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Raccolta di poesie di Laura Turra
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Forse ieri pioveva

Forse ieri pioveva
come piove aprile quando piove
o come certe giornate di troppa pioggia
che scolorano gli alberi.

Forse pioveva
come fanno i temporali
ad opera del vento
che solcando porta le nubi
e lo scorrere
dei torrenti lungo la ghiaia dei viali.

Forse non so scrivere che qui piove
e nemmeno guardare le cose
dell’amore come si deve.
Forse non so di quest’acqua
che mi abita senza quiete.

 

*

Il silenzio degli abiti

Quando il sonno viene
resisto, conto le vene sui polsi
e le curve strette dei respiri.

Per poco tempo sono stata bella,
sono stata madre,
con mani di cura e dita care.

Da qui ti dirò del silenzio degli abiti,
di questa assenza
che mi martella le tempie.

 

*

Custodisco i semi

Custodisco in bocca i semi
di una parola covata,
negli occhi l’invenzione del verde,
la grande popolarità dei pruni.

Scrivo sul bordo di marzo
per toccare l’intoccabile.
Una consegna d’acqua dipinge
chiazze di cielo tra l’erba.



marzo 2024

 

*

Se canta il passero


A Paolo, mio fratello per sempre

 

Siamo cresciuti febbre dopo febbre
con l’ampiezza del respiro,
bambini addestrati al dolore della madre.

Quando il mondo riapre il sipario,
se ci sono già le margherite,
se canta ancora il passero, siamo guariti.

 

*

Quando scrivo

Quando scrivo, dimentico la fame
mangio le parole – aspre-dolci
rosso sangue
come chicchi di melagrana.

Non so altro di me se non questo:
poesia caduta su una pagina,
una manciata di versi
trovati di fortuna.

 

Giornata mondiale della Poesia 2024

 

*

Memoria di terra

Le mie ossa meriteranno un’anima
bianca di giglio o come neve,
una casa collocata più in alto,
la corolla di quiete che ha la rosa.

Allora sarà il tuo amore erratico e puro
a vegliare il mio sonno più lungo,
una memoria di terra, lontano da qui.

 

*

Scrivi un’ode

È questione di silenzio.
Di attesa. Tutto è poco alla volta.

Tieni a mente quel che vedi.
Scrivi un’ode alla primavera:
saprai come rinasce una rosa.

 

*

A febbraio

Rumore di foglie non sui rami
ancora
più in là un’idea di steli amari
sotto un’insistenza di brina
e la nostra infanzia che torna bosco
a mano a mano
quando ti rivedo dentro figure
incerte lungo la strada
come d’aprile
il mese che ci fece uguali a noi.

 

*

Il vaso (Still life)

Il vaso coi gigli disegnati
e null’altro sul tavolo

il suo posto esatto – voluto –
come i fiori di primavera
ancora nascosti.

 

*

Si cercano incaute viole

Le decorate verticalità degli uccelli
distolgono lo sguardo da questo tempo
spoglio di foglie, dagli abbandoni
e dalle notti insonni premute alle tempie.

 

Si tenta l’oblio del dolore con preghiere
a un cielo agognato da vuote mani d’alberi,
si cercano incaute viole tra l’erba
nella terra scura che tiene i morti in pace.

 

*

Al modo delle foglie

I morti non hanno mai le scarpe
non camminano
non corrono.

Al modo delle foglie soli cadono
poi si sollevano in aria
emblemi di vento.

Qui c’è la fatica di un’erba nuova
là non c’è stanchezza:
il cielo non ha strade.

 

*

Già i precoci steli

Alla grazia credi,
ai semi piantati in terra scura
appena prima dei temporali.

Ecco, già i precoci steli bucano
la nuova soglia
– versi terrestri –
bianchi ancora delle profondità
avanzano,
con tocchi sempre nuovi.

 

*

Vivide rose

Quando torni nel mio sonno

si aprono scenari di cielo,

stagioni inusuali.

 

Il tempo del corpo febbrile

è la genesi del sogno,

eterna estate.

 

Ci sono ore che non muoiono,

ricordi mai esclusi, ancora

vivide rose.

 

*

Un tempo che torna

Alligna il bosso verde della siepe

mentre tutto intorno ingiallisce il mondo.

Cresce il distacco, il vuoto dei rami.

 

Che diremo della docilità dell’autunno,

del suo piegarsi, della sua caduta?

 

Tu raccontami di ciò che è prossimo

alla luce, del cielo che non si arrende.

Parlami ancora d’un tempo che torna.

 

*

Osservazione

La foglia che cade ha un disegno breve,

volteggia appena, poi si posa, sposa

il fango, il tracollo, il suo destino d’ombra.

 

Ti perdi nel suo diminuire nel palmo

dell’autunno, sul tardi di un tempo

prossimo alla notte che brucia ogni luce.

 

*

Soltanto una voce

Ti baciavo le mani magre
e la fronte, sperduto fiore
del mio stesso stelo,
senza più età,
mio papavero rosso
gemello del mio cuore dolente.
.
Non tornano i morti, bisbigliano
nello sconcerto delle case
vuote, nel respiro
delle foglie cadute
dentro un congedo, nell’ora
che consacra il nome;
pochi semi di pioggia leggera,
soltanto una voce.

 

*

I loro corpi

Vorrei che ritornassero

in qualunque forma,

dopo il soffrire, dopo l’assenza.

 

I loro corpi amati.

 

*

Non temo le spine

Non avrebbe dovuto essere così

questa pagina,

ma il tempo è fatto di mancanze

e lutti incisi sulle mani.

.

Scrivo per dedizione alle rose:

non temo le spine per godere dei fiori.

 

*

Piangono gli occhi

Cos’è l’autunno se non ricorda,
se non trova più il tuo tempo,
il fuoco che brucia sui rami
la memoria delle notti d’infanzia.

Dormiamo su rovesci di nubi,
siamo alla stessa altezza
delle foglie, alla stessa distanza
dalla terra, dal diluvio.

Aspettiamo che fioriscano voci
dove nascono voli d’addio,
lasciti magri d’inquietudine.
Piangono gli occhi la tua assenza.

 

*

Titolo d’autunno

L’autunno è un’inclinazione
personale, un’obliquità di luce,
il nome che do alla memoria,
al pianto di foglie dei rami.

C’è il mistero dentro l’occhio,
il limite sensibile della vista
nell’ombra scesa della sera,
la voce che manca nei solchi
dove si interra nuda la vita.

Teneramente scegliere il ricordo,
amare la fragilità delle cose,
ascoltare il respiro di ogni corpo.
Le foglie sono tenera pioggia.

 

*

Sul primo segno

Viene sul primo segno dell’alba
il canto dei passeri
un suono ereditato dalla veglia.

Avere atteso ha in premio una città
d’oriente, la linea dei palazzi
in controluce, l’oro del presente.

 

*

Mudra

La mia voce nelle mani posate
– le mie mani rimaste –
orli brevi di preghiera
sugli argini della parola amore
scampata a tanta pioggia.

Questi miei versi
incapaci senza mani
– mani intere e necessarie –
la mia voce poco rimediabile.

Solo questo resta:
il gesto delle mani, la posizione
imprevista del cielo
– quella voce che hanno le mani –
voce che non si stacca dalle mani.

 

*

In forma di rosa

Ridire il nome della rosa:
Oggi basta la tua bocca
Schiudendo la memoria,
Acqua sparsa in fioritura.

 

*

L’ombra di Dio

Vedi il lento svolgersi della foglia,
la trasformazione, opera di marzo,
il tessuto rosa fitto dei pruni.

Considera il tempo dei cieli aperti,
la misura delle nuvole, l’acqua attesa,
l’ombra di Dio che ci precede.

 

*

Ma poi è solo sera

Studio il vuoto tra i rami dove fiorisce
il silenzio e affiora il cielo negli occhi.
Si perde il passo dei merli nell’erba
come si interrano i semi e le memorie.

Muovo forme dolcissime di solitudine
nella consolazione dei piccoli dettagli
quando si fa giorno, ma poi è solo sera.
Come canteremo l’inno per i morti?

 

*

Come l’amore ritorna

Le rovine sono un dono
o la polvere è polvere per sempre?
Forse è la perdita il candore,
la via per il riacquisto.
Come l’amore ritorna amore.
.
Occorrono gli anni.
Cerco di ritrovare il tempo
in cui Dio occupava i giorni,
quando di me vedevi l’anima
tra cose desiderate e temporanee.

 

*

Se non sai dell’amore

Cinge il suo spigolo l’ombra.
Non ha un verso nel becco il passero
solitario come la mia voce
e l’erba incredula dei verbi
– questo mondo che ogni giorno
si riscrive e non sa
più nulla dell’ora passata.
.
Se tu non sai dell’amore
resterà segreta la parola, perduta
la nostalgia della rosa,
la chiara felicità della primavera.

 

*

Per dire la parola

Per dire la parola innocente
abbiamo errato tutta la notte.

Ci siamo accucciati nell’ombra
dentro incavi irregolari
come scriccioli accovacciati
nell’erba o tra fitte radici
d’alberi che reclamano
la propria rettitudine.


Non abbiamo visto altro paesaggio
che questo essere terra
solo per continuare a desiderare
un nome scritto in alto
il verso aperto di una foglia
l’acqua risalente dell’amore.

 

*

Ancora rimango

Ancora rimango ad ascoltare
il suono che le dita muovono
tra il respiro e la bocca
con cui si pronuncia il nome.

Ancora scrivo l’alba vegliando
l’ora come una schiusa
fino al segno fino al volo.
Canto il vento che mi porta.

 

*

Dentro le mie ossa

È l’alba la mia storia
sempre certa, nascosta
sorgente di chiaroscuri
sul verde e suoni d’uccelli
tra i rami impigliati.
.
E voi amati, sempre vivi
qui tornate in sembianze
di bene, voci d’erba
d’altri luoghi, eco udibile
dentro le mie ossa.

 

*

Canzone per te

Scrivo per te una canzone,
versi resuscitati dal fragore
della luce,
note di lievissimi cieli caduti
su boschi prossimi,
nomignoli dati a prati di muschio.

Discepola della bellezza cantata
dagli uccelli
la mia bocca si accende nei riti
del mattino, bianca
di aerei chiarori,
rossa come la gola delle rondini.

 

*

Breve appunto prima che sia tardi

Restano i cortili a difesa del tempo
le persiane socchiuse e la distanza
da cui ti scrivo di rose già chine.

Il cielo rincorre voli bassi d’uccelli
quando mi spoglio e tu resti vivo
negli occhi lì dove il giorno finisce.

 

*

Non ho tutte le parole

Non ho tutte le parole per dire
l’inspiegata felicità che dà la luce
in equilibrio sul limite del cielo
prima di alzarsi indistinta
allagando il resto del mondo.
Le frasi sempre uguali non bastano.
.
Fermare il respiro e aprirsi tanto
quanto è smisurata la ferita rimasta
tra le ciglia alla fine della notte.
Non ci sarà più nome senza nome.

 

*

Scrivere alba

Devo scrivere alba.
I vasi messi in posa a chiamare
gli uccelli invernali
e una tenue albedo tra i rami.
Devo scrivere alba
dove gli alberi
hanno atteso su un orlo di brina
e i piccoli animali vaganti.
.
Sulla pagina aperta
le parole che tengono tutto
l’impronta precisa a cui tornare.

 

*

Sia perfetta somiglianza

Da un finale vieni a cercarmi
quando fa notte in luoghi comuni
tu pagina bianca e io piccina poesia
che ringrazia d’ogni riga
nel silenzio della casa.

Che somigli a distese di stelle
a buchi di luce, all’acqua del fiume
l’anno buono già in cammino.
Della chioma dei pruni in fioritura
sia perfetta somiglianza.

 

*

Dove più vero

Dove più vero si cela l’inverno
vorrei gridare la parola
che mi è precluso dire,
sanare la ferita, custodire la foglia
nel congedo delle rose;

dove la morte morde coi suoi denti
sottrarre al tempo lacerti
di verde, alla neve,
piangere per ciò che si è perso,
radunare gli uccelli,
credere alla loro promessa di cielo.

 

*

Poesia d’inverno

Ti racconto i giorni bianchi
d'inverno e la nebbia scesa
a confondere un tempo
affamato di luce.
.
Frugano i passeri nei vasi
in cerca di tutto il possibile:
anche noi come loro
possediamo solo il dato
e il giardino rimasto tra i rami
è una patria poverissima.

*

L’utilità dell’autunno

Rispondono a ogni breve raggio
di sole le tremanti foglie rosse
d'acero – il bosco è in fiamme.

È l'ora in cui ti avvii a contemplare
ciò che resta di una stagione
spogliata – sperpero di bellezza.

L'utilità dell'autunno l'hai capita
nel suo ardere fino alla fine
del fuoco – totale nudità del legno.

 

*

Pioggia che non basta

Mi affaccio e tocco la pioggia.
Pioggia che non basta
a competere col sangue sparso.

Bagna e passa tra le dita,
pioggia che non basta a rifare
una nascita.

 

*

Alba su Roma

L'autunno rivela i sogni,
racconta a braccio gli anni trascorsi,
i palazzi e le rovine.

Mette un verso, un miagolio
o una risonanza d'insetti
nella gola dei semplici.

Mostra la morosità delle nostre parole,
con una sfumatura d'oro
la nostra parentela con le foglie.


Roma, 16 ottobre 2022

Dedicata

 

*

Una resistenza lieve

Qui è rimasto l'autunno
tra chi conosce i nomi delle foglie
e li ripete nelle luci della sera
per non staccarsi
dal ramo.

Appena una resistenza lieve
all'abbandono nel vuoto
nella cecità d'un tempo malfermo
carcando mani
e qualcosa
che non finisce.

*

La mia parola

Cosa è mai la mia parola
se non sa distinguere il sogno
dai rami verdi del frassino,
se non toglie la spina alla rosa.

Questa mia parola spenta
come i fiori addormentati
sulle tombe, smemorata,
di chi non ricorda più
la destra e la sinistra.

Quanta fatica per una parola
vera ancora da dire ai morti,
a mio padre e a mia madre.

 

*

Contare le foglie (Colori di notte)

Contare le foglie a una a una 
– le nate, le disperse –
difficile sonno, bianca notte
nel pianto d’assenze.

Come un inverno è l’attesa.
L’edera e l’ombra, file di alberi
sagome senza un colore.
Tu sei il lampo nel buio, nel nero.

 

*

Ottobre

Impronunciabile amore,
parola vietata nell'autunno
che sfoglia, che spoglia
le mani dalla confidenza.
Si dissolve ciò che manca,
il luogo che è stato
 mai abbastanza prossimo.

Non abbiamo vendemmiato.
Non pianteremo semi.

L'alba resta riva e oceano, mare
di ogni mio verso sceso in gola
come un pianto – lacrima
o ricordo che non lascia.

 

*

Trovare la voce

La finestra socchiusa che sbatte
è ricordare le calde pause estive,
quando il vento breve dice il cielo,

è trovare la voce per questo lutto
d’alberi, questa lontananza d’ali,
mentre su di noi scende il silenzio,
scende dall’alto la foglia rossa.

 

*

Continuano a durare le rose

Foglie e rami tra i capelli,
gli schemi dell'autunno
in cielo
e qui la clemenza del giallo.
Il rosso d'aceri
è il sangue degli alberi.
Giocare con le foglie
cadute
è un'infanzia senza fine
ritrovata.

Continuano a durare le rose.

 

*

La diminuzione della luce

Sei tu la mia visione,
il cerchio d’occhi che imbocca
la via degli uccelli.
Si allarga il cielo.
Li vedi i fiori rossi nelle mani?
I garofani, che non dimenticano
la solitudine dei morti.
Sembra quasi scaldi
questo debole sole d’ottobre
tra i sentieri in pace.
A vedere adesso
obbliga la diminuzione della luce.

 

*

Un caso di luce

La felicità è sui muri
d'autunno – nell'edera eterna 
riflessa in un caso di luce
frutto di un grumo di cielo.


