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Raccolta di poesie di Rosetta Sacchi
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*
...Forse a metà d'un bicchiere mezzo pieno
chè il vuoto è un lacrimar di tanti
forse perché mani tremanti reggono un peso
tra piombo e piuma
E i passi simulano il cammino esploratore di siepi e rovi
le corse, le antiche corse, i duelli per primati vani
il podio, premio il cuore di guerrieri audaci, stime…
ora sono cose se non in oblio, con cura sistemate
in cassetti d'acero e lavanda
Profumate memorie scrigno dove s'odono note
di pianola, suono melodioso come di carillon
Si perde il senso, segno d'una vita in sogno percepita
tra calici e velluto di tempi in controluce, vivi
quando un bacio inaspettato illuminava le fatiche
del giorno tramontato e le demoliva.
Stragi quelle che davano guizzi agli occhi
e li tenevano desti su penombre attraversate
appena da un velo di luce
Ora è deserto e dell'oasi resta uno schizzo saturo d'inchiostro
un bozzetto da accarezzare in solitudine
Chi si accontenta gode,
forse a metà delle assenze dei lutti dei voli interrotti.
E delle ali lacere nell' angolo più remoto d'una stanza nuda.
*
( sulle tracce di chi non c'è più)
Non riesco a passare dalla gioia al pianto
e viceversa
Fuggono i pensieri dalla mente
e come uccelli
non chiedono riparo tra i rami
ma cieli liberi
Torno in un lido ameno un tempo,
ora deserto
sulle tracce di chi non c'è più.
Colori immagini parole.
Tutto giace scomposto e tutto duole
come in una casa con le persiane chiuse
dove non entra più la luce.
E tutto è compreso in un disegno incompiuto.
In memoria del poeta Antonio Terracciano
*
Toneggia l'aria,
il cielo tutto una nube
ad ogni rintocco riecheggia
un perturbato tempo settembrino.
Sul grigio asfalto gocciole s'affollano
s'infittiscono in cerchi, a dismisura
mentre le note d'un accorato pianto
hanno il fragore del vetro contro il suolo.
*
Bruciano sterpaglie
quell’acre odore non m’assomiglia
Estirpa erbacce una mano, lungo il sentiero.
Lontano il ramo da terra
piange le foglie ormai secche,
dimentico del fermento delle radici.
*
Non si può lasciare questa terra così
sotto un cielo lieve,
il ciglio della strada già un tappeto secco,
scomposto di foglie.
Non si può andare via
la bisaccia dei sogni a terra.
La vita familiare, quattro mura
le risa dei bambini e lei che attende ogni sera.
Le giovani promesse sputate al suolo
senza un perché senza una ragione.
Non si può vivere con una tale bestemmia sopra il capo
e quell’urlo che schiaccia le vertebre e toglie il fiato.
Non si può...
A Gianluca, giovane vittima sul lavoro
*
Non domando più nulla al cielo
ció che amavo è perduto per sempre.
Sfoglio un social come una margherita
io, vuota di pensieri,
che mai ho preteso oracoli da un fiore.
E mi lascio rapire da un suono
un colore che non è mio.
Eri tutti i miei colori spalmati su una tavolozza
io un pennello arido inservibile,
due ciuffi stropicciati.
Eri tutte le note d'una celeste armonia
io un cielo nero che non distingueva
tempeste ed arcobaleni.
Ora sfoglio anche la mia memoria
come un social network, distrattamente.
Un social che poco m’ appassiona
come il mondo reale, come le magre speranze
di rinascere a nuova vita,
mentre si srotolano nella deserta stanza
chilometri di oscuri silenzi.
*
Avevo fame di tutto ciò che avevi
cibo casa sogni desideri
e soffrivo per non avere nulla
tetto cielo oasi deserto
Ed ero al limite naufraga in un mare
aperto ai pericoli e alle insidie
vittima di eccessi e di difetti
incontenibile nei vizi prediletti
La gelosia che hai letto nei miei occhi
a te piacque sin dal primo istante
ma fu troppa ed in viso guasta,
quando pensasti ad un equilibrio
tra bassi istinti e più elevati intenti.
Si mostrò artefice d'un ostico cammino
che ci condusse inevitabile all'epilogo
C'entrò il destino? Poco o assai, non so…
nell'esser noi divenuti d'un tratto così ostili.
*
Sono dove non sono
e non sotto il cielo di luglio
tra faville ed applausi
in un impeto d'onde e di vento
leggendo negli occhi carezze
e nei volti il nome di amici
e il sorriso dei tempi belli, passati…
Sono come in prigione
ma non osano le labbra lamenti
pur se il cuore è gemente
in una gabbia di spine.
Il pensiero ha creduto davvero
di poter sorvolare quel cielo
dove s'alza il clamore di chi ora
vive un momento di gloria.
Ed è stato il mio sogno
fino all'ultimo istante
quell'abbraccio mancato.
Non c'è fine ad un bene
che ricama silenzi ed emozioni
su di una trama sottile,
indimenticabili istanti del viver sognato!
Non c'è fine al sorriso,
eppure non consolano distanze
siepi alture silenzi
sotto cieli dipinti
d'un azzurro diverso.
*
Gli occhi due pozze in secca
due pietre non levigate
uno specchio opaco.
Dietro …
un velo un'ombra
un volto macabro
un approdo,
l'ultimo…
Non posso più nulla
Gli occhi spenti
una mano ignota
sulle palpebre
la voce, un gemito alla deriva
il fiato, un sospiro per dirti amore
Le labbra costeggiano dirupi
Non posso più nulla
E la testa mi duole più del cuore.
*
Le parole “per sempre” sono una beffa
Di stelle era gremito il cielo
ora di meteore cadute in mare ho perso il conto
Fortuna e pazienza non mi sono state amiche
Guardo al mio Universo e il sonno mi vince
Muoiono sogni e speranze in un baleno
Le parole “per sempre” sono una beffa
e il destino non ha il ruolo di protagonista.
*
M’accorgo delle guerre fredde silenziose
non dichiarate oscure
delle omissioni e distrazioni
delle deviazioni delle scorciatoie
per fuggire lo sguardo
M’accorgo dei segnali lasciati
solo per non essere messi alla gogna
in un eventuale giudizio
di certe finezze studiate
con oculatezza
M’accorgo di un saluto distratto e di uno negato
di un ritrovarsi per caso sull'altrui rotta
per compiacenza o per essersi schierati
dove la Verità è mera pretesa
E m’accorgo della mia assenza
dove i muri sono alti i mari glaciali
i viaggi inesistenti numerati cancellati
della mia latitanza dove si compiono pellegrinaggi
Perché quando siete lontani
io scavo tra le vostre crepe
e quando tenete in mano il coltello
tutte le mie ferite urlano più forte
E quando siete nelle vostre case a spiare dai vetri
io sono in strada sotto il chiarore della luna o alla luce del sole
una boccia di vetro
con le sue incrinature e le sue imperfezioni.
Trasparenza che mai si rinnega...
*
E vorrei scriverti ora del mio pensiero
e delle cose innumerevoli lasciate sui binari
quando i tuoi occhi si chiusero sui miei occhi
cancellando il diario dei giorni
e l'orizzonte divenne una linea nera
Aquiloni in cielo strappati dalle tempeste, i sogni…
non restano ora che brandelli di colori
sul freddo asfalto a chiedere ancora vento
E vorrei scriverti come mai ho osato, scriverti
dei miei silenzi ed abbracciare ancora quel sorriso
ignaro di occupare del viso tutto lo spazio
sopra il mento e sotto il naso
ignaro d’essere cielo e mare.
E' così che le cose piccole sono grandi nella mente.
E il tuo sorriso è immenso ora che manca.
*
E' il defluire della tua vita in una goccia
Scivola inseguendo altre gocce
Vorresti frenare l'impeto del fiume
ma non hai braccia possenti
e a nulla servirebbero le mani e i piedi
o qualsiasi altra parte del corpo
quando la vita pare sfuggirti in un attimo
gocciolando al suolo in una macchia rossa.
*
Avrei voluto essere contigua alla tua luce
baciare le pietre e il tuo cammino
e chiudere il cancello del giardino
di rose e viole e ciclamino
e di verdi aiuole ai piedi d'un albero
il cui nome più io non so dire
Avrei voluto prendere il treno
un dì lontano tra mille dubbi
timori ed interrogativi
E giungere alla tua dimora
come per caso
stupirmi della mia sorpresa
Che ardua impresa
quella mai compiuta
come la tua col solo tuo pensiero
fisso ai binari
e i piedi in altra direzione dove
il tuo mondo le regole dettava
Nessun cielo è testimone dei nostri sogni
se non a nord e a sud l'aereo spazio
pregno di differenti solitudini
e di lune e stelle che hanno il nome
che noi diamo con estrema convinzione
e il più delle volte errato...
Amore che più non comprendi
delle parole il suono e neppure il senso
il tempo è tutto tuo ed è infinito
Caronte dall'altra sponda mi sorride
mentre lievita nell' aria
un desiderio anomalo di quiete.
E tutto è racchiuso in un sospiro.
*
Scrivo di mancate mietiture
e di filari in un ordine imperfetto
Tutto è tornato a te
la zappa l'aratro ed il bidente
E il grappolo maturo nelle vigne
che rigonfio sorride alle donzelle
allegre come vespe sopra i fiori
nel gioco dell’impollinazione.
Amore...
che vuoto dentro una parola!
Rimpianti elemosine di ore
pause ed inspiegabili silenzi
senza suono né cuore…
Amore scritto ma invisibile sui muri
Amore deragliato su binari
morti come sono morti
quei sottili fili tra di noi
Incompreso nei suoi deliri
irraggiungibile
come irraggiungibile è quel sogno
pensato solo d'uno.
I solchi nella terra son ferite
inguaribili e profonde
incrinature senza fioriture
ed hanno in sé perle gelate
d'un pianto senza fine…
Che belle quelle labbra mai sfiorate
quelle labbra d'un amore impronunciabile
Che bello il tuo viso così lieve
che si veste d'azzurro tra le nubi!
*
Che tempo è questa lentezza d’ore che conto,
incapace di un disegno posata sul divano come cosa
nell’aria scialba dopo lo scroscio improvviso d’acqua
in attesa ancora d’un rumore un boato la visione
d’un sepolcro che s’apre per miracolo o perché è scritto
che dopo ogni morte c’è rinascita.
Che tempo è questo giorno accecato d’erba tagliata
mandorli spettinati nodi sui rami dove un istante fa
era un grumo fiorito, spilli accesi di rosso e viola,
che tempo quest’eco di ricordi di ore liete e di addii
quest’andirivieni di pensieri affannati per altri lidi
quest’inquieto vivere cieco e sordo alla vita…
*
E se ora anche volessi inserire segnalibri
non saprei dove sostare
Non v’è più traccia di petali e sfumature
dei colori accesi. Solo i segni delle stimmate
Vi sono pagine dimenticate, falciate in un colpo
e pagine dove il vomere ha lasciato solchi
Vi sono parole che risuonano e per sempre
ruggiranno nell’anima con amarezza
E l’eco è un boato più forte persino del vento
che ha spazzato via ogni cosa, anche le pietre.
*
Un fermento invisibile...
crescente,
da altri lidi.
E poi accade d’un tratto
di ritrovarsi nel fango
ad aguzzare la vista
per cercare le perle.
*
Perché ci siamo arenati?
Le burrasche accadono
ad ogni stagione
di questo tempo senza più tempo
insensato ed imprevedibile
scalzo
C’è sempre un’arca nella mia mente
un’arca dove manchi e dove
ogni spazio è vuoto
ed altri abitanti non sono
d’alcuna specie né genere
d’alcuna forma
Perché ci siamo arenati
sull’irreversibile
sull’indomabile ignoto?
Il mare l’orizzonte
la riva l’isola
l’arca?
Tutto ora è inutile
e tutto pare fermo
anche il nostro insistere
in apparente cammino,
anche il Pensiero.
*
Non risponde a domande
non interroga non scava
non scinde non crea
ipotetiche visioni o deliri
Ha molteplici facce non maschere
ha risvolti sfumature eccezioni alla regola
non si erge a giudice
non dice io sono
Non ostenta lo sguardo di chi
con le mani solleva le tavole
sul sommo d’un monte.
E si pone in ascolto
Accudisce e consola chi di errori
ha cornici sulla credenza
E comprende e perdona
e talvolta s’asconde intimorita
E spesso piange lacrime amare
in un angolo remoto
ma torna nel silenzio che abbraccia
e le menti accarezza
E’ un vento che s’agita lieve
e di pioggia e di rose
intride il cammino.
E’ un vento la Verità…
*
La terra che irrigavi
ora è riarsa.
Il vento ululando corre
ed imbratta di polvere le zolle.
Non v’è altra voce...
ed il silenzio piange
l’affanno
e della vita il fallimento.
*
Voli dirottati
viaggi annullati
binari mai percorsi
mari mai solcati
Dell’Isola quel vago disegno
tratteggiato a matita...
di palloni aerostatici o di alianti,
cosa n’è stato?
Promesse …
Ho sfiorato il cielo
e al suolo l’impatto è stato violento
ho sognato fino a quando
non ho più visto dinanzi lidi azzurri
Ho compreso ed ho pianto
ho seminato nostalgie e rimpianti
ho sbagliato pensando
di stringere nel pugno l’Infinito
La Verità?
Nessuno possiede la Verità.
Neppure tu.
Io ho solo i miei errori,
centuplicati ai tuoi occhi.
*
Immagina di andare dove vorresti e di avere solo le ali.
Non i vestiti non un bagaglio non le chiavi di casa
non una meta.
