle cose

e sui miei passi, polvere sulle rose

ora avvizzite e sulle spine vive.

 

*

Responsabilità

Rivoli d’acqua rigano la terra

ed il suo volto muta ancora e muta il mio.

Di creta il tempo onirico prevalse

nella lotta impari con la vita,

ora parole oscure tornano chiare

tra le maglie del crivello.

 

Non ha fissa dimora il Pensiero.

Cade, irretito dal nulla, sotto la croce,

nello spazio dove tutto è compreso,

anche il verdetto.

Reo forse fu il canto

del remoto affanno?

 

 

 

*

L’ultimo abbraccio

 

 

 L’ultimo abbraccio

non pensavi d’averlo già dato...

un dì d’attese vane

e magre speranze,

destinato com’era

a quell’ora del commiato.

 

Traghettati

da una sponda all’altra,
la mente attonita

lo sguardo smarrito.

 

 

*

Addii

 

Non più un cuore che batte ad ogni sillaba

della tua bocca quasi fosse uno scrigno

a disvelar una perla, che ascolta e dona

nuovo afflato ad un verbo antico o comune

o ricercato per un effetto speciale,

quel bagliore improvviso nel buio che non speri.

E' il nulla nell'involucro grezzo

d'un corpo in cammino

che s'arresta ad un ingrato traguardo.

 

 

 

*

Ha memoria l’erba funesta...

 

Ha memoria l'erba funesta
del verde prato?
Ora il tuo piede falcia ogni zolla
sordo al grido di dolore

e al pianto che irrora la terra
al sorgere d’un nuovo giorno.

 

*

Dialogo con me stessa

 

Incapace di andare oltre, il Pensiero
fermo sullo specchio di un lago
contempla i suoi cigni morti,
vaga sconsolato
tra le maglie del vuoto

 

"Bisognerebbe abbracciare la stupidità
per non comprendere i ritornelli
i giri di valzer e i voli acrobatici
le inversioni di marcia
i semafori spenti" ...

 

Osservo allo specchio il mio viso
segnato dalle troppe fatiche
e mi convinco della mia stupidità
poiché continuo ad avere una parola buona
per chi persevera colpendomi alle spalle.

*

Abiti ogni stanza di questa mente

 

Abiti ogni stanza di questa mente

che ha dimenticato l’uscio aperto

su volti di pietra sullo schianto di onde

risvegliatosi dal torpore

Il dolore schiuma in altro modo

tra ciglio e labbro e non sa parola

solo geme quando di foglie il sentiero s’affolla a stille

 

Ma tu non dirmi che non dormi

nello stormire dei cipressi

e aspetti il grido delle rondini

nel cielo stanco d’un monotono tubare

Gli inverni mi assomigliano a sera

nello scialle che si rallegra del fuoco acceso nel camino

dove sola inseguo faville, il nero gatto assente e pure il cane

 

Cammino per le vie straniere

di un tempo che non ho scordato

le corde d’un liuto il gelo delle dita

nel fumo delle caldarroste

Il tuo silenzio grave sulla nuca

ogni volta che ti precedevo ignara d’una sorte amara

all’angolo, inattesa d’un evento scolpito dove

 

il mare mormora ancora ed io mi soffermo ora

sull’oscuro abisso tra le fronde sul muretto

alla penombra delle mie memorie

Non dirmi che tu dormi all'ombra dei platani

mentre guardo un brusio di stelle e sogno

di sogni mai avverati e di colori

annegati dentro chiaroscuri.

*

Voglio essere l’alba che non sa del suo vagito

 

 

Voglio essere l’alba che non sa del suo vagito

Voglio essere l'alba che non sa del suo vagito
se di nebbia o di luce
ed incontrarti all'orizzonte
dove ogni ricordo è perla nello scrigno del tempo


Tu pianifichi ogni istante del giorno

ed ogni evento futuro
ho timore dell'oggi come sarà domani
ora io vivo in equilibrio sul filo


E non so se ho speranze né sogni

ma la luna di notte sorveglia il mio sonno

perché domani il sole illumini ancora

il sentiero fragile di foglie e i miei passi nell' oltre.

 

 

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 

 

Je veux être l'aube qui ne connaît pas son cri

 

Je veux être l'aube qui ne connaît pas son cri

qu'il s'agisse de brouillard ou de lumière

et je te retrouve à l'horizon

où chaque souvenir est une perle dans le coffre au trésor du temps

 

Vous planifiez chaque instant de la journée

et tout événement futur

J'ai peur de savoir aujourd'hui ce que sera demain

maintenant je vis en équilibre sur le fil

 

Et je ne sais pas si j'ai des espoirs ou des rêves

mais la lune veille sur mon sommeil la nuit

pour que demain le soleil brille à nouveau

le chemin fragile des feuilles et mes pas dans l'au-delà.

 

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

 

 

أريد أن أكون الفجر الذي لا يعلم بكاءه

 

أريد أن أكون الفجر الذي لا يعلم بكاءه

سواء من الضباب أو الضوء

وألقاكم في الأفق

حيث كل ذكرى هي لؤلؤة في كنز الزمن

 

أنت تخطط لكل لحظة من اليوم

وأي حدث مستقبلي

أخاف من اليوم كيف سيكون الغد

الآن أعيش متوازنا على السلك

 

وأنا لا أعرف إذا كان لدي آمال أو أحلام

لكن القمر يراقب نومي في الليل

حتى تشرق شمس الغد من جديد

طريق الأوراق الهش

وخطواتي إلى ما وراء ذلك.

 

 

 

nota: traduzione in francese effettuata sulla base delle mie conoscenze scolastiche; traduzione in arabo,  con l'aiuto del traduttore

*

31 dicembre 2023 (allo scoccare della mezzanotte)

-  Allo scoccare della mezzanotte -

 

Che alta marea ora tra occhi e cute!

Sotto la radice che affiora grigia

per questo trapasso di cui non m’avvedo

se non sul calendario,

un numero a decrescere

un’alfa ancora pregna del vecchiume,

ironia e severità.

 

Un calice rosso canta le note d’un pensiero agile

con pieno diritto a delle scarpe nuove,

che a rappezzar le antiche non conviene.

Ai primordi, nel tempo sepolto, furono ali…

 

Temo dell’alba un’onda che mi scompigli

imprevista, inattesa nella sua irruenza

poiché l’incanto vince ogni timore

e l’approdo nell’universo stellare non è improbabile

mentre percorro il filo dell’orizzonte e vedo

di memorie scheletriche la cornice lucidata a nuovo.

 

Perchè sei altrove, tu sei altrove, libero in disparte

a benedire ogni errore ogni distrazione

ogni umano vizio (fuorchè il mio? )

Non so dei passi in avanti se resterà il suono

dove le foglie respirano le nebbie.

So d’un cuore che sanguina ad ogni attesa spenta.

 

Ora io vivo l’estate che s’attarda

oltre il cancello incensato di rose

e respiro l’anima del cielo,

verdeggiante convolvolo nell’incendio della sera

 

Ora assaporo un frutto che sa di amaro

per il tempo trascorso vuoto di terra dura

di ferite perenni, crepe senza radici e seme

insaziate d’acqua e di luce,

trappole per un piede distratto

spesso fuori del suo binario.

 

 

*

Stelle di Natale

Il Natale non ispira più i Poeti

persi tra una stoltezza ed un vizio

che tante grotte hanno visitato

col nero dentro dove anche le ombre

furono spiragli fioriture gemme

argentee stille nella coltre di pece.

Il Natale addobba le vetrine

e regala maschere nuove per un giorno

segnato in rosso sul calendario

e ricalcato su tovaglie e candelabri.

 

Le stelle hanno il puro della porpora

con l’oro si fanno sì splendenti

di un bagliore nuovo quasi emulando

per altri versi il cielo che diversamente rifulge

Hanno le stelle ora un vigore

che va oltre la cruda stagione

e perdura per mesi forse anni

di cui non porti il conto

t’aspetti sempre vadano scemando in foglie

o s’arrendano d’un colpo,

abituata come sei alla morte.

 

Talvolta illudono,

_l’anima d’un sempreverde_

e ti meravigli con occhi sgranati di bambino,

mentre i tuoi passi come un nastro

portano indietro o altrove i tuoi pensieri al pascolo

e alle tue chimere.

 

Il Natale non ispira più i Poeti

persi sui social come al bar

a tracannare intrugli senza nome

di cui non comprendono il sapore

aspro o dolce che sia o forse sciapo.

Melodie chiedono ai silenzi spazi nuovi

e spesso lasciano scivolare note

come su un tappeto

con nonchalance e senza alcun dolore.

 

 

*

I miei giorni di neve

Il tempo delle mele è lontano

dell’Eden non ho memoria né speme

in un riciclo d’aria reclusa

discuto del tempo coi segni

tatuaggi su bianche pareti

 

Nulla m’intacca…

chè il viso

riflette bufere dell’anima

e del corpo

premura non hanno

i miei giorni di neve.

 

 

*

Riscrivi i tuoi giorni sugli attimi

Riscrivi i tuoi giorni sugli attimi

che i miei sono nodi oscuri

quando l’ora tradisce il giorno

ed io mi perdo in percorsi chiusi

 

Forse nel cerchio delle tue braccia

le nubi si sarebbero dissolte.

 

Piange il muro ora la tela per un chiodo

accartocciata come foglia sul sentiero

Ed è Natale. Si rinasce ubriachi in un sogno

che all’alba muore senza alcun clamore.

 

 

 

 

 

*

Ho scampo?

Se l’idea è un chiodo che insiste

e il tarlo si lagna della fragilità del legno

il ragno tesse le sue maglie ad arte

la vita danza al rullo dei tamburi

e la polvere è polvere ad ogni stagione

e muta all’omega

 

ho scampo su incerte gambe

e radici divelte?

 

Il regista spodestato non si dispera

per mano maldestra

la tela è un groviglio di fili

E il tempo è un capolavoro divino

(senza lancette né muro)

che osserva imperterrito

e non conosce tregua

non ha pazienza

né l’agonia dell’attesa

Nulla brama se non il suo andare.

 

*

Non angeli non ombre sul mio cammino

 

L’anima anela equilibrio tra terra e cielo

non angeli né ombre dietro angoli di strada

a dirmi del cammino o a tracciare sentieri

oltre un misterioso orizzonte

Ricordi effigie momenti scatti tatuati nella memoria

fantasie di notti insonni menzogne

Promesse… sagome che hanno indossato vestiti

troppo stretti e tacchi vertiginosi

liquefatte giacciono al suolo e non domandano riscatti

resoconti al destino altre chances

o recinti dentro cui scivolare

 

In un tempo antico una mano tesa nel buio

non fu sufficiente alla fede

planare nel vuoto, una piuma nell’onda della bufera,

non equivalse a volare

Fu l’assenza di passi contigui ( la tacita sola promessa )

la mossa sbagliata infedele al vivere in sogno

E si guarda alla fine da un’altezza cattiva

un’ombra che si propaga, chimera o semplice segno

una macchia o una virgola appena accennata

che s’allunga esausta nel cielo ramificando.

Non ci sono più lacrime ora e neppure preghiere.

 

 

*

Rosa del deserto

 

 

 

Forse mancarono le necessarie cure,

la premura le attenzioni oltremisura

E l’azzurro divenne gabbia

la fine rugiada pioggia torrenziale

E l’orizzonte fu gelo tinto di rosso e di rosa

L’amore esalò così l’ultimo respiro.

*

Amor qui in caelo es

Amor qui in caelo es

che hai compreso i tumulti del mio cuore

e dell’anima mia come dietro un velo

hai rimirato mari ondosi e spiagge

e d’ogni neo hai celebrato in canto

timori e speme silenzi e verbi

 

Amor qui in caelo es

libero plani su clivi ed erte

divelto dalla terra rovente un dì

d’indicibile  dolore

tra lacrime silenti e spine

 

Amor qui in caelo es

e vivo hai dato amore e il volo

hai insegnato alle mie notti buie

ed hai raccolto piume e reliquie

per ogni inettitudine

e rianimato il mio respiro ad ogni apnea

 

Amor qui in caelo es

dona riparo ai miei giorni aspri di gelo

alle labbra serrate agli occhi lassi

alle mie ossa al tempo che m’attraversa

e segna il viso e piega il mio capo arreso,

pure ad un sogno breve.

*

Dicembre

 

Attendo una sorta di magia

una parola abusata che si veste di nuovo

un’aria mite di zufolo dal colle

il canto d’una cincia e a schiera

i compagni di ogni giorno

i passanti discreti i ragazzi nel cortile

le donne accorse in piazza

al richiamo di un ambulante

e le campane austere mentre spezzano silenzi

e rubano parole in cima alle salite

 

Dicembre è socchiudere gli occhi

sull’incessante trascorrere del tempo

concorrere col cielo quando il buio smette

ed in una scia di luce ci si ripara dal dolore

È tempo di consuntivo, dicembre

molti hanno preso a iosa e a danno altrui

Pochi hanno dato, convinti che tutto torna.

Forse accadrà domani.

Forse domani è il giorno.

*

Un foglio bianco

 

 

Vorrei riempire di nero questo bianco

una distesa che non è sabbia e non è mare

non è neve sulle strade e sulla piazza

questo bianco che si tinge d’ebano

del nero dei gatti quando è notte

e nell' aria d'un filo nero di corvi

e del nero delle rondini in coro

nei giorni chiari della Primavera

 

Vorrei riempire di nero questo bianco

che mi si staglia dinanzi come un muro

liscio uguale senza incrinature

graffiare l’aria per strappare al cielo

il suo candore e al pari della luna

mostrarmi aliena lontana indifferente

persino dinanzi al mio dolore

mentre il bianco fisso e il mio pensiero è zitto.

 

*

Questo male

E’ come essere risucchiati dalla terra

un ponte che cede e s’accascia su se stesso

una scalinata che si riavvolge

e si cumula in un mucchio

 

Pietre e sabbia,

fibre ed ossa che si sfaldano

ed ogni centimetro s’assottiglia

d’un epitelio raggrinzito

 

Il corpo non è nulla

non più il santuario benedetto

dalle mani in un susseguirsi di carezze

lo splendore sinuoso che ammutolisce gli specchi

 

È un sentiero che si perde tra gli sterpi

un tenue filo d’acqua che scompare

e non v’è luce in uno spiraglio

oltre quell’abisso che ora implori

devastato dal dolore.

 

*

Tempo nuovo

 

Il tempo è nuovo

di foglie sparse di rosse castagne

d’inquieti mari nella bocca del vento

di pensieri in un’altra lingua, talvolta muti

talvolta vaghi spesso incompresi

di parole che vanno su sentieri percorsi

da chi migrato nell’ultimo volo ora sorride

oltre le cime brune confuse nell’oscurità

da chi stanco della solita pietanza

ora mastica aria e fumo

da chi ha dimenticato il sorriso

verdeggiante nei campi di papaveri

 

Non ha nome l’albero osannato

ora piegato nella sconfitta

non ha nome l’uccello ridotto in cattività

non ha nome il desiderio antico

meteora destinata agli abissi

non ha nome un sogno divelto dalle sue radici

Il tempo è nuovo lento senza trappole

senza un galateo

Potresti sederti sulla sponda del fiume

e vederlo passare inutilmente

o potresti prendere le redini in mano

e finalmente ostinarti a voler vivere.

*

Ci sei mai stato in Paradiso?

Ci sei mai stato in Paradiso? Dimmi di sì…

Io no, non voglio entrarci neppure dalla porta di servizio

non voglio vederlo neppure in sogno

non fa per me un posto azzurro perfetto

geometrici voli un cielo d’ ovatta dove far riposare

le membra stanche. Amo gli oceani le tempeste

le foreste fitte dove il buio ha suoni e i suoni un nome

amo gli scogli i piedi stanchi la sabbia il deserto

per quanto io non abbia mai visto il deserto.

Ma amo l’immenso.

 

Ed un amico mi ha detto che c’è quiete nel deserto

ed il tempo è fermo è nostro è sempre allegro

Ci sei mai stato in Paradiso? Io no

ma qui sulla terra quando il dolore va via

spazzato dal vento

ed anche la solitudine diviene una stella

stanca di ascoltare le nostre disavventure

c’è sempre un orizzonte nuovo

un sorriso che dondola su un ramo

come una foglia conscia del suo oro e del suo declino.

 

*

Tristesse

 

Questa tristezza così fitta così persistente
questa stanchezza nelle ossa e nella mente
non è per i morti vivi nell'anima

e nella luce che rischiara ogni notte

non è per chi ha deciso altre vie altri viaggi

altre mete altre compagnie


E’ una tristezza dei vivi quando ricordano
le tempeste i muri superati i sentieri esplorati
i rovi le alte maree le oasi nei deserti
É una tristezza dei vivi quando i bagagli vuoti
trovano posto nella quiete
e quando le scarpe restano in un angolo

chiuse dentro una stanza, deformate


E’ la stanchezza dei vivi quando rincorrono

desideri e sogni nel vortice d’un attimo

è l’eternità che sorride al timore d'una vita

che inganna ed ancora illude. 

 



*

Ultima domenica di ottobre

Quando il cielo è azzurro e il sole clemente

ed il vento quieto dopo le sfuriate dei trascorsi giorni

e notti d’inquietudine e nubi in movimento

respiri un’aria novella, ti pare primavera

 

e pensi  che tutto può accadere

tutto quello che non sai e non immagini né ipotizzi

Ma pensi al buono ad un sorriso ad un sogno che si avvera

ad un miracolo, nuova forza inaspettata, un inspiegabile ardore

al coraggio che quotidiani eventi chiedono impellenti

 

Se non ci fossero le guerre e le menti folli

e i palati assetati gli ipocriti i bugiardi

gli speculatori della pace

nulla sarebbe tutto il resto in questa vita

che ci vuole desti e sempre in guardia.

 

 

*

Chi lo dirà ai bambini?

 

Chi lo dirà ai bambini che non è luce la Luce
che il fuoco brucia e non riscalda
che le nebbie nascondono le lacrime
mentre chini a terra fingiamo di raccogliere le perle

Chi lo dirà ai bambini che il vento butta giù gli alberi
e non accarezza il mare
e la sua voce addormenta il suono
di parole finite tra  i solchi più neri della terra

Come sopporteremo l'eco d'un silenzio assordante
e vestiremo rami spogli di nuovi petali
e percorreremo il sentiero fino all' uscio di casa
aprendo la porta d'una stanza nuda

 

*

Eppure entrerà il sole tra le imposte
e sfiorerà i loro visi sul cuscino
Sì,  sveglierà i bambini
e accenderà il nostro sorriso e il loro

Batterà la pioggia sopra i vetri così forte
che ci parrà di udire qualcuno alla porta
E le foglie cadranno ancora, rosse e gialle
a caso staccandosi dal ramo

E poi verrà la neve e nuvole di fiocchi
lieviteranno in un manto immacolato
e sotto la neve germoglierà la vita
nuove foglie sui rami irti al cielo

Ma ora che il tempo è fermo e non è nessuna stagione
chi dirà ai bambini che la vita non è più uguale
eppure vive d'ogni parola buona e generosa

e d'ogni gesto e suono che la memoria saprà riesumare…

 

 

 

*

Una voce...anni fa

 

 

( Del tempo antico )

Una voce anni fa

quando lo spirito giovanile era di bagliori un ciclo 

e non interrogava albe e tramonti

né distingueva irte e discese

Erano vie sentieri angoli di strada

vicoli deserti oasi rive

dove la luce come dea scendea su occhi e viso

e creava di nodi chiaroscuri

Le ore liete sul terrazzo scandivano un settembre

di aforismi a dismisura filosofici pensieri idee
Ed io mi figuravo epistolari con menti eccelse

e le note vecchie e nuove erano vortici

dove l'anima esplodeva in un desiderio di sapere alto


Di spighe e di mosto era il sapore

mentre la saliva impallidiva in bocca

e copiosa la lingua era di parole,

lieve il fruscio come di foglie

al passaggio svelto dei pensieri

Anche il cattivo di ogni ipotesi d'eventi

non era grave, eccezione alla regola

in un risucchio battito aritmia eco
ed una voce udita anni fa,

una voce alla radio

 

l'abbraccio d'una carezza

come le atmosfere misteriose d'una stagione cruda

dove il camino rischiarava della stanza le pareti,

ma forse era estate pur se non rammento ora

un frinire di cicale o il tordo o la tortora al mattino

il fiato caldo del cielo sulla nuca sin dalle prime ore


Tutto è normale il ricordare e la dimenticanza
anche lo straordinario stupore di legarsi al caso
Non rammento che una voce alla radio
piuma o frusta in un dormiveglia del mondo fuori

di qualche ora e culla di inespressi desideri

quando i sogni erano solo un'ambizione pura

 

Tempo che terminava sempre

con un sapore amaro dell'oltre assente
Peccato… l'argomento ora latitante

mentre altrove quella voce narra di vite

d'esperienza di errori abbagli
Sono trascorsi ottant'anni dal vagito?

Per chi o cosa?

 

Io ne ho quasi cento di peso e molto meno

di presenza sulla crosta terrestre

esausta d'ogni filo d'erba e di formiche in fila laboriose,

invecchiate anzitempo
Sto parlando d'altro

non d'amore, che l’amore non è l’unico affanno…

 

Sto parlando d’altro

ed ininfluente è che ci sia qualcuno oggi dietro quella voce

udita anni fa, solo una voce

alfa ed omega di un giorno breve

una collana d'attimi.

 

Mio Dio, un giorno pensato eterno!

 

*

Piovve

Piovve …

tanto piovve che d’annegar credetti
nel fiume di ataviche memorie

 

Un grido di gioia all'albore
o piuttosto un urlo di stupore?

 

Poi...

il susseguirsi d'innumerevoli tempeste
ed arche che si rivelarono precarie. 

 

*

E c’è chi parla dell’amore come di una cosa

E c'è chi parla dell'amore come di una cosa
uno straccio logoro
una sedia sghemba
una posata arrugginita
non una pianta raggrinzita
non un grumo di lacrime sul tappeto
non il fiume di gocciole nel lavabo


Io scomoda sulla sedia preda di litania di note,
spenta

mentre gli occhi divampano nel sonno
e sogno di luce ombre mai sognate
voci stridule acide afone
ragnatele illusorie d'un immenso che scolora


Ecco ora tutti parlano dell'amore come di una cosa
un'erbaccia estirpata ai lati del cemento
un'erbaccia calpestata

sterile
ora che anche il cielo è plumbeo
ed il cuore è solo un disegno
sopra un foglio. 

*

Impressioni d’autunno

Mutata è ogni sostanza

padre compagno amico d'una vita

ora non sono che un nome

 

Sospiri raccolti in altri lidi

moti suoni vuoti

Si scuote la foglia quando tra i rami si culla

 

Sei quell' istante di vita piena

di spighe e di filari maturi

Ma altrove…

 

Viva per caso o per miracolo.

Ombre lusinghe richiami

premure, bozze che vivono di quotidiana morte

 

Altro non sono che il guado

la riva l'approdo

il desiderar sepolto.

 

 

*

Inizia ora

Inizia ora la lotta con la vita,

ora che imperterrita ti sorride
mentre la pioggia t'inonda

 

Non ti curi dell’acqua nelle scarpe,
il monotono ciac-ciac, la litania dei passi

la mente in avaria


E hai solo un cerino tra le mani

per far risplendere la tua notte buia. 

  

 

*

Chi si accontenta gode...

...Forse a metà d'un bicchiere mezzo pieno
chè il vuoto è un lacrimar di tanti
forse perché mani tremanti reggono un peso
tra piombo e piuma


E i passi simulano il cammino esploratore di siepi e rovi
le corse, le antiche corse, i duelli per primati vani
il podio, premio il cuore di guerrieri audaci, stime…
ora sono cose se non in oblio, con cura sistemate
in cassetti d'acero e lavanda


Profumate memorie scrigno dove s'odono note
di pianola, suono melodioso come di carillon
Si perde il senso, segno d'una vita in sogno percepita
tra calici e velluto di tempi in controluce, vivi


quando un bacio inaspettato illuminava le fatiche
del giorno tramontato e le demoliva.
Stragi quelle che davano guizzi agli occhi
e li tenevano desti su penombre attraversate
appena da un velo di luce


Ora è deserto e dell'oasi resta uno schizzo saturo d'inchiostro
un bozzetto da accarezzare in solitudine
Chi si accontenta gode,
forse a metà delle assenze dei lutti dei voli interrotti.
E delle ali lacere nell' angolo più remoto d'una stanza nuda. 

*

Torno in un lido ameno un tempo

( sulle tracce di chi non c'è più)

 

Non riesco a passare dalla gioia al pianto
e viceversa
Fuggono i pensieri dalla mente
e come uccelli
non chiedono riparo tra i rami

ma cieli liberi


Torno in un lido ameno un tempo,

ora deserto 
sulle tracce di chi non c'è più.
Colori immagini parole.
Tutto giace scomposto e tutto duole
come in una casa con le persiane chiuse
dove non entra più la luce.


E tutto è compreso in un disegno incompiuto.

 

 

In memoria del poeta Antonio Terracciano 

 

*

Toneggia l’aria

Toneggia l'aria,
il cielo tutto una nube
ad ogni rintocco riecheggia
un perturbato tempo settembrino.

Sul grigio asfalto gocciole s'affollano
s'infittiscono in cerchi, a dismisura
mentre le note d'un accorato pianto
hanno il fragore del vetro contro il suolo. 

 

*

Lontano il ramo da terra

Bruciano sterpaglie

quell’acre odore non m’assomiglia

Estirpa erbacce una mano, lungo il sentiero.


Lontano il ramo da terra

piange le foglie ormai secche,

dimentico del fermento delle radici.

 

 

 

*

Non si può lasciare questa terra così...

Non si può lasciare questa terra così
sotto un cielo lieve,

il ciglio della strada già un tappeto secco,

scomposto di foglie.


Non si può andare via

la bisaccia dei sogni a terra.
La vita familiare, quattro mura

le risa dei bambini e lei che attende ogni sera.


Le giovani promesse sputate al suolo

senza un perché senza una ragione.
Non si può vivere con una tale bestemmia sopra il capo
e quell’urlo che schiaccia le vertebre e toglie il fiato.

 

Non si può... 

 

A Gianluca, giovane vittima sul lavoro

 

*

Ti sfoglio come una rivista

Non domando più nulla al cielo
ció che amavo è perduto per sempre.
Sfoglio un social come una margherita
io, vuota di pensieri,
che mai ho preteso oracoli da un fiore.


E mi lascio rapire da un suono
un colore che non è mio.
Eri tutti i miei colori spalmati su una tavolozza
io un pennello arido inservibile,

due ciuffi stropicciati.


Eri tutte le note d'una celeste armonia
io un cielo nero che non distingueva
tempeste ed arcobaleni.
Ora sfoglio anche la mia memoria

come un social network, distrattamente.

 

Un social che poco m’ appassiona

come il mondo reale, come le magre speranze

di rinascere a nuova vita,

mentre si srotolano nella deserta stanza
chilometri di oscuri silenzi.

 

*

Avevo fame di tutto ciò che avevi

Avevo fame di tutto ciò che avevi
cibo casa sogni desideri
e soffrivo per non avere nulla
tetto cielo oasi deserto


Ed ero al limite naufraga in un mare
aperto ai pericoli e alle insidie
vittima di eccessi e di difetti
incontenibile nei vizi prediletti

La gelosia che hai letto nei miei occhi
a te piacque sin dal primo istante
ma fu troppa ed in viso guasta,

quando pensasti ad un equilibrio

tra bassi istinti e più elevati intenti.


Si mostrò artefice d'un ostico cammino
che ci condusse inevitabile all'epilogo
C'entrò il destino? Poco o assai, non so…
nell'esser noi divenuti d'un tratto così ostili.

*

Sotto cieli dipinti d’un azzurro diverso

Sono dove non sono

e non sotto il cielo di luglio

tra faville ed applausi

in un impeto d'onde e di vento

leggendo negli occhi carezze

e nei volti il nome di amici

e il sorriso dei tempi belli, passati…


Sono come in prigione

ma non osano le labbra lamenti

pur se il cuore è gemente

in una gabbia di spine.
Il pensiero ha creduto davvero

di poter sorvolare quel cielo

dove s'alza il clamore di chi ora

vive un momento di gloria.


Ed è stato il mio sogno

fino all'ultimo istante

quell'abbraccio mancato.
Non c'è fine ad un bene

che ricama silenzi ed emozioni

su di una trama sottile,
indimenticabili istanti del viver sognato!


Non c'è fine al sorriso,
eppure non consolano distanze

siepi alture silenzi
sotto cieli dipinti

d'un azzurro diverso. 

 

*

Non posso più nulla

Gli occhi due pozze in secca
due pietre non levigate
uno specchio opaco.
Dietro …

un velo un'ombra

un volto macabro

un approdo,

l'ultimo…


Non posso più nulla
Gli occhi spenti

una mano ignota
sulle palpebre

la voce, un gemito alla deriva

il fiato, un sospiro per dirti amore

Le labbra costeggiano dirupi


Non posso più nulla
E la testa mi duole più del cuore.

 

*

Le parole ’per sempre’

Le parole “per sempre” sono una beffa
Di stelle era gremito il cielo
ora di meteore cadute in mare ho perso il conto


Fortuna e pazienza non mi sono state amiche
Guardo al mio Universo e il sonno mi vince


Muoiono sogni e speranze in un baleno
Le parole “per sempre” sono una beffa
e il destino non ha il ruolo di protagonista.

 

*

Le guerre non dichiarate

M’accorgo delle guerre fredde silenziose
non dichiarate oscure
delle omissioni e distrazioni
delle deviazioni delle scorciatoie
per fuggire lo sguardo


M’accorgo dei segnali lasciati
solo per non essere messi alla gogna
in un eventuale giudizio
di certe finezze studiate

con oculatezza


M’accorgo di un saluto distratto e di uno negato
di un ritrovarsi per caso sull'altrui rotta
per compiacenza o per essersi schierati
dove la Verità è mera pretesa


E m’accorgo della mia assenza

dove i muri sono alti i mari glaciali

i viaggi inesistenti numerati cancellati
della mia latitanza dove si compiono pellegrinaggi


Perché quando siete lontani

io scavo tra le vostre crepe
e quando tenete in mano il coltello
tutte le mie ferite urlano più forte


E quando siete nelle vostre case a spiare dai vetri
io sono in strada sotto il chiarore della luna o alla luce del sole
una boccia di vetro

con le sue incrinature e le sue imperfezioni.
Trasparenza che mai si rinnega...

 

 

 

*

E vorrei scriverti ora

E vorrei scriverti ora del mio pensiero
e delle cose innumerevoli lasciate sui binari
quando i tuoi occhi si chiusero sui miei occhi
cancellando il diario dei giorni
e l'orizzonte divenne una linea nera


Aquiloni in cielo strappati dalle tempeste, i sogni…

non restano ora che brandelli di colori
sul freddo asfalto a chiedere ancora vento
E vorrei scriverti come mai ho osato, scriverti

dei miei silenzi ed abbracciare ancora quel sorriso


ignaro di occupare del viso tutto lo spazio
sopra il mento e sotto il naso

ignaro d’essere cielo e mare.
E' così che le cose piccole sono grandi nella mente.
E il tuo sorriso è immenso ora che manca. 

*

Epistassi

E' il defluire della tua vita in una goccia
Scivola inseguendo altre gocce
Vorresti frenare l'impeto del fiume
ma non hai braccia possenti
e a nulla servirebbero le mani e i piedi
o qualsiasi altra parte del corpo
quando la vita pare sfuggirti in un attimo
gocciolando al suolo in una macchia rossa. 

 

 

*

E tutto è racchiuso in un sospiro

Avrei voluto essere contigua alla tua luce
baciare le pietre e il tuo cammino
e chiudere il cancello del giardino
di rose e viole e ciclamino
e di verdi aiuole ai piedi d'un albero
il cui nome più io non so dire

Avrei voluto prendere il treno

un dì lontano tra mille dubbi

timori ed interrogativi
E giungere alla tua dimora

come per caso
stupirmi della mia sorpresa

Che ardua impresa

quella mai compiuta
come la tua col solo tuo pensiero

fisso ai binari
e i piedi in altra direzione dove
il tuo mondo le regole dettava

Nessun cielo è testimone dei nostri sogni
se non a nord e a sud l'aereo spazio
pregno di differenti solitudini

e di lune e stelle che hanno il nome

che noi diamo con estrema convinzione
e il più delle volte errato...

Amore che più non comprendi
delle parole il suono e neppure il senso
il tempo è tutto tuo ed è infinito

Caronte dall'altra sponda mi sorride
mentre lievita nell' aria
un desiderio anomalo di quiete.


E tutto è racchiuso in un sospiro. 

 

 

 

 

*

L’Amore perduto

Scrivo di mancate mietiture
e di filari in un ordine imperfetto
Tutto è tornato a te
la zappa l'aratro ed il bidente
E il grappolo maturo nelle vigne
che rigonfio sorride alle donzelle
allegre come vespe sopra i fiori
nel gioco dell’impollinazione.

Amore...
che vuoto dentro una parola!
Rimpianti elemosine di ore
pause ed inspiegabili silenzi
senza suono né cuore…

Amore scritto ma invisibile sui muri
Amore deragliato su binari
morti come sono morti

quei sottili fili tra di noi
Incompreso nei suoi deliri

irraggiungibile
come irraggiungibile è quel sogno

pensato solo d'uno.

I solchi nella terra son ferite

inguaribili e profonde
incrinature senza fioriture
ed hanno in sé perle gelate

d'un pianto senza fine…


Che belle quelle labbra mai sfiorate
quelle labbra d'un amore impronunciabile
Che bello il tuo viso così lieve
che si veste d'azzurro tra le nubi!

 

*

Che tempo è questa lentezza d’ore...

Che tempo è questa lentezza d’ore che conto,

incapace di un disegno posata sul divano come cosa

nell’aria scialba dopo lo scroscio improvviso d’acqua

in attesa ancora d’un rumore un boato la visione

d’un sepolcro che s’apre per miracolo o perché è scritto

che dopo ogni morte c’è rinascita.

 

Che tempo è questo giorno accecato d’erba tagliata

mandorli spettinati nodi sui rami dove un istante fa

era un grumo fiorito, spilli accesi di rosso e viola,

che tempo quest’eco di ricordi di ore liete e di addii

quest’andirivieni di pensieri affannati per altri lidi

quest’inquieto vivere cieco e sordo alla vita…

*

Capitolo chiuso

E se ora anche volessi inserire segnalibri

non saprei dove sostare

 

Non v’è più traccia di petali e sfumature

dei colori accesi. Solo i segni delle stimmate

 

Vi sono pagine dimenticate, falciate in un colpo

e pagine dove il vomere ha lasciato solchi

 

Vi sono parole che risuonano e per sempre

ruggiranno nell’anima con amarezza

 

E l’eco è un boato più forte persino del vento

che ha spazzato via ogni cosa, anche le pietre.

*

Migrazioni letali

 

Un fermento invisibile...

crescente,

da altri lidi.

 

E poi accade d’un tratto

di ritrovarsi nel fango

ad aguzzare la vista

per cercare le perle.

*

Perchè ci siamo arenati?

Perché ci siamo arenati?

Le burrasche accadono

ad ogni stagione

di questo tempo senza più tempo

insensato ed imprevedibile

scalzo

 

C’è sempre un’arca nella mia mente

un’arca dove manchi e dove

ogni spazio è vuoto

ed altri abitanti non sono

d’alcuna specie né genere

d’alcuna forma

 

Perché ci siamo arenati

sull’irreversibile

sull’indomabile ignoto?

Il mare l’orizzonte

la riva l’isola

l’arca?

 

Tutto ora è inutile

e tutto pare fermo

anche il nostro insistere

in apparente cammino,

anche il Pensiero.

*

Senza titolo

Non risponde a domande

non interroga non scava

non scinde non crea

ipotetiche visioni o deliri

 

Ha molteplici facce non maschere

ha risvolti sfumature eccezioni alla regola

non si erge a giudice

non dice io sono

 

Non ostenta lo sguardo di chi

con le mani solleva le tavole

sul sommo d’un monte.

E si pone in ascolto

 

Accudisce e consola chi di errori

ha cornici sulla credenza

E comprende e perdona

e talvolta s’asconde intimorita

 

E spesso piange lacrime amare

in un angolo remoto

ma torna nel silenzio che abbraccia

e le menti accarezza

 

E’ un vento che s’agita lieve

e di pioggia e di rose

intride il cammino.

E’ un vento la Verità…

 

*

Non v’è altra voce

La terra che irrigavi

ora è riarsa.

 

Il vento ululando corre

ed imbratta di polvere le zolle.

 

Non v’è altra voce...

ed il silenzio piange

 

l’affanno

e della vita il fallimento.


*

La Verità

Voli dirottati

viaggi annullati

binari mai percorsi

mari mai solcati

 

Dell’Isola quel vago disegno

tratteggiato a matita...

di palloni aerostatici o di alianti,

cosa n’è stato?

 

Promesse …

Ho sfiorato il cielo

e al suolo l’impatto è stato violento

ho sognato fino a quando

non ho più visto dinanzi lidi azzurri

 

Ho compreso ed ho pianto

ho seminato nostalgie e rimpianti

ho sbagliato pensando

di stringere nel pugno l’Infinito

 

La Verità?

 

Nessuno possiede la Verità.

Neppure tu.

Io ho solo i miei errori,

centuplicati ai tuoi occhi.

*

Uno strano sogno

Immagina di andare dove vorresti e di avere solo le ali.

Non i vestiti non un bagaglio non le chiavi di casa

non una meta.

Sì, non una meta John, pare strano…

 

Viaggiare su clivi e colline

e sorvolare mari sfiorare il picco dell’onda

cadere...per gioco

e non fermarsi mai.

 

Magari sognare

di scivolare nella corolla d’un fiore

per innalzarsi ancora nel cielo,

più su dell’azzurro.

 

Sono sveglia ed è buio all'improvviso.

Non ho una macchina né le chiavi né la patente

vorrei andare e neppure so dove, John.

Immagina di andare dove vorresti e dove non puoi…

 

 

Da “Parlando con John”

Raccolta di poesie

 

 

*

Riflessione

Hai visto, John?

S’annidano come insetti,

che clamore!

Sono formiche in fila.

Sono laboriose le formiche

ma a volte stupide

in quest’inanellarsi sopra il muro

 

La parola, la parola chiave,

tu pensi apra tutte le menti?

Ma sono atroci i pensieri degli allineati,

più delle guerre

più dello stesso discorrere delle guerre.

 

Da “Parlando con John”

Raccolta di poesie

*

Sta tramontando maggio cupo di venti e di foschie

Sta tramontando maggio

cupo di venti e di foschie

di voli annullati nidi intimoriti

alberi, scrigni sigillati,

 

in attesa d’un sole alle finestre

sull’asfalto nei giardini

e sul legno fradicio di panche

superstiti a cieli rovesciati

_pianti a dirotto tra le rughe d’una terra nuda

memore d’ataviche ferite_

 

D’un tratto

è un raggio che s’espande

e ravviva un mondo

uno spazio intorno immaginato vuoto

 

D’un tratto

di rondini nel cielo acuto un grido

si diffonde sul fitto chiacchiericcio del fogliame

e distoglie dal melodico canto d’una capinera

o dal monotono grugare delle tortore

 

ed  ogni altro suono scompone

come in un infrangersi di vetri,

trasparenza di schegge che si colora

 

Non è oro tutto ciò che luccica

e la gazza attratta dal fulgore

non s’avvede dell’inganno né le importa

 

D’un tratto

il passo si fa lieve

ameno il percorso quotidiano

pur se di fatiche il giorno è colmo

 

Il tramonto recherà alla sera

il muro l’ombra la luna e il pozzo

a completar l’opera e la tela.

Una speranza nuova

d’un tempo allegro nelle vie, d’estate…

Dell’estate  che ora s’avvicina.

 

 

“Maggio 2023”

*

Ora le parole hanno il suono d’una frusta

Non è prerogativa della sera,

le ore in ombra la linea opaca l’attesa vana,

questo fiato freddo che spegne le note

nella campana del sax

 

Uguale è il giorno

col sole che prende confidenza sul mio capo.

Eri nelle mie ossa fluivi nel sangue

eri emozione

 

e una fiammella torcendo la lingua

mordeva l’aria in fugaci visioni

Ora le parole hanno il suono d’una frusta

ad ogni passo ogni divagazione del pensiero

ogni ritorno ad un’eternità solenne

 

Sarò ferita che si riapre ad ogni tocco

Sarai...  nonostante il ventaglio di colori

un chiaroscuro che interroga lo spazio

dove io non sono.

*

Osservo

Osservo. A cosa serve?

A dire del difforme dalle consuetudini

dagli usi e disusi, da meccanismi strani.

 

Beato quel gregge senza conduttore

e quel pastore maestro di armenti

che hanno imparato il sentiero a memoria!

 

*

Cammino

Cammino

m’accompagnano i pensieri

con la pioggia fine

e un filo d’aria tra i capelli

 

Vado piano

lo sguardo in basso

attenta alle lumache

sul ciglio debordate

 

Tornano lontani lampi

in questo tempo scialbo

di pene e d’abitudini

di rinnovati inganni

 

Silenziose tempeste

fragor d’altri suoni.

M’attende un altro giorno

d’incognite e di nodi

 

La mano sfiora il muro

la stanza prende luce

smorzano i pensieri.

Si spengono d’un tratto.

 

*

Domani

 

Salto o sosta che sia

su sentieri tortuosi,

fili nel verde.

 

Di speranze bisacce

che gettano semi

durante il percorso.

 

Domani è coscienza

dell'essere in divenire.

Lava e lapilli

 

d’un immenso cratere

e il mare nero dopo il tramonto,

scrigno profondo

 

a raccogliere perle,

pensieri appassiti

senza nodi di nuovi germogli.

 

E’ il tempo che passa

che dona certezze ad un volto segnato

e all’anima strappata, a brandelli.

 

Ricucita per nuove tempeste.

 

- A me stessa per il mio compleanno -

*

Anima mia risorgi!

C'è ancora luce in cielo

e il sole che assiso tra le nubi  timido sorride

e gocciole  che scivolano dai rami

e ancora un rincorrersi di  stille sopra i vetri.


Imploro pace dal delirante sogno
che conduca celere all'oblio.
Anima mia trafitta mille volte
Anima tesa alla speranza e spenta


_ ravvolta tra i suoi cenci_
in solitario canto una notte d'inverno e d'inganni
quando il verbo fallace

m'oscurò eterno un viso e l'agognata voce...


Anima mia inquieta e peregrina
nel tuo giro d'ombre e di spine!
Anima tempestosa e mite nei tuoi sottili arcobaleni,
Anima mia non cedere, risorgi! 

*

Accade ch’io torni sulle mie tracce

Accade ch'io torni sulle mie tracce

dove spiragli di luce come lame

hanno scavato sentieri

ed ombre appena il peso d’un velo

hanno lasciato fitta una trama

 

Amore perso negli aromi fluttuanti

di giardini mai in terra esistiti

Amore inseguito su impossibili rotte,

un sorriso per cielo

ed il cielo il tuo solo universo...

 

Raccogli ora briciole intorno

più dolci delle mie turbolenze?

Sulle mie tracce accade ch'io torni sgomenta

e che altri esausti perdano il conto

delle mie giravolte

 

Io fiuto respiri e ritmi inconsueti

sono un punto che rotola giù

un minuscolo punto disperso

tra le anse del vuoto

Forse un giorno diverrò orizzonte.

 

*

Questo tempo imperfetto

- A mio padre -

 

 

Questo tempo imperfetto

è di noi superstiti

 

Padre

 

della tua cenere non so

quanto c'è nelle mie ossa.

 

 

*

Mi frenano le tue parole

 

 

Mi frenano le tue parole

sassi tra rivoli d’acqua

 

Ora il mio pensiero va

muto e ramingo

e per lidi remoti

 

dove tutto era amore

e tutto era  brama d’armonia.

*

Acuisce la notte fisico malanno

Acuisce la notte fisico malanno
o dell'anima il travaglio
la tosse incede o la schiena duole

_strano a dirsi in stato di riposo_


La mente vaga va per binari morti a volte

ed altre s'incammina con passo celere

come a spiccare il volo

per proibiti quant'oscuri lidi


La fantasia è un destriero disubbidiente

alle redini e alla sella
Il giorno è nemico

e ti scaraventa a valle come un sasso

fatiche sventaglia all’orizzonte

e ti frappone ostacoli ad ogni minimo obiettivo


È un bene è un male? Non so...
Io so soltanto

che fermarsi spesso è come morire

e solo qualche volta dona quiete.

 

 

*

Primo maggio

 ( acrostico )

 

Piove e non t'annunci bene
Roseo immaginavo il tuo esordio
Incredula d'ogni previsione
Maggio il mese a me più caro
Odoroso di rose e di viole


Ma forse in mente ho quella donzelletta
Adorna dei bei fiori in petto e in crine che
Giacomo descriveva con affetto  

Giungerà tempo migliore oggi è il primo
Iniziato con una fresca pioggerella
Odiata dall'uomo, alla terra par sia giovamento

 

 

 

p.s. versi come "odoroso di rose e di viole" o "in petto e in crine" e parole come "donzelletta" e il nome stesso "Giacomo", hanno come riferimento di ispirazione al grande Giacomo Leopardi.

*

Nebbie

Ultimo giorno di aprile
nebbia

come ad un incipiente novembre
che ha brama di mostrar le sue primizie


Tace delle rondini il garrire
il grido acuto di giorni recenti

ormai passati

lasciava presagire della primavera l'ascesa


e l’aria garrula di suoni donava armonia all'anima

pur se in preda ai consueti suoi malori
ora è un velo che cela dell'orizzonte rinnovate speranze
Un velo… ma una trave sull'anima

rinchiusa nel suo quadrato di ombre


I tuoi colori sono sempre vivi. Rimembri?

Tu che nel fondo di un abisso

hai chiuso attimi di vera passione

e hai spento fiaccole se pur fioche?
Erano lumi nell'infinita oscurità, erano lumi.

 

 

 

 

*

Ho peccato John!

 

 

Ho peccato John!
Mi sono seduta a tavolino
ed ho imbrattato un foglio
non ho scelto il verbo giusto

 

Fuori, il viale eccitato dalla corsa
Una folla delirante
il pensiero era sublime quasi perfetto


Ma ho scagliato parole a valle
con veemenza
ignorando ogni intelligenza

e calpestando il silenzio


Ed anche il suono
anche l'eco del gong

anche i miei sogni sepolti.


Ho peccato John! 

 

 da "Parlando con John"

raccolta di poesie

*

Alberghi nel pensiero e nel cor di chi ti ama

 

 

Manchi a La Gallinola ai sentieri al passo

al coro sommesso delle voci amiche

manchi ai giorni pieni di patimenti e affanni,

inquieti... eppur sereni

vuoti ora dei tuoi silenzi e delle tue preghiere


ma alberghi nel pensiero e nel cor di chi ti ama

e chiede nuova speme al tramontar del sole.
Germogli ovunque, Eterna Primavera
e al melodioso canto del pettirosso
e al grido d'una rondine nel cielo.

 

 PS. In memoria del prof. Biagino Gianfrancesco 

*

Ad una voce germoglio

 

 

Ad una voce germoglio

rovo di foglie e nodi espulsi dai rami

solida la radice in una terra di rughe

 ( un pensiero fugace )

non un bene da preservare

 

L’anima domanda uno stormire di suoni

emulazioni di piuma su ciglia intorpidite nel buio.

Una voce un nome, nel dubbio…

corrispondenza che soddisfi

una curiosità cristallina

 

Ad una voce (ri)echeggio

note sparse scomposte

in litanie di ritorni

alla verginità di tempi sepolti

 

L’anima domanda maggiore levità

nell’attesa che le croste sobbalzino

al passo lento di un vivere, estinti.

*

Di che soffrire?

 

Lo dicevi..
L'essere umano è così
sete di potere
mania di protagonismo
invidia gelosia

la corsa dritta alla meta.


Di che soffrire?
delle cose ovvie
di ipotesi che si avverano
di previsioni facili
degl’innumerevoli mezzucci

per giungere alla china?


Un animale anche il più selvatico

coerente è con la sua natura.
Per l'essere umano sei una pedina.
Il re vuole il trono ed anche la regina. 

*

Non è quel che sembra

 

Ali di gabbiano ed artigli d'un falco
acuta la vista
lente minuziosa a cui non sfuggono crepe né fori.

Lacerato dalle sue disavventure

scivola sulle altrui emozioni
tra onde ed abissi

e come impronta ricalca
l'orma identica già impressa al suolo
di un’anima che geme flagellata dal dolore


estraneo alla pelle e al cuore di chi
a torto o ragione convinto si crede
d'egual patimento. 

 

*

Forse sì, c’è un tempo per ogni cosa

Avrei voluto darti le emozioni
di parole cadute a picco
proprio dove pensavo ci fosse

solo d'acqua chiara una pozza
che il vento empiva d'ogni cosa.


E invece i miei pensieri straziati

da silenzi così immani 

dopo le acrobazie innumerevoli della mente,

follemente sana per rimanere desta,
si sono arenati proprio in fondo al tunnel

che un raggio lasciava intravedere.


Non erano mature le idee e i sogni

deboli nelle ali e nei disegni

sono caduti in mare
È quel che accade alle meteore…
_noi attratti dalla luce_
non impieghiamo bene quei secondi

per esprimere un ardente desiderio.


E tutto ciò che passa più non torna
solo ritorna il dolore col rim(pianto)
per sorte avversa e non prontezza nostra

nel cogliere l'istante di promesse

e di letizia pieno.

 

*

Oggi è primavera

 

 

Oggi è primavera e qui c'è buio
un'aria grigia e sorda
la culla tra i rami disadorna
gocciole minute sopra il capo

e sull'asfalto.


Io e i miei pensieri per mano

come fanciulli restii, tesi verso altra direzione
io e i miei timori d'un giorno aspro
io e le mie attese, la muffa nel cassetto
io e la solitudine, lei un numero perfetto.


Fredda è la pietra nel giardino dove

la lucertola spesso d'un raggio gode
fredda la stanza, ha pareti d'acciaio
fredda la mia fronte, lo zefiro in salita.
Un verso torna ad eco e mi consola
“Sono nata il ventuno a Primavera”
Ed oggi è venti...ed è primavera?


No, è solo una fandonia. 

 

20 marzo 2023

*

Forse era per far tacere il tuo inferno...

 

 

Forse era per far tacere il tuo inferno
e il dolore crescente per quel morbo estremo

che t’addentrasti per quella selva oscura

e nell'ardua impresa di tradurre i canti

nel dialetto della nostra terra?


Era per non pensare

per tenere a freno il desiderio d'una vita

libera di muoversi e celermente

sulle proprie gambe

e di riavvolgere le sue memorie serenamente

per il tempo tiranno e sempre un passo più avanti,

fugace e menzognero?


O forse perché l'afflato di quel tuo “esser niente”,

declamato lì sulla soglia,

in piena consapevolezza della potenza del Pensiero
è in realtà nuovo germoglio

in una primavera che ha deciso di cancellare ogni illusione
per condurti alla vera Luce?

 

 

P.s. : In memoria di Ugo D'Ugo, poeta e cultore della tradizione molisana, scomparso il 25 marzo 2023.

*

Di tempesta in tempesta

 

Navighiamo questo mare nero,
di tempesta in tempesta,   
su zattere o altri mezzi di fortuna.

Chè quiete è morte o quasi
o un ribollir sott'acqua
di nuovi mali e di peggior sventure.

 

*

Giorni così

E si va avanti…
e il ritmo poco importa
né il suono, se nenia o melodia...


E se un tempo assai remoto
tutto il dolore confluì in poesia
ora il pensiero, delirante
dalla Musa fugge via. 

 

*

Rimarrà bianco il foglio

Rimarrà bianco il foglio
mentre un solfeggio di note
discorde dalle parole e dai silenzi
risuona di desideri muti,

quelli sulla scia delle meteore
dispersi in luminosa pioggia.


Era per te ogni sillaba

ogni dubbio ogni sguardo

puntato a nord della mia terra
ogni sospiro che tornava ad eco

al sorgere del giorno

ogni passo in solitudine

 

ed in testa dialoghi soavi

tra le anime di vite differenti
eppure uguali nell'afflato.

Avevamo un concetto originale dell'universo

lo stesso che poi  battezzasti

col nome di prigione.


Ed ora il foglio bianco è un campo incolto
un campo infestato di gramigna
ed io mi aggiro esausta tra le ortiche

_magra di speranza la bisaccia_
cercando tra le spine un fiore antico
o forse solo un fiore più gentile. 

 

 

 

*

Non volevo la luna

Non volevo la luna

ma che i tuoi occhi

fossero due stelle

più vicine alla terra.


Due diademi sospesi

nel buio di una stanza

ghiotta di sogni.

 

*

Io uomo...

Contemplo le tue forme
frutto d'una costola
nell'ingegno d'un Dio

ignaro
di tutti i conseguenti mali della terra. 

 

*

Se il premio...

 

Se il premio alla fine del percorso
fosse rinascere ad un'altra vita
e potessi io scegliere la forma
opterei per un animale domestico

o anche un vegetale

un qualsiasi vegetale
nell'aria immerso e nella terra.

 

In fondo vivere non vuol dire
necessariamente dover soffrire.


 
 

 

*

Ipocrisie

Monotonia di una nausea...
insistere sulla terra mappando le zolle

il fiato sul collo invece d'uno zefiro.

Quando ha tregua lo spasmo,
dimmi? La notte, mentre fingi un orgasmo

o forse attingi ai colori di un sillabario virtuale

per le tue innumerevoli ombre?

Quando vivi davvero il tuo esistere aritmico

fibrillando emozioni sepolte ( o di altri )?

dove strusci (strisci) di sbieco

_un raggio sul marmo ghiacciato_

                                  elemosinando il bene smarrito?

                                                 

*

Ho un male dentro

Ho un male dentro che a narrarlo
pare un blasfemo
quando alla vita pare nulla manchi
un male che rimugina pensieri
brucia nei ricordi presto spenti
se sepolti nel fondo scuro d’un cassetto
non trovano ristoro
in un raggio che inaspettato
 illumina la stanza.

 

Non vedi dinanzi a te un corpo lasso
le braccia penzoloni,
capiresti la tristezza che s’espande
macchiando l’aria in un baleno …
ma lo sguardo dimesso trasandato
di chi nel vuoto annaspa
dove tutto è nero
e tutto ora non ha nome.

 

 

*

Non mi hai restituita al mare

Sto sulla riva

sperando in un'orma sulla sabbia

dopo l'ira di un'onda anomala

e del miracolo (improbabile)

di castelli superstiti alla bufera.

 

Ora il vento discorre soave

come fa con le primule al mattino,

prima di mutare direzione.

 

 

 

*

Ora le cose hanno il loro nome esatto

Ora le cose hanno il loro nome esatto
nitidi contorni perimetri perfetti
e sono vere o false oniriche o reali
sono allegre o tristi scure chiare.

 

Ora le cose stanno nei confini
sono piccole o grandi vive o morte
non hanno dentro quel rimuginare curioso

di quando ti interroghi e dubiti di tutto.


E non hanno dentro lo schiamazzo del pensiero

di quando chiamava i tuoi occhi e le tue mani

e guardava la strada dinanzi e non s'arrendeva

pur indovinando la distanza.