Se guardi, ci sono fiori
appena sopra ogni tristezza.


*

Gazza ladra

Ridammi ciò che hai preso.

Hai   beccato   tutto   l’oro
del   mio  pane  quotidiano.
Restituiscimi  i  miei  sogni.

 

*

La forma delle mani

L’alba è l’eccezione che infiamma,
il superamento inequivocabile
della notte – ricorrente prodigio.

Siamo ancora qui dove siamo stati,
nel nostro parlarci da lontano
con lingue che ci riguardano
e la forma concava delle nostre mani.

 

*

Alba

Tutto quello che nasce io lo bacio
con gli occhi.

Apro la bocca tra le foglie e in mezzo
la preghiera.

 

*

Il tuo stesso cielo

Benedici i nodi alle dita
che hanno legato le rose scomposte,
le ginocchia piegate, le spine,
i sentieri nascosti nell’erba cresciuta
a lato dei fiori.
Guarda la sera contare le note cadute
sui rami – le minime –
i toni dell’acqua piovana.

Scendi in terra, anima persa,
fiorisci di piume, poi torna a salire.
Si specchia quaggiù il tuo stesso cielo.

 

*

Per essere salvi

Una saliva di pioggia – un'orazione, un pianto –
che potrebbe bastare a preservare i respiri
nella gola dei papaveri,
un modo per essere salvi ognuno dalla propria parte,
noi, le foglie, il cielo.

 

*

Aspetto che si sposti l’ora

Aspetto che si sposti lora 
cercando una quiete dacqua e neve 
tempo che ancora non si annuncia.
Poco muta 
 anche destate.
La strada costeggia sempre i giorni
che viviamo.

È calma questa misura daria 
si accendono fuo
chi nella sera
per l
incanto dello sguardo.
La brace conserv
a la memoria
della fiamm
a, come il corpo
il riverbero d
ogni lacrima versata.

 

*

Con una lacrima

Assisto al gemere degli alberi afflitti,
ai merli in cerca tra gli sterpi
e i rovi in preghiera oltre i cancelli.

C'è un sommesso implorare
nell'eco lontana delle foglie, nel grido
delle lanche secche dei fiumi.
.
Vorrei per tutti un sollievo,
consolare il mondo con una lacrima.

 

*

Tutto torna

Alba. Sicuro luogo vivo,
cose nuove in cerca di luce.

Essere qui per amore,
acutamente, cercando il respiro.

.

Per la necessità d’infinito
si va arando l’oltre dello sguardo.

Tutto è già chiaro, tutto torna.

 

*

Siamo soli

Ognuno sta coi suoi ricordi
nel silenzio dei nomi.

Circondati da remoti pianeti
siamo soli.

 

*

Non dorme la notte

Non dorme mai la notte
tra le presenze misteriose e care
di mondi inaccessibili.
Il giardino parla un’altra lingua
che non conosco
– non c’è stagione dentro al buio.
.
Lasciami parlare di ciò che manca
come qualcosa da portare alla bocca
per farne pane.
.
Lasciami parlare con te
quando la notte si addensa sulla fronte
e tu resti dentro questa carne
– unico sogno o vita
che ancora m’insegna a essere viva.

 

*

Farò pace

Farò pace con tutte le parole
quelle mancate
e quelle cadute nello strame
dove raccolgo qualcosa
che descrive il perduto
come un desiderio inconsolabile
o una solitudine.

 

*

Se manchi

So che aspettarti è stare
con un fiore in mano sull’abisso.
È avere una ferita che chiede
una cura.

È un vuoto fedele la tua assenza,
se manchi è perché sei parte.

 

*

Le belle cose rampicanti

Le belle cose rampicanti – le rose –
hanno dentro un grido,
rosse antifone nell’enfasi del verde,
scavi continui di radici per salire
contro tutto il paesaggio cercando la luce.

Salire con lo sguardo – come loro –
scegliendo il migliore appoggio,
affacciarsi spingendosi in fuori
fino a vedere le nuvole muovere il cielo
e i piccioni che incorniciano le altane.

 

*

La tua voce

Scrivevo poesie in tane oscure
quando non era nata una voce.
.
Sei venuto ogni notte bruciando
il sogno, sei acqua che incendia.
.
La tua voce, il tuo corpo-voce
conosce per sempre il segreto.

 

*

Una parola nuova

Il buongiorno e tutte le altre cose 
che ti dico
sono diventate il mio pane.
Sento la primavera nella mia bocca
ora che nel vuoto sta tutto il verde.

Gli uccelli assaggiano l’aria
come il miglio gettato sui davanzali.

Dire albero è una parola nuova.

 

*

Questa la tregua

Questa la tregua
tra la vita impaurita
e quella accettata per legge:

le giornate varie di nuvole
dove nidificano le parole
in un istante di verde

le mie estati messe in fila
coi sandali ai piedi
e gli abiti domestici

lo smalto rosso alle unghie.
Il libero pensiero
senza resa.

 

*

Non c’è altro

Non c’è altro per noi
che questo sguardo d’alba
immagini che si sfumano
poche righe.

Non c’è altro
che questo scrivere di noi
tra le calme riserve delle tende
dove s’affacciano altre vite.

 

*

Dare un luogo

Il fuoco feroce dei gerani
assottiglia lo sguardo
sotto un cielo sgualcito
che annera.

Ritirarsi è l’unica difesa
contro la tempesta
tirare le tende
dare un luogo alla pena.

 

*

Materia breve

Siamo materia breve
sotto il mormorio dei pioppi
– una fragile imbastitura
sconosciuti fiori
lungo il ciglio della strada.

Dormiamo ancora sotto la neve
danzando la tristezza.
Solo gli uccelli scrivono in alto
quando fa giorno.

Per il bene dei passeri
– per il nostro bene –
è tempo che la pietra rotoli
che la terra apprenda come fiorire.

 

*

Sempre tu stai

Sempre tu stai nel fondo
del mio occhio
come l’impronta che non tolgo,
il bagliore del vetro.
.
Ogni oblio conserva una luce
– una silenziosa resurrezione –
ogni albero un anno,
la quiete il desiderio.

 

*

Il cielo di Kiev

46o giorno

 

Il cielo di Kiev sta su a malapena 
dove il mondo è girato a rovescio
e i prati non tornano verdi in aprile.

Non c’è differenza tra uomini e fiori:
si lascia la terra in un vento feroce.

I morti parlano tutti un’unica lingua
e tutti si chiedono come si cade,
perché si muore in primavera.

 

*

Quasi pioggia

Questa quasi pioggia
è già una soglia di benedizioni
per colmare una sete senza nome
e i viali primaverili
non ne sono immuni.

Temo solo per la tenuta dei fiori.

 

*

Per poco fiorire

Indugia la meraviglia sotto la scorza 
degli alberi, sotto la pelle
nelle vene, nei chiostri del vento.
.
È di enigmi il giorno, come le rose 
ancora ignote per poco cielo,
per poco fiorire.

 

*

Nella notte

Nella notte hanno abbaiato i cani
destando la nostalgia di un corpo
che mi accolga come fa una terra.

La mia anima selvatica conserva
come una cauta specie di dolore.
Non esco mai indenne dalla notte.

 

*

Voglio una parola

Voglio una parola che parli
– la parola misteriosa e veggente –
che riconosca galassie
nelle venature delle foglie,
le sfumature su cui poggia il cielo.
.
So dire poco, assai meno
di quanto in vita ha fatto mia madre.
Conosco i piccoli segni sui muri,
ma il prodigio che fa sbucare le viole
è un dondolio ignoto alle labbra.

 

*

Sul confine

Tengo a bada i lupi notturni,
metto in salvo il respiro.
Nelle profondità che non vedo
stanno insieme il silenzio
e il suo grido.
.
La vita sta tutta sul confine
tra la pelle nuda e la mano
che l’accarezza,
tra la corteccia e la gemma.

 

 

*

Ogni mancanza

Ogni mancanza dovrebbe cedere
alla primavera – che sia d’ala o di verde –
le parole fiorire dai lunghi silenzi
come un giuramento.

Esse sono qui, tu scrivile
sulle punte gialle delle forsizie,
spargile come semi di girasole.
Abbandona il pianto, come le gemme
presto saremo fuori dall’inverno.

 

*

Bianco su bianco

Abbiamo questa non un’altra
età possibile,
la nostra vita scampata ai pericoli,
al diluvio, agli anni senza amore.
.
Dobbiamo imparare a vedere
– come gli occhi vedono belli i fiori
anche in inverno –
avere le giuste diottrie
per una poesia che scriviamo
bianco su bianco.

 

*

La soglia che varchi

Voglio occupare tutto il tuo bianco
entrare la sera nei tuoi perdoni
nelle orazioni che chiedono pioggia.

Voglio essere il seme dei tuoi versi
il nome, il pensiero che non lasci
la soglia che varchi per abitarmi.

 

*

Una forma d’attesa

Osservare l’inverno è una forma
d’attesa – impresa delle pause
emblemi di silenzio, di respiro.

Un inchino nel tempo dell’assenza.

 

*

Orfana la sera

Orfana la sera, orfane le spalle
– quel loro aspettare.
Orfana e dolce tutta la mia pena
nel desiderio
nella smania di scandire le stagioni
col tempo – le ricorrenze
i capoversi –
fino alla coincidenza.
Orfane le mani – questo mai toccarti
nella solitudine
di un foglio bianchissimo.
Gli occhi rimasti chiusi
nella sovrana luce del mattino.

 

*

Quasi alla fine di un anno

Tu sempre ti avveri – alba –
dove si fa colore il cielo,
lieve la vita nella tua mano
piena di silenzio.

Quante volte siamo nati
negli inverni bianchi,
col caparbio desiderio dei fiori.
Tu dici ci sarà gennaio
ad accudire il mistero
e poi aprile.
Ci baciamo nel tempo breve.
Ci baceremo ancora.

 

*

Forse la neve

 

Non so il motivo, forse la neve
dentro gli occhi
e poi il silenzio rimasto sui rami.
Le parole si perdono
– quelle infinite che si vorrebbero dire –
negli istanti rappresi.

Solo una piccola corte d’uccelli
ancora racconta un inizio.

 

Buon Natale !

* acquerello di Silvia Molinari - dal web

 

*

Dickinsoniana

Per la porpora dell’alba
ha covato la notte –
per il bisbiglio dei passeri –

per la prodigiosa gioia –
come accade agli uccelli
in festa per poco pane.

 

*

Poesia di tremore

C’è una poesia di tremore nell’attesa
un continuo chiedere la pronuncia
del nome – il tuo sigillo –
quando si frantuma la notte e viene
alla luce tutto il nascosto
con la vita delle creature alate e noi
che abbiamo dormito il sonno
invisibile degli alberi nella neve.
.
Torna l’incedere del battito, il sangue
a scorrere, il palpito comune, l’amore
quando somiglia a ciò che non muore.

 

*

Frammento d’autunno

La pioggia farà tacere le foglie
e i nostri nomi al secolo
nella bassa statura delle erbe.

Tu dimmi come salvare le rose.

 

*

Dovrei scrivere

Dovrei scrivere di tutto il giallo
e di tanto altro rosso
nel soffio di poche parole
lungo il viale del tramonto.

Scrivere delle vite
le comparse le scomparse
il nascere sempre in modo diverso
ma ugualmente il finire.

Di tutto il tempo vedere
la nudità mentre si scrive
per dire qualcosa delle cose sole
di tutto ciò che non resiste.

 

*

L’unica cosa che torna

L’unica cosa che torna dall’ombra
è quest’alba, versando il suo rosa
nel bianco di tutte le assenze.

Qui suonano le campane e in cielo
si stanno formando i larghi stormi
per l’addio avvistato in controluce.

Nessuna voce tra l’una e l’altra vita,
solo un conversare acceso d’uccelli.
I morti non parlano più del tempo.

 

*

Dove si replica l’autunno

Da qui non è mai vana la sera,
l’opera ultima che snuda l’orizzonte,
il canto appartato nelle gole.
Da qui venite, ospiti cari del ricordo.

Questa è la verità di quest’ora
incerta sulle siepi e sulle case,
questa è la sua misura – un palmo 
di silenzio e di memoria,
l’addolorato trattenersi delle foglie.

Qui, dove si replica l’autunno,
viene il giorno dei miei morti.

 

*

Decàde ottobre

Decàde ottobre nel giallo
dei crisantemi, nelle assenze
incrostate di dolore.

Eppure è autunno, tempo di piantare
bulbi e semi, di scavare
nella terra bagnata, ricoprire tutto
di pietose foglie.

 

*

Se lo sapessi

Se lo sapessi te lo direi.
Ma non lo so. Non so perché 
sia così ardua la notte.

Io che dell’alba ho fatto una casa
per sempre, una culla per neonati;
io che mi vesto dell’autunno,
conosco solo le foglie appuntite,
la mia corona di spine.

Se io lo sapessi, ti direi
quanto sia stretto l’inverno,
il passaggio. La croce.

 

*

Au nom de la rose

In nome della rosa piegata
sullo stelo d’ottobre,
che non dice niente della pioggia
nelle ossa del dolore

e delle spine acute, esposte,
rosse del colore della sera
il grande colore dentro le piaghe.


È per questa rosa che si prega
– che si resta vivi –
quando il cielo viene giù e si sta
come un prato sotto la grandine

e non c’è strada diversa o sentiero
in questa vita, in questa terra arata
passata a ferro e fuoco.

 

*

Essere rondine

C’è un discorso interminabile
tra gli uccelli e il cielo,
il volo una preghiera perpetua,
un’intercessione
che aggiunge oro al distacco
delle foglie
e al mio corpo disteso
nell’aria che mi governa
quando non sono bestia di bosco
nella tana dei solitari compiti.
.
Essere rondine.
Dove fioriscono i ciclamini
sui balconi bagnati di pioggia
sciogliere le ali, lasciare
ogni cosa al suo niente
credendo sempre in un’altra via.

 

*

Ti presto la mia bocca

Ti presto la mia bocca
come la foglia rosso acceso
di una siepe familiare
per il sorriso chiaro di chi ha visto
Dio tra fili di gramigna;
le labbra stupite del fiore
che ancora non ha nome.

 

*

Ogni cosa persa

Ogni cosa persa o trovata
ha un dolore nascosto, se lo vedi,
nel risvolto delle foglie
smarrite tra i viali.
.
Quello che la luce insegna
è la rivelazione dell’ombra
in margini di cielo,
dentro un fragile tempo.
.
Ad ogni alba sai che la vita
è esposta alle intemperie,
alla luce e al buio,
alla prossimità della solitudine.

 

*

Muove la sera

Muove la sera il suo sciame
d’abbandoni e di ricordi.

Sorgerà il sole un’altra volta, lo giuro
tornerà la rosa rossa
– eloquenza del fiorire –
la parola dalla bocca dei miei morti.

 

*

Verso casa

alla mia nuova casa

 

Verso casa non crolla il cielo
le nuvole sbiadiscono lontane.
Sono tracce di rosso le ultime,
come fili d’un’antica legatura.
.
Cosa dirà dei morti – mi chiedo –
questo cielo. Dall’alto
cadono i giorni, le stagioni,
disegnano porte, passaggi
da cui l’oltre può tornare
dove vita è stata e vita è ancora.

 

*

Autunnale

Riprenderemo a parlare dietro i balconi
                                                     sfioriti
nel tempo della luce nascosta
dei bambini tornati all’asilo.
.

Riprenderanno a parlare di noi
                                                  le poesie
distese sul tavolo della cucina
a ricordare
                                   i bagliori tra i rami
le rosse code d’uccelli smarriti.
.
È l’autunno dei giorni prossimi
                                                    al buio
dove ascoltiamo le voci lontane
dei morti (dei vivi)
                                         che chiamano
da una terra dietro le nubi
                                                con mani
rimaste ad aspettare i nostri ritorni.