Sì, non una meta John, pare strano…
Viaggiare su clivi e colline
e sorvolare mari sfiorare il picco dell’onda
cadere...per gioco
e non fermarsi mai.
Magari sognare
di scivolare nella corolla d’un fiore
per innalzarsi ancora nel cielo,
più su dell’azzurro.
Sono sveglia ed è buio all'improvviso.
Non ho una macchina né le chiavi né la patente
vorrei andare e neppure so dove, John.
Immagina di andare dove vorresti e dove non puoi…
Da “Parlando con John”
Raccolta di poesie
*
Hai visto, John?
S’annidano come insetti,
che clamore!
Sono formiche in fila.
Sono laboriose le formiche
ma a volte stupide
in quest’inanellarsi sopra il muro
La parola, la parola chiave,
tu pensi apra tutte le menti?
Ma sono atroci i pensieri degli allineati,
più delle guerre
più dello stesso discorrere delle guerre.
Da “Parlando con John”
Raccolta di poesie
*
Sta tramontando maggio
cupo di venti e di foschie
di voli annullati nidi intimoriti
alberi, scrigni sigillati,
in attesa d’un sole alle finestre
sull’asfalto nei giardini
e sul legno fradicio di panche
superstiti a cieli rovesciati
_pianti a dirotto tra le rughe d’una terra nuda
memore d’ataviche ferite_
D’un tratto
è un raggio che s’espande
e ravviva un mondo
uno spazio intorno immaginato vuoto
D’un tratto
di rondini nel cielo acuto un grido
si diffonde sul fitto chiacchiericcio del fogliame
e distoglie dal melodico canto d’una capinera
o dal monotono grugare delle tortore
ed ogni altro suono scompone
come in un infrangersi di vetri,
trasparenza di schegge che si colora
Non è oro tutto ciò che luccica
e la gazza attratta dal fulgore
non s’avvede dell’inganno né le importa
D’un tratto
il passo si fa lieve
ameno il percorso quotidiano
pur se di fatiche il giorno è colmo
Il tramonto recherà alla sera
il muro l’ombra la luna e il pozzo
a completar l’opera e la tela.
Una speranza nuova
d’un tempo allegro nelle vie, d’estate…
Dell’estate che ora s’avvicina.
“Maggio 2023”
*
Non è prerogativa della sera,
le ore in ombra la linea opaca l’attesa vana,
questo fiato freddo che spegne le note
nella campana del sax
Uguale è il giorno
col sole che prende confidenza sul mio capo.
Eri nelle mie ossa fluivi nel sangue
eri emozione
e una fiammella torcendo la lingua
mordeva l’aria in fugaci visioni
Ora le parole hanno il suono d’una frusta
ad ogni passo ogni divagazione del pensiero
ogni ritorno ad un’eternità solenne
Sarò ferita che si riapre ad ogni tocco
Sarai... nonostante il ventaglio di colori
un chiaroscuro che interroga lo spazio
dove io non sono.
*
Osservo. A cosa serve?
A dire del difforme dalle consuetudini
dagli usi e disusi, da meccanismi strani.
Beato quel gregge senza conduttore
e quel pastore maestro di armenti
che hanno imparato il sentiero a memoria!
*
Cammino
m’accompagnano i pensieri
con la pioggia fine
e un filo d’aria tra i capelli
Vado piano
lo sguardo in basso
attenta alle lumache
sul ciglio debordate
Tornano lontani lampi
in questo tempo scialbo
di pene e d’abitudini
di rinnovati inganni
Silenziose tempeste
fragor d’altri suoni.
M’attende un altro giorno
d’incognite e di nodi
La mano sfiora il muro
la stanza prende luce
smorzano i pensieri.
Si spengono d’un tratto.
*
Salto o sosta che sia
su sentieri tortuosi,
fili nel verde.
Di speranze bisacce
che gettano semi
durante il percorso.
Domani è coscienza
dell'essere in divenire.
Lava e lapilli
d’un immenso cratere
e il mare nero dopo il tramonto,
scrigno profondo
a raccogliere perle,
pensieri appassiti
senza nodi di nuovi germogli.
E’ il tempo che passa
che dona certezze ad un volto segnato
e all’anima strappata, a brandelli.
Ricucita per nuove tempeste.
- A me stessa per il mio compleanno -
*
C'è ancora luce in cielo
e il sole che assiso tra le nubi timido sorride
e gocciole che scivolano dai rami
e ancora un rincorrersi di stille sopra i vetri.
Imploro pace dal delirante sogno
che conduca celere all'oblio.
Anima mia trafitta mille volte
Anima tesa alla speranza e spenta
_ ravvolta tra i suoi cenci_
in solitario canto una notte d'inverno e d'inganni
quando il verbo fallace
m'oscurò eterno un viso e l'agognata voce...
Anima mia inquieta e peregrina
nel tuo giro d'ombre e di spine!
Anima tempestosa e mite nei tuoi sottili arcobaleni,
Anima mia non cedere, risorgi!
*
Accade ch'io torni sulle mie tracce
dove spiragli di luce come lame
hanno scavato sentieri
ed ombre appena il peso d’un velo
hanno lasciato fitta una trama
Amore perso negli aromi fluttuanti
di giardini mai in terra esistiti
Amore inseguito su impossibili rotte,
un sorriso per cielo
ed il cielo il tuo solo universo...
Raccogli ora briciole intorno
più dolci delle mie turbolenze?
Sulle mie tracce accade ch'io torni sgomenta
e che altri esausti perdano il conto
delle mie giravolte
Io fiuto respiri e ritmi inconsueti
sono un punto che rotola giù
un minuscolo punto disperso
tra le anse del vuoto
Forse un giorno diverrò orizzonte.
*
- A mio padre -
Questo tempo imperfetto
è di noi superstiti
Padre
della tua cenere non so
quanto c'è nelle mie ossa.
*
Mi frenano le tue parole
sassi tra rivoli d’acqua
Ora il mio pensiero va
muto e ramingo
e per lidi remoti
dove tutto era amore
e tutto era brama d’armonia.
*
Acuisce la notte fisico malanno
o dell'anima il travaglio
la tosse incede o la schiena duole
_strano a dirsi in stato di riposo_
La mente vaga va per binari morti a volte
ed altre s'incammina con passo celere
come a spiccare il volo
per proibiti quant'oscuri lidi
La fantasia è un destriero disubbidiente
alle redini e alla sella
Il giorno è nemico
e ti scaraventa a valle come un sasso
fatiche sventaglia all’orizzonte
e ti frappone ostacoli ad ogni minimo obiettivo
È un bene è un male? Non so...
Io so soltanto
che fermarsi spesso è come morire
e solo qualche volta dona quiete.
*
( acrostico )
Piove e non t'annunci bene
Roseo immaginavo il tuo esordio
Incredula d'ogni previsione
Maggio il mese a me più caro
Odoroso di rose e di viole
Ma forse in mente ho quella donzelletta
Adorna dei bei fiori in petto e in crine che
Giacomo descriveva con affetto
Giungerà tempo migliore oggi è il primo
Iniziato con una fresca pioggerella
Odiata dall'uomo, alla terra par sia giovamento
p.s. versi come "odoroso di rose e di viole" o "in petto e in crine" e parole come "donzelletta" e il nome stesso "Giacomo", hanno come riferimento di ispirazione al grande Giacomo Leopardi.
*
Ultimo giorno di aprile
nebbia
come ad un incipiente novembre
che ha brama di mostrar le sue primizie
Tace delle rondini il garrire
il grido acuto di giorni recenti
ormai passati
lasciava presagire della primavera l'ascesa
e l’aria garrula di suoni donava armonia all'anima
pur se in preda ai consueti suoi malori
ora è un velo che cela dell'orizzonte rinnovate speranze
Un velo… ma una trave sull'anima
rinchiusa nel suo quadrato di ombre
I tuoi colori sono sempre vivi. Rimembri?
Tu che nel fondo di un abisso
hai chiuso attimi di vera passione
e hai spento fiaccole se pur fioche?
Erano lumi nell'infinita oscurità, erano lumi.
*
Ho peccato John!
Mi sono seduta a tavolino
ed ho imbrattato un foglio
non ho scelto il verbo giusto
Fuori, il viale eccitato dalla corsa
Una folla delirante
il pensiero era sublime quasi perfetto
Ma ho scagliato parole a valle
con veemenza
ignorando ogni intelligenza
e calpestando il silenzio
Ed anche il suono
anche l'eco del gong
anche i miei sogni sepolti.
Ho peccato John!
da "Parlando con John"
raccolta di poesie
*
Manchi a La Gallinola ai sentieri al passo
al coro sommesso delle voci amiche
manchi ai giorni pieni di patimenti e affanni,
inquieti... eppur sereni
vuoti ora dei tuoi silenzi e delle tue preghiere
ma alberghi nel pensiero e nel cor di chi ti ama
e chiede nuova speme al tramontar del sole.
Germogli ovunque, Eterna Primavera
e al melodioso canto del pettirosso
e al grido d'una rondine nel cielo.
PS. In memoria del prof. Biagino Gianfrancesco
*
Ad una voce germoglio
rovo di foglie e nodi espulsi dai rami
solida la radice in una terra di rughe
( un pensiero fugace )
non un bene da preservare
L’anima domanda uno stormire di suoni
emulazioni di piuma su ciglia intorpidite nel buio.
Una voce un nome, nel dubbio…
corrispondenza che soddisfi
una curiosità cristallina
Ad una voce (ri)echeggio
note sparse scomposte
in litanie di ritorni
alla verginità di tempi sepolti
L’anima domanda maggiore levità
nell’attesa che le croste sobbalzino
al passo lento di un vivere, estinti.
*
Lo dicevi..
L'essere umano è così
sete di potere
mania di protagonismo
invidia gelosia
la corsa dritta alla meta.
Di che soffrire?
delle cose ovvie
di ipotesi che si avverano
di previsioni facili
degl’innumerevoli mezzucci
per giungere alla china?
Un animale anche il più selvatico
coerente è con la sua natura.
Per l'essere umano sei una pedina.
Il re vuole il trono ed anche la regina.
*
Ali di gabbiano ed artigli d'un falco
acuta la vista
lente minuziosa a cui non sfuggono crepe né fori.
Lacerato dalle sue disavventure
scivola sulle altrui emozioni
tra onde ed abissi
e come impronta ricalca
l'orma identica già impressa al suolo
di un’anima che geme flagellata dal dolore
estraneo alla pelle e al cuore di chi
a torto o ragione convinto si crede
d'egual patimento.
*
Avrei voluto darti le emozioni
di parole cadute a picco
proprio dove pensavo ci fosse
solo d'acqua chiara una pozza
che il vento empiva d'ogni cosa.
E invece i miei pensieri straziati
da silenzi così immani
dopo le acrobazie innumerevoli della mente,
follemente sana per rimanere desta,
si sono arenati proprio in fondo al tunnel
che un raggio lasciava intravedere.
Non erano mature le idee e i sogni
deboli nelle ali e nei disegni
sono caduti in mare
È quel che accade alle meteore…
_noi attratti dalla luce_
non impieghiamo bene quei secondi
per esprimere un ardente desiderio.
E tutto ciò che passa più non torna
solo ritorna il dolore col rim(pianto)
per sorte avversa e non prontezza nostra
nel cogliere l'istante di promesse
e di letizia pieno.
*
Oggi è primavera e qui c'è buio
un'aria grigia e sorda
la culla tra i rami disadorna
gocciole minute sopra il capo
e sull'asfalto.
Io e i miei pensieri per mano
come fanciulli restii, tesi verso altra direzione
io e i miei timori d'un giorno aspro
io e le mie attese, la muffa nel cassetto
io e la solitudine, lei un numero perfetto.
Fredda è la pietra nel giardino dove
la lucertola spesso d'un raggio gode
fredda la stanza, ha pareti d'acciaio
fredda la mia fronte, lo zefiro in salita.
Un verso torna ad eco e mi consola
“Sono nata il ventuno a Primavera”
Ed oggi è venti...ed è primavera?
No, è solo una fandonia.
20 marzo 2023
*
Forse era per far tacere il tuo inferno
e il dolore crescente per quel morbo estremo
che t’addentrasti per quella selva oscura
e nell'ardua impresa di tradurre i canti
nel dialetto della nostra terra?
Era per non pensare
per tenere a freno il desiderio d'una vita
libera di muoversi e celermente
sulle proprie gambe
e di riavvolgere le sue memorie serenamente
per il tempo tiranno e sempre un passo più avanti,
fugace e menzognero?
O forse perché l'afflato di quel tuo “esser niente”,
declamato lì sulla soglia,
in piena consapevolezza della potenza del Pensiero
è in realtà nuovo germoglio
in una primavera che ha deciso di cancellare ogni illusione
per condurti alla vera Luce?
P.s. : In memoria di Ugo D'Ugo, poeta e cultore della tradizione molisana, scomparso il 25 marzo 2023.
*
Navighiamo questo mare nero,
di tempesta in tempesta,
su zattere o altri mezzi di fortuna.
Chè quiete è morte o quasi
o un ribollir sott'acqua
di nuovi mali e di peggior sventure.
*
E si va avanti…
e il ritmo poco importa
né il suono, se nenia o melodia...
E se un tempo assai remoto
tutto il dolore confluì in poesia
ora il pensiero, delirante
dalla Musa fugge via.
*
Rimarrà bianco il foglio
mentre un solfeggio di note
discorde dalle parole e dai silenzi
risuona di desideri muti,
quelli sulla scia delle meteore
dispersi in luminosa pioggia.