Ora le cose hanno la strana quiete

dei cimiteri sotto il peso della neve.
Le foglie sono foglie e i rami, rami senza più germogli,
senza attese dai nidi né richiami. 

 

*

Era per te la passione

Era per te la passione
e quel viaggio esplorativo
tra i sentieri del piacere
l’enfasi il respiro crescente
il ritmo del cuore le note sulle labbra,
in piena fioritura.
Era per te la pioggia
e l’alito caldo della sera
l’onda l’erba lo stupore.

 

Ora sei giudice supremo
a precludere la soglia dell’eden,
ambito sognato, troppo spesso
trasfigurato tra le anse d’un desiderio vivo
nel cupo delle notti d’inverno
e di tremule stelle.
E nell’attesa di giorni nuovi
ignari di binari e di treni in corsa.

 

*

Ho mutato il mio esistere

Ho mutato il mio esistere
guardando oltre le nebbie
ho spento le stelle

per la luce pura dei suoi occhi.


Ora le pareti mi guardano
definendomi vagamente
al pari delle ombre.
Consulto oracoli temo profezie.


Il tempo estremo ora è un raggiro

inclemente mi oscura ogni traccia
di chi ha mutato il mio esistere
nell' incompreso ed incomprensibile cammino. 

  

*

L’odore della polvere da sparo

 

Il silenzio era riparo e maschera di un'idea matura
l'orizzonte solo una linea nera
in un deserto di speranze
e della vita possibile neppure il miraggio.

 

Oltre il sentiero tortuoso foglie ancora verdi

migravano verso un tunnel

senza via d'uscita.
Della luce l'inganno. 

*

Questo bacio mai dato

Questo bacio mai dato

che non chiede un giardino

né risiede nella corolla fiorita

non risplende nell’ovale del viso

o nel lago degli occhi

non vaga sul perimetro dei fianchi

non sfocia sul ventre

_aria spuma cipria piuma_

 

questo bacio ch’è pensiero

sigillo invisibile oro

e trema quando sfiora il deserto

e viola la nuca di raso e le labbra

questo bacio che odora d’aurora

e si cela alla luce forte

trafigge le nubi i rami un’ala

sul sentiero della memoria

 

questo bacio mai dato

ha contato le assenze

ed i premi mancati

ha colorato vuoti

e ai pensieri ha regalato diademi.

 

Questo bacio ch’è quiete ed è tempesta.


*

Giunge la notte e vorrei fosse eterna

Giunge la notte e vorrei fosse eterna

una notte elegante nel suo abito lungo

di raso carezzevole gli occhi un velluto la bocca di rosa

una notte che penzola come un melograno

una pallida notte lunare sopra il pozzo la via la chiesa

la porta socchiusa la mano tesa il commiato il profumo

che resta nel vento un istante poi si disperde

 

Giunge la notte e vorrei fosse eterna

un ricordo un gomitolo gonfio che si dipana un sentiero di stelle

e sentire cadere tutto il peso del giorno le ansie i timori

gli inganni l’ambascia che muove i pensieri

ancora, quando tutto d’intorno pace reclama

e sognare un’orma più grande accanto che all’alba non muore

ma con te condivide il cammino.

*

Vivere...

Muovere i fili sul palco perché continui 

lo spettacolo delle marionette...

 

è il compromesso tra vivere e morire ?

 

L'anima conduce il suo gregge

nei verdi pascoli del cielo.

 

 

 

 

 

*

Strani duetti

Nel rincorrersi d'un verbo senza suono

sulla lama del tempo
un'ossessione sterile si perde dentro stagioni inutili.
I passi sostano dove c'è quiete

e la memoria stilla le sue perle
mentre qualcuno ti scava dentro.

Non esiste la chiave giusta
e la vita persevera nel suo inganno
insolente come un mendicante d'aria

un ladro d'angoli all'ombra della piazza.


La luna volge lo sguardo altrove

là dove sulla terra si contendono troni
e consumando tappeti tagliano nastri.
Il premio è nel gong del cuore

mentre la solitudine accarezza la pietra

con un raggio indelebile.
Uno straniero deturpa il silenzio

attingendo al paroliere.

Fredde emozioni
strani duetti in un panorama in bianco e nero. 

 

 

*

Il dolore

 

Pensi sia qui tra la prima e la terza falange
sulla punta d'una scapola all'alluce,
no è nel sangue tra cellule impazzite
ed il vento la nebbia la pioggia
il gelo che gela al contatto le cose
i pensieri i disegni le idee.

Lo so
a chi lo dici...
Ho male alle mani
ai malleoli ai ginocchi.
I polsi trafitti le fitte alle costole…

Taccio.
Ognuno il suo male maggiore minore

somigliante forse per sopportazione
nell'indice il picco dell'onda,
scivolando sul fondo.

Dolore...


è nel sangue
nel cuore
nel respiro che manca
nel passo che arranca
nel fiato aritmico,
in pausa?
Nel verbo che assente
pronuncia i suoi vuoti.

Pensi sia qui alle tempie
un chiodo d'un attimo
uno sciame che punge
per fuggire lontano.
Ma ora è alle costole
a trafiggerti il petto.

Lo so,
anch'io...
è ovunque il dolore

m'attanaglia m’uccide...

Ho visto che danzi che corri
t'addobbi per andare alle feste
t'ubriachi sorridi stornelli divaghi
rincorri le folle, starnazzi...

Ecco penso... è lontano

 in quest'ora notturna
che il sonno è latente

la speranza una fiaccola fioca

che affiora nel buio.
Invece mi spia

mi colpisce che dormo
ed ormai più non sogno.

 

Ho visioni nel dubbio del giorno che sorge…
lunedì giovedì, il dubbio perdura
forse invece è domenica.
La mente vacilla... 

 

 

*

Del perduto amore

Non so quanto l’amor coniugale abbia di paterno sguardo

certo la carne ha grido uguale allo spirito e negarne il richiamo

il più equivale a reprimer passione

o l’impeto sottacere del delirio.

 

Vedi, tu che or rinneghi e falsamente hai compreso il sentir della tua amata…

Le vedovelle piangono imbrattando i muri e guardano pazientemente

stillare gocce sul sentiero invocano primavere

venti cieli dentro intime memorie.

 

E tutti elargiscono sorrisi abbracciano l’aria che contiene ogni loro lamento.

Benedicono ogni semplice sillaba se non la terra da esse calpestata, in preda ad una visione.

Tu forse rievochi istanti o immagini o desideri in somigliante disegno, offeso e geli

dell’amor tuo un dì tant’osannato ogni verbo ogni grido ogni pensiero.

*

Vorrei essere la nuda terra

Vorrei essere la nuda terra dove posano i tuoi piedi

il cespo di rose sul ciglio della via il muro ombroso

la chioma cupa dove nidifica il tuo pensiero prima del nero.

Vorrei essere negli occhi tuoi quel bagliore che illumina le cose grandi

e le piccole le fa immense.

 

Vorrei essere una tua parola sussurrata tra la piega del labbro

mentre sorridi quando dimentico del suolo

t’innalzi in volo là dove il cuore brama obbediente solo

alla purezza d’un pensiero primordiale.

 

Vorrei essere culla ovunque t’adagi ed aria che ti circonda

vorrei essere quella mano che si perde nella tua mano

come in un sentiero d’inebriante gelsomino

e respirarti così tenero e vivo così fragile e vero.

Vorrei essere la nuda terra la terra che freme

e non vorrei morire ad ogni istante nella bufera

e dentro un vento che non vuol tacere.

*

Verso il giorno che muore

Ho attraversato mezzo mondo ed ora sono qui incosciente

del soffitto della stanza la zolla di terra sotto i miei piedi

la finestra di fronte.

E non ho la forza di un pensiero un verbo un ordito

un qualsiasi disegno.

 

Sono qui trafitta dalla luce e non comprendo

la fortuna di una morte che si rinnova

sul finire del giorno.

 

Un rito puntuale più che fedele.

Sarà per questo male che ha radici profonde

e spesso buca i colori alle immagini

restituendomi  bozze in bianco e nero.

*

Il mio dolore è muto

Il mio dolore è muto

va interrogando il vento

si confonde sui vetri con la pioggia.

Ha dentro una dolce nostalgia

eppure è triste.

 

Il mio dolore grida

quando tutto il mondo dorme

non ha sogni o desideri nè speranze.

 

Il mio dolore è profondo un abisso.

Ha vortici irreversibili

maglie che strangolano

il più ingenuo dei   pensieri.

*

E quando il giorno dice alla sera...

E quando il giorno dice alla sera è tardi

sul taccuino annoveri le cose rimandate

ed hai coscienza del poco portato a compimento

della vanità inseguita delle cose difficili ignorate.

 

E quando il giorno dice alla sera fermati

ti accorgi del tempo buio sceso come un fiato sospeso

mentre la notte inebriandoti

confonde i pensieri nella mente.

 

E quando il giorno dice alla sera chetati

tu volgi in turbine non voli non approdi

non sogni non esplori il nulla.

Semplicemente ti disperdi.

 

 

 

*

Ora so che mi hai dimenticata

Ora che non sono un nome sulle tue labbra
né piuma nell'alito del vento
Ora che non ricordo l'inebriante gelsomino
né il leggiadro papavero tra il biondo delle messi


Ora che non ho la leggerezza del pensiero
né la vaghezza della parola
Ora che non ti sorrido né sono una tua lacrima
ora che non corro nei tuoi giorni


Né mi racconto tra le ombre della sera
Ora che non sono alba né tramonto

ora che non sono aria né acqua

ma abbraccio tutte le cose della terra


Tu non ami più questa terra

e non domandi più la mia luce
Ora so d'essere il nulla
ora so che mi hai dimenticata. 

*

Toccami

Toccami
col fragore delle onde
e il ticchettìo leggero
della pioggia sui vetri
stordita al gracidio d’una rana nel pozzo
palpitante in un risucchio di piovra
che afferra una mano o un piede
o la bocca alcova d’intenso piacere

Toccami
dove la voce interrompe il respiro
e il respiro scivola nella sete
e la fame convulsa accende miraggi
dove le tue fantasie e le mie diventano vere
in un grido che sventra la notte
nello sferragliare dei treni sulle rotaie
Toccami tra lo sciabordio
d’un nugolo d’api
che migra lontano
nella nebbia che cela
allo sguardo indiscreto
un gesto più ardito

Toccami
tra le acque chete
nel fuoco sedato
nell’odore pungente che sale
dell’erba tagliata
lungo il viale bagnato
da una luna intrigante
e dalla tua brina

Toccami dove il buio
nasconde le siepi
le ombre coincidono
i bordi collimano
i sensi esultano nel fruscio della seta
mentre innesti cerchiamo
nelle gole - profondi -
e smorziamo con le lingue il respiro
ai baci strappato e alle onde
che il picco ora danno al piacere.

Poesia pubblicata nel 2018 su altro sito

*

Del pino so e del pioppo


Del pino so e del pioppo

e dell'ulivo col suo tronco contorto
Del nespolo m'hanno detto
interrogando qualcuno

sull'albero di fronte alla finestra del luogo dove lavoro.


So delle querce e dei platani
ma di molti alberi il nome ignoro
E so distinguere mandorli e peschi solo dai fiori,

il melograno e l'albero dei cachi allo spuntar dei frutti.


Ma non si può dir di me che abbia perfetta conoscenza di vegetazione e flora
E mi vien da ridere ora…
se per anni ho creduto il fico d'India un cactus 

finché non ho chiesto a Nino il nome

di quelle piante che in Molise ho incontrato spesso sul ciglio delle vie. 

 

 

*

E’ di nuovo Natale

Guardo fuori

un raggio di sole illumina la casa di fronte

Cosa attendo non so…

forse l’algida quiete dopo il chiasso festoso delle vie

mascherato dall’intruglio degli umori più strani.

La memoria percorre i sentieri d’un passato recente

e mi dice che nulla è mutato dall’anno passato.

Forse il vento… chetato, ma solo al levarsi dell’alba.

 

Sto come foglia che teme d’esser sospinta lontano dal ramo

Le ore d’un tratto più lente, d’inspiegabile angoscia

per un bene perduto in un picco di assenze tra carestie

e l’inganno del vivere sognando l’eterno.

Cosa attendo non so…

con  lo sguardo che pare voglia gettarsi nel vuoto

Un pensiero che arrivi a lambirmi come pioggia stellare

un sorriso ora nuovo che riporti nel cuore l’antico.

 

Guardo fuori

Il cielo sì terso ancora lusinga il mio fragile corpo

di ali malconce munito.

*

Momenti

Nasce così questo momento conviviale

uno stimolo mentale un break un tuffo oltre

senza l’esigenza vera di sfamarsi.

Sorseggiare da un bicchiere un’onda anomala.

 

Noi padroni.

Dentro momenti in cui alziamo gli occhi al cielo

e non vediamo solo la notte. Le stelle parlano di noi

che siamo veri nei nostri abissi.

*

Sogni

 


 

Bandiere
issate in alto
incontrarono
cieli liberi


Ora contano

nuovi strappi
dopo mille ricuciture.

*

Gatto che non avevi un nome

(al gatto del mio amico)

 

Gatto che non avevi un nome ma ne ascoltavi cento
non avevi casa ma angoli
e la strada era il tuo pericoloso passatempo
gatto indifeso tenero d’età e perciò dal passo lento
che attendevi carezze sulla porta
gatto che guardavi col fulmineo sguardo
l’onda delle crocchette la mano amica
l’ombra che si allontanava paga

Gatto in posa sulla panchina al sole
il pelo lucente gli occhi stretti
beato nel tuo stare quieto
senza contare il tempo per noi così tiranno
gatto che recavi del mattino il saluto
e del tuo esser vivo lasciavi tracce
ora tu hai un nome ed hai una casa
e il miagolar concerti e fai le fusa
al tepor della mano che t’accarezza la lucida pelliccia.

 

*

E penso...

 

E penso al cielo a migrazioni del pensiero

agli storni ai loro disegni agli aquiloni oltre il confine

E penso alle nostre braccia tese agli attimi perenni

ai contorni delle ombre ai sogni ai precipizi inaspettati

E penso all’orlo dei silenzi alle parole _gocce_ al loro tintinnio

alle speranze raccolte dentro gerle di vimini

E penso al nostro divenire nel cuore della terra

all’essersi perduti nella tormenta senza più un arcobaleno.

*

E’ tempo di uscire per le vie


 

È tempo di uscire per le vie
ignorando schiamazzi e silenzi.
Non c'eri quando ai bivi ho tentennato
(sbagliando forse direzione ?)
quando ho cercato conforto dalle assenze

e forse ho peccato di rimpianti e nostalgie.


Quando ho visto disfarsi le promesse
ordite con pazienza nel buio dei giorni
in attesa della luce (la tua luce?)
Forse eri dentro la cornice ed i tuoi dogmi
i punti fermi i panorami possibili
il limite concreto dei tuoi numeri.


Io a quietare battiti e respiri

tra ansie e timori

e le pieghe innumerevoli dei sogni veri.
Oggi sono ripudio. E quel che fu essenza
immutato vive di una morte già annunciata. 

 

*

Il sogno

 

 

Pensato è il sogno

per le celesti sfere
ché se rasenta il suolo
s’infrange in mille pezzi.


Toccar mai conviene

le chiare bolle d'aria.
Esplodono ad un tocco

sia esso d'ago o  piuma. 

 

*

Nessuno risponde alla porta

 

 

 

Si mischia al vento di bufera

alla frusta dell’acqua sui tetti

allo sferragliare sulla via di cocci e rami

quest’insistere della mano sul battente…

 

Un ritmo strano senza il ritorno d’una parola

che risuoni ad eco all’orecchio attento.

La stagione è muta ed è mutata

E’ un anno che pennella di grigio

soffitto e muri di silenziose stanze.

 

Giungono di tanto in tanto voci intorno

strumenti scordati unisoni solo ai gemiti

d’un’anima in agonia.

*

Dolore

Sento solo i polpacci lancinanti
e l'urlo soffocato nel silenzio
anche se tutto il corpo cade a pezzi
come gesso dinanzi si disgrega
come polvere sfuma si dilegua.


Gli estremi amari vertici negli alberi

ignorano il tarlo alle radici
pensano d' essere gli unici colpiti
ed invidiano d'altre parti

(miglior) sorte, pure infelice...


Così le mie mani appese ai polsi... 

*

Ed ogni volta che muovo un passo

 
 
Ed ogni volta che muovo un passo
è un infossarsi della scarpa
un desiderare i tuoi occhi
sebbene un velo perenne
infradici l’alba.
 
                                      Ed è abisso d’ogni visione…
 
I miei pensieri s’estinguono alle radici
Le foglie morte al confronto
fluttuano allegre
in quest’aria sciapa
che non è di miele e non è di mosto.
 

*

Stamane ho visto un gatto

Stamane un gatto giocava con un topo

l'ho visto trattenerlo per la coda e poi

lasciarlo in un grumo di terra

come un inutile gingillo.

 

Lo ghermiva quasi con dolcezza

e raschiava il terreno circostante

Ho visto il topo scomparire tra le zolle

e il gatto con gli occhi fulminare l'aria.

*

C’erano usci in riga sulla via

Stretti scuri lineari
aperti o chiusi
non si capiva bene da lontano
Forse solo accostati
pel trapelar d'uno spiraglio.
Di luce un tenue raggio.

Ma da vicino tutto era diverso
Dietro ogni uscio si stagliava un muro
e c'era freddo e un odore strano
e quel silenzio quasi innaturale
come quando pensi di star sola
mentre alle spalle una folla ti pugnala. 

*

Vorrei dirti di un terreno poco fertile

 

Vorrei dirti di un silenzio poco fertile
ora che odo gemiti tra i solchi
e la parola è una ferita aperta sulle labbra

ancora sanguinante


Vorrei dirti dei sogni affossati tra le pozze

nelle notti di invisibile luna
quando intorno tutto gracida strano
e non v'è nenia che incoraggi il sonno


Vorrei dirti contando sulle dita

di ogni cosa perduta oppur smarrita

sicché il conto portato sulle dita

approdando ad un numero finito

dell'impresa allevii la fatica

 

ma non bastano i palmi d'una folla

confluita copiosa in una piazza
all'indice completo delle impronte

che tu hai scavato nella mia memoria.

 

 

 

 

“A lui che di me è l’essenza “

 

 

 

 

*

Ottobre volge al declino

Ottobre volge al declino

nebbie al mattino e sole sul capo

che ciancia di primaverile stagione

 

Confusi pensieri gli affanni di sempre

i sogni col prurito alle scapole di nuove ali

Già il sentiero crepita di foglie rossastre

e pigola sul ramo che si denuda un uccello sparuto

 

Solitario il mio canto perde il suo fiato in un mugolio indistinto

Il gatto ha una voce il cane altra voce

in me un silenzio che grida e fa tremare le pareti

d’una stanza sempre più vuota

 

Ottobre che muore la sera

una calma non vera la luna

una fetta tagliente nel cielo più d’una lama.

 

*

Altrove la luna si sdraiava sorniona

Troppi segmenti... ora sono diventati una retta

non  apici né orizzonti o siepi a precludere lo sguardo

Le parole, quei tarli all’apparenza innocui

quelle pecche sul bianco ora hanno perso il peso

 

E i silenzi ripercorrono i sentieri della memoria

ora al trotto ora al galoppo

tra la polvere sui selciati di nuove speranze

nel grigio provvisorio delle nuvole

 

Sono passati mesi uguali nei loro tramonti

e le stagioni hanno dimenticato l’originario nome

nell’alternarsi di giorni senza luce e notti interminabili, insonni.

Altrove la luna si sdraiava sorniona raccontando favole.

 

 

*

Noi che amiamo Leopardi

 

Il vero premio fu la tua cattedra nella mia età adolescenziale

sapere di non sapere ed essere investita d’un ruolo non ambito

L’Infinito e Silvia nel profumo intenso della ginestra

ed io che alla luna ho parlato tante volte ma di cose poco profonde

del vento contrario del latrato dei cani nella notte

dei tarli nell’anima e nel legno antico dei mobili della mia cucina.

 

Non del genere umano non della sorte non delle tempeste

Mai ho attraversato sentieri dove il vento profumasse di gelsomino e rose

la lavanda fu la sola sorpresa notturna d’un cuscino sprofondato nel sofà

tra le note di Chopin le parole sugli scaffali i sogni sgranati di vermiglio,

i melograni della pazienza e dell’attesa nel grigio degli inverni

Da piccola fui grande con mio immenso stupore tra le bambole mai possedute.

 

Ora rotolo in discesa, un granello destinato a scomparire

mentre un canto notturno di pastori risale la collina

Non è più tempo di tramonti silenziosi e mazzolini di rose e di viole

Non è più tempo di vigne di siepi e meraviglia ed orizzonti di luce ove annegare.

Le cicale … che frastuono quando l’aria è satura di menzogne,

nel prato verde di nostalgia e desideri calpestati per distrazione!

 

 

 Dedicata al mio prof. Biagino

*

Tra barricate e cielo

Sorrido piango spero

mi dibatto tra mille onde

Esisto mi nego

simulo il vuoto

 

Affogo nella terra molle

come tra i flutti del mare

 

E vivo e muoio

Muoio e vivo

ma in un ordine inconsueto

 

L’anima sospesa

tra barricate e cielo.

*

Ci sono amori

 

Ci sono amori che non hanno voce
hanno camminato per anni sulle spine
ed attraversato il fuoco ardente

per una promessa una visione un sogno


Hanno sfidato un destino avverso
desiderando un fiato

una carezza un bacio
sguardi roridi di luce vita nuova


Ci sono amori che non hanno avuto encomi

hanno rialzato il capo mille volte

dopo una nefasta pioggia
fino a cadere tramortiti al suolo


Ci sono amori mai immortalati

in un quadrato sopra la credenza
Amori che hanno atteso treni

senza più guardare l'ora

 

ed hanno pianto senza versare lacrime

apici d'amara solitudine
Inconsolabili e sconsolati
nel difetto d'uno sguardo ed un abbraccio.

*

Cosa ne sa il Cielo

 

 

Cosa ne sa il Cielo

delle nostre vette

di premonizioni

di crolli e tracce imperiture

del peregrinare del pensiero

tra cunei ed apici

 

ora che anche tu ignori

d’ogni moto il senso

d’orizzonti e nebbie lo strano inganno

d’ogni sosta il vuoto

quando un nuovo affanno

è preludio nel bramar la quiete…

*

Opportunismo

Ha perso la pazienza il ragno
o s'è distratto
e la sua tela
trama di ricami,
ora disfatta

è solo un tenue velo,
mera illusione!


Qualcuno maniacale
ha setacciato ogni angolo ogni lido
ed ha studiato di ciascun le mosse
col suo falso sorriso e con le lodi
e col copione in mano


Sempre lo stesso,
rinnovato forse nell'olezzo 
che emanano certi corpi

imputriditi
al pari delle menti. 

*

Sto

 Sto
come un animale sta fuori della porta
Sul ciglio della strada ad un cane 
hanno lanciato un osso
Dentro vicoli ciechi mugola ancora il  vento
presto

il suo gemito tramuterà in pianto.

*

Spesso della stupidità ho sognato l’apice

 

Spesso della stupidità ho sognato l’apice.

E su immaginarie vette l’ara

dove si pesava l’attimo

svestito della sostanza dell’Eternità.

 

Ed ho provato una strana quiete

il formicolìo d’un falso fermo... il lago

assopito sotto l’alito distratto

d’un vento antico.

*

Si ama il deserto pel susseguirsi dei miraggi

Si ama il deserto pel susseguirsi dei miraggi

cessato il lampo torna arido il tempo

 

Promesse e speranze  van dissipandosi,

ombre in fuga nel buio della notte.

 

*

Non parlo mai del dolore

Non parlo mai del dolore

tu però sai cos’è il dolore.

Non è un viso sbigottito.

Ma sfinito.

 

Anche quando resiste alle rughe la pelle

rivela ben più profonde incisioni

che a volte s’illudono di scomparire

 

increspature simili a smorfie improvvise

in quel gridare in silenzio

fischi che attraversano l’anima.

 

Esorbitano gli occhi

mentre s’espande un fuoco che gela

e sotterra ogni più piccola voglia

in un  continuo rubare del mare alla terra.

*

Manca l’aria

Quest’irruenza nelle altrui sensazioni

sa di indecenza,

il gareggiare per lo sterile podio

rovesciando il peso d’un enorme bagaglio

s’un lido che vorrei fosse lieve

di luce e di spuma.

 

Quanta nebbia innalza il velo

sull’essenza e sul vivere puro!

Non c’è scoglio né siepe

nè spiaggia o montagna di sabbia

nell’immensità del Pensiero.

 

Solo ali possenti. Non confini né mete.

E qui sono troppo distanti dal sogno

e noncuranti delle meraviglie del viaggio,

chiusi tra irrequietezze e manie

ed i vicoli ciechi della finzione.

*

Lacrimo questo disubbidire all’amore

Lacrimo questo disubbidire all’amore

le ore di sospensione al cielo

le sottrazioni ai  meandri del  tempo.

Ora i corpi si sfibrano su di una panchina invisibile

 

Annota i rumori delle fronde la mente

ma nessun suono assomiglia al felpato silenzio

di lunghe notti ai poli, all'apice somiglianti

quando la distanza tra i corpi  era sfiorarsi in volo.

 

*

Io una città demolita

La vita era ad ogni stanza

ad ogni crepa del suolo

ad ogni intrigo di rami alla finestra

sulla soglia restavano i passi odorosi di pioggia,

come in ascolto.

 

Il papavero stemperava il verde

nell’eco dei sogni,

spighe allineate nelle notti più grigie.

 

Ombre amiche la sera al riverbero d’un lume

narravano di vele e di aquiloni.

Ora qui non passa più un alito di vento

né mette radice il gelo.

 

Io... una città demolita

senza incisioni né impronte.

 

 

*

Quest’omogeneo scorrere che annulla

M’è scoglio quest'omogeneo scorrere che annulla

ogni identità ogni segno e non dà chance alla fantasia

E fluttuo nelle turbolenze avvezza a correnti avverse

Vele ricucite degli strappi ancora in mare stanno all’orizzonte

 

I miei viaggi anelano l’approdo sopra un’isola

per beltà simile e per quiete al Paradiso

(benchè sia solo un concetto in me il Paradiso)

 

Ma le spiagge,  le spiagge sepolte

sotto un ammasso d’ombrelloni non m’attraggono

al pari delle piazze o delle vie gremite

dove il caos imperversa

e nessuna voce assomiglia alla voce del silenzio.

*

E’ quel ch’è accaduto?

E se diventa un macigno il bagaglio ereditato

la malinconia lo sconforto gli occhi mesti

il silenzio eloquente

si fa marcia indietro dal punto preciso

reo d’una promessa (perenne?)

ora sepolto tra cumuli di terra.

 

Del bagliore nessuna rimembranza

tra i cirri d’un cielo malvagio

Di tante lune non resta che la beffa

d’una complicità apparente.

*

Il sogno non muore mai

Anche ora che scruti il nero orizzonte

o dalla cima guardi gli abissi

pesci fiori foglie morte sassi

e pensi senza nulla pensare

e getti lenze nel vuoto

e peschi sillabe gemiti sussurri

e scavi tra le crepe dove perle

stanno tra la polvere e i fogli

scarabocchiati tra estasi e miraggi

 

Anche ora che le promesse sono vele stracciate

e la terra è lontana il faro spento e il desiderio

che qualcosa possa cambiare  

è un vento straniero  che schiamazza per le vie

Ora che ti sei rialzato a stento

nel buio d’un mondo che dorme

e non vede la tua sofferenza

e provi un binario nuovo senza grande entusiasmo

 

Ora che ti volti indietro accarezzando prati di margherite

e le corde del liuto addormentano le tue visioni

anche ora... il sogno resiste vive

dimora nella sua sfera, irraggiungibile

Il sogno non muore mai.

Ed ogni lusinga disillusa uccide solo la quotidiana  realtà.

 

*

E’ rassegnazione?

L’affannarsi è fatica vana

ognuno seguirà il filo

con qualche deviazione

qualche strano appostamento

qualche sosta fuori dai binari

e asseconderà infine la sua natura.

 

Germogliare ovunque il suolo imbruna

o perlustrare il terreno per una zolla assolata.

*

Ho scritto versi d’amore per un poeta

 

 

Ho scritto versi d'amore per un poeta

lui diceva di non essere un poeta
ma seguiva il sentiero degli aquiloni
e s’innalzava col vento sulle onde

 

Ho seguito il mio Poeta ovunque fin dove
il pensiero ha sfiorato il sogno
Ho dormito sulle ali sue possenti
ho seminato stelle tra le zolle


E sono stata pioggia e sole ardente
sono stata aria e terra bruna
Tempesta ed arcobaleno

primavera soave anche d’inverno

 

Ho scritto versi d'amore per un poeta
che custodiva nel suo cuore un sogno
Ma il desiderio come un fiume in piena

ha rotto gli argini portando via ogni cosa


Ed ora non ho più una casa

dove ogni dì fare ritorno

e non ho itinerari da seguire
e vago sola e sconsolata senza meta

le mani in tasca a trattenere il sogno

andato via con il mio Poeta. 

*

Osservo

 

 

 

Osservo...

Dov’è ora la passione?

È un correre o un camminare svelto

verso il traguardo

 

Mio Dio sono povera di spirito se ignoro

qual è il traguardo?

Il sogno ha spiccato il volo mesi or sono

sotto il mio naso

 

Incredula

l'anima vergata

relitto inutile rinvenuto a riva

 

Ma non era la meta

era il viaggio perenne

l’altura a bucare il cielo

Il bacio sublime tra il mare e la terra

a turbare intimi pensieri

 

Era il desiderio d'un cespo di margherite

mai raccolto

E quel giardino

il tuo, ora di nessuno.

Osservo…

 

Il mio andare sul filo

un vacillare d'ombre al destino

la lavanda sgusciata tra le piume

in un giaciglio _ansia e tormento_

 

D'inesattezze rumori d'immagini scomposte

c'è tormenta

di quiete nessuna speme

nella notte misteriosa.

Scrigno di stelle o minaccia di nuvole o intrighi?

 

Io cammino sulle tue orme ogni sera e non ti trovo

La passione in quale mare annega?

*

Delirando

Un alito caldo mi sospinge i fianchi

asperità di scogli acre odor di limoni

un bouquet di rose gialle fa meno spoglio

il mogano d’un tavolino.

Riordino le briciole, sopra un velo di polvere

 

Di baci ricordo il sentiero oltre il giardino

oltre l’orizzonte oltre una soglia chiusa

e il sogno a seguire di un abbraccio

un nido una segreta nicchia per i miei pochi averi

 

Una ventola mi fredda  il viso.

Il tempo riavvolge la pellicola

m’illumina sul volo il salto la caduta.

A galla resta solo il tuo pensiero

 

Delirio d’un’estate nuda vuota austera

pungolo che m’incita e sostiene fino al buio

d'ombre e misteriose tele

spazio eredità non contesa né condivisa

della mia vita passata d’ora e futura

 

Delirando oltrepasso il fiume

delirando cerco un approdo

E ti cerco come un mendìco,

in mano un cappello di paglia,

dietro il cappello un corpo adorno di stracci.

 

 

*

16 agosto

 

 

( a mio padre)

 

S'è spento d'un tratto lo stridulo frinire.
Nei giorni innanzi quel suono così intenso
seppur assordante non mi recava noia
non quanto nella mente dei miei pensieri il chiasso.

 
Padre tu dormi?

O forse t'agiti ancora

per le mie pene e pei miei travagli?


Ora i cipressi sono silenziosi
e s’è zittito lo stormire delle siepi.
La pioggia improvvisa ha chiuso l’uscio ai nidi

ma al primo raggio di luce, via le nubi,
di stormi il cielo sarà tutto screziato.


Si tingerà l'aria di nuove sfumature.
Dicono sia così in  viso la speranza
eppure non v'è sollievo nel respiro del vento
nessuna quiete dentro e neanche intorno.

*

Diversità

Quante previsioni quanti simili percorsi
quante false mete quante ipocrisie.
Scene che si ripetono ed orizzonti vuoti
racconti di viaggi inutili.


Ordunque amatevi ed odiatevi
in questo rincorrervi l'un l'altro

tra incenso e mirra


diffondete le vostre pseudo melodie

e vivete o illudetevi di farlo
prima che il mare vi restituisca a riva. 

 

*

Epilogo

È uno stare in trincea
un combattere ostacoli
tra incubi timori

e la visione di un tempo nuovo.

 

Navigare in sogno

i colori dell'aurora
mentre di foglie il vento

simula il fruscio.

 

Vi sono vicoli da noi mai esplorati

in bilico tra limiti ed ipotesi.

Sarebbe bastato un briciolo di follia
in questa vita così aspra così esigente,


la scintilla per un fuoco inestinguibile. 

*

Senza titolo 12

 

 

 

Se non percepissi coincidenze in quel che accade

direi che sono piccoli segni

del nostro incedere nella stessa direzione.

 

Resterei ora sulla soglia ad attendere una luce

metterei insieme le note per la tua voce

 (eco di silenzi dentro stanze vuote )

prima di leggere della tua bocca ogni piega.

 

Ma forse aspetterei invano

e l’ennesima raffica mi spezzerebbe la nuca

e forse resterei piegata sui miei ginocchi

ancora una volta incapace di dirti amore.

 

*

Ora rimane il pianto dell’universo stellare

 

E forse nulla ci appartiene se non l'idea che tutto è preso in prestito
nessuna disciplina lingua traduzione dell'immagine in suono
o figura scarna trasparente nei suoi arti nervi fibre cuore

Ed io ancora sogno segno che la mente brama voli approdi
soste rotte opposte improvvise mete.
Ora io sono in questa tua sagoma e trattengo il respiro.
Taccio. Io sono in questa linea sottile a segnare il sentiero.
Andrebbe perso il senso senza la traccia d'una matita.


Scorrere sul filo senza falsi passi salti piroette nel vuoto
reclusa in un quadrato piegata

nella visione della stessa faccia della medaglia
confusa nel riflesso allo specchio 

duplice disegno dell'io scosso dall'onda.


Inutile questa deviazione dal tema

come il gioco d'acqua della luna salda alle sue radici celesti
molle come sabbia nell'inganno di un celere avanzare.

Sopravvissuta ai tagli del gelo e al graffio della luce
ora ostinata assenza della vita in bilico orlo- precipizio


Io come un termine in disuso un attributo superfluo
cado nel respiro del vento tra farfalla e foglia
nella sfumatura vermiglia straripante nel tramonto


Scivolo nel rimpianto d'un giardino rimasto incustodito
a nord di un'isola mai esplorata (promessa).
Era parte del sogno tra saggezza e follia
era l'apice di un desiderio inespresso
quel mare d'erba scrigno di congiunzioni impossibili.


Ora della vita rimane il tempo speso

il tempo perso il tempo incerto
il tempo schiavo del tempo

il tempo sprecato
e la somma d'istanti di attese sospese nel caos.

Rimane il pianto dell'universo stellare e sotto il deserto.

 

 

*

Ho bisogno di una folle come te

 

Ho bisogno di una folle come te

che ama il viaggio l’orizzonte e non le mete

di una voce fatta di echi e melodie

di una giocatrice d’azzardo di note e di silenzi.

Di verità e fantasie e di emozioni.

 

Ho bisogno di una folle come te

che corre tra le fiamme

che non teme carestie  e penurie

e crede nelle promesse dell’oro e della vite

e sogna cime elevate.

 

Ho bisogno della tua solitudine

alla soglia del mare

e dei tuoi venti

per comprendere le mie tempeste.

 

 " Poesia per un'amica"

*

Destati e portami i silenzi

Ed ora non giungi in questa casa
( una palafitta una tenda un trullo?)
dove tutto è liquido ventoso bianco
tutto in movimento tutto stanco.
Hai parole che non sono nuove

per tanti orecchi e sempre autentiche
e i sogni i timori le speranze

sono di ieri sono di sempre.


Destati e portami i silenzi

le voci i canti dei nostri istanti

che hanno cambiato il nome al tempo

il suo ritmo le sue attese il suo lamento.


Destati e portami le impronte

di chi non sì è mai arreso al fato

di chi proteso al cielo ha creduto
il filo eterno resistente al peso delle distanze 

alle piene e alle magre

e alle esistenze vere e vuote
e a quelle solo apparenti. 

*

Io non so dove il sogno è caduto

Io non so dove il sogno è caduto
tra quali rovi

in quale abisso

tra quali acque


Non so in quale vortice

il silenzio echeggia i suoi schiamazzi
dove il passo, stanco, si è arreso
dove la luce vacillante si è piegata al vento


So dove il pensiero ogni ora torna

dove ha dimora la sera dove brama quiete
So dove resiste come una ferita aperta

e attende di lenir la pena. 

*

Della mia musica non ricordo che i silenzi

 

Della mia musica non ricordo che i silenzi
forse un di avrò tempo d'ascoltarla
e di posarmi su ogni nota come un'ala

un petalo una nuvola una piuma


smarrirmi in un sax come nel labirinto

e uscirne indenne
Piangere a ritmo di un bel blues
e scavare dentro ogni melodia
la nostalgia vellutata dei tuoi occhi.


Era così che mi strappavi il cuore

quando la sera era gravida di sogni

e in gola si scaldava la preghiera

che un minuto durasse quanto un'ora
o il tempo perdesse la memoria

del suo andare e del greve affanno.


Della rosa non t'ho mostrato che le spine.
Tutto il profumo se l'è bevuto il cielo. 

 

 

*

Delle mie viuzze non ricordi nulla

Delle mie viuzze non ricordi nulla
Non le hai percorse che con il pensiero
correndo fin sulla collina, per il sentiero.


Le anse gli spigoli le curve

son cose aliene ad una via dritta
Tra quei meandri un raggio vivo

l'ombra sul muro

il solco nella terra d'un’impronta

narravano di te di come

il desiderio dirompeva...

 

fiume in piena.

 

E la piena pur ci rallegrava

e nel contempo il timore dell'Immenso

più che in noi nell' anima lasciava

un sentire strano.

La chiamavano ansia

quel tormento che ribolle dentro

e pare inferno.

*

E quando la luna scivola nel mare

 

E quando la luna scivola nel mare
e tu aspetti che un'onda la sollevi
quando un papavero è un solletico nel verde
quando un'ala t'attraversa la via mentre ti domandi
una volta ancora dov’è la giusta direzione

 

Quando l'aria è sbronza d'api ed uva

e il tuo silenzio infastidito dalle cicale
quando le rondini macchiano il sereno
di un acuto garrire e tu sei nella nebbia

sei tra nuvole d’ombra

Quando d'ogni stagione assapori il tramonto
e cadi nel vortice del tempo vuota e senza peso…


Sei meno d'una foglia morta
meno d'una nave abbandonata
meno d'una scarpa rotta

meno della notte che ti flagella l'anima
ed ancor meno d'uno specchio incrinato.


Meno di quando guardi il fondo oscuro e non ti vedi. 

 

*

Fuori gioco

Partite interrotte bruscamente
quando la visione della vita cambia
e l'amore perde ogni diritto.

E' come essere fuori gioco.

*

Nel soffio di un bacio mai assaporato

 

Dietro la rima palpebrale

alla radice del pensiero quando

non aspira a convertirsi in nessuna cosa

 

In una sillaba monca gemito sospiro

singulto che narra di speranze recise

in un’ombra che ci contiene indefiniti ed imperfetti

 

Nella lingua di gelo di un desiderio in bilico nel vuoto

nella parola silenziata inadatta

antica deforme transitoria insapore

 

Dietro una siepe fitta come nebbia

dove ci si ubriaca di rose e di salvia

scivolando poi sull’indelebile come su una lama

 

Spiarsi nel soffio di un bacio mai assaporato.

 

 

 

 

 

 

 

*

Qui nel silenzio della notte

Non vi sono immagini nella notte

è un sonno che non giunge

mentre la mente setaccia le parole 

e i pensieri si spengono in frammenti

come pioggia di meteoriti

 

Attese d'una terra promessa

agognano un approdo una culla

uno scrigno eterno

 

Ma è un conto che non torna

nel tempo ch'è mutato

nel malessere dell'anima riemerso 

nella speranza svanita tra le fauci

di un destino di sovente avverso

 

Segno che il sogno è spesso incubo

che tuona nell'eco d'un silenzio

in una vita che della medaglia

ci nasconde sempre il rovescio.

 

 

 

 

 

 

*

Fuori stagione

Tra pensieri e parole
v'è collisione perpetua
Conto opere ed omissioni

in bilico tra abrasioni ed eclissi.

Non esisto in questa lotta al resistere
non c'è respiro divino nel fango
e sul foglio il disegno si sbriciola
ad ogni tratto indeciso di lapis.

*

I ricordi

E mi domando a cosa serve quel nodo

dove le parole stanno strette come strangolate

nell'attesa che sfoci un treno dalla galleria

Mi domando perché le cime sfiorano il cielo

mentre i pensieri muoiono tra i rami in un groviglio...

*

L’Euphorbia milii

 

 

E poi ho lasciato che morisse

come sta morendo la mia anima

poiché ora non bramo più nessuna cosa

e le parole sono quelle scarne, di sopravvivenza

perché non vanto conquiste nella vita

e la scienza non m’appartiene né l’onnipotenza

perché sono inutili le lotte per nuove fioriture

 

sì ho lasciato che morisse

perché le foglioline inaridite

(forse per il freddo o per la forza in me minore

della loro ostinazione nel bramar la luce)

non sentiranno il buio del sentiero

dove si sgretola il confine.

 

E vorrei ora solo un esempio da imparare

e ripetere a memoria e da osservare

mutando il nome a questa immane sofferenza e non il senso.

*

Arenata sulle sponde

Arenata sulle sponde d’una stagione di cui diffondevi l’eco

domandavo vela e vessillo anche dove pirata il cielo

stendeva veli su orizzonti incerti

 

Gli occhi intristiti da un bagaglio di disavventure

vetrine chiuse anche di giorno

 

Rievocavo redini e corse affievolite da un fiato pago

stava cambiando il tuo tempo innescando mine tra i solchi

 

Amata per i miei silenzi ed i miei canti assai simili ai silenzi

e all’apice scaraventata sul fondo.

 

*

Tutto il male della vita

È un giorno infinito

le tempie impazzite

i pensieri in conflitto

 

Eppure ora è il ventre

che si contorce

sconquassato da mille lance.

 

 

 

*

Eri l’Immenso

 

 

Non seguivi le mie curve come fossero binari

e le tue dita erano steli d'erba gambi sottili

piume evaporate da scapigliate chiome


Eri sempre in gemiti d'assenza

abbozzi di fantasie audaci interrotte

da burrasche improvvise virgole nel ventre


Eri sempre dentro i miei silenzi urlante ed imperioso

ma ignaro del potere di quel Pensiero

che accolsi devoto adepto


Eri nella moltitudine dei vuoti speranza e fede

sofferenza crescente d'una gioia negata

eri l'apice a cui guardavo con riverenza.


Ed io non sapevo coglierti in segmenti d’attimi perché eri l'Immenso.

  

*

Cerco vergini pensieri

 

Cerco vergini pensieri

in scalfitture e crepe

 

Il suono d’uno strumento

somigliante al liuto

 

Satura l’aria

vuota d’ogni altra cosa

mi assimila al volo, nel desiderio…

 

fioca memoria di quando l’anima

era bandiera alta sul vessillo.

*

Vai dentro i tuoi arcobaleni

 

 

Vai dentro i tuoi arcobaleni

vivi allegri pieni

 

Sono stata tuono sul mare

Dopo il picco d’onda il fondo

dove il nero vince l’alba

 

E sono sabbia memore di dune

miraggio o solo fastidio agli occhi.

*

Del tempo che si trascina...

 

 

Del tempo che si trascina vecchio al ciglio d’una via

delle presenze evaporate in battiti moltiplicati ad ogni meno

s’è nutrito il linguaggio denso carico di resine

Sulla cenere l’input a domande non pensate

in giorni quasi allegri invecchiati dalle abitudini.

 

La nostalgia era litania dell’arenarsi in sterili sospetti

Gara inutile dentro cave di stimoli

gemiti non canto di peripezie d’amore

e un sacco sulle spalle senza fondo

destinato a seminare nel tragitto ogni tesoro raccolto.

 

L’amore è rimasto in noi come intrappolato.

La gazza s’è lanciata sull’aureo riflesso

nella culla d’erba fitta

un frammento di vetro di scarso valore

forse un minuscolo coccio di bottiglia.

*

Tu

 

 

Non sei in questo cerchio

dove i voli si chiudono

tra quattro cose inutili

 

sei ovunque

sei nel gioco della luce

nella terra gemente d'ombra

 

sei nell’impeto di questa bufera

che l’anima sconvolge

ad ogni raffica.

*

Un gradino in più verso te

E’ chiuso questo cerchio

dove si sostava concentrici

diluendo nostalgie ed aspettative.

 

Non ho mai parlato di vecchiezza

ma di tempi consunti dalle privazioni

di vuoti labirintici come trappole

dove cadevano frammenti di pensieri.

 

Rievocare l’antico vivere non è eco d’amore

nè crimine è domandare un gradino oltre la soglia

dove i segni parlavano di resa

un gradino in più verso te.

*

Più nulla posso

 

Più nulla posso se non resta traccia

d’un barbaglio improvviso

polvere che s’inframmenta

opaco velo che cela e rivela

albe e tramonti svestiti di luce.

 

Più nulla posso se non si leva pensiero

dal dirupo di sentimenti offesi

da radici dolenti incise di rughe

se l’onda asciutta nega i suoi flutti

flessuosi ed anela alla molle riva.

*

Amore io contemplo i tuoi giardini

 

 

Amore io contemplo i tuoi giardini

così intensi e così odorosi

e vago come vespa e farfalla tra le siepi

talvolta cinguetto nel fitto del fogliame

ma tu non ascolti la tristezza del mio canto

 

e non vedi i miei occhi né le mie mani tese

a domandare un frammento di te, luce!

 

Amore resto distante dai tuoi sentieri

per timore e per rispetto

per ossequiare le tue convinzioni

E muoio ogni sera sulle tue ali distese

dove un dì  io fui Pensiero.

*

Mani

Fanno il tiro alla fune con le mie mani.
Invisibili tenaci ostinati...


un fascio di fibre e nervi stirati
da innumerevoli chiodi conficcati nel palmo


Non avrebbero ora la forza d'una carezza
queste mie dita attraversate dal fuoco.

*

Dov’è l’incanto del giorno?

 

 

La luce lacera l’anima

un soffio_ respiro _

che muore

soffocato dall’aria.

*

Vedi ci sono sfere ovunque

Vedi ci sono sfere ovunque

gli amici degli amici

i nuovi i vecchi

gli esiliati i diseredati

 

Quelli che vivono al margine

quelli che vivono scrivendo

quelli che muoiono per una parola

o per infiniti silenzi

 

Quelli che scavano tra le pieghe del cuore

quelli che lasciano intarsi nei tavoli

o che cercano a caso nel web il caos delle parole

come fossero all’apice delle emozioni

 

E poi ci sono gli sconosciuti perfetti

gli sconosciuti alla mente ed al cuore

al mondo terreno e al cielo dell’universo

 

Quelli che stanno bene nel buio

perché risplendono ovunque.

*

Quando il pensiero dirompente scende

 

Quando il pensiero dirompente scende

incontra abissi il fondo d’otri l’incavo d’una mano

che si racchiude a gomitolo dipanato per metà

 

dietro quale siepe scompare il sentiero, non sa

e lo specchio quale immagine rimanda

il frammento dove pigola dove si fa chiasso dove si sperde...non sa

 

mentre l'amore è fuoco che divampa

e tra cielo e mare approda

aquilone e vela, verso la tua riva.

*

Ed ora so che tu non vieni dove io sono

 

Ed ora so che tu non vieni dove io sono

che tu fuggi da ogni cosa che m’assomiglia

che tu corri al riparo tra memorie antiche

Alieni  il tuo pensiero lontano da ogni sogno

 

Nemico da combattere tarlo da sconfiggere

io sono?

 

So di non essere tutte queste cose

e so di non essere l’oltre del tuo cammino

ora hai nuove medaglie

ed io sono vinta ai piedi di tutte le ombre.

*

Vorrei spolverare il grigio dalle aiuole

Vorrei spolverare il grigio dalle aiuole

e dare al prato una mano di colore

ora che l’orizzonte s’assottiglia

_un tenue filo una trasparente lama_

 

Ed io conto le tessere mancanti

sogni e promesse incastonati

come in un puzzle.

 

E penso che il tempo è belva assai feroce

ingoia tra le fauci in egual modo

tutto quello per cui s’è pianto e riso

 

lasciando fuori solo noi,

così infinitamente miseri così piccoli.

Noi e i nostri errori eterni.

 

*

Ed ogni sera penso di bussare

 

Ed ogni sera penso di bussare

una due tre volte

senza sbirciare tra le tende

senza pensare al lume alla finestra

senza la speranza che tra le crepe

il vento cambi voce

 

Ed ogni sera penso di sostare

uno due tre minuti

senza rendermi conto che i minuti

assomigliano sempre più alle ore

senza dare ascolto ai miei piedi

stanchi di cammini impervi

 

Ed ogni sera penso di parlarti

una due tre parole

senza discriminare quei silenzi

lunghi carichi d’amore

quando abitavo nei tuoi occhi

ed ogni stanza era il cielo immenso.

*

Ghiaccio e fuoco

Ghiaccio e fuoco hanno egual potere

provocano tempeste travolgenti

Ed è sempre troppo tardi

per mettersi al riparo.

*

Di quest’amore che non sai

Oggi è ieri con le sue speranze e le sue paure
con i suoi sogni la fede gli ostacoli
l'onda e la quiete.


Abbracciami ora che non ci sei
ora che più non comprendi

la potenza di questo amore.


E non lo dimenticherò mai.
Vivrò o morirò

di quest'amore che non sai.

*

Amnesia

Amnesia

di anni imbottigliati

accuratamente

ora buttati in mare

 

Occhi mani labbra mento

avevano voci

soavi stridule meste sonnolente

più del resto del corpo

irrigidito in scomode angolature

 

Tra anguste sbarre

l’oltre disegnava visioni ammutolite

per paura che svanissero

nella notte ingorda d’azzurro.

Amnesia.

*

Bambole

 

 

Bambole dalla faccia inebetita

senza grinze nei pensieri

la pelle tesa ignara di stagioni nuove e di tramonti

setacciano parole che ritornano frequenti

dove occhi di pietra scavano un senso provvisorio

nell’assoluto indecifrabile...

 

stupore il sibilo breve che svolta l’angolo

come serpe con l’obiettivo d’un muro levigato

e illuminato d’erba

 

Bambole senza emozioni tra le pieghe di carta

d’un vestito corto e lo smalto graffiante di mani

spoglie distolgono dal dolore della spiga matura

mentre il sogno d’una carezza fa eco appena

al fragore d’una stella scivolata nel mare.

*

Ira

 

Il rosso che divampa
poi è terra arsa


E della verde fioritura
è immemore il deserto.

*

Nulla svelava al passaggio il tempo

Nulla svelava al passaggio il tempo

non il naso lungo

né le gambe corte

tra verità e menzogne

solo il disegno onirico del pensiero.

 

Non colpe non meriti non cause né effetti.

Poi complicità dissolte.

Ed esseri confinati agli estremi

ognuno con la propria pena

artefici di un diverso dolore.

 

A domandare uno spiraglio

o al riparo dalla luce.

Spiati solo dalla luna

salda nel cielo

al centro di due vie parallele.

*

Come appari lontano

Come appari lontano ora che non sei

sulla traccia del vento

nell’approdo d’un fiore sul sentiero

nel pensiero che abbraccia l’immenso

 

come appari lontano ora che non sei

silenzio e voce timore e speranza

follia e ragione

sogno e quel che più s’appropinqua al sogno

 

come appari lontano ora che non sei

a raccogliere bozze di carezze recise

a seminare sorrisi a me di fronte

a disegnare speranze

 

come appari lontano ora che sei

lontano, troppo lontano…

 

*

Ora navighi il mare

Le mascherine

le fronde accoglienti

le voci.

L’alito di brezza sottile

che anima il cielo.

Armonica simulazione

dell’inno alla gioia.

 

Ora navighi il mare

senza ferri alla caviglia.

Un tempo gemente

osservavi il panorama

dietro un cancello.

 

E il bene provato (condensato)

è dentro scarne parole?

Negazione d’una luce

che pure mutava in sorriso

balsamo sulle ferite dell’anima.

 

Ora scivolo dentro una definizione

e resto sul fondo

battezzata errore d’un pensiero peregrinante.

Voci, garrule voci, abbracci moine

nel tuo cielo affollato di colorati aquiloni.

Tu con in pugno la tua libertà

mentre io vivo d’esilio.

 

 

 

*

L’odore dell’erba falciata

È un'aria opaca

che maschera il sole
un'aria sfumata di perla
a tratti di celeste sbiadito

Son sprazzi che vanno
come onde sul mare.


E’ un'aria smunta
che puzza di terra
inumidita
di sabbia recente
di latrati di cani
di polvere sul ciglio
di vie desolate.


Un'aria anonima
di nessuna stagione.
Solo l'odore dell'erba falciata
racconta che è primavera. 

 

*

’Carmina non dant panem’

"Carmina non dant panem"

scoprii così d’avere un’anima

allor che fanciulla

uccisero in me l’idea della poesia.

 

Per anni ho affidato emozioni al vento

ed ho scritto dubitando del mio esistere

fui luce per te(soltanto?). Universo folgore.

 

Ma poeta? Forse Poeta non sarò mai.

Oggi qualcuno incita una scolaretta

a persistere nelle sue pagine di diario.

 

Si resta delusi dall’amore

e spesso anche dalla vita

ma si è lontani dalla Poesia. Lo so.

 

Oggi qualcuno comparso all’improvviso

con nonchalance cerca proseliti o spot

e si pone al centro dell’altrui interesse

senza sollecitudine (all’apparenza)...

 

Oggi qualcuno si dice tuo amico

Conoscitore profondo del tuo animo

non sarà mai. Lo so.

 

Oggi una folla è in cammino e ti tende le braccia.

Io sono notte e prigione.Io sono vento.

Sono tutto ciò che cade nel vuoto.

 

In fondo anche uno zero è un cerchio

in espansione agli estremi… e molti sono dentro.

Io resto fuori e me ne vanto.

 

*

Ho sognato aquiloni neri

Fingere lontano il pensiero da strappi e cuciture,

fatica inutile, da scartare.

 

Basta l’ansimante respiro

ad ogni tentennare d’equilibrio.

 

Ho sognato aquiloni neri soffocare nella luce,

miraggio d'ombra d’un orizzonte ormai deserto.

*

La bamboletta di pezza

La bamboletta di pezza ha solo un’immagine di sé

e incongruenze incertezze timori distrazioni

la bamboletta di pezza ha sorrisi per parole

e le parole sempre le stesse tessute sulla trama

di un solo pensiero, la conquista

 

la bamboletta di pezza appiccica di miele

ma ha stati di ghiaccio e venti preordinati

la bamboletta di pezza ha un like per tutti

compare scompare e ruba agli altri la luce

per il suo profilo d’ombra.

