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Raccolta di poesie di Marco Armando Ribani
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Lettera a mia madre

Lettera a mia madre

Gli ultimi due anni della sua vita li ho passati con lei nella sua casa, per assisterla nel suo percorso finale annunciato dalla malattia incurabile al pancreas. Son stati due anni tristissimi non solo perchè annunciavano una fine, ma perchè tra noi era scoppiata una guerra di rifiuti, piccole vendette, rancori, e sopratutto di silenzi. Cosi quando lei é morta abbiamo conservato una rabbia e un rancore l'uno verso l'altro. Non riuscivo a perdonarla della sua freddezza, della sua costante e umiliante sfiducia in me. Non riuscivo nemmeno a scrivere di lei, come bloccato dal risentimento. Ma questo era una spina nel fianco. Non riuscivo a perdonarla e non riuscivo a perdonarmi. Sono passati dodici anni, e non sono pochi, poi ho letto la bellissima lettera alla madre di Gelman e ho riportato alla mente quello straordinario canto che é il Kaddish di Ginsberg per la madre Naomi. Loro erano riusciti a superare ogni ostacolo affermando l'amore sopra ogni altra cosa. Allora guidato dal loro sentire ho iniziato a scrivere seguendo il loro esempio. Prendendo la forma interrogativa da Gelman e il ritmo del canto da Ginsberg e via via sono riuscito a scrivere questa lettera della quale non so il valore dal punto di vista poetico, ma che certo mi ha guarito da quel rancore sordo e muto.

Ed ecco qui il risultato di questo lavoro di riconciliazione, che mi fa andare verso la morte in modo sereno:

LETTERA A MIA MADRE

Strano ora a pensare a te in questo posto a noi cosi lontano
in un chiaro mezzogiorno di Maggio sveglio da tutta la notte,
a parlare parlare parlare con te. Ascoltare il ritmo del ritmo
nella mia testa. Bum Bum Bum Bum Bum Bum Bum Bum
Bum Bum Bum Bum 12 anni dopo e leggere Gelman e
Ginsberg le loro strofe con la voce alta e rotta in pianto pianto
pianto pianto pianto e scoprire come la tua morte introduce
in me quel canto che tutti possiamo cantare e ricordare e
mutare in profezia per coloro che verranno.


Vivesti anche tu uno splendore? O fu profonda notte?
Ti eri persa nel sogno? O avevi gli occhi sciocchi?
Pensavi non ci fosse più nulla da vedere?
Con i tuoi quattordici anni e un seme dentro il ventre
pronto a germogliare?


Chi saro’ stato quando sono uscito da te?
Quanto mi avrai sofferto?
Ed é con questo carico di dolore
che mi portasti da lui?
come un ostaggio come una colpa ?


Non mi ricordo nulla del tuo latte
e com’era la mia bocca quando ti succhiai?
ti sciogliesti? o ero un semplice prurito?


E uscisti stremata da me/di me ?
oppure sfrontata dura e battagliera?
fosti davvero tenera o giocavi?


il tuo latte secco bagnava la mia anima
forse un’ arida bellezza senza luce
mi pervase?



Ma in sogno tu viaggiavi verso la chiave dentro la finestra
la grande chiave che depone le uova della luce e
quel vasto raggio là sul pavimento annunciava
il teatro dell’abbandono e della povertà.
Conoscesti lo splendore del giorno? O andasti subito
verso il fiume dell’amore? E avevi fame dopo? E di che cosa?



C’è Madre
che non arrivavo a fissare i tuoi volti in un volto
cosi mi morivi ogni giorno varcando le soglie
deli’ invisibile. Che cosa cerchi ancora
nella mia anima? E io che cosa cerco?


Mi abbandonavi per cercare te
poi ritornavi.
Io presi ad amare le ferite.
Tu cercavi un futuro?
Io pensavo di averlo?


E questo non saperti questo non averti mai saputo
Come hai vissuto la tua vita senza cielo?
con quel tuo sguardo chino sopra il tuo ventre?




Queste visite che ci facciamo tu la morte e io
da un luogo li vicino da abitare sono forse
l’istante in cui l’infanzia posa un dito sopra il tempo?
E tu lo sai che ora girando l’angolo mi imbatto
in me da morto che faccio l’esperienza
del tuo falso candore tutto sorpreso?
L’orrore allora è una musica estrema?
Tu lo sai che da allora la verità è vuota?
O hai la prepotenza di affermare che
risiede nel tuo ventre? E allora. Io?



nascondesti dentro di te l’idea di me?
partoristi la carne ma tenesti il mistero?
perchè mi trattavi come uno sconosciuto?
e mi mettevi una moneta nella mano?
e mi chiamavi Luciano?


Chi crede che io sia ? mi domandavo.

A volte all'improvviso cercavi di baciarmi sulla bocca.
E io spingendoti via mi chiedevo chi ero.
Cosa vedevi quando mi guardavi?
Così fu il dubbio che prese il sopravvento.