Era per te ogni sillaba
ogni dubbio ogni sguardo
puntato a nord della mia terra
ogni sospiro che tornava ad eco
al sorgere del giorno
ogni passo in solitudine
ed in testa dialoghi soavi
tra le anime di vite differenti
eppure uguali nell'afflato.
Avevamo un concetto originale dell'universo
lo stesso che poi battezzasti
col nome di prigione.
Ed ora il foglio bianco è un campo incolto
un campo infestato di gramigna
ed io mi aggiro esausta tra le ortiche
_magra di speranza la bisaccia_
cercando tra le spine un fiore antico
o forse solo un fiore più gentile.
*
Non volevo la luna
ma che i tuoi occhi
fossero due stelle
più vicine alla terra.
Due diademi sospesi
nel buio di una stanza
ghiotta di sogni.
*
Contemplo le tue forme
frutto d'una costola
nell'ingegno d'un Dio
ignaro
di tutti i conseguenti mali della terra.
*
Se il premio alla fine del percorso
fosse rinascere ad un'altra vita
e potessi io scegliere la forma
opterei per un animale domestico
o anche un vegetale
un qualsiasi vegetale
nell'aria immerso e nella terra.
In fondo vivere non vuol dire
necessariamente dover soffrire.
*
Monotonia di una nausea...
insistere sulla terra mappando le zolle
il fiato sul collo invece d'uno zefiro.
Quando ha tregua lo spasmo,
dimmi? La notte, mentre fingi un orgasmo
o forse attingi ai colori di un sillabario virtuale
per le tue innumerevoli ombre?
Quando vivi davvero il tuo esistere aritmico
fibrillando emozioni sepolte ( o di altri )?
dove strusci (strisci) di sbieco
_un raggio sul marmo ghiacciato_
elemosinando il bene smarrito?
*
Ho un male dentro che a narrarlo
pare un blasfemo
quando alla vita pare nulla manchi
un male che rimugina pensieri
brucia nei ricordi presto spenti
se sepolti nel fondo scuro d’un cassetto
non trovano ristoro
in un raggio che inaspettato
illumina la stanza.
Non vedi dinanzi a te un corpo lasso
le braccia penzoloni,
capiresti la tristezza che s’espande
macchiando l’aria in un baleno …
ma lo sguardo dimesso trasandato
di chi nel vuoto annaspa
dove tutto è nero
e tutto ora non ha nome.
*
Sto sulla riva
sperando in un'orma sulla sabbia
dopo l'ira di un'onda anomala
e del miracolo (improbabile)
di castelli superstiti alla bufera.
Ora il vento discorre soave
come fa con le primule al mattino,
prima di mutare direzione.
*
Ora le cose hanno il loro nome esatto
nitidi contorni perimetri perfetti
e sono vere o false oniriche o reali
sono allegre o tristi scure chiare.
Ora le cose stanno nei confini
sono piccole o grandi vive o morte
non hanno dentro quel rimuginare curioso
di quando ti interroghi e dubiti di tutto.
E non hanno dentro lo schiamazzo del pensiero
di quando chiamava i tuoi occhi e le tue mani
e guardava la strada dinanzi e non s'arrendeva
pur indovinando la distanza.
Ora le cose hanno la strana quiete
dei cimiteri sotto il peso della neve.
Le foglie sono foglie e i rami, rami senza più germogli,
senza attese dai nidi né richiami.
*
Era per te la passione
e quel viaggio esplorativo
tra i sentieri del piacere
l’enfasi il respiro crescente
il ritmo del cuore le note sulle labbra,
in piena fioritura.
Era per te la pioggia
e l’alito caldo della sera
l’onda l’erba lo stupore.
Ora sei giudice supremo
a precludere la soglia dell’eden,
ambito sognato, troppo spesso
trasfigurato tra le anse d’un desiderio vivo
nel cupo delle notti d’inverno
e di tremule stelle.
E nell’attesa di giorni nuovi
ignari di binari e di treni in corsa.
*
Ho mutato il mio esistere
guardando oltre le nebbie
ho spento le stelle
per la luce pura dei suoi occhi.
Ora le pareti mi guardano
definendomi vagamente
al pari delle ombre.
Consulto oracoli temo profezie.
Il tempo estremo ora è un raggiro
inclemente mi oscura ogni traccia
di chi ha mutato il mio esistere
nell' incompreso ed incomprensibile cammino.
*
Il silenzio era riparo e maschera di un'idea matura
l'orizzonte solo una linea nera
in un deserto di speranze
e della vita possibile neppure il miraggio.
Oltre il sentiero tortuoso foglie ancora verdi
migravano verso un tunnel
senza via d'uscita.
Della luce l'inganno.
*
Questo bacio mai dato
che non chiede un giardino
né risiede nella corolla fiorita
non risplende nell’ovale del viso
o nel lago degli occhi
non vaga sul perimetro dei fianchi
non sfocia sul ventre
_aria spuma cipria piuma_
questo bacio ch’è pensiero
sigillo invisibile oro
e trema quando sfiora il deserto
e viola la nuca di raso e le labbra
questo bacio che odora d’aurora
e si cela alla luce forte
trafigge le nubi i rami un’ala
sul sentiero della memoria
questo bacio mai dato
ha contato le assenze
ed i premi mancati
ha colorato vuoti
e ai pensieri ha regalato diademi.
Questo bacio ch’è quiete ed è tempesta.
*
Giunge la notte e vorrei fosse eterna
una notte elegante nel suo abito lungo
di raso carezzevole gli occhi un velluto la bocca di rosa
una notte che penzola come un melograno
una pallida notte lunare sopra il pozzo la via la chiesa
la porta socchiusa la mano tesa il commiato il profumo
che resta nel vento un istante poi si disperde
Giunge la notte e vorrei fosse eterna
un ricordo un gomitolo gonfio che si dipana un sentiero di stelle
e sentire cadere tutto il peso del giorno le ansie i timori
gli inganni l’ambascia che muove i pensieri
ancora, quando tutto d’intorno pace reclama
e sognare un’orma più grande accanto che all’alba non muore
ma con te condivide il cammino.
*
Muovere i fili sul palco perché continui
lo spettacolo delle marionette...
è il compromesso tra vivere e morire ?
L'anima conduce il suo gregge
nei verdi pascoli del cielo.
*
Nel rincorrersi d'un verbo senza suono
sulla lama del tempo
un'ossessione sterile si perde dentro stagioni inutili.
I passi sostano dove c'è quiete
e la memoria stilla le sue perle
mentre qualcuno ti scava dentro.
Non esiste la chiave giusta
e la vita persevera nel suo inganno
insolente come un mendicante d'aria
un ladro d'angoli all'ombra della piazza.
La luna volge lo sguardo altrove
là dove sulla terra si contendono troni
e consumando tappeti tagliano nastri.
Il premio è nel gong del cuore
mentre la solitudine accarezza la pietra
con un raggio indelebile.
Uno straniero deturpa il silenzio
attingendo al paroliere.
Fredde emozioni
strani duetti in un panorama in bianco e nero.
|
*
Pensi sia qui tra la prima e la terza falange
sulla punta d'una scapola all'alluce,
no è nel sangue tra cellule impazzite
ed il vento la nebbia la pioggia
il gelo che gela al contatto le cose
i pensieri i disegni le idee.
Lo so
a chi lo dici...
Ho male alle mani
ai malleoli ai ginocchi.
I polsi trafitti le fitte alle costole…
Taccio.
Ognuno il suo male maggiore minore
somigliante forse per sopportazione
nell'indice il picco dell'onda,
scivolando sul fondo.
Dolore...
è nel sangue
nel cuore
nel respiro che manca
nel passo che arranca
nel fiato aritmico,
in pausa?
Nel verbo che assente
pronuncia i suoi vuoti.
Pensi sia qui alle tempie
un chiodo d'un attimo
uno sciame che punge
per fuggire lontano.
Ma ora è alle costole
a trafiggerti il petto.
Lo so,
anch'io...
è ovunque il dolore
m'attanaglia m’uccide...
Ho visto che danzi che corri
t'addobbi per andare alle feste
t'ubriachi sorridi stornelli divaghi
rincorri le folle, starnazzi...
Ecco penso... è lontano
in quest'ora notturna
che il sonno è latente
la speranza una fiaccola fioca
che affiora nel buio.
Invece mi spia
mi colpisce che dormo
ed ormai più non sogno.
Ho visioni nel dubbio del giorno che sorge…
lunedì giovedì, il dubbio perdura
forse invece è domenica.
La mente vacilla...
*
Non so quanto l’amor coniugale abbia di paterno sguardo
certo la carne ha grido uguale allo spirito e negarne il richiamo
il più equivale a reprimer passione
o l’impeto sottacere del delirio.
Vedi, tu che or rinneghi e falsamente hai compreso il sentir della tua amata…
Le vedovelle piangono imbrattando i muri e guardano pazientemente
stillare gocce sul sentiero invocano primavere
venti cieli dentro intime memorie.
E tutti elargiscono sorrisi abbracciano l’aria che contiene ogni loro lamento.
Benedicono ogni semplice sillaba se non la terra da esse calpestata, in preda ad una visione.
Tu forse rievochi istanti o immagini o desideri in somigliante disegno, offeso e geli
dell’amor tuo un dì tant’osannato ogni verbo ogni grido ogni pensiero.
*
Vorrei essere la nuda terra dove posano i tuoi piedi
il cespo di rose sul ciglio della via il muro ombroso
la chioma cupa dove nidifica il tuo pensiero prima del nero.
Vorrei essere negli occhi tuoi quel bagliore che illumina le cose grandi
e le piccole le fa immense.
Vorrei essere una tua parola sussurrata tra la piega del labbro
mentre sorridi quando dimentico del suolo
t’innalzi in volo là dove il cuore brama obbediente solo
alla purezza d’un pensiero primordiale.
Vorrei essere culla ovunque t’adagi ed aria che ti circonda
vorrei essere quella mano che si perde nella tua mano
come in un sentiero d’inebriante gelsomino
e respirarti così tenero e vivo così fragile e vero.
Vorrei essere la nuda terra la terra che freme
e non vorrei morire ad ogni istante nella bufera
e dentro un vento che non vuol tacere.
*
Ho attraversato mezzo mondo ed ora sono qui incosciente
del soffitto della stanza la zolla di terra sotto i miei piedi
la finestra di fronte.
E non ho la forza di un pensiero un verbo un ordito
un qualsiasi disegno.
Sono qui trafitta dalla luce e non comprendo
la fortuna di una morte che si rinnova
sul finire del giorno.
Un rito puntuale più che fedele.
Sarà per questo male che ha radici profonde
e spesso buca i colori alle immagini
restituendomi bozze in bianco e nero.
*
Il mio dolore è muto
va interrogando il vento
si confonde sui vetri con la pioggia.
Ha dentro una dolce nostalgia
eppure è triste.
Il mio dolore grida
quando tutto il mondo dorme
non ha sogni o desideri nè speranze.
Il mio dolore è profondo un abisso.
Ha vortici irreversibili
maglie che strangolano
il più ingenuo dei pensieri.
*
E quando il giorno dice alla sera è tardi
sul taccuino annoveri le cose rimandate
ed hai coscienza del poco portato a compimento
della vanità inseguita delle cose difficili ignorate.
E quando il giorno dice alla sera fermati
ti accorgi del tempo buio sceso come un fiato sospeso
mentre la notte inebriandoti
confonde i pensieri nella mente.
E quando il giorno dice alla sera chetati
tu volgi in turbine non voli non approdi
non sogni non esplori il nulla.
Semplicemente ti disperdi.
*
Ora che non sono un nome sulle tue labbra
né piuma nell'alito del vento
Ora che non ricordo l'inebriante gelsomino
né il leggiadro papavero tra il biondo delle messi
Ora che non ho la leggerezza del pensiero
né la vaghezza della parola
Ora che non ti sorrido né sono una tua lacrima
ora che non corro nei tuoi giorni
Né mi racconto tra le ombre della sera
Ora che non sono alba né tramonto
ora che non sono aria né acqua
ma abbraccio tutte le cose della terra
Tu non ami più questa terra
e non domandi più la mia luce
Ora so d'essere il nulla
ora so che mi hai dimenticata.
*
Toccami
col fragore delle onde
e il ticchettìo leggero
della pioggia sui vetri
stordita al gracidio d’una rana nel pozzo
palpitante in un risucchio di piovra
che afferra una mano o un piede
o la bocca alcova d’intenso piacere
Toccami
dove la voce interrompe il respiro
e il respiro scivola nella sete
e la fame convulsa accende miraggi
dove le tue fantasie e le mie diventano vere
in un grido che sventra la notte
nello sferragliare dei treni sulle rotaie
Toccami tra lo sciabordio
d’un nugolo d’api
che migra lontano
nella nebbia che cela
allo sguardo indiscreto
un gesto più ardito
Toccami
tra le acque chete
nel fuoco sedato
nell’odore pungente che sale
dell’erba tagliata
lungo il viale bagnato
da una luna intrigante
e dalla tua brina
Toccami dove il buio
nasconde le siepi
le ombre coincidono
i bordi collimano
i sensi esultano nel fruscio della seta
mentre innesti cerchiamo
nelle gole - profondi -
e smorziamo con le lingue il respiro
ai baci strappato e alle onde
che il picco ora danno al piacere.
Poesia pubblicata nel 2018 su altro sito
*
Del pino so e del pioppo
e dell'ulivo col suo tronco contorto
Del nespolo m'hanno detto
interrogando qualcuno
sull'albero di fronte alla finestra del luogo dove lavoro.
So delle querce e dei platani
ma di molti alberi il nome ignoro
E so distinguere mandorli e peschi solo dai fiori,
il melograno e l'albero dei cachi allo spuntar dei frutti.