*

Incertezza

Se la rosa tornerà prospera tra le spine io non so

ma la corona di Cristo non smetterà

il suo colore smunto per un verde brillante.

Tutto tornerà a fiorire o tutto potrà morire in un attimo.

Sto come una cosa lasciata scivolare tra le mani

ai piedi d’una quercia. Dinanzi una panchina deserta.

 

E’ il primo raggio che mi trafigge gli occhi

dopo l’interminabile freddo di marzo

ed io attendo che il sole tramonti nel desiderio d’un bacio

d’un viso ripiegato in un cassetto

nella bozza d’un sogno

e di un domani tiepido sotto la cenere.

*

Superbia

Io so di non sapere

d’essere polvere nell’Universo

dispersa dall’impeto di burrasche

e nell’onda irata dei venti.

 

Mi dissero” superba”,  ignari

d’un tempo flessibile di cicli e stagioni.

Calpestarono nuances ed umori

epitelio di presunte verità.

 

Ma per te io ero orizzonte di luce

congiunzione di cielo e mare

aerea percezione attesa d’equilibrio.

Ora so di non essere.

 

E so ancora di non sapere.

 

*

Seguite l’aere

Seguite l’aere, vedo... ma che amarezza in me

e nel cuore mentre si raggelano i pensieri.

E siete dove tutti sono. Contraccambiate un gesto

una carezza un bacio una smorfia un cipiglio.

Voi conoscete l’animo di chi osannate...

Certo non io che scruto una sfera, incredula

e resto muta e non prevedo non calcolo né analizzo.

Mi dolgo talvolta di questo di non essere come voi siete

ma non potrei essere così perfettamente in fila

e ciò mi conduce lontano da una certa "quiete".

 

*

Scoglio

Come osso si sgretola nel mare.

Oltre il limite consunto

nuovi equilibri al largo.

Le tue ali in volo a lambire altri lidi.

 

*

Per continuare a vivere

E' per continuare a vivere

che corro all’indietro

le stesse vie gli stessi viaggi

le perle intatte nello scrigno

e castelli demoliti dalle bufere

ora ricostruiti a memoria

 

è per ritrovare la luce

che m’accompagno alle ombre

e discorro di stagioni antiche

di tempeste ed arcobaleni

di follia e saggezza

dei miei giorni annegati.

*

Giorno e Notte

Perché il giorno si chiama giorno

se dalla notte non diverge?

L’uno acceca la mia via

l’altra la mente ottenebra

sicchè essa vuota appare

di sogni e di speranze.

*

Aprile

Era la prima decade quando
assaporai i tuoi occhi
due mandorle d'ebano levigate
due sfere assetate d'universo.


Esplose aprile con pioggia di petali
ed onde d'erba nel fruscio del vento.
Il pensiero un filo invisibile tra noi
collante fu di umori e sensazioni
tenne il mondo in equilibrio

su mani destinate al limbo.


Era aprile quando ti reclamai al vuoto della vita 

bramando il rosso d’antichi floridi filari.
Ed oggi è aprile

e il tuo silenzio incide la mia scorza.

Sanguino sotto un sole titubante

dopo il maestrale di marzo. 

*

Un modo frequente d’abbatter distanze

Un modo frequente d’abbatter distanze

il tempo non tempo che piega dinanzi a uno specchio

gioco distratta malvolentieri noncurante dell’esito

per osservare il cammino delle lancette su grigie pareti

sbianca il mio viso esausto sotto uno sbadiglio

scrivo con inchiostro indelebile sull’anima una pagina sofferta

quasi fosse un sillabario.

 

Sono come malata in un letto ad implorare la fine d’ogni supplizio

e conto le gioie_ qualcuna_ a patto che torni all’infanzia

tra l’erba dei campi e i quaderni e le bambole

un lusso d'assaporare in segreto. E cado come lungo la riva bagnata

non distinguo se dal sole o da un’onda che addosso

mi riversa il suo apice d’ira ed intanto sono tutt’una col vuoto

Io aria io terra, io vento che l’allontana dal mio orizzonte.

*

Ho raccontato d’ogni pensiero buono

Ho raccontato d’ogni pensiero buono

le sillabe tronche stemperando respiri

nell’aria gelida

Incompleto il canto termina sempre

in una macchia fugace. Mistero...

mentre il cielo ritrova il suo sereno

non la sua pace.

*

Consci di un amore differente

Nelle lingue di terra sanguigna

il pensiero non giunge

L’acciaio delle onde risplende

si muta talvolta in pioggia, inattesa

Nulla ci appartiene è di passaggio

noi fermi come al fronte

a rievocare assenze

ritardi nostalgiche visioni

 

Le nostre non erano guerre

ma missioni di speranza

e spesso voli interrotti

in fragilità di spazi

da improvvise comparse,

ombre allungate alla schiena.

 

Noi di fronte

nell’immensità

stelle e pianeti in cicli avvicendati.

*

Trascorrono i mesi

Trascorrono i mesi e il ritmo più non importa

ognuno la sua gerla i profumi i colori le ombre

armonia tessuta sulla trama di un oscuro silenzio

è magra speranza acqua sperduta nell’arida terra.

 

Remoti sono i giorni di festa le ricorrenze

le abitudini accese la sera con devozione

le attese cresciute nell’andirivieni di timori e speranze

d’una parola un gesto un sorriso sfumato leggero.

 

Sospesi ora sono i racconti ch’era novembre.

Entrata è la Primavera ma il freddo è tenace

s’asconde in un raggio di sole trasfigurato

l’indifferenza governa l’altare della passione.

 

E l’anima ora giace piagata dalla sofferenza,

arresa all’inganno crescente delle stagioni.

*

Anche quella sera

Avrei atteso a sera perché il giorno

è un groviglio di doveri un legarsi

di segmenti passaggi graduali

fino al picco quotidiano di fatiche.

 

Avrei abbracciato le ombre

complici d’un sentire profondo

all’immaginario suono di acque

che non si gettano nel fiume

che setacciano grani fili d’erba fiocchi

scivolati dai rami

e che si perdono in sentieri.

 

Avrei chiuso gli occhi sognandoti

prima d’ogni altra visione

prima delle grinze sulle labbra

quando pensano ad un sussurro

più che ad una parola

prima dell’alambicco dei tuoi occhi.

 

Avrei sperato in un anticipo di ore

di minuti di luce in un assaggio di brezza

un brivido tra orecchio e nuca

rievocando memorie

dei nostri giorni di bufere ed arcobaleni.

 

Avrei camminato per la stanza vegliandomi

vincendo l’ansia il timore l’inquietudine

e avrei guardato il vuoto intorno così pieno.

Avrei atteso ed atteso anche quella sera,

per amarti.

 

 

14 febbraio 2022, non un giorno qualunque

 

 

 

*

Il fallimento di Dio?

Quest’idea d’una creatura

a immagine di Dio

si rivelò subito non buona

dalla costola di Adamo

dal Paradiso terrestre

da Caino.

 

Dovevamo stare nella savana

o in una foresta equatoriale

Cacciare come altre specie d’animali

per istinto di sopravvivenza.

Invece Caino ha ucciso Abele

per ira gelosia e per potere

E da lì esempi a non finire.

*

Non ho meritato che il tuo silenzio

Non ho meritato che il tuo silenzio

questo vento adirato

che mi schiaffeggia l'anima
e che io inseguo
con cieca ostinazione.

*

Un’inutile appendice

Della maestosa quercia
sono quel ramo
dove linfa più non arriva.


Un'inutile appendice, quel che rimane
d'un vago immaginare il cielo.
Del sogno un abbozzo mal riuscito. 

*

Il mio pensiero di te

È un pensiero ramingo

che cerca la sorgente e la foce

un pensiero che bacia l’aria

e tutto quel che racchiude

Un pensiero che implora

un verbo un gesto una traccia

E’ un pensiero che domanda equilibrio

e le ali per assurger alla luce.

*

Padre non conto più i tuoi anni

Padre non conto più i tuoi anni

sarebbero pochi

ma son troppi che manchi

tu sei vivo perchè tra i morti

la mia memoria fallirebbe

e tu sei un sempreverde

il picco di quest’immenso giardino.

 

Padre non ti pongo domande

ma tu hai tutte le risposte ad ogni mio pensiero

ai miei dubbi e alle mie paure

tu sai i miei limiti e le mie qualità

e sarai tu a ricordare tutto

quando siederemo alla stessa mensa,

un giorno vicino o lontano.

*

Non posso parlare della guerra

Non posso parlare della guerra

il cervello è tra incudine e martello

duole non resiste alla visione

di stragi e drammi e degli orrori.

Tuoni nell’aria e sul cemento

e sul riparo (nessuno) delle vite.

 

Non posso parlare della guerra

del suo tempo e dei suoi mezzi

dei lunghi corridoi della speranza.

L’acciaio le macerie

l’avanzare ammassati nella fuga,

a replica d’un urlo senza fine.

 

E promesse disegni accuse propagande

un bla bla impazzito dentro un turbine.

E l’umanità sofferente, un fuscello

in aria sollevata.

 

Non posso parlare della guerra

della sua crudezza del suo inganno

dei giochi di potere dei retroscena.

Non riesco a trovare le parole.

*

Solitudine

I filari sono ancora lì racchiusi

nel loro odore acre

dove la terra si ritrae e manca al piede

una zolla un mattone un sasso.

 

Ed ancor meno alla mano tesa.

Tace la sera prima del frinire delle cicale

della brezza gentile dietro la nuca

e l’accelerar dei passi verso casa.

*

Donna

Non so se quest’involucro

racchiude braccate percezioni

e dei cinque discussi sensi fiuto il patire.

Vedere-udire in propaggine di assenze

in gara per il podio.

 

Per vincere l’inganno

d’un apparire tenace nonostante

l’orizzonte sgombrato d’armonia

aspiro a congiunzioni al fluttuo d’onde

nell’indaco tangibile dell’eco

mentre s’espande perenne al primo impatto.

 

Questo grappolo carico di giallo

aggiunge all’anima un fardello

E mi stordisce… insetto un po’ distratto

in turbolenza d’aria.

 

*

E’ all’anima che manchi

È all’anima che manchi

or che smarrita vaga

dentro spirali dense e vinta

luce più non domanda né ombra.

 

E’ sull’anima che la ferita insiste

slarga allontanando gli argini.

 

Ripresa più non brama

tranne che nell’istante

d'una fioca speranza.

Mitezza dei tuoi occhi

a coronar l’attesa.

*

Concorso

Ripercorrere ogni meandro

e scegliere tra tinte fosche e vive

prediligere la cornice al caos

ridisegnare il contorno delle ombre

mutar grado ed intensità optare

per la luce calda. Non mi dà sollievo.

O fredda. Non mi traduce appieno.

 

Entrare in turbini e gironi

credere ad oniriche visioni

e (con)correre_ lent/animé_

il fiato uno strumento in crescendo

al gradino in cima ad un tappeto.

 

In un momento meno propizio

far calzare un vestito ad uno stato

vissuto nel remoto e accantonato

sorridere a tema col malessere

che tarla l’osso d’ogni mio pensiero.

 

E (con)correre l’anima spogliata

sensibile al gelo ed alla fiamma

con la negazione degli opposti

in equilibri forzati lotte impari

fortuiti ripari ed imperfetti connubi.

 

Io appollaiata sopra un ramo

emetto un suono allegro oppur gracchiante

un trillo o uno stridìo e non mi domando

la levità o il peso del mio canto.

Intono il quotidiano mio tormento:

un arcobaleno che includa ogni tempesta.

 

*

Lasciami cadere

Lasciami cadere come un sasso giù per il pendio

lontano dall’ammasso di sabbia e pietre e terra.

Hai il tempo reso centuplo per vivere

senza la morsa ai piedi senza il tarlo nell’aria

d’un amore che uccide.

 

Hai il tempo per cancellare le ferite

e la bozza di baci e di carezze.

 

Hai il tempo, tutto il tempo

per maledire questi occhi

che ti hanno dato amore.

Ora lasciami cadere

più a valle di tutte le cadute.

*

Io un estraneo

Non sogni o speranze

né il pensiero prima così tangibile

finita la cenere l’aria odora di primule

fuori dalla prigione respiri

e popoli il vuoto di nuove figure.

 

I vecchi ritagli scivolati nel mare

feroce il silenzio,

uno scudo che s’erge invisibile

ed io un estraneo

che combatti come fossi un nemico.

*

Oggi la tristezza è un vento forte

Oggi la tristezza è un vento forte

del gelido e caldo non ha traccia

ma sconquassa le mie fronde, mi travolge.

 

E tra le onde furenti

imbavagliata

invano imploro Amore,  la sua voce.

 

*

Oscillazioni del pensiero

Oscillazioni del pensiero

su perimetri di vuoto

equilibrio di essenze

nella carne dell’anima.

Tra sfoglie di silenzi

si spargono brusii

non assurti al canto

e si scalfisce il tutto perso

in una goccia di luce.

 

Se tu ora giungessi

così a sorpresa

con dentro gli occhi

un abbraccio di parole,

come questa neve di marzo

fresca e soave,

due rughe stirerebbero

gli angoli della mia bocca.

*

Feroce è la notte

Nelle sue fauci si celano timori

mentre una pioggia di petali

obbedisce al vento al suo richiamo.

Ora che non ho più i tuoi occhi

con i miei occhi inciampo ad ogni passo.

Non ha germogli la terra

arida ad ogni zolla

nonostante le lacrime copiose

d’un cielo sofferente.

*

Oltre il frammento

Nel combattere la luce con l’opacità

colgo il tuo nutrirmi d’assenza

attraverso un cielo

dove il pensiero aveva la sua dimora

mi poso sulle sue brevi soste

 

Mi suggestiona un silenzio ghiotto di sensazioni

e lascio che il terreno ingoi ogni storpiata sillaba

ogni incrinatura della voce ogni scricchiolio

 

Oltre il frammento è l’immaginare violini amputati delle corde

e colgo il vuoto che mi sazia

ed inseguo il colore stinto sulle altrui dita

 

Mi suggestiona il tempo

gonfio di rimproveri

e lascio che l’onda

ogni sorriso spento

ogni ricordo mi travolga.

 

*

Viandante senza una meta

Viandante senza una meta

con addosso i miei stracci consunti

inseguo speranze svanite

pensieri che muoiono

aborto d’una mente fiaccata.

 

Un otre gonfia di vento

il mio solo bagaglio

un vuoto di sogni

quel che resta di un disegno

solo abbozzato ormai stracciato.

*

E dopo un infausto giorno

E dopo un infausto giorno

aspetto un segno nuovo ad ogni calar del sole

ma inciampo in un groviglio di ermetiche parole.

 

Torna a soffiare a sera il vento dell’indifferenza

il tempo passa indarno ed il pensiero cade

spogliato della sua onnipotenza.

*

Conviene ch’io parli delle rose

Conviene ch’io parli delle rose

di come stanno quiete sulle siepi

quando il raggio del sole le riscalda

di come ringraziano la pioggia quando è fine

ed impiega tempo prima della cera sul selciato.

 

Conviene ch’io parli del profumo che resta tra le dita

quando una corolla s’approssima alla fine e i petali

cadono avvizziti ad un leggero soffio

conviene che io pensi alle viole insieme con le rose

immaginando un mazzolino in mano ad una pulzella

pensiero d'ornamento nel dì di festa.

 

Conviene che non calcoli le spine

e che ne salti almeno una

mentre setaccio volti e panorami

che fiuti le tracce che conducono

a giorni spensierati e di letizia.

 

Conviene che io sosti sotto un ramo il naso in aria

occhi socchiusi a scovare tra la boscaglia un nido

gremito di melodiosi trilli e che non pensi

alle tante cose inutili che fan felice mezzo mondo

nè al brusio dei passanti

sempre pronti a seminar zizzania.

*

Viverti perenne nel primitivo pensiero

Ricomporre il tempo speso

tra cose futili e le serie

forse serve a definire differenze.

 

Un’anonima voce mormora che tutto è utile alla vita

la distrazione la lentezza l’incoerenza

per spiarla da diverse angolature mentre già muta.

 

Aspirare a non sentire il peso nel ritorno dei giorni

dei loro nomi dell’eterno sovrapporsi degli attimi

fino a quando una goccia non capitombola dall’orlo,

 

una goccia persa dentro una discesa

nel desiderio solo accennato

per sfuggire al senso inverso del volo.

 

Immaginare di cancellare le aride stagioni

senza colombe fuori dell’arca

alla fine del diluvio.

 

E viverti perenne nel primitivo pensiero.

 

*

Occhi

Rivelazione di un volto amareggiato
piagate grinze, lembi di un’anima dolente
e dei suoi perenni passaggi
tra il rosso vivo delle fiamme. 

   

*

Le nostre cadute erano lievi

Le nostre battaglie per una comune causa

le ricordo tutte

le insidie dietro l’angolo

le presenze artefatte ombre d’altra natura.

 

E le rivincite semplici senza la fretta del tempo

che giungevano dopo la fitta trama

dopo il ricamo strappato

e gli ignobili caduti dentro l’immaginario cratere.

 

Le nostre conquiste vincendo gli ostacoli e superando valichi

il confortarci a vicenda disegnando nell’aria una carezza

le decisioni drastiche e a malincuore

il coraggio di volare più in alto della vita possibile.

 

L’occhio alla clessidra di giorno e il ritmo accelerato della notte

quando tutte le cose fuggivano, non i sorrisi

nonostante il soffrire dell’anima per un sogno che si faceva lontano

le promesse precipitate in un burrone. Ricordo tutto.

 

L'ostinazione di vivere malgrado i piedi piagati

Ricordo la nostra forza oltre un effimero domani

e il filo del pensiero sempre teso.

Le nostre cadute erano lievi.  Ci rialzavamo fieri d’essere simili.

*

Prima di uscire

Bisognerebbe lasciare i pensieri
appesi al chiodo chiudere in una stanza
l'angoscia l'inquietudine il tormento
d'una realtà poco incoraggiante


Con piè leggero calpestare il suolo
senza che senta il turbamento
ed affrontare il giorno come viene
con fresca ingenuità e con fermezza


Sono propositi buoni che ritornano
e dopo pochi istanti vanno a cadere
là dove giacciono le foglie

e dove sono tutte le cose morte


Un uccelletto stuzzica un po' i rami

infreddolito, quasi saltellando
Pensi ad uno scatto. Così l'osservi...
un frullo d'ali  ed è fuggito via. 

*

Senza titolo 11

Conto le spine della mia corona

e mi distraggo

Giusto il tempo d’una vertigine

 

Un breve istante che diviene eterno

E sarà luce oltre un nebuloso buio.

*

Luna!

All'alba c'eri di sicuro

quando l'aria s'empì di un vagito
E ci sarai al tramonto
assicurandoti
che io non sbagli la meta


Ma dimmi dov'eri quando
la vita celebrò il suo inganno?
E dove sei ogni volta
che la solitudine
vittoriosa uccide? 

 

*

Senza titolo 10

Scendere gradini accompagnando

con flebile canto

un cieco fruscio di passi

 

E immaginare sabbia foglie sassi

dove la terra molle inghiotte il piede

E non pensare neppure di cambiare rotta

 

Alla fine c’è sempre un binario morto

o un vicolo chiuso a te di fronte

dove non vedi più morire il sole.

*

Il mio momento breve

Talvolta una piccola speranza

s’affianca ai miei passi sulla via

è il solito percorso dove il piede

celere s’affretta fino al luogo

in cui  tutto s’arresta l’energia

la voglia l’entusiasmo ed il coraggio

di vivere la vita come si deve.

 

Un raggio dentro gli occhi

li trafigge, ma è quasi ameno

diverso dalla lama che nel cuore

scava con lena e senza grazia

 

e quando in quei meandri vige  tregua,

la mente, se i pensieri non setaccia,

diventa calderone di memorie parole screzi dubbi

e le domande molteplici emergono ponendo

ogni minimo tratto in discussione 

di quel momento che solo per un po’

s’accosta al vivere più umanamente degno.

*

L’esser usciti indenni dai giorni della merla non consola

L’esser usciti indenni dai giorni della merla non consola

senza scosse né tempeste senza l’aria gelida sul naso

si son parlati tra loro scambiando i ruoli come due monelli i mesi

in fondo un ritardo breve non è grave, solo una burla.

 

Approfittano del ritmo, quando allenta, le chiome

per respirare prima di riprendere a vibrare nell’aria come corde.

Fluttuano come onde. Risale una donna la collina

le braccia tese s’alternano col peso ed ansima per la fatica

quando una raffica di vento la frusta in viso.

 

Casa, che luogo ameno! Che quiete or che la strada è ostile!

Non una parola ma l’accader d’una magia,

sfera d’ognuno per una volta almeno immaginaria, quando

dietro la finestra guardando il cielo qualcuno pensa

che dietro le nubi c’è sempre il sole, anche se piove.

 

*

Ora che non torno a raggio

Ora che non torno a raggio

sulla giravolta dei pensieri

l’angusto spazio d’un vicolo

ha il guizzo verde d’un gatto

 

Il resto è pece fuori

e dentro

screziato di fuligine

 

Nenie si perdono in petto

nel respiro_ rantolo_

che spera nell’eco

per (ri)sentirsi vivo.

*

Innesti di sangue

I piedi hanno memoria

dei passi

 

del punto dove

goccia su goccia

s’innestarono vite

 

e dove la terra

è ventre di promesse eterne.

*

Nel sepolcro del silenzio

Sepolta nel sepolcro del silenzio,
la porta un grande masso.
Sento i passi dell'indifferenza
e la voce anonima del disprezzo
sotto il peso di una notte eterna. 

*

E sono qui

E sono qui

il giorno ancora acerbo

lievita il mio pane in fretta

già si avverte il peso

di una nebbia dentro

tra i ricordi e le cose inutili

 

Fuori lungo le vie

più cani che persone

ognuno un itinerario

pochi una meta

 

Ascolto il silenzio

io l’unico rumore

io e le mie dita mosse

da autonomi pensieri

Carezze sui tasti

vestono l’amarezza

 

E’ un giorno vecchio

di un nuovo anno

ma la solitudine sfoggia

un vestito più raffinato

 

è stagione di magra

di partenze

di oblii e nostalgie

e ci si rassegna allo scorrere

imperturbabile del tempo

ora che c’è penuria di tutto

anche di lacrime.

*

’Chi è costei?’

Parole nell'aere di una magica sera,
quando  il fragore di un tuono
andò dileguandosi
dentro l'arcobaleno… 

*

Il desiderio della farfalla

Il tuo nome è un gemito sulle labbra arse

quando il rigore regna nella stanza

mentre il pensiero cede

esausto di tenere il passo da mane a sera

 

le palpebre giocano con le ombre

e intorno tutto è statico

la notte splende fuori mentre m’arrotolo nel buio.

Ho ali leggere di farfalla e il desiderio dell’inverso.

*

Errore

Al vaglio erano tutti i miei pensieri

fin dove correvano in un cielo sgombro

ed anche negli intoppi nei piccoli nodi

che impedivano agli occhi la nitidezza

 

Con un bisturi davi un nome

ad ogni sbandamento ad ogni titubanza

ogni fragilità. Sono meno di un punto

in tanta immensità che mi circonda.

 

*

Abbiamo una casa e dentro tutto

Abbiamo una casa e dentro tutto

il caldo ed il freddo che accendiamo

come ci aggrada al mutar delle stagioni

un letto comodo una nicchia

per i sogni quando noi sereni

abbiamo chiuso il giorno

o dove scomponiamo ogni pensiero

gli attimi le ipotesi le immagini

e spesso anche le visioni.

 

E stiamo bene come piselli in un baccello

se l’amore il giorno ci ha sorriso

Abbiamo poche cose accantonate

in angoli nascosti dalla polvere

quelle vere per le quali

pensiamo ci sia tempo

un tempo che corre eppure non esiste

e mille cose inutili in bella mostra

che non tocchiamo quasi mai.

 

Ed ecco una falla sopra il tetto

è un allarme che sotterriamo troppo in fretta

una incrinatura nelle scale

una fessura alle pareti

diciamo non è nulla con noi stessi

per noncuranza e spesso per pigrizia.

 

E poi all’improvviso dentro piove

e gemono spifferi di vento

la muffa imbratta le finestre

la ragnatela gli spigoli ricama.

 

Ma non guardiamo nulla solo il vuoto

benchè la casa sia fin troppo piena

In egual modo sfociamo in fiumi di parole

e più non ripetiamo “ti voglio bene”

a chi nel nostro cuore ha già dimora

credendo sia superfluo pronunciare

le uniche parole che del pensiero

sono la traduzione più fedele.

*

E quando il freddo vien di sera

E quando il freddo vien di sera

nelle ossa è un vento gelido che sferza

che torna a visitare il mio corpo spoglio

come albero sul ciglio d’una via

 

Vorrei la stanza non avesse ingombri

e non avesse porte né finestre

richiamo d’aria, del lieve suo vibrar

 

Vorrei tutto lo spazio fosse un letto

e tra mille coltri avvolta, scomparire

bozzolo nel suo stadio primordiale.

*

E poi io

Una moltitudine di esseri un dì fu creata.

Animati ed inanimati

tendenti tutti alla perfezione

 

vegetazione cose fauna e persone

ciascuno con una voce una nota un suono

 

E poi io

i miei nei

l’errore

in ogni forma del mio divenire.

*

Dell’amore non resta nulla?

Dell’amore

degli ampi sorrisi

e degli sguardi interminabili non resta nulla?

Lì dove correvano praterie ed il mare non aveva onde anomale

 

Dell’amore

dei lunghi silenzi e delle bocche generose

di baci e di carezze nessuna rimembranza?

Lì dove i sogni correvano veloci e la luce era sempre foriera di speranza

 

Dell’amore

degli istanti di follia

e dei progetti minuziosi nessuna traccia?

Lì dove il silenzio era così sacro e custode dei nostri intimi segreti.

*

E poi c’è il tuo viso

Solitudine...

E poi c’è il tuo viso

che ho amato da subito

senza mostrarlo ad altri

e la tua voce così profonda

così piena così calda

che ho ascoltato io soltanto

le tue mani così forti

che ho immaginato così morbide ad ogni carezza

 

e poi c’è il sentiero parallelo

che ho attraversato io da sola

senza mai sentirmi sola

e il tuo pensiero

che ha preso a prestito aquiloni

aerei gabbiani per raggiungermi

ed ogni linea ogni ansa ogni incrocio

ogni plica del tuo corpo

 

e poi c’è il tuo silenzio così vario ad ogni stagione

e il tuo racconto pieno di enfasi e di speranze

ed il sogno travolgente come l’onda

e la tua anima così vicina a me

nella gioia e nel dolore

nella luce e nell’oscurità

 

e poi c’è il tuo viso

ed i tuoi occhi

i tuoi gesti

e le tue mani

che continuo ad amare come il primo istante

nonostante tu ora ignori il mio essere tra preghiera e canto.

*

Miro il vuoto

Nient'altro guardo. Miro il vuoto come quando

gli occhi fissi sopra un uscio attendono spiragli

passi ombre e la mente per ingannare il tempo

disegna sguardi e sillabe e sussurri.

Un ordito che presto allo sguardo si dipana

mentre le pupille si velano di pianto.

*

Senza titolo 9

Tra venti di burrasca,

spietati,

non odi della mia voce il suono

 

Parole più non ascolti

né ti raggiunge sull’ali dorate

il mio pensiero.

*

Senza titolo 8

Rannicchiata nel mio misero giaciglio

spenti i pensieri tra gli stracci

giaccio sul fianco

dove il cuore giunge all’orecchio

col battito che tuona.

*

Tu ora arrivi quando non ci sono

Tu ora arrivi quando non ci sono

oppure ho appena varcato la stessa soglia

dove ora giri lo sguardo o chiudi gli occhi

o ti posi ad un angolo nascosto

 

tu passi e non ti fermi

io sento il fremito delle libellule dei calabroni

dei passeri delle farfalle e delle foglie

sopra i rami

e non faccio più alcuna distinzione

 

tu scrivi di cose vecchie e cose nuove

lasci impronte sigilli emblemi

se pensi non so cosa tu pensi

ma mi scacci con la mano dal tuo viso

al pari d’un insetto molesto e fastidioso

 

tu cammini nei vicoli di ieri

e cancelli gli itinerari più recenti

hai le tue certezze e convinzioni

e non conosci dubbi e contraddizioni

 

tu hai il pensiero quello superiore

che fa le regole e non ammette deroghe

io ho l’abbondanza di debolezze e limiti

d’un essere facile all’errore.

*

Ora

Un solo pensiero

un gancio saldo

ora corroso

allentato

rimosso.

E il vuoto che s’empie

di tutto ciò che non ha senso.

*

Ogni mio pensiero

Ogni mio pensiero è inadeguato

destinato al vuoto

inefficace

 

ogni mio pensiero, vano

l’aborto d’una mente stanca

ormai alla resa.

*

Duemilaventuno

Ho perso i miei amici

ed anche quelli che non mi erano amici

ho perso il mio modo di vivere

ed anche quello che non era il mio modo di vivere

ho perso i miei sogni

ed anche quelli che avrei voluto fossero i miei sogni

ho perso le mie conquiste le mie mete

i mei viaggi i miei sentieri

ho perso le lune e i tramonti

le mie speranze la mia forza e la mia fragilità

ho perso i prati ed i fiori le spighe e i papaveri

ho perso i filari e l’ombra ai piedi d’un olivo secolare

ho perso il mio oltrepassare ogni muro

sospinta su un’altalena ad occhi socchiusi

quando il cielo era solo una carta imbrattata di luce.

*

E poi verrà la sera

E poi verrà la sera

e il tempo avrà un altro peso

Non basterà all’amore per essere compreso

Non basterà al dolore per essere lenito

e le parole non saranno che un gemito.

 

E poi verrà la sera

e il sonno sembrerà l’unico rimedio

pur senza una promessa

E spegnere le luci sarà come

immaginare il mare

il suo fondo scuro

 

E poi verrà la sera

Se avrò fortuna

potrò mischiare

al nero un po’ di grigio

vedere oltre la nube

un gradino ed una soglia e dietro

la misteriosa luna in quel suo ghigno.

 

 

*

L’anno che non verrà

Caro Lucio l’anno che verrà non è come tu pensi

lui è troppo distante da me

e non serve che io scriva forte molto forte

 

Qui non va nulla da tempo non solo a causa del covid

ed io non ho parole da dire ai superstiti ai vinti

ai guerrieri agli esiliati ai diseredati ai sepolti

 

Non spero non m'illudo non sogno

le feste sono nei cuori di chi conosce la festa

sulla terra dove io sono

c’è violenza morte tristezza

e da mangiare e da bere

per chi non ha fame né sete.

 

Ho i miei silenzi eloquenti

 lui è muto ed è sordo

In quest’anno che volge alla fine

non ho più fantasia.

 

Il mio momento è passato

e ne sono cosciente

intorno solo una folla di maschere,

nessuna novità all’orizzonte.

 

"Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò"

Da "L'anno che verrà" -Lucio Dalla-

*

Sirà

Era profumo di zagara nel sole
sulla sponda d’un sorriso
mentre le costeggiava
le labbra ad occhi chiusi,
d’una carezza era fatto il vento
e di petali il velo a riparo dei suoi seni
dalle sue mani evanescenti,
lontane, ma calde e deliranti.

Era di zagara il balsamo
che si spalmava all’orizzonte
dove una vela traghettava
l’anima desiosa d’emigrare altrove,
lì dove i gabbiani dipingono le nubi
col candore delle ali.

Era zagara l'effluvio dell’onda
dove lo scoglio lambito, austero
risplendeva luminoso sotto il sole.

Sirà e la sua lama, fendeva con orgoglio
i sogni d'un passato trascorso
senza parole o nei silenzi,
arcobaleni d’un’eterna estate.

Sirà il principe venuto dall'ignoto,
il mago del pensiero sulle frequenze
d’ogni muto suo sentire
seduto sui gradini del suo regno
a contemplare acerbe sensazioni
in un sogno, un cerchio coi confini
trasparenti, mutevoli sull’anima che muta.

Era di zagara soave il suo passo sul sentiero
nel verde fogliame e sopra i rovi,
quando giungeva all’improvviso qualche stilla
dell’orgasmo del cielo, un solo fiotto.
Scioglieva lo spasimo la sua bocca
in ogni falla, ad ogni incrinatura.
Sirà le oltrepassava l'anima vergine,
sul dorso la falce della luna.
E al primo albore ancor si dimenava
nel suo corpo di zagara e di spuma.


Poesia pubblicata sul sito "Scrivere"  il 16/08/2015

*

E poi c’è domani

E poi c’è domani

speranza e timori si abbracciano

E' uno strano tepore di spazi angusti

e di un tempo incommensurabile

 

è una nostalgia che duole

un andare avanti ed indietro per la stanza

vestendo le pareti di occhi che sorridono

o d'una bocca che sfoglia il senso dei pensieri

e di mani che raccontano di misteriosi silenzi

 

è un oblio che rompe il margine tra giorno e notte

e riscrive i tramonti e le lune e i desideri

è un rinascere tra nuvole e luce,  frammentata

 

E poi c’è domani

un negare il male che ci circonda

e l’annegare in un mare che non conosciamo

un pianto che non sa di gioia nè di tristezza

un'onda anomala sul cuore

 

mentre la solitudine ritorna ancora

ed ancora ci corteggia

instancabile e perversa.

 

*

Era una promessa

Imbastirci con stracci e spago

mummificarci le labbra dirimpetto

nello stupore d’essere così vicini.

Per sempre.

 

E dare al mondo l’impressione

d’essere noi posati lì per caso

come due cose eterne mentre

ci si spingeva al viaggio fuori del corpo.

*

25 dicembre

E’ passato questo giorno breve di attese

questo giorno lungo di maschere e menzogne

Intorno abbracci e sorrisi

come benefica pioggia sulla terra

a tutti destinata

 

eppure qualche fiore muore

qualche altro inaridisce

tra le crepe del selciato

eppure qualche stella si spegne

ignara d’essere stata una stella.

 

E’ passato questo frastuono inutile

lo sfondo di sprechi di regali e cibo

ingurgitato malvolentieri.

Senza il vestito nuovo

cerco riparo nel solito pigiama

come dietro una nuvola.

 

 

*

Vigilia di Natale

E s'erge sotto il cielo blu intenso
un albero spoglio
I rami sottili
dai nodi sospinti
in direzioni diverse
Qui c'è un sovrumano silenzio
una voce che giunge
eco e richiamo
di una pace smarrita e bramata
La luce ha il suo peso che varia
la sua parte nascosta di buio...
che sfuma sull'anima arresa.

*

E’ il fragore delle cose rotte

E’ il fragore delle cose rotte

di parole e silenzi che si spezzano

nell’istante che ritorna puntuale

l’eco che tuona e disturba l’anima.

*

Ho creduto fosse il mare

Non era il mare

Ho attraversato solo il fiume

fino all'opposta sponda

Ed ora siedo sulla riva

a contemplare la mia solitudine.

*

Una strana inquietudine m’assale

Una strana inquietudine m’assale

nell'oltrepassare un tempo che pare fermo

I miei pensieri hanno mani piedi

ed hanno ali

Sono ovunque ma non dove imploro

che muoia ora quest’attesa

che mi si rovescia addosso

come pioggia dal cielo

a flagellar la terra.

*

S’è fermata questa sfera chiamata mondo

S’è fermata questa sfera chiamata mondo

da quella notte scura senza luna

solo i pensieri vanno remi e vele

verso un mare che non sanno

 

Le cose stanno dinanzi come morte

le porte serrate le finestre non più occhi

per scrutare fuori l’orizzonte

ed immaginare un prato senza fine

 

S’è arrestato il cuore sui tuoi silenzi

i battiti simili a rintocchi d’un orologio

chiuso nella nebbia o di campane

registrate a morte

 

E mi figuro l’altrui tristezza e piango

la mia non così diversa

e m’illudo di richiamare a vita

una voce un suono una carezza.

 

*

Di brina splendono i nodi

Di brina splendono i nodi

esili rami si estendono al cielo

sfiorano il nastro bianco di una nuvola

 

una scia si racconta ma è già migrata altrove

uno spicchio di gelida luna affonderà

gli artigli nella notte scura

 

frana ora il sentiero

sotto i miei piedi

di fango è l’orma

 

una voce rauca legge strani oracoli

sordo un canto muore

sotto il peso dei rintocchi.

 

*

E vorrei dirti...

E vorrei dirti guardami

chè se chini il capo e scrivi

perdiamo l’universo che è in noi

 

ma le parole sembrano finite

e gli occhi restano chiusi

nel silenzio della notte

 

e vorrei dirti ascoltami

ma non ci sono finestre

e porte nelle nostre case

 

ci sono solo muri

e la voce si perde

in un malinconico vuoto.

*

Le note vanno

Le note vanno

discordi impazzite veloci

Io dietro...

una farfalla ebbra della vita

io con ali che bruciano sul finire del giorno.

Le note si rincorrono

petali o foglie o solo libellule nell’aria.

 

*

Un pianto senza lacrime

Un pianto senza lacrime

mi corrode l’anima

Ho occhi di pietra a scalfire

il buio d’una notte eterna

E resto sveglia

per non scordare le luci dell’alba.

 

*

Qui c’è silenzio ed è presto

Qui c’è silenzio ed è presto

tra il lillà delle pareti

ed il quotidiano vivere

Alle ore darei gambe e piedi

accelerando così il tempo

per ritornare alle stimmate

ed alla mia casa

dove nessuno spia il mio dolore.

*

Dicembre

Verrà la neve ad imbrattare i tetti

e di bianco ammanterà le vie e i campi

Un foglio bianco scarabocchierò di nero

naufrago al largo d’una terra ignota.

 

*

Mia madre più non cammina

Mia madre più non cammina

e dice non ho fame

trascina il passo lentamente

col suo fruscio strano.

Temo le si spezzano gli arti

potrebbe accadere anche domani.

Ho ingoiato un boccone quasi in piedi

mentre lei sofferente parlava con la morte

ho compreso a malincuore e dentro me

stilla dopo stilla

le lacrime hanno scavato solchi.

Così intorno io vedo solo morti

quelli già morti e chi intraprende il viaggio

col timore o col desiderio che presto

sarà tutto compiuto

Quelli che furono hanno dalla loro parte la verità

io non ho nulla

e so che questa non è poesia

bensì la litania della mia vita

Dovrei godere l’oggi

dopo infinite scalfitture

ma sono solo vittima del tempo.

*

Con te

Con te è andata via l’essenza dell’amore e del non amore

l’ombra china sul fuoco dubbiosa del calore che emana l’assenza

quando cresce e matura strane promesse

 

con te è andata via l’avventura del ridere e del piangere oltremisura

il vento che ha recato delle foglie il profumo il sale sulle labbra

che si mescola al respiro e al bacio che non ha radici né futuro

 

con te è andata via la carezza dell’alba quando la luce illude

un sogno d’ovatta tra le nubi un guizzo nell’aria mentre la luna

ha lo sguardo d’una strega sulla nudità della terra

 

con te è andata via la parola che l’anima appassiona

la verità al confine la melodia del rischio in cima alla tristezza

quando dentro il vuoto ci attraversava come un fiume

 

con te è andata via la vita sull’orlo dell’acqua

quando sale a sfiorare il cielo

nella paura così debole ad ogni rimonta del coraggio.

 

 

*

E poi mentre apri il ventaglio

E poi mentre apri il ventaglio

t’accorgi di desideri mai realizzati

e che ci sono cose per cui il tempo è scaduto

Non osi elencarle e pronunciarne il nome

il dolore sarebbe insopportabile

né osi tornare a quando

ignaro procrastinavi il tempo

L’unico tuo desiderio ora è che restino

indefinite pure semplici

misteriose intatte

queste cose, tutte nel pensiero.

 

*

Nulla ora bramo

Nulla ora bramo se non che resti un segno

tra i solchi del tempo _al passaggio_

di me e dell’inquieto mio peregrinare.

Tra l’adagio e l’allegro stanno emozioni

in balia d’un vento che sa dove andare.

Figlio sarà_ seppur non generato_

chi a ritroso giungerà al Pensiero.

 

*

D’improvviso la mente si fa immensa

D’improvviso la mente si fa immensa

come una strada vuota senza case

senza alberi ai lati senza il vento

col  suo leggero strascico di foglie.

 

Come l’aria spurgata d’ogni nota

del rumor sull’asfalto della suola

o del rombo d’un’auto che accelera 

lo schiamazzo dei ragazzi in comitiva

o del rantolo d’un qualsiasi animale

rassegnato in un angolo

sereno.

 

D’improvviso la mente si fa assente

come una voce tra le pareti fredde

d’una stanza che registrò il passaggio

della vita in ogni sua flessione

ed ora ha croci ritratti ragnatele

 

D’improvviso la mente si fa vuota

come lo sguardo di chi ha creduto vero

il miraggio compiuto a lui dinanzi

 mentre ad ogni progredir s'è allontanato

l’orizzonte che s’era figurato.

 

*

Spesso il freddo imperversa

Spesso il pensiero è ghiaccio sulle vie

noi rami nudi in attesa di nuovi germogli

 

Silenzi eterni e le parole _pause_

le poche necessarie a rincuorarci

 

Spettatori dietro un cancello

mentre l’ultimo treno scompare sulle rotaie.

*

E’ un tempo inesorabile

E’ un tempo inesorabile

celere ed infruttuoso

memore di destini avversi

e di percorsi accidiosi

arreso.

 

Un tempo che contempla lumi spenti

e lune dietro i veli.

 

Anche i pensieri s’arrestano

distolti da immagini inattese

e ad ogni rintocco grave

fa eco il murmure lieve

della malinconia.

*

E’ un borgo piccolo il mio

Non per il premio finale

non per il podio

non per l’angolo migliore

da cui scrutare il panorama

ma ho fatto tutto quello che ho potuto

per amore

per seguire il filo che conduce fuori del labirinto

per uscire fuori dell’uscio

e guardare in faccia chiunque capiti dalle mie parti.

E’ un borgo piccolo il mio e chiuso

la vita è nei bar

e nel silenzio delle strade quando piove.

 

*

Vaghiamo sulla terra in un girone

Vaghiamo sulla terra in un girone

che non sappiamo esistere al passaggio.

L’infanzia un tempo carica d’affanni

ora ritorna stagione di meraviglia.

E’ nero è incerto il giorno che ci attende

irto di ostacoli ed indecifrabile

e mette a repentaglio la meta

d’una quiete conquistata a gran fatica.

 

Indietro ci sono le speranze le prove superate

gli scogli l’infinito come ci appariva

ed i sogni-miraggi mai demoliti

propensi come eravamo all’entusiasmo

e alla fede di non essere soli nella vita.

Eravamo casti nei pensieri e nelle opere

ingenui persino nelle omissioni

Ora siamo cattivi prigionieri

del vuoto che abbiamo edificato.

 

 

 

*

Senza titolo 7

E quando anche il vento tace

l’aria si fa sospetta

l’orizzonte vacuo

come lo sguardo di chi

nulla più attende

 

Oggi è così

solo un velo

e dietro il nulla

domani forse la vita

tornerà a farci visita.

*

Di notte tutto tace

Di notte tutto tace

il rumore ed il suono

il vento ha un’altra voce

tu sei ristoro

 

Ed il pensiero

quasi s’acquieta

all’apice

d’un fremito che scema

 

Distratto ha un’altra foce

mentre tra sonno e veglia

affiora dell'ultima neve

la rimembranza

 

Nel buio immenso fiocchi

e all’alba un verginale manto.

*

Le cose ambite

Le cose ambite da sempre

attese per anni

inseguite sofferte,

raggiunte,

sono lì

testimoni di un’ansia d’un tratto sopita

l’entusiasmo racchiuso in una favilla

un istante di assenza dall’ordinario.

Quelle cose,

che sempre hanno senso nel nostro pensiero

e sono per altri solo rude materia.

*

E giunge l’età in cui si torna all’origine

E giunge l’età in cui si torna all’origine

all’amore com’era nel pensiero

alla stagione dello stupore.

 

Ed il mio tempo incontra il tuo tempo

in ogni somiglianza e nelle diversità

nella fortuna e nelle avversità.

 

Ci incamminiamo insieme oggi

sospinti dall’amore

ma come fossimo ignari della sua forza.

*

Dipendenza

Sentire come un richiamo

in una nota graffiante

un indistinto tra rumore e suono

uno scroscio o uno zampillo

un sottile fumo una scalfittura

 

e correre dietro a qualcuno

due gambe nude il collo nudo

il resto solo un dettaglio che varia

 

poi sentire come un vuoto pieno di nero

un’assenza un tormento

un frenetico andare di passi.

 

E confondere abitudini e vizi

per distrazione

o forse è dipendenza.

*

Incomincio da zero ad ogni alba

Incomincio da zero ad ogni alba seppur nebulosa

E’ un dovere la vita il lavoro il rimboccarsi le maniche

il sorriso dinanzi alla dura fatica la parola pensata

il percorso in silenzio

 

è un dovere giungere a sera stanchi ma grati

scivolare nel buio con le ombre e i ricordi

silenziare il mondo d’intorno ascoltarsi

fino a cedere al sonno chiamandolo oblio

e chiedendo per una stagione il letargo

 

è un dovere restare accanto a se stessi

con una buona parola una lacrima una fantasia

creare e demolire le scene

spegnere il lume credendo di mettere la mente a tacere

 

eppure

 

vorrei sognare e non sogno

vorrei non pensare ma penso

vorrei entrare in un’arca con le cose a me care

ma resto sull’onda

come su un muro come in bilico

in aria sul filo come sull’orlo d’un precipizio

e vivo perché è un dovere resistere

e guardare sempre davanti.

*

L’Anima non fa rumore

Creano e distruggono

vite sogni sodalizi.

E spesso credono in ciò che dicono

ed anche in ciò che non osano dire.

Un socchiudersi di labbra

un sospiro un mormorio

una leggera nota di sgomento

un’eccitazione nella voce

uno stupore.

Ho propositi fermi concetti inespugnabili

e proposizioni non più attuali.

Ed ho il silenzio dalla mia parte.

L’unico verbo davvero eloquente.

*

A novembre

I pomeriggi bui sembrano eterni

mille cose da fare e l’entusiasmo che smorza

come un lumino, consumata la cera.

Le foglie non hanno eguale destino.

C’è un pressappoco a ritardare il declino

di quelle sospinte dal vento in un viaggio illusorio.

Altre giacciono da tempo fradicie al suolo.

 

Tutto sta nella bruma come in un velo

ogni corpo misterioso ed assente nei suoi dettagli

i passi e i passanti le vuote panchine

i fiori e le croci ed il sole che splende soltanto

per chi è nato in un dì di novembre

nonostante il grigiore d’una nebbia sottile

che si confonde col fumo che sale.

*

E’ vera prodezza

E’ vera prodezza
il passaggio incolume
di follia in follia.


Resistere alla vita
consci del sentirsi privi
di un diverso esistere nella Luce.

*

All’impetuoso fiume s’oppone

All’ impetuoso fiume s’oppone
un rivolo strozzato perduto tra ciottoli e ghiaia

 

Foglie secche rosse e gialle sono in agonia

io grido con lo spinoso ramo

 

Nudo non domando aiuto

e confido in un rimedio estremo.

 

*

Piove

Piove sull’asfalto delle strade e sulla scura terra

tra i rami e tra i rovi piove sui camposanti

e sulle case sui passanti e sulle auto in sosta.

 

Fradicie le foglie stanno al suolo

il vento s’è quietato

gli uccelletti al riparo, chissà dove.

 

E’ un concerto di attimi e di note

di recenti ricordi e nostalgie remote

che d’improvviso muta in triste nenia.

 

E' tutto qui novembre

in questo lento fluire del tempo

in questo freddo respiro di solitudine?

 

*

Senza titolo 6

Ed è così che si supera l’assenza

celebrandola

correndo nella notte con centomila fiaccole
per eguagliar le stelle.

Non con un fioco lume alla finestra.

 

 

*

Ho scelto l’Amore

Ho scelto la sera per pensarti

l’ora più propizia tra distrazione e sonno

 

il giorno ci ha traviati

il giorno è stato lungo per entrambi tra ombre e luce

 

ed ora mi poso come una farfalla sul fiore

ed ora ti ascolto vento che risuoni d’ogni creatura su questa terra

ed hai tante voci ed un unico silenzio

 

ed ora ti respiro come l’aria fredda della notte che mi fa innalzare lo sguardo fino al cielo

ed ora vivo della tua gioia remota, gli occhi a metà tra il pianto ed il sorriso

ora ti seguo su di un ponte interminabile che unisce e mai separa.

*

Donarti un verso o un fiore?

( a mio padre )

 

Le parole t’hanno detto tutto e niente

per intere stagioni e lunghi anni

e di crisantemi è pieno il camposanto

 

Del mio pensiero tu hai l’immenso

anche ora che spolvero la pietra

in cerca del tuo viso

 

 Ti lascio un ciclamino in un vaso,

rosso com'era il tuo sorriso

sul velluto delle labbra.

*

Tu che non sei una cosa

Sei tra le cose che ad ogni istante mi narrano

del tempo che passa del tempo che muta

di una fragilità che è nuova speranza

 

Sei tra le cose verso cui volgo lo sguardo

un lume cinque bianche conchiglie gli spigoli

aguzzi di una piccola pietra il quadrante

fosforescente d’una radiosveglia

 

Intangibile ma eterna sostanza

 

Sei tra le cose che metto da parte

per i momenti di quiete

che muovo che scambio che coloro

o nascondo nel grigio di un’ombra

 

parola nel silenzio più sacro

 

Sei tra le cose possibili e le immaginarie

tra il desiderio del sogno ed il tormento della vita reale

tra un corpo che cede e l’anima che non s’arrende

 

Sei il peregrinare d’un pensiero assetato di luce

che colma ogni vuoto attenua ogni assenza

sei tra le cose divine che non si toccano

tra le cose che esistono

senza che si possa provare la loro esistenza

 

 Sei tra le cose che sfamano

e accrescono il senso di fame

Sei un primordiale bisogno per la vita

perché il viaggio continui in eterno.

 

 

 

 

 

*

E basta un attimo

E basta un attimo

alla consapevolezza

di sentirci integri

nonostante il nostro essere

estremamente fragili

dinanzi alla malvagità del mondo.

*

E poi viene il tempo in cui la vita...

E poi viene il tempo in cui la vita

indossa il vestito nuovo

e come allegra fanciulletta va per le vie del borgo

col suo cesto di frutti esultante ed il passo allegro.


E tu sorridi al primo raggio di sole
e scordi i filari acerbi
e dopo innumerevoli tempeste

godi in segreto del tuo fantasticare.


Ma ahimè il tempo è breve di miraggi e lusinghe
Ed il cielo possibile pei tuoi viaggi cade.
Un ghigno strano riempie il buio

e come in sogno grida l'inganno della vita.

*

Cammino sola

Le mie piccole orme talvolta

combaciano con impronte

già impresse nel suolo

più spesso vi cadono dentro

curiose del margine intorno.

*

Sto bene qui

Sto bene qui dove la terra odora

ed il cielo, remoto, sublima visioni.

Sto bene qui nei sentieri di foglie

dove un cane all’alba ha sostato

ed i passeri con disinvoltura

sbriciolano frettolosamente una zolla.

 

Qui dove la vita è più lieve

i pensieri in quiescenza

sottomessi ai ricordi.

Senza …

la mente sarebbe sgombra.

 

Qui dove il passato rivive

e con esso l’allegra stagione

la spensieratezza

le illusioni

il sogno

l’inganno.

 

Sto bene qui dove la terra

è primizia per il passaggio.

 

 

 

*

Senza titolo 5

Di allegrezza in tristizia

supero il tempo

 

nella mente visioni

sogni progetti

 

voli ed approdi dinanzi

dietro di me ponti ed abissi.

 

Finchè avrò gli occhi

saprò sempre

dove l’anima ha la sua dimora.

 

*

Simboli

Ha bivi ed incroci e curve il palmo della mano

e la memoria i segni reca di promesse sfogliate

 

si desiderano cose per gioco o per scommessa

sfuggire alla noia deragliare oltrepassare il reale

 

Ci assomigliano un quadrifoglio una conchiglia

una pietra appuntita una lama d’acciaio

lo smalto rosso di un cornetto

 

Nel pensiero siamo la nostra prima ed ultima impronta

Il consueto cammino. Ma ci sorprende tra le crepe

il candore di una margherita.

 

*

Del tempo noi diciamo non esiste

Del tempo noi diciamo non esiste

e andiamo fieri di quest’affermazione

ma in cuor nostro sappiamo non è vero

quando dell’altro abbiamo nostalgia

ed è lontano irraggiungibile in un pianeta

di cui quasi non abbiamo cognizione.

 

Vorremmo il tempo necessario quanto basta

per un bacio una parola una carezza

e contempliamo il vuoto quasi certi

che dal cielo possa giungere un miracolo

o un consiglio per non cedere alla tristizia.

 

Così dinanzi allo specchio riflettiamo

pensando al tempo perso che non abbiamo

ed affiora un sorriso sulle labbra, per lui o per lei,

così pensiamo...mentre è un riso soltanto per noi stessi.

*

La luna in cielo

Così gialla e tonda

la luna in cielo

pare un pomo maturo sul ramo

così in alto

nell’acqua remota

di un pozzo si riflette

vede solo se stessa

di me non sa

nè di quando annego

ogni pensiero cattivo nell’oscuro fondo

ogni ricordo dolente.

*

Senza titolo 4

In confronto al ramo d'una quercia

che pende basso

gravato di foglie

ad occhio e croce

io sono alta due metri.

 

*

Non chiedo che il miracolo di un attimo

Non chiedo che il sonno alle pareti d’intorno

un sigillo che chiuda ogni fatica compiuta

un velo sottile che distragga le ombre

nella luce soffusa d’una stanza deserta

 

piena solo di cose, innumerevoli cose,

futili fredde che raccontano poco.

Sto con l’anima inerme contro l’insidia di un sogno

che di tanto sospinge la porta varcando la soglia

 

col pensiero in bilico tra passato e presente

e un domani che non è suono né colore né vita.

Non chiedo alla vita che il miracolo di un attimo,

un attimo che abbia memoria d’eterno.

*

Solo un pò di me

Vibra il silenzio

come fosse musica e strumento.

Ora, al pensiero d’una vita taciuta

nella gioia e nel pianto.

 

L’emozione torna

con la voce nota a me soltanto

scavando solchi nella mente

e tra gli antichi fogli.

 

Riaffiorano intatti

i primi versi gettati

con l’ansia dell’attesa

 

come semi

ignari del divenire frutti,

lì dove ignoravo ci fosse terra

o argilla o grande vuoto.

 

Forse era vento e mare

forse desiderio

di cercare sempre un luogo

dove stare bene.

 

*

Sono giorni di noia

È un’aria spenta

la luce solo per brevi istanti

vince le nubi.

 

Poi è ovatta sul capo

umida sfatta

che accompagna i passi in salita.

E la sera più non ascolto

come sarà domani.

 

E’ un tempo strano di fughe e di bugie

di corse lente

i colori di ottobre stanno come rinchiusi.

 

Così i miei pensieri.

Nessun fermento o slancio.

Sono giorni di noia.