Chi ero io se persino mia madre non mi riconosceva?


ci legava un rimprovero profondo
una colpa sconosciuta e tramandata
cos’altro ancora mi volesti fare?
che andasse oltre il concepirmi?



potevo io prolungare la tua bellezza
senza trasformarla in corpo di dolore?

restituirti una dolcezza possibile piena
di meraviglie e di stupori malcelati?

tu muori e io sono gravido di te?
perché t’apri e ti rinserri?
Acqua e sangue ancora?
per quanto tempo ho seguito i tuoi passi
lungo il putrido canale del Navile?
quell’odore acre di latrina era anche
la tua aria? .Respiravo
l’odore rancido della miseria
da cui tu fuggivi.
credevo fossero luoghi
della mia memoria
e invece entravo nella tua


ci siamo uccisi entrambi
in un duello a fuoco lento?
o fu per troppo amore?


fui una cosa che non hai mai capito? Diverso da tutto cio’ che conoscevi?
un bambino troppo mite e troppo buono? forse un po’ inadatto e strano?
che non si sapeva se era tutto maschio? benché non fosse certo femmina?
che cosa allora? un grumo di colpa? impresentabile? Con le sue domande?
non stavo nè in cielo né in terra? e dove stavo allora? te lo sei mai chiesto?
perché allora mi amasti senza alcuna pietà di una feroce tenerezza ?


O madre segreta.
O madre silenziosa e attenta. O madre ruvida
e tagliente come una polvere di vetro.
Sai che resistere al dolore è una forma di vita
assai distratta?


e tu Vecchia Penelope con dita rattrapite di memoria
sfinita non d’attesa, ma da un inseguimento di pensiero
intorno al mondo.
Vivesti l’amore per me come una forma di condanna.?


Sei tu sei sempre tu -dicevi-
Tre parole acuminate dentro il sangue
No mamma. Non sono io. Non sono mai stato io
- ti rispondevo-




Siamo giunti alla vecchiaia io e te colmi di cicatrici
dentro e fuori il corpo . Quelle orrende suture
come cerniere lampo lungo il tuo ventre
lungo il mio petto lungo le mie e le tue gambe.
Eravamo un unico corpo?
Una sola malattia incurabile?
L’amore?


E’ spietato il mio male mi dicevi senza mai guardarmi
con gli occhi rivolti verso il muro. E’un leone con la feroce
fame di capelli e denti che mangia l'anima e il sangue.


Tutta la vita con le punture nella pancia,
con il furto di tutte le cose belle nella pancia
addio addio al suo pallido calore dentro te.



Sei vecchio ormai - mi dicevi - quindi resta qui con me - Resta
Ma io tornavo sempre con un nuovo amore e tu non capivi
come per te la vita fosse cosi spenta e la mia vecchia brace
invece sempre pronta a un nuovo fuoco.


ti porto via il cancro?
o ancora una volta l’amore insopportabile di me?
Ti ha ucciso il mio ritorno? Il conflitto rancido che apriva?


hai deciso di andare ?
hai scelto anche l’ora e forse anche il secondo?



e adesso che sempre di più divengo te mi accorgo
che non sono senza te bensi di te
e tutta questa mancanza di baci e di una qualche
tenerezza delle mani non fu una misteriosa crudeltà?





Non più dolore non più gioia
adesso non avere nemmeno più paura
dei fallimenti dei debiti e degli amori
dei letti fecondati dalla fame
eppure sei sta qui
come un albero come una pianta un fiore
un fiore amaro come una radice
una scorza dura e amarostica
a unire la madre e la bambina
sotto il segno della luna.
Ostinata a vivere una piccola vita


Riposa non più sofferenza per te
so dove sei andata

e dimmi l’hai l’hai ritrovato lui? Il tuo ragazzo?
come ancora lo chiamavi a settant’anni?
Gli hai parlato? gli hai fatto vedere il vecchio che sono diventato?
E Giancarlo il tuo marito è li con te? Si prende ancora cura di te?
Mangiate insieme? Ci sono le osterie? C’é il vino?
Siete ancora comunisti o puro spirito?


E avete un posto o siete dappertutto? Non so
Andate al mare? O state meglio su in montagna?
Ci sono ancora le distanze? Sei stata in Tibet?

E dimmi tornerai? Ti infilerai in qualche corpo di soppiatto?
Oppure c’è una data di scadenza ?
E poi via di nuovo essere carne?

Oppure siete all’altro mondo?
Cioè in un mondo accanto parallelo?
Mi vedi? Ci vedete? Ci sentite?
oppure, come noi ci immaginate?


Ti ricordi quando ti dicevo ridendo
da morti si diventa cio’ che più abbiamo desiderato
Tu sarai’ una bistecca tritata con gli aromi
E io una scodella di passatelli in brodo
Ti ricordi?



Ti lascio qui dove sono cresciuti all’improvviso i tulipani.
Ti seguivo calcando le tue orme perche volevo vedere
il volto doppio del tuo amore. Questo tuo fare ancora
senza chiedermi permesso o avvisare.
Ormai
Non ci perdoniamo più.


come potro' essere libero da te
senza di te?