Ma non si può dir di me che abbia perfetta conoscenza di vegetazione e flora
E mi vien da ridere ora…
se per anni ho creduto il fico d'India un cactus
finché non ho chiesto a Nino il nome
di quelle piante che in Molise ho incontrato spesso sul ciglio delle vie.
*
Guardo fuori
un raggio di sole illumina la casa di fronte
Cosa attendo non so…
forse l’algida quiete dopo il chiasso festoso delle vie
mascherato dall’intruglio degli umori più strani.
La memoria percorre i sentieri d’un passato recente
e mi dice che nulla è mutato dall’anno passato.
Forse il vento… chetato, ma solo al levarsi dell’alba.
Sto come foglia che teme d’esser sospinta lontano dal ramo
Le ore d’un tratto più lente, d’inspiegabile angoscia
per un bene perduto in un picco di assenze tra carestie
e l’inganno del vivere sognando l’eterno.
Cosa attendo non so…
con lo sguardo che pare voglia gettarsi nel vuoto
Un pensiero che arrivi a lambirmi come pioggia stellare
un sorriso ora nuovo che riporti nel cuore l’antico.
Guardo fuori
Il cielo sì terso ancora lusinga il mio fragile corpo
di ali malconce munito.
*
Nasce così questo momento conviviale
uno stimolo mentale un break un tuffo oltre
senza l’esigenza vera di sfamarsi.
Sorseggiare da un bicchiere un’onda anomala.
Noi padroni.
Dentro momenti in cui alziamo gli occhi al cielo
e non vediamo solo la notte. Le stelle parlano di noi
che siamo veri nei nostri abissi.
*
Bandiere
issate in alto
incontrarono
cieli liberi
Ora contano
nuovi strappi
dopo mille ricuciture.
*
(al gatto del mio amico)
Gatto che non avevi un nome ma ne ascoltavi cento
non avevi casa ma angoli
e la strada era il tuo pericoloso passatempo
gatto indifeso tenero d’età e perciò dal passo lento
che attendevi carezze sulla porta
gatto che guardavi col fulmineo sguardo
l’onda delle crocchette la mano amica
l’ombra che si allontanava paga
Gatto in posa sulla panchina al sole
il pelo lucente gli occhi stretti
beato nel tuo stare quieto
senza contare il tempo per noi così tiranno
gatto che recavi del mattino il saluto
e del tuo esser vivo lasciavi tracce
ora tu hai un nome ed hai una casa
e il miagolar concerti e fai le fusa
al tepor della mano che t’accarezza la lucida pelliccia.
*
E penso al cielo a migrazioni del pensiero
agli storni ai loro disegni agli aquiloni oltre il confine
E penso alle nostre braccia tese agli attimi perenni
ai contorni delle ombre ai sogni ai precipizi inaspettati
E penso all’orlo dei silenzi alle parole _gocce_ al loro tintinnio
alle speranze raccolte dentro gerle di vimini
E penso al nostro divenire nel cuore della terra
all’essersi perduti nella tormenta senza più un arcobaleno.
*
È tempo di uscire per le vie
ignorando schiamazzi e silenzi.
Non c'eri quando ai bivi ho tentennato
(sbagliando forse direzione ?)
quando ho cercato conforto dalle assenze
e forse ho peccato di rimpianti e nostalgie.
Quando ho visto disfarsi le promesse
ordite con pazienza nel buio dei giorni
in attesa della luce (la tua luce?)
Forse eri dentro la cornice ed i tuoi dogmi
i punti fermi i panorami possibili
il limite concreto dei tuoi numeri.
Io a quietare battiti e respiri
tra ansie e timori
e le pieghe innumerevoli dei sogni veri.
Oggi sono ripudio. E quel che fu essenza
immutato vive di una morte già annunciata.
*
Pensato è il sogno
per le celesti sfere
ché se rasenta il suolo
s’infrange in mille pezzi.
Toccar mai conviene
le chiare bolle d'aria.
Esplodono ad un tocco
sia esso d'ago o piuma.
*
Si mischia al vento di bufera
alla frusta dell’acqua sui tetti
allo sferragliare sulla via di cocci e rami
quest’insistere della mano sul battente…
Un ritmo strano senza il ritorno d’una parola
che risuoni ad eco all’orecchio attento.
La stagione è muta ed è mutata
E’ un anno che pennella di grigio
soffitto e muri di silenziose stanze.
Giungono di tanto in tanto voci intorno
strumenti scordati unisoni solo ai gemiti
d’un’anima in agonia.
*
Sento solo i polpacci lancinanti
e l'urlo soffocato nel silenzio
anche se tutto il corpo cade a pezzi
come gesso dinanzi si disgrega
come polvere sfuma si dilegua.
Gli estremi amari vertici negli alberi
ignorano il tarlo alle radici
pensano d' essere gli unici colpiti
ed invidiano d'altre parti
(miglior) sorte, pure infelice...
Così le mie mani appese ai polsi...
*
*
Stamane un gatto giocava con un topo
l'ho visto trattenerlo per la coda e poi
lasciarlo in un grumo di terra
come un inutile gingillo.
Lo ghermiva quasi con dolcezza
e raschiava il terreno circostante
Ho visto il topo scomparire tra le zolle
e il gatto con gli occhi fulminare l'aria.
*
Stretti scuri lineari
aperti o chiusi
non si capiva bene da lontano
Forse solo accostati
pel trapelar d'uno spiraglio.
Di luce un tenue raggio.
Ma da vicino tutto era diverso
Dietro ogni uscio si stagliava un muro
e c'era freddo e un odore strano
e quel silenzio quasi innaturale
come quando pensi di star sola
mentre alle spalle una folla ti pugnala.
*
Vorrei dirti di un silenzio poco fertile
ora che odo gemiti tra i solchi
e la parola è una ferita aperta sulle labbra
ancora sanguinante
Vorrei dirti dei sogni affossati tra le pozze
nelle notti di invisibile luna
quando intorno tutto gracida strano
e non v'è nenia che incoraggi il sonno
Vorrei dirti contando sulle dita
di ogni cosa perduta oppur smarrita
sicché il conto portato sulle dita
approdando ad un numero finito
dell'impresa allevii la fatica
ma non bastano i palmi d'una folla
confluita copiosa in una piazza
all'indice completo delle impronte
che tu hai scavato nella mia memoria.
“A lui che di me è l’essenza “
|
|
*
Ottobre volge al declino
nebbie al mattino e sole sul capo
che ciancia di primaverile stagione
Confusi pensieri gli affanni di sempre
i sogni col prurito alle scapole di nuove ali
Già il sentiero crepita di foglie rossastre
e pigola sul ramo che si denuda un uccello sparuto
Solitario il mio canto perde il suo fiato in un mugolio indistinto
Il gatto ha una voce il cane altra voce
in me un silenzio che grida e fa tremare le pareti
d’una stanza sempre più vuota
Ottobre che muore la sera
una calma non vera la luna
una fetta tagliente nel cielo più d’una lama.
*
Troppi segmenti... ora sono diventati una retta
non apici né orizzonti o siepi a precludere lo sguardo
Le parole, quei tarli all’apparenza innocui
quelle pecche sul bianco ora hanno perso il peso
E i silenzi ripercorrono i sentieri della memoria
ora al trotto ora al galoppo
tra la polvere sui selciati di nuove speranze
nel grigio provvisorio delle nuvole
Sono passati mesi uguali nei loro tramonti
e le stagioni hanno dimenticato l’originario nome
nell’alternarsi di giorni senza luce e notti interminabili, insonni.
Altrove la luna si sdraiava sorniona raccontando favole.
*
Il vero premio fu la tua cattedra nella mia età adolescenziale
sapere di non sapere ed essere investita d’un ruolo non ambito
L’Infinito e Silvia nel profumo intenso della ginestra
ed io che alla luna ho parlato tante volte ma di cose poco profonde
del vento contrario del latrato dei cani nella notte
dei tarli nell’anima e nel legno antico dei mobili della mia cucina.
Non del genere umano non della sorte non delle tempeste
Mai ho attraversato sentieri dove il vento profumasse di gelsomino e rose
la lavanda fu la sola sorpresa notturna d’un cuscino sprofondato nel sofà
tra le note di Chopin le parole sugli scaffali i sogni sgranati di vermiglio,
i melograni della pazienza e dell’attesa nel grigio degli inverni
Da piccola fui grande con mio immenso stupore tra le bambole mai possedute.
Ora rotolo in discesa, un granello destinato a scomparire
mentre un canto notturno di pastori risale la collina
Non è più tempo di tramonti silenziosi e mazzolini di rose e di viole
Non è più tempo di vigne di siepi e meraviglia ed orizzonti di luce ove annegare.
Le cicale … che frastuono quando l’aria è satura di menzogne,
nel prato verde di nostalgia e desideri calpestati per distrazione!
Dedicata al mio prof. Biagino
*
Sorrido piango spero
mi dibatto tra mille onde
Esisto mi nego
simulo il vuoto
Affogo nella terra molle
come tra i flutti del mare
E vivo e muoio
Muoio e vivo
ma in un ordine inconsueto
L’anima sospesa
tra barricate e cielo.
*
Ci sono amori che non hanno voce
hanno camminato per anni sulle spine
ed attraversato il fuoco ardente
per una promessa una visione un sogno
Hanno sfidato un destino avverso
desiderando un fiato
una carezza un bacio
sguardi roridi di luce vita nuova
Ci sono amori che non hanno avuto encomi
hanno rialzato il capo mille volte
dopo una nefasta pioggia
fino a cadere tramortiti al suolo
Ci sono amori mai immortalati
in un quadrato sopra la credenza
Amori che hanno atteso treni
senza più guardare l'ora
ed hanno pianto senza versare lacrime
apici d'amara solitudine
Inconsolabili e sconsolati
nel difetto d'uno sguardo ed un abbraccio.
*
Cosa ne sa il Cielo
delle nostre vette
di premonizioni
di crolli e tracce imperiture
del peregrinare del pensiero
tra cunei ed apici
ora che anche tu ignori
d’ogni moto il senso
d’orizzonti e nebbie lo strano inganno
d’ogni sosta il vuoto
quando un nuovo affanno
è preludio nel bramar la quiete…
*
Ha perso la pazienza il ragno
o s'è distratto
e la sua tela
trama di ricami,
ora disfatta
è solo un tenue velo,
mera illusione!
Qualcuno maniacale
ha setacciato ogni angolo ogni lido
ed ha studiato di ciascun le mosse
col suo falso sorriso e con le lodi
e col copione in mano
Sempre lo stesso,
rinnovato forse nell'olezzo
che emanano certi corpi
imputriditi
al pari delle menti.
*
Sto
come un animale sta fuori della porta
Sul ciglio della strada ad un cane
hanno lanciato un osso
Dentro vicoli ciechi mugola ancora il vento
presto
il suo gemito tramuterà in pianto.
*
Spesso della stupidità ho sognato l’apice.
E su immaginarie vette l’ara
dove si pesava l’attimo
svestito della sostanza dell’Eternità.
Ed ho provato una strana quiete
il formicolìo d’un falso fermo... il lago
assopito sotto l’alito distratto
d’un vento antico.
*
Si ama il deserto pel susseguirsi dei miraggi
cessato il lampo torna arido il tempo
Promesse e speranze van dissipandosi,
ombre in fuga nel buio della notte.
*
Non parlo mai del dolore
tu però sai cos’è il dolore.
Non è un viso sbigottito.
Ma sfinito.
Anche quando resiste alle rughe la pelle
rivela ben più profonde incisioni
che a volte s’illudono di scomparire
increspature simili a smorfie improvvise
in quel gridare in silenzio
fischi che attraversano l’anima.
Esorbitano gli occhi
mentre s’espande un fuoco che gela
e sotterra ogni più piccola voglia
in un continuo rubare del mare alla terra.
*
Quest’irruenza nelle altrui sensazioni
sa di indecenza,
il gareggiare per lo sterile podio
rovesciando il peso d’un enorme bagaglio
s’un lido che vorrei fosse lieve
di luce e di spuma.
Quanta nebbia innalza il velo
sull’essenza e sul vivere puro!
Non c’è scoglio né siepe
nè spiaggia o montagna di sabbia
nell’immensità del Pensiero.
Solo ali possenti. Non confini né mete.
E qui sono troppo distanti dal sogno
e noncuranti delle meraviglie del viaggio,
chiusi tra irrequietezze e manie
ed i vicoli ciechi della finzione.
*
Lacrimo questo disubbidire all’amore
le ore di sospensione al cielo
le sottrazioni ai meandri del tempo.
Ora i corpi si sfibrano su di una panchina invisibile
Annota i rumori delle fronde la mente
ma nessun suono assomiglia al felpato silenzio
di lunghe notti ai poli, all'apice somiglianti
quando la distanza tra i corpi era sfiorarsi in volo.
*
La vita era ad ogni stanza
ad ogni crepa del suolo
ad ogni intrigo di rami alla finestra
sulla soglia restavano i passi odorosi di pioggia,
come in ascolto.
Il papavero stemperava il verde
nell’eco dei sogni,
spighe allineate nelle notti più grigie.
Ombre amiche la sera al riverbero d’un lume
narravano di vele e di aquiloni.
Ora qui non passa più un alito di vento
né mette radice il gelo.
Io... una città demolita
senza incisioni né impronte.