*

Liberate le papere in piazza

Liberate le papere in piazza
se potete, a frotte

tutte quelle che avete
nei recinti nel vostro cortile sugli spiazzi
qualcuno di voi anche in cantina.


Come starnazzano bene,  in coro festose
non si comprendon tra loro
ognuna col proprio vocabolario...
Ma che coro giulivo

che note allegramente stonate!


Ed ora che si sono sfogate
oh che sospir di sollievo
che pace che oblio!
Udite?

*

Prudenza

E' prudenza?

Questa vita che spezza promesse e speranze

questo sogno sospinto nell’acqua come una barchetta

questo cielo che osservo finchè non sento scivolare le stelle…

 

io non cado sul fondo pur se talvolta assomiglio ad un relitto

incastrato in mezzo agli scogli

voglio solo sentirmi di pietra e come pietra sgretolarmi.

Ma poi ricompormi.

 

*

Ai piedi del nespolo la terra riposa

Larga la chioma

oscillano i rami

contigui si sfiorano nel fare l’inchino

scossi dall’impeto crescente del vento

dentro l’autunno d’un freddo mattino.

 

Verde l’erbetta

rada e sottile

mossa da un fremito

mormora appena.

 

*

Dovremmo

Dovremmo avere desideri grandi

al di là della vita che ci dirotta altrove

dovremmo avere sogni da coltivare

come aiuole ai piedi delle querce.

 

Gli sguardi rivolti al cielo a San Lorenzo

sono vuoti a perdere, dentro miraggi

di contro alla certezza d’una lacrima

una nostalgia che si ripete

un groppo in gola.

 

Dovremmo avere fede nelle parole

le nostre, anche se fallaci,

quelle che nella mente incateniamo

perché non vadano mai perse.

 

E nonostante l’amarezza

dovremmo ribattezzare ad ogni alba,

che sia di sole o pioggia

il dì seguente,  col nome di Speranza.

 

*

Senza titolo 3

C'è un amore più forte e più profondo
da cui il senso discende
di un'appartenenza non dichiarata.

 

Non può comprenderlo
chi è assillato
dal tormento della carne


né chi del corpo
disconosce i bisogni più impellenti.

 

 

*

Giorni di ottobre

Meglio lo stormire del vento

ed un sole ramingo tra le nubi

che il gorgoglio tra i fossi

d’una pioggia fitta fitta.

*

E’ questa percezione

E’ questa percezione d’un tempo minore

a dare peso agli errori compiuti

agli ostacoli vinti alle promesse sospinte

tra burrasche ed improvvisi arcobaleni.

E’ questa percezione che fa amaro ogni boccone

e allontana dall’orizzonte i filari di vite

o fa appassire sull’albero il melograno.

*

Fiore senza stelo

Goccia a goccia

rugiada e schiuma di mare

sulle mani tra le costole

sui fianchi

 

Raggio ed ombra

mi svelo e nascondo

ti scopro e ti celo

 

Piuma e peso sul cuore

scivolo mi poso

m’elevo

 

Fiore senza stelo.

I miei pensieri

zattere con le ali.

 

*

Nel silenzio profondo degli occhi

Le parole sono nostre

ad ogni cenno ogni piega del viso

ogni respiro.

 

Nostro è il senso compiuto ed il mistero

il fresco germoglio ed il raccolto

sempre chiaro il percorso

ed il viaggio, nuovo ad ogni dì.

 

Delle parole abbiamo il senso pieno

pure in assenza di suono

pur senza l’abbraccio

che renderebbe mute le parole

invocate nei giorni di malinconia.

 

*

E v’è allegrezza

E v’è allegrezza anche in questo ottobre

che lascia pozze sull’asfalto e riga i vetri

lustra le foglie sopra i rami

e la terra intride.

E confonde dietro gli occhi il pianto.

 

*

Più non so se è poesia

Più non so se è poesia
questa vita grama
la quotidiana consapevolezza
che nulla spetti a chi più s'adopra
perché ciascuno abbia il suo
ben oltre il necessario.


Il vecchio geme e a ragione
il giovane ha pretese e non tiene
in conto le altrui fatiche.
Ahimè quante amare sorprese

ci riserva la vita!


La testa tra le mani

altrove emigro.

Così io mi riposo

finché avrò testa

e finchè avrò le mani.

*

Sto come una foglia

Si pensa il sole eterno

quando s’attarda e non conosce confini

I giorni si susseguono confusi per le mete e gli addii

la nebbia muta da oro in grigio.

Illusioni giochi distrazioni.

Il tempo corre come un treno.

L’autunno avanza.

Sto come una foglia nell’aria abbandonata

chiaramente turbata da tanta quiete.

 

*

I segni che leggete

I segni che leggete non sono veri

sono abitudini

nodi che si stringono e si slacciano

sono baratti sono cortesie

vestite di ipocrisia.

Ma voi amate i segni i disegni

le esagerazioni i numeri

e perdete il tempo a contare e ricontare

e a ricordare e ricambiare.

Quei segni inutili più degli scarabocchi

che decorano i muri.

*

Lei m’ha dato una melagrana

Lei m’ha dato una melagrana

e non sa che io amo i melograni

m’ha detto ti regalo una palla

in un giorno che io ero troppo triste

e dentro c’erano sbarre alle finestre

e piombo alle pareti. 

 

Lei m'ha dato una melagrana

oh allegra visione di un sorriso!

E d’una bocca vermiglia e chiare perle,

mentre corre la cenere sul nero

d’un cielo che io non riconosco

e le ore si fanno troppo lente

simili al tempo di chi

da vivo sembra morto.

*

Spente sono le sere

Spente sono le sere
dopo il frastuono del giorno
quando vorremmo gridare d' amore
ed esultare dei nostri sguardi

e delle nostre bocche

e respirare il cielo.
Ma il vuoto così immenso accoglie

solo frammenti di noi,

affranti nell' anima e nel corpo.

 

*

Placida approdo

Placida approdo in uno spazio vuoto

come le strade immense al mattino presto

quando la gente ozia nelle proprie case

o s’attarda in uno strano lento torpore

 

in uno spazio vuoto approdo e pieno di vita

dove le aiuole fioriscono ai piedi delle querce

ed io respiro primavere nell’autunno che avanza

e tu hai gli occhi chiari come pozze d’acqua

e braccia come rami gravidi di foglie.

 

 

 

*

L’impossibile

Un dì il premio era lì, intero.

Ora è un camminare senza orizzonti

e le salite non hanno senso come le scese

ora è un guardare da ciechi e davanti

non c’è che un muro alto insormontabile.

*

Accade che io pensi come avulsa dal tempo

Accade ch’io pensi come avulsa dal tempo

e che i ricordi mutino in visioni

o che le immagini recenti indossino

le vesti del vissuto.

 

Accade che i pensieri non sentano

l’urgenza delle parole

che seguano sentieri propri

s’immettano in binari all’apparenza morti.

 

E che giungano a destinazione puntuali puri

quasi perfetti.

E accade che le parole ruzzolando,

piccoli sassi levigati chiari innocui,

nel vortice della corsa diventino pietre

spigolose grezze taglienti.

 

Sono come le bufere che dei venti

rappresentano l’ira e la voce grossa.

*

Ovunque

Ha esigenze l’anima che nessuno comprende

intanto cibo ed acqua ristorano il corpo

la via dinanzi porta sempre ad una meta

ed è la stessa obbligata chiara puntuale.

 

Ma i ponti nascono dal nulla ed i fossi

si riempiono di fiori di pesci di uccelli

le onde assalgono la riva e lasciano tesori.

 

Ovunque non è terra non è mare non è cielo

il mio posto è altrove.

Il passo s’arresta il pensiero smorza

come un lume alla fine.

 

Il desiderio ammutolisce piega per altre vie

la speranza indossa l’oro ed il rosso del tramonto.

Ha esigenze l’anima che la notte mette a tacere in fiumi d'oblio.

 

O con promesse mute con strane deviazioni

ed il miraggio delle stelle ed una luna

che interroga la vita e mai risponde.

*

Sul filo

Sul filo tra mille domande

dubbi ipotesi esempi

 

la testa tra le mani abbandonata

finchè gli occhi non incontrano il Cielo

 

Nel silenzio che grida, sottovoce

solo una sillaba. L’accenno di una preghiera.

 

*

All’improvviso il dolore

(Poi si cade sfiniti nel vuoto)

 

Una lama sottile m’attraversa

tanto che il cuore duole

ed il fiato manca.

 

E sono una barca arenata

una sedia con la voce d’un tarlo

un tavolo mezzo incrinato.

 

Ma la sedia non è che una sedia

e un tavolo solo un tavolo

così anche una casa.

 

Tutte cose inutili in fondo.

E che muoiono una volta soltanto.

 

 

 

*

Sulle orme del tempo

Cambia lo scenario.

Cambiano il tempo e le aspettative.

Siamo matricole o geni incompresi.

Su tortuosi sentieri vanno lacrime e baci

riassumono gioia e dolore

e al di sopra risplende l’oro delle foglie.

I giorni non sono semplici foglietti

staccati dal calendario

lunari

albe e tramonti

santi massime.

Spesso sono chiodi e sigilli

cupole e voragini.

Scorrono con la vita le abitudini

e fuggono via i mesi.

Senza i mesi non penseremmo alle illusorie

promesse di ogni nuova stagione.

 

 

*

Orme che vanno disgiunte

Lingue di fuoco svettano

gote accese anelano promesse

stretto tra le mani è il pensiero

come un fazzoletto intriso di profumo.

 

Una nota stride spezzando il grave frusciar delle foglie

e varca la soglia di un tempo inesplorato

un sogno negato.

Orme che vanno disgiunte nella visione di un bacio.

*

Autunnale

Tra poco i raspi nei tini coloreranno i sentieri

di campagne inondate di sole tra il ronzio delle vespe

ed i canti antichi che tornano come fossero un rito.

Giungerà poi il tempo delle piogge e delle sere

con un ciocco nel focolare e tra le mani

un libro ed un calice di rosso che pare nero,

al buio, al solo occhieggiare delle faville.

 

Ognuno ha nel cuore una scena a matita e i pastelli

con cui colorare gl'istanti di quiete al finire del giorno

ognuno in mente ha un pensiero più bello

su cui soffermarsi

quando cala il sipario sulle fatiche recenti

e la notte di stelle è copiosa e di sogni.

*

Hanno chinato la testa...

Hanno chinato la testa le palme schiaffeggiate dalla bufera

i fiori di carta invece che ho visto sbocciare dalle tue mani sono vivi

raccontano di ogni attimo sfumature e colori,

indifferenti al ciclo delle stagioni,

e di ipotesi disegni voli azzurre promesse.

 

Ho sognato il tuo giardino la panca il muro il cancello fiorito

una pozza d’acqua i girini le aiuole i limoni i cespi di rose l’iris e il gelsomino.

 

Hanno chinato la testa i girasoli nei campi al tramonto

i papaveri di carta velina parlano ancora di soli e di arcobaleni

e della tua essenza impalpabile come lo spettacolo delle lucciole a sera.

Hanno chinato il capo le spighe, il prato un mare d’onde e di vele

e noi sugli steli reclini,  come margherite nel coro d’una preghiera.

 

*

Le mie lacrime sono solo per lei

E vorrei piangere per l’ennesima disgrazia in mare

per i morti di kabul per il rapimento di Eitan

ma sono troppo triste affranta desolata

per piangere per tutte le tragedie della terra

 

Vorrei piangere per quelli che non si comprendono e si separano

per i diversi in ogni senso e per i falsamente uguali

per i bambini brutalmente uccisi dalle madri

e per i figli senza genitori

 

ma le mie lacrime sono solo per lei.

Per lei che mi ha dato la vita

e che ora mi strappa il cuore dal petto

implorandomi di porre fine alla sua sofferenza.

*

Senza titolo 2

Desiderio di crateri e cieli

per somiglianze e discromie

 

Puro il suono cade

una scheggia sul silenzio

amputato nelle sue appendici

 

Non c’è pioggia a saziare l’arido suolo

troppe voragini fuochi fatui

spenti nelle fauci del buio.

*

Stilla una goccia dal ramo

Stilla una goccia dal ramo
mi bacia al passo la fronte.


Odora della pioggia recente
_la prima di un'estate alla fine_
a metà di settembre.

*

Malinconia

Senza confini

senza apice o fondo

col suo rumore sordo

un tarlo nelle cose e negli animi.

Il silenzio,  imperfetto

senza le note d’un tempo

si dibatte incompreso

nella sua irrequietudine.

*

Senza la raffica tra le fronde

Senza la raffica tra le fronde

in questo spicchio di sereno

mi giungerebbe un raggio più rovente

tra le inferriate arrugginite

d’una finestra angusta a piano terra.

 

Solo un riflesso tra gli specchi

naviga onde e si trastulla

La luce afferro coi miei occhi

come col pupazzo fan le mani,

la lana bionda della chioma.

*

E poi giunge il tempo

Poi giunge il tempo

in cui deponi le armi

E più non credi o speri

in un’umanità redenta

dagli errori e dagli eccessi.

 

Qui è come un carcere.

Alla fatica del mestiere

si contrappone un fastidioso

gracchiare di cornacchie.

*

Senza titolo 1

Ruggire dentro di magma

sospesi sul bordo

 

dondolarsi

scavati da un bacio

 

collimare imperfetti

giusto lo spazio d’uno spiraglio.

*

E’ mio questo posto anche se non mi appartiene

E’ mio questo posto anche se non mi appartiene

anche senza aver lottato per averlo

qui non c’è traccia delle antiche fatiche

non c’è nessuna prima pietra

ma questo posto sarà mio

finchè non avrò tagliato il traguardo

 

con i cassetti ancora vuoti ed i tavoli sgombri

le cose stanno come sospese

qui chiuderò il presente una volta compiuto

avrò speranze e grani tra le mani per il tempo che avanza

qui non avrò ninnoli né perle nello scrigno

solo vie davanti e ponti da solcare.

*

Se c’è un posto sulla terra

Se c’è un posto su questa terra

dove il silenzio non è morte

ma l’ascolto della vita intorno

e dove dentro di noi il vuoto

non tesse la sua angosciante ragnatela

 

se c’è un posto dove la sera

una mano divina riconduce

al riparo anima e corpo

come il pastore soddisfatto

il bianco vello al suo oscuro ovile

 

un posto dove il sonno ci consegna all’oblio

e la speranza è un germoglio vivo tra le zolle

al sicuro dagl’insolenti e dai malvagi

non so

se esiste un posto sulla terra

 

per quanto io cerchi e mi affanni non lo trovo.

Il pensier mio esausto s’allontana

migrando in lidi sereni

dove il cielo è cielo per l’aquila e per il gabbiano

dove il sole è sole per Giove e per Saturno.

 

 

*

Qui è uguale o forse peggio

Nessun cambiamento all’orizzonte

il caos dilaga. Ovunque è come stare al bar

tra bocche che si allenano

e gareggiano per ciance e dicerie inutili.

 

È questa la moderna società

non discerne l’uso dall’abuso

non conosce il valore del silenzio.

 

Già,  la moderna società…

la stessa che si urta

e s’indispone

per l’abbaiare d’un cane sotto casa.

 

 

*

Cosa vi racconterete tutto il giorno

Cosa vi racconterete tutto il giorno

voi che siete tra voi come incollati

 vi annusate dividete la mensa

guardate il sole sorgere e tramontare

 

noi in un giorno qualsiasi indefinito

cancelliamo distanze incommensurabili

abbracciamo i pensieri d’una vita

 

e sospiriamo al ricordo dei bei tempi

vissuti nel modo a noi noto

senza alcun inganno né finzione

nessun segno di sopportazione.

*

Non è il luogo delle meraviglie

Non è il luogo delle meraviglie

ma l’unico possibile

meandri intarsi curve

ombre e luci

il sole fuori bagna lo spiazzo

e dentro è un tempo che non si indovina.

 

Non è il luogo ideale

ma creerò comparti

e starò in mezzo

come una foglia che danza

una farfalla che sosta

un sassolino che cade

e fa cerchi nell’acqua.

 

E il presente sarà l’attimo più lungo

prima d’ogni congedo.

*

Un mare mosso in noi

C’è un mare mosso in noi ed un cielo immenso

sabbia e nebbie stelle e miraggi

la tempesta l’ignoto

luce e buio

e ciò nonostante il desiderio del viaggio.

*

Pioggia di settembre

Sbianca il cielo, nuvole in cammino

il primo scroscio ora gocciola più piano

dai tetti dai vetri dalle fronde

dal ramo più alto a quello in piano.

Non è ancora l’odore dell’autunno

la polvere si riaffaccia sull’asfalto

la terra si sgretola si spacca

le foglie san di muffa l’aria è acre.

Rapido un volo di colombi fugge,

varco la soglia, la mia casa attende

composti sono tutti i miei pensieri

nell’alito fresco della sera.

 

*

Ecco settembre

Si aspettava da agosto dopo l’afa un breve refrigerio

invece il tempo rotola veloce ed ecco settembre.

Pallido il sole la luna smorta nel cielo tra i lumini

nubi d’ovatta passeggere rovesciano uno scroscio

talvolta saette inaspettate a simulare un fuoco d’artificio.

All’alba le prime ore sono foriere di verità inconfutabili

l’aria è fresca uno zampillo irregolare

un pensiero più desto si leva similmente ad un aquilone.

 

Prendiamo la via più facile e c'incamminiamo.

La vita è uguale, i problemi, i sogni, le speranze.

Noi siamo diversi.

Abbiamo già visione delle foglie un manto sopra il viale

e l’oro sui passi sui silenzi sulle bocche mentre guardiamo

l’amore nostro spensierato e allegro.

Oh Dio che incanto! Un attimo lungo una stagione.

Un attimo breve. Poi sarà inverno.

 

 

*

Tempo che diviene storia

Si cancella il tempo ciclico dei giorni

di timori speranze ostacoli importanti

e che ci danno peso o leggerezza o un filo

su cui sospenderci o seguire altre traiettorie.

Si legano notti vissute ognuno nel modo che sappiamo

e si ricordano lune assenze desideri manchevolezze

idee abbandonate forse per pigrizia.

 

Ci si guarda negli occhi con l’unica maschera

che la coscienza c’impone nascondendo le bocche

puri nei pensieri nei gesti nelle visioni

nella conta delle cose che vorremmo

senza eccessi e mai per abitudine.

Ci si ascolta nell’eco del silenzio

raccontando tutto il bene custodito nel cuore.

*

Ed è improvvisa quiete

Ed è improvvisa quiete

un provvisorio stato di cui approfittare

da lì discende l’ordine

da lì ogni cosa troverà il suo posto.

Poi si potrà ridere richiamando alla memoria

uno specchio incrinato le ante graffiate

d’un vecchio armadio

il balenio d’una luce sul soffitto,

prossima alla fine.

Ma sarà meglio che intristire

pensando ai tanti ostacoli

che ancora rendono ripido il cammino.

*

Trasloco

Qui dove siamo stati non era la meta.

Era scritto.

Una sorta di destinazione provvisoria

una stazione secondaria

un passo inaspettato verso il caos.

 

Ora  ha scarsa  importanza dove andremo

né il luogo che recherà le impronte nel futuro.

Abbiamo lasciato aneddoti e storie

successi e sacrifici tra muri segnati dalle crepe.

Lì dove le cose avevano un nome

e i nostri passi tempi più allegri.

 

*

Grinze

Le cose piegate male

petali e foglie dai bordi frastagliati

i segni delle rughe cancellati

su flash perfetti.

 

E poi una crespa dal labbro superiore

che sgocciola sul mento

ti tradisce.

 

Stai planando sul cemento

_ gli occhi socchiusi_

là dove t’era parso di sentire

l’odore acre dell’erba

e quello più maturo delle spighe.

*

Non vien la donzelletta quando piove

Non vien la donzelletta quando piove

e piove anche col sole.

Non ha nuvole il cielo solo scie

di aerei ed aquiloni.

 

Guardo l’orizzonte e arresto il tempo

so che nulla può mutare alle ore il destino

né comandamenti o regole o condizioni.

Ed amo il mio cammino i salti di memoria

la croce sulla vetta la luce misteriosa

l’inganno della luna e sotto di lei

il pozzo a bocca asciutta.

 

Dimentico che vivere è un compito assegnatoci dal Cielo

e vivo anche la morte dei miei sogni

la consapevolezza d’una sorte nè buona né cattiva

la forza d’accettare un giorno nuovo

senza cadere nella rassegnazione.

 

Un giorno lungo d’albe e di tramonti sopra quel colle

dove il vento reca il mare il silenzio la tua voce

e un ritornello antico che si leva gioioso tra le fronde

“la donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole”.

 

 

*

La morte ha preso di mira le cose

La morte ha preso di mira le cose

un quadro un orologio sul muro

un appunto su un foglio buttato

su un tavolo vuoto.

Ha segnato le sedie incrinato gli armadi

ha cancellato racconti un po’ visionari.

 

La morte ha cambiato il nome alle cose

perché così non possiamo più amarle

Nella lotta continua del giorno

ha deviato i binari alla vita.

E noi andremo appresso alle cose già morte

senza più desideri né magre speranze,

gli occhi velati sull’antica coscienza dell’oltre.

 

*

Vorrei fare testamento delle mie parole

Vorrei fare testamento delle mie parole

lasciate spesso incustodite sparse

tra le cose di peso

gli scogli le barriere gli specchi

 

Vorrei vivessero come le stelle

fiere della loro luce e ferme

nonostante le bufere delle stagioni

 

Vorrei morire consapevole di non essere stata

un’occupante abusiva sulla mia parte di terra

di non essere stata una mente errante

dentro un corpo destinato al disfacimento

 

Vorrei morire sapendo le mie parole vive

tra i rami nelle zolle negli abissi

tra i passi di chi sa che vivere

è un duro mestiere.

*

Accade che anche la memoria cambi aspetto

Ha la forma d’una scatola scolpita

una scatola antica con gli intarsi

tanti nodi legati in modo stretto

 

Ha in sé giorni segnati da un sorriso

una sorpresa bella

una parola discesa come una saetta

 

Ha in sé le cose con su incise

le impronte ed un senso

premonitore dell’insolito, avventuroso

 

Ha in sé le promesse non comprese

di miracoli miraggi deliri,

forse visioni

 

Ma accade che i giorni che dentro recano

i semi migliori passano silenti

quasi smarriti e marcati da assenze

che si svelano spietate.

 

E si dimenticano nomi simboli fiori

significati ricorrenti

E restano attese nel buio, esterrefatte.

Insospettate.

*

Sapessi che il rovescio della medaglia...

Sapessi che il rovescio della medaglia

è quello buono quello giusto

quello spensierato ed avventuroso

opterei sempre per quel lato nascosto

 

ma la faccia che tocca il suolo

e resta lì senza il suo cielo

è la mia fronte il mio viso il mio sguardo

sull’incognita del nuovo giorno.

*

Canne nel vento filtrano la luce

Canne nel vento filtrano la luce

papaveri rossi come un fruscio

di vesti lievi tra fili alti d’erba.

Vorremmo addormentare in noi

ogni futura meta

nell’equilibrio d’un pensiero

che ci racchiude nella stessa sfera

eppure c’innalza liberi in volo.

 

*

Come dovessero accadere cose mirabili...

Come dovessero accadere cose mirabili…

Si resta appesi al filo della speranza

il nero ricorrente sfuma in grigio

assorbe luce a gradi

La forza del pensiero farà il miracolo?

Ci si trastulla in quest’altalena.

 

Ma non è come per la manna

come per l’arca in mezzo al mare

come per l’approdo all’isola.

È un pendere dell’ago della bilancia

la transitorietà della clessidra

il passaggio per la cruna

E di mirabile non c’è che l’estraneità alla visione.

 

*

Tre cose imperfette

Il rumore d’una ventola nella stanza

le ombre ammutolite all’improvviso

la tenacia di un’attesa indefinita

 

E tutte queste cose chiuse

nell’immensità

d’un tempo inesistente.

*

Due parole così intensamente pensate

Due parole così intensamente pensate

che ci si scorda di pronunciarle

due parole come perle rinchiuse

eppure vive nel respiro della tua voce

che per sentirla bisogna chiudere gli occhi

ed immaginare il mare

quando srotola i suoi colori.

 

Due parole passate tra le mani

come monete come biglie di vetro

come fiori strappati al prato

due parole cantate di notte,

come baci posate sugli occhi,

così intensamente pensate

che ci si scorda di pronunciarle.

 

*

Le parole più importanti

Ho seminato parole quasi ovunque.

Non porto il conto delle falle e delle onde

delle piccole crepe degli occhielli tra il rossiccio

ed il cupo verde e delle nicchie

tra case ed orti tra lumi e buio.

 

Le parole cadute non sono morte

ma non sono che una minima parte

per chi ha fame e sete di parole.

Ho trovato riparo dentro metafore

stemperato l’acciaio nei sinonimi

Ho scandito sillabe in rintocchi

creato il suono dal respiro lieve.

 

Ma sono tante le parole che non dico

le parole che nascono perfette

in muti suoni e si azzuffano negli occhi

si sfiorano si consolano si dolgono

d’ogni speranza presto accantonata.

Sono le parole più importanti

che tornano quando sei lontano.

 

 

 

 

 

 

 

*

Anche i poeti sono in vacanza

Anche i poeti sono in vacanza
chi al mare chi in montagna

chi in una stanza
un calice tra nostalgia e rimpianti.

Qui è rimasto uno scribacchino
qualche foglio una gomma una matita.


Sta in silenzio mentre osserva il mare.
Dentro di sé ha l’immenso eppure tace

guarda la luna in cielo, pare distratta.

Anche lei diversa, così pare,

dai tempi del pastore errante

e del notturno canto.

 

*

Ottoni

Tarli tonfi scricchiolii

sepolti dentro crateri di sabbia

Sull’orlo il silenzio si frantuma

Esplosivo il suono ora crea

atmosfere dolci ed evocative.

 

Scivolare tra pareti di velluto

Il rosso screzia di luce il nero

l’anima una foglia

evanescente

vibra al tocco delle labbra.

 

*

Compiacenza

Mi diverte vedermi ormai scomparsa.

L’apparire in quel deserto anche di rado

mi sorprenderebbe a dir non poco.

 

Sarei un fantasma con la mia presenza

più di quanto mi compiaccia ora esserlo

con la costante, svagata mia assenza.

*

Meteore

Ed ora trovati un pezzo di cielo,

che sia buio ed immenso

lontano dai lampioni e dalle insegne al neon.

 

Non ce l’ho.

 

Trova un prato un giardino un orto.

 

Sto in un vicolo,

sulla soglia un gatto.

 

Poi devi guardare,

devi saper guardare

e devi aver pazienza.

 

Sono stanco.

 

Intanto pensa,

un desiderio un volto un luogo.

Forse cadrà una pioggia fitta,

forse un frammento.

 

Non è più il tempo.

 

*

Ho dentro l’universo

A piedi nudi tra onde di sabbia e mare

quando il vento dà fiato alle cose

e noi siamo foglie vele aquiloni

noi siamo scogli ciottoli conchiglie,

a piedi nudi entro nel tuo pensiero.

 

Non ho stagioni né preferenze

né l’affanno per il brusco

avvicendarsi di calura e gelo.

Ho dentro l’universo

e dinanzi la luce che lo rivela.

 

*

Persuasione

Qui si azzuffano per una donna

gli uomini ridono e bevono

i ragazzi si rincorrono per strada.

 

Qui la gente coltiva fiori

e calpesta aiuole.

Qui si confidano segreti

inventano storie

si amano si invidiano

parlano di cose che non sanno

sono distratti commettono errori.

 

Qui tradiscono fanno la pace

qui cambiano spesso vento e bandiera.

Piangono. Vivono.

Forse qualche volta sognano.

Ed è presto per il Paradiso.

*

Riflessioni di un giorno di agosto

Questo non avere nulla porta

al pensiero assurdo

che nulla ci è più necessario

sicchè non esistono né la sete né la fame

né la voracità nel desiderare le cose

che gli altri possiedono

né lo sconcerto per queste mani

che non sanno più cosa domandare

e che spesso racchiudono il nulla.

 

Ma il nulla non è il vuoto.

E questo non avere nulla

è una ricchezza immane

per noi che abbiamo solo noi.

 

*

Di me so

So di giorni neri di vortici abissi
labirinti senza uscita
ma poi so di venti benevoli
che non recano tempeste
di lune di lumi accesi
di silenzi sacri.
So di fiacca e cedimenti
di sofferenze nell’anima e nel corpo
di primavere gelate
di infanzia bruciata
ma poi so di lotta e di riscatto
di traguardi raggiunti
muri superati.
E di me,
tenace ed ostinata
nel morso della vita.

*

Cantami una nenia

Vorrei solo un giaciglio

un semplice giaciglio

dove stare io ed il mio mucchio d’ossa

io ed i miei legamenti corrosi

i tendini brucianti le falangi gonfie

Un giaciglio dove scordare le angustie

delle ore, dove pensare d’arrestare il tempo.

 

Non la certezza del sonno

la brama del sogno

o la speranza d’una visione

Vorrei solo un giaciglio

a ristoro da ogni affanno

e lenire la fiacca che m’opprime

nell’anima e nel corpo.

 

Non leggermi una favola

seduto al mio capezzale

ma cantami un amore

che non ha confini

Non dirmi del tempo

che mai avremo né dei baci

delle carezze sospirate.

 

Il mondo è pieno

di bocche che si cercano

e mani che si sfiorano

senza essere felici.

Il mondo è pieno

di gente che si accoppia.

 

Tu abbracciami con la tua voce.

Tienimi sveglia.

Cantami una nenia

che addormenti la luna

sull’orlo dei pioppi.

 

*

Pesa la chioma

Pesa la chioma. La chioma fosca e spessa.

E l’occhio allontana dal tronco poderoso

che ora al confronto esile appare.

Un gemito sale tra i fumi del mattino

e il rantolo del vento disperde un cinguettio.

Muovo nel mio cammino.

I piedi miei già stanchi. I miei passi lenti.

Le tue radici salde. Così pare.

Stiamo noi due soli

tutt’intorno  il silenzio:

quiete e ristoro.

Preghiamo.

Ognuno nel modo che sappiamo.

 

*

L’indifferenza non è nulla

L'indifferenza non é nulla
non racconta il dolore l'inquietudine
il male di vivere l'inganno subìto.
L'indifferenza non è nulla
non dice dell'anima traviata
del cuore nudo, un ramo spoglio,

del gelo del fuoco.  
Quando sopraggiungerà l'odio e sarà così vivo
così tenace così sapiente così spietato
ed immenso come l'amore
e come l'amore vero invulnerabile

non ci saranno più priorità
né si sentirà la mancanza

di quello che non viene dato

di quello che non viene tolto.

*

Continuità

Riconoscersi tra nostalgie e rimpianti
non maledire nulla

non cambiare nulla
se non nel  desiderio di un’ altra vita.

*

Nessuno può dire alla luce di non splendere

 (Poesia per un’amica)

 

Canta come l’acqua trasparente tra i ciottoli

canta al cupo fogliame ai fiori al ramo prodigo di frutti

Canta alla ginestra al glicine in giardino

ai convolvoli al cancello all’ombra d’una siepe.

Canta come una canna che accoglie il vento

come lo scoglio quando incontra l’onda

come la vela che si dispiega in mare.

Canta il tuo dolore la rabbia l’amarezza

le promesse deluse la fiducia tradita

Canta la vita chè risorga forte!

Vivi al tramonto desiderando l’alba.

Nessuno può dire alla luce di non splendere.

*

Perchè domani non penso di essere

Perché domani non penso di essere

È qui che il tempo non esiste

ma l’uggia dell’istante che pesa

la lancetta come ferma sul muro

lo sguardo come calamitato

E’ qui che tutto si contraddice

Accorgersi di inutili azioni ad inganno

Un boomerang che sempre ritorna

e trovare alfine riparo in un Pensiero

fedele seppure incostante.

 

Perché domani non penso di avere

E’ qui che la sostanza viene confusa

che conto e riconto i miei averi

e mi distraggo e tutto bramo

di tutto mi privo

E’ qui che ho i miei confini

Accorgersi dell’oltre a dispetto

Il guinzaglio il muro il cielo le ali

Ed un tempo talvolta di fuga

altre volte d’esilio.

*

Acquieto l’anima

Acquieto l’anima

curando il male più intenso

Di priorità è il mio giorno

di tappe di ostacoli

Ma il sogno è salvo

conchiglia rapita alla sabbia

ora in un cassetto sepolta.

 

Ha l’eco del mare al risveglio

il suono di un’andatura

che m’è familiare

il silenzio di tanti racconti

Non teme l’usura del tempo

né il mutamento.

 

Ed io passo da un polo ad un altro

senza preavviso senza intenzione

La fortuna è di chi mi coglie presente

negli stati intermedi

Un’ilarità improvvisa

un sorriso o quel che resta

di antiche memorie

non sempre tristi.

 

Ora sogno una morte diversa

che si discosti da una vita apparente

o una vita che dia del filo da torcere

al mondo a me ostile.

 

 

 

*

Sempre t’amo

Sempre t'amo.

Dove il sogno è più inafferrabile

e s’annidano pericoli dietro la boscaglia

fitta di verde e cupa di suoni

Dove la terra non ha deserti

ma campi arati

ed ancora il pugno s’apre

spargendo semi

nonostante un tempo

di promesse avaro.

 

Qui t’amo

dove fiorisce l’achillea

e giunge l’inebriante

profumo di lavanda

Dove l’anima si congeda

dall’inclemenza del giorno

e ripara in una notte di luna piena

e di mistero.

 

 

*

Siede la donzelletta sul muretto

Siede la donzelletta sul muretto

piega con calma dei fiori finti il mazzo

colori tenui e allegri mischiati insieme

come in un plissé o in un ventaglio.

 

Affiorano nell’andatura due ginocchia

le gote rosse gli occhi di meraviglia accesi

poco distante,  le rughe sulla fronte

un viso chino e delle mani

il bruno colorito sul ricamo.

 

Una stagione breve ora è l’attesa

il giorno un pugno di secondi

dinanzi un cielo pieno di nuvole rosa

e dietro il sole, come in posa.

*

Amore sei come l’acqua

Amore sei come l’acqua quando

fluttua improvvisa,  mentre

_reclino il capo la bocca schiusa_

cerco la più giusta posa

sul fresco gorgoglio che

curva e m’asseconda

mentre mi disseta.

*

Ho il vizio di attenderti

Ho il vizio di attenderti

anche quando so per certo che non verrai

di accendere la notte smorzare il lume

girovagare tra silenzi fluidi d’acqua

 

Ho il vizio di pensarti con ossessione

anche quando so che il tuo pensiero

è in gara tra cento pensieri nelle maglie d’una rete

senza avere un sospiro di sollievo

 

Ho il vizio d’inventare un giorno nuovo

che non sia pieno di assenze e di fame

un giorno in cui prendersi per mano

e camminare piano  solo per fermare il tempo.

*

Una sera di luglio

Arrivò così l’inferno sulla terra d’un tratto

mentre un soffio di vento prometteva ristoro.

I pensieri si ricomponevano frettolosamente

dopo l’inquietudine strana

prima del grembo vuoto del silenzio.

 

Le cicale incessanti ubriacarono l’aria

le parole gravi come rintocchi.

Il tuo tempo al gong finale.

Ho chiesto il vento per raggiungerti

ma tu eri il mare.

*

Talvolta mi rileggo

Talvolta mi rileggo.

Prima di un nuovo vortice buio

quando la confusione è nebbia

il sole lama la pioggia maledizione

il vento un furfante che sferza schiaffi alla nuca.

 

E tutto nuoce.

 

Nella memoria scavo

e lego ogni momento pensato insuperabile

ad un filo interminabile e traggo nuova forza

da un timore remoto un vuoto colmato

una tristezza vinta un’ombra dissipata.

 

*

Ogni falange grida delle mie dita

Fisso un ramo spoglio, nodoso,

alla mia finestra.
Del suo dolore non so,

nudo di foglie e di fiori

stagliato all'aria.


Ogni falange grida

delle mie dita
ogni dito teso storce

devia si arrende.


Inerme la mano allenta la presa.
Vanno le cose scivolando

al loro destino.
Il cuore duole

manca in me il respiro.


Se l'albero geme per il nodoso ramo

non so.

Nè se la terra è mesta pel suo dolore.

*

E ci si accorge

E ci si accorge del cerchio stretto intorno

del filo spinato del poco verde

della polvere sollevata

 

E quel belato resterà nel recinto inascoltato

non col gregge che muove ondeggiando

al suono d’un campanaccio.

*

La voglia d’infinito

Fui folle

del desiderio di te.

Accolsi fede e speranza

E il sogno non fu sogno ma delirio.

 

La nebbia ha nascosto l’orizzonte

e pure i miei confini.

Ecco l’inganno.

 

*

La voce nuova

Un vacillare con i suoi equilibri

i chiaroscuri sfumati in fuga

le ombre vere macchie perenni

E il ramo spezzato vivo solo

nel flash d’un attimo d’autunno

L’eco d’un silenzio che ritorna

senza novelle.

 

La voce è nuova in una litania

che coniuga ieri e domani

Il cielo sfiorato nell’altalena

l’amaca ondulatoria

nel dormiveglia di fantasie

possibili in quel fiorire d’ipotesi

come ragnatele.

 

La pazienza è il tassello che resta alla tenacia

in bilico sull’onda.

 

 

*

Oggi è un giorno che torna

Recondite mete vive nella memoria

destano nell’anima il sorriso.

Frammenti tra loro uniti come per magia,

inalterati.

Poi poniamo ordine alle cose

forse ignorando le più sbiadite effigie

forse creando strati perchè il dolore

non giunga in superficie.

Le più sottili  scalfitture

d'un antico silenzio, memorabile

sono segni indelebili

non impronte nella sabbia.

 

Oggi è un giorno che torna

innalzando all’orizzonte

pietre levigate dal tempo.

Baluardi superati.

Ed ora più saggi lasciamo nello scrigno le perle

sconfiggendo un mondo curioso.

La verità è un sole tramontato

dietro una vetta inesplorata.

Noi palme spettinate sappiamo

dell’odore chiaro del mare quando è solo

e nessuno l’ascolta.

 

 

 

 

*

Così di giorno in giorno

Così di giorno in giorno avanzo

pigra o distratta talvolta muovendo per inerzia.

E vivo d’aria e voli

mi nutro per valicare altri confini

superare scogli correre con il vento fino al mare.

 

Sei l’essenza che colgo quando manchi

nelle partenze senza preavviso

nei silenzi senza voci

nei minuti che portano sulla groppa

tutto il peso dell’eternità.

 

Oggi sei il sale. Domani tornerai

in un sorriso o nel pianto

a dare ancora un senso

alle abitudini d’una vita

che non s’arrende.

 

*

Dovrei?

Dovrei con una piuma tra le mani

venirti sotto il tuo mento e col solletico

_ il labbro increspato nel sorriso_

domandarti con fare assai soave

del barbaro tuo comportamento?

 

Se un pubblico luogo è come casa

e a casa gli altri tu soverchi

sei l’arrogante e presuntuoso

che rientra tra quelli, quasi tutti,

che della vita non han compreso niente

né della civile convivenza.

*

La mia estate

Un frinire incessante di cicale

le ombre sul muretto

ed il pensiero ad altre estati.

 

Abbaia un cane ad un angolo di strada.

La sirena d’un’auto.

Un garrito di rondini, lontano.

 

Passaggi. Poi è quiete.

Silenzi ed assenze

mi guardano sgomenti.

 

Un cielo senza promesse.

Anche le stelle

si spengono pian piano.

*

Leggimi

Semplici gesti sopperiscono alle parole

tessono fili creano giochi

disegnano mappe per evadere

i confini della noia

 

Sguardi inseguono desideri

racchiudono pensieri

si cullano carezzano

s’addormentano

gli uni dentro gli altri.

 

Leggimi,  pur nell’apparente apatia

d’una vita che inchioda

alle sue tappe inevitabili

Leggimi nelle attese insospettate

negate a noi stessi per sfuggire

alla trappola delle illusioni.

 

C’è un amore diverso

nel tempo che passa,

inespugnabile

 

in ogni vortice che ci oscura la via

ad ogni nuovo apice raggiunto

quando l’equilibrio è più precario.

 

*

D’estate così come d’inverno

Il tempo freddo il ghiaccio dopo il manto

così come la cappa il caldo forte

van bene per chi scodinzola beato

sul viale o in una strada illuminata

oltre una siepe folta e rigogliosa

 

o per chi si dondola sull’amaca

oppure si sollazza all’aria aperta

_il telo sulla spiaggia _ o sulla sdraio.

Non certo per chi _il cervello a fuoco_

quasi compete

 col sole che si tuffa sulla terra

noncurante di chi pare allo stremo.

 

Si sa il lavoro spesso fa dannare…

e genera sudore anche d’inverno

ma con l’afa di luglio e lo scirocco

al suolo ti stramazza anima e corpo.

 

 

 

*

Inconveniente

Ho corso avanti e indietro tutto il giorno

ed ora che il sole è tramontato

sto ritta in mezzo al viale polveroso.

 

Di fronte, una fontana quasi in secca.

Il naso in aria ad inseguire una cornacchia

la maglia presa in pieno sulla schiena.

*

Io amo starmene in disparte su una pietra

Le vie affollate le vetrine accese

il chiacchiericcio su panchine assolate

non attraggono la mia attenzione.

Né i rumori acuti e gravi che sommati insieme fanno frastuono

o il traffico infernale nelle strade flagellate dal vento

il cigolio delle serrande il megafono d’un ambulante.

 

Io amo starmene in disparte su una pietra

come una lucertola sul muro sotto un raggio

O assorta nei miei pensieri e mesta

per quel che resta dell’euforia di un attimo

quando il giorno ancora sonnolento si distrae.

L’eccezione.

Poi è l’onda anomala che si ripete.

Fedele.

 

Le parole inutili sul tempo le stagioni

gli abiti belli i costumi leggeri

le mogli felici degli amici

gli amici ignari di tanti tranelli

sono insapori.

 

Le parole che amo sono nel pensiero

senza peso, pure, senza inganno

E spesso transitano negli occhi

mentre la bocca lascia cadere sillabe nel vuoto

_con nonchalance_

che non spronano l’orecchio ad ascoltare.

 

*

La Poesia, un compagno che non ha sesso

Non v’è interesse in questo sodalizio.

Nessun sotterfugio nessun inganno.

È un compagno che non ha sesso la Poesia

le sue impronte sono le mie

così le mani la bocca gli occhi.

Tace. Come me. Vive inquieto.

Non rassegnato. Come me.

Si rallegra. Spera. Cade. Si rialza. Come me.

 

Pare assente quando la mente

s’agita come in trappola

e la pena cresce a dismisura

per l’affanno del giorno.

 

E’ un compagno che abita

nel cuore un sussulto

che quasi non s’avverte

un palpito un grido silenzioso

un vento che si leva e che sospinge

negli angoli reconditi dell’anima,

inesplorati quando ormai si pensa

d’aver concluso il viaggio.

 

 

*

Al calar della sera

Poi d’improvviso

come per cedimento

il nodo si disfa

la fune s’allenta

ogni ansa si attenua

ogni tortuoso sentiero

si distende.

 

E' il calar della sera.

E l’anima accoglie

quella pace agognata

insperata

nelle ore asfissianti del giorno.

*

Vorrei dire di un futuro possibile

Vorrei dire di un futuro possibile

Ma non è che una parola

un vortice oscuro

 

Il mondo intorno vive l’attimo

Ride piange

Odia ama

Dice nega

o rievoca il passato tra nostalgie e rimpianti

 

Il domani è nel pensiero

un aguzzar l’ingegno

per aggirare l’ostacolo.

 

Esistere ad ogni costo.

E gli altri falciati come un mare d’erba.

*

Il sentimento

Scene che cambiano

Colori
Ombre sul palcoscenico della vita


Noi uniti in un odore un rumore una sillaba
completi solo per definizione

nel silenzio ch'è preludio d’una fantasia spietata


Stanchi tra binari ciechi ad inseguire il tempo d'altri
Ma il sentimento è un vento che si leva piano

ed accarezza l’anima tra lo stormire delle fronde.

 

 

*

Quando ci sei sento che mi manchi

Quando ci sei sento che mi manchi
per quell'atto semplice del desinare
per il rosso sorseggiato insieme

perché sappiamo

che c'è sempre un'eccezione ad ogni regola.

 

Quando ci sei sento che mi marchi
per quei nostri silenzi così uguali
per quel nostro sentire il ritmo anche senza musica
per quelle nostre parole
che non chiedono di essere ascoltate.

 

 

- Ad E., mio fratello -

*

Taci!

L’aria pungente del mattino

le nebbie a giugno come a novembre.

 

Stanchi d’un tempo anomalo

chiedevamo l’estate.

 

Ora il cielo ha spalancato le fauci

sputa fuoco

ed arde la terra sotto i piedi.

 

Ma tu hai il mare i gabbiani le vele

la sdraio all’ombra ed i pensieri

così placidi così puri.

 

Io solo un ventaglio, dei due quello

che ti piace meno ma nei colori è soft

ed è persino intonato con l’ambiente.

E poi rievoca la primavera.

 

Il ventaglio ed una stanza dove

potrei non sudare

se solo non mi arrovellassi il cervello

tutto il tempo tra la carta ed il pc.

 

*

Non è abitudine

Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare a sera sotto casa
con lo stesso sorriso sulla bocca
come il giorno non t'avesse intaccato
come fosse niente la vita
come fosse niente il cammino
come fosse niente rievocare il passato
quando i sogni avevano talvolta le ali
più spesso gambe agili.


E l'amore era semplice
un pensiero un gesto
una carezza
Non come ora
che ci si scopre dannati
in una vita che si riprende tutto.

 

Non é abitudine.
L'abitudine é arrivare trafelati
sciacquarsi il viso
cambiarsi d'abito
E fingere che tutto vada bene
sotto un cielo gremito di stelle
Anche quando non é agosto
e i desideri gareggiano nella mente.


Non é abitudine
questo prestarsi gli occhi
E’ vedere il mondo insieme
dalla parte di entrambi.



 

  
 

 

 

  
     

*

Rinascita nel divenire

È rinascita nel divenire

che plasma riduce gli eccessi

forgia nuove forme svela

reconditi luoghi dell’anima

Rintraccia nel cuore i segni

di sogni che furono

ed ora indossano vesti più lievi.

 

Si rinasce tornando bambini

in un pensiero maturo

che ridefinisce la vita

E si scopre in una piccola ruga

sul volto d’un uomo

un cipiglio che già dalla culla

aveva compreso l’inganno

del mondo reale.

*

Solitudini

Il dì dinanzi un sole ancora smorto

di colpo l’afa. E’ estate.

Sto sopra un divano

posata come una cosa.

Non giunge un filo d’aria.

 

Nell’altra stanza

un mucchio d’ossa su di un letto.

Sopra un lenzuolo a fiori.

Di tanto in tanto una chioma bianca

cambia posa.

 

Il cuore si rallegra.

E ringrazio Dio.

 

 

 

 

 

 

 

*

E forse sono altra da me stessa

Accade in una manciata di secondi

sono suprema alle mie appendici più povere.

Ho pensieri meno funesti

parole che mi racchiudono.

Al centro d’un ventaglio

godo dell’aria più pura

com’io fossi amalgamata ai colori

che s’aprono sfumando.

E forse sono altro da me stessa

coerente con il mondo

duttile nel sogno.

Viva per tutto il tempo della metamorfosi.

 

*

Talvolta il cielo è più oscuro

Talvolta il cielo è più oscuro

eppure la luce è la stessa.

 

La strada le case la meta il mistero.

Ma tutto esonda d’intorno

come solo il fiume esistesse

 

l’acqua che corre

ed il vento che l’asseconda

come un amante.

 

Solo il fiume.

Ed i sassi le perle le zattere

i rami le foglie.

 

E le tante carcasse di uomini

e di animali.

*

Sofferenza

Dov’è il corpo dove la mente?
Il dolore trafigge come lama
il cuore duole

il passo rallenta.

Il pensiero una barca arenata.


E si torna nudi
tabula rasa

ignari

delle promesse della vita.

*

Quando non udirò più quella voce

Quando non udirò più quella voce

come un rintocco sul calar della sera

come un grido di rondini

e l’impennata di un’onda sulla scogliera

 

quando spierò dietro l’angolo

quel passo in un passo diverso

e un sibilo sottile tra le foglie fitte

interrogherà la luna alta nel cielo

 

quando non sentirò un canto levarsi

e la terra ora giaciglio tornerà culla

quando non ascolterò quel silenzio

più potente del fuoco e del vento

 

quando avrò giorni senza arcobaleni

e sogni con le ali ferite e sere

come finestre chiuse sul mare

e stanze affollate da nuove ombre

 

quando parlerò senza più domandarmi

se è lì che m’ascolta

e non cercherò altre verità

se non quella che dimora nel mio cuore

 

quando il pianto sarà inconsolabile

e solo la pioggia saprà dissetarmi

quando i miei occhi saranno i suoi occhi

ed i suoi m’indicheranno ancora il cammino

 

quale sarà il senso del mio viaggio?

 

*

Le mie mani

Hanno annodato e districato grovigli

hanno sfidato teoremi

hanno sanato incrinature.

Spiragli nel buio d’una luce inattesa

hanno raccolto fiori e carezzato voli.

 

Forse un dì somiglieranno molto

a quei rami spinosi irti nell’aria

dove il vento approda con un fazzoletto

un aquilone un fiore al verde strappato.

 

Come vie divergenti guarderanno

orizzonti diversi.

Forse le udirai scricchiolare come zattere

fradicie nella corrente.

*

Dicono

Dicono che anche quando dentro

è un brancolare nel buio

e le perle chiuse nella corazza

stanno come sotto due dita di sabbia

si può riaccendere la luce anche solo mirando

dinanzi in una tela un panorama e rinvenire

nei suoi colori i sogni separarli dai desideri

che di tanto in tanto affiorano

a testimonianza d’una diversa vita.

 

Dicono che anche quando dentro

è una prigione e il tempo d’un istante

s’avvicina all’eterno

si può sentire _il naso tra le sbarre_

il profumo, nel vento,  delle rose

e scavando tra le memorie rinvenire

un segno scalfito ancora intatto.

 

È la speranza nuova che t’abbraccia

quando non t’attendi più carezze

e la vita ha ormai imparato a vivere

senza più lusinghe né promesse.

*

Tu sei così lieve

Il giorno, una morsa

un ritmo che non ha tregua

ma mi distrae l’armonia d’una nota

sul caos della vita.

Un piccolo fiore rosso rifulge

sul verde dell’euforbia.

 

E tu tra queste siepi

_precluso l’orizzonte_

sei così lieve.

Così sereno

tra questi scogli

nell’agitarsi del mio mare.

*

Come un ciclamino

Vorrei dirti che ora non ho più timore del vuoto

Guardare il precipizio e non impallidire,

come un ciclamino sul suo esile stelo.

*

Lei sa

Lei sa della fatica di un passo

del crepitio che rode ogni osso

del respiro affannoso ad ogni piccolo gesto

Lei sa della vita ora un cero che arde

d’una piccola fiamma che piega da un lato

vacilla, talvolta pare si spenga.

 

Lei sa dell’acqua attinta alla fonte

dei bagagli e dei figli trascinati per mano

Lei sa dei sogni nutriti di pianto

di promesse svanite del suolo sgranato

sotto i suoi piedi di solitudini guarite in silenzio

di risparmi azzerati di viaggi mai fatti.

 

Lei sa di campi seccati di alberi

che hanno smesso di dare frutti

di un tempo d’ infanzia senza corse nei prati

di anni di guerra di acerbe memorie

di sposa di  madre di sacrifici.

Lei sa di troppi rimpianti.

 

*

Siamo così avvezzi alla corsa

Siamo così avvezzi alla corsa

al fiato corto

alle strade in salita

ad un impervio cammino

che se d’improvviso

tutto dinanzi s’appiana

_ nessun dosso o muro nessuna nube_

 e il giorno scorre nel suo placido murmure

come un ruscello tra i sassi

questo provvisorio stato di grazia

quasi c’inquieta

e l’occhio vede ombre in agguato

il cuore teme ancora brutte sorprese

s’attende nuovi crucci nuove apprensioni.

*

E’ festa

E’ festa. Oggi io resto a casa

tra le cose che guardo e che non sfioro

frammenti che ritrovo quasi intatti

pensieri netti ed incontaminati

 

e tu che sei lontano irraggiungibile

beato nelle superiori sfere

mi corri incontro cavalcando l’erba

come fossi un allegro ragazzino.

 

Se con la mente torno a dì remoti

di ansie di sospiri e turbamenti

è per l’usura del tempo sui pensieri

non solo sulle ossa crepitanti.

 

E dunque è festa e mi do all'inerzia...

per chi non ha il concetto chiaro in testa

d’un lento logorio che porta al crollo

e rende nullo anche ogni riposo.

*

Sono fuori dai miei primordiali bisogni

Sono fuori dai miei primordiali bisogni.

Ho scordato l’orologio stamane

ma il tempo che passa non conta

un deserto dinanzi immutevole

e la fatica che si traduce in segni sul viso

occhi stanchi un passo esitante

il capo indeciso tra il suolo ed il cielo.

Sono fuori da ciò che mi riguarda

la sete la fame il freddo d’un’anima

che più non confida in miracoli e profezie.

*

Con la pazienza di un santo

Qui non passa nessuno

se non per domandare soccorso

per una sorta di soliloquio per noia per sfogo.

 

Qui approdano tutti

giungono come uragani

o con l’affanno e la pena

avviliti stressati

da una vita piena di guai.

 

Qui passano a raccontare

dei tempi che non esistono più

degli amici veri dei falsi dei figli

di padri di madri di un arto che duole

dei crampi allo stomaco della cervicale

d’un ritmo che incalza ed uccide.

 

Ed io che non ho niente da fare

non penso non corro neppure cammino

non ho lavoro nè casa

non ho genitori nè figli

nessun cespo di rose in giardino

né un animale da accudire

 

Io che mangio e che bevo e neppure sto male

ora ascolto con la pazienza d’un santo

che ha deciso di scioperare.

 

 

*

Forse un dì

Somigliano ai gelsi al nodoso ramo

queste mie dita che mal sopportano

anche il peso d’una carezza.

Ecco il pensiero che improvviso mi coglie

mentre cammino. Il suolo mi sa a memoria.

 

Una sagoma magra senza fretta procede col suo cagnolino.

Forse un dì anch’io avrò un gomitolo per la mano

che si srotola arruffato per le vie

o forse un animale di più grande stazza mi terrà al guinzaglio

mentre il cielo mi distrae con la beatitudine dei pini.

 

*

Gli altri

Passano

tramortiti dal giorno

lo stesso saluto a commiato.

Le pene…  le loro più grandi.

 

Io assorta nei percorsi dell’anima

mugolo appena una sillaba

che non ha senso ma è uguale

per chi non ascolta.

 

Assurgo alla mia beatitudine

una specie di tiro alla fune

tra me ed i miei pensieri,

talvolta un dolce trastullo

nella morsa che allenta i suoi denti.

*

Giugno

Una raffica da nord risveglia l’alba

giugno si maschera nel suo incedere lento

un viso smunto e gli occhi vispi.

Tra il rumor delle frasche,  il fischio d’un merlo

mentre la tortora insiste nel suo tedioso grugare.