*

Per un’archeologia poetica

                                    Archeologia poetica

 

                                                I

Nel bosco il fogliame crea una pozza

e a strati le foglie sulle foglie

trattengono meste e raggrinzite

l’acqua al suolo. Sotto di loro

altri strati di decomposizione

si dividono in substrati misti a fango

e microbi e batteri e minuscoli animali

portano memorie di muri e scavi

e ceneri azotate dagli incendi e forse

grida acutissime cucite nella gola.

Oh! quanta vita c’é dentro la morte!!

 

                                                II

 

 

Tutto è ora coperto ma da chi e da cosa?

Il tempo è passato in verticale

e tutto cio’ che si piega scopre un angelo

o un demone in ogni azione umana

Viene un futuro magro e vuoto senza più speranza

lasciando profe-scie di scheletri eroi e sciacalli

un humus di innocenza si profila

ma le cellule del dolore dove sono?

lontane o vicine a quelle della gioia?

e dove sono gli strati del rancore?

forse la comparsa del tempo è già scomparsa?

e allora noi?

 

                                              III

 

dal silenzio in schiere oscure e soffici

intravedo un tempo senza più futuro né passato

e io percorro gli alberi e abbandono

questa pianura cosi piatta dl pensiero

e mi inabisso dentro terra d’acqua

altre larve stanno e tutte senza occhi

ma tutte con una gracile certezza

che dallo spazio azzurro e verticale

viene vita. Un cielo d’occhi in alto

là mi attende e poi un sorriso

al centro di quel volto.

Non parla per parole ma fruscii

di foglie e rami mai cosi felici

e un vento gentilissimo percorre

questo vestito vecchio che diciamo

Pelle.

 

                                                IV

 

Dunque in questa nuova vita

io parlo una lingua generale

un grande insieme indivisibile

per astri, piante, uomini e animali

Dunque ci sono parole chiare oggi

qui davanti a noi sono venute

con tutta la forza necessaria

a penetrare

il nostro tempo spazio di antenati

poichè le giovani parole sono

nostre figlie e ci guardano da dietro

partorendo furtive nuove storie  

 

                                                  V

 

Dunque ho constatato la mia morte

quella che chiamano il passaggio a miglior vita

ma mi vedo ancora qui sul fiume

trascorrere antichi istanti di bellezza

e viene dalla radura dei salici giganti

il suono originario che ci lega e ci allontana

Qui io sono in un corpo di magia

che chiama e ascolta il mormorio del mondo

e lo trasforma in invisibili segnali per le stelle

 

                                          VI

 

E’ venuto questo nuovo antico mondo

con il suono del tamburo e della gioia

e la potente melodia di una rientranza

Quanta potatura dei ricordi c’é da fare

come se la memoria fosse un tronco

senza braccia. Eppure con i piedi

pesto l’universo. Mentre sono

lo sciamano di me stesso

e scandisco con ossa cimbali e caviglie

un battito cardiaco che canta .

 

                                         VII

 

Per adesso é tutto quello che sappiamo

Una manciata di particelle elementari

che vibrano che fluttuano

in bilico fra esistere e non esistere.

Ci sono anche se sembrano non esserci.

Si sposano divorziano fuggono lontano.

Appaiono in più luoghi allo stesso tempo.

Hanno un loro alfabeto luminoso

per raccontare cio’ che c’é d’immenso

nella storia delle galassie delle stelle i

nnumerevoli e fugaci.

Ma anche delle montagne dei campi di grano

dei sorrisi dei ragazzi alle feste

e di quel cielo nero che protegge

l’intimità della notte.

 

*Liberamente tratto e messo in versi da: “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli

*

Sei venuta in questo mondo

Sei venuta in questo mondo per me e
ora stai chiusa dentro la pietra del mio cuore
abbiamo camminato per secoli insieme
Siamo stati belli. Ma tu ora sei ancora
più bella con dentro gli occhi l’ombra
della morte. Eppure viene un vento
di vitale verde tenerezza e allora
forse è vero che dentro il tempo muoiono
fiori chiocciole farfalle l’aroma delle piante
ma non muoiono mai le primavere e la gioia
e i tristi presagi dell’autunno e le cortecce
e le loro amate rughe ?

*

mentre cammino dentro il fiume

e mentre cammino dentro il fiume
sento che é l’acqua che mi fa un’offerta
fasciandomi le gambe con forme
liquide di vita. Mi sfiorano gioiosi
i piccoli pesci mangiapelo e io mi siedo
e raccolgo con la giumella delle mani
le sabbie e pietre e sassi e chiudo gli occhi
ed ecco uova ossa e poi conchiglie
respiro tutti i pollini nel vento accarezzo
le foglie titubanti che resistono
all’atto del cadere

*

Le visioni

Le visioni non fanno parte dell’azione
cosi camminare tra gli strati
da scorza a scorza togliendo
passato al passato inserendo
leggende e credenze e pozioni
resti carbonizzati di fuochi
e lingue impietrite e pietre
conficcate a forza nelle teste
-tra la pelle-
ei denti e gli occhi incastonati
più lontano lo stupore emergente
di un corno di cervo biforcuto
che la pioggia pulisce solerte
Nel fiume dell’occulto non c’è
una direzione si va per voci e
per richiami che bucano la mente
o infiammano la pelle
Solo all’alba e al tramonto
nei cerchi magici come da bambini
si puo’ gridare “tana” e sedersi
nel centro di noi
Circondati
nel ripetersi dei giorni
Eppure da questo stato magico
non viene nessuna soluzione
solo domande e interrogazioni
“Ma quante sono le forme dell’amore?”
“ E i lombrichi ci amano rendendo fertile la terra?