 

*

Il rosso si addice ai compleanni

Le cose hanno bisogno di terra:
il rosso dei gerani si addice
ai compleanni.
Ho fatto radici nell’alba
come un albero che beve la voce,
l’amabile eloquio degli uccelli.
C’è l’oro nel setaccio dell’autunno.

 

*

Di nulla e di tutto

Passano i nomi: ti ricordi i nomi?
Io sto ai tuoi occhi come il nome
sta alle cose che diventano giorno.

Fuori i gesti delle case dove la vita
risponde al richiamo di settembre.
Lunedì fittissimo di nulla e di tutto.

 

*

Non lasceremo l’estate

Noi non lasceremo l’estate
– non ancora –
la sua luce e la rondine.

Non ce ne andremo
in un soffio
lungo la siepe senza more.
Non lasceremo il posto
dove un tempo accoglievamo
le parole orfane.

Vedi, l’uva è quasi pronta
maturerà in un attimo
– nella notte –

Noi non lasceremo l’estate
il sole che bacia le mura
di casa
quell’azzurro improvviso
dove passa la rondine
e resta solo il cielo.

 

*

Levami le lacrime

Levami le lacrime dagli occhi
o piangerò tutte le acque del corpo
con tutte le stelle del cielo.

Asciuga il sale dai miei occhi
– tu lo vedi – piango come l’inverno.

Mi hai fatto conoscere l’estate
mentre nascevo la seconda volta
nel mezzo di una terra profonda.

Levami le lacrime, ridammi le foglie:
tutta quest’acqua mi ricorda l’inverno.

 

*

Come guardare il cielo

L’acqua si confonde
dentro l’acqua
e la terra nella terra.
Saremo un indistinto niente
che è stato un giorno.

Portavamo alta la rosa
sopra il capo:
l’autunno ha tolto il fiore
e la spina
è senza foglia.

Abbassiamo gli occhi
proprio ora
che è più chiaro.
Nessuno ci ha detto
come guardare il cielo.

 

*

Se ai santi diciamo

a P.

 

Se ai santi diciamo i giorni
riceviamo sulle labbra la salute
e l’intenzione tra fessure d’aria
consacra alla clemenza il grido
delle rondini e le lingue rampicanti
delle rose.

Da tempo sappiamo
che i miracoli non seguono
i corsi d’un dettame umano:
sono fonte libera che sgorga
da un’argilla anche arida d’amore
e sparge fiori rossi lungo i campi.

 

*

L’inverno dei merli

Questi paesi sono rimasti soli
su vie di erbe amare e pietre
lucide di pioggia.
Dai tetti sono migrate miriadi d’uccelli
e la ruota del mulino non macina
altro che il tempo.
È vicino l’inverno dei merli
spauriti, dei dettati di neve agli usci.

 

*

Fino agli estuari

La notte ha lasciato intatta
l’acqua della rosa,
il tono del tuo respiro profondo;

goccia dopo goccia si distillerà
l’estate, concederà
la sua temporanea immortalità,
fino agli estuari del giallo.

 

*

Chiedimi

Chiedimi un argento d’acqua
tra le rive,
il riverbero del sogno

l’immagine attardata tra le righe
in attesa di un verso
nel declivio della voce

l’ombra china sull’estate,
il refrigerio
tenuto in serbo per l’amore.

 

*

L’afa sulle rose

Il dolore toglie la cornice ai giorni
l’alba rimane un’inspiegata fedeltà.
Hanno spine acuminate gli occhi
spilli notturni per le labbra chiuse.
Delle doglie ci si scopre prossimi.

Il fuoco brucia l’avorio del tempo
le rondini non restano per sempre.
Che ne sarà di questi pochi versi?
L’afa sulle rose mi ricorda il mese:
anche la gramigna d’estate secca.

 

*

La traiettoria degli uccelli

Esce dalla visuale la traiettoria
degli uccelli in volo
verso un altrove sconosciuto.
In fondo è così,
delle storie sappiamo solo l’inizio,
il transito.

Solo essere qui conta
oltre il sogno e i pensieri sciolti
sotto il melograno.
O forse l’attesa – il suo profilo
che tocca i margini del tempo –
unico possesso
per eludere l’impossibilità nostra
di vedere oltre.

 

*

L’ingratitudine dell’estate

Luglio, principio di arsura.
La distanza dalla tua bocca dissangua
i miei versi, la lontananza mi asciuga
gli occhi. Vorrei vedere salva la gioia
degli uccelli: forse anche loro temono
l’ingratitudine dell’estate.

 

*

Nessuno s’accorge del cielo

Può durare notti intere l’attesa
di una parola,
la foglia cadere o la neve

gli occhi fissi nel punto
in cui tutto è scomparso,
la linea che ha inghiottito il giorno.

È un privilegio d’occhi
leggere tra i segni,
dove nessuno s’accorge del cielo.

 

*

Ancora voce

Il suono è nelle vocali.
Proprio dove cade l’accento
– un’emergenza segreta –
la domanda trafitta
nel tempo arato dal ricordo,
l’artificio della memoria
per salvarsi dall’assenza.

Ogni ombra è spazio
negato – tolta visione –
ma dentro ancora voce
non parola, voce che chiama
dal buio, senza rimedio.

 

*

Non c’è altro da fare

Non cessa l’assolo dei passeri all’alba
come a espiare una mancanza
che la notte ha reso più viva.

Non c’è altro da fare
che questo tornare a chiamare
senza stancarsi, senza respiro.
E scrivere lettere solo d’amore
con le parole prese dalla tua bocca.

 

*

L’erba parla

L’erba parla come parlano i morti
dal basso fondo scuro
cresce un respiro, una sembianza, una voce.
C’è il fango, la neve, l’ombra, la pietra.
Non occorre sapere
dove il nome è scritto per sempre.
Abbiamo confini in comune
con l’erba dei campi, le radici affondate
ma i morti nessuno li vede.

 

*

Non passano i treni

Non c’è nessuno che viene a trovarci.
Abbiamo steso zerbini sulla soglia

di casa, lucidato maniglie d’ottone,
ma nessuno ha bussato alla porta.
Anche il vento se ne sta oltre le nubi.

Non passano più i treni dalla Bullona.
Avevamo scritto versi sui muri,
erano sogni confusi in un prato di steli,
erba secca tra i sassi è ciò che è rimasto.
Siamo eterni soltanto se dura il ricordo.

 

*

Credo alla tua parola

Credo alla tua parola
quando si fa culla del nome
– respiro speso lungo i margini
del corpo a farne casa
scrivendo l’età delle mie ossa
il dolore dei piedi scalzi
la ruga sulla fronte.

Il giorno ha assoldato centurie
d’uccelli per la profezia
– perché io rinasca come l’erba.

Ho sempre avuto il cielo
a reggere la pioggia
a dire il mio tempo vegliato.
Ora attendo la pronuncia
della tua bocca – un fiato
o un belato su fogli bianchi –
per tornare viva
quasi da un al di là.

 

*

Insonnia

M’accompagna insonne la notte,
l’uniforme e inerte stato,
l’oasi
dove il buio si prende tutto il tempo
e le cose hanno contorni invisibili.

Non vedo mai gli uccelli dormire,
non so dove riposano
o se hanno ali mai ferme.

Chi conosce l’etimo di questo stare
pur essendo altrove,
il giaciglio della mia consistenza?
Chi mi dirà la durata?
Invento segni per l’eternità.

 

*

Il favore del vento

Passa il favore del vento
nel volo dei pioppi –
la semina resta incerta.

Un fiato disperso tra le case
attraverso i cortili.
Su ogni cosa muore l’aria –
sottovento la strada
che mai accosta.

Passa il favore del vento
nel modo in cui tutto passa –
come somiglia alla vita.

 

*

Quasi senza morte

Ricordo il tempo, la stagione.
Ricordo nato dallo sguardo
a questo cielo
che non fa mai ombra.

Ecco cosa chiamo amore,
amore che resta intoccato
e che torna.
Quasi senza morte.

 

*

Sospesa la notte

È rimasta sospesa la notte
nell’invisibile buio,
tra la pioggia e l’attesa
del bacio.

Ho liberato parole
come lanterne di carta o semi,
luminose attecchiscono
nel silenzio.

 

*

Fedeli al giorno

Ogni alba impasta di luce il natale
delle cose senza neve, in silenzio.
È una piccola innocenza che viene
avanti coi suoi chiarori diagonali

e la primavera all’angolo della via,
lucente, fonde i colori al candore
degli uccelli, a colloqui di passeri.
Fedeli al giorno impariamo il battito.

 

*

Lungo i margini

Lungo i margini delle pozzanghere
scivola il paesaggio urbano
frastagliato di alberi e case,
bordi dentro cui immaginare il cielo.

Si è bagnata la vita in segreto
all’ora solita,
quando la luce è uno stato di confine
e puoi vedere una luna diurna
nel verso rovesciato,
senza alzare gli occhi,

mentre tramonta la notte
con la sua insonnia
in un altrove fatto d’ombra e pioggia,
estremo rifugio d’uccelli
e immagini trascorse,
inghiottite nelle gole ancora chiuse
dei convolvoli.

 

*

La notte ha acceso

La notte ha acceso una candela
tra il pensiero e il sogno
perché non scompaia il volto
e il sorriso alato
come una leggera ombra
dove ripararsi dall’incuria del tempo.

Si mischiano le ore alla polvere
al giro di foglie che riporta l’estate
dentro gli occhi.
Mentre dormi disteso sulla sponda
del tuo fiume
il tuo viso si accampa sul mio cuore.

 

*

Poco sopra le viole

Recisa la notte, denudata
del suo velo nero;
a luci spente vedo salire la vita
inquieta
– realtà vestita di inni –
una migrazione di colori in questa parte 
di cielo.

Le tuie del parco bevono
a una sponda di luce.
Gli occhi ad altezza d’orizzonte misurano
la distanza dal giorno,
il cuore poco sopra le viole.

 

*

Prestami la tua bocca

Prestami la tua bocca 
per dire le parole
– i bambini scalzi hanno la bocca rosa
prossima alla meraviglia.

Dammi le parole sulla lingua
i semi di tutte le parole che conosci
– la voce, il tuo respiro –
Se ti leggo le labbra tra le piccole soste
imparo a memoria un canto
bianco.
Cuore dell’alba.

 

*

Su sfondo verde

Non semplicemente l’alba,
ma un uccello acerbo che parla di lei
con note minime.

Forse accadrà che ci accontenteremo
di una piccola voce distante,
del profilo in tenue luce delle case,
o anche solo di vedere
spuntare nell’erba un fiore,
un quasi nulla su sfondo verde.

 

*

Di notte vieni

Di notte vieni e vagli i miei sogni
come la scorsa pioggia d’aprile.

Non c’è spreco d’ore prossime
né parole da dire apocrife
nel tempo serrato tra i corpi
dimenticando la distanza
con occhi commossi alle acque.

Le voci fuori, un richiamo di stelle.

 

*

Arriva alla gola

Arriva alla gola il cuore
come un torrente risalito,
una stretta.

Voglio fare presto,
nel lento azzurro che sale
trovare il senso.

Scandaglio l’alba e il tempo,
resta il mistero.
Il domani esiste per fede.

 

*

Voglio portare fiori

Andare per cimiteri non è poi così strano.
Continuamente la parabola del giorno
ci depone a occidente, nella conca
dove la luce diviene la cenere delle ore
nel braciere del cielo, in esercizi d’addio.

Sarà la tua voce presente – o forse il sogno –
che mi sospinge lì per guarire il silenzio,
perché una poesia mi accolga ancora.
Forse saprò cosa sono venuta a cercare,
se le parole o la verità su ciò che passa oltre.

A Roma voglio portare fiori alla Rosselli.

 

*

Il pane da lontano

Sorvola quest’alba
come fa l’allodola – o il passero.

Sono il pane da lontano
che sfama l’occhio magro.
Sono l’erba scura e umida  
tra le ginocchia.

Esserci nella distanza,
noi, allattati dal desiderio.
Contiamo case e ville e cancelli
insieme ai nostri anni.

Esserci visti rassicura.
E siamo.
Raccogliamo ancora in larghi bacili
tutte le stelle d’agosto.

 

*

Come dire

Come dire tutto questo?
Sempre più vasto il cielo di marzo
spalancato a voci acute 
di molti uccelli,
e l’oro nascosto nell’erba 
tra miriadi di bocche,
l’ora già prossima al tuo accadere.

Primavera.

 

*

Le splendenti cose

Volteggia l’alba dei piccoli uccelli 
nei comandamenti celesti.
Credo ancora a un’alleanza di piume
a un soccorso di voci per salire.

Scelgo un davanzale da cui vedere
quanto spazio c’è tra il cielo e il cuore.
Per dire che non sono sole 
le splendenti cose inosservate.

 

*

Il ritorno

L’alba mi guarisce dalla notte,
dalla spina dell’assenza
che affama con la sua miseria
premendo in centro al petto.

Il ritorno è segnato da riverberi
e tracce nell’abbraccio del cielo,
fili intrecciati, striature.
La pronuncia della parola vieni.

 

*

L’attesa di Emily

Nasce nell’attesa la parola che dice
la gioia, sul filo sottile delle labbra,
sospesa tra l’origine muta e il nome
amato – tra il cielo e il prato fiorito.

La pazienza è il coraggio dell’assenza,
è la certa speranza del silenzio,
una lingua che sa stupirsi d’un venire.

 

*

Se fosse questo marzo

E se fosse questo marzo
con la sua inquietudine,
il suo ritmo
ancora avaro di fiori
a somigliarci?
O sarà il dolore, le lacrime
trattenute tra le rime
degli occhi
– linguaggio privato –
a dire la tristezza?

Se una cosa ci accomuna
è questo stare
con l’anima trepida
e il fiato corto
domandando il senso
di una primavera che stenta,
alzando al cielo
il nostro contorno di pianto.

 

*

In forma di addio

Il passato è una notte
aperta alle falene
un vorticare
di foglie accartocciate

nelle dolorose ricorrenze
il tuo ricordo
assume sempre la forma
di un addio.

 

*

L’alba che mi dirà ancora

Baciami la fronte
e apri in me la segreta notte,
nei sottopassaggi,
negli anditi del desiderato
sogno
– dolcezza sulle tempie, 
tempesta nelle vene.

Insegnami l’arte,
la tua parola sulla bocca,
fino all’alba che mi dirà ancora
la meraviglia
di cui sono affamata.

 

*

Il nome e la rosa insieme

Benedetto l’inverno che è passato
(cadrà la pioggia, nascerà la viola).
Oh, per carità, ora datemi i fiori
da nominare uno ad uno
– il nome e la rosa insieme.

Voglio solo imparare
la stranezza del volo delle rondini.
Il mio passare per la finestra
aperta su ritagli di cielo, sulle punte
dei pini dove si infila l’anima.

 

*

Un fremito

Un nuovo spiraglio offrirà l’alba
con la sua grazia asprigna,
un fremito,
come un bulbo deciso a fiorire.

Tornerà il mondo e il suo ronzio
nel taglio del vento.
Ed è tutto qui il cielo,
dove l’azzurro si incaglia.
Si alza in volo la mia rondine.

 

*

Quest’acqua che ancora piove

Questacqua che ancora piove
 per poco, per molto 
che fa ricrescere verde lerba,
col tempo i fiori.

È presto e cade
da un angolo sbagliato la luce,
la pioggia e il suo silenzio.
Non so se restare qui
aspettandomi qualcosa.

 

*

Ciò che si ripete

Ieri sera è tornata l’estate
– nel pensiero –
e la luna si è adagiata
sopra il dentro
del cuore che so bello
e vasto quanto il cielo
quando attende un venire.

È dolce anche febbraio
nel segno umano del ritorno.
E a ciò che si ripete
noi crediamo.

 

*

Quasi si avvera l’alba

La notte stringe ancora
coi suoi tralci d’ombra
e assenze
– figure d’alberi e sogni –
al culmine del buio.
Due ali fuggono via
dal davanzale.
Fermo sulle labbra il respiro.
Quasi si avvera l’alba.

