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Raccolta di poesie di Francesco Palmieri
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

23 - Passaggio ventitreesimo



Vorrei poterlo dire ad alta voce
quanta distanza c'è
tra noi e un’altra luna
(un aldilà, un laddove,
la piega nascosta
nel punto cieco nell'occhio,
la luce prigioniera
reclusa in un risvolto)

vorrei poterlo dire
che c’è una via di scampo,
che è una combinazione
la chiave che ci manca

(lo scatto a serratura
un click al chiavistello
e si apriranno porte
con dio dall’altra parte)

vorrei ma non ci riesco
a dirti che comunque
siamo rimasti a terra

e solo intermittenze
un’impressione vaga
che esistere è altra cosa

come un fiorire di rosa
un neonato che riposa.

*

Intermezzi di luce fra buio e buio.



e quando le parole
non più cristallo
un tintinnio nascosto
un'eco di conchiglia,
ma appena un toc di nocche
battute contro il legno,
un vuoto di rimando
per quanto vuoto dentro,

e quando già ti sembra
che sia degli altri il vivere
e senti che la vita
si fa tempo che fugge
e solo un levare e battere
il tempo che si è vivi,

e se l'amore è il passo
di una ragazza estiva
che riempie immenso il mondo
e poi se ne va via
(e ti ha sfiorato dio
con quei suoi occhi grigi
e il sole nei capelli)

cosa ti resta ancora
se non durare in giorni
sperando sia l'imprevisto
a scuoterti le spalle,
a dirti vieni giù
che oggi si va al mare...



FP

*

Scene da un amore.


Saremmo stati argine, noi due,
atollo spume e sabbie,
intreccio di radici
in cavità nascoste

e nessuna piena,
marea di petroliere,
ascia scure o strappo

a rompere la bolla,
il cerchio delle fate,
il legno della porta.

Saremmo stati nodo, noi due,
a sciogliersi all'estremo
perché non c'è rimedio
al tempo che finisce
se non l'arrivederci
al forse un'altra vita
(e noi ci credevamo
nei giorni dell'età
coi libri sotto al braccio
e le parole eterne
a fior di labbra in fiore).

E' stata una sorpresa
distogliere lo sguardo,
sentire il bacio sazio
e la carezza morta;
è stato uno svanire
(un qualche peso al giorno),
uno stillare gocce
senza nessun rumore

e non ci siamo accorti
del largo fra noi due,
di quanta terra spoglia
a qualche passo appena.

E quando vado via
e chiudo già la porta,
lo so, sono sicuro,
io non ti manco più.

E quando tu vai via
e chiudi già la porta,
io so, sono sicuro,
tu non mi manchi più.


FP

*

[è stato lungo il viaggio]



è stato lungo il viaggio
per arrivare a te
(ho avuto contro il vento
ho avuto contro il tempo
e a maledirmi un dio
quando ho spiegato vele)

ho attraversato mari
e vuoti siderali,
bevuto fino in fondo
l'abisso nei bicchieri,
provato ad ogni morte
un po' della mia morte

ho disserrato il cuore
per canto di sirene
(era appena gonna
tirata sul ginocchio,
un'ombra di rossetto
e fragole alla bocca)

ma ancora il ripartire,
il ritornare al largo
con la parola addio
incisa ad ogni passo.

è stato lungo il viaggio
per arrivare a te,

se tu l'àncora, la riva,
la sabbia fine del riposo,

non andare

resta
che io ti chiami casa.


(FP da STUDI LIRICI (solo parole d'amore), ed. La Vita Felice, Milano 2012)

*

Perdizione 39

niente più mi è padre
e madre
nemmeno un punto alto da guardare
un'apertura alare da seguire

e immaginare in cielo
un anticipo di dio
un alfabeto d'angeli
che sia annunciazione

niente da segnalare
niente da dire

tutte le parole
sono finestre
che se ne stanno chiuse.


FP

*

No, io non piango.

no, io non piango,
tu lo sai che non piango,
posso farti sapere
solo nude parole
che chissà se le spacchi
forse cade la pioggia

(mille gocce sui vetri
dalle nubi che ho addosso,
il fragore e gli spruzzi
di questo mare d'inverno).

no, io non piango,
tu lo sai che non piango,
posso farti sapere
che qui ogni cosa è al suo posto
che ho camicie stirate
che non perdo mai un treno


solo a sera, al ritorno,
mentre apro la porta,
io lo so, me lo dico,

non mi sento più il cuore.