*
M’è scoglio quest'omogeneo scorrere che annulla
ogni identità ogni segno e non dà chance alla fantasia
E fluttuo nelle turbolenze avvezza a correnti avverse
Vele ricucite degli strappi ancora in mare stanno all’orizzonte
I miei viaggi anelano l’approdo sopra un’isola
per beltà simile e per quiete al Paradiso
(benchè sia solo un concetto in me il Paradiso)
Ma le spiagge, le spiagge sepolte
sotto un ammasso d’ombrelloni non m’attraggono
al pari delle piazze o delle vie gremite
dove il caos imperversa
e nessuna voce assomiglia alla voce del silenzio.
*
E se diventa un macigno il bagaglio ereditato
la malinconia lo sconforto gli occhi mesti
il silenzio eloquente
si fa marcia indietro dal punto preciso
reo d’una promessa (perenne?)
ora sepolto tra cumuli di terra.
Del bagliore nessuna rimembranza
tra i cirri d’un cielo malvagio
Di tante lune non resta che la beffa
d’una complicità apparente.
*
Anche ora che scruti il nero orizzonte
o dalla cima guardi gli abissi
pesci fiori foglie morte sassi
e pensi senza nulla pensare
e getti lenze nel vuoto
e peschi sillabe gemiti sussurri
e scavi tra le crepe dove perle
stanno tra la polvere e i fogli
scarabocchiati tra estasi e miraggi
Anche ora che le promesse sono vele stracciate
e la terra è lontana il faro spento e il desiderio
che qualcosa possa cambiare
è un vento straniero che schiamazza per le vie
Ora che ti sei rialzato a stento
nel buio d’un mondo che dorme
e non vede la tua sofferenza
e provi un binario nuovo senza grande entusiasmo
Ora che ti volti indietro accarezzando prati di margherite
e le corde del liuto addormentano le tue visioni
anche ora... il sogno resiste vive
dimora nella sua sfera, irraggiungibile
Il sogno non muore mai.
Ed ogni lusinga disillusa uccide solo la quotidiana realtà.
*
L’affannarsi è fatica vana
ognuno seguirà il filo
con qualche deviazione
qualche strano appostamento
qualche sosta fuori dai binari
e asseconderà infine la sua natura.
Germogliare ovunque il suolo imbruna
o perlustrare il terreno per una zolla assolata.
*
Ho scritto versi d'amore per un poeta
lui diceva di non essere un poeta
ma seguiva il sentiero degli aquiloni
e s’innalzava col vento sulle onde
Ho seguito il mio Poeta ovunque fin dove
il pensiero ha sfiorato il sogno
Ho dormito sulle ali sue possenti
ho seminato stelle tra le zolle
E sono stata pioggia e sole ardente
sono stata aria e terra bruna
Tempesta ed arcobaleno
primavera soave anche d’inverno
Ho scritto versi d'amore per un poeta
che custodiva nel suo cuore un sogno
Ma il desiderio come un fiume in piena
ha rotto gli argini portando via ogni cosa
Ed ora non ho più una casa
dove ogni dì fare ritorno
e non ho itinerari da seguire
e vago sola e sconsolata senza meta
le mani in tasca a trattenere il sogno
andato via con il mio Poeta.
*
Osservo...
Dov’è ora la passione?
È un correre o un camminare svelto
verso il traguardo
Mio Dio sono povera di spirito se ignoro
qual è il traguardo?
Il sogno ha spiccato il volo mesi or sono
sotto il mio naso
Incredula
l'anima vergata
relitto inutile rinvenuto a riva
Ma non era la meta
era il viaggio perenne
l’altura a bucare il cielo
Il bacio sublime tra il mare e la terra
a turbare intimi pensieri
Era il desiderio d'un cespo di margherite
mai raccolto
E quel giardino
il tuo, ora di nessuno.
Osservo…
Il mio andare sul filo
un vacillare d'ombre al destino
la lavanda sgusciata tra le piume
in un giaciglio _ansia e tormento_
D'inesattezze rumori d'immagini scomposte
c'è tormenta
di quiete nessuna speme
nella notte misteriosa.
Scrigno di stelle o minaccia di nuvole o intrighi?
Io cammino sulle tue orme ogni sera e non ti trovo
La passione in quale mare annega?
*
Un alito caldo mi sospinge i fianchi
asperità di scogli acre odor di limoni
un bouquet di rose gialle fa meno spoglio
il mogano d’un tavolino.
Riordino le briciole, sopra un velo di polvere
Di baci ricordo il sentiero oltre il giardino
oltre l’orizzonte oltre una soglia chiusa
e il sogno a seguire di un abbraccio
un nido una segreta nicchia per i miei pochi averi
Una ventola mi fredda il viso.
Il tempo riavvolge la pellicola
m’illumina sul volo il salto la caduta.
A galla resta solo il tuo pensiero
Delirio d’un’estate nuda vuota austera
pungolo che m’incita e sostiene fino al buio
d'ombre e misteriose tele
spazio eredità non contesa né condivisa
della mia vita passata d’ora e futura
Delirando oltrepasso il fiume
delirando cerco un approdo
E ti cerco come un mendìco,
in mano un cappello di paglia,
dietro il cappello un corpo adorno di stracci.
*
( a mio padre)
S'è spento d'un tratto lo stridulo frinire.
Nei giorni innanzi quel suono così intenso
seppur assordante non mi recava noia
non quanto nella mente dei miei pensieri il chiasso.
Padre tu dormi?
O forse t'agiti ancora
per le mie pene e pei miei travagli?
Ora i cipressi sono silenziosi
e s’è zittito lo stormire delle siepi.
La pioggia improvvisa ha chiuso l’uscio ai nidi
ma al primo raggio di luce, via le nubi,
di stormi il cielo sarà tutto screziato.
Si tingerà l'aria di nuove sfumature.
Dicono sia così in viso la speranza
eppure non v'è sollievo nel respiro del vento
nessuna quiete dentro e neanche intorno.
*
Quante previsioni quanti simili percorsi
quante false mete quante ipocrisie.
Scene che si ripetono ed orizzonti vuoti
racconti di viaggi inutili.
Ordunque amatevi ed odiatevi
in questo rincorrervi l'un l'altro
tra incenso e mirra
diffondete le vostre pseudo melodie
e vivete o illudetevi di farlo
prima che il mare vi restituisca a riva.
*
È uno stare in trincea
un combattere ostacoli
tra incubi timori
e la visione di un tempo nuovo.
Navigare in sogno
i colori dell'aurora
mentre di foglie il vento
simula il fruscio.
Vi sono vicoli da noi mai esplorati
in bilico tra limiti ed ipotesi.
Sarebbe bastato un briciolo di follia
in questa vita così aspra così esigente,
la scintilla per un fuoco inestinguibile.
*
Se non percepissi coincidenze in quel che accade
direi che sono piccoli segni
del nostro incedere nella stessa direzione.
Resterei ora sulla soglia ad attendere una luce
metterei insieme le note per la tua voce
(eco di silenzi dentro stanze vuote )
prima di leggere della tua bocca ogni piega.
Ma forse aspetterei invano
e l’ennesima raffica mi spezzerebbe la nuca
e forse resterei piegata sui miei ginocchi
ancora una volta incapace di dirti amore.
*
E forse nulla ci appartiene se non l'idea che tutto è preso in prestito
nessuna disciplina lingua traduzione dell'immagine in suono
o figura scarna trasparente nei suoi arti nervi fibre cuore
Ed io ancora sogno segno che la mente brama voli approdi
soste rotte opposte improvvise mete.
Ora io sono in questa tua sagoma e trattengo il respiro.
Taccio. Io sono in questa linea sottile a segnare il sentiero.
Andrebbe perso il senso senza la traccia d'una matita.
Scorrere sul filo senza falsi passi salti piroette nel vuoto
reclusa in un quadrato piegata
nella visione della stessa faccia della medaglia
confusa nel riflesso allo specchio
duplice disegno dell'io scosso dall'onda.
Inutile questa deviazione dal tema
come il gioco d'acqua della luna salda alle sue radici celesti
molle come sabbia nell'inganno di un celere avanzare.
Sopravvissuta ai tagli del gelo e al graffio della luce
ora ostinata assenza della vita in bilico orlo- precipizio
Io come un termine in disuso un attributo superfluo
cado nel respiro del vento tra farfalla e foglia
nella sfumatura vermiglia straripante nel tramonto
Scivolo nel rimpianto d'un giardino rimasto incustodito
a nord di un'isola mai esplorata (promessa).
Era parte del sogno tra saggezza e follia
era l'apice di un desiderio inespresso
quel mare d'erba scrigno di congiunzioni impossibili.
Ora della vita rimane il tempo speso
il tempo perso il tempo incerto
il tempo schiavo del tempo
il tempo sprecato
e la somma d'istanti di attese sospese nel caos.
Rimane il pianto dell'universo stellare e sotto il deserto.
*
Ho bisogno di una folle come te
che ama il viaggio l’orizzonte e non le mete
di una voce fatta di echi e melodie
di una giocatrice d’azzardo di note e di silenzi.
Di verità e fantasie e di emozioni.
Ho bisogno di una folle come te
che corre tra le fiamme
che non teme carestie e penurie
e crede nelle promesse dell’oro e della vite
e sogna cime elevate.
Ho bisogno della tua solitudine
alla soglia del mare
e dei tuoi venti
per comprendere le mie tempeste.
" Poesia per un'amica"
*
Ed ora non giungi in questa casa
( una palafitta una tenda un trullo?)
dove tutto è liquido ventoso bianco
tutto in movimento tutto stanco.
Hai parole che non sono nuove
per tanti orecchi e sempre autentiche
e i sogni i timori le speranze
sono di ieri sono di sempre.
Destati e portami i silenzi
le voci i canti dei nostri istanti
che hanno cambiato il nome al tempo
il suo ritmo le sue attese il suo lamento.
Destati e portami le impronte
di chi non sì è mai arreso al fato
di chi proteso al cielo ha creduto
il filo eterno resistente al peso delle distanze
alle piene e alle magre
e alle esistenze vere e vuote
e a quelle solo apparenti.
*
Io non so dove il sogno è caduto
tra quali rovi
in quale abisso
tra quali acque
Non so in quale vortice
il silenzio echeggia i suoi schiamazzi
dove il passo, stanco, si è arreso
dove la luce vacillante si è piegata al vento
So dove il pensiero ogni ora torna
dove ha dimora la sera dove brama quiete
So dove resiste come una ferita aperta
e attende di lenir la pena.
*
Della mia musica non ricordo che i silenzi
forse un di avrò tempo d'ascoltarla
e di posarmi su ogni nota come un'ala
un petalo una nuvola una piuma
smarrirmi in un sax come nel labirinto
e uscirne indenne
Piangere a ritmo di un bel blues
e scavare dentro ogni melodia
la nostalgia vellutata dei tuoi occhi.
Era così che mi strappavi il cuore
quando la sera era gravida di sogni
e in gola si scaldava la preghiera
che un minuto durasse quanto un'ora
o il tempo perdesse la memoria
del suo andare e del greve affanno.
Della rosa non t'ho mostrato che le spine.
Tutto il profumo se l'è bevuto il cielo.
*
Delle mie viuzze non ricordi nulla
Non le hai percorse che con il pensiero
correndo fin sulla collina, per il sentiero.
Le anse gli spigoli le curve
son cose aliene ad una via dritta
Tra quei meandri un raggio vivo
l'ombra sul muro
il solco nella terra d'un’impronta
narravano di te di come
il desiderio dirompeva...
fiume in piena.
E la piena pur ci rallegrava
e nel contempo il timore dell'Immenso
più che in noi nell' anima lasciava
un sentire strano.
La chiamavano ansia
quel tormento che ribolle dentro
e pare inferno.
*
E quando la luna scivola nel mare
e tu aspetti che un'onda la sollevi
quando un papavero è un solletico nel verde
quando un'ala t'attraversa la via mentre ti domandi
una volta ancora dov’è la giusta direzione
Quando l'aria è sbronza d'api ed uva
e il tuo silenzio infastidito dalle cicale
quando le rondini macchiano il sereno
di un acuto garrire e tu sei nella nebbia
sei tra nuvole d’ombra
Quando d'ogni stagione assapori il tramonto
e cadi nel vortice del tempo vuota e senza peso…
Sei meno d'una foglia morta
meno d'una nave abbandonata
meno d'una scarpa rotta
meno della notte che ti flagella l'anima
ed ancor meno d'uno specchio incrinato.
Meno di quando guardi il fondo oscuro e non ti vedi.
*
Partite interrotte bruscamente
quando la visione della vita cambia
e l'amore perde ogni diritto.
E' come essere fuori gioco.
*
Dietro la rima palpebrale
alla radice del pensiero quando
non aspira a convertirsi in nessuna cosa
In una sillaba monca gemito sospiro
singulto che narra di speranze recise
in un’ombra che ci contiene indefiniti ed imperfetti
Nella lingua di gelo di un desiderio in bilico nel vuoto
nella parola silenziata inadatta
antica deforme transitoria insapore
Dietro una siepe fitta come nebbia
dove ci si ubriaca di rose e di salvia
scivolando poi sull’indelebile come su una lama
Spiarsi nel soffio di un bacio mai assaporato.
*
Non vi sono immagini nella notte
è un sonno che non giunge
mentre la mente setaccia le parole
e i pensieri si spengono in frammenti
come pioggia di meteoriti
Attese d'una terra promessa
agognano un approdo una culla
uno scrigno eterno
Ma è un conto che non torna
nel tempo ch'è mutato
nel malessere dell'anima riemerso
nella speranza svanita tra le fauci
di un destino di sovente avverso
Segno che il sogno è spesso incubo
che tuona nell'eco d'un silenzio
in una vita che della medaglia
ci nasconde sempre il rovescio.
*
Tra pensieri e parole
v'è collisione perpetua
Conto opere ed omissioni
in bilico tra abrasioni ed eclissi.