Tutto appare sospeso tutto è ancora acerbo,

il ronzio d’un’ape e l’abbaiare d’un cane.

L'orizzonte è ora un filo sottile

tra un mare d’erba ed il cielo scosso

dal ripetuto rintocco del campanile.

*

Quando il cerchio delle fatiche si chiude

Quando il cerchio delle fatiche si chiude
il corpo s'attende da un raggio ristoro
ma come dietro le quinte altre scene s'abbozzano
così dietro l'angolo si celano agguati

e le ore di quiete e sospirato riposo
divengono presto un eterno supplizio
un fiume in piena che corre

ed inghiotte ogni cosa

e che poi in un istante fulmineo

t'espelle irruento nel quotidiano patire.

 

*

Solo l’amore fa miracoli

Ho pensato a te

a te che per tempi incommensurabili

sei stato di me la levità

 

 a te che ora che pari assente

sei uno strato più su delle nubi

a dirmi che il niente ereditato

è la mia ricchezza più grande

 

ho pensato a te quando dal cielo

hai applaudito ogni mia scelta.

*

La sofferenza nei tuoi occhi

( a mia madre )

 

La sofferenza nei tuoi occhi

accende altro dolore.

Di quanta inettitudine si veste

un desiderio che io so fallace!

In bilico su un rovo di spine

la vita ha sempre più deboli radici

e noi con speranze già malate

accecati da un sole che si fa rovente

ora vorremmo per te più fioca luce e quiete

per le stimmate dell'anima dolente.

 

 

*

Il non sapere accende ipotesi

Il non sapere accende ipotesi

le più strane le più assurde

le più vaghe

e del domani fomenta l’incertezza

il dubbio e la pena di quell’ora

che come goccia cade

nell’immenso mare.

 

Un cenno manca del labbro

una parola un sorriso che esonda gli argini

un momento che sfiora

il sapore dell’eterno

ed il suono d’una voce

sognato agognato o forse consono

al nostro modo d’intendere la vita

 

E amore solo di te domanda,

di te che sei Amore.

*

Ti amo

Oltre la vita la mia, la tua
sentirai un suono magico

due parole spesso taciute

spesso gridate
Così lievi prima di toccare terra
così mutevoli ad ogni burrasca
ma reduci vittoriose da ogni battaglia

Oltre ogni tempo ed ogni spazio
non tuo, non mio
avrai un segno una ruga

un'incrinatura un'orma

rimembranza d’un universo quasi inesplorato

Un amore immenso

racchiuso in due parole.

*

Il superfluo

Le parole inutili i giri in tondo

gl’innumerevoli volteggi d’una giostra

non hanno approdo.

 

Lasciatemi alla mia quiete

_il capo reclino d’un girasole

in un campo assolato_

 

Lasciatemi al mio tramonto infuocato,

sgombra di nubi e di voli impazziti.

*

Ci sono numeri che non contano

Ci sono numeri che non contano

mentre non so i nomi di chi manca

all’appuntamento alla promessa al sogno

all’esistere dato per scontato.

 

La cornice resta identica e dentro

nuotano come in uno specchio

anatre girini anime perse.

 

Ci sono numeri che variano

indossati come vesti come veli

talvolta come maschere.

*

Esisto tra un’onda piccola ed una più grande

Sto tra quelli strappati alla terra
e quelli scappati via intimoriti
tra me e mia madre che soffre
pronta al commiato
tra me e chi loda ogni giorno passato.


Non penso non sogno non bramo
momenti di gioia se il tempo restante
è calvario per l'anima ed il cuore.
E vivo assuefatta a questo mio vivere inquieto

che il contrario mi porrebbe in allarme.

 

Esisto tra un'onda piccola ed una più grande.

*

L’ombra della luce

Non voglio essere con quelli

che ricordano oggi le tue parole

ogni pensiero ogni turbamento dell’anima.

T’incontrerò domani…

 

Hai detto così tanto che  non ho bisacce con me così capienti

sei stato canto e nenia, anche preghiera

quando nelle mie stanze, ad ogni passo

parlavo con le ombre ed ogni ombra diveniva Luce.

 

 

 

da : L’OMBRA DELLA LUCE

 - Franco Battiato -

 

“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai”

*

Venti maggio

Senza questo giorno che si ripete

puntuale e caparbio,

non esisterei.

 

Non potrei guardare gli abissi

dalla sommità del colle

né navigare mari immensi

tra il ribollir delle onde.

*

Vigilie

Domani sarà uguale a ieri
ma le vigilie hanno le tasche ampie
e dentro cose che non ci avresti messo mai.

*

A volte sto come fosse niente la vita

A volte sto come fosse niente la vita

come fosse niente la morte

come una cosa ignara del posto e dell’ora

come una farfalla che pensa d’essere un uccello.

 

A volte sto senza peso

come fossi una lingua sottile tra il mare e la terra

come fossi il sobbalzo del mare sotto un refolo di vento.

 

Più spesso sto senza melodia

come fossi una canna piena

solo delle voci degli altri.

*

Quando ti volti indietro

Quando ti volti indietro e conti i pioli le ripide i sassi

ed annusi la polvere che ovunque s’annida

non puoi che reputarti fortunato.

La meta raggiunta è un altro premio. Sul podio è la Vita.

 

Ma quando annaspi in vicoli ciechi

e ti dimeni cercando un possibile varco

ed il giorno breve è un tempo interminabile di lotta

quando il silenzio pesa e le voci giungono come un graffio

 

e la notte giunge magra di ristoro, tutto muta

e l’eterno è solo un attimo con la smania del domani

la speranza un vento che lusinga

proprio quando vinto t’abbandoni all’oblio.

*

Dell’assenza

Se tu non fossi qui quando non ci sei

quante stanze piene di mobili e d’ogni suppellettile

risuonerebbero vuote come canne di bambù!

Eppure la melodia del vento lusinga anche le canne.

*

E’ un mese, maggio, di promesse

E’ un mese maggio di promesse

quelle ataviche e quelle nuove

in cui ci si arrende al caso

dopo le gioie ed i momenti funesti.

 

E se piove sorrido

se il vento gonfia le fauci sorrido.

E' il suo rumore che temo quando non reca

il clamore della vita intorno e la tua voce padre,

se levo gli occhi al cielo.

 

E se il sole m’acceca quando più è maturo sorrido.

Maggio è un mese in cui non si può piangere

ch'è un’amaca il tempo e l’avanzare ad ogni passo

la certezza d'un approdo ad un giardino.

 

Quello che più non esiste

ma è intatto nella memoria

_con la polvere tra l’erba

e le ginocchia sbucciate_

io intimorita, di corsa verso casa.

*

Sono nata a maggio

D’erbe selvatiche è intrisa l’aria

le rose sulle siepi come in un puzzle.

Reca gocciole il vento d’erba tenera,

del suo taglio recente.

 

A luglio avrei rimpianto il riparo

d’un guscio chiaro di conchiglia

a fior di sabbia in un raggio rovente

 

ma sono nata a maggio

_verde il nudo fianco della collina_

in un tardo pomeriggio di cielo terso.

 

L’aria d’improvviso zittita degli acuti trilli

piena solo di quattro sillabe uguali

forse la nenia a me cara d’un cuculo.

 

*

Forse non c’era un nido

Forse non c’era un nido

era solo affezionato al ramo di quel melo

il sillabico canto cupo del mattino

col puntuale ritorno nel meriggio.

Forse lo sparo della notte in festa

ha intimorito il luogo

l’upupa ha smesso il canto

nell’aria ora satura d’un tubare di tortore

dove solo un gorgheggio risuona melodioso

ed un verso stridulo

fulmineo s’allontana

dove le rondini mordono il cielo.

*

Percezione

E’ un giorno buio

di luce immensa

E non so quando giungerà l’alba.

*

Una data, solo numeri.

(a mio padre)

 

E i numeri non dicono nulla

associazione ad eventi

alle cose di entrambi

ai progetti mutati alle idee sospese.

 

Il tempo così variabile è una costante

del nostro vivere inquieto

il mio così alla luce del sole

il tuo all’ombra di alti cipressi.

 

Ma lo splendore è dalla tua parte

nei tuoi occhi tra le sculture

sul marmo lambito dai venti

le frasi non scritte i fiori appassiti.

 

Oggi non ho scordato d’accendere un lume.

Ho preferito non farlo.

Al buio coi tuoi occhi io vedo meglio.

 

 

*

Possiamo parlarne da mattina a sera

Possiamo parlarne da mattina a sera

di come il giorno era breve e i sogni incompiuti

di come la luce entrava dentro noi e poi spariva

 

delle attese lontane da certi strani progetti partoriti dal nulla

dell’amore quel richiamo sfuggente assente gran parte del tempo

delle luci spente sul palco noi dimentichi della scena.

 

Possiamo parlarne in eterno di come il fuoco e l’acqua

s’avvinghiavano alle cose deformandole

di come si restava sospesi foglie sul ramo in attesa del vento

senza conoscerne la direzione né se il viaggio prevedeva il ritorno

 

di come quel percepire lento uno scroscio un suono

un lamento un sibilo ci dava la quiete

col desiderio domato dell’infinito

guardando il cielo incollati su una zolla di terra.

*

Noi, le mamme mancate

Noi le donne che hanno pianto per tutti i figli uccisi dalle madri

le donne che hanno amato i nipoti senza mai avere avuto figli

che si sono tenute a distanza dalla gioia che a loro non spettava

rimaste sveglie di notte a domandarsi il perché di tante violenze e tragedie

 

Noi le donne che hanno amato senza alcun egoismo

le donne sole padrone del tempo e della loro vita

le donne libere sempre in soccorso degli altri

sempre pronte a partire e col pensiero fisso ad un altro cielo

 

Noi le donne senza esperienza che non hanno mai costruito nulla

che si possa toccare che avrebbero salvato i bambini abbandonati

piuttosto che i cani le donne che hanno portato la croce in silenzio

le donne additate ed invidiate, spesso incomprese.

 

Noi,  le mamme mancate.

 

*

A mio padre

D’un qualsiasi corpo tirato su per i capelli

in salvo da un fondo limaccioso

ora avrei solo memoria

e dell’aspra lotta per contrapporre

al pericolo il desiderio di vita.

 

Tu invece sei...

eri senza più note nella gola

come nella coltre spessa della nebbia

come in un vicolo cieco

gli occhi imploranti

ignari della bocca e della fame d’aria.

 

Noi increduli di quell’ultimo legame con la terra

prima della pioggia fredda di maggio.

 

*

Ora la gioia non è che un lampo

Ora la gioia non è che un lampo

di contro all’oscura immensità.

Un temporale estivo

un fuoco vacuo.

Bisogna andare indietro

per il sapore della felicità

al campo di grano mosso dal vento

al prato d’erba alto alle aiuole

e a quel pallone sparato in alto

in fuga sull’asfalto.

 

*

Il caso talvolta

Il caso talvolta mi ha lasciata tra le maglie

il nodo di pochi istanti lì dove il pensiero

spesso rincorre il verde ed il rosso d’un giardino

 

Per il resto del tempo ho vissuto dimenticata

la terra nuova ha sepolto le mie orme tra le zolle

non mi dolgo dell’oblio anzi me ne compiaccio

 

Non semi né frutti e neppure foglie sui rami

sto al riparo dei curiosi progettando voli futuri

e le parole sono roride come freschi germogli

 

Hanno il suono del vento quando spinge gli aquiloni.

Una tale fortuna non è da disprezzare

è come oro dove abbonda il metallo vile.

 

*

Il canto dell’upupa

Spazi così immensi

per un volo da farfalla

 

Tre cupe sillabe

_talvolta due o quattro_

 

sparpagliate nell’aria

al primo albore.

*

Nella guazza

Anatre starnazzano festose

stanno come sospese nella guazza

dell’acqua chiara o torbida

a loro poco importa.

 

Forse riusciranno ad ubriacarsi

del liquido incolore che giammai

ha registrato torme

in tale stato di grazia.

*

Come pioveva quel dì di maggio

S’era già in comunione morti e vivi

I chiodi sul legno chiaro la pioggia fine

sul peso d’ogni passo nel rintocco grave

d’una campana,  impresso come a fuoco.

Nel velo di nebbia una penuria di case…

sonnolente

da non sembrare quasi il mio paese.

*

E’ maggio

Pur tra mille scogli e sentieri impervi

troverò spiragli di parole buone

senza dover ricorrere agli scrigni

preziosi di tempi assai remoti.

 

Gli anni hanno seminato perle

anche sull’asfalto duro e fiori

sono nati in fossi all’apparenza senza vita

Dei volti noti alcuni in altri lidi

ora stampano sorrisi e qualche lacrima

in dubbio se di gioia o di tristezza

Rimpianti nostalgie che la memoria

tien ben divisi.

 

I giorni appaiono di speranze brevi

di fuochi piccoli e sogni che s’accendono

come papaveri dilatati tra le spighe.

E’ maggio un mese che non può tradire

nel tempo scorso ha dato vita e morte

e quel che accade è storia che si ripete.

Corsi e ricorsi a detta di qualcuno

di cui non serve ricordare il nome.

Le cose sono uguali qui ed altrove.

*

All’apparenza senza senso

E poi c’è chi vien prima di chi più tardi arriva

l’aspettativa era diversa nell’ignoranza

e quando delle ipotesi v’era azzardo

 

dopo l’ansia ci si scrolla del peso e poi

il tempo si fa buono e generoso e a chi vien dopo

il caso riserva altra accoglienza.

 

O forse per una volta è la fortuna

a far sì che di due mali solo il minore

resti nella memoria, duraturo.

*

La parola amici

Lo sanno, la parola “amici” oggi è un abuso

in volti presi a prestito in simboli ed oggetti

in segni strani brevi passaggi astrali

sguardi persi in provvisorietà

 

un elenco come quello della spesa

o delle cose da sistemare nei cassetti

un indice delle priorità

 

solo nomi stampati sulla carta o sull’homepage

di un sito web nomi sulle labbra

che non sanno di alcuna verità.

*

Non il mio errare di passo in passo

Non il mio errare di passo in passo

per sentieri tortuosi e per clivi

ma quell’ombra che mi segue

e mi fa splendere scavando

nelle mie anse ed incrinature

è un patrimonio che non saprò a chi destinare

alla mia partenza.

 

Ho brama di spazi immensi eppure

spesso ho ceduto al riparo in vicoli senza sbocchi

Non le parole impresse sul foglio

ma il turbine dei pensieri che sfuggono

accalcandosi frettolosamente alla soglia

narra del mio vivere inquieto

e d’ogni tempesta più duratura.

 

*

Fotografia

Stamane un piccione è atterrato alla mia finestra
 Il davanzale a festa d’innumerevoli suoni,
 oltre a quel grugare_ prima di spiccare il volo_
 una due tre volte, e a cui l'orecchio è avvezzo.

*

Ed ogni giorno pensi è il giorno giusto

Ed ogni giorno pensi è il giorno giusto

e cresce l’ansia insieme con la luce

da quel baratro la sera innanzi edificato

in preda al sonno e pure alla stanchezza.

 

Ogni giorno andato un giorno perso

un lume, la sua tremula fiammella

che lentamente sbianca e poi si spegne.

 

E quel che all’alba si veste di speranza

la sera tra amarezza e disincanto

il corpo annichilisce la mente annienta.

*

Un giorno di fine aprile

Un sole d’improvviso più forte

ha cancellato interminabili giorni di grigio e di venti

L’assiduo pensiero d’una primavera in ritardo

ora è come sepolto l’orecchio rapito da un grido

acuto nell ‘aria l’istante d’un volo perlustrativo

 

Domani saranno copiose nel cielo col nero garrito

s’annuncia così questo tiepido tempo di fine aprile

ma forse domani, oscure e a frotte le nubi

sostando sul mio cammino

ancora una volta muteranno la rotta ed il destino.

*

Quelle parole semplici non dicono

Dentro una spirale che mi deforma

un labirinto di specchi e cento volti

sto come un’estranea che scruta

la sillaba d’ogni gesto d’ogni verso

Fuori il vento a dare vita alle cose

e movimento.

 

Quelle parole semplici non dicono

di irrequietudine e tormento

di come vorrei dietro un cancello

respirare la vita e tra le maglie d’un filo spinato

non pensare al mio limite certo

e ad un esilio molto probabile.

*

Poi uno spiraglio

Poi uno spiraglio, improvviso

seppur di fioca luce

sbianca il buio.

 

E’ un attimo soltanto

quella percezione del fondo

oltre cui non si può andare.

*

Lo sguardo perso

Ho lo sguardo di chi interroga l’aria

un suono una voce un passo

che giunge o s’allontana

 

Lo sguardo perso come nel vuoto

di chi non trova per ora

risposta al suo affanno.

*

Aprile

Sta trascinando i giorni questa pioggia

e il cielo grigio l’attesa muta

ed il segno vago dell’incertezza.

Di brevi fioriture lo sciame al suolo.

 

E così d’aprile non rimarrà quasi memoria

tranne al mattino per quelle tre sillabe delle tortore

e a sera il bubolare d’un gufo.

Noi i panni addosso come d’inverno.

*

Verso un cielo copioso di stelle

Spesso sono andata via da me stessa

un’ombra che scivola nella luce e si dilegua

dei miei bagagli ha raccontato il vento

spargendo a riva un fermaglio

a terra tra le foglie

un fazzoletto intriso di profumo

sulla tua porta uno scarabocchio.

Non era per fuggire da te ma da me stessa

per ritrovarti intatto

sapevo eri lontano ma non dove.

Ho mirato in alto

per non cadere nella trappola delle illusioni

traslocando di notte

verso un cielo copioso di stelle.

 

*

Preannunciata pioggia

In ritardo arriva

con l’aria grigia

zitta

ed il rumore è quello udito prima

quando fuori della finestra

l’asfalto era asciutto

la terra arsa

non l’impronta d’una goccia.

*

Relitti

Eccoli sul fondo

poco più che relitti.

Utili a dirci delle nostre ragioni

e a spiegare l’altrui fallimento.

*

Amore come dirti di questo tempo...

Ero gioia all’aurora prima del giorno rumoroso come l’afa

ed il frinire delle cicale ad agosto

e la sera,  ebbra d’un sapere nuovo

curiosa del silenzio e delle sue promesse

 

Ora non è il mondo fuori distante ed il panorama acerbo

o la vanità delle illusioni ora è l’indifferenza l’opacità del velo

sono le cose morte sotto ed io vinta.

Sentire che la lotta è fuori moda

che il cuore batte per l’affanno

 ed io bramo riparo in lidi inesistenti

 

Amore come spiegarti questo giro

l’errare tra gli specchi il viso spento

le occhiaie il tarlo che vince il suono

quando aprile canta _quietato il vento_  le stagioni uguali

 

Non è il morbo di cui si parla e le polemiche e la politica

è il non arrendersi ad un tempo fermo immaginare un bacio

il tepore d’un nido raccogliere parole dall’orlo delle labbra

mentre solo il pensiero sfida ogni distanza

eppure talvolta si distrae in un vortice un nodo

un grido di meraviglia e sfocia nelle sue visioni

 

Se volo è per quest’anima che trova il modo

di non stare su una lama.  Danza al chiaro d’una luce

 _un dono_  in una notte che pensavo oscura.

Del tempo ora non ho più premura.

*

Quando non ci sarò più

Vorrò tornare un istante sulla terra

e cercare le mie impronte in quel sentiero

che ho percorso tante volte per raggiungerti

quando pensavo tu fossi lontano.

 

Ritrovarle quasi intatte accanto

a quelle orme appena un po’ più grandi

passate inosservate quando in vita

non portavo che la conta dei miei passi.

 

 

*

E’ così breve il tempo del sorriso

Le parole sul bianco come semi.

Ne basterà un mucchio

per l’inverosimile ed il fattibile.

Sul sommo guarderemo a valle,

paghi d’una meta provvisoria.

*

Di questi pensieri

Di questi pensieri non rimarrà nulla.

Di una gestazione dolorosa

parole storpiate costrette al confino.

Domani, all’epilogo o nell’ inverso cammino

s’imbatteranno in qualcuno

in preda ad un somigliante tormento

o forse passeranno in un lampo

come attraverso un soffio di vento.

*

Attendiamo ancora un mutamento

Attendiamo ancora un mutamento

Ma già è accaduto ed il tempo ora

è di assestamento e di rimembranze.

Ed il passato scorre tra nostalgie e rimpianti.

*

Non scriverò del tempo

Non scriverò del tempo

e neppure delle mie stagioni

Sono state spesso di gelo

anche ad aprile

Ed il tempo, il suo scorrere… non conta

quando si vive di luce in differita.

*

Del quotidiano tempo

La porta socchiusa nonostante l’insistenza d’un raggio impertinente

Ho cercato un riparo nel moto ondoso del silenzio

da quel gracchiare di voci tutte in coro _così stridente_

 

Una culla come quando in sogno

mi ritrovo ad abbracciare il tuo pensiero

per zittire la voce delle ombre, quelle più nere.

 

Ma qui è diverso, è solo un divagare…

Ho cercato d’immaginare un suono

per meditare sul portare a compimento

un mio lavoro e senza alcun errore.

*

Giunge fin dentro questo guscio

Giunge fin dentro questo guscio

il respiro affannoso del mondo

E sfuma in inganno l’antica convinzione

d’un riparo sicuro dai venti di bufera.

*

Inquietudine

Un intimo travaglio.

E il peso varia

e la misura sfora l’estremo limite

oltre i timori e le ipotesi

e cova fermenta gorgoglia

talvolta dilaga in ossesso

 

si tinge di nero e genera

rosse visioni. Tragedie?

Scompenso di gesti e pensieri

in un vivere col fiato sospeso sul filo.

L’orizzonte, un precipizio.

*

Del clamore mancato alle strade

Del clamore mancato alle strade non resta

che l’eco nel respiro del vento

come se il tempo nel suo consueto fluire

volesse fuggire da una morte apparente.

 

Un risveglio obbligato conduce i miei passi per strada.

C’è un silenzio così impenetrabile

che ad invocarlo commetterei un peccato.

 

Solo io ed il becco d’un corvo... che fruga un gradino

oltre la polvere d’un marciapiede.

E il mio sguardo _distratto_ si posa

sopra un ramo svestito.

*

Abbiamo tentato cento vie

Abbiamo tentato cento vie
prima dell’approdo

in una saggia solitudine


Ci rallegriamo dell'universo in noi
mentre fuori gareggiano ancora
per uccidere i più bei sogni.

*

Quest’acqua cheta

Quest’acqua cheta ora minaccia un vero temporale

grigia è l’aria ed il suolo nel boato che s’ode di lontano

Benedici mio Dio ogni miseria umana

il silenzio intorno ed il timore e la perduta allegria

un volo bianca memoria d’un passato sepolto.

 

Benedici anche noi, stretti nella morsa d’una tenue speranza

sradicata dal sogno di quando eravamo ignari

della nostra assenza e vivi altrove.

Rami in perenne fioritura e nidi sazi

di una diversa fame.

 

*

Poi è venuto il tempo

Poi è venuto il tempo di dare le spalle alle chiassose acque

abbandonare sentieri umidi di ghiaia e sassi

il rivo nei suoi brevi suoni gutturali

 

per una riva opposta incontaminata

dove il silenzio_ soave_ è zefiro sull’anima

e la vita ancora una speranza.

*

La gioia narra sempre di un dolore sommerso o vinto

Da un gorgheggio o un trillo vorrei indovinar il tuo canto

La gioia narra sempre di un dolore sommerso o vinto

un attimo impresso a fuoco.

Poi il vento mi porta dove vuole.

Anche le mie parole. Ma sono innocue

dopo aver guardato nei tuoi occhi.

 

La primavera comincia da un nido che si rinnova

e dal vestito rosa degli alberi.

Poi un’altalena di silenzi e canti trastulla le ore.

Luci ed ombre al tramonto sui nostri passi

ed un monotono gufare al primo accenno d’afa.

*

Il nonsenso della vita

La promessa di un sentire profondo

come dentro le viscere della terra

o gli oscuri abissi del mare

 

Onde su onde nebbiose

pieghe che celano e svelano

un ritmo un suono o un semplice gong

 

Sfiorare parole come sulla tavolozza i colori

cancellare e riscrivere il tempo ed il suo inganno

in una lingua che non giunga sui timpani

come un colpo di frusta

 

E ricucire l’anima come fosse un vestito.

Sotto i lembi laceri antiche memorie

nel non senso d’una vita fugace

che domanda un cambio di rotta.

*

Eppure il pensiero da nuovo impulso al giorno

Eppure il pensiero da nuovo impulso al giorno

e sperimenta nuove vie per la speranza

nonostante l’apatia del vivere e l’inquietudine

che si propaga negli animi come un cancro.

 

Non si ride ma ci si distrae da un pianto invisibile.

Come chiamereste la tristezza quando esonda

e l’infelicità al suo apogeo o l’umor nero

all’apparenza immotivato?

 

Si persevera nella sequenza dei gesti

per un germoglio nuovo

quando le nubi sgombreranno il cielo.

*

Sbalzi d’umore

Avrà letto tra le pieghe, sul viso

e negli occhi mesti di chi vive giorni

tra attese e timori ami ed esche

rimuginando fughe da amare sorprese?

 

Avrà visto il riavvolgersi della pellicola

fino ai paesaggi fioriti dell’infanzia

o all’esplosione dei papaveri in età più matura

tra ventagli di spighe?

 

Avrà letto l’andirivieni di gesti

le idee impresse a fuoco

abbandonate sul ciglio in un attimo?

 

Avrà visto il confine spezzarsi

tra malinconia e prostrazione

in quel lento oscillare  di luci e di ombre?

 

 

 

*

Domenica delle Palme

All’alba un pigolio sommesso

d’uccellini nel nido tra le foglie sui rami

preludio d’un tiepido mattino

il respiro del cielo, appena un filo

 

il pensiero lungi da ogni affanno

quasi giulivo per un dì di primavera

e quell’ala bianca foriera di pace

e un verde ramoscello stretto nel becco.

*

Tornano le notti fedeli

Tornano le notti fedeli a quel passaggio nel fuoco

le mani trafitte dai chiodi. Non osa carezze il pensiero

una corsa degli anni improvvisa sul viso colora gli sbalzi d’umore

e l’ansia dei passi rotola senza più una meta.

 

Un lago ora raccoglie tutte le acque le fresche e le impure

torna un oblio che preserva da nuove ferite

la luce smorzata il silenzio riparo la brama del vuoto

che ferma il fluire del tempo il sogno agognato il mistero.

 

*

L’amore così imperfetto

L’amore… così imperfetto

ti dà gli occhi l’anima il segno

d’una metamorfosi che non esiste

 

Ti dà burrasche e mari ondosi

ti toglie il fiato e ti toglie il peso

d’una carezza quando sul fondo

per tutte le malefatte ti maledici

e per i progetti falliti

e le promesse recise

 

L’amore è così contraddittorio

predica la libertà mentre incatena.

*

Il pensiero un lampo

Il pensiero un lampo

un attimo che muta.

Noi talvolta distratti

al riparo nell’angolo più buio

tra le nebbie delle parole

perdiamo il suo bagliore.

*

Sono uscita per la porta principale

Sono uscita per la porta principale

dinanzi a me un gran deserto

ma nell’aria c’era un gran vociare

di molteplici voci sovrapposte

le “ruvarelle” erano gremite

una folla dentro un drappo scuro.

*

Non sfoglio mai una margherita

E’ deciso al nascere il numero dei petali

come i raggi del sole alle prime luci

ed ogni petalo è un attimo lungo un giorno

oppure una stagione

insieme sono una vita intera.

 

Tanta innocenza nella sua corolla.

Invulnerabile. Gli eventi fanno la storia

corsi e ricorsi nel nostro quotidiano

La sua purezza intatta

una colomba che le mani liberano nell’aria.

 

Tornerà come per Noè_ ma il tempo

è lungo_   con la novella buona

che il diluvio per tutti è terminato.

 

 

In omaggio ad Alda Merini

*

Giuseppe

Hai creduto in un tempo remoto

alla storia che ti hanno raccontato.
Dubbi timori risolti


Tanti col tuo nome
sopportano la Croce
tanti legati alla promessa
di una nuova vita.


Gli uomini si odiano. Talvolta si uccidono
ma oggi i figli onorano i padri

ed i padri sono fieri dei figli.


Di default la luce rischiara la mia stanza.

 

*

Stridono le ali mentre atterra

Sbigottito un passero s’arresta

stridono le ali mentre atterra

 

nel becco le note d’una melodia

rapite da una raffica di vento.

 

Il freddo incalza e dice che l’inverno

ruberà i giorni _proprio sul finire_

all’imminente primavera.

 

*

All’inizio pensi sia la luce

All'inizio pensi sia la luce

a dare nuova vita alla speranza
I pensieri si ricompongono compatti
pezzi unici di un immenso mosaico
Ma accade anche di notte che sia giorno
in quei brevi viaggi in cui tu appari

_che la mente compie ignara_

e di vite future mi novelli

e del dolce naufragare

nel mare calmo del silenzio.

 

*

Tu che sei faro nella notte oscura

 (preghiera dell’anima innamorata)

 

Perché a sera io mi senta paga di questo calice

senza domandarmi

se un diverso elisir ridurrebbe l’amaro

Perchè io possa ambire alla beatitudine della vetta

tuffata nell’azzurro

e perché non scacci mai dalla mente

questo pensiero dominante di vederti

nonostante tu valichi altre vie navighi altri mari.

*

Gesti che si ripetono

Talvolta cambia la sequenza
di gesti necessari

mentre altre vie escogita il pensiero

E’ ovunque
acrobata che studia alternative
per non rassegnarsi alla routine

Abbandonarsi al sogno
oltre l'istinto di sopravvivenza,
un'incompiuta abilitá per chi s'arrende.

*

E’ un augurio che stona la speranza

E’ un augurio che stona la speranza

ora che contiamo i morti

ed ammettiamo il nostro fallimento

 

è un mistero la morte più della vita

che almeno per definizione è dono

senza considerar gli ostacoli ed i timori.

*

Oltre l’apparenza

È solido riparo un apparente ostacolo

il coraggio  d’un nuovo orizzonte oltre il muro

innalzarsi in volo o seguir la via d’arrampicata

binomio d’eccelsa follia ed immaginazione audace

 

Il pensiero scevro da ogni impurità

in un cielo d’ovatta dove fa capolino l’azzurro

celebra il silenzio  e narra di una solitudine antica

oracolo ambizione dell’Anima protesa all’inafferrabile.

 

*

Vesti gli occhi di meraviglia

Quante domande arrese al silenzio

sono finite in un burrone!

Le pietre prima o poi temprano il passo

Ora le ombre sorreggono il buio

e la bocca in rare occasioni distilla parole.

Vesti gli occhi di meraviglia dunque!

Ora che le orecchie sanno tutto il peso

dell’esilio dal suono.

*

Mimose

Non amo queste pannocchie di morbidi capolini

così intensamente profumate.

 

Assomigliano a certe donne bellocce

_non più in età fiorente_

 

seguite  da una scia, al passaggio

troppo persistente…

*

Dove sono i poeti

Dove sono i poeti quelli coraggiosi

quelli in ascolto del pensiero

che quando parlano fanno fiorire i rovi

e quando sognano corrono con i gabbiani

 

dove sono i poeti quelli veri

quelli che sanno risalire gli abissi

che scavano tra le macerie del cuore

e le pietre sanno mutare in perle

 

dove sono i poeti quelli che scrivono

senza penna e senza inchiostro

in piedi al mattino o chiusi in un gomitolo

di ore tra l’ansia e mille pene

 

quelli che si svegliano di notte

e stringono un patto con le ombre

quelli che non si siedono a tavolino

costringendosi a vedere cose che non vedono

 

dove sono i poeti quelli per i quali ogni verso

scritto è un premio ed ogni premio

un battito del cuore in questa vita

di angustie e solitudine.

*

Osservo

Osservo
come tutto hanno ammantato di sabbia
cosí da rendere inutile il paraocchi


come il vento ha cancellato quel manto
destinato comunque a sparire


come sono rimaste intatte le cose
tolta la crosta sottile


come gli uomini nulla hanno appreso

dai loro molteplici errori.

 

 

*

L’ansia del risveglio

Il tempo non torna pur _se il lume dei ricordi acceso_

dall’oggi ti allontani. I vecchi sentieri seppelliti

tra erba e ghiaia sono come binari abbandonati

non vanno in nessun luogo non hanno dinanzi panorami

 

ed il tempo d’oggi è una moneta svalutata

un gomitolo di filo aggrovigliato

un mercenario al servizio del potere del più forte

 

Noi tra il desiderio del non essere mai nati

e quello di chiudere gli occhi sull’immagine più cara

fiaccati siamo all’alba dall’ansia del risveglio.

*

Marzo

Di fare i conti con burrasca e neve

ed  il cielo lesto a mutare in volto

o i viali a strati avvicendati

_ora di brina ora di petali immacolati_

( come nei prati le colture per migliorar la resa)

 

di fare i conti con marzo io ero pronta quasi in attesa

di sopportare dell’umor gli sbalzi e la sua rabbia.

Ma ora tutto muore uguale a quando

marzo non era entrato ancora  ed altro

è l’affanno altro il peso che sul cuore grava.

*

Se dite la verità

Se dite la verità fatelo

come non siano le vostre labbra a professarla

ma sia un passaggio da altre bocche

 

ricordate sarà un vostro traguardo

un vostro premio

un vostro sospiro di sollievo

 

ma incontrerete ad ogni passo indifferenza

quasi ribrezzo un’omertà silenziosa

coglierete l'assenza improvvisa di chi c’era

 

più parlerete con schiettezza più vi scontrerete

con l'astinenza dalle parole che gli altri osservano

con la latitanza dei cosiddetti amici.

 

Al riparo sempre da tutto ed anche da se stessi.

*

Azalee

Il tuo sorriso bianco m’appare

ed il rosa delle labbra

quando il silenzio dei miei giorni vesti

con le parole t’amo.

 

Le azalee sempreverdi

cosi delicate così vivaci

dicono che è di nuovo Primavera,

qui dove le ombre scolorano

ed il tuo pensiero germoglia.

 

Perseveranza è l’altro nome

che ti battezza. 

E tu conosci il tempo

del tuo vivere prima,  

come al riparo.

*

Non ci sono trappole

Le parole sono corolle che si chiudono.

Un pugno di stelle mi costringe

_ il naso in aria_

ad una lunga notte silenziosa.

 

*

Riflessioni d’una domenica d’inverno

L’agnello intorpida l’acqua del ruscello

è acerba l’uva a cui la volpe non arriva…

Ma quante vigne demolite da uno sguardo

quanti lupi a sgozzar gli agnelli per un nulla!

*

Punti di vista

Più non distinguo le priorità

prospettive diverse

orizzonti vaghi

 

Sono dove di me non giunge voce

L’inerzia e l’iperattività, punti di vista

mentre io m’agito tra opposti venti.

*

I poveri di spirito imperterriti

I poveri di spirito imperterriti

proseguono per il loro cammino

e son convinti che perseverare

possa alla fine dare buoni frutti

Cambiamenti?

Illusioni!

Sorrido non potendo fare altro

Ma voi amici miei più savi

potenti d’intelletto, arguti

non certo scellerati, voi che fate?

Sapete leggere? Leggete!

Sapete interpretare? Bene fatelo!

Non vedete... i numeri sono gli stessi

il contatore fermo ed il giro  

come impazzito di quattro commedianti

Or dunque voi vi dite fieri,

voi che pur vi distinguete

in quella melma putrida e stagnante?

La vetrina? Amici miei…

anche i vestiti riciclati fan bella mostra  

sotto il vetro, come nuovi!

Ma poi, indossateli! E mi saprete dire…

 

*

E poi attendo

E poi attendo come un bambino attende

che il palloncino voli alto nel cielo e non scompaia

attendo come tu fossi una stella ed io sapessi il nodo

nel punto preciso che ti sostiene al drappo

 

e poi attendo come mi scordassi di attenderti

quando l’aria s’illumina e non è giorno e forse è notte

e più non mi domando la ragione di tanta luce

che si rovescia come dall’orlo d’una brocca.

*

Se volessi

Se volessi potrei barricarmi dentro quel mondo

che ho creduto _fuori_  da qualche parte esistesse

e fingere sia niente la sofferenza niente la vita o l’illusione

zittire quei rantoli nel buio

placare l’impeto d’una ribellione ancestrale

 

se volessi potrei eleggere ad eremo

questo luogo divenuto d’angoscia e di pena

ed assurgere a verità inconfutabili

senza le contraddizioni dell’uomo

né le incrinature e gli squilibri del tempo

 

Ma se potessi costruirei una piccola arca

neppure dovrei contar sulle dita gli eletti

e salverei quel mondo creduto esistente

ed il pensiero di chi so che comprende

questa mia migrazione.

*

Zona rossa

Un’area dentro un cerchio, rossa

un filo tutt’intorno…

è scritto come legge sulla tavola

invece ci si districa tra i calici

ed insolenti i passi ancor risuonano

di quelli che professano un’altra religione

 

Una linea appena percettibile

nascosta da formiche in doppia fila

la strada da dietro la cornice

là dove _assente l’uomo_ rimarrebbe

il serpeggiare grigio dell’asfalto

sgombro d’ogni corpo ora superfluo.

*

Origami

Pensieri come ritagli

pieghe anse ed angoli

colori vivaci spiragli

poi le parole cadono nell’acqua

come bianchi sassolini

e non resta che quel moto concentrico

l’immagine che si perpetua nella notte.

Annego sul fondo, è vero.

Ma risalgo.

*

Potrei cancellare tutte le immagini

Potrei cancellare tutte le immagini

che si affollano dentro di me

ed immergermi in questo quadro che ho dinanzi

e domandarmi il senso di tutto questo fluire

di luci poco familiari

 

la mia stanza ha un lume i miei occhi una voce

in una sfumatura che varia quando mi perdo

tra le nicchie segrete dell’anima.

*

Ora tutto è acquietato

Ora tutto è acquietato

il freddo

la coltre che pesa del silenzio

e il dolore

 

Come il lago che cessata la brezza

pare fermo come ghiacciato

Non ali malconce

incertezze nel passo

che ora pare come sospeso da terra

 

La notte quando reca ristoro

è un baleno che fulmina il cielo

un incanto che sfiorisce

in un sogno fugace

 

Muovo ora i miei soliti passi

imbrigliata alle cose d’un giorno normale

_un gomitolo complicato nel suo dipanarsi_

 

Vorrei un tempo infinito

per cambiare il senso alle cose

e dipingere l’ozio come un vizio leggero

e sentirmi appagata di aria e pensiero

 

Chissà…

forse tra un’ora o sul finire del giorno

muterò anch’io atmosfera

appena una nube vestita di scuro

piomberà nel mio cielo.

 

*

Struzzo

Relegato nella steppa

uccello-cammello

Inutile vanto la tua stazza

e l’ampiezza delle ali

floscio il piumaggio

Del volo più che brama

solo miraggio

Natura volle preservarti

dall’affondo nella sabbia

in sole due dita

Non hai compreso

la tua fortuna immane.

*

Cedimento

La mente imperterrita ancor s’adopra

in mille esperimenti

mentre il corpo spesso in avaria

dà segni di resa

talvolta inascoltati

finchè una botta più forte

non si rivela provvidenziale.

*

Come aquile

Ora voli silenziosi a marcare i confini

A marzo la danza del cielo

tra aeree evoluzioni

e scambi in volo di preda.

 

Propedeutici alla vita

gl’innumerevoli giri della morte.

 

*

Se tu non fossi vero saresti un sogno

Se tu non fossi vero saresti un sogno
un sogno con le braccia che mi sostengono

quando sento il suolo poco fermo

 

un sogno con i piedi che mi camminano a fianco

un sogno che lì dove si posa illumina di luce viva

e dà voce anche alle ombre, a quelle densamente cupe

 

d’un tratto così mansuete

quando con gli occhi dentro agli occhi

mi risollevi le membra stanche l'anima affranta.



 

*

Come un’orchidea

Sopravvivo ad ogni intemperia

perenne il mio equilibrio

il viverti distante il sognarti

 

Traggo nutrimento da te ovunque

ma lontano dal deserto e dai ghiacciai

in questa mia torsione

sei in ogni mio pensiero.

 

T’ho dato il fiore ad ogni stagione.

*

Sto come la lucertola sul muro

Questo sole sul capo è incoerente

col filo di luce tenue del mattino

dietro le nebbie una promessa

troppo vaga ed indistinta

 

Sto come la lucertola sul muro

tra il rumore dei pensieri e fuori

il vortice del vuoto senza suoni

 

Riascolto come in differita

il pianto delle tortore_stamane_

sotto un gracchiare impetuoso di cornacchie

 

come di grida di ragazzi che esondano

d’improvviso,  senza preavviso

nel mezzo della piazza.

 

*

Quali altri segni attendete?

Non v’è dubbio di questo cancro

Le perle in gran parte migrate per vie salvifiche

hanno serbato la primaria lucentezza.

Le rimanenti, poche,

mendicano una gloria inutile

nella melma

dove tutto ristagna,

impuro.

*

Lì sono i miei traguardi

Ora amo il nero il bianco

così netti così decisi

Altri colori troppo audaci

o vivi o dinamici

mi tradiscono

mi confondono

mi spauriscono.

 

Oltre il nero c’è la luce

oltre il bianco la leggerezza

lì sono i miei traguardi

lì i miei pensieri

dove volano alto

l’aquila ed i gabbiani.

*

Uno strano sentire

All’improvviso il corpo cede

la mente, incapace d’ogni pensiero…

Una linea mi separa dal mondo

invalicabile

 

Non sono

in questo mio stato provvisorio

eppure esisto

gran parte del tempo

vedo ascolto parlo sento

 

Nulla m’è impedito

e dentro me il sangue scorre

senza incontrare impedimento.

*

Dove sei...

Tu che la mia immagine portavi stretta al petto

e t’incamminavi per gli impervi sentieri dei miei occhi

quando erano foschi per nubi inaspettate

e squarciavi il velo riportando la luce

 

tu che spiegavi vele sulle onde

con la forza del pensiero

e avevi progetti immensi nella mente

e sognavi l’inafferrabile

 

tu che avevi sempre una speranza

ad ogni tramonto ad ogni luna nuova

tu che come un’ombra mi proteggevi

e come un faro rischiaravi la mia via

 

tu che non t’arrendevi mai ad ogni mio vacillare

ad ogni angoscia ad ogni affanno

e mi portavi in braccio quando i miei piedi

cedevano stanchi e mi narravi di te della tua vita

 

tu che sei ovunque e sei per me l’Immenso

dove sei? Mi sveglio sbigottita nella notte

mentre sogno la tua voce udita raramente spesso immaginata

la tua voce lenta e piena la tua voce calda.

*

Avvezzi ad ascoltar le altrui doglianze

Avvezzi ad ascoltar le altrui doglianze

si vince il giorno sopportando stenti

e a sera non si confida nel miracolo

ma in una forza nuova che sul viso

sveli dell’anima il vigore

ed in un agile pensiero risollevi

con un fremito il corpo ignavo.

 

Ma quando l’equilibrio prende a vacillare

al culmine d’una goccia sopra l’orlo

ed il cedimento affiora e si palesa

in segni più frequenti e più marcati

tra la folla d’anime  cospicua

_soccorsa con moniti e con sproni_

non c’è nessuno pronto ad elargire

quel  bene che a iosa ha ricevuto.

 

 

*

L’eco mi giunge

L’eco mi giunge della tua primavera

stagione lunga e nel contempo breve

ere differenti per noi di costumi e speme.

 

Litanie ora s’alternano a melodici suoni

gremite son le fronde mentre un fruscio al suolo

tace sepolto tra il nero delle zolle.

*

Non è ancora nostro il tempo

Non è ancora nostro il tempo

abbiamo lasciato

le nostre cose al chiuso

desiosi dell’altra sponda

ma preparati  al naufragio.

 

*

Il colore nero del silenzio

E’ tutto uguale piatto

Se inciampi è un’invenzione

nessun rilievo nessuna falla

Ti sostieni alle ombre

fai appello al suono

udito altrove

dentro stagioni vive.

Non lasci impronte

Una stanza un campo

nessuna differenza

quando non piove

nè soffia il vento

quando la notte

la luna latita

e le stelle sono spente

ed il giorno

non è di fiori né di foglie.

*

Come la mente fosse tabula rasa

Come la mente fosse tabula rasa

solo i passi muovono frenetici

in fermento in una strana inquietudine

Il tempo questa trappola che inganna

ora giunge come un’eredità

inaspettata non voluta

stiamo con il naso in aria

fiacchi

ogni occupazione svanita

senza nessun mestiere

senza ambizioni

senza l’avidità di una parola

di uno sguardo che si posi

dove ora noi

stiamo fissando il vuoto.

 

 

 

*

Una mosca fastidiosa

C’è una mosca fastidiosa che ronza

una di quelle mosche noiose sempre dattorno

se apri bocca per respirare se parli se sorridi

col panorama dei denti in bella mostra

Ma finirà che quella mosca l’acchiappo

prima del desinare prima della tovaglia a fiori

prima della salsiccia alla brace

 

Il tempo è strano è inverno eppure

certi insetti fanno ancora la loro apparizione

allo stesso modo ti ritrovi tizio intorno

quando piove _così tedioso_

quando tira vento col suo fischio assillante

quando tra le nuvole fa capolino il sole

E brami la solitudine ogni giorno che passa

ogni notte ed al mutare di ogni stagione.

*

27 gennaio

Ditemi che oggi siete come ieri

le vostre abitudini i vizi la routine

che se ci pensate non è per un rintocco

un flash televisivo una pellicola

come i pensieri migrassero d’un tratto

a frotte all’indietro tra sentieri e fosse

verso l’umanità lacerata dalla Shoah.

 

*

Poi non so se sarà Primavera

Stono note picchiando il pianoforte

graffi sulla pelle mentre attende piume

pungoli sul vetro scalfitture della pioggia

fiamme e gelo narrano di incontri dissolti

 

tra nostalgia e rimpianto una crepa fiorita

guarderò la luce dai candelotti appuntiti

quando sarà tutto bianco il grigio asfalto.

Poi non so se sarà Primavera.

 

Forse al primo chiurlo rincorso tra i rami ignudi.

*

Potremmo non essere più vivi

Potremmo non essere più vivi

quando ci domanderemo il perché

di alfa ed omega in questo viaggio pensato eterno

la meta fissata oltre ad ogni arrivo

 

Potremmo non essere più vivi

quando la speranza avrà indossato

una veste nuova e noi sapremo riconoscerla

in una parola lieve un silenzio profondo

un suono nostro che abbracci terra e cielo

 

Potremmo non essere più vivi

quando penseremo il tempo ormai maturo

per non aver bisogno più delle parole

per bandire errori e limiti dal nostro quotidiano.

*

Il cielo uno scrigno a me precluso

Ha di nuovo muri questa casa
non più sentieri avventurosi
Il cielo uno scrigno a me precluso
quando la solitudine d’un tratto
fingendo compassione
mi abbraccia vittoriosa.

*

Dio è uno

Ma chi è costui?

Nessun simbolo da idolatrare

Una voce un tono, lo stesso, per mestiere

 

Dal ciocco ardente nel focolare

la fiamma s’innalza tra queste quattro mura

dove io godo di una solitudine apparente

 

E l’unica voce che torna sempre, la tua

tra le onde del silenzio senza intoppi

senza finzioni senza alterazioni.

*

Ora il vento è chetato

Ora il vento è chetato

il cielo sopra il capo

è denso ovattato.

Più tardi forse

una lama taglierà il grigio

e affiorerà la luce

o forse uno scroscio d’acqua

ridurrà il peso del cupo

sul mio cammino.

*

Vorrei estirpare tutte le spine

Vorrei estirpare tutte le spine
ma c'è cosí poco di divino in me

e nel mio continuo affannarmi
e tanto dell'uomo coi suoi limiti
ed i suoi difetti.
Vado talvolta su binari morti.

Nessun miracolo dinanzi.

*

Ho sognato

Ho sognato di spighe un mare mosso

e tra le onde fazzoletti rossi

vesti di carta e pelle di velluto

Ho sognato il frinire delle cicale

e lo scroscio della pioggia sopra i tetti

il fruscio rumoroso delle foglie

e delle piume l'alito soave

dentro nidi dove si stava stretti

e di becchi c’era un bel frastuono.

*

Scelgo la tua via

Scelgo la tua via

non per emulazione

o fedeltà.

Perché è quella giusta

che nessuno si attende

quella scomoda

quella all’ombra

quella passata al setaccio

da cento pensieri

quella dove il verbo

non è pretenzioso

non ha fronzoli

non ha inganno,

è sobrio.

*

E poi ci sono le favole belle

E poi ci sono le favole belle

di chi erra e di chi sempre accorre

con una parola buona

 

e poi ci sono gli occhi

che si fanno specchio

per raccontarsi il già vissuto

 

e poi ci sono orecchie avvezze

ad ascoltar solo rumori

sicchè un melodico suono

 

quando giunge desta il timore

che un qualche tranello

nei pressi si celi.

*

D’aver l’occhio tuo benevolo sul capo

D’aver l’occhio tuo benevolo sul capo

ad ogni proferir parola mai ho mirato

volentieri avrei rinunciato a questo dono

quando l’altrui invidia ed ira funesta

dardi scoccavano da ogni direzione.

*

La tua voce l’ho udita raramente

Non dirò nulla

parola alcuna che possa ferirti

ho memoria d’uno sguardo

distante,  l’orlo d’un precipizio

nei momenti di tempesta

Ora come un’ombra gioco con la luce.

 

Spesso sul davanzale s’arresta

il volo ondulato d’un fringuello

è uno scontro di becchi con la cincia

acuti e gorgheggi.

La tua voce invece l’ho udita raramente

quando le parole avevano il peso d’una carezza

ed il tuo accento era la dimensione dell’Universo.

 

 

 

*

Oggi è l’azzurro inondato di luce

Oggi

é l'azzurro inondato di luce
eppure io vago

dentro nebbie

lente a dissolversi
col cuore nel gelo.

*

Ora è difficile discernere

Ora é difficile discernere
il buono dal cattivo
Mischiate sono

le perle e le ghiande
Tutte in un mucchio.

*

Lasciatemi come una cosa

Lasciatemi come una cosa
in un angolo
dove la luce giunge tenue


nel posto più recondito
tra la polvere
lontano da tutte le altre cose.

 

*

Stanotte

Torneranno a soffocarmi quelle strane palpitazioni

con le parole ripetute all’infinito con le parole spezzate

con le parole gridate

in un calice amaro a contrastare l’arsura

 

torneranno i muri abitati dalle ombre

i silenzi sferzanti le voci a rincorrersi

i labirinti segreti dove le emozioni si perdono

dentro viaggi immaginari

 

torneranno gli scogli insormontabili

le memorie cancellate le vele strappate

le pezze cucite maldestramente dalla memoria

le ore di sabbia sul capo.

*

Dolore

E poi senti il cuore come carne
nudo sotto il cielo

dove una goccia o un raggio

fanno ugualmente male

senti l'affanno del respiro

in una corsa da fermi
il vortice che si stringe intorno

mentre cadi

il corpo inerme

come una cosa abbandonata.

Né fame né sete
mentre la vita s'arrende al patto con la morte.

*

Come una foglia sul ramo

Stare come una foglia sul ramo
nel respiro nero della terra
  ad un passo dal cielo
dove ogni silenzio é quiete
e la quiete Vita.

 

 

*

Campo arato

Sono un campo arato

il sole risplende

sulle mie ferite.

*

Passero

Un mucchio arruffato di piume

cinguettando

tra l’asfalto ed il cemento

pare conti le briciole

Accontenta la fame d'un giorno

poi riprende  a volare.

*

Di cosa parla il blues

Un serpeggiare di monti

vortici abissi milioni di gocce

acqua che avanza come fuoco

la luce si divarica sull’asfalto

ha crepe il cielo

nebbie il confine

 

una voce melodica e struggente

accompagna il mio tramonto

verso la solitudine del mare

bruci come neve e come fuoco

le tue parole uniche

fuori da un vocabolario superfluo

 

in un calice anneghi

mentre fumo nel tuo respiro

tra mille desideri

un bacio fa naufragio

noi in attesa perenne

a riva

nel filo sottile  delle note.

 

 

 

*

E mi perdo i tuoi occhi

Ora la gente é a desinare
ora appiana i dissidi o li acuisce
ora dimentica epidemie e disastri
ora si lascia andare all'inganno
di un'improvvisa magia


Io ho tempo ora
In verità anche di notte
ma mi circuisce il sonno
fastidioso come una mosca
Mi svilisce mi annienta
poi mi restituisce ad ore
interminabili di veglia


E mi perdo sillabe mani
che abbozzano carezze
suoni. E mi perdo i tuoi occhi.

 

*

Risveglio

In un vagito o in un pianto

tutto l’uguale sarà diverso

Partenze e arrivi

tatuaggi d’un tempo

che vorremmo eterno.

*

Silenziosamente

Scivolo tra le pieghe della notte

Non s’ode alcun lamento

L’anima anche quando si dimena

ha un peso così lieve!

*

Non devo scrivere una pagina di diario

Tito perché sei qui

non devo scrivere una pagina di diario

È un tempo ibrido fine attesa inizio

omologato?  C’è confusione

I sogni sono salvi per ora in uno scrigno

( verrà un tempo più propizio)

Custoditi come le perle

come le foto dei figli o degli avi

per diversi lidi migrati

 

Le speranze?

non seppellirle Tito

Le immagino solo prorogate

Rimani zitto ed ascoltami

se il vento tace

potremo udire il canto del silenzio

Puoi sorridere con me come da mesi

non sorride più nessuno.

 

E’ un tempo più simile al calvario, lo so.

ma le croci sono dentro le case

ci sono sempre state

E i botti pensi ci saranno?

Forse, dalle finestre

solo per chi ha la fortuna

di dimorare dove

c’è uno spiazzo aperto.

 

Tito perché sei qui?

Sei distrazione inganno

visione di mezzo

tra il bello e il brutto?

Tu volevi scrivessi

questa pagina di diario.

 

*

Vento

Fischi ululi ti sfracelli per le vie

tutto raccogli tutto involi.

 

(L’animo è in tumulto tra fantasmi ed ombre

la solitudine fa temere calamità peggiori.)

 

Incalzi tutto muovi fronde tegole rami

ed il cielo assiste al tuo moto irruento

senza lacrime fisso pensoso inerme.

*

L’odore del fumo pungente

L’odore del fumo pungente

l’aria grigia fuori e dentro

i carboni rossi sotto la cenere

 

sazi di cibo di chiacchiere

di televisione e di ore

che passano uguali e lente

 

imposte che si chiudono

su strade vuote anonime spente

note salgono al cielo alte

 

il volume all’eccesso

in piazza l’orologio rintocca

discreto un fluire di tempi diversi

 

attendo che il grigio sconfini nel nero

non stelle né luna stasera

ma un silenzio che lievita intorno

 

e l’animo inquieto ribelle

che cede alfine al tranello

distrarsi in un lontano ricordo sbadito

 

un vago sentire la vita

tra scogli e orizzonti sereni

preludio ad un prendere sonno a fatica.