*

Quando viene il primo sole

Quando viene il primo sole
nelle brume le ombre non fuggono
ma paiono venire galleggiando
sulle onde tiepide e dorate
tra le nuvole e tra queste

Quella

un raggio orizzontale compare
all’improvviso rivelando intorno
mandrie di un bestiario magico
irrorato dai colori. I rossi i viola
gli azzurri e i vari gialli
che partono dal nulla e poi sono
nell’oro.E qui sparisce il tempo
i millenni si dissolvono nell’aria.






*

archeologia poetica - Quanta vita c’è dentro la morte

Nel bosco Il fogliame crea una pozza
e strati di foglie su foglie trattengono
meste e raggrinzite l’acqua al suolo.
Sotto di loro altri strati di decomposizione
si dividono in substrati misti a fango
e microbi batteri e minuscoli animali
portano memorie di muri e scavi
e ceneri azotate dagli incendi e forse
grida acutissime cucite nella gola.
Oh! quanta vita c’é dentro la morte

*

er un’archeologia poetica - tutto è ora coperto -

Tutto è ora coperto ma da chi e da cosa
Il tempo è passato in verticale
e tutto cio’ che si piega scopre
un angelo o un demone
in ogni azione umana
Viene un futuro magro e vuoto
senza più speranza
lasciando profe-scie di scheletri eroi e sciacalli
che poi diverranno fango e polvere
Niente fa più sorridere del motto che il tempo è denaro
di fronte a uno scavo archeologico
si tratta di pulire evidenziare
ma le cellule del dolore dove sono?
lontane o vicine a quelle della gioia
e dove sono gli strati del rancore?
forse la comparsa del tempo è già scomparsa?
e allora noi?


*

dal silenzio

dal silenzio in schiere oscure e soffici
intravedo un tempo senza futuro né passato
e io percorro gli alberi e abbandono
questa pianura cosi piatta dl pensiero
e mi inabisso dentro terra d’acqua
altre larve stanno e tutte senza occhi
ma tutte con certezza
che dallo spazio verticale viene vita
un cielo d’occhi in alto là mi attende
e poi un sorriso al centro del tuo volto
non parli le parole ma fruscii
di foglie e rami mai cosi felici
e un vento gentilissimo percorre
questo vestito vecchio che diciamo
Pelle.

*

Questo nuovo antico mondo

E’ venuto questo nuovo antico mondo
con il suono del tamburo e della gioia
e la potente melodia di una rientranza
Quanta potatura dei ricordi c’é da fare
come se la memoria fosse un tronco
senza braccia.
Eppure con i piedi pesto l’universo.
Mentre sono lo sciamano di me stesso
e scandisco con ossa cimbali e caviglie
un battito cardiaco che canta .

*

In questa nuova vita

Dunque in questa nuova vita io parlo
una lingua generale un grande insieme
indivisibile per sole, piante, animali e uomini
Dunque ci sono parole chiare oggi
qui davanti a noi sono venute
con tutta la forza necessaria a penetrare
il nostro tempo spazio di antenati
poichè le giovani parole sono nostre figlie
e ci guardando da dietro posando furtive
a terra un qualcosa che somiglia ad una storia

*

Ho constato la mia morte

Dunque ho constatato la mia morte
quella che chiamano il passaggio a miglior vita
ma mi vedo ancora qui sul fiume
trascorrere antichi istanti di bellezza
e viene dalla radura dei salici giganti
il suono originario che ci lega e ci allontana
Qui io sono in un corpo di magia
che chiama e ascolta il mormorio del mondo
e lo trasforma in invisibili segnali per le stelle

*

Ti ricordi Tonino 3

Ti ricordi Tonino di quella volta che
il tuo amico Gianni mi venne a trovare
nella mia osteria. Avevo poco più
di cinquant’anni. Da tre scrivevo poesie.
Venne Gianni con la sua moglie Laura
e mentre lui parlava in giro un po’ con altri
lei mi raccontava con il rossore dell’innamorata
di come il suo marito era esigente
che quasi tutto quello che scriveva lo buttava
e allora lei non vista raccoglieva
stirava i fogli ne faceva una cartella
e poi alla fine di ogni anno per Natale
gli regalava un libro stampato con gran cura
cosi pieno di parole rinnegate e vive.
Fu quella sera che io me ne andai
senza dir niente a piangere le lacrime
dentro il fiume dell’amore.
Poi uno si domanda dove’è
che é la sorgente..

*

Ti ricordi Tonino 2

Ti ricordi Tonino
di quando ci parlavi del vento Polverone
che saliva dal fondo della terra fino
alla Valle dei Crateri. Li succedeva il finimondo.
Tutti perdevano memoria e nessuno più
si conosceva. Ebbene non ci crederai
Ma il vento Polverone ha conquistato il mondo
e si è innestato nel profondo. Non solo
non ci si riconosce. Ma non si hanno padri
e nonni e avi. La storia non esiste.
Un anno é come un giorno e un giorno é un attimo
un istante. E poi Tonino Il vento Polverone
durava per tre giorni e invece adesso qui
non passa più.