Non esisto in questa lotta al resistere
non c'è respiro divino nel fango
e sul foglio il disegno si sbriciola
ad ogni tratto indeciso di lapis.
*
E mi domando a cosa serve quel nodo
dove le parole stanno strette come strangolate
nell'attesa che sfoci un treno dalla galleria
Mi domando perché le cime sfiorano il cielo
mentre i pensieri muoiono tra i rami in un groviglio...
*
E poi ho lasciato che morisse
come sta morendo la mia anima
poiché ora non bramo più nessuna cosa
e le parole sono quelle scarne, di sopravvivenza
perché non vanto conquiste nella vita
e la scienza non m’appartiene né l’onnipotenza
perché sono inutili le lotte per nuove fioriture
sì ho lasciato che morisse
perché le foglioline inaridite
(forse per il freddo o per la forza in me minore
della loro ostinazione nel bramar la luce)
non sentiranno il buio del sentiero
dove si sgretola il confine.
E vorrei ora solo un esempio da imparare
e ripetere a memoria e da osservare
mutando il nome a questa immane sofferenza e non il senso.
*
Arenata sulle sponde d’una stagione di cui diffondevi l’eco
domandavo vela e vessillo anche dove pirata il cielo
stendeva veli su orizzonti incerti
Gli occhi intristiti da un bagaglio di disavventure
vetrine chiuse anche di giorno
Rievocavo redini e corse affievolite da un fiato pago
stava cambiando il tuo tempo innescando mine tra i solchi
Amata per i miei silenzi ed i miei canti assai simili ai silenzi
e all’apice scaraventata sul fondo.
*
È un giorno infinito
le tempie impazzite
i pensieri in conflitto
Eppure ora è il ventre
che si contorce
sconquassato da mille lance.
*
Non seguivi le mie curve come fossero binari
e le tue dita erano steli d'erba gambi sottili
piume evaporate da scapigliate chiome
Eri sempre in gemiti d'assenza
abbozzi di fantasie audaci interrotte
da burrasche improvvise virgole nel ventre
Eri sempre dentro i miei silenzi urlante ed imperioso
ma ignaro del potere di quel Pensiero
che accolsi devoto adepto
Eri nella moltitudine dei vuoti speranza e fede
sofferenza crescente d'una gioia negata
eri l'apice a cui guardavo con riverenza.
Ed io non sapevo coglierti in segmenti d’attimi perché eri l'Immenso.
*
Cerco vergini pensieri
in scalfitture e crepe
Il suono d’uno strumento
somigliante al liuto
Satura l’aria
vuota d’ogni altra cosa
mi assimila al volo, nel desiderio…
fioca memoria di quando l’anima
era bandiera alta sul vessillo.
*
Vai dentro i tuoi arcobaleni
vivi allegri pieni
Sono stata tuono sul mare
Dopo il picco d’onda il fondo
dove il nero vince l’alba
E sono sabbia memore di dune
miraggio o solo fastidio agli occhi.
*
Del tempo che si trascina vecchio al ciglio d’una via
delle presenze evaporate in battiti moltiplicati ad ogni meno
s’è nutrito il linguaggio denso carico di resine
Sulla cenere l’input a domande non pensate
in giorni quasi allegri invecchiati dalle abitudini.
La nostalgia era litania dell’arenarsi in sterili sospetti
Gara inutile dentro cave di stimoli
gemiti non canto di peripezie d’amore
e un sacco sulle spalle senza fondo
destinato a seminare nel tragitto ogni tesoro raccolto.
L’amore è rimasto in noi come intrappolato.
La gazza s’è lanciata sull’aureo riflesso
nella culla d’erba fitta
un frammento di vetro di scarso valore
forse un minuscolo coccio di bottiglia.
*
Non sei in questo cerchio
dove i voli si chiudono
tra quattro cose inutili
sei ovunque
sei nel gioco della luce
nella terra gemente d'ombra
sei nell’impeto di questa bufera
che l’anima sconvolge
ad ogni raffica.
*
E’ chiuso questo cerchio
dove si sostava concentrici
diluendo nostalgie ed aspettative.
Non ho mai parlato di vecchiezza
ma di tempi consunti dalle privazioni
di vuoti labirintici come trappole
dove cadevano frammenti di pensieri.
Rievocare l’antico vivere non è eco d’amore
nè crimine è domandare un gradino oltre la soglia
dove i segni parlavano di resa
un gradino in più verso te.
*
Più nulla posso se non resta traccia
d’un barbaglio improvviso
polvere che s’inframmenta
opaco velo che cela e rivela
albe e tramonti svestiti di luce.
Più nulla posso se non si leva pensiero
dal dirupo di sentimenti offesi
da radici dolenti incise di rughe
se l’onda asciutta nega i suoi flutti
flessuosi ed anela alla molle riva.
*
Amore io contemplo i tuoi giardini
così intensi e così odorosi
e vago come vespa e farfalla tra le siepi
talvolta cinguetto nel fitto del fogliame
ma tu non ascolti la tristezza del mio canto
e non vedi i miei occhi né le mie mani tese
a domandare un frammento di te, luce!
Amore resto distante dai tuoi sentieri
per timore e per rispetto
per ossequiare le tue convinzioni
E muoio ogni sera sulle tue ali distese
dove un dì io fui Pensiero.
*
Fanno il tiro alla fune con le mie mani.
Invisibili tenaci ostinati...
un fascio di fibre e nervi stirati
da innumerevoli chiodi conficcati nel palmo
Non avrebbero ora la forza d'una carezza
queste mie dita attraversate dal fuoco.
*
La luce lacera l’anima
un soffio_ respiro _
che muore
soffocato dall’aria.
*
Vedi ci sono sfere ovunque
gli amici degli amici
i nuovi i vecchi
gli esiliati i diseredati
Quelli che vivono al margine
quelli che vivono scrivendo
quelli che muoiono per una parola
o per infiniti silenzi
Quelli che scavano tra le pieghe del cuore
quelli che lasciano intarsi nei tavoli
o che cercano a caso nel web il caos delle parole
come fossero all’apice delle emozioni
E poi ci sono gli sconosciuti perfetti
gli sconosciuti alla mente ed al cuore
al mondo terreno e al cielo dell’universo
Quelli che stanno bene nel buio
perché risplendono ovunque.
*
Quando il pensiero dirompente scende
incontra abissi il fondo d’otri l’incavo d’una mano
che si racchiude a gomitolo dipanato per metà
dietro quale siepe scompare il sentiero, non sa
e lo specchio quale immagine rimanda
il frammento dove pigola dove si fa chiasso dove si sperde...non sa
mentre l'amore è fuoco che divampa
e tra cielo e mare approda
aquilone e vela, verso la tua riva.
*
Ed ora so che tu non vieni dove io sono
che tu fuggi da ogni cosa che m’assomiglia
che tu corri al riparo tra memorie antiche
Alieni il tuo pensiero lontano da ogni sogno
Nemico da combattere tarlo da sconfiggere
io sono?
So di non essere tutte queste cose
e so di non essere l’oltre del tuo cammino
ora hai nuove medaglie
ed io sono vinta ai piedi di tutte le ombre.
*
Vorrei spolverare il grigio dalle aiuole
e dare al prato una mano di colore
ora che l’orizzonte s’assottiglia
_un tenue filo una trasparente lama_
Ed io conto le tessere mancanti
sogni e promesse incastonati
come in un puzzle.
E penso che il tempo è belva assai feroce
ingoia tra le fauci in egual modo
tutto quello per cui s’è pianto e riso
lasciando fuori solo noi,
così infinitamente miseri così piccoli.
Noi e i nostri errori eterni.
*
Ed ogni sera penso di bussare
una due tre volte
senza sbirciare tra le tende
senza pensare al lume alla finestra
senza la speranza che tra le crepe
il vento cambi voce
Ed ogni sera penso di sostare
uno due tre minuti
senza rendermi conto che i minuti
assomigliano sempre più alle ore
senza dare ascolto ai miei piedi
stanchi di cammini impervi
Ed ogni sera penso di parlarti
una due tre parole
senza discriminare quei silenzi
lunghi carichi d’amore
quando abitavo nei tuoi occhi
ed ogni stanza era il cielo immenso.
*
Ghiaccio e fuoco hanno egual potere
provocano tempeste travolgenti
Ed è sempre troppo tardi
per mettersi al riparo.
*
Oggi è ieri con le sue speranze e le sue paure
con i suoi sogni la fede gli ostacoli
l'onda e la quiete.
Abbracciami ora che non ci sei
ora che più non comprendi
la potenza di questo amore.
E non lo dimenticherò mai.
Vivrò o morirò
di quest'amore che non sai.
*
Amnesia
di anni imbottigliati
accuratamente
ora buttati in mare
Occhi mani labbra mento
avevano voci
soavi stridule meste sonnolente
più del resto del corpo
irrigidito in scomode angolature
Tra anguste sbarre
l’oltre disegnava visioni ammutolite
per paura che svanissero
nella notte ingorda d’azzurro.
Amnesia.
*
Bambole dalla faccia inebetita
senza grinze nei pensieri
la pelle tesa ignara di stagioni nuove e di tramonti
setacciano parole che ritornano frequenti
dove occhi di pietra scavano un senso provvisorio
nell’assoluto indecifrabile...
stupore il sibilo breve che svolta l’angolo
come serpe con l’obiettivo d’un muro levigato
e illuminato d’erba
Bambole senza emozioni tra le pieghe di carta
d’un vestito corto e lo smalto graffiante di mani
spoglie distolgono dal dolore della spiga matura
mentre il sogno d’una carezza fa eco appena
al fragore d’una stella scivolata nel mare.
*
Il rosso che divampa
poi è terra arsa
E della verde fioritura
è immemore il deserto.
*
Nulla svelava al passaggio il tempo
non il naso lungo
né le gambe corte
tra verità e menzogne
solo il disegno onirico del pensiero.
Non colpe non meriti non cause né effetti.
Poi complicità dissolte.
Ed esseri confinati agli estremi
ognuno con la propria pena
artefici di un diverso dolore.
A domandare uno spiraglio
o al riparo dalla luce.
Spiati solo dalla luna
salda nel cielo
al centro di due vie parallele.
*
Come appari lontano ora che non sei
sulla traccia del vento
nell’approdo d’un fiore sul sentiero
nel pensiero che abbraccia l’immenso
come appari lontano ora che non sei
silenzio e voce timore e speranza
follia e ragione
sogno e quel che più s’appropinqua al sogno
come appari lontano ora che non sei
a raccogliere bozze di carezze recise
a seminare sorrisi a me di fronte
a disegnare speranze
come appari lontano ora che sei
lontano, troppo lontano…
*
Le mascherine
le fronde accoglienti
le voci.
L’alito di brezza sottile
che anima il cielo.
Armonica simulazione
dell’inno alla gioia.
Ora navighi il mare
senza ferri alla caviglia.
Un tempo gemente
osservavi il panorama
dietro un cancello.
E il bene provato (condensato)
è dentro scarne parole?
Negazione d’una luce
che pure mutava in sorriso
balsamo sulle ferite dell’anima.
Ora scivolo dentro una definizione
e resto sul fondo
battezzata errore d’un pensiero peregrinante.
Voci, garrule voci, abbracci moine
nel tuo cielo affollato di colorati aquiloni.
Tu con in pugno la tua libertà
mentre io vivo d’esilio.
*
È un'aria opaca
che maschera il sole
un'aria sfumata di perla
a tratti di celeste sbiadito
Son sprazzi che vanno
come onde sul mare.
E’ un'aria smunta
che puzza di terra
inumidita
di sabbia recente
di latrati di cani
di polvere sul ciglio
di vie desolate.
Un'aria anonima
di nessuna stagione.
Solo l'odore dell'erba falciata
racconta che è primavera.
*
"Carmina non dant panem"
scoprii così d’avere un’anima
allor che fanciulla
uccisero in me l’idea della poesia.
Per anni ho affidato emozioni al vento
ed ho scritto dubitando del mio esistere
fui luce per te(soltanto?). Universo folgore.
Ma poeta? Forse Poeta non sarò mai.
Oggi qualcuno incita una scolaretta
a persistere nelle sue pagine di diario.
Si resta delusi dall’amore
e spesso anche dalla vita
ma si è lontani dalla Poesia. Lo so.
Oggi qualcuno comparso all’improvviso
con nonchalance cerca proseliti o spot
e si pone al centro dell’altrui interesse
senza sollecitudine (all’apparenza)...
Oggi qualcuno si dice tuo amico
Conoscitore profondo del tuo animo
non sarà mai. Lo so.
Oggi una folla è in cammino e ti tende le braccia.
Io sono notte e prigione.Io sono vento.
Sono tutto ciò che cade nel vuoto.
In fondo anche uno zero è un cerchio
in espansione agli estremi… e molti sono dentro.
Io resto fuori e me ne vanto.
*
Fingere lontano il pensiero da strappi e cuciture,
fatica inutile, da scartare.
Basta l’ansimante respiro
ad ogni tentennare d’equilibrio.
Ho sognato aquiloni neri soffocare nella luce,
miraggio d'ombra d’un orizzonte ormai deserto.
*
La bamboletta di pezza ha solo un’immagine di sé
e incongruenze incertezze timori distrazioni
la bamboletta di pezza ha sorrisi per parole
e le parole sempre le stesse tessute sulla trama
di un solo pensiero, la conquista
la bamboletta di pezza appiccica di miele
ma ha stati di ghiaccio e venti preordinati
la bamboletta di pezza ha un like per tutti
compare scompare e ruba agli altri la luce
per il suo profilo d’ombra.