 

 

*

Un Natale antico

Ho il cuore dilaniato da mille sofferenze

l’anima una porta che sbatte al furore

dei venti e delle tempeste

ricordo la morte di mio padre

mentre chiedeva aria al mattino gelido

penso a mia madre

lo scricchiolio delle ossa ad ogni passo

non temo più la notte come un tempo

La notte ci risparmia al pensare

ci sospende in una strana tregua

ora abbiamo giorni di magra

e promesse vacillanti

ed io non ho parole per spiegare

un Natale antico

nudo perché venisse vestito

Ora noi siamo cambiati,

troppo inquieti per essere sereni.

*

Un dolce naufragio necessario.

Siamo sopravvissuti al giorno
ai suoi comandamenti
al giorno fisso col suo ritmo celere
ed i suoi cicli
Muti stiamo ora nel manto della notte
e non farebbe la bocca narrazione più fedele

di quella degli occhi.
Un dolce naufragio necessario.

 

*

Ad un passo dall’amore

E gli occhi hanno disegnato morsi

rinvenendo boccioli tra le maglie d’una rete

hanno affilato lame tra le scapole e la pelle

le mani piume come foglie d’autunno planando

hanno avvolto i corpi nel sudario

issato vele scavato tra sabbia e neve

promesse d’un tempo atavico mai spente

gli occhi hanno disegnato baci tra gl’interstizi

ami gettati a fondo tra gli abissi

graffi di luce a scalfire crepe

Poi hanno innalzato ponti sopra il mare.

*

Ricordi come croci

Vi sono ricordi come croci
da venerare
a memoria di chi ora siede
su di un trono poco ambito


Preghiere mute e ceri
tra l’intimità delle pareti
ricordi da riscattare
in un pensiero sublime

 

tenaci
come le illusioni di un domani

procrastinate all’infinito.

*

Vi sono vie che la mente non percorre

Vi sono vie che la mente non percorre

E pare assente talvolta apatica oppure spenta

invero la sua sapienza è tanta

che fingendosi d'improvviso distratta

sospende la ragione per l’esperimento.

*

Lettera dal fronte

Mi parli come scrivessi dal fronte

ci sono tante guerre sai

quella che stiamo combattendo ora

è la più tremenda la più ingannevole

la più feroce

non sappiamo più per colpa di chi

giacchè abbiamo dimenticato l’origine

e non vediamo la fine all’orizzonte

 

Mi parli come tu abbia un destino diverso dal mio

ora siamo fermi sulla stessa barca

tra le nubi e le bufere senza giorno né notte

Ci sono tante guerre ma questa

ci ha privati di tutto dicendoci

che la prigione dove siamo rinchiusi

è il nostro regno.

E la cosa più assurda è che dobbiamo crederci

se vogliamo pensare al domani.

*

Vorrei dirti

Vorrei dirti con la luce negli occhi

che so dove abita la felicità

e ricondurre come agnello all’ovile

ogni parola al riparo dietro monti innevati

 

Vorrei dirti del girovagare

in questo dicembre di gocciole e sole

e d’una speranza ch’è viva  

di un sogno rubato alla notte

e di un tiepido abbraccio

alla soglia che segna il confine

 

Vorrei dirti di una fede più forte

d’una trama fitta e tenace che tesso da anni

dove mi sorprende la fantasia

in uno stretto connubio con il pensiero

 

Sono istanti. Istanti fugaci che il silenzio riscopre

in un elenco di cose che non ho mai avuto

sotto un cielo gremito di stelle

quando manca così poco al Natale.

 

 

 

*

Cercami

Cercami fra cent'anni quando non avrò una ruga

e avrò tempo per gli aratri e le vigne
Cercami quando il mare sarà calmo

e noi bianche vele all'orizzonte
Cercami fra cent'anni quando avrò la vista acuta di un'aquila

e il passo svelto d'una gazzella quando disegnerò il cielo

come gli storni o ti tenderò le braccia  come un abete
Ora corro soltanto, da mane a sera corro e mi dimeno

in mille inutili acrobazie ora incontro barriere e abissi

e vivo stagioni lente ed uguali,se non per le foglie

sospinte lontano dai rami o  per un garrito di rondini

acuto sul capo o per i passeri a terra numerosi

a preannunciare la neve o il frinire incessante

delle cicale nei giorni di afa.

Per il resto piove ed é bufera di venti.

Per il resto sono nubi che mutano forme e spessore

Talvolta anche quando l'alba promette un tiepido sole.

 

*

Apparenze

Cambiare la cornice

non dà al quadro un nuovo aspetto

così come la scorza

non cela a lungo il seme marcio

La neve soffice ricopre le crepe

finchè non si dissolve

e la verità è un corpo che sta sul fondo

finchè non viene a galla.

Sapere queste cose ed altre ad esse somiglianti

più non m’addolora ma m’istruisce

riguardo a quei vassoi bene incartati

che si rivelano poi di nessun valore.

*

Pregiudizi e non solo

E poi c’è chi cade in un vortice

seguendo torte vie e meandri

pensando retto il suo pensiero

e tutto il mondo inetto

 

E poi c’è chi non vede dinanzi a sè beltà

( è acerbo il frutto che non si coglie )

e il fegato si rode per chi  lo sguardo posa

e si sofferma e loda un’opera di pregio.

*

Aspettiamo, aspettiamo invano

Aspettiamo

aspettiamo invano

la luna piena nel cielo

l’alta marea dei prati

quando il vento porta lontano le margherite

Ci prepariamo

ci prepariamo inutilmente

alla sera alla speranza al silenzio

che ci sa capire quando più siamo avvolti nel mistero

Sogniamo

sogniamo ancora

il principe azzurro

un bacio che ci dia respiro

un sentiero dove camminare adagio

quando è autunno o quando la neve ricama

i tetti e i balconi ed i lampioni

hanno una luce più chiara trasparente.

*

Il tempo è una morsa che ci attanaglia

E si diventa avari di parole
Immani silenzi e pochi accenti

la bocca appena schiusa

al pari d'un bocciolo

aria va domandando

Sì, aria pura per più  ampi respiri.

*

Ci sono morti vivi e vivi morti

Ci sono morti vivi e vivi morti

gli uni pungoli costanti

mettono ordine al caos

ci rischiarano il cammino

posano stanchi con noi stanchi

ombre fedeli nelle ore più meste

 

e ci sono vivi morti che ci opprimono

tralci sul sentiero nubi oscure

nascono stanchi e noi desti

non sanno dell’immensità del silenzio

nè della vanità delle parole.

*

Dicembre

In questi vicoli stretti di pietra grigia

roridi al mattino e la sera cupi

In questi vicoli dove si avanza piano

gli occhi bassi per non inciampare

dove anche il fumo s’allunga

e cerca il cielo per respirare

In questi vicoli pieni di stridule voci

e suoni di zufoli rintocchi d’ore

di gatti randagi e ruderi di case

rimarrei ore in piedi ad aspettare

ora che dicembre è inverno

e che l’inverno accende lumi

alle finestre e in fondo pare

si sia anche accorto

che tra un po’ è Natale.

*

Conto le mattonelle nella mia stanza

Conto le mattonelle nella mia stanza

le mattonelle chiare e le marroni

perché altro non so vedere intorno

se non le ombre in moltitudine sui muri

e un fascio di luce quasi un faro a me dinanzi

 

penso alle cose che non si sono avverate

le imprese abbandonate le idee bruciate

per pigrizia o scarsa perseveranza

perché al traguardo ho smesso di lottare

o sulla roccia la fune m’è mancata

 

sogno la vita d’altri vissuta meglio

perché alla mia ho posto troppi freni

se non al difetto d’immaginar le mani colme

quando invece erano vuote

e di riempire abissi con i silenzi

e le carezze smarrite nel percorso

 

ed ora conto le ore che non dormo e che non amo

le ore che non penso e che non vivo

quando tra corpo e mente è solo guerra

e nessun vinto c’è né vincitore

E conto le volte che ancora piango

perché gioire sarebbe inutil fasto.

 

 

 

*

Poi giunge il sonno provvidenziale

Poi giunge il sonno provvidenziale

e chiude il cerchio al giorno tramontato

tutto si compie uguale senza la conta

delle pene e delle tregue e senza l’affanno

delle ore spinte in un vortice al declino

 

Poi giunge il sonno quasi a sorpresa

quando per clivi ameni t’incammini

e quella mano tesa afferri e ti sollevi

da ogni peso e l’impeto spegni

d’ogni ardente desiderio o fantasia

 

Poi ripercorri i soliti sentieri

dove non s’ode che un rumor di foglie

calpestate da un passo lieve

e dove i rami non hanno più i nidi,

nudi nell'aria, or che dei fiori il profumo aneli.

*

Così pure il mio cammino

La cresta innevata non spauriva. Non più della terra

quando tremava o il cratere era un ribollir di lava

Il pensiero… un pargolo talvolta portato in braccio

più spesso condotto per mano

s’arrendeva all’erta stanco

precipitando giù in prossimità del cuore

dove non era mai inverno e dove la quiete regnava

onorata promessa d’un tempo d’attesa.

 

L’unico oro a risplendere assieme al sole

il sorriso sbocciato a sorpresa 

un dono di attimi di spensieratezza

sfuggiti al groviglio d’un gomitolo.

Ma in quell’intrigo ostinata cercavo il filo

che avanzava lento e senza spezzarsi.

Così pure il mio cammino.

*

Mutamenti

Ancora un altro mutamento

luoghi verbi sogni nidi

Passo come attraverso la cruna d’un ago

mentre l’anima scrive

un’altra pagina di sé.

*

Ho raccontato sempre di te

Ho raccontato sempre di te

di come la tua assenza

ha guadagnato della medaglia

ambedue le facce

di come mi rabboniva la tempesta

più della quiete che celava

tra le sue pieghe tranelli o pericoli

come fosse stata una sottana…

l’orlo scucito e dentro tanti sassolini.

*

Alla luna

Inutile domandarti ancora di quell’uomo curvo

lungo la via e solo, l’eco d’un vagito alla soglia

d’un mondo che saprà ostile nel tempo.

Aveva scelta?

Pensar sia un dono questo fardello di sofferenze e affanni

è privilegio di chi vive ignaro ogni risveglio

e non si duole di quel che muore a lato d’una strada,

una foglia un fiore un ramo o un animale.

E’ un ciclo che s’apre e si chiuderà giunto alla meta

Dimmi qual è la meta?

Lo spegnersi dei vizi giovanili

in un pensiero maturo, saggio o rassegnato, il silenzio

vincitor sulle parole incomprese fallaci illusorie?

La vita un lampo nel buio immenso sarà polvere

Tu sorridi.

Quel ghigno uguale dopo secoli di storia…

Tu sorridi agli amanti che credono l’amore sia in un bacio

allo stolto che leva gli occhi al cielo e t’indica col dito

al poeta che si dispera perché ha sete dell’inafferrabile.

Sorridi pur sulle lacrime di chi tradito enumera fallimenti

e chiede dove la condizione umana è felice e se a tale

illusione l’animo assurge… quanto dura lo stato di grazia…

Dimmi!

Ti nascondi come un fanciullo dispettoso nel tirar sassi

sul cammino del compagno perché inciampi

Scompari dietro coltri di pece eppur resti uguale

Non ti tange il dolore d’una terra ferita

il sangue sparso il sudore d’ogni vana fatica

e dell’umana sorte non hai pietà

né della croce sul groppo d’un poeta chino,

stanco dell’erta che a te volge

lo sguardo domandando oblio

Tu sorridi…

 


Poesia pubblicata sull'antologia "Duecento anni d'Infinito 1819-2019 " poesia e pittura nel bicentenario dell'idillio leopardiano - AA.VV. a cura di Cinzia Baldazzi e Maurizio Pochesci.

*

Pazienza

Ti aspetto sulla riva
Ti leggerò negli occhi
sorpresa o meraviglia
quando sul silenzio
si leverà la voce bianca
della Verità

*

Mi riassumo in poche righe

La comprensione trafigge anche i silenzi

                  i respiri corti le sillabe tronche.                 

I miei passi dicono di me,

d’un sonno che mi coglie al mattino

quando le nubi scolorano in un raggio

ed io spero in un sentiero senza mine

un prato verde un cielo premuroso

mentre i pensieri accendono risse nella mente.

Non mi resta che optare

sopravvivere o morire.

*

Terreno sterile

Il seme piantato nelle zolle
ha dato frutti scarni e i rami verdi
sono rimasti stagliati al cielo nudi


Di sole,  un raggio a trafiggerli,  feroce
Loro impietriti come certe statue
nelle piazze deserte quando è inverno.

*

Innumerevoli giri

Gira a vuoto

e non s’avvita

Innumerevoli giri…

 

Sempre lo stesso difetto:

l’imperfetto (in)conscio del limite

che punta ( o anela) all’infinito.



 

* Non è un indovinello

*

Non voglio un giorno vuoto

Non voglio un giorno vuoto

dopo questa notte d’incubi

frammenti che tornano a comporsi

pensieri migrati come uccelli verso altri luoghi

 

non voglio un giorno morto

di cose storte di idee confuse di intrighi

di temporali violenti mentre rido

(e raramente mi ascolto mentre rido)

 

non voglio un giorno mesto

dopo questo risveglio brusco

di parole che più non ricordo

e volti noti d’altri tempi e volti nuovi

i morti uguali ai vivi

 

non voglio un giorno incompiuto

inconcludente dove si contano

solo i passi spesi e le parole sprecate

e le vie che non portano da nessuna parte.

*

Che t’amo è indubbio

Che t’amo è indubbio

ma ho sprecato tempo per raccontare l’amore

Ho forse bisogno di testimoni o di proseliti?

Le folle gridano tutto e l’opposto di tutto

 

Oggi il sole è spento e t’amo

domani le nubi piangeranno con me

e t’amerò ad ogni passo

sul terreno umido di foglie

 

La tua assenza è un pane amaro

che continuo a bramare

perché d’altro cibo non mi so nutrire

e ti sento in me saldo come radice

 

mentre allunghi i rami e domandi spazio

Ma è così che t’amo

libero tra le mura della tua prigione

io prigioniera nell’idea della libertà.

 

*

Melodia imperfetta

Un pianto disperato

un gemito d’amore

un sax che graffia l’aria

 

E dà il ritmo ai piedi e alle mie mani

mentre scava nell’anima i suoni

d’ogni mia trascorsa stagione.

*

La mia voce

Ora é come un vento che si va placando
un canto mesto un filo flebile

sulla crosta del silenzio

un gemito che guaisce narrando

d'altri tempi un dolore nuovo

dove scolorano la fame ed il freddo

in un vuoto immenso
dove ci si perde e dove si sta stretti.

Là il pensiero

più non si cura di risalir l'abisso.


 

*

Piove!

Sopra il solaio la pioggia è un’orchestra

E se i miei piedi non fossero dolenti

e le ossa crepitanti

potrei chiudere gli occhi

sulla voce del vento

mentre accorda il suo fiato

all’acqua che scroscia

dal labbro d’una grondaia

Ed abbracciare la quiete!

*

Sul grigio immoto

Sul grigio immoto … il nero

Solo un accenno d’onde

di morbida ovatta

al vibrar d’uno stormo

che tratteggia il cielo

in nuove geometrie

 

Pure il mio pensiero

in vetta

al pari si sparpaglia

ed or più diretto

s’appropinqua al tuo.

*

I desideri

La vita cambia
con i suoi comandamenti
Ma i desideri sono grappoli sui rami
han fatto il vezzo al limbico cielo

sono gli stessi, sono lontani

Eppure sono nuovi gli afflati,
non le movenze e spesso pure le lusinghe

nel tempo acerbo come in tarda etá.

I desideri han fatto un patto con la morte

sposando ovunque l’eternità.

*

Bandiere

Non dicono nulla

passano indifferenti

quelli che hanno il vuoto dentro

 

fuori di legno o di carta

vulnerabili ai venti

sono canne con la musica d’altri

 

bandiere… di quelle che chinan la testa

piegano da un lato e dall’altro

cadon come le vesti ai piedi di chi si lascia spogliare.

 

*

Frammenti

La luna sospesa nel cielo non ambiva

che al quadrato d’ una finestra

prima che un muro s’innalzasse

d’improvviso a baluardo

contro il sapere

 

ragioni incomprese speranze svanite

abissi di silenzi infiniti

ed accenti

talvolta scappati dal labbro timoroso

di pronunciare parole complete.

 

*

La brutta copia della vita

C’è un tempo che giace come morto

che io non so riempire né svuotare

che mi comanda e mi tiene stretta

un tempo buio anche quando è luce

di desideri sempre numerosi

e di sventure che sono come in bilico

e si mischiano talvolta ai miei pensieri

 

Un tempo dove la sfortuna mi accompagna

e molto spesso mi precede

mentre mi dondolo sopra l’altalena

ipnotizzata da lunghe litanie

di cui il senso non so e neppure il suono

 

Cullata dal silenzio trovo pace

quella apparente mentre a gran voce

la vita urla che la vita è altrove

dove a noi manca l’ardore ed il coraggio

e in mano abbiamo la sua brutta copia.

 

 

*

La forza del pensiero

All’alba

il mio giorno è già maturo.
E sono in cima
nell'attimo che

_sul fondo_

io cerco un varco
per uno spiraglio di luce.

*

Il quotidiano viaggio

Scorre il tempo a sera

imbrunito
breve al pensier dell'immenso
Il  mattino è fugace

l’istante che basta
a riempir la bisaccia pel viaggio.

 

M'incammino con lo scarno bagaglio

Dentro, non le cose che amo chincaglie

all’apparenza di valore mediocre

ma poco più del necessario.

E sogni invisibili veli

a mascherare  gli strappi.

 

*

Fitte di dolore nel corpo e nell’anima

E’ una gestazione difficile
il pensiero di quest'umanità
che s'allontana

sempre più dal divino.

*

Dove non ci sono più spine

Lì dove non ci sono più spine
sarà penuria del verbo
Avrò fame del nulla
nella memoria perduta
del mio senso d'esistere.

 

*

Dove non osano fermarsi

Hanno oscurato il sole troppe volte

ed immaginato cieli plumbei

senza domandarsi la ragione

delle nubi e dei temporali

 

ma lì i gabbiani hanno gridato

l’ acuto planando sopra il mare

e l’uccello del tuono ha abbracciato il suolo

in picchiata e poi alto nel volo.

 

*

A novembre

A novembre l’orologio c’inganna

dice ch’è giorno quando l’ora è scura

ci si arrende ad un tempo lento

di strane attese e al traguardo il sonno,

un orizzonte che si fa più lontano

quanto più nel cammino s’avanza.

 

Dopotutto il giorno si annuncia

una brutta copia del dì tramontato

nessuna speranza che nel trapasso

in volto esso sia un po’ mutato.

E lo spirito ha l’aria d’un cane

fuori dell’uscio abbandonato.

*

Il male minore

Il tentare ogni via o l’abbandonar l’impresa

non sempre ha origine dall’ostinazione

o dal coraggio inadeguato

Si accantona la sofferenza e della gioia

si pensa è uno stato di grazia ormai mutato

Così tra due cose o anche tre, si sceglie

con saggezza il male minore.

*

Accidentalmente

Ho perso giorni di brezza e viali di foglie

chiome spettinate le rughe di mia madre

sotto l’argento dei capelli

il disordine della stanza

il cesto autunnale

gli attimi del mare colti a volo

 

ho divorato abbracci visi pensosi

emozioni traguardi brindisi

ho mischiato nel buio nuvole e sole

ho cancellato lune giardini

gesti smorfie ho chiuso libri

ho spento fiori

sotterrato perle.

 

*

Al mattino

L’orizzonte è un umido velo

non case davanti non strade

ma un fumo che si sparpaglia

da una pentola enorme

 

tutto pesa gli occhi guardano il suolo

anche le foglie arricciate

fradicie ieri, hanno calcato

l’impronta nel loro cammino.

*

Primo novembre

Nel luogo dei morti un dì andremo tutti
Oggi per loro nulla è mutato,
hanno sorriso in passato ai fiori e ai ceri
ma oggi ravviviamo le nostre case

che per il luogo dei morti c’è tutto il tempo

e loro sanno la pena dei vivi.


Non ha predilezione la preghiera
camposanto o chiesa

o in una stanza, nella penombra

quando il giorno è spento

e con esso l'affanno

quando il ritmo frenetico non è più una curva.

 
Gli occhi non cercano più altri occhi

sono un riflesso dell'anima stanca.

Pensosi bramano solo la quiete

prima di cedere alle lusinghe del sonno.
Fuori la notte è un manto nero

che tutto avvolge e più non spaura.


 

*

Fantasia

Dovremmo avere nuove abilità

scivolare sul fondo come sabbia

da un bulbo all’altro

 

Rimanere in piedi capovolti

e tornare poi nel primario stato

il capo sotto il cielo, credendolo mutato.

 

*

Due voci

Attratta dall’onda, il suo apice,
come a volerne misurare l’altezza
sì che non udivo il fracasso
nel successivo schiantarsi sul fondo.


Alle spalle, lontano il profilo d’un colle,
la vetta innevata
o tale pareva alla luce del giorno
quell’aspra bellezza.

 

 

 

 

"Due voci possenti ha il mondo: la voce del mare e la voce della montagna."

- William Wordsworth -

 

*

Fuori la luna splende

Eppure sotto la cenere i carboni erano accesi

Dove il filo si fa più sottile lo ignoro

mentre l’attesa mi logora allo stesso modo

Dentro di te codici indecifrabili.

Fuori la luna splende nella sua fase crescente

e so di essere nessuno fino al sorgere dell’alba.

*

L’arcobaleno è solo un attimo

Ora non capiresti dove il ramo cede

dove il nodo è consunto dove cadono

più foglie e perché.

 

Lega i vuoti del tempo

gli attimi in bilico

le mancate risposte della vita

e tieni il conto delle burrasche.

 

L’arcobaleno è solo un attimo

che inganna i giorni bui.

*

Sogno il vermiglio dei papaveri

Sogno il vermiglio dei papaveri

in un mare d’erba

quando tutto muta e cade il sipario

ed io sono ballerina di neve

dal vestito di carta.

*

Una gara tra pensieri e ricordi

E’ una gara tra pensieri e ricordi,

in bilico fatica la bilancia

L’oscurità spesso si ammanta

dei colori ridenti d’un tempo

 

Immagini vive affiorano

appena un filo di fiato solleva

il velo copioso di polvere

 

Vivo

sovrapponendo ai vecchi i nuovi binari.

È così che il domani si prende gioco di ieri.

*

Un tempo infedele

E’ un tempo morto

che si frappone

tra il giorno e la notte

tra luci ed ombre

che non ha nome

non ha senso non ha suono.

È un tempo infedele

un testimone comprato

un custode di false verità.

È un tempo che non chiede

e non fa sconti, che ha scordato

la melodia degli attimi.

*

Vorrei che il dolore fosse pioggia

Vorrei che il dolore fosse pioggia.

E dopo, io vorrei essere la pietra grigia

lo scoglio aguzzo

una tegola del tetto levigata

 

Invece ho questi occhi

che sembrano fiammelle

al consumarsi della cera

questi laghi torbidi

questi fondali gremiti di carcasse

 

Vorrei che il dolore divenisse nebbia

quel velo madido che il mondo acquieta

di sera e al mattino si leva e tra le nubi

che van diradando mostra un sole acerbo.

 

*

Tormento

E corro spesso dentro labirinti tra gli specchi

il pensiero al filo un filo che frena ad ogni ansa

l’orizzonte vago

le immagini un albero in piena fioritura

 

un’esplosione folle e dimentico

la ragione del mio andare persa nell’affanno

e nel timore di ombre remote e future

e vivo il turbine d’un sentimento

 

un impasto tra tempesta e fiume

e scavo la mia carne le mie ossa

brucio nell’ira e nella rabbia.

E attendo nuovi equilibri da una calamità o da un miracolo.

 

*

Non ti parlo se non attraverso gli occhi

Non ti sento se non attraverso chi

viene a visitarti e ti parla della terra

delle fasi lunari di una notte di stelle

così remote e dei miei passi

del percorso dell’indice delle mie fatiche

dei miei pensieri messi alle sbarre

 

non esisto se non attraverso la tua voce

che suona e canta e svela intimità profonde

all’altrui orecchio che mi maledice

invidiando persino il mio inquieto esistere

 

non ti parlo se non attraverso gli occhi

spesso smarriti in altre galassie

spesso al riparo dentro lunghi silenzi

spesso spenti mentre guardi altrove.

*

Sono solo un uomo

Vorrei essere il cane

il cane che corre fino all’uscio

che m’accompagna per un tratto di strada

e fiuta l’aria al mio ritorno

 

vorrei essere il gatto

il gatto sulle mie ginocchia

il gatto che ronfa

o sbuca in un vicolo di notte

che salta da un tavolo alla sedia

 

vorrei essere il gallo

il gallo sull’aia con tutte le galline intorno

cantare tre volte prima d’un ripensamento

rinnegando il mio tempo di noia

e la mia disperazione

 

vorrei essere l’uccello

l’uccello migratore

l’uccello che sta sul ramo e non discorre

col timido canarino nella gabbia

l’uccello che starnazza nella pozza

e non sa di tramonti e mutazioni

 

vorrei essere un sasso

un sasso levigato dall’acqua

un sasso che rotola in discesa

un sasso bianco come il foglio

che ho davanti come il pugno

d’un giglio in mezzo al verde

come l’ala d’un gabbiano appeso al cielo

 

vorrei essere tutte queste cose

e cento e mille altre ancora

ma sono solo un uomo, un uomo solo,

l’essere più infelice sulla terra.

*

Una stagione indefinita

Si attendono soluzioni che d’un tratto si fanno distanti

un cambio di rotta un disegno svanito una svolta

e si raccoglie la stella perdente scivolata in una crepa

certezza ancora vivente su tante chimere.

 

Non è reale la scia luminosa nell’aria che imbruna

non cambia il destino non muta l’attesa di chi

al traguardo non trova che sterili terre siepi

infestate dune di sabbia. Al dissolversi

non c’è che polvere e nebbia

e il sentiero sottile percettibile appena ora sepolto.

 

Non ceri non luna potranno allumare la notte.

Le ombre sui muri il verbo delirante

gli occhi sbarrati e  il torpore di un’anima affranta

testimoni di una stagione ora indefinita.

*

Ed ora dobbiamo vivere per tornare liberi

In questa stanza tutto tace anche i pensieri

c’è un tempo qui che non ha misura chiuso nel buio

un mondo dentro un cerchio una musica che culla

quasi un letto di foglie uno stare indecisi tra colori e suoni

un silenzio che non domanda voci

 

Le presunte verità gareggiano fuori

sulle bocche di ignari e di folli

ci sarà un giorno nuovo quando

sorrideremo con gli occhi e non solo

quando conteremo i passi che ci separano

le volte che andremo ripetendo amore

le lacrime versate per un malinteso

 

In questa stanza c’è ordine nel caos consueto

c’è fatica e riposo c’è deserto

e clamore di strade festose.

Ed ora dobbiamo vivere per tornare liberi

con ostinazione, senza contare gli addii.

 

*

Capita sovente

Capita sovente che in mille faccende indaffarati

ci fermiano per distrarci l’attimo che basta

al pensiero di una “ cosa prelibata “

e il desiderio della pietanza preferita

accende un languorino ed incita la fame.

 

Allor conviene volgere la mente altrove

perché il tempo di desinare è ancor distante

per risparmiarci almeno quel supplizio

giacchè sugl’imprevisti non abbiam comando.

 

A sera invece la vita ci dà una tregua

ed il tempo pure scivola abbattuto

non c’importa della nebbia che discende

ed il buio non ci opprime,  è un guanto di velluto.

 

Vorremmo accanto chi c’empie il cuor di gioia

e c’intrattiene con vezzi e con moine

gustando un piatto allegro quanto il vino

che se bevuto di poco oltremisura

non reca danno alcuno ed anzi acquieta

l’ansia ed invoglia ad un salutare “sonno”.

 

Eppure quando il giorno è terminato

e con esso pure l’affanno e la fatica

crolliamo su una sedia e non più pensiamo

all’agognato piatto e al vino rosso.

 

Chi c’empie il cuor di gioia, troppo distante,

ci appare solo in sogno, sempre che il sonno

giunga puntuale e non ci burli.

*

L’amore è un orbo che non può vedere

Credono di conoscere l’amore quelli che

mano nella mano vanno

per le dritte vie e sognano oltre il sogno

estranei al profilo delle ombre sopra i muri

e che non sanno dell’asperità degli scogli

loro hanno di fronte il mare azzurro

appena mosso da mille incrinature

e vivono di vele e luce e canti di sirene

 

ma l’amore è quello che s’ostina

a remare dove c’è burrasca

ad agitare le acque con le braccia

da sponda a sponda fino ad un nuovo approdo

è quando non siamo a bordo né sul fondale

 

l’amore è un orbo che non può vedere

le impetuose inaspettate turbolenze

le vele issate e quelle ammainate

né contare le scialuppe in acqua

ma sa sempre dove finisce il mare.

 

*

Mischiando le parole

Quella battaglia immane!

Il nostro tempo non è lo stesso

insieme per il mondo,

seguendo gli schemi si rimane a piedi

la festa non è festa.

Luna,

my star,

se solo sapessi

raccoglierti in un vaso di vetro

per dipingerti d’immenso!

La piccola foglia

la valigia

Icaro

l’umanità chiusa

dopo il silenzio…

Ecco:

il trenino dei desideri.

*

Visioni

Enfasi – disperazione.

In anomalie del vivere

traduco quel morbo antico

gioia che si divide tra smarrita e sognata.

E un tarlo mi corrode.

 

Sanguina il sole all’orizzonte.

Dove io non sono tu non sei

Vittima di visioni dove cado

restando rannicchiata.

E tutto da me è staccato.

 

L'aria mi trapassa tra corteccia e carne

senza l'aderenza al corpo d'un vestito.

E non c’è spazio tra me e la terra

tra me e una sedia tra me e la vita.

 

Forse sto già migrando

per morire in qualche posto ignoto

diverso da questo dannato suolo.

Io ho radici nel vuoto, non come la quercia.

 

*

Ottobre

Ed oggi sento il vento le raffiche sul collo

dopo le folate tiepide del dì dinanzi

E guardo il cielo terso

spazzato dalle nubi

proprio a me di fronte.

Alle mie spalle invece,

levo il capo

e l’aria è cupa

e muta e sbigottita

pare fermenti

in improvvisi scrosci.

Ma forse il bianco impastato

dentro il grigio, va diradando

fino a dissolversi.

 

Noi,

distratti per un attimo

colti di sorpresa dall’azzurro in fioritura.

 

Dicono di marzo

che s’incapriccia per le vie,

scapestrato monello,

chiudendo e aprendo ombrelli.

Ma ogni mese vuole imitare il pazzerello

quand’anche per un lasso di tempo molto breve.

 

Il ronzio di un’ape dagli acini migrato

m’attraversa la strada

la mano scansa in viso

un invisibile passaggio

poco più di un solletico,

uno scatto all'indietro.

 

Per fugaci istanti

l’anima dimentica

le sue impervie vie,

è un’ombra che s’allunga

nella magia del sogno.

 

Ed io penso al fuoco

ai carboni accesi

alle caldarroste a due dita di novello.

E all’imminente inverno

al buio più propenso all’agognata quiete

in cui le rimembranze più in fondo custodite

tornano alla vita in quel rimuginare

dei miei pensieri, lento,

un logorio che spesso non approda a niente.

 

 

 

*

Io no

Io non ascolto le parole

ma so capire se muovono dal cuore

se il cielo indirizza i venti e placa le bufere

per il filo di brezza

 

io non ascolto le parole

vado oltre il suono

dove l’emozione è il freddo e caldo insieme

ed una sedia mi sorregge perché in piedi cederei,

le gambe molli gli occhi dentro scavi fondi

d’un vivere sofferto custodito come reliquia.

 

Io ascolto i silenzi, quei lunghi ponti

che vestono le attese di speranza

e piango per ogni desiderio abortito

per ogni viaggio pagato ed interrotto

per ogni stazione imprevista

 

io non ascolto le parole

non sono il mare fermo

non m’abbandono a riva

nel miraggio del sole

non cedo alle illusioni

amo l’aria fosca quanto basta

per agognare il sereno

ma non vivo senza onde.

 

*

Non c’è nessuno

E’ inutile bussare lì

non c’è una porta né una casa

forse un dì vi daranno una tenda

dicendovi…

ecco la vostra nuova casa

tutto è come prima

mobili vettovaglie e suppellettili.

 

Ma i quadri l’han venduti

tele e cornici e i cassetti

sono sgombri d’ogni cosa.

Un dì vi diranno di pazientare

chiedendovi ancora un sacrificio

ma per una casa vuota

per un sogno da tempo tramontato.

*

I loro orizzonti sono di nebbia

Da questa sponda non giungono

sono nascosti dietro siepi e muri

come a dover stanare il nemico

sentono l’odore dei pampini

il profumo dell’olivo

ma stanno al buio dentro le case

dietro le loro ragnatele

tramano per ore

hanno progetti efferati

e qui vengono di notte

solo per spiare,

alcuni da molto lontano

si soffermano sulla riva

da tanta quiete attratti,

gli artefici delle bufere.

I loro orizzonti sono di nebbia.

*

Nella stagione della vendemmia

E’ un silenzio che sa di fumo e polvere

come fossero tutti sotto le macerie

è un silenzio vuoto senza voci dentro

senza racconti senza memorie

è un silenzio che cade come nebbia

e cancella ogni nome ogni vita ogni volto.

Nella stagione della vendemmia

hanno raccontato menzogne.

*

Serenata

Il tempo giovanile ormai è passato

d’una chitarra sotto la finestra

di note che stridule giungevano

pur dopo tante prove mal riuscite.

 

Erano strimpellate d’un innamorato

alla fanciulla che col cuore in pena

andava avanti e indietro per la stanza

prima d’affacciarsi sulla soglia

tra un vaso di gerani e una barchetta

che costruiva sempre con la carta

ad ingannar l’attesa e la luna

lo sguardo un po’ maliardo sopra il tetto.

 

Ora nero un gatto sbuca dentro un vicolo

e l’ombra s’illumina e scompare

spenta è la finestra e pur deserta

di vasi di gerani e di barchetta.

 

*

E penso a quando eravamo un’isola

E penso

a quando eravamo un’isola

e ai soli, tutti con la pretesa di una luce intensa

gare inutili nastri barriere voli

pianeti intorno talvolta impazziti

nell’aria brusii scrosci crepitii schiocchi

silenzi improvvisi parole travisate

maschere per ogni dì della settimana

e penso…

 

E penso

a quando all’isola approdarono in tanti

e i corvi stonarono sul coro dei pennuti

anche le palme smisero il canto

sebbene il vento le spettinasse con tenacia.

*

Settembre, l’autunno

Un tempo strambo tra sole ed ombre

i passi leggeri come le vesti

di fiori un’esplosione sotto i raggi

tra le maglie di ferro

e i rampicanti a uniformar lo sfondo

quando più l’occhio addentro si sospinge,

una specie di nicchia

l’effigie d’una madonnina nella pietra.

 

Ma ecco le piogge insistenti i tetti lucidi

le strade mondate dalla polvere e dai rami

ecco gli ombrelli rovesciati

il battere delle imposte sui muri

le mani infreddolite il passo svelto

le finestre chiuse

 

e settembre, dopo l’afa l’azzurro cielo

i corvi le biciclette i pantaloni corti

le frotte di ragazzi in piazza,

è autunno col vestito scuro il volto cupo

il suo momento brutto la sua mestizia

l’ira come per qualcosa andato storto.

 

 

*

Canto oltre il delirio

Hanno il suono flebile dei pensieri lassi desiosi di pace

i miei passi lenti noncuranti della strada

è uno strano ritorno la soglia dopo l’erta

in un sospiro rubato al silenzio

quando un altro giorno muore e la sera

t’accorgi d’una strana avarizia

 

delle poche parole tante sono morte negli anni

tante le abbiamo pronunciate bendati

quelle leggere il peso d’una carezza

trascurate per l’inclemenza crescente delle stagioni

 

Ti sovviene la morte col suo gelido fiato

a cancellare il torpore del tuo ordine inverso

tornano gli sguardi allo specchio riflessi

come lampi incrinati nell’aria

come scie meteoritiche fuggenti

 

è un abisso diverso quello in cui scivoli

al riparo dal rumore del giorno dove sai

che la poesia salverà il mondo

( è più di uno slogan è una fede )

ma è vera nell’attimo che sfiori l’eterno

 

poi impallidisce e tu tramonti col capo

reclinato d’un fiore. Il suolo l’ultima cosa

che sfiori stremato lontano dal ricordo

di quando carponi brucavi la strada

 

Comprendete ora la forza d’ una fiammella

nel buio universo tra i venti e quel suo ancheggiare

per resistere ancora all’ignoto

 

I passi lenti nella mente erano celeri

e i campi arati e i frutti caduti nel fango

le foglie ingiallite e i rami irti come armi sguainate

ci hanno fatto scordare il percorso la sua immane fatica

 

e i passi percettibili appena nel loro avanzare

si sono fermati una sosta soltanto una panchina deserta

l’orologio fermo ad una bieca stazione

 

la sera vestita di qualche vaga promessa

per placare le insidie del giorno

e fermare la morte e quel silenzio

che divideva il fruscio della seta dal cigolio della porta

 

poi con qualcuno abbiamo indossato la luce

sfiorandoci nel bacio più casto

abbiamo pregato inginocchiandoci

perché il dolore non fosse privilegio dell’anima

 

abbiamo immaginato traguardi con l’occhio d’un folle

e siamo tornati indietro nostalgici a guardare i binari

viaggi mai intrapresi scogli i passi fruscianti

la stessa voce dei nostri pensieri così uniti e così distanti

 

quando le mani operose davano vita alle cose

e i nostri piedi andavano lenti sotto cieli diversi

abbiamo coltivato fiori mietuto le spighe

irrigato la terra ed atteso il maturar delle vigne

abbiamo vissuto più di una vita

la nostra e quella dei cercatori di sogni.

 

 

*

L’orizzonte

Parole,

accartocciate come foglie,

cadono

Un sole malato nascondo dentro gli occhi

un sorriso che non svelo muore in un filo

 

L’anima ha cambiato la sua dimora

tra i pensieri che mi annichiliscono

e memorie scolorite

Hanno le grinze delle rose le labbra

al tramontar del giorno

 

Un gatto intona un miagolio

in un vicolo cieco

duettando con la mia voce insicura,

un lamento che al confronto stride.

 

*

La vita

E poi si lascia il giorno fuori l’uscio

accelerando il passo dove il cielo

allenta la bisaccia seminando

diamanti a destra e a manca, luce a iosa


Si danza sopra l’acqua e tra le fiamme

si accendono promesse che resistono

il fuoco d’un cerino eppur si avanza

con forza e con coraggio

 

Si crescono speranze si combatte

per dare al mondo quasi un bell’aspetto

un corpo più compatto un’armonia

ch’è sintesi d’amore ed è rispetto

 

Si sogna ma quando mente e corpo

cadono molli in grinze e scoramenti

col peso d’una piuma come un trave

si approda ad un’amara cognizione

 

d’aver perduto tempo assai prezioso

sottratto ai propri cari e a se stessi,

quegli esseri sì avvezzi a stare zitti

nel  sopportar la croce con fierezza.

 

 

*

Quel sorriso di remote stagioni

L’assenza ha un linguaggio

che non si dimentica

così il perseverare

in stranezze e fughe

premonitore

di un’oscurità da cui non si risale

 

ha indossato panni diversi

la solitudine

prima di mentire a se stessa

indifferente agli occhi di  una folla (invisibile)

mentre sulla riva tramontava il giorno

e la notte scendeva, eterna.

 

 

"Si tessono le lodi, da morto, di chi nella vita è stato spesso ignorato."

- Rosetta Sacchi -

*

E rido

E rido

di come le opinioni cambiano.

Vittima o carnefice?

Le bocche tacciono alfine

quando il pensiero illumina.

Tra la folla il fariseo addita i suoi adepti,

ora false amicizie.

*

Frottole

Mancano segmenti alla retta

il nome non può essere lo stesso.

Cosa può saperne un punto,  direte

un minuscolo punto sperduto nell’oceano…

ma voi ostinati a rimanere a galla

affonderete nella melma.

Frottole,  frottole

non c’è nessuna luce in fondo al tunnel

solo nomi destinati a sparire.

E sarà notte nonostante l’obolo.

*

E’ un luogo morto

È un luogo morto

Qui si portano i fiori tra loro

si guardano in viso al lume dei ceri

Qui sono le impronte le une sull’altre

uguali monotone vuote indistinte

Qui il vento talvolta reca olezzo di fiori

ma in questo luogo si compongono

solo fiori di carta e si scrivono i nomi

di chi in fila attende lo scambio dei doni.

E’ un luogo di morti.

*

Lasciatemi divertire, disse il poeta

Lasciatemi divertire disse il poeta

gioco con le parole scavo con le mani

traggo suoni faccio rumore

mi zittisco come se d’improvviso

toccassi il sacro suolo

 

Sono poeta? Scrivo, passo il tempo

domandando di me alla coscienza

quando il cuore è in letargo

per difesa per avaria per esperimento

scarabocchio l’anima celo i suoi segni

giusto il tempo di distrarmi

l’attimo di quiete prima del vento

 

perché quand’è bufera i miei occhi narrano

di ogni timore di ogni speranza caduta

di ogni tramonto di cose lontane

ma lasciatemi divertire

ora le parole sono come le farfalle sui fiori

 

e i miei pensieri non hanno spine

sono come le medaglie sul petto

per una buona azione

come sul naso i fiocchi

quando c’è neve

e il bianco vince il cielo

e il bianco è un giorno nuovo

 

lasciatemi divertire

è il mio passatempo

ingannare la vita

perché non m’illuda ancora.

*

La vita talvolta

La vita talvolta smette di guardarti in viso

divaga si distrae si nasconde cerca riparo al buio

per vie diverse giunge dove già sei

l’anima inchiodata da stenti e patimenti.

E non ti vede e tu non vedi Lei.

E non ti ascolta e non ascolti Lei

nel travaglio che lascia il mondo fuori

e dentro tarla ad ogni nuovo giorno.

 

*

La lucertola

Ha disertato il muro screpolato

per il cemento levigato

mutando direzione.

Orizzontale è un verme

una lumaca un grosso insetto

non importa quale.

Non una foglia o un ramo nei suoi pressi

non una pietra o una crepa nella crosta.

Lontana dal rosso dal verde

dall’ocra delle foglie

lontana dal fosso

dal mormorio dell’acqua

dal rigurgito del fango.

Immobile

tra l’ammasso di polvere

tra il grigio ed il colore

nell’angolo in fondo.

Il tempo di destarsi,

l’ombra d’un piede

che annaspa.

Scompare.

 

 

 

*

In memoria di te.

Discreto lo sguardo si posa per l’ultima volta

su ciò che hai amato: le opere i pensieri

i segreti dell’anima tua ora fiaccata

ed il verbo solo per dare spessore al silenzio

compagno di sempre. Rimembranze nel cuore

di chi ha saputo comprendere il tuo essere libero

fino alla soglia d’un vivere nuovo.

Otri gonfie di vento hanno ingrigito il cielo di maldicenze

e in cento volti t’hanno dipinto

ma un rapido sguardo è bastato

per capire che là tu non c’eri.

 

 

Si può far tacere la propria vita

ma non la propria morte

 

 

*

E penso

Ha strani meteorismi questa sera

boati che si rincorrono nell’aria

prolungati sordi cupi

un borbottare conscio del suo rumore.

E penso a quando il vento scuote le fronde

e lascia solo poche foglie ai rami

o a come tu spesso scuoti il capo

scrollando a terra i ricordi belli.

E guardo il cielo

la luna che svapora

dietro un cumulo di nubi.

E m’accompagno anche questa sera

ad una notte popolata e insonne.

*

E quando

E quando taglieremo il nastro vittoriosi

avremo sempre dinanzi nuovi scogli

e non ci sarà tempo per lucidar le armi

che altre battaglie ci metteranno a dura prova.

L’orizzonte sarà nei nostri occhi per un attimo

poi tornerà effimero talvolta nebuloso.

La vita è così.  Un respiro profondo

tra un affanno e l’altro.

*

Per altre vie

Per altre vie conduce il pensiero

sulla china c'è una luce che trema.

Si spegnerà travolta dall’ennesima burrasca.

 

Eppure le stelle presagirono un diverso epilogo

quando  la luna per un attimo fu distratta

dal sorvegliar la terra.

*

Uno strano sapere

Sapevo del filo teso nel vuoto

del titubare

del passo insicuro

del tornare indietro ai primordi

dell’eco di corde

un pizzicare di suoni

tintinnii lontani tra l’erba brucata.

Sapevo del mutare dei giorni

di un desinare in silenzio

di braccia conserte la sera

prima di isole o approdi.

 

Sapevo di cumuli d’anni

senza segni ad incider la pelle

di aritmie ed affanni

timori di perdere il dì seguente

ogni sudata conquista

sapevo di ombre e segnali

di cieli per metà oscuri

di dadi nell’aria

di lune nere di fuochi

nelle case degli altri

e di bracieri dormienti

ovunque ho avuto dimora.

*

Settembre

Più corto il giorno

più triste il mio cammino.

Accelera il passo

prima del tramonto

per la desiata quiete.

Promessa che si rinnova

tregua all’affanno

del quotidiano vivere.

 

Le fatiche smesse

chiuse nel sacco

torneranno domani

come carboni tra la cenere.

Vincono le allodole

sul frinire delle cicale

nelle ore d’afa,

ma la brezza mitiga le sere

in questo strascico d’estate

prossimo a morire.

*

Non c’è di che gioire a questo mondo

Quel ramo è troppo dritto o troppo curvo

la rosa è aulente sì ma ha troppe spine

la margherita ha un petalo piegato

Lei ride, gli occhi belli e i denti storti.

Non c’è di che gioire a questo mondo.

Il brutto è brutto e il bello

è bello...ma non lo è troppo.

Si cerca ovunque un neo specie se il ramo

insiste sul terreno che non è nostro

e la rosa affaccia all’altrui cancello

o il vento spettina la margheritina

perfetta... se non per il petalo piegato.

*

Il tempo nel suo scorrere lento

L’attesa alla vita toglie spazio

ed il tempo nel suo scorrere lento

non è che un supplizio senza fine.

*

Noi

I mondi lontani son tanti di passi e richiami sonanti

tra fredde pareti su un trave il corpo non trova riposo

non erano tutte certezze le vaghe promesse visioni

di luoghi più ameni forse mete di giorni pensati reali.

 

Non resta più traccia del tempo che fluente discreto scorreva

e ci accomiatava concordi seppur del distacco dolenti.

All’alba sono solo tramonti a narrare le nostre vicende

noi lembi scostati di labbra in attesa di suoni più allegri

noi sponde in eterno divise d’un fiume sempre irruento.

*

La notte più lunga

Quando al crocevia ho perso i tuoi occhi

ciecamente ho continuato a camminare.

 

V’erano siepi muraglie pali scogli

a separarmi dal giorno.

 

E’ stata la notte più lunga,

sì, quella senza i tuoi occhi!

*

A ritroso

Non per giungere al punto di partenza

quando dinanzi avevamo solo la strada

ma per riesumare istanti magici pensati ovvi

obliando l’affanno dell’erta

asperità di scogli abissi.

Eppure abbiamo issato bandiere

ad ogni meta insperata

abbiamo sorriso con gli occhi bassi

ad ogni riappacificazione

ostinati nel nostro viso deformato.

Abbiamo azzardato voli

sfiorando rami irti e cupole di foglie

oltrepassando il velo delle nubi.

E questo spiega perché

non si cancella in un attimo

tutto il tempo trascorso.

Si riscrive

con le promesse cadute

le speranze mutate

e le certezze tenaci,

abbarbicate all’anima.

 

*

Se il silenzio ora fosse suono

Se il silenzio ora fosse suono

giungerebbe a te come violino

in una notte di luna piena

 

della nostra voce non resterebbe che l’armonia

e delle parole cadrebbe l’affanno

come un vestito ai nostri piedi

 

delle nostre bocche non rimarrebbe

che il fremito dei baci ed il respiro

smanioso di sempre nuovi approdi.

 

*

Il dolore che non si racconta

E poi c’è il dolore che non si racconta

quello che scava dentro con un bisturi

e rievoca sguardi mani tese

bocche ridenti suoni.

 

Ora tutto è fermo una linea piatta

senza sobbalzi

solo il dolore graffia attraversandomi

come fossi una pista di ghiaccio.

*

Bacio

Un bacio saetta scivola sul petto
quando la notte giunge
e in dormiveglia m’appari
radioso in viso.
E quella luce improvvisa sulle ombre
è un pugno carezza sferrato di sorpresa.

 

 

 

Poesia nata da un esercizio con le parole : bacio, pugno

*

Caos

L’ordine sovvertito ed il caos regnante

al chiuso come pure in ogni spazio aperto

fanno pensare si sia toccato il fondo.

Accadono eventi di una tale gravità

indefiniti ed inclassificabili

ad opera di folli e d’ignoranti

di presuntuosi ed irriverenti.

Non si conoscono le mezze misure.

La voce alta oppure quasi assente

il silenzio assoluto o il frastuono

il fare spasmodico o il rimanere inerti.

 

Spesso si dice che non esiste ora

più scura della mezzanotte.

Ed a torto si pensa che esiste un apice

che nessuno può oltrepassare.

Nulla di più sbagliato!

E’ sconcertante... ma quel che accade

è lungi da ogn’ipotesi e da ogn'immaginare.

 

 

 

*

Una parola che cade

Talvolta lo schianto è abnorme

d’una parola che cade

il rimbalzare ha un suono altro il tonfo.

Del cupo dentro, fuori inoffensiva ironia.

Genesi del verbo spesso non è il pensiero

ma lo spirito turbato dalle vicessitudini.

Un tarlo invisibile.  E nasce deforme ogni parola,

diviene feroce in un attimo.

 

*

Hanno dimenticato

Hanno dimenticato il bene fatto

le pennellate dentro la cornice

perché uno scarabocchio apparisse opera d’arte

hanno cancellato le lotte e i compromessi

per il traguardo d’un quieto vivere

le attese eterne di veder errori rimediati

e ravvedimenti per i limiti e gli eccessi

 

hanno dimenticato il lavoro speso

per fare d’una baracca una casa accogliente

e di un terreno sterile un verdeggiante prato.

Hanno dimenticato in fretta trascurando

il peso delle ombre e dei fantasmi.

Chi ha issato le vele non s’è accorto

dei troppi rimasti a terra

per indolenza o per inettitudine.

 

 

*

Vecchi incontri che sembrano nuovi

Si cambia paese città e ogni altro luogo

e s’incontrano spesso volti che non sono nuovi

che fecero altrove comparsa

ed ebbero vita più o meno breve.

Nomi mutati diversi per esseri che s’appellavano

in uno o due modi e forse anche tre.

Ricorrendo a un’iperbole potrei dire ch’erano cento.

 

C’è sempre chi serba memoria di tempi trascorsi

persone comportamenti.

Pensandoci bene potrei anche affermare

che nulla è più normale dell’essere strani.

Bisogna ora solo prestare attenzione

chè non tornino attuali vizi abitudini rudi ambizioni

modi vicende scambi e percorsi già noti.

*

Vorrei correre al mare

Vorrei correre al mare come fossi fiume

e vestirmi di vento e sentire al passaggio

un murmure antico farsi canto

quando levo lo sguardo e ti cerco nel firmamento

e farsi nenia quando scivolo sul fondo e non ti sento

chiusa nel vortice della mia sofferenza.

 

Vorrei suonare le campane come fosse festa

quando invece le mani stringono mondi di carta

e il mio bicchiere non fa rumore levato in aria

e il vuoto ha memorie potenti come boomerang.

Vorrei spegnere i pensieri e chiudere gli occhi

rimanendo in equilibrio sopra un asse

il tempo d’un’alba che non tenga conto dell’ora

e che colga l’eterno in un attimo breve.

 

Vorrei riscrivere i sogni se ai sogni dispersi

si può dare un nuovo indirizzo

e prevedere i viaggi dove tu viaggi

ed io t’attendo e il traguardo è lo stesso.

Vorrei correre al mare come fossi fiume

felice d’essere nel divenire senza domandarmi

se  c’è differenza tra il vivere e il morire

vorrei essere mare ora che non sono più fiume.

*

Dimentico di dirvi che son morta

Non conosco tregua né riposo

in mille cose m’adopro e mi dimeno

supero ostacoli smusso angoli e limo

la mia rabbia per appianarne le asperità

raggiungo ogni traguardo coi miei mezzi.

Sudore e sangue segnano l’effigie

resisto alle brutture d’una vita

distratta e disattenta o forse spenta.

 

Dimentico di dirvi che son morta.

 

 

*

Quei chilometri di via

Quei chilometri di via dalla prigione alla finestra

al vento alla sua danza tra le tende

al tuo sguardo mosso

alle smorfie in cui piegava il viso

ogni qualvolta la voce con un tintinnio di campanelli

spezzava il silenzio incredulo a quelle pause inattese,

quei chilometri ora non sono che un tratto di matita cancellato

ammasso di polvere d’una strada chiusa.

Ora lo spazio è angusto piantonato.

Un nicchio che un faro di sorpresa alluma.

 

*

Saturazione

È il rivolo sul viso

al vibrare d’uno spiffero d’aria

sentirsi stretti in un involucro

incollati confusi dissolti.

 

Anche la luce opprime…

oltre al filo teso del pensiero

e noi muti appesi al tempo

nostalgici e desiosi

d’ogni cosa che varia

dall’attuale fermento.

 

Morire in quest’apnea...

prima dell’immersione in mare

o in un bicchiere.

*

Ora è il silenzio

Ora è il silenzio e tutto è ricomposto

anche i pensieri hanno un nuovo assetto

e quel che giunge da accanita sorte

ha l’aria d’essere persino razionale.

 

Fuori la canicola è opprimente

dentro un vento gelido che sferza.

Racconta di altri soli e lune nuove

ed ora di una solitudine più amara.

*

Solo meteore

M’investi dirottandomi

verso oscuri abissi.

Nessuna stella cade.

Ancora un’illusione…

il fragore è lo spasmo d’una risata

che mi salva dal perdere il senno.

*

10 agosto

Pensieri silenti intimi desideri

in una notte di lacrime o carboni?

Resteremo a rincorrere lo sciame

e a dare nuovo afflato alla speranza.

*

Lacrime del cielo

Saranno ancora lacrime del cielo

tra sfavillanti fuochi?

Nuovi supplizi?

Come quando una rondine

giacque riversa al suolo

e le bambole

non varcarono mai l’uscio?

*

Così è la morte

Cancella e riscrive

lascia progetti in sospeso

promesse incompiute

riapre scrigni e dentro sigilla

sogni segreti e le cose più belle

 

riesuma antiche memorie

canta le pecche dei vivi

denuncia le assenze

ogni effimera comparsa

la vanità d’un vivere vuoto

le finzioni e menzogne

i pensieri taciuti.

 

E ride...

di chi piange

eredità inesistenti

beni mai posseduti.

*

Tra occhio e piede

Spesso l’inquietudine ho incontrato

quando ambivo andare oltre l’orizzonte

ma l’occhio s’arrestava al muro

all’angolo di strada

allo scorcio di panorama alla finestra

alla siepe alta che invadeva sul ciglio

la polvere e la strada.