*

Ti ricordi Tonino

Ti ricordi Tonino quando a novembre
fasciavi le piante coi giornali
stando attento che non parlassero
di guerra, di violenza, della morte
dei bambini. Perchè - dicevi- è il
succo degli umani che avvelena.
Ti ricordi di quella volta che mettesti
nella valigia - che sembrava allegra -
quella piccola scatola con le chiocciole
tutte colorate che sembravano davvero
dei gioielli e poi quel pezzo di radice
del tuo noce che volevi sposare con
quella della sua betulla che si diceva
tanto innamorata in quella landa fredda
di terra desolata.
E poi mettesti anche un suo ritratto
tutto dipinto con i ricami d’oro che
avevi fatto asciugare nel tuo vento
perchè prendesse colore e leggerezza
dai tuoi posti. Ti ricordi Tonino di quando
al telefono dicesti - arrivo nella nostra casa
mia dolcissima sposa- e ti fu risposto -
Tu qui non hai più casa e non hai sposa-
Quella notte dormisti nel tuo orto
dei frutti dimenticati esattamente sotto
quel pero che dava frutti grinzi e marroncini
non ricordo il suo nome
ma le pere erano dolcissime come nessuna
era mai stata.

*

Appunti per un tremendo amore

Appunti per un tremendo amore I

non più il volto di qualcuno
ma il volto sconosciuto e permanente
dell’amore in un sorriso e
non più quel piccolo sorriso
ma il sorriso del tremendo
che dilata la gittata del cuore
e causa un’accelerazione che smarrisce
che fa dimenticare ogni dimora
avere in sè lo sconfinare ogni orizzonte


Appunti per un tremendo amore II

da due cuori feriti e dilaniati
puo’ nascere un cuore immenso
che ancora crescere vorrebbe
ma questa immensità del cuore
non è nella natura
la precede





Appunti per un tremendo amore III


c’è un dio del desiderio che in me arranca
e la mia opera é rivelarmi a te
ti mostrero’ gli inspiegabili frammenti
come esplosi li sul pavimento
tu ricomponili con la tua forza di madre
e poi canta a labbra chiuse perchè
la carne vibri e liberi il suo volo



Appunti per un tremendo amore IV


c’é una traccia remota di noi
che si coglie nell’attimo
dove il due diviene uno
in un corpo continuo
un legarsi dei corpi che è nascita
di una cosa nuova e più ricca
e che non appartiene ad alcuno
non si fa presente nel nuovo
ma nell’esserci da sempre



Appunti per un tremendo amore V


in questa carne unica e divisa
compatta e mista
di animale minerale e vegetale
il nuovo allora è il luogo più remoto
e il corpo nostro è inciso da un ricordo
che strappa a una memoria antica
di materia
cosi traversando a balzi le stagioni
si giunge a questa epifania remota
in cui l’organico e inorganico son sposi




Appunti per un tremendo amore VI


l’amore, il nostro, comincia da un luogo di leggenda
ma dimmi l’universo è tanto vecchio
che possiamo conoscerci illimitatamente
dall’immemorabile fino all’inimmaginabile
e questo amore nostro preesistente
al terrestre è forse quello stesso delle stelle
se solo sapessero di essere magnifiche




Appunti per un tremendo amore VII


in noi il miracolo è in questo
sentirsi sentire
del nostro farsi interiore
dove facciamo l’esperienza di
vedere come vede l’altro
sentire come sente l’altro




Appunti per un tremendo amore VIII


e io in me sento anche il pulsare
di un altro mio sangue tuo che anela
ad altri cuori e cio’ mi dona una profonda
beatitudine

































*

Cé una cicala sola

C'é una cicala sola nella notte
che non cessa il suo sfinito canto
E' un canto lento che arranca
verso il vuoto ma ammalia
una lucciola che danza
tutto intorno battendo il suo ritmo
con la luce.

*

Per adesso é tutto quello che sappiamo

Marco Armando Ribani
22 agosto ·
per adesso é tutto quello che sappiamo
una manciata di particelle elementari
che vibrano che fluttuano in bilico
fra esistere e non esistere. Ci sono
anche se sembrano non esserci.
Si sposano divorziano, fuggono
lontano, appaiono in più luoghi
allo stesso tempo. Hanno un loro
alfabeto luminoso per raccontare
cio’ che c’é d’immenso nella storia
delle galassie, delle stelle innumerevoli
e fugaci. Ma anche delle montagne,
dei campi di grano, dei sorrisi dei ragazzi
alle feste, e di quel cielo nero che protegge
l’intimità della notte.
liberamente tratto e messo in versi da : Sette brevi lezioni di fisica di Carlo
Rovelli

*

La forma del respiro

la forma del respiro non è una
si sposa all’improvviso con lo sguardo
che parte ben oltre le finestre del pensiero lungo la via dei canti
sul bordo delle parole inizia il suono a volte involontario
nascente da una forza inappagata che si esprime con mezzi di fortuna
tra il dire e il nascondimento
C’è qualcosa di sacro nella balbuzie della mente
Una incertezza ingenua e radicata che nasce con il sentimento
Le ombre fanno festa controluce
grandiscono e spariscono in un battito cardiaco
Qualcosa nuota nell’acqua dentro gli occhi
Una disinfezione prima del vedere
oh! grande natura grande movimento
accoglimi in tuo seno benedetto fammi parte di te
come se fossi un vecchio girasole
cosi sensibile alla luce e cosi cieco.