(FP da I giorni della neve - plaquette inedita)

*

Cambi di stagione.

 

Si è aspettato a giorni il mondo che verrà

(era in attesa sul finire di una buonanotte,

oltre la storia e i baci prima di dormire,

era inciso su cupole fra firmamento e cielo

che bastava una preghiera perché dio

vi si affacciasse in volo,

e poi sospeso sopra labbra rosse

quando l’amore non era un dopo

di lenzuola sudate da lavare)

 

si è aspettato, noi,

come bambini seduti sopra a un molo

coi piedi in pesca dentro acquario e mare

e gli occhi di vedetta in cima a caravelle

(perché i bambini hanno angeli per ciglia

e coperte con le stelle sulle spalle,

perché i bambini sono senza confini

ed hanno passi alti dalle montagne al cielo).

 

Poi vennero gli anni scivolati in acqua:

un tempo per il tuono delle cannoniere,

un tempo per il fumo delle petroliere,

un tempo per l’utopia caricata dalla polizia,

un tempo per un muro al fondo d’ogni via.

 

E adesso è solo vivere al presente,

lo spazio di giornata o qualche minuto appena,

e se mi affaccio un tanto sulla riva                 

lo so tutto il silenzio a perdita di vista,

il nientenulla oltre la superficie

ed un bisbiglio di cordoglio dentro cattedrali,

così, come viene naturale dopo la strage,

ad ogni genocidio di generazione

quando infine si capisce

che si nasce per le stelle

e si muore in una cella.


(FP da Fra improbabile cielo e terra certa, edizioni Terra d'ulivi, gennaio 2015)

 

*

Il gioco della verità

Bruciare fino all'ultima scintilla

questo tocca,

strappare con i denti dalla pelle

la residua piuma che ti resta.

 

Recidere lo spago ai palloni nella testa,

pungere le bolle per lo scoppio

e sia l’aria e il nulla

l’inconsistente che li tiene.

 

Domani al cenno lieve della luce,

riporrò i vestiti sulla porta

e uscirò nudo

al ghiaccio che c’è fuori.

 

In cielo. In terra.

E dappertutto.

 

 

(FP da Fra improbabile cielo e terra certa - edizioni Terra d'ulivi, gennaio 2015)

*

Epitaphion



e quando tutto sarà quiete
calma di vento
i fiori sul terreno
mondato dal vizio della carne
gli sbagli perdonati
(o solo dimenticati)

vorrei che tu sentissi
come pulsava il cuore (che vive di nascosto)
la musica segreta (che ho amato nelle cuffie)
l'astratto ed il silenzio (di ogni mia pianura)
lo spazio profondissimo (dove soli siamo perduti)

e poi quanto ho amato vivere
al tempo delle attese
quando ogni cosa è inizio
e il compimento un niente,

ricorda che ti ho parlato (e tu non mi hai sentito)
ricorda che ti ho toccato (e non ti sei voltata)
ricorda che ti amato (e tu lo avrai scordato)

poi tutto sarà quiete
la fine in fondo al giorno
la luce che si spegne
il chiudersi degli occhi

finalmente il sonno.

*

Passaggi.

PASSAGGIO QUARTO

Dopo il diluvio
solo parole annegate,
gorgoglio dal fondale
dov'è posa di scafi
e legni di un’arca
che non ha retto l'ondata.

Non invidio chi naviga ora
la superficie assolata,
chi vede l’azzurro
e neanche un confine,
una nube, un puntino,
il presagio che il tempo
ha un inizio e la fine.

Dopo il diluvio
meglio starsene zitti,
tacere gli avvisi
del fortunale che arriva,
non dire la vista
alla fine del viaggio,
non distrarre
chi ancora è in vacanza.

Dopo il diluvio,
il silenzio dei morti
che già l’hanno visto.





PASSAGGIO QUATTORDICESIMO

Cresco
in amore e vertigine,
per l’alba che accenderà candele
sulle lenzuola a fiori,
per la rondine testarda
che ancora quest’aprile
sfiorerà il mio balcone
(e neonate piume nei nidi,
vuoti e voli a chiamare).