 

Dal suo sommo osservava il piede,

stanco dopo tanto peregrinare e senza meta,

oltre l’angolo di strada

e tra le spighe in un mare verde

oltrepassando il muro e quella siepe

così fitta di foglie e così cupa.

 

Dire non so chi è più bravo

e se è una gara una tale meraviglia!

*

C’è ancora qualcuno che ti parla di morte

Scegli un angolo al buio

per ricomporre memorie.

Chiudi le imposte spranghi la porta

spegni i rumori e riaccompagni le croci

al loro calvario tra pianto e preghiere.

 

Piovono fiori poi foglie poi neve

passano mesi che sembrano uguali

tornano istanti di vita fugace.

Tornano solitudini sempre più amare

premature partenze indefinite paure.

 

E poi quando il tempo si finge tuo amico

c’è ancora qualcuno che ti parla di morte.

*

Calura

Oggi tace il vento.

Il dì trascorso sputava fuoco

spietate fauci come di belva

nell’aria il fumo di bruciate stoppie

pungente alle narici.

 

Il passo il trainar d’un carro, in salita

 l’affanno d’un infruttuoso tempo decapitato

l’insofferenza all’apice il ventilatore una mitraglia

il cervello come in avaria  l'urlo in gola fermo

per non destar sospetto ma c’era da uscir di senno.

 

Oggi un caldo sfatto macera la stanza

la foga affievolita come dopo l’incendio l’arso

fuori l’aria fresca una zattera nel mare ondoso

e dentro… un alito tra le tende alla finestra

auspicio di una tregua forse d’un giorno solo

forse più duratura ma oggi piove… lo dicevano da ieri.

Allora pioverà.

 

*

Ho sceso gradini d’acqua

Ho sceso gradini d’acqua

specchio torbido di foglie morte

fino al leccio e al castagno
e fino alle pendici del vulcano

cratere infuocato
bocca di lava spenta.
Ho dormito sulle sue sponde tutta la notte.

*

Quel limbo infinito

Non tra quelle vive pagine

segrete ed inesplorate

s’è compiuto il mistero

sospeso è ancora il filo

il viaggio il destino di parole

seminate per le vie

 

altre vendemmie m’attendono

filari meno radi che non lasciano

intravedere il cielo e le sfumature

del viola verso il nero

a dar pensiero a chi è lungi

dal penetrare la verità

 

ecco…

possedere è un’inquietudine che non appaga

ma crea labirinti dove anche le attese

si spingono troppo lontano

 

quelle pagine vive erano una sfida

(vinta?) senza competizione

un narrare incessante

senza alcuna intenzione.

 

Pensando al mio libro che porta il titolo di "Quel limbo infinito"

*

Agosto

Nulla è mutato

siedo l’attimo di una stella cadente

sul torrido muro assordata dalle cicale

è un frinire che sale anche il coro di voci

che mi tarlano dentro

 

Altri passi rincorro

per vedere indelebili

orme più chiare

al tempo d’un percorso sospeso

a fuochi mai spenti

sotto la cenere grigia

e barcollo di solitudine

nelle notti di luna

tra l’abbaiare d’un cane

ed un faro avaro di luce

 

Memorie che sfoglio

nostalgie di strumenti stonati

e piazze fino all’orlo riempite,

rimbombo, della goccia l’inatteso stillare

che sempre tradiva nell’istante distratto.

*

Attimi di te

Tramava alle nostre spalle il domani

e nuovi timori covava nel suo seno

ma la speranza ci raggiungeva sempre

come brezza sull’imbrunire

 

dal tuo labbro ascoltavo

il verbo tanto atteso

non il ripetersi di parole stanche

lasciate cadere come per inerzia

 

ma il silenzio che mutava in canto

per scemare poi in dolce nenia

quando tu eri l’attimo di vita vera

tra visione e meraviglia.

 

*

Il segreto per vivere felici

Spesso le parole sono aborti del pensiero

così distante dalla corporea sofferenza.

 

La luna in cielo osserva sbigottita

una terra insoddisfatta,

mai stanca de suoi cicli

e un uomo sogna più morbidi giacigli

per sopportare la ruvidezza delle pietre.

 

Spesso le speranze sono vane

e luna e terra ci appaiono lontane in egual modo

ci si consola col profumo d’una rosa

quando il giardino ci è precluso

laddove altri hanno ereditato solo spine.

*

Tiro alla fune

Ad un estremo la vita coi suoi grovigli

e le sue impellenze e sorprese

e lo stupore di attimi fugaci

ad allentare la morsa della fatica.
All'altro una forza che scema e svela

la cieca rassegnazione alla sorte (buona o cattiva).

 

Ogni richiamo messo a tacere

è un soldato che ci cade dinanzi

e noi sconfitti nell’ultima battaglia

già avviati alla meta sediamo sul ciglio,

la memoria ad enumerare sventure

obliando medaglie ed i tanti  traguardi felici.

 

*

Slow and sexy blues

Ora m’aspetto di vederti

ora che il tempo s’è distratto

e non ci domanda di correre

né di fermarci

ora che non è necessario

distinguere tra albe e tramonti

ma l’orizzonte è così ampio

e grondante di luce.

 

I miei piedi battono il ritmo

il cuore flette sul ritornello

musica e voce graffiano il silenzio

come il tuo pensiero gli abissi dell’anima

come i tuoi occhi il buio più nero.

 

Lento e sexy il tuo respiro

giunge alla mia nuca

e posso sentire le tue mani sui fianchi

e dopo tanto immaginare

notti di luna piena e calici silenziosi

aspettare ancora di vederti

come sempre pensoso

reduce da un giorno pesante.

 

Ma tu sorprendimi con un sorriso

che abbia il sapore d’un sogno

anche se non sappiamo se è vero

un sorriso tenace

come  un morso alla terra prima del paradiso.

 

In ascolto di slow and sexy blues

 

*

Attendevo un miracolo

Attendevo un miracolo

una stella buona

una pioggia benefica sul capo

mentre immaginavo a fatica

un percorso dritto un riparo

di legno o di rami e foglie

o di braccia

quasi un nido.

E c’erano occhi accesi la sera

come fari

ed un silenzio assoluto

a far sì che la mente percepisse

più di un miraggio

non un’illusione

ma una promessa.

 

*

E mi domando

Sei forse tra le cose che non scrivi

le parole troncate le sillabe farfugliate

per confondere il silenzio?

 

Questo tempo che passa prende ogni energia

ed allontana dal nostro essere liberi

non ci dà più attimi per un pensiero

che non sia un’ambascia,

avulso da timori e dubbi

 

un pensiero che sia una pausa

la sosta su uno scalino

una carezza indefinita

un sorso d’aria pura.

 

Sei forse tra le cose che fanno rumore

le speranze seppellite i desideri zittiti

per circoscrivere il dolore?

 

Questa vita domanda incessantemente

ci consuma nell’attesa non dà tregua

 non fa sconti ha sorprese amare

non regala più niente.

 

*

Traslocare

E poi si cambiano le case e non solo.

Ed i sogni finiscono nel cassetto dei pegni da pagare,

quasi per errore, mentre si tenta di porre ordine al caos

 

e le abitudini generano nuove abitudini

i pensieri mutano si dividono

i problemi aumentano.

 

Finchè vivere non diventa solo una corsa ad ostacoli

finchè l’affanno non ci ferma il respiro

mentre la vita continua a correre senza di noi.

*

Panchine

Ora cammino su di un filo spezzato

più a memoria che in equilibrio

le parole divelte dal pensiero

_come foglie d’autunno_

pendono dal labbro

vanno a morire

sugli umidi sentieri

e sulle panchine vuote

lavate dalla pioggia

o cosparse di polvere

 quando il tempo è secco.

*

Oltre le illusioni

Una pioggia d’oro nella sfera di vetro

 nasconde e svela il paesaggio

flash si susseguono allo sguardo

luce ed ombre

 

 (noi sobbalzati da un ritmo serrato)

 

balenii d’un esistere allegro

oltre le illusioni o i miraggi

e più su del monotono vivere,

nel suo scorrere lento.

 

 

*

Vorrei anch’io parlare ad una capra

Vorrei anch’io parlare ad una capra e in quel belato

far giungere il lamento d’un dolore che più non racconto

tanto è antico e tanto ha infastidito l’altrui orecchio

o parlerei forse ad un cane zoppicante che meglio saprebbe dire

come ci si sente dietro l’uscio in un’attesa vana e al freddo

anche quando l’atmosfera fuori è ardente.

 

Dicono dell’uccellino in gabbia, specie se non accompagnato,

che per amore non canta bensì per rabbia,

io tra quattro mura sconto il monotono canto che nell’aria

delle tortore si diffonde. Ecco giusto un verso che ha il vizio

d’essere un lamento e che troppo spesso mi dà noia.

Questo tubare senza tregua che rievoca la pena del viverti distante.

*

Ha troppe notti il giorno

(Addii)

 

Sorgono soli e tramontano in questo giorno interminabile

che scaccia nuvole e rivela tetti ed alture in lontananza

che sente affanni e s’interroga su chi accusar dei sospiri

 

Muoiono lune in questo tempo di rumori assiepati

e discordi pensieri di naufraghe speranze e miraggi

mentre nell’aria si diffondono note d’archi e di fiati

 

Ha vie opposte la solitudine fughe ed esili

vele strappate e binari morti ha falsi giacigli

soste e riprese ha finzioni che interpretano stati di quiete

 

Ha troppe notti il giorno senza intervalli

soli che muoiono al sorgere giù per le valli

tempo che rotola e lascia il peso delle memorie.

 

*

Il mare

Non torno più a guardare il mare ondoso

nuvole in fuga su scogli flagellati

e scrosci d’impeto che giungono fino a riva.

Bramo il silenzio e sulla sua coltre

il fitto cinguettio tra i rami

il vento quando spettina le chiome

col suo passo leggero dentro i vicoli.

Il silenzio e il mare...

quando è un fluire di lucciole

mentre annotta.

*

Vivere

Ti consegnano la chiave e cambiano la serratura

quando sei già sul punto di sciogliere l’enigma.

D’improvviso tutto muta in un sepolcrale silenzio.

Agonizzante e sudato accogli la luce del giorno

o la sveglia d’un’ora qualsiasi che urla.

E' solo un breve passaggio e sei

di nuovo perpendicolare al suolo,

a decidere il passo o la sosta.

 

*

Del tuo viso

Del tuo viso,
dello sguardo immoto
so il traghettare dei pensieri
il virare

i gorghi

il limaccioso fondo
l'apnea.

Il riaffiorare in superficie
il carezzar le sponde.

*

Nell’eco di lacrime silenti

Ora il pensiero gela

nell’eco di lacrime silenti

nodi al petto a tenere stretti

gli istanti più recenti e già distanti.

Il pensiero riascolta quella voce

che divenne muta prima che le stelle

diventassero ceri nello spasmo della notte.

 

 

 

- un 13 di luglio -

 

*

Ognuno ha il proprio calice

T’appropinqui alla soglia

dell’invisibile

in ogni limite l’apogeo

dal cielo tocchi il fondo

i suoi abissi incolmabili le sue gravidanze

il mutar delle attese.

 

Un sorriso trafigge la ragnatela

l’umana impotenza in ogni desiderare

si gode  il podio

ognuno ha il proprio calice

e addosso solo la nuda verità.

 

*

D’un tronco so

D’un tronco so l’incavo e il dosso

di come credendo dritta l’ansa si cade

o di come si affonda deficiente in equilibrio

di come a stento s’attraversa un dorso grezzo

ipotizzandolo spianato

so di asperità ed increspature

di sobbalzi passi singultanti

virgole in volo bruschi approdi.

 

Ho l’indice di chi caduto giace

e il nome di chi risale ardito

l'esempio d’un differente andare

dal vivere uguale in una stagione lenta

d’un tronco so l’incespicare tra i nodi

il zigzagare scostante le lunghe file

fino ai rami il trascinarsi come per inerzia

il gonfiarsi ed il ritirarsi tra le crepe.

 

 

*

La signora misteriosa

Non piovono solo foglie

pure rami esili fili spinosi

nel nodo che divarica spazi

e mulinelli di terra e sabbia

 

Imbrattato il passo sulle orme antiche

in alto un cielo volubile

nuvole copulanti

nuvole spesse su nuvole rade

 

Muto quel rintocco

manchi di un tono in più

mentre ti preannuncia

tra sfumature ed assenze.

 

La signora misteriosa

da lassù scruta

oscura in volto

questa terra inquieta.

*

Mastro Geppetto

Non sa del mio dolore
mentre mi scolpisce

ed io conto ad una ad una
le mie giunture.


Qualche lacrima ristagna
nell' incavo dell'occhio
nonostante questo mio sguardo fisso

di burattino.

*

Uno stato provvisorio

D’improvviso

il nero torna chiaro

l’opaco un velo

i colori netti,

confini e non grovigli

come se una mano

avesse avuto occhi

ed intelletto

ripristinando l’ordine

prima disfatto.

Uno stato provvisorio

che però mi giova.

Le case sono case

gli alberi alberi

e la strada

solo l’ultima fatica

prima della sera.

 

*

E’ giorno

Solo un trillo empie l'aria
più tardi, roco
un tubare di tortore.
M'assedia.

Di cornacchie, improvviso
uno stuolo sul capo.
Lo schiamazzo interrompe
dei passi la quiete.

*

Sentieri

Erano i sentieri di polvere e sabbia
di terra battuta e sassi
le pause fugaci di un tempo
sottratto alla dritta via
e allo stare attenti al percorso
dove si guardava solo avanti

perdendo il panorama ai lati della strada.

*

E poi ti scrivono

E poi ti scrivono dal nord e tu a sud hai l’afa sulla pelle

il fuoco acceso il pranzo d’obbligo i tuoi affanni

che non vuoi elencare perché sai che così è la vita

e poi ti pensano in altri lidi che sei padrona del tempo

che non hai figli non hai camicie da stirare non hai doveri

non hai valigie da disfare case da pulire file per le spese

 

e poi sorridono e vorrebbero tu sorridessi

fanno progetti e vorrebbero ti entusiasmassi

gioiscono e vorrebbero tu varcassi la soglia

della tua tristezza una seconda pelle

a cui hai fatto il vezzo ordinando ai tuoi occhi

di non commuoversi perché sarebbe inutile

come dire alle stelle di non cadere in mare

quando vogliono rimanere in cielo.

*

I tuoi occhi

I tuoi occhi sono il mare bruno

quando accoglie la notte e la luce pare assente

sono due sponde nude dopo l'onda

sono le labbra mute che disegnano il vuoto.

I tuoi occhi sono giardini fioriti
sono zefiri che profumano di zagare
ed abbracciano il vuoto quando é pieno
di quel che occhio estraneo non vede.


I tuoi occhi sono i monti all'imbrunire
un profilo fragile quasi assente

quando un velo appanna l'orizzonte.
I tuoi occhi sono lumi.

 

I tuoi occhi sono fari

quando la tempesta strappa vele al mare.
I tuoi occhi sono arcobaleni

quando il maremoto in me si placa

 

per un gesto non gradito

un tuo spontaneo errare senza meta

un pensiero che si posa dove non dovrebbe stare.
I tuoi occhi sono eterni, l'infinito dove naufragare.

 

*

I sogni

I sogni non hanno nido

spiccano il volo quando il momento è più propizio

planano come a fermare l’aria quando è truce

s’imbattono in cupe chiome o irti rami

trafiggono le nubi affiorano in un lembo di sereno

sono silenziosi quando cantano

e fanno rumore quando tentano di sopprimerli.

I sogni sono viaggiatori senza bagagli.

 

*

Stanchezza

Non è per l’erta

il passo troppo svelto

l’afa.

E’ questo pensiero

che oggi ha abbracciato mille cose

che ha dato vita a timori e speranze

che ha intrapreso un cammino

lo ha sospeso è tornato indietro

ha cambiato programma

è questo pensiero che era lì

poi qui che correva inciampando

e tornava rimuginando,

più di un nodo

più di un affanno

più di un’ansia…

il timore che il tempo

passava invano

e che del giorno una volta trascorso

non sarebbe rimasto più nulla.

 

 

 

 

 

*

Amore

Entrasti in chiesa

forse un istante dopo

forse ore

per camminare

sul mio stesso suolo.

Altra prova d’amor

non reclama l’anima

né attende.

*

Nell’anima

Forse la gioia è passata per la croce

qui l’origine non muta crea

e i colori sembrano smentire

il candore che cancella il buio

qui risiede l’amore ci son le prove

solo i poeti credono che l’amore

dimori nel cuore. E’ per la rima.

 

Ma qui è il passo ed il cammino

l’esplorazione le tracce il premio

il velo rubato alle farfalle le vele in mare

le sfumature delle perle.

 

Forse il silenzio è passato per la voce

qui le stanze sono vere

e i pavimenti non sono di vetro

i fari sono gli occhi che hai avuto di fronte

quando hai incontrato l'anima gemella.

*

Pensiero

Sei dove domandi d’essere
i tuoi spazi sono dappertutto
i tuoi passi invisibili
i tuoi piedi inesistenti.
Senza proferir parola parli
senza vedere vedi
senza toccare tocchi
non sei vicino né lontano.

*

Ascoltando l’Adagio di Bach

Lasciai un dì andare una barchetta

gambe gracili sotto un vestito di carta

e l’osservai sparire all’orizzonte.

I piedi nudi oggi nel solletico dell’onda

nel fluttuo affiora una bottiglia e approda a riva

la sua anima un mistero stinto in un rotolino.

Attendo sempre  il giorno al suo tramontare

il chiasso scema e la luna tonda stampata in cielo

il passo mi rischiara. Adagio il mio pensiero muove

plana dove l’aria è un velo sopra il mare e dove

la tua visione è amore,  promessa che s’avvera.

*

Non ho alternativa alle tue corde

Io amo il sax te l’avrò detto mille volte
ma non ho alternativa alle tue corde
se non questo silenzio sovrumano
che mi confonde alle tante ombre
danzo sui muri al pizzicare e vibro
come sul fiore una farfalla
un motivetto riesumo dal tempo
mentre penso a te amore mio lontano
e vorrei dirti dormi che nel cuore
ogni nota è gioia ed è dolore
e vorrei dirti approda che non è tempo
di cavalcare il mare, dove una vela
accoglie promesse già mature.

*

Primavera ormai passata.

Primavera

di fragole acerbe

ciliegie succose

di erba tagliata ai cigli

odore di pioggia

su zolle riarse

e rami spogliati

dal vento improvviso.

 

Rosa lo sciame

nell’aria di petali

all’alba un trillo festoso

e balconi di luce

nostalgia di gerani

screziati.

 

Rintocco di ore

campanile che taglia

le nuvole rade

caldo il profumo

alle nari

del pane sfornato

sale la verde collina

capriccio di rose e di spine

ai cancelli

nuova vita che sboccia.

*

Quando guardi l’orizzonte

E’ lunga la via e poco sicura la meta

per via del tempo così indefinito e così breve

quando guardi l’orizzonte e non ti domandi più nulla.

Una mano ti ferma e tu arresti il respiro

un pensiero ti invita al silenzio

e tu taci la tempesta che ti scuote,

non è ferma l’aria ma il vento è dalla tua parte

e vai noncurante di chi ti dice fermati e taci e ascolta.

 

La tua voce non è la tua voce è l’eco di tanti traguardi falliti

di voli interrotti di ali bruciate di attese tradite

è il grido soffocato dentro notti fioche quando la luna

è uno spicchio immaturo smarrito distratto

e non c’è più uno stolto ad indicarla col dito,

così lontana dall’essere piena e dall’essere nuova

così vuota del suo gravido corpo sospeso nel vuoto.

*

Paure

Poli dove non voglio stare

anomalie del vivere

aspettative che cadono

come foglie dai rami

sintesi di quel morbo.

Un tarlo che mi corrode.

Fossi di legno non sanguinerei

né avrei lacrime per panorami tramontati.

Oltre le mie paure non so andare...

di perdere il tuo cuore,

la mia dimora

dove ho radici ben salde, ora.

*

L’Aurora

Sorge dal mare ridente il sole.

Si libra Aurora, nel cielo
tenebroso per l'ora
e fosco di nubi,
tra le mani recando di rose
una ghirlanda, solleva di fiori
piccoli serti, a inframmentare
del velo notturno la cupa oscurità,

prima dell’alba nuova e tenue di colori.

Fosforo dinanzi il cammino rischiara
la torcia nella mano egli conduce
al seguito il carro trainato
da cavalli, agili e ardenti,
quattro animali, diversi nel manto
per nuances di colori
a significar della luce
il grado ad ogn’istante differente,
prima dell’apparir del sole.

Apollo d’aureola incorniciato
alla guida del carro d’oro
l’aria scuote, in un balzo leggero
e nel suo drappo avvolto.

Si scompone la luce calda
nei colori luminosi dei veli
a riparar giovani corpi di fanciulle,
le ore, danzanti intorno al sole
in un trionfo di luce.

E il drappeggio di nubi appare,
una scena leggera che cala
sul blu della notte.

 

Poesia pubblicata il 23/04/2015
sul sito "Scrivere" - ispirata al dipinto  di Guido Reni-

*

Le tue labbra erano ciliegie

Le tue labbra erano ciliegie

e quel dettaglio che sfuggiva

quando il risveglio

lasciava solo strascichi del sogno

nei giorni di magra

e il desiderio forte

mi torceva le viscere.

Noi ad opposti poli

ed io a domandarmi

se il tuo cielo fosse anche il mio

mentre le tue labbra insanguinavano l’aria

quando il vento s’alzava

ed io chiudevo gli occhi

per un istante in più del tuo sapore.

Orfana del ramo pendevo da te

così maturo nei miei pensieri.

*

Effervescenza

Punti minuscoli si legano tra loro

ha il colore del mare l’infinito

e quel lucore abbaglia forse più dei lumi

che le notti accendono quando gli animi

ben disposti a sognare cedono all’oblio.

Effervescenza lievita schiumando,

nel profondo v’è un abisso oscuro

cripta di suoni e di tesori, distante

dalla vita che esplode in superficie.

Trasparenza che rapisce la luce

e si veste di bianco e l’azzurro sovrasta

va poi diradando in gocciole e scie

che tremano alla brezza.

*

Sofferenza

Dirò che mi fai soffrire? Mai!

Chè della sofferenza c’è chi gode

chi dal suo evolversi trae giovamento.

Hai mai visto qualcuno gioire

per i tuoi successi?

Hai mai sentito qualche altro

dolersi per le tue sventure?

Forse sì

con parole menzognere e moine

con sorrisi compiacenti… davanti

ma alle spalle quante trappole

quanti inganni e tranelli.

Dirò che mi fai soffrire? No!

Chè dalla sofferenza risalgo,

traggo insegnamento e semmai

affino l’arte di sopravviverti.

*

Incompreso

Volevo fare il pilota

non mangiavo

mi procuravo il cibo

solo per continuare a volare

volevo un posto tranquillo

per le mie acrobazie

volevo andare lontano.

Espulso incompreso

mi sono fermato

dove pensavo

fosse la mia meta ultima.

Chiang mi ha insegnato

a volare con il pensiero

mi ha spiegato che oltre

c’è solo l’Amore.

*

Narciso

Del brutto anatroccolo serbo il timore

quando il ventre materno m’era nido e scudo

stemperato ora è l’originario grigio

un argenteo riflesso alla luce che cala.

Sull’ombra cupa il candore d’un ventaglio

che s’apre s’impenna come onda del mare,

fletto appena lo sguardo... pendo

solo per amore del collo flessuoso.

*

Alla luna ho domandato

Spesso l’inquietudine amara

ha fermato i miei passi

ha bruciato le parole sulle labbra

come stoppie in mezzo al campo

mi ha restituito pensieri monchi.

E le ali sono rimaste lì,

come un sogno precluso alle mie notti.

Ho guardato il vuoto

come si guarda un foglio vergine

senza segni o immagini e percorsi

e poi come si guarda un foglio nero

senza luci né ombre né colori

ed ho atteso senza sapere cosa

avrebbe spazzato via la mia inquietudine

ed ho atteso che il giorno al suo declino

mi promettesse la luna in un profilo vago

e che la notte le raccontasse storie

per trattenerla in cielo.

Alla luna ho domandato

se sono più gli amanti che i poeti

a farfugliare parole incomprensibili

a prendersi per mano come bambini

a confidar segreti o a sognare.

*

Io l’isola e il mare

Ed era lì al limite ed io al largo

la meta agognata e misteriosa

ed era ferma selvaggia ed inesplorata

ed io paziente nell’immenso mare

ed era approdo alla terraferma

ed io lo sguardo avanti

l’ombra distante

ed era tutto nel mio orizzonte

io planante, i miei pensieri altrove.

*

L’attesa

C’è bonaccia nei miei pensieri

mi fiancheggia un mare fermo

mentre scruto il vuoto

colmo di te dei tuoi passi

delle tue mani delle tue assenze.

Il tempo passa. Passa e non muta

tesse una tela che io disfo

a sua insaputa.

L’attesa, una mezza condanna

che amo e che bramo… eterna.

 

*

E piovve manna da te

Piovve manna da te
ed io saziai
ogni mia interminabile
fame passata
straripò il torrente
e nell’impeto della corsa
fino al mare
portò via con sé pelle
e cellule e sangue
e nel respiro crescente
calmò la furia
della sua passione.


Fu buio d’intorno
in oscure cavità
celai lo scrigno
dei miei tesori
penetrasti di luce
le mie tenebre
e crebbe il fermento
nella terra.


Ritrovai l’attimo d’eterno
nella tempesta
di fiamme e brividi
aggrappata allo scoglio
e ai tuoi vestiti
là dove il cielo
sconfinò nel mare
là dove la parola
abortì il silenzio.

*

Momenti dell’essere

Correre come volare.

Tra cielo e terra

un mare mosso d’erba.

Si sfrangia la criniera

nel respiro del vento,

un vortice di pensieri

improvviso s’acquieta.

Sono momenti dell’essere

lontano dal frastuono del mondo.

*

Giugno non ti riconosco

acrostico

 

Giusto te aspettavo al varco

Immaturo ti presenti dopo maggio

Ultimo mese che t’ha preceduto

Giro per le strade solitarie e il vento

Non promette alcun cambiamento

Oso una veste leggera ma è inverno

 

Nonostante la cattività pensavo

Ormai a passeggiate nel bosco

Non lontano dal paese o a viaggi in mare

 

Tu sei in combutta col virus

Irremovibile insisti col tuo monito

 

Resto dentro e scrivo poesie e sogno

Instancabile l’ispirazione mi sorregge ancora

Come quando fuori imperversava la bufera

Ostacolando ogni mio progetto

Non avevo che i miei pensieri

Ora gli uccelli trillano alla mia finestra

Sono in festa anch’io per metà tempo

Coloro la mensa l’attesa le pareti ma poi

Oscura è la mia notte senza luna e senza te.

*

Rosso ed oro

Dov’è la luce e dove l’ombra poco importa

ma che un raggio non bruci fragili corolle

sì che importa. Il vento, assente, non agita

ali di carta così le mie vesti cucite addosso

nulla dicono della mia fragilità.

Rosso ed oro…

cosi vicini alla terra e così distanti!

*

Di che pelle sei

Di che pelle sei quando sorridi

e il sole bacia i fiori sopra il muretto

di che pelle piangi quando il cielo

è un abisso al contrario dove

vorresti lanciare un sasso ma non puoi

di che pelle sogni quando dormi

poche ore e le altre pensi

a chi non mangia a chi muore

ai bordi della strada

a chi è solo con un calice che trema

tra le mani bianche o nere

o gialle o arancione…

*

Biglia

Il pensiero di un istante, sferico disegno

a catturare icone di mondi immensi.

La cupola del cielo cade come fosse sabbia,

era all’origine l’occhio azzurro d’un bambino

ora una lama che taglia sottile la collina

e sotto il mare maschera un fondo

dove s’inabissa un sasso.

Colpa del filtro se una biglia prende colori

e luce ed interpreta il suono tornando ad eco

e rotola in uno sfondo che varia mentre l’anima

entra in silenzio nel nero della notte.

 

*

Una scia di luce fino a te

E’ uno dei momenti rari in cui non bramo

un vivere diverso da questa continua corsa

in salita. Nuova linfa m’attraversa e di speme

s’illumina la via dove il passo muove leggero

sempre più addestrato alla fatica.

 

Ma ho il cuore gonfio di pena per non trovarti

sulla porta ad aspettarmi come nel recente sogno

dopo anni di magra, mentre il palmo d’una mano

posa sui miei occhi leggera una carezza

ed il pensiero, così imprendibile,  è una scia di luce fino a te.

*

Chi non è più

Il tempo scalfisce ad ogni passo

la mente di chi resta.

Chi non è più esiste in assenza

di gesti parole moti del cuore.

Immutabile eterno

danza in un vortice di foglie

o nel volo s’innalza in acrobazie

tra bianche scie ed incroci

d’aquiloni o gabbiani.

 

I tanti luoghi scrivono di scenari

apparentemente diversi.

Chi non è più vive

ogni partenza senza l’affanno

nel cuore sapendo d’essere

ovunque noi siamo.

Vivi ed eruditi d’un sapere

che lievita inutile

finchè placheremo l’arsura

apprendendo un nuovo alfabeto.

 

 

*

Vorrei promesse vere per te

Vorrei promesse vere per te,

d’un passo allegro mentre la radio suona

e tu l’occhio fino, le mani operose

artefice di sempre nuove magie

 

ma odo un cigolio, uno stridere improvviso

ed uno sbadiglio confuso nel lamento

per questa vita che si sta riprendendo tutto

e l’affanno del tuo respiro ad una minima fatica.

 

Un altro anno ancora a ricordare insieme

i tempi passati di mietiture e floridi raccolti

mentre lo so,  avverti il mio pensiero baciare

il candore della tua chioma nel riflesso pallido del sole.

 

 

A mia madre nel giorno del suo compleanno.

 

*

Da tempo non mi volto indietro

Come in una bisaccia tengo strette le mie cose

poche stavolta, ho rinchiuso i miei pensieri

barattando col caso un cervello vuoto per un po’ di quiete

 

non avverto che il peso del corpo ma cessa

se i piedi all’improvviso si fermano. 

Un albero secolare un muro la strada sterrata

una panchina l’orologio in piazza, oltre... la chiesa.

 

Ma non in questo ordine…

Da tempo non mi volto indietro

ora i miei occhi ascoltano solo i tuoi silenzi

e agognano un sorriso dopo ogni bufera.

 

*

In quella casa

Perché torno sui miei passi non so

e in quella casa dalle persiane rotte

dove il tetto stride sopra il capo

e il pavimento vacilla sotto il piede.

 

Il vento muove il mare sugli scogli

e il mare lascia perle nella sabbia

io vado incontro al mare

e incontro al vento

 

e sbatto sugli scogli mentre cerco

la luce del sole quando è giorno

e delle stelle il brillio quando le ombre

affollano le vie i muri e i miei pensieri.

 

E poche perle rinvengo sulla riva,

parole ritraggono fedeli immagini reali

o fantasie di tempi ormai passati

puliti veri mentre ora il fango è ovunque

 

e affonda il passo anche dove il verde

illude e ondeggia come un mare nella brezza

e reca la tacita promessa del frutto

che (necessariamente) segue al fiore.

 

 

*

Guardami ancora prima del buio

Non lenisce la solitudine un canto alla radio,

più simile ad  un gracidare di rane che nel vento

si leva, in una stagione senza promesse.

 

La cantilena di giorni che pesano anche da fermi

e mille espedienti per rimanere svegli la sera

quando le palpebre sbattono come imposte.

Accade anche a me di cancellare il mondo

per interminabili istanti e migrare lontano.

 

Guardami ancora prima del buio

mentre scivolo come una stella nel mare!

Rimani, nell’onda che mi avvolge voluttuosa.

Ha il sapore di te e del tuo abbraccio

le rare volte che sogno ed intorno regna la quiete.

*

Ricorrenze

Doveva finire un venerdì

la tua tribolazione, di maggio,

l’aria fredda d’una finestra

spalancata a spegnerti il respiro?

 

Non amo i fiori dai colori allegri

quasi a smentire un funesto giorno.

La memoria è piena di fiori rossi e gialli

e di foglie a stormi e di stagioni tristi.

 

Esonda come un fiume in piena

ed io travolta dall’impeto mi dimeno.

Non so nuotare. Altro guaio, altro affanno.

 

Giungerò al sospirato giorno?

Del ringraziamento, dico …

per essere ancora viva,

così sarcastica e spesso isterica,

e lamentarmi della casualità?

 

Dovevo nascere anche quell’anno a maggio,

dopo l’infausto interminabile venerdì?

Odio i fiori. Anche le rose rosse,

tre,  appassite,  il cimelio d’un altro viaggio,

per altro borgo, da me distante.

*

Nel giorno del mio compleanno

Abbondanza di parole e fiori reca il giorno

immagini allegre quasi il sunto d’un pensiero

istanti in cui la vita cessa il ritmo

e la dura lotta per una pausa

ma anche il gioco annienta

mentre promette divertimento e quiete

 

mi nutro ma non mi sfamo

il cielo sta barattando nuvole

con pochi raggi, alieno un viaggio

dove tra cime verdi e rami

si levano gorgheggi.

 

Sei come in una nicchia, in fondo,

oltre le siepi sì da apparir distante

ma in questa assenza sei il trillo

che mi desta e muta l’ore sul finire

e ad ogni attesa che non ha nome

imprime nuovo sigillo.

Un bacio in volo o il segno d’una mano

che scava un foglio abbozzando carezze.

*

E’ superbia?

Spesso per non parlare di qualità evidenti

si cerca negli altri il minimo difetto.

Ma un viso sì perfetto al nostro sguardo

cessa d’essere bello per un neo?

Forse per tale dettaglio è unico e particolare

e aumenta in noi ammirazione e stima.

 

Mi viene giusto in mente la superbia,

un lato messo in evidenza

da chi incline alla critica generalizzata

mal sopportava un “giudizio” assai cortese  

espresso in modo schietto al suo riguardo.

*

Sono passate le nubi

Sono passate le nubi sopra il capo

erano scure e di pioggia erano gonfie.

Tu non le hai viste?

Eri a me daccanto

tra uno spiraglio di luce e quel velo

così opaco e alquanto misterioso.

 

Carovane sospinte dal libeccio

a bordo draghi e fantasmi

e strani personaggi

che spesso io mi figuro quando

il tormento ha un peso

che mi sfianca nella fuga

e reca affanno al mio respiro.

 

Sono passate le nubi e la pioggia

è scesa copiosa su di me soltanto

sottile e persistente mentre ho atteso

dopo il baluginio un arcobaleno.

Inutilmente ho atteso ed ho trovato

la luna sfatta in cielo

e il tempo insonne

e la notte avara

di sogni e di speranze.

 

 

 

*

Nostalgia

Era terra di aiuole, ai piedi

di tempestose cime,

e di papaveri rossi tra le spighe

prima che tutt’intorno

crescessero rovi e cardi ed ortica

e la mucillagine attecchisse

ai muri tra le crepe.

 

Era terra di sogno e di speranze

il nido di nuove partenze

e dove il cuore faceva ritorno,

era uno schizzo a matita

ora un foglio sbiadito.

*

Le ore lente e celeri

Cessato il ritmo delle cose intorno

che detta azioni e priorità

il tempo poi s’arresta d’improvviso

e l’ore han più minuti e lente

vanno al declino, ad una ad una.

 

S’accompagna a tale sensazione

una quiescenza che non è riposo

ma innesca l’iter di pensieri dolorosi

e tristi eventi, di fatti che han lasciato

in noi profondi solchi, ricordi

che si pensavano sepolti

ma son riemersi forti.

 

E ci si accorge che il ruminare

il bolo è fatica che strema.

Ed il ritmo di cose nuove,

che all’inizio paventa, è minor stento

ed allontana silenzi che fan rumore.

 

 

*

Padre

Nubi all’alba minacciose

e boati in lontananza, innocui.

Non mi sorprende tale esordio

padre, era previsto. Ma il lievitare

nel cuore della pena mi annichilisce.

 

Dovrei sapere ormai che la terra

non ti da affanno ed il tuo viso

dentro la cornice mi rasserena

quando il pensiero cede

e gli occhi hanno di te più urgenza.

 

Perché so che non è solo dal cielo

che mi guardi. Non udirei quella voce

domandarmi: perché piangi?

Son qui nella stanza accanto

e so della tua croce.

 

 

 16/08/1920

11/05/1984

 

*

Giuda

E poi ti chiederanno se mi conosci

e tu sapendo di mentire dirai di no.

Del mio tempo infinito dirai

che è passato in un istante

mentre io ancora parlo prego divago

sogno creo cancello e lascio segni di me

e mi consegno ad una nuova alba.

 

Ti chiederanno quante stagioni ho vissuto

in questa vita che è un nido dove covano

gioie e dolori e dove il pianto,

se per le spine o per le rose,

non fa più differenza.

E tu sapendo di mentire dirai

che non mi hai visto piangere mai.

 

- Allegoria di un tradimento -

*

Sono andati via scontenti

Sono andati via scontenti

a torto o a ragione

per capriccio o in preda alla rabbia

portando il conto delle pecche altrui

minimizzando i propri errori

 

ed ora tornano a capo basso

stessi vizi, visi nascosti tra le bende

nomi uguali o diversi.

In petto una nuova medaglia,

il rumore dei tacchi

sul tappeto rosso, interminabile...

convinti di dividere il trono

con chi eccelle in stupidità ed arroganza.

 

 Ma quale mente sana

piantando fiori nel fango

può sbalordirsi se muoiono?

 

*

Questo coro di mosche improvviso

Questo coro di mosche improvviso

ora distrae i miei pensieri

sul filo di latte del fico.

Intenti traditi soste impreviste

e la curiosità di guardare indietro

oltre l'angolo, dove l’attesa si deforma

scivolando dal suo riparo.

 

Guardo l’aria come fosse sul punto di svuotarsi

dopo l’avverarsi delle cose inutili

per le quali non mi dibatto tra tristezza e noia.

Nell’indecisione riscrivo viaggi sull’altalena.

Sei nel punto più alto

quando mi sospingo sulla punta dei piedi

volando tra squarci d'azzurro.

*

11 maggio 1984

 La pioggia sottile al rintocco

dei passi e della campana

ha sempre un che di mestizia

Tu nella nuda terra …

sei un brivido nei nostri pensieri

ad ogni passaggio del vento

tra i foschi cipressi

 

la nostra pena è sentire

la tua sofferenza

tra i ceri ed il marmo.

Ma è la pena dei vivi.

E i morti hanno altre missioni.

 

Sbagliavamo a cercarti di giorno

a poca distanza da casa,

con accanimento.

Stranamente,

la quiete giungeva la sera

mentre tu ci guardavi

in un tripudio di stelle.

E sorridevi...

 

 

a mio padre

*

Una bella cover

Scorri l’indice di fretta

mentre immagini volano

appropriate ardite strane

consuete.

Interpreta il lettore

questo disordine incorniciato,

all’apparenza nuovo?

Disarmonie di parole suoni,

falsi arcobaleni.

Volti noti estranei nostri

violano ogni regola

di chi dietro le quinte tace.

E le promesse sempre lontane

come il sole all’orizzonte

mentre tramonta l’ultimo sogno.

*

Maggio mese mio prediletto

Muove il vento ancora le nubi
Avanzando furioso per le vie
Genuflette giunchi e spettina
Grigie chiome di donne anziane
Indaffarate ad affrettar il passo
Ostacolato da raffiche più forti

Ma è primavera nell’aria e s’avverte
E sul coro consueto del mattino
S’eleva il grido acuto delle rondini
E stridono i pensieri sulla cessata quiete

Mi rammento il tempo infantile quando
Immersa nel verde coglievo margherite
O inseguivo le farfalle su odorose aiuole

Poi fu la stagione dei premi e delle ammende
Risvegli dopo crudi rigori e letarghi
Escogitati per limitare i danni d’una vita
Disposta più a prendere che a dare
Immancabile a maggio ritornava
La voglia di viaggi e nuove mete
E la vita in una nuova fioritura
Tutt’intorno a me e dentro il cuore
Torna ancora e al tempo che avanza
Oppone un fiore recato dal giardino.

 

Poesia pubblicata su "Scrivere" il 04-05-2018

col titolo di "Maggio"

 


*

Le parole che da me non odi

Quando il mattino è un trillo

e il sole un gioco tra le nubi

e il caldo infante di pochi giorni

già si distrae in innumerevoli capricci

 

ed io tenendoti per mano,

vorrei dirti le parole che

da me non odi quando a sera

spesso anche l’aria è veleno,

con la sua quiete impudente

come fosse ignara della nostra pena

mentre il sonno gareggia con l’attesa

e la notte reca altri timori,

 

quando il mattino è vero,

la tristezza scava segni sul viso.

La lentezza mi assale in quel vago

peregrinare per solitari sentieri

ed il pensiero solo t’accoglie

come fosse un nido tiepido e gaio.

 

Ed il pensiero mi redime dal peso

di parole ingiuste inadatte insensate,

quelle che ascolti in silenzio

quando la notte

ci cade addosso... esausta.

 

*

L’oblio una meta concessa a pochi

Annoiati e stanchi

poniamo freno ad una corsa inutile.

Ci sovvien alla memoria

il tempo spensierato dell’incoscienza

quando ogni conquista ci allietava.

Abbiamo accresciuto il ritmo

fino al desiderio del letargo.

La vita un disegno su un foglio

cancellato più volte ora ci opprime

come un groviglio di scarabocchi,

la vista persa in quell’inganno.

E i compleanni così attesi

quasi fossero miracoli di sogni

sostenibili, spesso son chiodi

fissati al muro a ricordarci

pericoli e fallimenti.

L’oblio una meta concessa a pochi

fluttuanti tra terra e cielo

ignari del vento sottile e dell’orlo del buio.

 

*

Ultimo giorno d’aprile

Mesi che corrono lenti monotoni spenti

distinti dal nome diverso le stesse ombre

la fatica di convogliare il pensiero

verso itinerari di verde e di luce

 

mesi rimuginanti parole progetti lontani

confusi dentro una stagione ibernata

l’oppressione di un nemico che vaga

non visto letale che dove s’annida

prolifera ed è innaturale pensare

di starsene quieti in attesa perenne

 

mesi frenati di eventi sospesi

di speranze or più fioche or più accese

che torni lo stato chiamato normale.

Sarà estate o forse d’autunno

o ancor più lontano

quando avremo compreso

che l’anomalo è il corso ordinario.

*

E penso al mare

E penso al mare

al suo irrequieto viaggio

a come s’erge sugli scogli

e giunge a riva,

la solitaria riva

dove la luna splende

indisturbata

in questa differente primavera.

 

E penso al mare

al mare immenso

qui confinata

tra le pareti stinte

protesa alla finestra

ad annusare l’aria,

l’orecchio ripagato

da un suono più canoro

dopo il grugare delle tortore.

 

E penso al mare

al suo silenzio cupo

quando il vento muore,

l’anima mia fremente

il corpo lasso

nella notte di sogni

brevi un lampo.

*

Dov’è la mia terra?

Qui il clima è freddo

sebbene si sudi

ad ogni passo che avanza

qui si vive emulando chi

di vizi ha opulenza

 

qui le parole sono

sbuffi di vaporiera

ed i pensieri treni deragliati,

i sogni praterie bruciate.

Qui alla vita stanno cambiando il nome.

*

Migrano a sera i miei pensieri

Un grido di rondini ha zittito l’aria

gremita di più sommessi suoni

e dopo il tiepido sole del mattino

il tempo è presto mutato.

 

Sul silenzio si levano le note

ora d’un violoncello

migrano a sera i miei pensieri

verso l’oblio e la mitezza del tuo sguardo.

*

Verso l’Infinito

Come distingueremo vita e morte

se uguale sofferenza strazia l’anima.

Mai ti spauriva il pensiero del distacco

dalla materia. La tua anima sempre leggera

come brezza al morir del giorno,

quando narravi di visioni

e della quiete profonda

del tuo mondo pulito.

 

Verrà l’autunno un dì,  di foglie

allegre e della rimembranza

di tutte le gioie vissute

e in cui diremo alla luna,

noi savi ricchi di spirito

e senza più affanno,

“E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l'etate
del mio dolore”.

 

In memoria di B.G. scomparso la notte scorsa.

 

I versi in grassetto sono tratti dalla poesia "Alla Luna" di Giacomo Leopardi.

 

*

Cambiamento

Vorrei avere parole nuove

ma a nulla varrebbe fissare il vuoto

ascoltando il silenzio

 

altrove e in tempi andati scavo

per vedere affiorare tra le mani

emozioni più vive lontane

 

ora la quiete fa male più del rombo

dei motori per la strada

più dello schiamazzo selvaggio

dei ragazzini quando fanno a gara

a chi grida più forte.

 

Ho sete e nulla che plachi l’arsura

ho fame e cibo indigesto nel piatto

ho parole che intorbidiscono il mio pensiero.

*

Rassegnazione

Talvolta la verità di un fatto è inconfutabile

benchè ostinatamente ricusata

e non servono ipotesi né analisi

o spostare i tasselli nel mosaico.

Non v’è speranza di mutar la sorte,

nessuna secondaria via

e non v’è scampo.

 

Sicchè altre sembianze assume,

dopo l’ultimo esperimento escogitato,

la resa, quando in preda allo sconforto

non più si oppone resistenza

e della quotidiana lotta della mente

in bilico tra poli d’opposti segni,

non v’è traccia se non in quel setaccio

che oscillando riporta i grani in superficie.

 

 

 

*

Una pena che non s’acquieta

Domanda di vivere il pensiero,
discorde dal corpo traviato

da un dolore che non vuol
testimoni né più brama la luce

ma vorrebbe porre fine al supplizio.

 

Non stringono un lembo le mani,
del lenzuolo, una piuma che pesa una trave…
Promette la notte un inganno meno crudele.

Menzogna! É una pena che non s’acquieta,

col solo morire del giorno.

*

Abbiamo vissuto il miglior tempo

Abbiamo vissuto il miglior tempo

sapendo che poi non avremmo potuto

chiedere la luna.

Pur fra diversità di opinioni attese esacerbanti,

abbandoni pensati come le burrasche

che giungono improvvise, taciti compromessi

 

e quello che non è mai accaduto è stato il più bel sogno.

Ora non abbiamo che istanti piogge di petali

e sentieri di foglie e brezze dalla nostra parte

a sospingere i nostri passi nella stessa direzione

e un bacio ad ogni congiuntura.

 

Abbiamo vissuto il miglior tempo,

quello fantasticato sul gioco delle ombre

quello conquistato nell’irrequietezza

quello non ereditato

mai scritto sui muri

mai in volo su striscioni colorati

mai dimenticato.

*

Chi ti pose in castigo?

Interminabile il tempo

quando il dolore

annienta il corpo

e la mente affossa.

 

Vuoto orizzonte dinanzi

come pure scavando

affannata col desio

di rianimare istanti felici

nello scrigno colmo solo

di antiche amare memorie.

 

Un giorno ancora, espiato,

talvolta vissuto come fosse l’ultimo

Un lume consunto che uno spicchio

appena rischiara di tutto l’oscuro.

 

Chi ti pose in castigo, rammenti,

riprendendosi il dono?

 

*

Spesso gli inetti chiamano popoli in raccolta

Vola l’asino e l’elefante nasce da un uovo,

la proboscide scava nella sabbia

e rinviene tesori. E’ vero,  qualcuno grida

e chi mette in dubbio una simile verità

è condannato al rogo.

 

Così è se vi pare, bla bla bla

sul rimescolio di parole,

cancellando per riscrivere

le stesse futili canzoni.

Qualcuno dice io no

ma  indossa la museruola,

le orecchie penzoloni,

guaisce inascoltato.

 

Spesso gli inetti chiamano popoli in raccolta

allineati e coperti in  un solo grido.

L’imbecille di turno, la corona di carta sul capo,

circondato dal fumo dell’incenso.

*

Tu non scrivi poesie d’amore

Tu sei balsamo sulle ferite dell’anima

distilli parole in un calice e scaldi il cuore

col nostro elisir tra desideri e sospiri

negli occhi non vani miraggi

ma ostacoli vinti

per sempre nuovi traguardi.

 

Tu sei la forza che innalza ali

troppe volte spezzate

il vento che insiste e scansa

quel velo di noia e la tristezza

accendendo il sorriso dove il buio

non lascia presagire spiragli.

 

Tu sei il rimpianto di cose mai avute

nostalgia di un rito conosciuto

a memoria e non celebrato

tu segui caparbio i tuoi itinerari

dove io mi penso assente ed imperfetta.

 

Tu spiani ogni via perché anche la croce

si trasformi in delizia e non scrivi

poesie d’amore perché non direbbero

il bene profondo che hai nel cuore

e che il pensiero non svela

anche quando il fuoco dilaga

di un’immensa passione.

 

 

*

Il tempo indefinito

E’ questo il tempo di un bacio

di labbra che farfugliano sillabe

e benedicono intime emozioni

 

è questo il tempo di una carezza

pensata mutata affidata alla notte

di mani come ali e pennelli e lingue di fuoco

 

è questo il tempo di allontanare paure

procrastinare abbracci

costruire speranze

 

il tempo indefinito

barattato tra un si ed un no

in bilico tra un’ipotesi

ed un sogno

 

il tempo ostinato

fatto per noi

per il nostro domani

chiaro da sempre.

*

Ali bianche

Ali bianche ha la mia notte

perché un gabbiano

è il sogno di un bambino

che non ha mai visto un treno

ed il suo fischio gli assomiglia

anche se il bambino sa che il cielo

non  è il grigio rumore delle rotaie.

 

Ali bianche ha l’alba che non ha visto

salpare barchette di carta sull’acqua

o su tele  incompiute quando le speranze

avevano un nome diverso.

 

Ali bianche ha il tempo quando è luce

e si rallegra dell’assenza delle ombre

o di aver vinto la tempestosa notte

Ali bianche il sudario che accoglie

l’anima mia flagellata dal male.

 

 

*

L’amore distante

Passi che s’affrettano fino alla soglia

dentro ancora l’odore di fritto

e l’aroma del caffè

 

mi distraggo fissando i quadri

alla parete e pensando già

ad un calice di rosso ed un tost

 

e a quell’attimo d’immensità

accarezzando il silenzio

con le mani e con le labbra

 

un mare che si tuffa nel buio

cercando le stelle

il pensiero lontano da numeri

e bilanci e curve.

 

Nessuna ipotesi o previsione

io la sera e la tua distanza,

un vestito che indosso da tempo.

*

Piove

Ben interpreta il cielo l’urgenza della terra.

Ogni stilla scivolando al suolo è un pianto

che la mestizia nel cuor rinnova.

 

Avevamo lasciato il giorno e la sua quiete

per l’aria tiepida serale ed ora siam svegli

in quest’alba smunta di una  acerba primavera.

 

Come ci avessero sottratto il panorama,

rubando il quadro dentro la cornice!

 

 

*

La notte

Le mie mani operose sono morte
e le mie braccia pesano come tronchi
quando non sono rami spogli.


É quando senti i miei passi
ed io sono lontana.
É quando senti la mia voce
ed il silenzio urla il mio dolore.
É quando pensi di abbracciarmi
ed il nulla accogli col suo corpo
mutevole e sfuggente.


La notte
vago tra parole che non ricordo
mentre i pensieri tessono indisturbati
una fitta trama. E’ la tela dove

cadono i miei sogni.


Ed è quando sento la tua voce

mentre ti allontani.
É quando sento le tue mani

ed il tuo risveglio mentre non ci sono.
É quando l'alito di un bacio mi sfiora
ma l’alba é un fiore

che il vento sfoglia

e disperde nel nulla.

*

E’ una primavera silenziosa

E’ una primavera silenziosa

così sospirata e tanto attesa

giunta come all’improvviso

dopo un inverno lungo

più di una stagione,

un inverno non certo di rigore

ma di sorprese amare ed insospettate,

che ancora resta nelle case

quando coi gomiti sopra al davanzale

si guarda il sole fuori, nitido nel cielo

senza delle nubi il velo

e degli uccellini si insegue il coro

prima di scorgere più alto

un armonioso trillo l’acuto

d’un fischio o un gorgheggio

ascrivibile ad una specie.

 

Ma il tempo allegro è solo un flash

sulla lentezza d’una mestizia

che ora ha più solide radici.

Si sta come incartati

nei gesti e nelle parole,

i passi svelti e nel contempo lenti

per respirare una natura in fiore.

Un risveglio che sembra non ci appartiene.

 

*

La parabola

Chi è costui? Muta forse il corso delle acque?

Devia il sentiero dai suoi binari?

Ordina al mare d’innalzarsi

turbolento o di contrarsi

fino all’appiattimento?

 

Costretto al Pianeta ed alle sue brutture

e ignora l’universo spaziale... se lo ignora

è per il limite, ha in  sé una minima

porzione che  discende dal “divino”.

 

Costui è folle, dicono. Un pazzo visionario.

Ma non sarà forse un saggio lungimirante,

un eccelso cultore del libero pensiero?

 

Ascoltatemi,  nella taverna

stanno desinando in quattro o cinque

tra risate e schiamazzo generale.

In mezzo a loro c’è una toga.

Ad un tavolo un po’ distante,

qualcuno con un piatto di minestra.

 

Il pazzo visionario  (o forse

il saggio lungimirante )

attratto dal tavolo in penombra

si ferma. Se ne disconosce la ragione.

Quel che accade tra i due non reca noia

agli altri commensali nè li offende.

Il resto tutto da interpretare!

*

Input output

In bilico tra regole e trasgressioni
tra chi dice si e chi dice no.
Un tiro alla fune
sotto un cielo nero.
Respiro una terra vergine
ed un’aria vuota.


Il corpo stanco cede

abbagliato dallo schermo,

sotto lo sciame dei pensieri.
Un lieve brusio sembra un grido.
M'inceppo. Memoria piena.

Partenza da zero.

*

Se la notte fosse un drappo di velluto

Se la notte fosse un drappo di velluto,

senza uno spiraglio,  non distinguerei

quegli occhi che mi scrutano.

Un gatto nero in armonia con le mie ombre.

 

I sogni ora hanno un altro nome,

per sintomi son  simili ai desideri.

Vedo fumo denso e non arcobaleni.

Ma non dispero.

 

Ho provato a ripercorrere all’indietro

quel sentiero. Ho udito i passi di mia madre.

Correva nel mentre ripeteva del tutto incredula,

non posso camminare.

*

L’augurio della domenica delle Palme

Quanti ramoscelli nel becco d’una colomba

e quante palme spezzate a predicar la pace e la speranza!

Immagini non necessarie appena l’anno trascorso,

oggi che tutto ci è negato, le nostre parole

sono così scritte ed i nostri baci ed ogni abbraccio

tra le pagine d’un social.  E noi senza alternativa.

 

Ma col coraggio e la speranza del domani.

Promettendoci rametti d’ulivo ogni qualvolta

ci troveremo gli uni di fronte agli altri

vincendo la presunzione dei nostri pensieri

e la superbia dei nostri gesti.

*

Guerra nella guerra

E penso al turbamento dei singoli

alle abitudini d’una vita già grama,

di fallimenti ed ostacoli

e di patimenti, un dì dimenticati

anche se per breve, in piazza.