*

c’é sempre un altro me

C’é sempre un altro me che mi disordina
eppure mi somiglia.
Lo stato del tremore mattutino un’ansia liquida
un ricordo recente che plana sulla nuca.
Ci sarebbe la voglia di una tiepida sutura
per questa ferita materna che non se ne è andata
Poi sento il sangue che si accende
se ti penso

*

Ho fatto il possibile

ho fatto il possibile per avere una vita libera
un'innocenza clandestina
aderendo dopo le lotte armate di violenza
alle cospirazioni degli angeli
agli scontri nei vicoli di notte
tra giovani stregoni streghe schiavi e polizia
ho disegnato una geometria della passione
ma con il passo incerto e un po’ sperduto
del desiderio folle e marginale
voglio solo vedere ora quanto é lungo il vivere la morte
in questo amore che gocciola elisir da un magico alambicco
Dove sono i sogni dei poveri?
al piano di sopra o al piano di sotto?
Io non voglio granchè solo piccole indomabili eresie
mentre ti scrivo tra le tue righe nel solco profondo
delle tue mammelle.
Forse ho cambiato idea sai? Sull’incenerimento di me stesso
Vorrei piuttosto che tu mi attendessi fatto d’ossa
e poi fare di me degli strumenti a soffio per il vento
quando tira forte. Sarebbe la mia voce tutta nuova.
per te. solo per te.

*

Se vieni col languore

se vieni col languore dell’assenza e con tuo canto
ti accogliero’ nella mia tenda di rami e foglie profumate
con otto gocce di miele ed una mandorla ti sfamero’
te pellegrina e tigre dell’essenza dal cuore balbettante
Poi nella notte mi nutriro’ ai tuoi seni cosi ripieni d’innocenza

*

Mentre spicco il mio volo di mattina

mentre spicco il mio volo di mattina
dentro una dolcissima arietta farfallina
viene una luce e chiama ad un inseguimento
di un chiarore nuovo. Il cielo densissimo anche
chiama ad un respiro inconcepito
Nel latrare dei cani al dio Nessuno
l’istante é pervenuto ad un cominciamento
di trama e ordito verso una tela celeste
ancora non saputa
Dal fuso il filo si dipana e poi si annoda
s’incurva sotto il peso dei pianeti
e poi alla fine quando tutto di sé brucia
lo spazio si annerisce e poi s’ingoia
precipita di sé e lungo il suo morire
in un vortice nerissimo
annuncia un nuovo inizio

*

io sono sempre

Io sono sempre dove tutto resta
nell’apparente calma viene
un canto sottoforma di vento
C’é a volte una semplicità del dono
che scambia che si fa coraggio
allora fra tana e desiderio
la corsa é a quattro zampe
si va verso il destino dell’incontro
che é vivo sente e bacia i cori ed i silenzi
distingue i valori della forma del creato
che vengono per vita di un istante
senza peso alcuno come nuvole effimere
nel cielo
C’é il solo fuoco che puo’ far paura
quando costringe la mano all’apertura
a lasciare la presa aprire il pugno
Allora vieni
facciamo insieme i gesti di preghiera
muoviamo nostre labbra a canto
facciamo del tuo profumo respiro nostro
uniamoci nel vento del garbino
che ci chiama e ci sorprende
a metà di tutta l’aria

*

Posso solo raccontarti

posso solo raccontarti di quel poco
di quando mi svegliai ed ero già di là
in uno splendore di bagliori senza pari
nella mia nitidezza di un verde singolare
in un trionfo di semplicità fiorita
Nel bosco tutto era divenuto un volto
il vento naturale dell’amore dettava il ritmo
come un respiro o un sospiro a cui partecipavo
dove è l’inizio? domandavo e mi si rispondeva
che chi cerca a sua volta vien cercato cosi
nel volo l’uccello puo’ essere uccellato

*

viene una luce

Viene una luce in forma di coraggio
anche l’aria d’un tratto prende forma
una invincibile grazia mi pervade
ed un ringraziamento magro sale
dalle corde della gola fino al cielo

*

ed io che parlo al Dio

ed io che parlo al dio che non conosco
solo attraversandoti perchè è solo
attraverso il fremito di te che giungo a lui

*

La verità dei corpi

Pure c’è una verità dei corpi sia pure immaginati
silenzio e dialogo sono insieme dentro l’infinito
nei carpi e metacarpi fra le dita
nei nervi tralasciati e poi dissolti
ancora tracce di una infinita sposa
dal ventre eternamente grato nel pulsare
sincronico come un agonia inarcata
tuttatesa all’istante dell’ultimo respiro
C’è una lentezza argentea quasi eterna
nel prendere possesso della gioia
Nell’esser penetrati dalla frase
che s‘intana nella siccità dell’inguine