 

*

Farfalle di cenere #GiornoMemoria

A Terezín i passeri tacciono.
Piangendo, ancora li vedi
– i bambini –
aggrapparsi a ogni piccola luce,
costruire una casa sull’albero
con gli occhi innocenti
nel tempo indistinto tra l’inverno e i fiori,
smarriti morire
tra la pioggia e il silenzio
portati via – farfalle di cenere –
da un soffio di vento.

 

 

* Theresienstadt (Terezín) è nota per aver concentrato nel campo omonimo i maggiori artisti, il fior fiore degli intellettuali ebrei mitteleuropei, pittori, scrittori, musicisti e una forte presenza di bambini.

Alla fine del conflitto, degli oltre 15.000 bambini di Terezín solo circa 1.800 saranno ancora in vita.

 

*

Dietro i vetri (Alba con giacinto)

Dietro i vetri ancora l’inverno
e l’immaginario dei voli

da una piega del cielo l’alba
partorisce vergine la moltitudine

da una vena di terra il bulbo
metterà al mondo l’azzurra luce.

 

*

Si assottiglia il buio

Si assottiglia il buio fitto
che l’inverno ha posto,
varchi di una chiara certezza
una memoria visitata

la parola è prendersi cura
di una qualche specie di uccelli,
quando portano pagliuzze
e canti di fame e gioia

la casa è l’attesa del ritorno
da trovare dentro gli occhi,
nei braccialetti stretti ai polsi,
se tra le ciglia mi somigli.

 

*

Col passaggio dell’inverno

Gennaio ha un dogma di solitudine,
la vita ne ha bisogno per conoscere
l’attesa, per credere al ritorno.

Tutto non è mai sùbito, c’è pazienza
da vendere nel guardare il cielo
finché canti segni d’alba o metta stelle.

Proprio questo è il punto: che si colmi
il vuoto delle foglie nel legno fermentato
si sconta col passaggio dell’inverno.

 

*

Creatura nuda

La tua voce inconfondibile
– creatura nuda dell’alba –
dolce sulla lingua, essenziale di me,
forma che restituisce al silenzio
la parola, la poesia per rifare
il mondo nel verso più bello
delle foglie che tornano ai rami.

 

*

Trova il tempo

qui si è interrato il nuovo
come un seme piccolo
un bianco sole nascente

l’adesso è memoria e vista
involontaria poesia dell’istante
un sillabario per analfabeti

trova il tempo per annusare
le rose – profonda essenza –
ripeti la liturgia dello sguardo

 

*

Per dire bellezza

Cercare il giusto termine per dire bellezza
con l’ostinazione dei passeri quando scavano 
col becco la terra nei vasi, 
la parola – quella adatta, fuori clausola – 
che spieghi lo splendore mai uguale delle foglie
la loro danza indisciplinata 
sotto un cielo minaccioso di tempesta 
o nella domestica rivoluzione del sole.
Trovare il verbo esatto che non trascuri i silenzi 
nella leva che spoglia i rami come gli anni
mentre tutto va grave al rimbocco della terra.

 

*

Dovrai ancora morire

a mia madre

 

Scrivo attraversando l’autunno:
non c’è verso o pensiero
che non passi, diventando
foglia secca.
Forse dovrebbe piovere
quell’acqua sottile che manca
– le sue mille promesse di verde –
ma vedrò prima l’inverno
e il pane nascosto nel seme,
il tuo corpo stretto dalla neve.
Dovrai ancora morire
negli occhi, lasciare andare
uno sguardo coperto di pianto.

 

*

La quiete del bianco

La quiete del bianco
di una neve distesa su foglie
accasciate
e questo senso di assenza
del conosciuto

non so dire dove andranno
i passeri
su quali confini si poseranno
nell’affanno dell’attesa
di un pane

oggi ogni gesto è devozione
di mani, un’eccedenza
uno spalancamento
possibile
come il cielo talvolta

come una tenue provvidenza.

 

 

28 dicembre 2020 - neve a Milano

 

*

Forse verrà la neve

…forse verrà la neve
e ci stupiremo del bianco
tra i capelli
del bisbiglio affamato
dei passeri

del nostro candido toccare
tra le radici il silenzio.

 

*

Recita per me

Recita per me tutti i miei nomi
con la parola – una semina
tra le pieghe dell’alba.
È richiamo la tua voce
– segno nitidissimo
che lascia sulla pelle
un canto – nell’incanto.

Ascolto:
sono fiore mentre tu mi parli.

 

*

Non sarò lontana

Non sarò lontana dal tuo inverno
disegnato dai gesti diseguali
e immaginati delle foglie,
lì dove i rami mostrano il cielo.

Nei giardini chiusi delle parole
resti in cima ai pensieri, 
nella nudità del tempo e dei corpi,
delle nostre mani posate
distanti da noi,
come in questa mattina
di bassa stagione, quando scrivere
è il solo modo per dirti di me,
nella mia ancora intatta infanzia.

 

*

Ancora il tempo (Monologo d’inverno con uccelli)

Ancora il tempo
ci ha consegnato intero l’inverno
con i pollini diventati neve
e le notti che scivolano presto
lungo i fianchi dei palazzi.
Cortili di nebbia sfumano
i pensieri, del mondo
il finire, il ricominciare.
Conosco il tuo nome
– la tua nascita –
ma ho bisogno della malinconia
delle nenie in canti, della miseria
di dicembre
per sostare tra i ricordi
e leggere la profezia delle sere.
Non dovrebbe stupirci
tutto questo
che poi è accaduto mille volte,
ma non mi rassegno
a occhi che smettono di guardare
dove il nuovo scava
un solco netto, quella piega
che fa luce.
Un’adunanza d’uccelli
ha allontanato il mio sonno,
creature vaganti in cerca di tutto
come anche io so di essere.

 

*

Con la mano all’acqua

Andare con la mano all’acqua
a un tempo di pioggia
a un’insistenza di nuvole.
La tristezza del grigio
che versa goccia su goccia
sarà un rovescio di fronte
se le lacrime non bastano
a ridare il verde alle foglie
in chiaroscuri:
dove lo sguardo si perde
in fondo, la mancanza è attesa.

 

*

Silenziosi e invisibili

Le finestre hanno sfondi
d’alberi e palazzi
sempre meno foglie
e cornici di autunni grigi.

Silenziosi e invisibili
grembi d’acqua piovana
le nuvole e noi
che in disparte attendiamo
il soffitto celeste
dei prossimi tempi, fra le tende
di rovi, acuti e dolci.

 

*

Poi è notte

Ti aspetto nella dolce sera
quando la luce cala
come un’incrinatura di voce.
La piccola luna non ha età.
È improvviso l’amore.
Poi è notte.

 

*

Oltre il cancello

Oltre il cancello un giardino.
Arrampicano le rose legate
– le strenue ultime rose –
Oltre il ferro battuto
un rosso brunito resiste
ai margini stinti.

Si mettono in salvo le parole
tremanti, dall’inverno
da un dire estraneo alla voce.
Oltre il cancello l’altrove del vento.

 

*

Credevamo fosse il vento

Credevamo fosse il vento
che si lamenta tra gli alberi, nel cavo
del corpo.
Eppure sapevamo del dolore degli anni
come una spina arrugginita
nella carne,
della troppa assenza d’acqua:
ogni volto ha la sua ruga,
una smorfia, un vento che segna.

Ma torneranno gli uccelli di passo
a dirci di un bene dimenticato.
La bellezza talvolta è un controluce.
Se già la notte stringe patti di speranza
con il giorno,
forse guariremo.
Mentre scompare l’ultima stella
c’è un assoluto che ne raccoglie i resti.

 

*

I fili sottili dei tuoi capelli

I fili sottili dei tuoi capelli
hanno la fragilità di un’imbastitura
come i confini della pelle
che non riconosci più
quando si fa buio attorno.

Tutta la vita è così
senza difese, con tanti guadi
da attraversare, passando ciechi
da una riva all’altra, andando
stranieri dovunque e a tutto.

 

*

Come l’alba

Come l’alba. Da un soffio
lieve si genera ciò che arde.
Fuori, ogni cosa ripete il senso,
il ritorno. Chiedi agli uccelli.
Per natura, lo slancio del volo
nelle ossa cave, nelle piume.
Così, similmente, noi...

 

*

Erba fradicia

Erba fradicia di luce
l’alba rimargina l’aria consumata
dalla notte.

Venga il canto della pioggia
a noi che conosciamo tutto il bene
dentro l’acqua.

Far conto sui rovesci
d’un tempo invariabilmente uguale:
ecco l’attesa.

 

*

Poco importa

Poco importa delle colature
gialle delle foglie, di colori
che splendono, infuocati,
se gli alberi non reggono la terra,
se non siamo in pace.

La pioggia ha una cantilena
che non convince.
Non fanno rumore i gesti
nei quieti rituali dei morti,
nel loro crudo stare in silenzio.

 

*

Non piango l’assenza

Non piango l’assenza del verde,
ma il tuo volto nascosto per sempre,
questa mancanza in più
come di frutti che cadono a terra.

Sembravano voci i cinguettii
perduti in mezzo alle fronde,
sono diventati memorie per vivere.

Il vento rivendica solo un sussurro,
noi il ricordo dei nomi, la raccolta
di mani insieme alle mani,
i lividi caldi nelle sequenze del cuore.

 

*

Visione terrestre in linea d’ombra

Rare silenziose umane parole
in un tempo discontinuo,
sperduto se ne va lo sguardo
posandosi ora qua ora là
tra gli ultimi ori d’autunno,
cercando una breve meraviglia
e appigli che trattengano
ciò che tremando muore
– visione terrestre in linea d’ombra –

Senza verticale non c’è prodigio.

 

*

Guardare l’alba, il suo viso

Guardare l’alba, il suo viso
pallido di partoriente
toccando luce ovunque
– comunque –
anche se rovescia pioggia
o un sole avvilito.
Nascere o tornare a vivere
è per-dono.

 

*

Guardare le foglie

Guardare le foglie in autunno
è esercitarsi all'abbandono:
ci lasciano le cose, tramonta
la bellezza, si posano stanchi
gli uccelli. E noi lasciamo i fiori
ai morti, sui marmi coi nomi,
i morti che non tornano
nei giorni muti di passaggio,
i fiori che nessuno mai disseta.

Solo i cipressi più alti
hanno confidenza con il cielo.

 

*

Bisbigliami una parola

Bisbigliami una parola distinta
dai silenzi che l’alba porta accanto,
seme di tutte le parole
dentro il fiato delle bocche.
Parola straniera
della straniera terra che mi compone
in tutti i versi
che fa il vento sull’erba, senza sapere
da dove viene e dove va.

Le solitudini non si toccano,
la parola è voce e corpo che supplisce
– essenza, linfa.
Non puoi toccarmi senza dirmi.

 

*

Mi ha svegliato il rumore

Mi ha svegliato il rumore
del cielo caduto in frantumi.
Hanno abbaiato i cani,
gli uccelli stanno nascosti.

Questa abitudine di scrivere
l’autunno partorisce assenze
e distacchi. Piccole solitudini.

Quanti sono i miei anni?
Forse non lascerò impronte
quando andrò via.
Mi mancheranno le foglie.

 

*

Ogni rovescio di foglia

Scruto ogni rovescio di foglia
 ogni mutato colore che fa luce
sui rami ad ottobre 
e ancora poco so dell’autunno,
di quello a cui siamo assegnati:
un riparo, altrove, non qui.

 

*

Quelli che diciamo andati

È un espatrio di foglie
l’autunno,
in un vento che sfronda
il cielo;

solo gli uccelli che restano
traducono
l’aria in versi conosciuti,
 una scrittura le loro scie 
 
mentre qui si fa la conta
degli assenti,
quelli che diciamo andati,
i giorni.

 

*

Ti sei accorto

Ti sei accorto dell’autunno,
delle foglie che hanno un verso steso?
La vista ha un limite sensibile nell’oscuro
mistero della notte,
eppure teneramente nasce
ogni giorno che viene
amando la fragilità della carne,
delle foglievive nei tappeti d’amore.
Dolore è il disseccare dei margini
nel vivo del sangue,
quando si sceglie di ricordare
tutte le cose che tramontano nel rosso,
come le rose.

 

*

Ancora non distese ali

Il crescente autunno insegna
come si inclina la luce
nella sera senza tregue
e la nostra origine straniera.

Qui si coltiva la speranza
come i campi da arare,
qui e altrove
tra le foglie ancora non distese ali.

 

*

L’alba ha un silenzio

L’alba ha un silenzio
che protegge
la schiettezza della luce
e le mie spalle
curve d’autunno
nella sveltezza del tempo.

Questa carta
è un ospizio di parole
e foglie gialle
la prova che scrivo
poco o tutto
e il tremare dell’ombra.

 

*

Se all’improvviso

Se all'improvviso
non viene la parola, resta il pensiero
di finestre alte affacciate
sull’oro delle foglie in controluce,
del vento che smuove l’aria
lucida d’ottobre
e nei cavedi sospinge quelle secche.

Si abbassa il cielo dell’autunno
per gli uccelli e le partenze,
l’aria azzurra e profonda, senza fine
e così vicina da toccarci...

 

*

Lascia che ti porti

   Dedicata

 

Lascia che ti porti con me
dentro l’autunno,
ora che l’estate ha lasciato
il posto ad altro stupore.
Posa la tua mano di foglia
tra il costato e il respiro,
lì dove preme il battito
che ci ripete il cielo.

Ci toglieremo le piume
per restare, quando gli uccelli
navigano il cielo intero
e nulla lasciano d’intentato.
Saremo pioggia di verde
trasfigurato in oro,
appoggiate le schiene,
i respiri alti sopra i rami.

 

*

Liberammo le nostre foglie

Liberammo le nostre foglie
di carta nell’autunno:
l'ora d’oro rosso ci chiamava.
Parole accese
sulle labbra
negli occhi i semi di stelle
che l’estate aveva sparso.
Fummo senza nome
un tempo, ma non più.
Noi eravamo fiori
di cielo, una forma di gioia
luminosa
attecchita sulla nostra tristezza.

 

*

Obbedisce all’autunno

Obbedisce all'autunno il desiderio
che brucia come febbre
e l'arrossire delle foglie
nello smosso d'aria tra i rami
nel lascito di tante partenze
di ali distese al vento
non più qui.

Ancora piccoli fiori nell'erba
le parole
siano benedette se portano
a vedere il cielo
spingendo in alto le assenze
e il tempo
ciò che con accordi diversi
sempre si versa e si riversa uguale.

 

 

Nota: la musica di sottofondo alla lettura è tratta dal web 

Hauser: 'Alone, Together' from Dubrovnik

 

*

Lascia i tuoi occhi

Lascia i tuoi occhi sulla mia bocca
per imparare l'amore quando si tace
– come si deve –

Le parole hanno bisogno
di suoni, i corpi di essere pelle.
Le rose chiedono carezze d'acqua.

 

*

Consolazione

C’è un piccolo uccello sul davanzale,
spalanca il becco, dice la sua poesia:
è un canto, un filo di voce che va
da una ringhiera all’altra
proprio lì dove ogni mattina stendo
ad asciugare le lacrime della notte.

 

*

Un soffio di vento

Ancora non tramonta la luna
e scrivere è il rito
iniziatico
soffiato nella bocca agli infanti
è vedere
il tuo corpo
seguire la linea dei fianchi
fino a saperti.

Cerco un soffio di vento
che si insinui tra le grate
che ci sollevi
come le ali degli uccelli
che vanno in un punto
irraggiungibile
agli occhi.

Abitare l’altrove ci restituisce
vivi al presente
a quell’adesso di sguardi
e di mani
che fa di ogni parola una casa
degli occhi un destino.

 

*

Tutto ha un posto

Tutto ha un suo posto
anche la sera che si 
raccoglie
n
el silenzio delle cose
quando il buio smargina
la 
terra su cui cade

udiluirsi di luci al tramonto
profonda radice dellimperiosa notte.