Cresco,
in un pensiero che impara
qualche nuova parola,
nel verbo che schiude
ancora un poco di luce
(e s’assottiglia la faglia,
si apre un’altra prigione).

Cresco,
per la ragazza di maggio
a vestirsi di rose
e sarà carne il suo seno
per più vaste pupille
(sarà graffio la voglia,
di un morso, un appena).

Cresco.
In amore e vertigine.

E nel frattempo muoio.



NON E' VERO

Non è vero che morire
è solo mutazione già prevista
(passare dal solido al gassoso,
frantumarsi in soli e stelle
e diventare vento, anni luce,
una saetta da un qui al dappertutto).

Non è vero che morendo
non si perde niente.

Si perde tutto

se non ricorderò chi sono
e cosa sono stato,
l'accelerazione al sangue
per te che non sapevo
e poi tu il nome proprio
tatuato sulla pelle

se non mi accoglieranno
i tanti volti persi
e non rivedrò mia figlia
che avrò lasciato sola

(e non troverò il fragore
dei sogni che ho sognato,
di una mattina presto
coi passeri già svegli
ed il silenzio quieto
dopo la nevicata,
del cielo quando è maggio
che apre le finestre
e il sonno di una casa
che guarda verso il mare).

Non è vero che morendo
non si perde niente.

Io avrò perso tutto
se in un'altra vita

non mi ricorderò di questa.



(Terna classificata al posto 17° del recente concorso indetto da La Recherche)

*

Senza titolo.

 

ed ora

che mi hai dannato al gelo,

posso stare qui o altrove

sopra o sottoterra,

al centro della stanza

o lungo cento strade,

 

posso respirare

o tapparmi naso e bocca,

uscire se c'è il sole

o buttare via la chiave,

 

posso apparecchiare

o guardare com'è profondo un piatto,

posso sentirmi carne

o solo un po' di fumo 

che si disperde in aria,

 

posso coprirmi ancora

o strapparmi anche la pelle,

sentire tutto il tremito

lo scricchiolio del ghiaccio.

 

ed ora

che mi hai dannato al gelo,

ho fatto dell'inverno la mia casa,

 

domani in un giardino

io sarò l'albero

e tu la neve.

 

 

 

Francesco Palmieri
da "Studi lirici (solo parole d'amore)" ed La Vita Felice, Milano 2012

 

*

Dell’impotenza

 

 

 

 

Sono furia

che non muove foglia,

pure se voglio.

 

Perché io solo immagine

la somiglianza

un riflesso bastardo

che non è dio

e uomo nemmeno.

 

E sto senza cielo,

straniero qui a terra,

indeciso

se sia vivere questo

o soltanto un morire

che accade da tempo.

 

[FP]

 

*

Mea disculpa.

La poesia non è un pianto greco
l'urlo di prefica ai piedi del cadavere
lei vuol solo dire
che siamo ancora vivi
che non ancora morti
che abbiamo punti di cervello
che fibrillano di stelle

e se si indossa il grigio
a volte il nerofumo,
se ogni parola è sterpo
un ramo tagliato fresco

non è rantolo (di corpo moribondo)
piuttosto il lampo d'occhi
lo scatto della fiera
il tendere dei nervi
appena un'altra freccia
squarcia
troppo vicino al cuore.


Francesco_Palmieri
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*

Auto da fé’.

Per vivere
ho sparso fuoco e sale
su un ultimo dolore
(quel colpo dritto al cuore
la freccia nel tallone
la lancia che indovina
il punto più mortale)

è stato uno strappare
il vivo con i denti
passare con la gomma
i segni scritti in cielo
e richiamare a terra
alianti ed aereoplani
(perché del grido a dio
non torna neanche l'eco)

è stato un goccia a goccia
morire un tanto al giorno
non dire più al mattino
stanotte ho fatto un sogno
mutare la carne in calce
edificarmi muro.

Ho fatto a pezzi il cuore
sfilato sangue e vene
lasciato solo l'osso
a trattenere il peso

e sto senza respiro
senz'aspettarmi un vento
un colpo d'aria ai piedi

un angelo tutta pietra.


Francesco_Palmieri (luglio 2010)
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