*

Se ti avessi visto salire cosi alta

Se ti avessi visto salire cosi alta
ti avrei accompagnata con il canto
con il ritmo scandito dalle foglie
di questo tempo antico che ritorna
Nelle rughe di corteccia delle mani
abitate dal fruscio delle carezze
viene un estatica e intima bellezza
E il vento che cinguetta lungo il fiume
vuole aprirmi al mondo estrarmi il cuore
rendermi bestia antica a testa china
nel brucare l’erba d'amore cosi fresca
Ma te anima amata che torni nella sera
che riempi con il legno la mia essenza
parla con lei consegnagli il messaggio
e quindi canta sul tuo letto azzurro
Un giorno arriverà il contrario della lontananza
e sarà festa liquida dei sensi
con mani e piedi a guardia dei sussulti
abbiamo perso molto e abbiamo vinto
rendendo eterno lo scandalo il languore

*

Tu porti nel tuo viso

Tu porti nel tuo viso una bellezza chiara
che rischiara il buio di una antica sorgente
nelle oscure notti dell’anima
dove io vago attraverso i mondi
alla ricerca di un tempo dilatato
adatto a contenere questo flusso
che fa dell’io un noi perpetuante
avvolto tutto in una sfera di magia
E io ti vedo
specchio nell’acqua intensa e viva
e popolata d’insetti pesci e di fantasmi.

*

Trascorro nei tuoi occhi



Trascorro nei tuoi occhi il giorno
cedo la parola al silenzio e alla luce
nella dimora del cuore
io so - con te - che mentre scrivo
vengo scritto
come tu sai che mentre scrivi
vieni scritta




*

Nella mia piccola eternità

Nella mia piccola eternità tutto è cosi vero
e il sogno è un confine che mi segue
come questo dolore che mi chiama
ed esige una potatura dei ricordi
me ne sto nella mia pallida stanza
e vedo l’autunno come una liberazione
ogni foglia è una menzogna che cade
-ma poi che cosa resta-
Forse è una voce che mi tiene in vita
nel nuovo giorno in atto canta
la sua assenza che si fa sublime.

*

la polvere dei giorni

Nell’aria più leggera del presente
ora io ti attendo nel posto del silenzio
é tempo del ritorno degli uccelli
lungo le frontiere del visibile
portano con sé messaggi millenari
avvolti nella cenere dei giorni.


E’ la stagione dove tutto cade
i rami deboli schiantati controvento
le foglie e i fiori e poi gli amori secchi
e c’é una sola cosa che sta salda
ed é un tormento inciso nella mente


Pensa non saremo che un suono noi due
e tutto il resto cadrà nei sogni di qualcuno


ma oggi nella saccoccia del dolore
estraggo il tuo volto cosi antico
scolorito dalla polvere dei giorni


Maschera detta amore, bella roba che sei.


Fine

*

in nessun luogo

Anche se questo in cui mi bagno non è il Nilo
io sento uno sprofondore che mi accoglie
alla fertilità predestinata
Da qui la prospettiva è più perfetta
c’é una strada che conduce verso il mare
e c’é una voce che canta il paesaggio
e io che sono insieme canto perchè so
che nessun viaggio puo’ essere intrapreso
se prima non è stato sognato e poi cantato
Ma
in nessun luogo c’è per me salvezza
solo girasoli e silenzi e intorno ombre oscure
La mia parola è sotterranea e umidissima
eppure nell’attrito lontano dalle mani
con questo sfrigolio del corpo acceso
ecco che viene di sorpresa un tardo fuoco
Ora ci sono mani che stringon tra le dita
indici e pollici a catturare i semi e viene
un soffio un desiderio di godere entrando
nella terra che ti somiglia tanto






*

ho sentito nel bosco



Stanotte ho sentito nel bosco
un lunghissimo grido d’amore
tra la volpe e la donna
una complicità sonora e
una selvaggia impudicizia.

*

dal silenzio



dal silenzio in schiere oscure e soffici intravedo
un tempo senza futuro né passato
e io percorro gli alberi e abbandono
questa pianura cosi piatta dl pensiero
e mi inabisso dentro terra d’acqua
altre larve stanno e tutte senza occhi
ma tutte con certezza
che dallo spazio verticale viene vita
un cielo d’occhi in alto là mi attende
e poi un sorriso al centro del tuo volto
non parli le parole ma fruscii
di foglie e rami mai cosi felici
e un vento gentilissimo percorre
questo vestito vecchio che io dico
P elle