 

*

Non so descriverti

Non so descriverti il verde buio del bosco 
e nemmeno l’agosto caldo e spoglio 
di quest’anno incomprensibile.
Dovrei usare suoni non appropriati
al canto delle miriadi di piccoli uccelli 
venuti a rallegrare il mio tempo interiore.
Sarebbe un peccato sprecare i segni
con la tristezza incisa nella memoria.
Solo vorrei un profondo scambio d’amore.

 

*

Il nostro passare

Non fioriranno più le montagne
dei tuoi sguardi,
non daranno dopo la pioggia quel profumo acuto
gli abeti senza colpa,
troppa la tua fretta d’andartene,
di scavalcare i calendari futuri.
Oggi il cuore è da rifare.
Non chiede se non continuare a fare
una strada verso il mondo e la sua capienza
di alberi, stelle e uccelli – nostra parentela –
e vicoli di passaggio da percorrere interi.
Paesaggio amato, il nostro passare.

 

*

Vorremmo a sera

Vorremmo a sera fare ordine
tra i libri e le foglie
nell’aria appassita, allineare le ore
in cui le domande si accrescono,
sistemare il tavolo
e ascoltare l’umile melodia
senza strepiti del tramonto.

Congedarsi è un tempo lentissimo
con rami di poche parole
e i gerani ai balconi
ancora rossi nelle prime ombre.

 

*

Sarà il lieve malore

Sarà il lieve malore di lasciare casa
le poche voci nelle strade
i fruscii delle tende spostate dal vento
o forse l’infelicità di non poter più dire.

C’è un senso di abbandono nell’erba
nel passaggio da un cielo a un altro
le finestre chiuse su una ferita d’aria.
Solo le rose a guardia del presente. 

 

*

Mare e poi cielo

Quando avrò imparato a memoria
il nome degli alberi,
degli uccelli conoscerò tutti i voli.

Saprò che parte del reale salda a terra
e quale si fa pioggia, inondazione,
mare e poi cielo.

 

*

Nutrimento primo della voce

La solitudine nasce nella notte
tra le mani rimaste
senza le parole
– fuochi accesi nel buio –
il loro suono inconfondibile
che varca lo spazio
della lontananza.

Nei capelli poco prima del chiaro
il bisogno delle dita
di carezze
dei nostri fiati nel respiro unico
quando guardo questo cielo d'alba
come a un manto che ci copre
con il senso
del dire o del non dire.
Nutrimento primo della voce.

*

Basterà il giallo

Per dire di oggi basterà il giallo
che fa dell'estate una stagione perenne
e le labbra digiune d'acqua.
Di me capirai il desiderio
dentro gli occhi, sulle mani ardenti
l'attesa della pioggia
estrema carità accordata ai fili d'erba.

*

Kintsugi

Scopri le fratture sul corpo
le ferite da rimarginare, le piaghe.
Quel tuo corpo è il mio
– coppa scheggiata –
quel sacro corpo che lacrima
anima che nel sonno impara l’abbandono.
D’oro vorrei i sigilli
liquide vene nei polsi
alle tempie, i solchi riempiti da vivo
splendore.
Se esiste il miracolo, è questo.
Se esiste il miracolo, è oro tra le dita.

 

*

Tu, Amore

Tu, mio pensiero
                           notturno
nella fioritura della rosa

ferita dell’alba
acqua nel palmo
                        trasparente

bellezza del vuoto
                        e del pieno
delle cose nate
interminato viaggio.

Amore.

 

*

Sul ramo nudo cercare

Sul ramo nudo cercare
il punto d’origine delle foglie
o delle onde sorvegliare
il nascere dell’increspatura,
la schiuma bianca
di un’infanzia ventilata
che ci spingeva oltre da qui,
un modo per fuggire la sponda
arida del dolore
quando non viene la pioggia
(o l’amore) a consolare.

 

*

Mi prendi in braccio

Ancora l’alba spande i suoni
della vita vegliata
nelle piccole ore di quiete.

Tu sei già qui
e mi prendi in braccio
come una donna piccola
– appena nata –
da allattare con le tue parole.

Se mi tocchi la bocca
col respiro
parlerò la lingua dell’estate
quella che sanno gli alberi
e gli uccelli e in cielo
le nuvole quando migrano.

 

*

Il tuo essermi padre

In tutto questo bianco di muri asettici,
di lenzuola sterili stese
sull'umidità del corpo stanco
dal dolore - la fame e la sete -
guardo i tuoi occhi di prato verde,
senza nuvole,
con quella luce oltreconfine
che pare la mia stessa.
Non c'è moneta che possa pagare di più
del tuo essermi padre.
Ti tengo nella stanza più segreta
una mano sulla fronte,
per questa figliolanza mai dimenticata
che così grande forse non sapevo di avere.

 

*

Orizzonte chiaro

Imprevista alba la tua voce
mi attraversa, la tua mano
senza più attesa mi percorre
un fiato leggero sulla pelle.

Dove sei – a volte ti domando –
per immaginarti, per trovarti
cielo negli spazi tra le foglie
orizzonte chiaro dei miei occhi.

 

*

Quando viene l’alba

Quando viene l'alba che separa
– le cose dal nulla, la notte dal giorno –
tu vieni a farmi intera.

 

*

Mentre piove l’alba

Mentre piove l’alba d’estate
imbastisco poche righe chiare
– segni minuscoli, scalzi –

ti parleranno delle spine bagnate
dell’euforbia,
di lacrime che lavano il viso
e le mani
e le ferite nel pianto della resina…

 

*

Il respiro a sigillo

L’alba torna per ricordarci
quanto chiaro hanno gli occhi
anche quando è sera
e il posto dove posare le mani.

Sale sulla pelle un filo d’aria
ci accarezza senza disturbare
quello che nell’intimità accade,
la voce, il respiro a sigillo.

 

*

Terrapieni e viole

 a Patrick Kavanagh
e ai suoi terrapieni di acetosella


Ti ho portato a vedere
le altitudini
dove è usanza
immaginare i morti

dove la pioggia
si scioglie con la tristezza
e straripa
nella conca delle mani
fino alla gola aperta
dei fiori,
nei gusci
nei nidi

una pietà
che fa salvi
i terrapieni, gli orti di confine
le viole.

 

*

Come non dormono i poeti

Questo lutto serale che vede
consumarsi
in
 essenze di meraviglia
la luce,

mi rovescia gli occhi
e li interra
 nel solco della notte
come talenti da 
conservare
intatti,

che non vadano smarriti
cercandoti
dove non riposi icapo,
come non dormono i poeti
e tutta la stirpe
degli esseri che 
hanno ali.

 

*

Se mi chino

Se mi chino a toccare terra
con le ginocchia stanche,
fradice,
sento frusciare le spighe
d'erba
dove si spandono i soffioni,
il rumore della radice
che affonda.

Resta a misura di una pioggia
e del fango
il mio stare
nel dialogo tra alto e basso
che fa di ogni fiore un giardino
e di un'aria di cielo
la spartizione delle nuvole,
dei rami
di poche parole
il crescere di un bosco.

 

*

Tutto il verde

Metto a dimora un'azalea,
come quando si semina una speranza
quieta
o un respiro
che somigli appena a una preghiera
affidata
al passaggio delle nuvole.

Sapere cosa veramente dura
oltre l'alba infante,
dando margine al vento
e al seme,
se darà fiori da radici sottili,
come l'erba
che mi ricorda tutto il verde che c'è.

 

*

Pensieri-uccelli

arrivano e poi se ne vanno in un batter d'ali
senza lasciare traccia
se non un'ombra rimasta nella coda dell'occhio

fuggono verso luoghi che non conosciamo

come fossero i nostri anni spesi
semi in cerca di una terra dove ancora fiorire

li vediamo andare oltre i nostri confini
allargandoci gli occhi
portandoli ad altezza d'infinito

 

*

Mi canti nella bocca

mi canti nella bocca
la tua estate,
la rotta 
ariosa delle nuvole
sopra 
la bonaccia,
l
assolato sogno
che si mostra intero
 sempre luminoso 

il fabbricare delle api
dentro il favo,
una febbrile danza

che va da fi
ore a fiore,
nellombra della sera
il lusso 
concesso della rosa
 il suo profumo 

 

*

Eppure danzo

Cosa sa di noi
la rosa indecifrabile
nella luce
che ci sfugge?
Cosa ne sanno dell’amore
i cieli segnati
d'ali
di nuvole passanti 
e rondini?

È muta la sera
come un’espiazione
di troppe parole
uno sguardo
lento
che si allunga
sul limpido tramonto.

Sono immobile, eppure danzo.

 

*

Amo tutti i nomi

Abbiamo avuto in dote la gioia
insieme la pena
un desiderio che non cede,
non sfuma nellocchio
d
un tempo singolare.
Cosa cè stato di mio nel tuo?

So che se potessimo voleremmo
d
abbracci
saremmo come i sorrisi
quando nascono 
 icentuplo in terra 

Selacqua nella bocca di chi ha sete,
il laccio stretto 
al mio polso e il sollievo.
Rimani la mirra appoggiata 
sul respiro.
Amo tutti i nomi che mi hai destinato.

 

*

Arrossano i boccioli

...tutta questa vita screziata
è una gloria d'acqua risentita
nei corsi di maggio

dentro il richiamo delle sere
umide nella danza sospesa
del glicine
o il tremore di labbra sulla fronte
per cui alzarsi
a trascurare le notti

timide
arrossano i boccioli le rose.

 

*

Mossa

Lvita alla porta
senza rimedio

come un lavorio lento
dapi

tiene banco
leccelso pieno dellestate
 interminati spazi
del giallo nell
erba 

la gioia è una fontana 
che brilla

                           mossa.

 

*

Non ho visto i liriodendri

Le voci si indovinano
degli uccelli
in un silenzioso stare
che consuma il tempo
nella dipartita della primavera.
Non ho visto fiorire

i liriodendri
alla conca del mercato
dismesso
ogni evento di strada.
Si sono persi i giorni variopinti
e bradi delle passeggiate
ospiti dentro stanze
voraci di misure
a preparare le buone maniere
degli incontri.
Fuori
la straripante pretesa
dell’amore sprecato.

 

 

Nota: la musica di sottofondo alla lettura è tratta dal web 

Juan Antonio Vargas y Guzman - sonata VIII per chitarra

 

*

Se mi guardi

dedicata

 

Sempre se mi guardi
sono nuda

tche con carezze
navighi londa dei miei capelli
e i pallidi stagni dei miei occhi
riempi 
di vita tua.

 

*

Il cielo fa la spola

L'alba ha infiniti passaggi,
porte invisibili
dove il cielo fa la spola
tra la stanza
e il glicine,
incessantemente
si attorciglia alla vita
a questo minuto concreto.

E io che non so nulla
se non il verso
dei passeri
e i fiori annegati
nel verde,
vorrei annusare dalle tue mani
il profumo del mattino,
la piccola aria che respiro,
la tua voce.

 

*

L’anima imita i fiori

Dalla bocca butta
un canto
verde
un getto
come all'orchidea
che non sai se sia radice
o stelo
fino all'inarcarsi
salendo
un poco soltanto più scuro
il tono
cercando in cielo
la conferma
del fiore.

 

*

Ianua coeli

Responsorio il canto solo
scambiato
coi fringuelli –
naturale voce che non si dà
per vinta.

Come uccello di confine
carteggio in cielo nuovi voli –
parabole
minime scritture
sacre.

Trattengo un verso nella gola –
parentela d’infinito.
Sarà giusto farne uso?

Che misura hanno le mie ali?

 

*

Solo noi siamo rimasti

La stagione è andata avanti
coi fiori dolci
 nascondigli delle api 
e le uova azzurrine dei merli.

Solo noi siamo rimasti
come alberi ancora ingombri
delle foglie secche,
dietro vetri
in stanze troppo strette
a comprenderci,
ammalandoci di luce
il poco che basta per dire oggi.

Ogni giorno spostiamo in là
il domani
e non parliamo più del tempo.
Riposti gli orizzonti,
con le parole facciamo una culla
per la notte scura.
E la luna, madre di costellazioni,
si fa a noi più grande.
Vicina.

 


Nota: la musica di sottofondo alla lettura è tratta dal web 

Giuseppe Tartini – Concerto in Re maggiore per violoncello e orchestra

 

 

*

Arso legno

“Il cervo è dato ai denti dei cani”

 (François Mauriac)

 

Tutto è compiuto, giunta l’ora
terribile che raggela il cuore.
La pretesa umana ha consumato
il crimine, ha spento l’incendio.
Straziato il corpo, della gola
ammutolito il grido e chiuso
l’imbocco, messa la pietra a sigillo.
Niente più osa varcare il silenzio.
E noi... come formiche disperse
intorno ad arso legno ormai freddo.

 

*

Restando noi

Mi attengo ai fatti variando
il punto di vista
la sommità da cui mi sporgo
per vedere gli alberi fermi
fiorire

e in basso il grido minuto
dell’erba che rimane
per terra
anche quando il vento la implora

non si snoda da qui la strada
ora che nessuno la percorre

perché le cose stanno così
restando noi vivi.

 

*

Sono pochi i luoghi

Sono pochi i luoghi
dove non nidifica la primavera.
La speranza è in questa terra,
nel suo aprirsi a chi la sfiora per caso,  
come un’aurora
o un seme.
Come un perdono.
 
Io vorrei dismettere la mia pelle secca,
avere nuove foglie da indossare
– magari colori –
e una voce,
il suo saper migrare oltre,
ma c’è un silenzio
da custodire
e la presa in carico del dolore.

 

*

Innaffio i fiori

Innaffio i fiori
la giusta dose d'acqua quotidiana
quanta ne prende la terra
non di più.
Una sola misura
per due di farina nell'impasto
come il respiro profondo
a gonfiare il petto
non si può oltre il giusto.
Vorremmo tutto e altro ancora
qui dove manca
lo sguardo
per quanto lo si spinga tra le case
strette, vicine
che s'appoggiano l'una all'altra
quasi a dire il modo
di stare
e forse basta già il dato e guardare
il poco o il molto
quanto avremo in questo giorno
che non sappiamo.

 

*

Uno spreco d’acqua

Vola via il piccolo uccello
venuto a beccare nella terra dei vasi
come da una ciotola di riso
dolce offerto ai poveri.

Siamo dentro una malinconica distanza.

Uno spreco d’acqua ha germogliato il selciato
– un tarassaco da marciapiede –
e le mie primule
così vicine alle cose quotidiane.

 

*

Ho ripreso a leggere

…che vi è di nuovo in tutto questo,
oh me, oh vita !

Risposta:

Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continui,
e che tu puoi contribuire con un verso.

- Walt Whitman -

 

Sui rami della betulla
improvvisamente le foglie.
Ovunque ormai la primavera
non è più una cosa ricordata.
Ho ripreso a leggere Whitman.
Credo in te, anima mia…
sorella dell’infinitamente altro.

Ignoro a quanto ammontino le perdite
e quali i perché confusi
nelle pieghe delle solitudini domestiche.
Tutto si tiene nell’amore.
Un’ape accorta si è fermata sui giacinti.
La magnolia fiorisce a oltranza.

 

*

Il cielo è solo

Sarà ancora la primavera
prossima di fiori e altri splendori
e un convento d’api?


I carrubi della piazza
hanno lunghi baccelli scuri.
I bambini giocano ovunque
con niente,
scherzano con la lucida solitudine
dell’acqua.
Bisbiglia tra le gramigne
e il favagello
solo un brivido di vento.
Tutto è quasi un nonnulla ignorato
di bellezza.


Le piccole cose sono piccole cose.
Senza, il cielo è solo.

 

 

*

Più luce

Uscire dalla porta come prima
senza incertezze né distanze.
La mattina è solo un altro bollettino.
Ci sono i fiori ma non li frequento
e l’assenza fa ricordare la bellezza.

Reclamo le mani, un legame saldo
che mi ricongiunga al tutto,
non questa volontaria rinuncia
che precipita le cose nel silenzio
di un respiro che si abbrevia.