*
Se la rosa tornerà prospera tra le spine io non so
ma la corona di Cristo non smetterà
il suo colore smunto per un verde brillante.
Tutto tornerà a fiorire o tutto potrà morire in un attimo.
Sto come una cosa lasciata scivolare tra le mani
ai piedi d’una quercia. Dinanzi una panchina deserta.
E’ il primo raggio che mi trafigge gli occhi
dopo l’interminabile freddo di marzo
ed io attendo che il sole tramonti nel desiderio d’un bacio
d’un viso ripiegato in un cassetto
nella bozza d’un sogno
e di un domani tiepido sotto la cenere.
*
Io so di non sapere
d’essere polvere nell’Universo
dispersa dall’impeto di burrasche
e nell’onda irata dei venti.
Mi dissero” superba”, ignari
d’un tempo flessibile di cicli e stagioni.
Calpestarono nuances ed umori
epitelio di presunte verità.
Ma per te io ero orizzonte di luce
congiunzione di cielo e mare
aerea percezione attesa d’equilibrio.
Ora so di non essere.
E so ancora di non sapere.
*
Seguite l’aere, vedo... ma che amarezza in me
e nel cuore mentre si raggelano i pensieri.
E siete dove tutti sono. Contraccambiate un gesto
una carezza un bacio una smorfia un cipiglio.
Voi conoscete l’animo di chi osannate...
Certo non io che scruto una sfera, incredula
e resto muta e non prevedo non calcolo né analizzo.
Mi dolgo talvolta di questo di non essere come voi siete
ma non potrei essere così perfettamente in fila
e ciò mi conduce lontano da una certa "quiete".
*
Come osso si sgretola nel mare.
Oltre il limite consunto
nuovi equilibri al largo.
Le tue ali in volo a lambire altri lidi.
*
E' per continuare a vivere
che corro all’indietro
le stesse vie gli stessi viaggi
le perle intatte nello scrigno
e castelli demoliti dalle bufere
ora ricostruiti a memoria
è per ritrovare la luce
che m’accompagno alle ombre
e discorro di stagioni antiche
di tempeste ed arcobaleni
di follia e saggezza
dei miei giorni annegati.
*
Perché il giorno si chiama giorno
se dalla notte non diverge?
L’uno acceca la mia via
l’altra la mente ottenebra
sicchè essa vuota appare
di sogni e di speranze.
*
Era la prima decade quando
assaporai i tuoi occhi
due mandorle d'ebano levigate
due sfere assetate d'universo.
Esplose aprile con pioggia di petali
ed onde d'erba nel fruscio del vento.
Il pensiero un filo invisibile tra noi
collante fu di umori e sensazioni
tenne il mondo in equilibrio
su mani destinate al limbo.
Era aprile quando ti reclamai al vuoto della vita
bramando il rosso d’antichi floridi filari.
Ed oggi è aprile
e il tuo silenzio incide la mia scorza.
Sanguino sotto un sole titubante
dopo il maestrale di marzo.
*
Un modo frequente d’abbatter distanze
il tempo non tempo che piega dinanzi a uno specchio
gioco distratta malvolentieri noncurante dell’esito
per osservare il cammino delle lancette su grigie pareti
sbianca il mio viso esausto sotto uno sbadiglio
scrivo con inchiostro indelebile sull’anima una pagina sofferta
quasi fosse un sillabario.
Sono come malata in un letto ad implorare la fine d’ogni supplizio
e conto le gioie_ qualcuna_ a patto che torni all’infanzia
tra l’erba dei campi e i quaderni e le bambole
un lusso d'assaporare in segreto. E cado come lungo la riva bagnata
non distinguo se dal sole o da un’onda che addosso
mi riversa il suo apice d’ira ed intanto sono tutt’una col vuoto
Io aria io terra, io vento che l’allontana dal mio orizzonte.
*
Ho raccontato d’ogni pensiero buono
le sillabe tronche stemperando respiri
nell’aria gelida
Incompleto il canto termina sempre
in una macchia fugace. Mistero...
mentre il cielo ritrova il suo sereno
non la sua pace.
*
Nelle lingue di terra sanguigna
il pensiero non giunge
L’acciaio delle onde risplende
si muta talvolta in pioggia, inattesa
Nulla ci appartiene è di passaggio
noi fermi come al fronte
a rievocare assenze
ritardi nostalgiche visioni
Le nostre non erano guerre
ma missioni di speranza
e spesso voli interrotti
in fragilità di spazi
da improvvise comparse,
ombre allungate alla schiena.
Noi di fronte
nell’immensità
stelle e pianeti in cicli avvicendati.
*
Trascorrono i mesi e il ritmo più non importa
ognuno la sua gerla i profumi i colori le ombre
armonia tessuta sulla trama di un oscuro silenzio
è magra speranza acqua sperduta nell’arida terra.
Remoti sono i giorni di festa le ricorrenze
le abitudini accese la sera con devozione
le attese cresciute nell’andirivieni di timori e speranze
d’una parola un gesto un sorriso sfumato leggero.
Sospesi ora sono i racconti ch’era novembre.
Entrata è la Primavera ma il freddo è tenace
s’asconde in un raggio di sole trasfigurato
l’indifferenza governa l’altare della passione.
E l’anima ora giace piagata dalla sofferenza,
arresa all’inganno crescente delle stagioni.
*
Avrei atteso a sera perché il giorno
è un groviglio di doveri un legarsi
di segmenti passaggi graduali
fino al picco quotidiano di fatiche.
Avrei abbracciato le ombre
complici d’un sentire profondo
all’immaginario suono di acque
che non si gettano nel fiume
che setacciano grani fili d’erba fiocchi
scivolati dai rami
e che si perdono in sentieri.
Avrei chiuso gli occhi sognandoti
prima d’ogni altra visione
prima delle grinze sulle labbra
quando pensano ad un sussurro
più che ad una parola
prima dell’alambicco dei tuoi occhi.
Avrei sperato in un anticipo di ore
di minuti di luce in un assaggio di brezza
un brivido tra orecchio e nuca
rievocando memorie
dei nostri giorni di bufere ed arcobaleni.
Avrei camminato per la stanza vegliandomi
vincendo l’ansia il timore l’inquietudine
e avrei guardato il vuoto intorno così pieno.
Avrei atteso ed atteso anche quella sera,
per amarti.
14 febbraio 2022, non un giorno qualunque
*
Quest’idea d’una creatura
a immagine di Dio
si rivelò subito non buona
dalla costola di Adamo
dal Paradiso terrestre
da Caino.
Dovevamo stare nella savana
o in una foresta equatoriale
Cacciare come altre specie d’animali
per istinto di sopravvivenza.
Invece Caino ha ucciso Abele
per ira gelosia e per potere
E da lì esempi a non finire.
*
Non ho meritato che il tuo silenzio
questo vento adirato
che mi schiaffeggia l'anima
e che io inseguo
con cieca ostinazione.
*
Della maestosa quercia
sono quel ramo
dove linfa più non arriva.
Un'inutile appendice, quel che rimane
d'un vago immaginare il cielo.
Del sogno un abbozzo mal riuscito.
*
È un pensiero ramingo
che cerca la sorgente e la foce
un pensiero che bacia l’aria
e tutto quel che racchiude
Un pensiero che implora
un verbo un gesto una traccia
E’ un pensiero che domanda equilibrio
e le ali per assurger alla luce.
*
Padre non conto più i tuoi anni
sarebbero pochi
ma son troppi che manchi
tu sei vivo perchè tra i morti
la mia memoria fallirebbe
e tu sei un sempreverde
il picco di quest’immenso giardino.
Padre non ti pongo domande
ma tu hai tutte le risposte ad ogni mio pensiero
ai miei dubbi e alle mie paure
tu sai i miei limiti e le mie qualità
e sarai tu a ricordare tutto
quando siederemo alla stessa mensa,
un giorno vicino o lontano.
*
Non posso parlare della guerra
il cervello è tra incudine e martello
duole non resiste alla visione
di stragi e drammi e degli orrori.
Tuoni nell’aria e sul cemento
e sul riparo (nessuno) delle vite.
Non posso parlare della guerra
del suo tempo e dei suoi mezzi
dei lunghi corridoi della speranza.
L’acciaio le macerie
l’avanzare ammassati nella fuga,
a replica d’un urlo senza fine.
E promesse disegni accuse propagande
un bla bla impazzito dentro un turbine.
E l’umanità sofferente, un fuscello
in aria sollevata.
Non posso parlare della guerra
della sua crudezza del suo inganno
dei giochi di potere dei retroscena.
Non riesco a trovare le parole.
*
I filari sono ancora lì racchiusi
nel loro odore acre
dove la terra si ritrae e manca al piede
una zolla un mattone un sasso.
Ed ancor meno alla mano tesa.
Tace la sera prima del frinire delle cicale
della brezza gentile dietro la nuca
e l’accelerar dei passi verso casa.
*
Non so se quest’involucro
racchiude braccate percezioni
e dei cinque discussi sensi fiuto il patire.
Vedere-udire in propaggine di assenze
in gara per il podio.
Per vincere l’inganno
d’un apparire tenace nonostante
l’orizzonte sgombrato d’armonia
aspiro a congiunzioni al fluttuo d’onde
nell’indaco tangibile dell’eco
mentre s’espande perenne al primo impatto.
Questo grappolo carico di giallo
aggiunge all’anima un fardello
E mi stordisce… insetto un po’ distratto
in turbolenza d’aria.
*
È all’anima che manchi
or che smarrita vaga
dentro spirali dense e vinta
luce più non domanda né ombra.
E’ sull’anima che la ferita insiste
slarga allontanando gli argini.
Ripresa più non brama
tranne che nell’istante
d'una fioca speranza.
Mitezza dei tuoi occhi
a coronar l’attesa.
*
Ripercorrere ogni meandro
e scegliere tra tinte fosche e vive
prediligere la cornice al caos
ridisegnare il contorno delle ombre
mutar grado ed intensità optare
per la luce calda. Non mi dà sollievo.
O fredda. Non mi traduce appieno.
Entrare in turbini e gironi
credere ad oniriche visioni
e (con)correre_ lent/animé_
il fiato uno strumento in crescendo
al gradino in cima ad un tappeto.
In un momento meno propizio
far calzare un vestito ad uno stato
vissuto nel remoto e accantonato
sorridere a tema col malessere
che tarla l’osso d’ogni mio pensiero.
E (con)correre l’anima spogliata
sensibile al gelo ed alla fiamma
con la negazione degli opposti
in equilibri forzati lotte impari
fortuiti ripari ed imperfetti connubi.
Io appollaiata sopra un ramo
emetto un suono allegro oppur gracchiante
un trillo o uno stridìo e non mi domando
la levità o il peso del mio canto.
Intono il quotidiano mio tormento:
un arcobaleno che includa ogni tempesta.
*
Lasciami cadere come un sasso giù per il pendio
lontano dall’ammasso di sabbia e pietre e terra.
Hai il tempo reso centuplo per vivere
senza la morsa ai piedi senza il tarlo nell’aria
d’un amore che uccide.
Hai il tempo per cancellare le ferite
e la bozza di baci e di carezze.
Hai il tempo, tutto il tempo
per maledire questi occhi
che ti hanno dato amore.
Ora lasciami cadere
più a valle di tutte le cadute.
*
Non sogni o speranze
né il pensiero prima così tangibile
finita la cenere l’aria odora di primule
fuori dalla prigione respiri
e popoli il vuoto di nuove figure.
I vecchi ritagli scivolati nel mare
feroce il silenzio,
uno scudo che s’erge invisibile
ed io un estraneo
che combatti come fossi un nemico.
*
Oggi la tristezza è un vento forte
del gelido e caldo non ha traccia
ma sconquassa le mie fronde, mi travolge.
E tra le onde furenti
imbavagliata
invano imploro Amore, la sua voce.
*
Oscillazioni del pensiero
su perimetri di vuoto
equilibrio di essenze
nella carne dell’anima.
Tra sfoglie di silenzi
si spargono brusii
non assurti al canto
e si scalfisce il tutto perso
in una goccia di luce.
Se tu ora giungessi
così a sorpresa
con dentro gli occhi
un abbraccio di parole,
come questa neve di marzo
fresca e soave,
due rughe stirerebbero
gli angoli della mia bocca.
*
Nelle sue fauci si celano timori
mentre una pioggia di petali
obbedisce al vento al suo richiamo.
Ora che non ho più i tuoi occhi
con i miei occhi inciampo ad ogni passo.
Non ha germogli la terra
arida ad ogni zolla
nonostante le lacrime copiose
d’un cielo sofferente.
*
Nel combattere la luce con l’opacità
colgo il tuo nutrirmi d’assenza
attraverso un cielo
dove il pensiero aveva la sua dimora
mi poso sulle sue brevi soste
Mi suggestiona un silenzio ghiotto di sensazioni
e lascio che il terreno ingoi ogni storpiata sillaba
ogni incrinatura della voce ogni scricchiolio
Oltre il frammento è l’immaginare violini amputati delle corde
e colgo il vuoto che mi sazia
ed inseguo il colore stinto sulle altrui dita
Mi suggestiona il tempo
gonfio di rimproveri
e lascio che l’onda
ogni sorriso spento
ogni ricordo mi travolga.
*
Viandante senza una meta
con addosso i miei stracci consunti
inseguo speranze svanite
pensieri che muoiono
aborto d’una mente fiaccata.
Un otre gonfia di vento
il mio solo bagaglio
un vuoto di sogni
quel che resta di un disegno
solo abbozzato ormai stracciato.
*
E dopo un infausto giorno
aspetto un segno nuovo ad ogni calar del sole
ma inciampo in un groviglio di ermetiche parole.