*

C’è cosi gioia





C’è cosi gioia nelle foglie e i fiori che mangiavi
per averli dentro in una sensazione antica
con nella pancia la terra e le radici
e fare del sorriso tutto un fascio
Non faccio altro che morire un po’ogni giorno
facendo posto alla natura che mi chiama
in questo luogo mai cosi lontano
Ma nel mio petto nasce un canto tutto nuovo
che accende tutti i fuochi nella notte
poiché si vedano ben oltre i confini della vita.
Ti tolgo la cenere dagli occhi e dalla bocca
poiché tu veda e possa
tra l’ombra e lo stupore in armonia
far nascere il tuo canto io sono insieme
Era notte e adesso è giorno…….
E’ successo qualcosa……….
..
C’era una volta………
C’era una volta e quindi ci sarà……..
E solo quando comparirà quell’immagine
Avro’ vissuto

*

un’altra quiete viene

nel silenzio della luce, un’altra quiete viene
in questo autunno mi abita un annuncio
-stipula una resa arrenditi al suo canto-
percorri coi tuoi piedi quel cammino
vaga odora copriti di luce e di semplicità
varca confini inconosciuti incarna l’eremita
sii te stesso e quindi mangia l’erba fino alle radici
perchè é li che troverai sostanza
quel sale della terra che accomuna
e se ogni sera alla linea d’orizzonte
sorgerà il miraggio. Benedici e Canta
seduto e albero tra gli alberi
fatti carezza bacia le foglie cadute ad una a una
sono vite che cercano una vita sottoterra
un desiderio sacro di fertilità.


*

Precipiti

Tu sei compresa con tutta la tua grazia
fra i nomi della luce
nel più sacro recinto che ho creato
per custodire i semi un palmo sottoterra
Vieni teniamoci per mano in quest’istante
di rivelazione tra gli alberi e le foglie
Se chiudi gli occhi stringi le dita tra le dita
tieni il respiro in serbo
P
r
e
c
i
p
i
t
i
sotto le radici e puoi vedere il mondo
che ti manca e che ti nutre
come tua madre appunto


*

ci sono dappertutto le tue mani



odora di bianco la macchia nel cielo
nell’attimo il respiro che si perde
immerso nelle ombre senza braccia
c’é i canto di un uccello senza razza
in questa ampiezza immensa
eppure esigua. Ci sono dappertutto
le tue mani.

*

Anche l’aria

anche l’aria d’un tratto prende forma
se ti penso ho in bocca il tuo sapore
immaginato e quindi ancor più denso
io chiudo per pudore il mio pensiero
ogni notte che viene è un desiderio
di ricongiungimento perchè c’é stato
sai un tempo i cui eravamo uno

*

viene una luce



Viene una luce in forma di coraggio
anche l’aria d’un tratto prende forma
una invincibile grazia mi pervade
ed un ringraziamento magro sale
dalle corde della gola fino al cielo

*

Non ridere



Non ridere
ti ho vista nuda
camminare sulle acque del mio fiume stamattina
e tutto il verde calmo ti avvolgeva
E poi saliva un canto nella forma della fuga
era di noi che sparlavano gli uccelli
le gazze ladre i corvi le cornacchie
tutte a cianciare di questo antico nuovo amore
Io me ne stavo seduto sulla riva
e veniva il tuo profumo nella bocca
come un latte appena munto un erba nuova


*

Se solo segui con la mano il fiore

Se solo segui con la mano il fiore
accarezzi lo stelo e lo percorri
e giunta alla terra un po sprofondi
inizi un percorso di radici
di madri antiche e nuove
di sembianze ancora sconosciute
Nella mandragora di cui tu hai le forme
c’è tutto quel mistero che ci lega
quella magia antichissima che vive
componendo un bacio con le dita




*

Di nuovo il vento

Di nuovo il vento mi porta tue parole
tu sai come le porta? In nuvole di senso
mi sento avvolto da tutto il tuo respiro
e poi tu entri inaspettata e parli
chi sei? chiedo ogni volta
e tu - Aman son io che parlo a te-
Vieni, tu che possiedi la perfezione
della chiocciola che fai della lentezza
un canto
una scia d’argento che è umida d’amore
Vieni, tu che vivi a contatto con le foglie
e che percorri il legno in tutte le sue rughe
con i tuoi occhi come un cannocchiale
Vieni tu che sei movenza ineludilibile
nell’aria traccia quel confine fra me e te
cosi labile da sembrare un quasi nulla
Chi sei ?ripeto e poi mi unisco al canto
Io
sono
insieme
Viene una pioggia sottilissima quasi un pianto
delicatissimo per noi
e io ti bacio nella bocca più segreta
con la mia mistura dolcissima
ed impura.

*

C’è un varco nel tempo

C’é un varco nel tempo
se rompi cio’ che t’imprigiona
dove tutto diventa circolare
é il tempo in cui
gli alberi si mettono in cammino
e gli umani mettono radici
ciascuno cerca un nuovo luogo
oltre il confine degli occhi
oltre le montagne dove si trova
un’innocenza nuova.
Ho visto nel cammino due alberi baciarsi
e due amanti intrecciare le radici
e lo stupore portava allora gioia in
forma pura. Si sente dentro il bosco
Si si sente un invisibile bellezza tutta viva
che attende solo una domanda purchè
sia ingenua e pura come quando eravamo
al centro dell’origine del mondo una sola
e grande vita. Potremo allora unire
linfa e sangue e cuore e ali e aria.
Saziare infine quella fame che c’inebria.