È come quando cala lenta la sera
e si vorrebbe più luce.

 

 

4 marzo 2020 - tempo di lentezza e solitudine

 

*

Ore acerbe

Nel cuore della camelia
ci sono stanze tutte da percorrere
con le dita
in margini d'erbari vivi
e misteri
infiniti se il cielo è uno spazio
senza cancelli
dove sconfinano gli uccelli e i respiri
dei biancospini
in queste ore acerbe di luce
e di primavera.

 

*

A piazzale Baracca

In quell’angolo di piazza
dove vendono fiori ai passanti
torneranno gli anemoni
viola nei vasi
tra i ricordi in cui ancora mi perdo
di tempo in tempo
un profumo diffuso nell’aria
essenziale
e una forma che si addensa
nella memoria
– parola insillabata –
un canto già di primavera
una lingua imparata che riconosco.

 

*

Oltre i tetti

Oltre i tetti
l’andare e venire degli uccelli
e scie d’aerei si incrociano
in un cielo dissestato
– quasi un rammendo malfatto –

Troppo stretto tra i palazzi
quest’alito di sera.

Un filo rosso mi attraversa
– residuo della quotidianità –
sullo sfondo
un’illuminazione che pur spegnendosi
ancora abbaglia.

 

*

Sapendo di trovarsi

Nel rifugio di compieta
il mio cuore è ancora un uccello
che canta
sebbene la sera,
un usignolo
venuto a fare il nido nell’orecchio buono
in cerca di una terra lontana.

Basterebbe sentirlo
il vuoto dell’assenza
– portarne in due il peso –
la mancanza
di ciò che morendo nella piega del mondo
ci consuma gli occhi e le parole,
abbandonarsi al buio
sapendo di trovarsi.

 

*

Poesia dell’assenza

Febbraio porta un vuoto
tra le mani
– mese avaro –
e nelle vene il pulsare d’un ricordo
che ferma il respiro.

È violenza quel rosso disperso
dei tramonti
tra i vasi spogliati
delle rose,
poesia crudele dell’assenza.

 

*

Nel posto semplice

Il cielo lassù,
io lì sotto, in basso a destra
– perfetta distanza, doverosa –
nel posto semplice
dove mi hai lasciata,
tra i tuoi gerani amati
fino a sera
ora rossi fiori d'altre latitudini.

 

*

Esistenza in vita

Infine ha piovuto e forse pioverà
ancora, in questo tempo di malinconia
e di nebbia,
in un’ora tarda che smonta
ormai spoglia di luce.

Eppure in questo palmo di terra
– mio corpo e dimora –
fertile mi ha resa un’altra semina,
un fidanzamento di sguardi,
un’impensata rinascita,
quel battito
– nascosto nei pensieri –
così prossimo al respiro delle rose.
Una nuova prova di esistenza in vita.

 

*

Il tuo silenzio

Se così fosse, il tuo silenzio 
aprirebbe improvvisa
una faglia dentro il mio corpo,
uno smembramento, una scissione.
Tutto andrebbe in pezzi.
Le mani, il cuore, i fianchi
:
continenti alla deriva
.
Il pensiero, la voce, il viso,
gli occhi e le palpebre
dove, a che distanza da me
 stessa?
Più nessuna notizia di me qui
 sui giornali del mattino.

 

*

Ancora non sappiamo quando

Ancora non sappiamo quando,
come accadrà,
troppo pochi indizi
e il disarmante nulla dell’inverno
che il vento ha trasportato
a suo piacere.

Forse basterebbe domandare
– tu che fai, primavera? –
senza una risposta,
ma solo quell’inquieto stare dei bambini
che non vogliono dormire
la vigilia di Natale.

Stare.
Finché qualcosa in un filo di luce
colpirà il nostro occhio inetto,
quando saranno i fiori
ormai aperti
l’impeccabile riscontro
e andremo a dormire scordando
cosa abbiamo atteso.

 

*

Ancora è gennaio

Da quest’erba viene la vita,
dalla terra, dalle foglie
cadute e rinate.
Oh, gli anni trascorsi,
quelli che hai, che abbiamo!
Tutto torna nelle vene
degli alberi
– linfa dov’è vuoto tra le mani,
curvo, nella conca dei palmi –
anche se nulla è qui
adesso
nel colore sfumato della sera.
Ancora è gennaio.

 

*

Raccoglievi la brina

Con le mani raccoglievi la brina
nel palmo del dolore
tra la dafne fiorita e gli ellebori,
dove l’orizzonte non ha case
tra gli occhi e l’infinito.

Sei andata oltre con la pazienza
del giorno che succede al giorno.
Era l’inverno delle cose chiare
– la neve rimasta appesa ai rami –
e ti sei fatta piccola, così piccola...

Ma cresci ancora, madre mia,
cresci nel cuore rosso dei gerani,
tra i fiori a cui parlavi come a figli.

Continuano a durare le tue rose.

 

*

Frammento prima della sera

forse ora dovrei scrivere dei versi
quanti bastano a dirti 
come finisce il giorno
nel filo rosso 
dentro gli occhi
consumandosi nel fuoco come brace
mentre mendica 
un ultimo canto d’uccelli
un
a voce soltanto udita nel tantissimo orizzonte...

 

*

In luci di addii

Si soffre della gioia

– della vita –

il troppo breve passare

come di uccelli 

tra i rami

sfogliati nella stagione 

che tutto consegna

in luci di addii.

 

*

Dire dell’inverno

Dire dell’inverno e degli alberi
del pensiero di vento che li a
ttraversa
e la luce sul tremore dell’erba.

Dire dei cieli chiari appoggiati sui rami
del seme di neve
che abiterà nel cuore dei frutti.

Con le stesse parole non tacere il miracolo 
leggero come l’ala di un passero
umile apparenza nel fiato di bestie.

 

Santo Natale 2019

 

*

Biglietto d’auguri per Natale

painted by Dawn Stacey - dal web

 

La neve, si dice, verrà presto.
Tu mandami un biglietto
per Natale.
Vorrei quei biglietti dai colori chiari
– niente oro e argento, 
neanche il rosso –
amo quelli con le tinte più sfumate 
dei paesaggi che immaginano l’inverno.
E un volo di cigni bianchi
in alto
appena sopra l’orizzonte
sopra i nidi abbandonati
dall’autunno
sugli sterpi resi rigidi dal gelo.
Scrivilo per tempo
che mi giunga nella Notte 
alla Vigilia

quando 
ogni cosa ha il trepido stupore
dell’attesa.

Sarà come sentire la tua voce
pronunciare la promessa che nulla 
più ci mancherà 
domani.


Cura tutte le parole
trattienile un poco sulla lingua, scaldale
col fiato della bocca.
Lo sai che come me soffrono il freddo.

 

*

Come i rami sciolti

Sono qui i passeri del mattino
sul davanzale beccano
poche briciole
e un ricordo di neve.
Basta l’aria alle gole, alle voci:
è la natura degli uccelli
essere canto senza domanda.

Questo battere d’ali da niente,
il brivido che attraversa la pelle
fin dove trova riparo
il silenzio,
serve come i rami sciolti
dalle foglie
a meravigliarci dell’inverno.

*

Un sentimento lieve

Il tremare estenuato delle foglie,

gli alberi soli 

– radici impastate d’acqua e terra –

col vento tra i rami

la stagione si riprende il silenzio

che le spetta.

 

Non resta che indugiare

nel tramonto segnato appena

di fragili stupori.

 

Comprendere 

la necessità di una sola poesia

è un sentimento lieve,

 

in fine un abbandono.

 

*

Allude alle rose

Piove, niente di nuovo.
È un mondo avviluppato
di rampicanti spogli e sterpi.
E quelle fioriture autunnali
- verticali, fragili -
da portare in salvo.

Devo a te, l’esiguo lembo
tra la casa e il cielo, ciò che lega
la foglia al ramo con venature
fin dentro al cuore.
Cosa vuoi che scriva?
Cerco il dettaglio che m'innamora,
che ancora allude alle rose.

 

*

Da qualche parte

Da qualche parte, come qui,
è autunno: le foglie disperse
la pioggia e un minuto di sole.

Altrove e qui sono lunghe
come scale antiche le memorie
e le ombre parlano ai vivi.
 
Ti scrivo e il silenzio si annida
tra i rami, si bagnano le parole
qui dove sono, lì dove sei.

 

*

Foglia d’autunno

È notte, finché non odo
il verso
dei passeri, la lingua
presa a prestito dall'alba
per dire il colore
del cielo

 

dove la luce viene
irrevocabile
fa nel movimento l'intaglio
del mondo
cominciamento, traccia
d'alberi e foglie

sono foglia anch'io, ardente
d'autunno.

 

*

Nell’infermità dell’autunno

I palmi rivolti alla sera
alla solitudine di palpebre chiuse
e scrosci di pioggia

nell’infermità dell’autunno
si infilano i giorni
come perle di legno che cingono
i polsi

losanghe di luce al tramonto
scie nere d’uccelli
qualche ignoto passante che si perde
per via

la notte acquattata tra le foglie cadute.

 

*

Ancora cogliere fiori

Tutta la vita in queste righe 

d’aria tra segno e segno.

In una scrittura lieve

la forma della rosa.

Nulla resta dentro il solco

a noi stranieri in questa terra

– qualche traccia sulla carta

pochi versi detti sottovoce –

se non curiamo le parole.

Ciò che non ami non dura.

Dirlo e ancora cogliere fiori.

 

*

Sui pensieri quel bianco

Come allora torna novembre
– senza malanimo –
disegnando i tuoi paesaggi
in luce fioca
e spoliazione.

Forse ancora non so
- ti dico -
non ho compreso
che l’assenza non è questo abbandono
di foglie
o un silenzio di parole
– semenza d’inverno –
ma sui pensieri quel bianco eterno
di neve
di pietra
che più non rende forma.

 

*

Il brulicare infinito

 

   L’universo è un fatto piccolo

Basterebbe una leggera curvatura
della schiena, chinarsi,
accarezzare i fili d’erba di novembre,
in silenzio,
ascoltando tra la ruggine di foglie
un vento mai di poco conto
o un canto tra le righe della pioggia.
Curare delle rose rampicanti
la crescita lenta lungo i muri, tra le crepe.
Riconoscere l’infinitesimo, trascurabile,
nutrito di polvere e di fango,
il brulicare infinito
che nella zolla muove l’universo intero.

 

*

Con le mani nude

Con le mani nude 
nella terra scura
all’invaso dei bulbi

per un attimo ho sentito
l’
autunno nelle dita
l’imbrunire dentro il verde

poi il grigio
ad infoltire il cielo

e le intuite piogge.

 

*

Come un’annotazione

In giorni fatti come questo
odo il pianto tenue del legno
– esodo di foglie –
una continua cantilena
che recita agli alberi la nudità,
l’assenza prossima in luoghi comuni
 
in tanto rosso che torna, torna
a sbiadire il verde sempre. Torna
nel segno estremo del tramonto
– a un tratto acceso –
come un’annotazione
per mai dimenticare la bellezza.

 

*

A motivo dell’autunno

A motivo dell’autunno

torna nelle foglie l’oro

il lato nascosto delle pagine

una lingua silenziosa

la parola essenziale del commiato.

 

Il verde ha segni inguaribili

macchie rosse come stimmate

inchiostro sciolto sui palmi

una scrittura imprecisa.

Gli uccelli trovano altre vie.

 

*

Migrazioni

Sono pur vere queste mattine, 
la costanza del cielo malgrado la pioggia.
Io seguo le vie degli uccelli
e le nuvole mi conoscono bene.
Se ne va la rondine
a rivedere i confini dell’Africa.
Resta qui la mia parte terrena
– in questa casa d’autunno –
con la caparbia impronta del volo,
nel distacco di foglie abituate al vento.

 

*

Ritrovo le parole

Quando mi accovaccio sulle gambe
e faccio il verso agli uccelli domestici
o respiro nel respiro di un bacio
in braccio a un dormiveglia

allora ritrovo le parole che sfamano
briciole sparse sul davanzale
e un'avvisaglia di luce attesa al mattino
risposta perfetta al mio bisogno di cielo.

 

*

Un ricordo d’azzurro

Oltre i vetri un lieve maltempo 
– io coi miei nuovi malanni –
soltanto un ricordo d’azzurro
precipitato nei 
fiori dellipomea.
Presto mancherà anche il verde.
Forse per vie misteriose
di sottilissima cura
qualcuno raccoglierà i petali sparsi
delle rose inchinate,
quasi come si guarisce l’infelicità 
di parole non dettedi poesie 
abbandonate che più non si leggono.

 

*

Voglia di pioggia

Milano è asciutta.
Volere la pioggia mette la sete.
È affidato a settembre
spegnere i fuochi d’estate.
Dice chi ha fede
che il tempo cambi domani,
ma il bisogno di piovere è oggi.
Basterebbero lacrime
o anche solo un presagio
da una breve mossa di vento.
Sono donna d’acqua, lo sai.
Tu dentro me sei diluvio.

 

*

Di certi luoghi

Di certi luoghi conosci
le storie.
Io non so se questo posto
mi appartenga,
se sia mio o di altri,
sommerso da vite già state.
La vita divora le cose
che mai farai in tempo
ad amare
se non t’affretti.
Per questo ti amo
dalla distanza, quando
mi aspetta la sera,
da dove sempre mi manchi.

 

*

Dentro ogni giorno d’attesa

Svegliarmi ancora al buio

e amarti da lontano

tra il lamento infantile 

dei gatti 

e la sfumatura rosa 

che sale sui tetti

quando l’alba si apre

sul letto di un’altra notte

 

e parlare con te

come fa il vento che incontra

le foglie 

verdi del bosco

pensare a te – il desiderato –

che quando non vieni 

si ferma il tempo

dentro ogni giorno d’attesa.

 

*

Ti direi delle foglie

Arriva fin qui l’odore di pioggia
mentre ancora è nascosta nel bosco:
le volpi corrono, gli uccelli tacciono
e le montagne, mio cuore,
le montagne hanno pesi di nuvole.
Se fosse sera ti leggerei un libro
che racconti l’infanzia
che nulla sospetta del nulla
e sa immaginare com’è il Paradiso.

Se fosse autunno ti direi delle foglie.

 

*

Delle rose l’appassire

Il tempo spoglia
con uno sgarbo di pioggia
a disperdere i petali
– o un vento avido
che toglie e non rende –

 

Primavera è già stata
coi suoi unici fiori
addosso cadrà l’addio
delle foglie.
Delle rose è l’appassire
d’essenza solo un respiro.

 

*

Tra le dita di un saluto

Rivedo la bellezza
tua propria
nella controluce del sole
– alba d’agosto –

Sei qui solo per me
evocata dal tempo
dal luogo.

Tu dolorosa assenza
– spina della rosa –
tu ora chiarore
tra le dita di un saluto.

 

*

Nostalgia

Arriva l’alba, lascio
tutta l’insonnia sul davanzale
come fuori si lega un cavallo
che ha corso
poso lì l’andare dei pensieri
e il loro affannarsi
dentro il silenzio delle stelle

 

tengo per me la nostalgia
– cura dell’assenza –
qualcosa come una garza lieve
stesa sulla ferita

 

conto gli anelli degli alberi
per misurare il tempo passato
per sapere del ritorno.

 

*

L’aria dell’alba

È limpida l’aria dell’alba, 
netta.
Niente di ciò che è stata la notte
è rimasto.
Le finestre di fronte aperte
o ancora chiuse
sono segni che raccontano.
È un dono credere
a quello che appare.
Tra poco tutto si aprirà, si farà
luce e suono.
Io non ho più sonno.

 

*

Appena un cenno

Appena un cenno di canto
del piccolo uccello
una ripresa timida 
della pioggia 
– poche larghe gocce
sui tetti –

solo un accenno di voci
incerte se durare.