Torna a soffiare a sera il vento dell’indifferenza
il tempo passa indarno ed il pensiero cade
spogliato della sua onnipotenza.
*
Conviene ch’io parli delle rose
di come stanno quiete sulle siepi
quando il raggio del sole le riscalda
di come ringraziano la pioggia quando è fine
ed impiega tempo prima della cera sul selciato.
Conviene ch’io parli del profumo che resta tra le dita
quando una corolla s’approssima alla fine e i petali
cadono avvizziti ad un leggero soffio
conviene che io pensi alle viole insieme con le rose
immaginando un mazzolino in mano ad una pulzella
pensiero d'ornamento nel dì di festa.
Conviene che non calcoli le spine
e che ne salti almeno una
mentre setaccio volti e panorami
che fiuti le tracce che conducono
a giorni spensierati e di letizia.
Conviene che io sosti sotto un ramo il naso in aria
occhi socchiusi a scovare tra la boscaglia un nido
gremito di melodiosi trilli e che non pensi
alle tante cose inutili che fan felice mezzo mondo
nè al brusio dei passanti
sempre pronti a seminar zizzania.
*
Ricomporre il tempo speso
tra cose futili e le serie
forse serve a definire differenze.
Un’anonima voce mormora che tutto è utile alla vita
la distrazione la lentezza l’incoerenza
per spiarla da diverse angolature mentre già muta.
Aspirare a non sentire il peso nel ritorno dei giorni
dei loro nomi dell’eterno sovrapporsi degli attimi
fino a quando una goccia non capitombola dall’orlo,
una goccia persa dentro una discesa
nel desiderio solo accennato
per sfuggire al senso inverso del volo.
Immaginare di cancellare le aride stagioni
senza colombe fuori dell’arca
alla fine del diluvio.
E viverti perenne nel primitivo pensiero.
*
Rivelazione di un volto amareggiato
piagate grinze, lembi di un’anima dolente
e dei suoi perenni passaggi
tra il rosso vivo delle fiamme.
*
Le nostre battaglie per una comune causa
le ricordo tutte
le insidie dietro l’angolo
le presenze artefatte ombre d’altra natura.
E le rivincite semplici senza la fretta del tempo
che giungevano dopo la fitta trama
dopo il ricamo strappato
e gli ignobili caduti dentro l’immaginario cratere.
Le nostre conquiste vincendo gli ostacoli e superando valichi
il confortarci a vicenda disegnando nell’aria una carezza
le decisioni drastiche e a malincuore
il coraggio di volare più in alto della vita possibile.
L’occhio alla clessidra di giorno e il ritmo accelerato della notte
quando tutte le cose fuggivano, non i sorrisi
nonostante il soffrire dell’anima per un sogno che si faceva lontano
le promesse precipitate in un burrone. Ricordo tutto.
L'ostinazione di vivere malgrado i piedi piagati
Ricordo la nostra forza oltre un effimero domani
e il filo del pensiero sempre teso.
Le nostre cadute erano lievi. Ci rialzavamo fieri d’essere simili.
*
Bisognerebbe lasciare i pensieri
appesi al chiodo chiudere in una stanza
l'angoscia l'inquietudine il tormento
d'una realtà poco incoraggiante
Con piè leggero calpestare il suolo
senza che senta il turbamento
ed affrontare il giorno come viene
con fresca ingenuità e con fermezza
Sono propositi buoni che ritornano
e dopo pochi istanti vanno a cadere
là dove giacciono le foglie
e dove sono tutte le cose morte
Un uccelletto stuzzica un po' i rami
infreddolito, quasi saltellando
Pensi ad uno scatto. Così l'osservi...
un frullo d'ali ed è fuggito via.
*
Conto le spine della mia corona
e mi distraggo
Giusto il tempo d’una vertigine
Un breve istante che diviene eterno
E sarà luce oltre un nebuloso buio.
*
All'alba c'eri di sicuro
quando l'aria s'empì di un vagito
E ci sarai al tramonto
assicurandoti
che io non sbagli la meta
Ma dimmi dov'eri quando
la vita celebrò il suo inganno?
E dove sei ogni volta
che la solitudine
vittoriosa uccide?
*
Scendere gradini accompagnando
con flebile canto
un cieco fruscio di passi
E immaginare sabbia foglie sassi
dove la terra molle inghiotte il piede
E non pensare neppure di cambiare rotta
Alla fine c’è sempre un binario morto
o un vicolo chiuso a te di fronte
dove non vedi più morire il sole.
*
Talvolta una piccola speranza
s’affianca ai miei passi sulla via
è il solito percorso dove il piede
celere s’affretta fino al luogo
in cui tutto s’arresta l’energia
la voglia l’entusiasmo ed il coraggio
di vivere la vita come si deve.
Un raggio dentro gli occhi
li trafigge, ma è quasi ameno
diverso dalla lama che nel cuore
scava con lena e senza grazia
e quando in quei meandri vige tregua,
la mente, se i pensieri non setaccia,
diventa calderone di memorie parole screzi dubbi
e le domande molteplici emergono ponendo
ogni minimo tratto in discussione
di quel momento che solo per un po’
s’accosta al vivere più umanamente degno.
*
L’esser usciti indenni dai giorni della merla non consola
senza scosse né tempeste senza l’aria gelida sul naso
si son parlati tra loro scambiando i ruoli come due monelli i mesi
in fondo un ritardo breve non è grave, solo una burla.
Approfittano del ritmo, quando allenta, le chiome
per respirare prima di riprendere a vibrare nell’aria come corde.
Fluttuano come onde. Risale una donna la collina
le braccia tese s’alternano col peso ed ansima per la fatica
quando una raffica di vento la frusta in viso.
Casa, che luogo ameno! Che quiete or che la strada è ostile!
Non una parola ma l’accader d’una magia,
sfera d’ognuno per una volta almeno immaginaria, quando
dietro la finestra guardando il cielo qualcuno pensa
che dietro le nubi c’è sempre il sole, anche se piove.
*
Ora che non torno a raggio
sulla giravolta dei pensieri
l’angusto spazio d’un vicolo
ha il guizzo verde d’un gatto
Il resto è pece fuori
e dentro
screziato di fuligine
Nenie si perdono in petto
nel respiro_ rantolo_
che spera nell’eco
per (ri)sentirsi vivo.
*
I piedi hanno memoria
dei passi
del punto dove
goccia su goccia
s’innestarono vite
e dove la terra
è ventre di promesse eterne.
*
Sepolta nel sepolcro del silenzio,
la porta un grande masso.
Sento i passi dell'indifferenza
e la voce anonima del disprezzo
sotto il peso di una notte eterna.
*
E sono qui
il giorno ancora acerbo
lievita il mio pane in fretta
già si avverte il peso
di una nebbia dentro
tra i ricordi e le cose inutili
Fuori lungo le vie
più cani che persone
ognuno un itinerario
pochi una meta
Ascolto il silenzio
io l’unico rumore
io e le mie dita mosse
da autonomi pensieri
Carezze sui tasti
vestono l’amarezza
E’ un giorno vecchio
di un nuovo anno
ma la solitudine sfoggia
un vestito più raffinato
è stagione di magra
di partenze
di oblii e nostalgie
e ci si rassegna allo scorrere
imperturbabile del tempo
ora che c’è penuria di tutto
anche di lacrime.
*
Parole nell'aere di una magica sera,
quando il fragore di un tuono
andò dileguandosi
dentro l'arcobaleno…
*
Il tuo nome è un gemito sulle labbra arse
quando il rigore regna nella stanza
mentre il pensiero cede
esausto di tenere il passo da mane a sera
le palpebre giocano con le ombre
e intorno tutto è statico
la notte splende fuori mentre m’arrotolo nel buio.
Ho ali leggere di farfalla e il desiderio dell’inverso.
*
Al vaglio erano tutti i miei pensieri
fin dove correvano in un cielo sgombro
ed anche negli intoppi nei piccoli nodi
che impedivano agli occhi la nitidezza
Con un bisturi davi un nome
ad ogni sbandamento ad ogni titubanza
ogni fragilità. Sono meno di un punto
in tanta immensità che mi circonda.
*
Abbiamo una casa e dentro tutto
il caldo ed il freddo che accendiamo
come ci aggrada al mutar delle stagioni
un letto comodo una nicchia
per i sogni quando noi sereni
abbiamo chiuso il giorno
o dove scomponiamo ogni pensiero
gli attimi le ipotesi le immagini
e spesso anche le visioni.
E stiamo bene come piselli in un baccello
se l’amore il giorno ci ha sorriso
Abbiamo poche cose accantonate
in angoli nascosti dalla polvere
quelle vere per le quali
pensiamo ci sia tempo
un tempo che corre eppure non esiste
e mille cose inutili in bella mostra
che non tocchiamo quasi mai.
Ed ecco una falla sopra il tetto
è un allarme che sotterriamo troppo in fretta
una incrinatura nelle scale
una fessura alle pareti
diciamo non è nulla con noi stessi
per noncuranza e spesso per pigrizia.
E poi all’improvviso dentro piove
e gemono spifferi di vento
la muffa imbratta le finestre
la ragnatela gli spigoli ricama.
Ma non guardiamo nulla solo il vuoto
benchè la casa sia fin troppo piena
In egual modo sfociamo in fiumi di parole
e più non ripetiamo “ti voglio bene”
a chi nel nostro cuore ha già dimora
credendo sia superfluo pronunciare
le uniche parole che del pensiero
sono la traduzione più fedele.
*
E quando il freddo vien di sera
nelle ossa è un vento gelido che sferza
che torna a visitare il mio corpo spoglio
come albero sul ciglio d’una via
Vorrei la stanza non avesse ingombri
e non avesse porte né finestre
richiamo d’aria, del lieve suo vibrar
Vorrei tutto lo spazio fosse un letto
e tra mille coltri avvolta, scomparire
bozzolo nel suo stadio primordiale.
*
Una moltitudine di esseri un dì fu creata.
Animati ed inanimati
tendenti tutti alla perfezione
vegetazione cose fauna e persone
ciascuno con una voce una nota un suono
E poi io
i miei nei
l’errore
in ogni forma del mio divenire.
*
Dell’amore
degli ampi sorrisi
e degli sguardi interminabili non resta nulla?
Lì dove correvano praterie ed il mare non aveva onde anomale
Dell’amore
dei lunghi silenzi e delle bocche generose
di baci e di carezze nessuna rimembranza?
Lì dove i sogni correvano veloci e la luce era sempre foriera di speranza
Dell’amore
degli istanti di follia
e dei progetti minuziosi nessuna traccia?
Lì dove il silenzio era così sacro e custode dei nostri intimi segreti.
*
Solitudine...
E poi c’è il tuo viso
che ho amato da subito
senza mostrarlo ad altri
e la tua voce così profonda
così piena così calda
che ho ascoltato io soltanto
le tue mani così forti
che ho immaginato così morbide ad ogni carezza
e poi c’è il sentiero parallelo
che ho attraversato io da sola
senza mai sentirmi sola
e il tuo pensiero
che ha preso a prestito aquiloni
aerei gabbiani per raggiungermi
ed ogni linea ogni ansa ogni incrocio
ogni plica del tuo corpo
e poi c’è il tuo silenzio così vario ad ogni stagione
e il tuo racconto pieno di enfasi e di speranze
ed il sogno travolgente come l’onda
e la tua anima così vicina a me
nella gioia e nel dolore
nella luce e nell’oscurità
e poi c’è il tuo viso
ed i tuoi occhi
i tuoi gesti
e le tue mani
che continuo ad amare come il primo istante
nonostante tu ora ignori il mio essere tra preghiera e canto.
*
Nient'altro guardo. Miro il vuoto come quando
gli occhi fissi sopra un uscio attendono spiragli
passi ombre e la mente per ingannare il tempo
disegna sguardi e sillabe e sussurri.
Un ordito che presto allo sguardo si dipana
mentre le pupille si velano di pianto.
*
Tra venti di burrasca,
spietati,
non odi della mia voce il suono
Parole più non ascolti
né ti raggiunge sull’ali dorate
il mio pensiero.
*
Rannicchiata nel mio misero giaciglio
spenti i pensieri tra gli stracci
giaccio sul fianco
dove il cuore giunge all’orecchio
col battito che tuona.
*
Tu ora arrivi quando non ci sono
oppure ho appena varcato la stessa soglia
dove ora giri lo sguardo o chiudi gli occhi
o ti posi ad un angolo nascosto
tu passi e non ti fermi
io sento il fremito delle libellule dei calabroni
dei passeri delle farfalle e delle foglie
sopra i rami
e non faccio più alcuna distinzione
tu scrivi di cose vecchie e cose nuove
lasci impronte sigilli emblemi
se pensi non so cosa tu pensi
ma mi scacci con la mano dal tuo viso
al pari d’un insetto molesto e fastidioso
tu cammini nei vicoli di ieri
e cancelli gli itinerari più recenti
hai le tue certezze e convinzioni
e non conosci dubbi e contraddizioni
tu hai il pensiero quello superiore
che fa le regole e non ammette deroghe
io ho l’abbondanza di debolezze e limiti
d’un essere facile all’errore.
*
Un solo pensiero
un gancio saldo
ora corroso
allentato
rimosso.
E il vuoto che s’empie
di tutto ciò che non ha senso.
*
Ogni mio pensiero è inadeguato
destinato al vuoto
inefficace
ogni mio pensiero, vano
l’aborto d’una mente stanca
ormai alla resa.
*
Ho perso i miei amici
ed anche quelli che non mi erano amici
ho perso il mio modo di vivere
ed anche quello che non era il mio modo di vivere
ho perso i miei sogni