 

Chiodo su chiodo il peso

spinge il corpo nel baratro

chi più non si domanda quanto

male discenda dalla sorte

quanto dall’ira d’un dio

cieco o forse stanco,

o solamente distratto.

*

Siamo ora invisibili

Siamo spariti dallo spiazzo

tanto amato dalle folle che schiamazzano

siamo al confine. Il nostro volto la nostra identità.

Liberi da chimere e inganni.

 

Non avevamo tempo per l’aria

un correre febbrile un diniego ai nostri bisogni.

Non avevamo tempo per la terra

i nostri passi al tramonto una cadenza muta

dopo aver dato voce alle emozioni  

e mitigato silenzi con equità.

Non avevamo tempo per l’acqua

né per il fuoco. Elementi in noi dal nascere.

 

Siamo ora invisibili

come abbiamo sempre desiderato

senza suggelli ed etichette

scevri da invidie e congetture

siamo puri come siamo nati

perciò irraggiungibili.

Ed il cammino è nostro come il tempo

come il diritto alla noia e alla tristezza

e la paura è nostra come il coraggio 

e come la speranza d’una vita

diversa oltre i cancelli.

 

 

*

Viaggiare in cartolina

Muoversi senza spostarsi

fingere d’essere stati in cento città

attraversare antichi borghi

per viuzze e mercatini, segrete nicchie

e panorami. E visitare castelli e chiese

ma arginando ogni capriccio,

vivendo d'ogni scoperta lo stupore.

 

Saranno così anche le feste, per un tempo indefinito,

le palme non benedette, la colomba segregata in chiesa

e le nostre case senza un filo di polvere sui mobili

dall’aria sacra come luoghi solitari di preghiera.

Domanderemo cieli di speranza, rifugiati nell'oscurità

per sognare e cercando quiete nello scrigno della memoria

quando il  clamore dei pensieri ci restituirà una mente stordita.

*

Se non fosse un foglio

Se non fosse un foglio, un foglio bianco,

ancora per poco bianco, a narrarti di me

dell’insondabile, dello scoglio del suono

su questo silenzio di parole lontane

dal primitivo senso.

 

Se non fosse un foglio, non più bianco,

imbrattato di matita o d'inchiostro

o di  sangue o sudore

o del nulla che stilla da un’attesa incorporea...

 

Se non fosse un foglio sarebbe un campo arato

scuro, una fila di solchi uguali dopo il travaglio

del vomere tra le zolle. Un campo arato, fecondo

in ogni fenditura toccata dal cielo e da benevola sorte.

 

*

Nell’erba incolta ecco una calla

Si può andare uno per volta,

chi al meriggio chi prima del tramonto

per la via silenziosa e dritta che costeggia

la ferrovia. Di  metallo è pregna l’aria

che promette nebbia al calar del giorno.

E dell’odore dell’erba sul ciglio,

oltre le  selvatiche radure ed il pattume.

 

Ho udito un fischio all’improvviso

 quando al treno io non pensavo

nè al mondo che corre

ed al panorama in posa.

Rotto il silenzio, la trama dei pensieri,

qualche ricordo d’altre sortite a piedi,

 per attutire della vita il frastuono.

Ora  solo  pochi passi, quasi contati

e facendo attenzione a rimaner da solo.

 

Dopo esser rientrato potrai fare

anche tu lo stesso mio tragitto,

avremo così quasi l’impressione

 d’essere stati insieme a passeggiare,

mano nella mano e  senza proferir parola,

 com’è nostro ormai antico vezzo.

 

Però ti racconto perché l’ho amato

questo breve lasso fuori,  lungi da casa.

 

Camminavo a passo svelto, gli occhi bassi,

mi chino al suolo, e con  gran stupore,

nell’erba incolta  tra gli sterpi, ecco una calla.

In prossimità della via ferrata.

Sarà un segno? Tu cosa mi dici?

 

*

Non vedo nessun cane sotto il lampione spento

La strada non è che un segmento,

da una porta che si chiude

fin sulla soglia di casa.

E per il prato nessuna indicazione.

 

Hai visto mai un prato per le vie del borgo?

Eppure il verde è un mare che lievita da giorni

nella mente oppressa da un vago dolore.

 

Ed anche una capra legata e solitaria,

tu l'hai mai vista?

Nel silenzio è uguale un belato

al guaire d’un cane,

fermo nell’angolo più remoto

e poco illuminato.

 

Solo una voce che geme,

monotona ed invisibile.

Eppure non vedo nessun cane

sotto il lampione spento.

*

Una domenica bestiale

Milano è presto non ti svegliare

nonostante il cambio del fuso.

Canta sottovoce sulle note

di questa dolce canzone…

 

ma che domenica bestiale

la mia domenica senza te!

 

Sogno di mangiare un fiore

sfogliando le tue dita

mentre ti parlo d’amore.

 

Nostalgia o rimpianto

di cose perdute ( o mai avute ).

Parole sussurrate all’orecchio

in riva al mare o sul lago.

 

La vittoria d’un pigro pensiero

sul risveglio forzato,

nel senno di poi, si rivela un errore…

 

Amore,  ti ricordi Concato?

 

Sto pensando ad un giro in barca,

per questo sorrido…

magari domani, quando Milano

riprenderà a sognare.

 

 

Sulle note della canzone di Fabio Concato

Domenica bestiale – anno 1982 -

 

 

*

Un sabato qualunque

Oggi non voglio udire numeri

di passaggi e di mete ultime,

nessuna categoria o distinzione.

Sono nella mia casa, le pareti

dipinte di speranza e nuova vita.

 

Il mio amore ha occhi ed orecchie,

braccia immense ed una bocca

che parla di te solo e di te domanda.

Ma tu sorridimi: sarà di nuovo primavera quando

sarà risveglio da questa morte ora necessaria.

*

Ho incontrato Nino

Ho incontrato Nino su in paese

tutto affaccendato e pensieroso.

È mio amico, sebbene in modo vago…

chè a parlar d’Amicizia non si può qui,

aprendo una semplice parentesi.

Ma di lui so le cose salienti senza che

mai le abbia in giro domandate.

 

Ha tirato dritto, poco tempo aveva...

o si trattava invece di fretta immotivata?

L’ho incrociato qualche mattina dopo

per le vie d’un borgo non lontano,

a  pochi chilometri dal nostro.

 

Un sorriso largo sulla bocca

e mille domande a fior di labbra…

tanto che se gli avessi dato retta

il tempo sarebbe così trascorso

fino a quasi l'ora del tramonto.

 

Un elenco di cose avevo con me

ed i minuti contati e le mie tappe

già tutte con criterio disegnate.

L’ho salutato perciò con fare assai cortese,

come s’addice  alle buone maniere,

rinviando la grande chiacchierata

alla calma mortale,  su in paese.

*

Senza titolo

E sulla neve piove

stagione d’acqua pare

l’infante primavera.

 

S’infradiciano i muri

quelli già malandati.

Lo scrocchio delle ossa

ad ogni passo

racconta travagli

e vecchi patimenti.

 

Sul fiume,  leggere vanno

le barchette di carta

di altre primavere.

*

La solitudine della margherita

Quel che vedo è un cerchio e tutti dentro

quelli che fingono di ridere e di piangere

che si baciano e si salutano con calore

che applaudono le loro nefandezze.

 

Sollevandomi sul gambo ho provato

a guardare oltre il cancello il cielo,

così sereno ed irraggiungibile.

Uno stuolo di fedeli dalla terra

ripeteva m’ama non m’ama…

 

in una margherita tutto si conta,

anche i petali

e al pari, di me,  c’è chi si gloria 

di conoscere i pensieri

i desideri i gesti.

*

Il cielo è grigio e nevica

Il cielo è  grigio e nevica,

la musica al pc e navigo.

Lavoro, pausa. Rifletto, evado...

il gioco non rilassa ma impiega

della mente energia,

inutile espediente.

Il pensiero ha altre vie.

 

Non è inverno e non è primavera

è un tempo morto di ricordi

persone sepolte amori finiti

scrigni: un tesoro di perle ed appunti.

Conchiglie rinvenute nella sabbia

in stagioni diverse di sole all’aperto.

 

E' un tempo morto che corre

un martedì che pare domenica

e domani non è lunedì.

*

E’ profumo di te

E' profumo di te
in una lacrima
che solca le ciglia
e gela carezze sul viso,
di un amore finito
in un tunnel
freddo ed oscuro
nel silenzio di attese
lontane.

 
E' profumo di te
nei miei occhi
che incontrano i tuoi
pensosi mentre
la pelle mi sfiori
senza toccarmi.


E' profumo di te
che non osi baciarmi
ma respiri il mio viso
spaccandomi il cuore.
Sta tremando il mio corpo
sotto stelle sparute.


Sono un fiore reciso
sul tuo ventre chinato.
Ed è profumo di te
dentro il palmo dischiuso.

 

Pubblicato su  "Scrivere" il 03/05/2014

 

*

Ed io che non sono poeta

I poeti parlano di guerre e carestie

di drammi sociali e disastri ambientali.

Li pensate in un’arca

in attesa che il diluvio si plachi.

Li pensate su di un’isola 

a sognare, dondolandosi sull’amaca.

Li pensate sulle nuvole tranquilli,

come al bar a giocare a carte.

I poeti parlano di droga e di Alzheimer

di eutanasia ed oblio e di follia e di fame,

sono tra noi talvolta piangono

consolando talvolta cercano conforto.

Ed io che non sono poeta

leggo i poeti che raccontano l’amore.

*

E quando avremo cambiato abitudini

E quando avremo cambiato abitudini

ridefinito il concetto di libertà

imparato che l’amore sta nella rinuncia

e nel sacrificio, comprenderemo anche

perché i figli ora sorvegliano i genitori

da lontano e perché i genitori

sono sempre in apprensione per i figli .

 

Quando i giornali parleranno di cose diverse

e vedremo i  numeri azzerarsi

e torneremo a morire di vecchiaia

o d’altro morbo

avremo vinto questa guerra.

 

Ricorderemo il contagio e la cattività.

Le strade vuote e i negozi chiusi

le chiese deserte e gli alberi spogli,

anche se fioriti. E ad ogni abbraccio

e ad ogni bacio ritornerà la voce

dell’astinenza e i tanti sguardi appesi

al silenzio e a un granello di speranza.

 

 

*

I navigli

Sotto il tuo sguardo

scorrevano botteghe ed osterie,

mentre passeggiavi per il canale,

la sigaretta tra le labbra.

Finchè non scomparivi  nello spazio ristretto

del tuo "disordine necessario".

 

Oggi forse diresti “non l’amo più Milano”,

come allora,  al tuo ritorno alla città,

quella "grassa signora piena di inutili orpelli".

I tuoi navigli oggi sono pieni di gente,

di gente che corre e cammina,

mentre il contagio stermina vite.

 

 

Non l’amo più Milano. È diventata una belva che non è più la nostra città. Adesso è una grassa signora piena di inutili orpelli.

- Alda Merini -

 

 

 

 

*

Amore, noi eravamo abituati alle distanze

Amore, noi eravamo abituati alle distanze,

su di esse abbiamo edificato i nostri sogni

costruito speranze ed immaginato ponti.

 

Ma ora sappiamo che un bacio

costa un prezzo troppo alto

così come un abbraccio

e non troviamo le parole giuste.

 

Ci raccontiamo silenzi profondi

evitando il calore d’ogni gesto

e dirottiamo il pensiero altrove, 

come a disegnare per noi  il futuro.

*

Il tempo forse ha lavorato di notte

Il tempo forse ha lavorato di notte

tra ombre ed assenze e all'alba

ha appeso al muro un nuovo dipinto.

 

Un diverso sentire ora punge

come fossimo solo un groviglio di spine

e chiude groppi alla gola.

 

E' un gareggiare del corpo con la mente,

inquieto, fino all’ultimo fiato.

Intorno, un sepolcrale silenzio.

 

*

Lo scorrere lento dei minuti

Lo scorrere lento dei minuti,

quando la stanchezza giunge

e gli occhi non vedono che un giaciglio

e le parole muoiono

prima della soglia delle labbra,

è indicibile tormento

un cadere senza preavviso

in un tunnel senza pareti.

E spesso i due estremi s’assomigliano.

*

Un orizzonte troppo lontano

Non v’era sentore in autunno

del dilagare del nuovo male

un mare di foglie sussurrava

nel vento che nasceva piano

all’alba per lievitare fino a sera.

 

Nostalgia di quelle ore turbolente

e delle nuvole in cielo come carovane.

Quando il pensiero falliva l’intento

mi traghettavano al tuo mesto sentire.

 

Ora il sole cancella le nebbie e s’impone

al giorno che avanza. Sfiora le case

bacia l’asfalto. Fuori…  E noi,  dentro

a sospirare come avessimo dinanzi

soltanto un orizzonte troppo lontano.

*

Dovrà bastarci un raggio tra le tende

Dovrà bastarci un raggio tra le tende,

mentre il vento danza

e solleva la polvere nel viale.

E l’aria... al riparo delle case.

 

Vorremmo correre lungo il ciglio

della strada ed inebriarci dell’odore

dell’erba tagliata e di acerbe

corolle dentro un mare verde...

 

ma dovrà bastarci chiudere gli occhi

per un po’  e volare, dimenticando

il male  che serpeggia per le vie.

 

Siamo soli, così distanti, ma uniti

in un oscuro silenzio che pesa

eppur insegue promesse buone

e nuovo bene.

 

 

*

Tra pochi giorni sarà Primavera

Un chiacchiericcio sommesso giunge dalla strada

chiuse le serrande dei negozi chiusa la chiesa

deserta la panchina nella piazza.

 

Un coro d’uccelletti empie l’aria e risuona

il richiamo delle allodole come a celare

il tedioso tubare delle tortore.

 

Il vento è lieve, una carezza appena

sulla terra ancora  nera ed arsa.

Tra pochi giorni sarà Primavera.

*

State a casa

Rovistate nei cassetti se volete

o ponete ordine, leggete versi

o il  vostro autore preferito

sulle note di un “adagio” o di un “silenzio”.

Raccontate favole ai più piccoli

chè loro sentono la pena dei grandi

ed interrogate le mamme silenziose

e preoccupate per i figli fuori,

le mamme che sanno di altre guerre

ed ora ascoltano, tacendo il loro affanno.

 

Sorridete chè il sorriso vale cento abbracci

e per i baci c’è tutto il tempo ancora.

Vi bacerete sulla soglia e per le strade

per ogni occasione e ad ogni incontro.

Ma ora state a casa, e state quieti

come ad aspettare un premio,

chè la vita vale non uno

ma cento, mille sacrifici.

*

Paura

Cammini per strada,

un giorno normale

di vento chetato

di aria che odora

di cespi fioriti

e di pane sfornato.

 

Cammini da solo,

silente serpeggia un timore

come se all’improvviso

tutto potesse cambiare.

 

E’ un tumulto che cresce

e viaggia sospeso

tra angoscia e speranza

ad un arcano silenzio.

 

E’ un solo pensiero

che invade la mente

cercando più lievi risposte

ad un fatto che pesa.

 

 

*

Se m’interroghi, ti spiego

Tu mi parli di spine

di rovi, di cespi d’ortica.

Sono la rosa deliziosa

ed intensa dal profumo

inebriante ma ho aculei

disseminati sul gambo.

E non per ornamento…

 

Se m’interroghi,  ti spiego.

E ti narro di pro e di contro

di disattenzioni di mani

di sguardi di voci.

Ma dell’altrui spine,

mi spiace,

io non ho competenza.

*

Donna

Se potessi nascere di nuovo
sarei ancora donna
più di quanto io sono.
Ti lascerei la rabbia
la superbia
la maledetta tua ostinazione.
Ti lascerei godere dei tuoi vizi.
Ti lascerei alla tua disperazione.
A me basta dei modi la grazia
la dolcezza innata
e quel candore
con cui disarmo le tue ostilità.
Non chiamarmi con un altro nome.
Cinque lettere dell’alfabeto
mi definiscono alla perfezione.



Nel giorno della Festa della Donna propongo questo testo pensato e scritto con una certa ironia.

Pubblicato sul sito Scrivere in data 08/03/2012

Nel 2019 sempre su Scrivere un altro autore ha pubblicato un testo sulle donne,  ma impostato diversamente, dal titolo "Cinque lettere dal gran significato",  che richiama, ma solo nel titolo, riassumendola, la mia poesia.

 

 


*

Una casa non ho

E c’era un albero
e tra i rami un nido
ed in quel nido
talvolta un tal frastuono
che io scordavo del pensier l'affanno.


E c'era un bel giardino intorno,
oltre la soglia del vento tra le tende,
il glicine i ranuncoli al cancello

e il gelsomino e il suono d'una voce

che giungeva anche se di rado
a redimere da parole scivolate,
discordi da un sentire assai gentile.


E c'era una mano sulla sfera,

la lampada famosa d'Aladino,

artefice d'uno spirito che era afflato

ed era gioia ed era vita e spinta

nel proseguir il cammino periglioso

ed irto verso l'agognata meta.


Non corpo non ombra ma presenza,

nel nulla il tutto ed un connubio di mutua appartenenza…

E c'era un nome,  una favola moderna,

che m'accompagna ora nei prati dell'infanzia

tra viole e margherite ed aquiloni

che sfidano gli angeli ed i gabbiani.

 

Un nome che era solo mio

e non toccava l'altrui terra

né solcava mari e cieli.

Era il tuo nome… che era anche il mio.


 

  

 

*

Senza titolo

Ti scrivono dal fronte parlandoti di un’altra guerra

ma il tuo conflitto è diverso.

T'accompagni con le ombre

mentre sogni solo di vivere.

Non c’è alba né tramonto

nel tempo che t'attraversa

ma una mano che d'improvviso 

strappa i colori all’orizzonte.

*

Sono tra le cose che sfuggono

Sono tra le cose che sfuggono

non lancio richiami non ho appelli

da fare non nutro illusioni.

So che a me la montagna non viene

ma io non andrò alla montagna.

 

Non cerco parole,  le uniche

salvate nell’arca sono quelle d’amore,

appartengono al sogno e alla luce.

 

Oltre la soglia ho solo silenzi.

Onde che s’innalzano

ed avvolgono e che si ritraggono,

onde che s’assestano

e svelano nuda la riva.

 

 

*

Tra il dire e il fare

Sempre è così

nell’ignoranza d’un limite.

Si rompono gli argini e si straripa…

altro ingombro dinanzi a sommarsi

al peso d’un’ordinaria fatica.

Regole che appartengono

ad un sempre trascurato

ora minano l’equilibrio

in chi è più fragile.

 

Tangibile

una libertà assottigliata

sottomessa

ad una realtà  mutata.

Tra il dire e il fare occorre

restare coi piedi ben saldi

distinguendo il superfluo

dall’essenziale né  deviare

per sentieri che celano

altri pericoli oscuri.

*

Pensando all’isola felice

I numeri sono fermi anche la mente

di chi si ostina a camminar bendato.

Se impervio è il cammino si prosegue

solo se all’orizzonte nitido rimane

il profilo di quell’isola felice dove

tutti ristoro hanno trovato.

 

Ma ahimè questo riparo ora

è una bolgia tra percorsi contorti

ed in uno stallo che perdura.

Col voler fare di tutta l’erba un fascio,

 l’odor di fradiciume ora si è sparso

e persiste nell’aria così a lungo…

 

Li vedo spesso in sogno i mendicanti

di briciole e di parole false, di applausi

e di lodi e di sorrisi al buio che

la luce svela in un digrignar di denti.

 

Chi è stato un umile viandante per vie

predestinate al sogno,  amante

d’un pensiero mai contaminato,

si duole di tutto il tempo speso

e approda sconsolato? (ma non credo…)

tra il genere umano, quello incompreso.

 

*

E’ bello amarti

E mentre compi mille acrobazie

e passi da un argomento all’altro

la mano sull’orecchio

l’indice destro in un nervoso gesto

a scansare il colletto della polo

e lo sguardo fuori, ad un uccello in volo…

 

(quel passaggio ci distoglie dalla noia

o dal coraggio che manca a certe nostre azioni).

 

Sorridi ed il contagio è presto giunto

alle mie labbra ora appena schiuse.

E mi commuovi dicendomi d’un tratto

è bello amarti. Sei un raggio che dritto

mi trafigge ed ad abbassar la palpebra costringe

celando la tiepida discesa d’una lacrima.

*

E’ breve il tempo mio stasera

Potrei ora sbalordire la platea

e con termini d’effetto

dire del mio giorno cruento

del giogo del sonno come morte

del dubbio del risveglio

e di questo mio stato lasso

raccontare cose esorbitanti.

 

Ma il tempo mio stasera è troppo breve

quanto una sosta sopra una panchina

o un cenno di saluto con la mano

quanto un sorso per chetar l’arsura

o il pensiero d’un bacio dato all’aria.

Sì breve è il tempo mio che il sogno

avvertito si tiene già lontano e le membra vinte

cadono e stordite, sopra un giaciglio,

in questa notte buia.

*

Si muta ad ogni soffio

Corto il respiro, affanno d’innumerevoli passi.

Non si tiene il conto di scalfitture

nè di sillabe e singhiozzi sulla rima delle labbra,

sola necessità il silenzio tra alternanze di luci

ed ombre mentre i pensieri nati liberi

sono stuprati al primo approdo.

 

Ogni speranza è vana, passa per troppi filtri.

Diversità perseguite ora sepolte in un mare

troppo monotono ed uguale.

Si nasce ad ogni alba mutilati nel desiderio

con arti consapevoli di moti e gesti,

la mente spesso avulsa, protesa in altri lidi.

 

Si muta ad ogni soffio. Fragilità di vetro.

Nessuna appartenenza a quell’afflato,

sul filo teso nel vuoto

in lotta perenne d’equilibrio.

*

Sotto un vestito di carta

Vorrei accendere speranze come stelle

ed avere chiaro in mente piano viaggio meta.

I sognatori hanno mani vuote

e a volte ali di cera. Hanno parole

che restano incomprese

e croci a rievocar battaglie.

 

Vorrei amarti sfiorando

i tuoi palmi distesi,

con gli occhi nel tuo viso

la bocca sulla pelle,

fremente sulle tue ginocchia.

 

Vorrei essere leggera come brezza

e cingerti nel ritmo d’una danza…

Ma non sono che una ballerina di neve

sotto un vestito di carta.

 

*

Non ho udito che il vento

Oggi non ho udito che il vento

la sua voce il fischio

il borbottio il lamento...

ed ora che è sera

un petalo arso

s’infradicia al suolo

con l’acqua che il cielo rovescia,

d’improvviso

veemente.

*

Uno strano inquilino?

Non è per il bassorilievo sul portone

che sostano e scrutano l’androne.

 

L’occhio ha il suo limite specie

se vestito d’opaco, dell’anima

non ha alcun riflesso.

 

Non per le stanze sontuose

avanzano, per le preziose nicchie

i drappi alle finestre

e le parole che suonano

come un carillon.

 

Ma per quell’inquilino

che libero s’aggira

e tanto più caparbio

quando più è additato

pel suo comportamento.

 

E’ per il pensiero di quell’inquilino

che non teme mai l’altrui giudizio.

 

*

Un ramo sul mio cammino, già fiorito

(Riflessioni di febbraio)

 

Un ramo sul mio cammino, già fiorito

che era febbraio appena cominciato,

aderente a quel senso unico di sbieco

m’indica ogni dì la meta:

 

il quotidiano mio sostentamento

ed insieme pena non poco lieve

per non riuscire bene come una volta

giovinetta, la voce sempre incline al canto.

 

Ma ora la vita evolve ed il tempo scorre

pur tra dolori fisici (usure?) che l’anima

spesso sotterrano sospinta

nello strapiombo dal suo elevato cielo.

 

Come non avesse abbastanza affanno

tra diatribe varie e scorni costretta

ad accomodamenti di vedute

in tante diversità incomprese.

 

L’inverno al mio paese poco s'è fermato

E’ stato di passaggio cinque sei giorni?

Ed il sole di febbraio è già un inganno...

tra pochi giorni poi saremo a marzo

assai noto per far danno e capricci.

 

Spero però d'avere ascolto

chiamando in causa il suo buon senso.

È scapestrato e birichino, ma un ragazzo

e nel veder la terra già traviata

da mali nuovi e così oscuri, avrà clemenza.

*

E poi è come dopo una burrasca

Ed è come essere attraversata

da venti opposti.

Come la terra gemi ad ogni passo,

ancora, quando tutto

sembra essersi acquietato.

 

E poi è come dopo una burrasca

raccogli cocci di te li assembli,

ti levi in piedi e cammini a fatica

tra rantoli e respiri affannosi.

La luce tutto ciò che domandi.

*

Se fossi tu la via?

Se fossi tu la via?
Ed io le orme distratte
sulla sabbia
il capriccio dell’onda
la brezza sul collo
il pensiero fisso
lo specchio distorto
la fuga?

Se fossi tu la via?
Ed io un appunto
conficcato al chiodo
un fiore reciso
un nido vuoto
un mendicante
di parole
un sogno infranto?

 

 

Pubblicata su "Scrivere" il 07-09-2012

*

Un demone in me

Darei sfogo solo all’ira,

permarrebbe l’incomprensione.

V’è un percorso ciclico

per gli uomini e per le cose.

E sfociare nella monotonia è inevitabile.

Non mi duplico non mi ripeto non domando.

M’aspetto lumi nella notte più oscura

ma se anche tardassero o io attendessi invano,

rimarrei al buio nella mia fede atavica.

 

Mi racconto proprio quando sono restia

ad incontri-scontri. C’è un demone in me

perspicace ed attento che mi salva

dalle “buone intenzioni” del genere umano.

Il resto è niente: tentativi falliti

desideri incompiuti ed una verità travisata.

Mi amo per l’ostinata coerenza.

 

*

Prestami gli occhi

Prestami gli occhi

che i miei guardano il suolo

arido freddo grossolano

e la sottile crepa e l’abisso

(immaginato) oltre la falla.

Scendono nel cuore della terra

dove tanti han trovato già la pace.

 

Prestami gli occhi

che i miei sono muti e se puntano

al cielo pensano agli aquiloni perduti

ai palloncini sgonfi caduti da una nube

alle ali di cera ai voli dirottati.

 

Prestami gli occhi

sto per salire, ora che la strada è vuota,

fin sulla vetta, sul ramo,

nella zittita  chioma,

per quella  porzione di stelle

che appartiene solo alla mia notte.

 

 

 

*

Cinque pensieri tristi e un breve canto d’amore

Trilla l’aria alle prime luci.

Fa opaco il vetro il fiato.

Giacigli scomposti deserti,

memorie di solitudini.

 

Acerbo pensarti:

tu già ai tuoi affanni

io nell’ennesima battaglia

che non ti racconterò, dopo.

 

Il sole sul capo,

sul tuo sentiero piove?

Non dirmi… mi parli

attraverso le ossa,

scricchiolante

ad ogni mio movimento.

Avanzi. Mi ascolto.

 

Questo bacio al tramonto

è giunto così inaspettato.

Forse il premio per la pazienza?

Forse al coraggio per tessere

un ordito di attese,

sfogliando pagine

spesso al contrario?

 

La luna ha già invaso il cielo.

È immensa. Ci osserva:

noi piccoli, in egual modo.

Non fa differenza il peso.

 

 

E poi,  quando tocco i tuoi pensieri

m’accorgo di nicchie inesplorate

e di sentieri impercorribili.

Nascondo gli occhi tra le anse.

Come appari mutevole ad ogni postura…

il mio stato è limbico.

Quando muovi le labbra odo

come il silenzio di te parla

e m’accorgo di necessità cadute

e del tempo sprecato in aridità.

E poi, quando allarghi le braccia

sento come si popola il vuoto

ed io cado ai margini ebbra

dell’odore dell’aria che tu respiri.

Quando guardo il tuo viso

ogni linea è una via

già attraversata, m’appartiene.

Leggo ogni fioritura, ogni autunno.

Sei la terra da cui amo guardare

ogni notte il mio cielo!

*

A mia madre

Quanti passi tutt'insieme ho udito di te.

I tuoi. I tuoi e un tripode. I tuoi e il sibilo

d’un girello sul pavimento.

E i tonfi e le cadenze strane d’un corpo

magro che fa peso e che vacilla.

 

Ma la leggerezza del tuo piede

e il ritmo come di danza, improvviso,

ecco la sorpresa! Nel dormiveglia

d’una stanza schiudo una conchiglia

vecchia d’anni e la perla è intatta!

*

Vorrei alzare gli occhi al cielo

Vorrei alzare gli occhi al cielo

e ringraziare Iddio per questo giorno

giunto alla fine. E raccontare alla luna

d’altri tormenti e d’altre pene,

d’un desiderio che lievita a dismisura

d’un amore che chiede strade nuove.

 

Ma il tempo a volte è un treno

che corre portandosi via il panorama.

Me ne sto penzoloni gli occhi bassi

stanca di parole e di silenzi, amara...

solo sperando nella clemenza della notte.

*

In amor chi più ama più s’affanna

In amor chi più ama più s'affanna

l'altro di compiacer per cui se l'altro

disdegna le effusioni e s’allontana

senza una vera ragione vuol dir

che non ama in egual misura o forse

avverte d’avere come un cappio al collo.


Ma chi ama soffre e fa mille esperimenti
e quando non lacrima s'arma di pazienza.
Modifica persino il suo comportamento

e s'adegua al modo d’ essere dell'altro.


Chi più ama si sa che infine cede

e non s’accorge che nel cuor tutto è mutato.

Il tempo però che passa e non tanto il fato
a zoppicanti storie pone fine.
E il fuoco non più alimentato

carbone tra la cenere è domato.

 

 

*

Un mare piatto

Sono cadute vite

e sogni e speranze

su di un mare piatto

troppo simile alla terra.

C’è puzza di marcio

in ogni zolla e in ogni rivolo.

Venti antichi cori atoni

occhi che non vedono.

 

Nell’aria polvere.

Burrasche che spingono le folle.

Amici sulla carta,

ora stanno in quarantena

muti nascosti dietro l’angolo

o una siepe

prossimi a migrare

persi in congetture

e spesso in letargo

(apparente)

seminando zizzania.

 

 

 

*

Ti penso assai lontano

Un fischio ed un garbato trillo

fuori stamani

io tra le pareti e i miei pensieri,

 un po’ stonati.

 

Sulla sinistra nei pressi d’una casa

un ramo nudo mi desta dal fermento

e mi sgomenta. Non vedo la ridente fioritura

solo quel ramo dal vento devastato.

 

Ti penso assai lontano e mi rattristo

ma tra l’orecchio e il collo

muove un bisbiglio.

Non odo che una sillaba straziata.

E poi,  il tepore del tuo fiato.

*

Poi torneremo dentro il sogno

E ci lasciamo scivolare

tra le vesti leggere della notte

sedendo sui gradini del silenzio.

Tace anche l’allocco appollaiato tra i rami,

poco più in alto i nostri sogni hanno fatto il nido.

 

Riposeranno le ali prima d’aprirsi al cielo

ad inseguire un luccichio di stelle.

E sarà brina al mattino sopra il prato

dove il passo sosterà interrogando il giorno.

Sarà clemente il tempo e prodigo di speme.

 

Ci abbandoniamo lievi nella nenia

chiusi nei nostri corpi,

noi soavi come piume,

in un turbine o in altalena,

innestando braccia come rami.

 

E un bacio ci parrà vero

caduto tra le dune

rotolando fino alla soglia del mattino.

Poi torneremo dentro il sogno

nell’oscura cripta della notte.

*

I poeti incompresi

Quelli che raccontano l'Infinito

quasi Leopardi abbia gettato solo le basi
quelli che non si limitano a sognare
ma urlano alla luna e se ne stanno

col naso in aria a contar le stelle.

 

I poeti che indossano Montale
ad ogni affanno. E ad ogni feritoia
incontrano  il male di vivere
camminando  piano,

sulla groppa il peso dell'universo.


E i poeti taciturni persi

nei pensieri e nei loro amori
che scrivono un poema in tre parole
trafitti da un raggio che è già sera.


I poeti amanti delle contraddizioni

e i poeti maledetti tre volte

e quelli che scrivono normale

e  di tanto in tanto nei vocabolari

rinvengono termini antichi,

poco usati taluni, altri poetici.


I poeti che scrivono bla bla

drin drin tri tri o fru fru fru

e forse si vogliono solo divertire

in questo tempo in cui tutto è stato detto.

 

I poeti di cantilene e filastrocche

e delle odi per ogni cosa inanimata o astratta

ma che non sono felici come Neruda

 "fino all'ultimo profondo angolino nel cuore”…

 

sono forse i poeti incompresi?

*

Senza più tarli

Ho un legno nuovo e senza tarli.

Ascolta … ora il silenzio è vero

ed è assoluto. E non ha peso

come l’aria – un vuoto -

senza uccelli, senza lo sciabordio

del rio e lo stormire delle foglie

e con  la solitudine che non fa più paura.

 

Su bianche pareti dipingerò le stelle

per me per te per chi vorrà capire

ma sarà amore e sarà vita.

Sarà solo pensiero?

Un legno senza tarli non ha voce.

Un legno senza tarli

è un legno vuoto o pieno?

*

Colmo il vuoto col coro dei pensieri

E’ facile smarrirsi nel dubbio

nei limiti nel vizio e quasi in bilico

tra l’essere e il non essere.

 

Non conto mai le assenze,

il tempo è oro… ma colmo il vuoto

col coro dei pensieri.

 

Si prestano il verbo e gli occhi

a chi è di fronte perché varchi la soglia

dell’anima. Nessuna chiave.

 

Solo i fantasmi hanno piedi scalzi,

sono senz’anima

perché non hanno occhi.

 

 

*

Canto d’amore per te

Ho sempre scritto per te

per quello che non hai mai detto

per come mi guardi

per i tuoi gesti sempre troppo cauti

per i tuoi baci così casti

e l’ardore dei tuoi silenzi.

 

Ho sempre scritto per te

che sai ascoltare le parole

che non hanno suono

e gli acuti sopra ogni coro

per te che m’accompagni ad ogni istante

e sei ombra e respiro

per te che t’innesti nei miei pensieri

e mi sei veglia e sonno.

 

Scrivo per te che d’ogni mia sillaba

conosci il senso,

per i tuoi occhi e la tua bocca,

per le tue mani così lievi.

 

Scrivo per te che mi ami

e mi dai le ali

e m’inventi in mille forme

ed accendi i miei tramonti,

 

per te amor mio che sarai sempre

quel che ora sei e sei stato

per tutto il tempo che non ti ho avuto.

*

Il primo bacio

Il primo bacio

forse sarà l’ultimo.

L’ultimo il primo,

per noi che viviamo

aspettando

ancora di nascere.

*

Passi al ritmo d’un lento ruminare

Arriverà forse un giorno nuovo

di vie diverse di passi attenti

che muovono al ritmo

d’un lento ruminare.

 

Ancora siepi a baluardo

delle nostre case

e ignote mete d’un passato

che torna ad eco

nel vizio dei pensieri

che sfidano il filo spinato.

 

Ma i desideri... sediamoli

per un attimo ancora,

prima che prendano il sopravvento,

mentre cresce la marea.

 

*

Riscrivendo scenografie

 

E le parole chiedono parole

come gli applausi altri applausi.

 Abbandoniamo il panorama

 riscrivendo scenografie,

 gli occhi distrattamente

 narrano di similitudini.

 

Appagamento relativo.

Nascono indovini e fattucchiere

 e tutti han percorso le stesse vie.

Chi può dire quanto ingannevole

 sia la verità e quanto la bugia…

 

 

*

Un dì

Un dì pregavo ad ogni affanno o pena

ed un sorriso a sera come un lampo

breve tagliava ogni traguardo.

Or se la bocca soccombe alla parola

quel farfugliare è un blasfemo.

 

Così taccio e sopporto un peso

che ad un esile corpo non s’addice.

La fine del giorno è la mia resa

con la lusinga d’una magra quiete

Eppur la notte  è un fermento…

 

quanto rumore fanno i pensieri

mentre il corpo è già vinto!

*

Frammento

Tornerò a te nel turbine del vento
e nel rigurgito dell’onda,
giungerò a te per ogni angolo
su sentieri di polvere e fiori e foglie.

 

 Nelle ore colme di malinconia

ti vedrò riempire anfore di sogni

 - i nostri sogni taciti e lievi –

 

E sarò una stella sopra i tuoi silenzi

un frammento di luce nel buio della notte.

 

 

*

Non ho mai smesso di volare

Posso tornare a questa terra

piangere stagioni inclementi

e tasselli mancanti

e trame fitte e nodi stretti,

aprire l’otre di speranze nuove

su vie deserte.

 

Ho caviglie come ali.

M’addestro al passo del pensiero.

 

Posso toccare il cielo

ed incontrarti in un bacio,

uno di quei baci che schioccano

come becchi nei nidi tra le fronde

e vanno tra le nuvole,

bolle che mutano forma

colorando la luce.

 

Sfumando l’orizzonte...

non ho mai smesso di volare.

 

*

Mi cresco un male che a dirlo sembra lieve...

Mi cresco un male che a dirlo sembra lieve

e mi annovera tra i folli o gl'infelici.
Tale é il tormento che non trovo quiete…
tra ipotesi pensieri e fantasie.

Se é dono quell'attimo di un vagito
e tale convinzione prende forza
nella breve stagione spensierata,

ogni conquista poi é dura lotta
e ad ogni trionfo piccolo o importante

del dono non v’è memoria ma coscienza

di quel vago peregrinar per triste meta.

*

Vedo che mi stai guardando

Vedo che stai guardando sotto le lenti
quel baffo un po’ marcato sopra il labbro...
Lo sguardo sempre fisso, poi ti domandi
dove é finito quel dente sì macchiato,
memoria di una caduta dal castello.

Sai, quel baffo io ce l'ho lasciato
per non toglierti il divertimento
E con gli occhi a sorridere ho imparato…
che tutti mi dicono: son cosi belli!

Tu invece da acuto osservatore
avrai notato sul pallido mio viso
quella rughetta che, se rido, si allarga

intorno alla palpebra inferiore.

 

 

 

 

La parola “castello” nel quinto verso è riferita a “letto a castello”

*

Il tempo perduto

E' un ghigno sulla bocca, non ha  voce

l’emozione approdata all’amarezza.

 

Vanno visi di cui non ricordi gli occhi

e mani di cui si son persi i gesti.

 

E l’attimo regge tutto il peso

di nostalgie e rimpianti.

 

Bisogna fermarsi per capire

che correre è un affanno inutile.

 

E l’inquietudine è solo nell’animo

di chi si preoccupa del panorama.

 

Ora tutto è mutato,

anche le scene.

 

La memoria è un’onda che ritraendosi

restituisce la riva intatta.

 

 

 

*

Scrivo di cose futili

Scrivo di cose futili

di ignoranza conclamata

di verità negate e cori di maschere.

 

Scrivo di angeli senz’ali e di santi,

di regni di sabbia e tempo speso male.

 

Scrivo per uscire da questa fossa

dove sono rimasta a lungo

senza cibo e senz’aria.

*

Senza titolo

Chiuso è il castello,

le chiavi in fondo al pozzo

ma le finestre han le imposte rotte

e i muri crepe e falle

e dal soffitto piove acqua e vento.

 

Il ponte levatoio, ormai abbassato,

l’accesso ora consente in egual modo

ad agnelli e lupi. Tu guardi...

e non distingui alle pareti

gli obbrobri dagli affreschi.

*

E’ un macigno ora che spingiamo

È un macigno ora che spingiamo

con l’aiuto di mani e piedi.

Vinceremo questo tempo morto

e il male dentro, necessario.

 

È un macigno che non ci legheranno

alla caviglia. Tornerà alla memoria

come un’ombra, in una forma

indistinta, spinosa agli angoli.

 

Il senso c’era e il sogno era

nella forza del pensiero.

Finchè dall’orlo non scivolò una goccia

di cui s’è persa traccia tra le crepe.

*

E’ fuggito via il giardiniere

E’ fuggito via il giardiniere forse per mare
o forse in volo portando via le primule e le rose
lasciando tra le viole un non ti scordar di me.

E’ in viaggio e non risponde al cellulare
le chiavi del cancello dentro un vaso
o sotto un prato o forse sono in casa
tra le lattine e i chicchi di caffè.

 

Ha portato via il sole ed il temporale
e l’arcobaleno con tutti i suoi colori
a passi celeri è fuggito ed in silenzio
coi progetti i sogni e le sue mani,
un dì operose forse ora tremanti
nella nebbia fitta e nella notte buia
chiudendo dentro il vuoto solo il nulla.

 

Tutto tace e tutto pare fermo.
Passa un guardiano ora di tanto in tanto
e osserva intorno quella strana quiete.
Vagano in terra anime già spente
talune smarrite e senza più una meta.
Lui passa, osserva e scuote solo il capo.

 

 

Pubblicata su "Scrivere" il 10/12/2019

*

Ha il tuo nome la vita

Spesso i miei passi seguono il vento

e le foglie, nel loro ignaro peregrinare.

Invocare il tuo nome mi resuscita

dal rosso e dal giallo

scrollato addosso alla terra.

E divengo Luce.

*

Non volevamo la luna

Le parole hanno perduto ogni senso

per troppo tempo inascoltate,

pendono mature nel vuoto cadono

come foglie ormai secche dai rami.

 

Siamo rimasti troppo a lungo ad aspettare

sognando un mondo che non esiste

ormai da tempo. Non volevamo la luna

ma camminare allegri fischiettando

 

le mani in tasca e i nostri sogni nel paltò.

Non volevamo la luna, sta bene lassù,

in cielo, così come un lampione

sul ciglio della strada e un faro sulla torre.

*

Non aggiungete un posto a tavola

C’è troppo ordine nei vostri posti

le vostre regole sono una trappola.

Camminate a passi lenti e studiate

ogni parola, nessuna inflessione nella voce

 

e le vostre risate non risuonano fragorose,

lo sguardo basso sui piatti.

La vostra mensa è piena

ed io non più fame da tempo

né voglia di ascoltare menzogne.

 

Fuori l’onda flagella la riva.

Com’è vicino al mio dolore

lo sciabordio del mare!

*

Di chi è quel passo silenzioso?

Di chi è quel passo silenzioso

di chi la mano?

Quando han deposto un bacio sulla fronte

quando hanno colto le primule nel prato?

 

Odo una voce che non conosco

e sento il fiato di un’ombra dietro al collo.

Ho un nome addosso che non m’abbandona

come un vestito e a volte come un velo.

*

Ci vuole un albero

Tra i rami il cielo è uno specchio

e le stelle si possono toccare.

E i nidi tra le fronde

han pigolii sommessi.

E acuti,  fischi e chiurli.

Tra i rami volano piume,

stridono becchi e s’agitano ali,

in un fruscio lieve.

 

E’ così che sono le case quando son vive...

amore,  non sogni anche tu  una casa così

dove la fame è saziata con poco,

una casa che non pesa, sospesa,

come gli aquiloni tenuti da un filo,

mentre i bambini corrono, corrono

dissennati, nel verde?

*

Quelle cose d’importanza marginale

Vi sono cose d’importanza marginale

che se perdute ci lasciano un gran vuoto

come fossimo d’un tratto d’aria privi

o delle vesti ci trovassimo sguarniti.

 

E  ciò accade a maggior ragione

se quel ch’è stato giudicato secondario

spronati ci ha nel quotidiano vivere

e d’ausilio ci è stato per "le altre cose"

che, sempre a parer nostro, rappresentano

 il vero fulcro della vita.

 

Noi con le pause il relax e il diversivo

abbiam vissuto senza avvertire il peso

di qualche azione che, fino alla meta,

s’è rivelata, strada facendo, dura impresa.

E  senza neppure quella noia

in cui incappiamo inevitabilmente

nelle attività che sono di routine.

 

*

Come intorno ci fosse solo il vuoto

Chiodi seminati sul sentiero

ed ombre nascoste dietro l’angolo

parole false, torbidi sguardi...

La nebbia si è diradata all’orizzonte

ed ha restituito ogni cosa ai nostri sguardi.

 

I piedi fermi s’interrogano smarriti.

E’ come essere giunti alla fine della strada

e accorgersi d’essere nudi,

senza casa senza sogni senz’aria.

Come intorno ci fosse solo il vuoto…

*

Nei miei rari approdi all’Isola

Nei miei rari approdi all’isola

ho visto morti che credevano d’esser vivi

e molti uomini coi paraocchi

ed altri che sapevano il loro giorno a memoria.

 

Odo litanie nell’aria, vuota di suono

del fischio dei merli e del gracchiare dei corvi

o del trillo d’un pettirosso.

 

E vedo lapidi e nomi che si ripetono,

quelli dei morti e quelli dei morti

che pensano d’esser vivi.

*

La speranza

E resti con un piede dentro

e un piede oltre la soglia

tra le cose che non dimentichi

e i fiori in volo con le stelle

sotto un cielo dove sai

che non accadono miracoli.

 

Ma la speranza è un lume

che talvolta resiste alla pioggia

e a venti bizzarri ed ardimentosi.

*

Rivelazione

Di quei sentieri,

impercettibili quasi

tra pietre e terra e cespi,

ora è chiaro il disegno.

 

Passaggio prediletto di chi

con ridicoli camuffamenti

ha sempre evitato la strada maestra,

agevole e non adombrata da rami.

*

E poi... i nodi vengono al pettine

E poi i nodi vengono al pettine

cadono maschere dal viso.

Amici di cui la mente

già aveva sospetto

di condotta non retta,

ora restano nudi.

 

Come son brutti!

Pure la morte li scansa…

Son sempre tra i piedi,

ma han cura di tenersi distanti.

Il caso, è vero,  tesse spesso la trama

ma poi, a volte, il destino

incastra i furbi a dovere!

*

Le avversità

Le nostre menti sono le stesse

lì il tempo non è giunto

nessuna incrinatura abrasione piega.

 

Le avversità ci hanno scalfito

forse in modo diverso.

 

E chi con nuovo entusiasmo

ora mira a cieli lontani,

chi teme il nero dietro un’aria tersa.

 

*

Passaggi

Voli bassi in cerca di briciole,

punti che dopo poco macchiano il cielo.

Gli unici passaggi che non destano sospetti.

 

Mani protese lungo il tragitto. Trappole.

Sulle disgrazie altrui si calca sempre il piede

e la parola, se giunge, attraversa fiumi d’ipocrisia.

 

*

Altrove nel momento sbagliato

Inconsciamente la vita

ha domandato un attimo

perchè il caso non decidesse

un diverso traguardo

 

un rumore udito in sogno

presagio di un’esplosione:

pietre e schegge e ruggine e polvere.

La salvezza: trovarsi altrove

nel momento sbagliato.

*

Verità

Vi sono muri alti e assai massicci

e scogli ad alture somiglianti

onde di cui non si vede il picco

abissi che non mostrano il fondo

col semplice abbassare dello sguardo.

 

Ma vi è chi valicando muri e scogli

e sulla sommità delle onde e degli abissi

alto si leva e libero sorvola

cieli che narrano di grandi verità,

inoppugnabili.

*

La cruna

In quella cruna spessa tutto passa

il filo d’erba il fusto ed il capello.

 

E tutto sembra avere il suo rilievo

se il varco nominato è il solo noto.

*

Il nuovo anno

Ed ora che tutte le parole sono state spese

ed ho invocato parole nuove

e constatato che non v’è una sola sillaba

che spieghi il mio pensiero

 

ora che negli occhi hai letto lo smarrimento

ed io il dolore e tu il pentimento e noi la disperazione

per non aver saputo vincere il delirio di azioni insane

ora che tutto è compiuto e nulla riesce a convincerci

d’essere in buona fede quando pensiamo tutti di avere ragione

 

ora che avremmo bisogno di un istante lungo un anno

ecco che il tempo muta, è solo un foglio staccato alla parete

il movimento d’una lancetta il vibrare d’un’ala

un letargo inaspettato che giunge provvidenziale.

 

E l’alba nuova è tutta lì,  in un respiro.

 

 

 

*

Impossibile ora è sognare

Non v’è obbligo a camminare

per vie sterrate o alberati viali.

Cambi di rotta o parallele vie

spesso definiscono il male minore.

 

Impossibile ora è sognare

per chi monco delle ali

non scorda le rare perle

disseminate in un mare di ghiande.

*

Il pomo marcio

Come son giunti al torsolo

in tanti e per un foro minuto,

un dietro l’altro? Come?

 

Erano lì annidati. Da sempre.

Cresciuti col seme

e invadendo la polpa.

 

Ecco come mutan le sorti

ed una quasi certezza

arretra in elusa promessa…

*

Ti ritrovo lì, dove tutto è in ordine

Ti ritrovo lì dove tutto è in ordine

anche lo scialle dimenticato sul divano

le ciabatte nell’angolo più recondito

nel raggio di un lume in una stanza

piena di troppi vuoti e troppi affanni.

 

Ti ritrovo dove i pensieri vanno

e s’eclissano dal mondo ed io attendo

letarghi o sogni mentre la luna splende

sui tesori di questa terra e sulle sue magagne.

 

Ti ritrovo lì dove improvviso nasce il vento

ed incalza e nuovo impeto infonde al canto

che mi figuro in questo tempo santo

di giovani donne e di pastori.

 

Odo lontano tra un suon di campanelli

lo stormir delle fronde e un rumore di passi

sul pietrisco e come in sogno

il bisbiglìo discreto della tua voce.

 

 

 

 

 

*

Dicembre

Uno schiaffo in viso il vento del mattino

ed un raggio di sole è lo scherzo inatteso

d’un bimbo monello. Malandrino lo  sguardo

ed un ghigno di lato  mentre penso

ad amori sepolti o lontani.

 

Son le note nell’aria d’un bianco Natale

e lo stormire dei cipressi tra il grigio

delle nubi in cammino.

 

*

Senza titolo

Inutile rimuginare

e tra innumerevoli ipotesi

figurarsi miracoli

troppo a lungo attesi...

 

Quel pane amaro

lasciato incustodito

è ora così duro ch'è pasto

indigesto persino ad un mastino!

*

Non so dove vanno a morire i miei passi

Non so dove vanno a morire i miei passi

penso a lidi antichi miraggi ed oasi

nel deserto e penso a floride siepi.

 

Non so cosa chiedono i miei occhi

stormi passano celeri e non mi domando

se si tratti di corvi o gabbiani.

 

Né levo lo sguardo. L’acuto grido

non è il gracchiare grave che l’aria graffia

ed il bianco nitore è preferibile al nero.

 

Testimone di tanto clamore l’orecchio

il pensiero distratto un istante assai breve

ritorna allo svago consueto.

 

Così può apparire a chi a me dinanzi

legge assenze e non viaggi nei miei occhi

attratti da più quieti orizzonti.

 

*

Solo un disegno a matita

L’altra casa, sonno d’amaca ed ombre cinesi alle pareti,

di lume fioco e veli e calici in alto... allegri

di giochi d’acqua e voli, di visioni e speranze sottese

 

l’altra casa di schizzi di inchiostro e fogli accartocciati

di parole balbettate ed occhi accesi dal desiderio,

di acquerelli sparsi a terra, l’altra casa giaciglio

 

di verde onde miranti al cielo tra fischi di merli

e quarti di luna, di stelle cadenti e castelli di sabbia

l’altra casa senza chiavi senza grate alle finestre

 

di sole e di vento di ali sospese, di mutamenti

e di tesori nascosti, ora è svanita nel nulla.

Non era che un disegno a matita.

 

*

Se tu comprendessi il timore del fallimento

Se tu comprendessi l’incomprensibile

ora potrei dire di amarti non come chi

seppure in modo ignaro riflette,

l’occhio fisso ad una bilancia che pende da un lato,

su ogni deficienza o carenza. Il peso d’una groppa

spezza l’equilibrio, facendo cadere ogni altezza.

 

Eppure so distinguere piuma e trave

un’ala che sfiora una rosa

da un volo sospeso sull’intero giardino.

Eppure so capire una mano quasi distratta

in un gesto gentile ed il turbine d’emozioni

d’un palmo che serra dell’altro le dita

per trattenerne in petto il respiro.

 

Se tu comprendessi il timore del fallimento

di chi pur discernendo tinte forti da tenui

e tempeste da brevi piovaschi, non sa far differenze

ora potrei dire di amarti non come chi

folle scaglia saette nell’aria seppellendo il sorriso

d’un tratto nell’abisso più oscuro.

 

 

*

Ora s’annega

E’ stata un’attesa vaga

ed inutile.

I dadi lanciati in aria

come per gioco.

Possibilità sprecate

in promesse mute,

d’aria e d’acqua.

 

Ecco ora s’annega

oppure è un nodo

a serrare la gola,

la sorte mutata

per mano di esseri

inetti e di filistei.

 

*

Ogni tanto t’adombri

Ogni tanto t’adombri

come la luna a sera tra i nembi

e scrivi stringhe, non attendi

repliche, non domandi non neghi.

 

Ogni tanto delle stelle ti appropri

lasci il cielo sbrecciato

e il lume spento alla finestra

che da sulla strada.

 

Ogni tanto dimentichi la pena

d’istanti senza canto né vele

e le ombre che affiorano e vanno

il passo svelto come l’altr’anno.

 

E lasci vuoti che incutono timore

e cose che cadono e fanno fragore.

Ogni tanto mi ami senza la luce negli occhi

con lo sguardo abbassato

che vorrebbe spogliarmi

di una vita sì grama ed inerme.

 

Ed osservi il cammino percorso

di spine e di sassi e di gocciole sparse

di brina e di pianto.

 

Ogni tanto mi ami oltre ogni umano

sentire l’amore. Ed è sublime!

*

E’ freddo all’improvviso

Rimugina il pensiero su binari chiusi

e deviazioni su quei voli sopra fili spinati

e gira la lama nella piaga

 

Inutile affaccendarsi sulla retta via

agguati nei vicoli ombre dietro l’angolo

dicono che il tempo è mutato

 

Vorrei dire di provar sollievo

ma è un fallimento questo trave

piazzato di traverso sulla via

 

E’ freddo all’improvviso.

Ed è come essere nudi.

*

Piove a dirotto

Lo sguardo chino

sorveglia i passi per le vie

tra le pozze nel mezzo ed i cigli

straripanti di terra e rami.

 

E sempre penso a quella casa muta,

le tegole rotte e le finestre chiuse.

E busso…ancora busso all’uscio

anche se conscia di tante stanze vuote.

 

Piove… E i miei pensieri son tristi,

ma non per quel cielo grigio sopra il capo.

*

Via dal nido

Scoppia di rosso l’aria

al vibrar d’uno stuolo.

Nero su bianco.

Stridulo il coro non intona canto

ma un lamento scava l'aria.

La vita nuova è oltre le nubi

sorvolando chiome

coni grumoli. Approdi

che sembrano lontani.

*

Inutile è stato fermarsi al largo

Ore interminabili d’un tempo

che non ha più scritture.

L’aria ha suoni gemiti silenzi

un alfabeto nuovo per altri itinerari.

Inutile è stato fermarsi al largo

ed aspettare col cuore stretto dalla pena.

 

Veder di tanto in tanto prue toccar la sponda

udire voci frammiste al grido dei gabbiani.

Breve illusione sul crescere dell’agonia.

V’è un deserto in mare aperto ad intimorir

gli animi più che sulla terra.