 

*

Sono rondini

Stamattina sono rondini,
una traccia scura nel cielo
sul ciglio bianco dell’alba.
A desiderarne il volo
si può compiersi ala,
corpo leggero nel vuoto.

 

Levare il viso all’aria
fa spalancare gli occhi,
come al buio. Ma la luce,
la luce che sale, fa vedere.
Allora guarda. Guarda.

 

*

Dove dormono gli uccelli

Dormirò
dove dormono gli uccelli
– un solaio, una gronda –
la finestra affacciata 
e la quiete di tutto
sotto lune di memoria.
Io, figlia scalza
andrò bianca dentro il sogno
la meraviglia nella bocca.
Silente poesia tu restami,
notte.

 

*

Civico 19

Sono certa del posto.
È stato casa mia e la sua
tutta la vita con me.
Che qui ancora sia nota
ai rimasti è fatto sicuro.
Così non mi serve salire 
le scale, bussare alla porta:
nello spazio dov’era, è.
Passo per il giardino,
mi volto, lei mi saluta.

 

*

Voi, gli amati

Voi, gli amati andati via,
siete ciò che viene a riva
nel
 ricordo, come onda 

che sempre va e ritorna 
e lascia bianca schiuma,
umida lingua 

che ancora mi parla.

 

*

Si consuma l’estate

C’è un prato nello sguardo, i fiori
spontanei, acceso il verde d’erbe
e i gialli soli del tarassaco.
Tra larghe malve le infinite pagliuzze
per la costruzione dei nidi.

Lì si consuma l’estate, Amore,
come mi consuma il tuo silenzio
nelle ore di pianura assolata.
Il silenzio è un deserto di polvere
se le lacrime restano dietro agli occhi.
Per tre volte ho pianto
e sono rinata terra umida di rugiada.

 

*

Il pensiero affiorato

 

     a Chi un giorno mi ha scritto che l’innocenza ‘vede’ Dio

 

Il pensiero è affiorato anche stanotte
tra le rose e il gelsomino
quando eravamo io e il giardino soltanto.
Come 
accade ogni attimo?
Lì dove i nostri desideri si 
toccano
è notte
, è giorno, non esiste il tempo.
Mi fai dono d’
una vista nuova.
Ho un privilegio, solo io lo so:
m
affaccio alla finestra e posso guardare. 
Guardo. E penso: Sì, ora vedo’.

 

*

Disincanto

Voli di passeri sparsi,
la voce sgraziata delle cornacchie
che cercano resti,
l'odore amaro dell'oleandro
e il profumo stanco dei fiori
quando l'afa li sciupa:
in un attimo è colma la stanza
d'un sentore acre d'estate.
Quel fiato caldo e la tua assenza
già mi consumano, 
                         come un dolore.

 

*

Nella prima estate

È chiaro il cielo ai voli spiegati
di rondini altissime grida
biondi brusii d'api tra l'oscillare
di spighe d'erba e il silenzio
in penombra di foglie.
Abbeverata d'azzurro la terra.

A quest'amore nuovi eravamo.
Nel sottovoce della notte
la carezza di parole per saperci.

 

*

Giugno

Matura il fervore dell’erba,

ondeggiano le spighe 

dei forasacchi al vento

– scorre lieve, prende e lascia.

Il blu della veronica in terra

sparge un volto di cielo,

il giallo accendersi dei prati

impollina gli occhi di splendore.

 

Lucente estate che avanzi,

ogni atomo di polline sparso 

è divenuto un mondo,

tra galassie e galassie di verde

vibra docile a invisibili cause

– sgombro l’azzurro da nubi.

Noi con in bocca steli agrodolci

oggi assaggiamo miracoli.

 

*

Oltre il vetro desideri

Oltre il vetro desideri l'odore
dell'erba tagliata e giugno nuovo
– l'effluvio dei tigli lungo la via.
Ti prende la nostalgia
di gerani rossi affacciati, la cura
di mani anziane, da stringere
nell'addio terrestre e un ritrovarsi.
Nel cercare i nessi della vita
ti perdi nella fedele linea dell'alba
– è lì che sfuggono?
Ti rimane l'attimo e respirare
per risalire con le creature alate
in fondo al cielo che schiarisce.

 

*

È lo stesso verde

È lo stesso verde che fiorisce
– le bocche di leone ai lati del giardino –
lo stesso profumo carico di luce
del caprifoglio affollato d’api
– le api consacrate di Emily –
che tornano – ritornano – per vocazione
come parole dimenticate e riaffiorate
alle labbra miele amoroso di poesia.
Incessante ciclo di benevolenza.
Ogni volta resurrezione.
Sento il mio polso, il medesimo battito.

 

*

Come un salmo devoto

Come un salmo devoto al mattino

una preghiera

d’ore antiche e nuove

l’amore è una dedizione

costante

l’assiduità di uno sguardo

al quieto saltello del passero

la carezza alla scabra corteccia 

degli alberi, la dolce venatura

di foglie nate

le lacrime di resina dei pini

è la silente attesa di una parola

che tarda

non nostra

che pure mai si comprenderà intera

come la vita

tutta la vita e i suoi istanti 

i segni presenti

la piccola zolla di terra dove tu resti

stanza infinita che abiti.

 

*

Le riconosciute

Quando posso, ti porto qualche fiore

fresco dai prati, margherite per lo più,

o se so che non tornerò a breve

– i fiori appassiscono presto –

metto in quel piccolo vaso

qualche ramo verde o una piuma

che ricordi a noi qui la bellezza del cielo. 

E poi parole ogni volta nuove, eppure 

ogni volta le stesse, le riconosciute.

 

*

Sguardi

A volte la visione d’orizzonte

sconfinato oltre lo sguardo 

è distolta d’altro più infinito 

– né cattura l’anima il chiarore –

tra l’erba fitta un brulicare bianco

di margherite dall’aroma lieve

miriadi d’occhi aperti all’ora

il cuore giallo che ricalca il sole.

 

*

L’ora degli uccelli

L’alba è bianca come greto di fiume
quando l’estate asciuga
– carta velina di cielo –
L’alba è un’ora sottile che non riconosci.
Se non fosse per quei passeri
– ospiti amati –
insistenti e felici
fatti solo di bisogno d’aria
– la loro voce che sa –
tu non vedresti come risorge il mondo.
L’alba è l’ora degli uccelli.

 

*

Portami a vedere

Portami a vedere
la primavera lungo i fianchi
del giorno,
un vago polline, un profumo,
sui rami il nudo ancora e il pieno...
Non ci sono altre frasi o versi
che rimino di bellezza
come quella sfumatura imprevista
del cielo,
la gioia perfetta della luce
che non so trattenere.

È questa la poesia
che cerco,
quasi invisibile a questa vita
mia solo in figura d’apparenza.
Poesia che viene
e prende casa
come una forma conosciuta d’amore
o forse se ne è già andata
poche righe sotto,
come quando non hai più parole
e ti restano solo le mani.

 

*

È viola la quaresima

È viola la quaresima degli alberi di Giuda
e preme alle finestre.
Perché, primavera, continui a fiorire,
cieca al mio morire,
incurante della luce che in me si spegne?

Potrà esserci ancora, qui tra le giunchiglie
e il muro, la smisurata dolcezza del sole d’aprile
o sarà il dolore l’ultima forma del mio amare?

Fuori la stagione semina colori nell’ovario dei prati
e la rondine porta rametti di qualcosa che non so più.

 

*

Quasi un pudore

Profondo di desiderio il venire
a te, un restare vibrante in attesa
che risponda all’appello la voce.
In nome di una fame ti cerco,
Amore.

Fermo il corpo nel silenzio notturno
degli alberi trafitti dal buio,
dove solo bisbiglio è il suono.
Come una mano mi apro al tuo tocco,
piano, come il salire dell’alba,
luce appena accennata,
quasi un pudore prima del sole.

 

*

Una porta

                                                               (foto personale)

Una porta
è legno che affascina,
un ingresso verso un'uscita.

Qual è il lato
che affaccia all'interno
e quello per dire un'addio?

*

Una porta
è 
un passaggio bifronte:
io esco - tu entri.

Sulla soglia
l'incontro che cambia
il dentro e il fuori.

 

*

In me profondamente

Cerco un soffio di vento nuovo
o il segreto dell'alba di farsi luce,
la misura di un canto prezioso
voce di piccoli uccelli fatti d'aria
o grido del falco tra le alte vie,

perché a voler dire "primavera"
ci si aspetta la meraviglia
– un vangelo mai fermo –
come la foglia accesa sul ramo
o il sole sul capo alzato delle viole,
che sua opera è fiorire, ovunque
e in me profondamente ancora.

 

*

Piccola poesia d’amore

Rami di cespugli nudi, eppure già i fiori.
Ti cerco anche oggi, col pudore dell’alba.
Nel silenzio del verde nascosto, ti aspetto,
piccolo passero, a posarti affamato di me.

 

*

Qui finisce l’inverno

Il giallo sui rami prima del verde
ormai irreversibile,
fatto di tanta bellezza
che sola si esprime per dono divino:
silenzioso mistero la crescita,
il coraggio di gemme
che si concedono a vita
negli interstizi, nei tagli delle cortecce,
il bianco di narcisi su steli
che sporgono da crepe nuove e fessure.
Qui finisce l'inverno.

E tutto l'amore cercato
è negli orli piegati d'una pagina aperta,
presto i fiori verranno
e domani l'ardente di più della rosa.

 

*

E il vento soltanto

Vorrei dire le cose che prime
odono il sonaglio dell'alba
– il canto infinito del nascere –
la chiara betulla dietro quei vetri,
la curva che arriva accennata
tra i rami sciolti dal gelo invernale
e una dinastia di passeri
venuti a beccare molliche,

ma ho negli occhi il giardino di fronte
quand'era l'inizio dei campi e più oltre
era cielo colmo di cielo:
tutti i pensieri si incontrano lì
dove ora fitti si stringono gli alberi
e il vento soltanto ricorda l'infanzia
e le dita non bastano più
a contare i miei anni.

 

*

L’altra parte del cielo

L’altra parte del cielo
se l’è presa il sole al tramonto
tra i rami in controluce
– ultimo assalto della bellezza –
La sera fanno silenzio i passeri
per molti aspetti miei simili.

Tu pensami mentre scrivo poesie
perché l’anima non smette la vita.
Dentro, fuori, lontano.

 

*

Cosa pretendi di dire

Cosa pretendi di dire

piccola poesia nata 

quasi da nulla

(o tutto)?

Insolente.

Come se oggi non fosse

inverno o gelo

non mordesse la terra

come se non ci fosse

distanza dal verde

ancora, piogge celate

dentro nubi di neve

e mani sole.

Ma tu vieni per medicare 

la ferita

il taglio della scorza

che generando grida.

Tu sei il mite schiudersi 

d’ogni cosa,

il ritorno dei fringuelli,

come se entrasse in noi

un’ampiezza

un respiro, un inizio.

Tu, calore, strada che porta su.

 

Non declinare, allora,

non andartene.

Rimani, vento,

a resuscitare il mondo.

 

*

È l’alba

È l’alba, lo sai,
ciò che trema all’imbocco d
el cielo
in quell’orlo di luce che avanza.

Niente si muove
. 
Tutto diviene.
Dalla miserassenza 
l
e cose – care ombre sapute –
tornano in vita.
Tra i rami pigola qualche piccolo uccello.
Con levità la neve sa scriverne i passi.

Come donarti la meraviglia?
Indossarla
 come pegno d’amore.
Di questa vesto i miei occhi
– tacendo –
mentre già ti 
vedrinascere.
Di questo magrissimo esistere
dei giardini in inverno 
il silenzio è la forma più pura.
È
 miele sciolto in un bricco di latte.

È tempo di un altro principio
– 
quando profondo è il perdono –
il tempo in cui tutto 
ancora riaccade
ma nuovo.

 

*

Prima di sera

Prima di sera vengo a dirti
qualcosa delle poesie che amo
e di fiori da raccogliere
per farne miele sulle labbra,
ma tengo nascosto il nome
della rosa, d’inverno,
come fa la terra con i semi.

Solo per quei muti rosai
rampicanti lungo i muri
– sottili rami dimenticati –
vorrei disdire la neve,
per poter rivedere a maggio
il trionfo delle rose,
la loro ardente vittoria su tutto.

 

*

Kaddish* (Gli unici fiori) #GiornoMemoria

...e cieli un tempo
lievissimi caddero
in frantumi su boschi
ignoti – come la neve –
su sguardi impauriti
d’agnelli dentro recinti
senza gesti di cura.

...del desolato inverno
calpestarono gli unici fiori...

 

* una preghiera, un pensiero orante, per tutti i bambini morti nei campi di sterminio

*

Quando gli anni si scordano

a mio fratello

 

Quando gli anni si scordano
d'essere andati, tornano i bambini
delle figurine e dei denti da latte
in quelle risate che somigliano
a me e a te allora, così sciocche
da far infuriare il babbo;

tornano le giornate di sole
in cortile riportando indietro
l'età, quando non sapevamo
di noi adesso e io ero solo quella
che amava correre veloce,
quella che voleva allevare i cani
e andare a lezione dai prati.

 

*

Poi è inverno

Poi è inverno.
E ci si accorge di quanto sia inospitale
questa sosta degli alberi, il tutto dismesso.
Resta solo l’attesa della neve.
Il cielo bianco come la scrematura del latte
e pochi uccelli ancora a volarlo
in rari passaggi,
per gli altri, andati via, un luogo straniero.
Io, parente stretta delle oche selvatiche,
come loro, forse, non sono di qui.

 

*

A lungo rimane

A lungo rimane il tuo nome
sui fiori di elleboro
bianchi nel dove dietro la casa.
Ancora e sempre vengo a cercarti
lì nel tempo dopo la neve.

 

*

Se silenzio fosse tutto

Se silenzio fosse tutto
ciò che dicembre ha da dire
non sapremmo di noi
di albe già nostre
con la voce dei passeri
– accompagnamento sublime
a quieti pensieri –
e questo sentore d’inverno
dentro le ossa
sarebbe scordare l’estate
l'amore nei palmi

il colore dei fiori.
Moriremmo così un poco
alla volta senza neppure 

la pietà del ricordo.

 

*

È accaduto l’inverno

Quando l’anno finisce nell’aria
cruda e fredde stelle
disseminate in cornici di cielo
si dice: è accaduto l’inverno
sugli alberi curvi e i rami sottili
e i piccoli uccelli in cerca di pane.
Si chiede rimedio – salvezza –
domanda estrema di grazia
che ancora è solo promessa
         (forse ricordo d’ignoto chiarore).
È miseria l’unico nostro possesso
e le radici già bianche dei capelli.

 

*

Sottovoce (Poesia d’inverno)


(dipinto a olio di Letizia Fornasieri - dal web)

Poesia d’inverno spoglia
un vivaio di piante allineate.
Uccelli passano in volo
disertando luoghi comuni.
Si sporge tremando l’edera
come resta a tremare l’anima
curva su rami di brina.
Non ancora neve.
E quella serena rassegnazione
di foglie al distacco
è una preghiera da dire
 – sottovoce –
al Piccolo Dio del creato
germoglio nato
di notte in fredda terra.

 

 Natale 2018 

 

*

Ci prende, a volte

Ci prende, a volte, uno stupore
come il cielo puro di dicembre
che spalanca gli occhi
e cresce dentro una lode segreta
al Dio delle bianche greggi di nuvole
e degli alti transiti di stelle comete.

Tutta questa vita da respirare
nell'odore d'inverno freddo
sconfina oltre le pareti
– misteriosa impensabile nascita –

E rifioriamo in spazi immensi
dai corridoi d'un tempo terreno
dove cerchiamo l'impronta
di una bocca che pronunci Amore
più della parola, più dell'aria
di ogni parola affiorata sulle labbra.

 

*

Alba silenzio attesa

Il seme che prendo

dalla tua rosea bocca

– alba silenzio attesa –

farà figliare la parola:

presenza delle cose

nominate. Resurrezione.

