chiudi | stampa

Raccolta di poesie di Silvia Rosa
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Silvia

SILVIA

 

Tamara era un nome di spezie, ambra

il colore della pelle e il corpo sodo

che non ho avuto mai, così me lo immaginavo

portando a spasso tutti gli spigoli delle mie

vocali ‒ Silvia invece è un nome docile,

pensavo, di quelli che un uomo non si azzarderebbe

a sospirare di piacere, al limite silvestre

di un verde da piantina coltivata dietro una tenda

di cotone liso, chissà come sarebbe, mi dicevo

all'improvviso, avere il nome dell'amica immaginaria

che nei giochi dell'infanzia mi teneva compagnia,

‒ Ronca un volo di immaginazione

che tra le labbra di sicuro avrebbe un punto

di domanda ‒ ma che nome buffo, da dove viene?

Silvia compare poco nelle canzoni e di poesie

ce n'è ingombrante una, che lei alla fine muore giovane,

insomma, tutta un'attesa che sa di primavere e rose

e crinolina e danze di farfalle, anche loro poverine

destinate a scomparire presto.

Io volevo un nome esotico che mi facesse il seno bello

e l'andatura da valchiria, ma mi è capitato in sorte

d'essere due occhi troppi grandi e l'insistente vocazione

al sì con tanto d'eco verso il cielo, due pini sulla via

dello stupore dove mi arrampico con questa mia paura

di cadere intera sull'ultima lettera aperta

come una bocca d'aria piena, prima dello schianto.

 

 

Silvia Rosa, da "Tempo di riserva" (Giuliano Ladolfi Editore, 2018)

 
 

*

Guarda

Guarda
 
Guarda il panorama
dalla tua finestra con gli infissi
in legno profumato, tre punte in fila
di montagna equidistanti
ed un giardino in tinta ammaestrato
intorno a poche case delizia e disciplina
da manuale di buon gusto
che ti fanno tanta meraviglia, silenziose.
 
Guarda alle pareti rosso impero e
crema e tortora finemente decorate
le tele di una mostra che celebra
la guerra l’amore dio in croce la morte
scenografica di una vergine
in un cimitero di museo, l’ennesimo,
tutto lindo, quasi rarefatto, sterile.
 
Guarda il tuo corpo, ora,
sorvegliato a vista metà carne
da macello metà opera d’arte cesellata
da un’estetica santa religione, così
bene addobbato, un alberello
di Natale finto carico di doni
per gli invitati di una festa deserta,
un palo di scopa dritto contro il vuoto
con al centro una falla, un difetto imperdonabile
una specie di piccola culla vuota
della misura esatta, non un centimetro oltre,
di quel buco d’ombelico dove guardi
guardi guardi da quando ne hai memoria,
tutto quanto ti circonda e non ti riesce
di sfiorare, tutta questa vita la tua
esistenza come un chiodo da scacciare via.
 
Silvia Rosa, da "Genealogia imperfetta" (La Vita Felice, 2014)

*

sms #32

sms #32
 
le stazioni parlano di noi, dei nostri passi affrettati
tra le stagioni, perduti negli anni di treno in
treno, l’attesa ripetuta di un abbraccio, il caffè
che si fredda troppo in fretta nell’attimo prima
del saluto, il polso che trema un istante, il tempo
lungo di un addio che torna sempre indietro.
e torneranno a perdersi tra i binari e a correre
sulle banchine affollate di passi anonimi i nostri
sguardi e le inquietudini rapprese agli angoli di
un ultimo secondo, torneranno le mani a tenersi
strette lungo la striscia cupa di un biglietto –
andata e ritorno andata – a pezzi, coriandoli di
sorrisi e un finestrino liquido che volta le spalle
impigliandosi a labbra di cieli al rovescio, e il
tuo volto e il mio torneranno a chiedersi il luogo
esatto dell’arrivo e dell’addio, che precipita in un
intervallo di arrivederci
 
Silvia Rosa, da "SoloMinuscolaScrittura" (La Vita Felice, 2012)

*

Dicembre venticinque

 

Dicembre venticinque giorni

a ritroso

contavo i chicchi di neve la somma

di zucchero spolverato sulle strade

asfalto il peso esatto catrame

un mucchietto di gelo montato

in spuma di ore venticinque

una di attese da raccogliere spillare

tra le luci intermittenti che schizzano

gialline tutt'intorno malinconiche,

il mio dono la tua barba bianca

- bianca o era nera o non era? -

Babbo Papà Natale

ti ho scritto venticinque letterine  - anni

(non) ti amo infatti non ho smesso di aspettarti

e di cercarti e di credere che esisti

in ogni uomo che mi stringe un fiocco

rosso nella carne

- sono io il giocattolo a buon prezzo il dono -

 

quest'anno quest'inverno

questo numero di ghiaccio venticinque

aghi di pino a pungermi le palpebre

regalami l'incanto d'un abbraccio

una carezza un passaggio - tienimi - 

sulle tue ginocchia

contami appesi alle dita della mano

venticinque desideri tutti uguali

- amami come sono

non sono stata buona forse, è vero

 

ma tu, Padre, tu nemmeno.

 

 

Silvia Rosa, da "Genealogia imperfetta", La Vita Felice 2014

 

 

 

 

 

*

Istruzioni per l’uso

ISTRUZIONI PER L'USO

Spogliami lentamente
sfilami prima il nome
poi il cuore
in ultimo strappami via la mente.
Ricorda di starmi sulla pelle
in verticale
premendo come peso a piombo
tra le cosce sullo sterno
aderendo bene al solco vivo
del volto.
Ondeggia sempre dalla parte
opposta alla mia direzione,
non cedere alla tentazione
di un rotondo abbraccio
mantieni la tua forma
la linea nera di demarcazione.
Chiudi sempre ogni porta:
si capisce che se scappo
tu non puoi restare

del resto non si è mai vista
un'Ombra
senza nulla da macchiare.



Silvia Rosa ("Di sole voci", LietoColle 2010)