 

*

Il vento convoca a lato

Il vento convoca a lato
un’adunanza di foglie
e necessarie nostalgie.
Metto un fiore per te
tra le pagine di un libro
– petali come fogli
di un carteggio invisibile –
Così ancora ti parlo.

 

L’inverno tornerà dimora
bianca del mio dolore.
Come saranno cari allora
i caldi colori d’autunno
– la benevolenza del giallo! – 

 

Ho messo un fiore chiaro
in un libro d’ore
per custodire la primavera.
Una cura quotidiana
per quando farà freddo
– quando il gelo
brucerà le mani –
Come imparare la speranza.

 

*

Dietro i vetri

Dietro i vetri trame d’alberi.
I
n strada già voci 
e urgenze di doveri.

Pioggia – ancora non basta? –
e foglie sparse a terra 
nella muta d’autunno.

Il volo dei passeri 
è un guizzo di gioia ne
petto.
Speranza, forse.

Tra le crepe dell’oggi
scorre sempre buona la vita. 
noi. Sommamente lieti.

 

*

Non so perché

Ogni volta l’alba 

è un bacio mai dato prima.

Le tende hanno un orlo di luce

e trine d’inquieto silenzio.

Un merlo che vive in giardino

mi ha portato il pensiero di te.

Tutti gli inverni passati

ti fanno più piccola in mente

così ancora tengo il conto 

a matita: ormai sono sei.

Nelle sacre crepe del tempo

si capisce talvolta l’amore.

Fuori il cielo è coperto:

non so perché te l’ho detto.

 

*

Se non avessi amato

Oh, se tu potessi vedere oltre

la distanza di spazio e di tempo
– questo mio non essere lì

e qui la tua infinita assenza –
sapresti della mia malinconia
così affine all’autunno,
ormai tarda nostra stagione.
Io, foglia gialla aggrappata a te
come al ramo che ancora la nutre,
temo, lo sai, lo sgarbo del vento,
l’incombente possibilità
d’un morire altrove da noi.

 

Eppure, se non avessi amato
nessuna estate avrebbe illuminato
la verdezza dei giorni
né le chiare notti d’agosto.
Se non avessi ceduto al cuore,
mai alba sarebbe sorta più
a dire una bellezza che mi dà vita
ancora, dentro le ossa, nella carne.
E se non sapessi più amare
il cielo che muta di tempo in tempo,
come potrei dire di luce e nuvole
e rossi tramonti e luminose stelle?

 

Nota: la musica di sottofondo alla lettura è tratta dal web - Gnosienne n. 3 di Erik Satie

 

*

Porto i miei occhi

Porto i miei occhi dentro
quella piccola carità di luce
– un'elemosina di bene –
che del giorno ancora
è solo promessa.

Come una tenue premura
è la grazia del sole
– quasi un'inopportuna gioia
nell'autunno morente –
a ridare volto alle assenze.

Sia l'Amore il sussulto
dell'anima smarrita nel buio
– sconfinato lutto della notte –
quando viene l'alba
e chiaro di nuovo il cielo.

 

*

Parole di confine

Se mi è concessa questa pagina bianca
scriverò per te parole di confine
nell’inverno che novembre avvicina.
Dirò di mattini solo nostri.
Ricorderò i cieli notturni d’estate
in processione di stelle cadute
fino a noi con la stessa grazia
delle foglie quando lasciano il ramo. 
E l’ultimo oro d’autunno negli occhi
mentre i fiori si spengono alle inferriate.
Eppure c’è bisogno del silenzio
perché la lingua rinasca pura.
Tu prestami aiuto, conserva la memoria,
che mi sfugge lungo le dita
la capacità di raccontarne tutta la bellezza.

 

*

Tra pioggia e sole

Lascio inchinarsi il pensiero
su questo strano novembre
che ha versato acqua su acqua.
A terra un tessuto di foglie lucente,
la ronda dei passeri al davanzale
in attesa di briciole,
il loro incessante sperare.
E lo stridere doloroso – talvolta –
di ciò che va perdendosi, 
seppure serbi in sé
un continuo legarsi alla vita,
trattenerla oltre gli strappi.

Io ti aspetto in questo tempo sottile
– lontano – sotto poche foglie
rimaste come il bacio in sospeso
tra la mia pioggia e il tuo sole.

 

*

Questa lunga notte

a mia madre
 

Questa lunga notte che ci separa
è un muro da sbrecciare col ricordo.
Come fosse adesso ti vedo
al balcone – i tuoi gerani rossi.
Ma quanto è profondo ora il solco
quanto negli abissi scorre la vena
del sangue che mi ha generato!

Sei ombra che s’incrocia col tempo.
Gli anni trascorsi sono rami spogliati
e ogni alba non colma la distanza.
C’è l’autunno sotto un arco di cielo.
La preghiera viene alle labbra
col suono del tuo nome – senza grido.
Schiude porte verso terre di pace.

 

*

C’è un tempo piegato

C’è un tempo piegato,
la città perduta nel diluvio.
Il vento sfronda gli alberi,
porta via o entra profondo
e le foglie costringe a terra
– trame di bosco sfinite –
Cala il silenzio, sfumano le ore
come una specie di lunga sera,
l'ombra muta delle cose
sperse in un tempo sospeso.
Rimane l’autunno.

 

*

Declina il battito

I vasi di ciclamini ordinati sul davanzale
uno spazio d’esercizio alla lettura della stagione.

Come note
parole
racchiuse nelle inconsapevoli foglie in controluce
nell’oro d’ottobre
si adagiano sullo spartito della sera in crescendo.

Lentamente declina il battito.

 

*

Luce d’alba

Ci rincuora l’alba.
La luce che sale e dissolve ciò che della notte è stato
cauterizza le ferite del buio
ridà corpo all’assenza.
Dice: apri gli occhi e guarda il nulla che diviene un angolo di mondo
– provincia o solo un giardino –
pienezza dell’essere apparsa a salvarci.
La terra è ancora grembo di speranze, sfera che si muove nella grazia
mossa da docili fibre.

 

*

Avrò nostalgia

Avrò nostalgia delle foglie
dei colori ardenti e proibiti
del nostro autunno.
Ricorderanno il ramo
che le ha germinate?

Di questa mia terra smossa
domani ti scorderai.
Della mia bocca
che nulla a lungo ha taciuto
– forse il bacio –

Presto non ci sarà che il cielo
tra i rami esposti.
Narreremo ancora l’amore
che ci ha tenuti in vita
se l’inverno è solo silenzio?

 

*

Forse non sai

Forse non sai che la notte
porto il pensiero fino da te.
Ricordo l'estate – ricordi? –
Si sfiorano i silenzi
e lasciano la memoria
di un noi taciuto.
Sulle labbra rivorrei le parole.
Offerte. Come un bacio.
Oggi solo il vento ha voce.

 

*

Qualcosa di salvato

Abbiamo ricercato questa grazia
nelle strisce lontane d’orizzonte,
in screpolature di cieli d’alba mossi
– chiare aperture verso l'oltre –
lì dove la luce è già sorgente.

E se invece fosse proprio qui
tra i ciclamini rosa e le ortensie
brunite dall’autunno in transito,
racchiusa nella fragilità di foglie
trattenute per poco in maglie d’oro?

Forse è dentro le cose quotidiane,
in questi argini umani da abitare,
nello sguardo dato a ciò che sfugge
– meravigliosa inclinazione –
e qualcosa sempre mostra di salvato.

 

*

Come sottovoce

a Chi sa, per tutto il bene

 

Vorrei quest’alba 

ferma, immobile sui rami

luminosa e viva

perché il tempo non finisca

in un vento d’aria

trascinando via tutte le foglie

d’ottobre.

È autunno qui e attorno

ogni cosa pare lasciarci 

lentamente.

Non c’è nulla che resti

nella stagione che si spoglia

e quando le ore si assottigliano 

desideriamo di più

ma come sottovoce.

Ci saremo detti abbastanza 

che ci amiamo?

 

*

Somigliano all’inverno

Somigliano all’inverno,

mia anima,

questi giorni chiusi di silenzio.

Niente più parole infinite

o la voce dei fiori.

S’assottigliano le foglie

per indossare la stagione

e poi perdersi.

Tutto è sospeso

come prima d’una pioggia,

quella che fa i giardini verdi.

Come noi, in attesa

di uno sguardo 

che posi l’amore nei palmi.

Noi lì immobili senza peccare.

 

*

Lento l’autunno

Gli alberi hanno vuoti sui rami.

La stagione che spartisce
rame e oro ovunque è la mia casa,
ogni anno nuova. E ora vedo
cose mai così importanti prima,
affiorano gli odori
di torba scura tra le mani e foglie
dentro ripostigli di memoria
viva in me che invecchio.

Lento l’autunno si fa tempo presente.
Arrossisce, s’infiamma. Viene.

 

*

Splendono gli alberi

...così viviamo per dir sempre addio.
               - Rainer Maria Rilke -

 

Lo si può dire. Splendono
gli alberi quando sciolgono l’oro
in una cascata di foglie
come se si spogliasse il cielo
.
Si arrendono poi al silenzio.

 

Per un destino di sconfitta
esile mi trema l’anima.
Nudi ormai, narrano i tramonti
 in lingue accese di colori 
del luogo dove tutto si consuma.

 

Nel rumore della luce che cade
nell’inciampo degli addii
,
sospingo i giorni 
quel movimento del pensiero
che mi 
ricresce il respiro
e diviene ricordo in me infinito 
ancora.

 

*

Sui chiari rami

Sui chiari rami di betulla

i preludi dell’alba

– trasfigurano le ore

dal buio all’oro –

tra le rose il silenzio.

 

Sono negli indizi di luce

le amorose parole.

Riversale nella mia bocca

come i ricordi d’estate

per i giorni corti.

 

Le tratterrò sulla lingua

– lasciami dire –

una profezia di cielo

timbro di voce dell’azzurro.

Nell’attesa ancora nasco.

 

*

Accostati piano

Accostati piano al silenzio,

allo sguardo di settembre 

col colore delle foglie in discesa 

e i petali delle rose sciupate

pronti all’abbandono nel vento.

 

All’alba appena un accenno 

di cielo e un canto d’aria,

un bisbiglio, un frullo d’ali

come il tocco della prima volta 

che un figlio ti si muove in grembo.

 

Nel tacere sta tutta l’attesa:

accostati piano al mio silenzio,

a questa abitudine d’alzarmi presto

con un chiaro di luce tra i capelli

e il mattino che mi disegna i fianchi.

 

*

Le rose a settembre

Lo splendore incauto delle rose
a settembre
è una fragilità che si sfoglia.
Come un movimento d'aria
di uccelli in volo,
il rapido passare delle nuvole
o la bellezza breve dei cerchi d'acqua.

Tutto sembra dire
una qualche verità su questa vita
né mia né tua,
io penso alle cose che si perderanno
come anche le foglie
ora che la sola notizia è il vento
e l'autunno che viene.

 

*

Vorrei scriverti

Vorrei scriverti che la tristezza
è solo un attimo di distrazione,
un lieve malore che sfuma
in una mattina ancora tiepida
fatta di chiari sussurrati e calma di vento.

Ti direi che l'autunno è una sosta,
un distacco breve, una ripresa di fiato
(se vuoi chiamalo un cauto indugio
o appena un'esitazione).

Ma c'è questa luce sempre più obliqua
per terra, sopra le cose, tra l'erba
cresciuta sul finire come un saluto,
e un lungo commiato d'uccelli
dentro una stranezza di cielo
e quel colore che muta delle foglie il destino
e poi l'inverno.

 

*

S’inautunna settembre

Di questo tacere
ne ho fatto una stretta al cuore
snodo che non risolve
La luce fa ancora le cose da guardare
sebbene la pioggia.

S’inautunna settembre
dietro i vetri che mostrano assenze.
Resteremo cielo coperto
o giornata muta
un intero universo sotto le palpebre chiuse.

 

*

Si vede l’estate passata

Si vede l’estate passata 

sul ciglio trascurato del prato

tra ortiche cresciute e timide malve

e ombre nell’erba gli intrecci 

di foglie seccate dal caldo più ostile.

 

Può darsi che anche tu oggi dica 

che farò ora che più non c’è agosto 

a scrivere per noi queste sere

e le notti quiete sotto cieli quasi vicini.

 

Forse il domani che doveva venire

se ne è andato nell’attesa d’un cenno

lasciandoci a vegliare solitudine e pioggia.

Estate e inverno in fondo sappiamo

abitano lo stesso medesimo tempo.

 

 

Nota: la musica di sottofondo alla lettura è tratta dal web - Variazioni Goldberg di J. S. Bach

 

*

Tre righe per settembre

...e il cielo gremito di suoni
quando vanno gli uccelli
dice come passa l’estate...

 

*

Se c’è una rosa

Se c’è una rosa
è nell'indugio del cuore
– nel lento sbocciare –
il miracolo

la meraviglia
nelle insenature di luce
– come un’alba –
tra i petali mossi appena
da un fremito puro.

 

*

Quello che mi porta l’alba

Quello che mi porta l’alba
è sempre un’infinità di cose
di cui oggi quasi non mi accorgo.
L’orizzonte si fa avanti
con la sua gloria luminosa
i gerani sul balcone ardono
delle loro tinte forti
e dovrei provare a considerare
il canto degli uccelli
come istruzioni per sopravvivere.
Ma mi raggiunge solo il tuo pensiero
e una pena segreta mi occupa il cuore.

 

*

Certi momenti

Certi momenti sono concessi

solo per grazia

non per merito

come quando la luce 

appena nata

si rifugia nel mistero degli occhi

o quando certe poesie

restano a lungo sulle labbra 

balbettando l’Amore

e questo cielo 

che ci viene incontro immenso

e non parla d’altro

e nulla insiste in noi

più di questo bisogno infinito.

 

*

Il volo

Un volo d’uccelli

traccia il biancore del cielo

nel punto più alto

dove oggi si scriverà

pioggia o sole.

 

Se ne vanno

ad ali distese

ferendo di luce lo sguardo

lasciandoci il dubbio 

come un gemito d’aria.

 

*

Come uccelli

Vengono in volo le rondini 

per invisibili vie d’aria

in quest’alba che non basta.

 

E siamo noi come uccelli

con la smania di cielo

che solo dei pini l’antica ombra

quieta

sebbene cerchiamo qualcosa

più certo del giorno 

più eterno dell’orizzonte

che in fondo s’accende a sera:

 

ci ammala il tempo che passa

e non si vive con in eredità 

solo l’esiguità del crepuscolo.

 

*

Porto in dote

Il cielo dell’alba è bianco

la linea quasi non si vede.

Appena sotto il davanzale 

il silenzio degli alberi.

Il respiro.

 

Dalla notte eredito 

il venire della luce

– un lascito dovuto 

per le ore sottratte al sonno

per restarle accanto.

 

Io porto in dote

un fiore di ranuncolo

che il vento non ha piegato

e poche voci da cortili

d’aperta campagna.

 

*

Una nuova rosa

Ci ritroveremo salvati

da una distanza che se separa

di più affina l’anima.

Restituiti a un tempo

che la carta non ha ingiallito

chiaro di quella chiara luce

che ci sorprende all'alba.

 

Tutto il pensiero dedito

ha una grazia che non sappiamo

che speriamo da un cielo 

scandalosamente azzurro.

E anche solo le parole 

sono un destarsi dal sonno

e vedere nata una nuova rosa.

 

*

Come una preghiera

Salvo le parole 

dall’altrove della notte, 

dal lontano ostinato silenzio,

per ridartele pure

– un vagito

appena uscito dalla bocca 

di un lattante –

 

Sono la casa in cui vive

la mia anima,

dove sottovoce

ripeto il tuo nome,

come una preghiera.

 

*

Preludio

Come umile e intatta

m’attrae a sé quest’ora

fresca d’amore

 

fatta di vie infinite e pure

sponda a cui mi appoggio

per risalire il giorno

 

dove il tempo ricomincia 

– eterna stagione dell’alba –

luce nuova sui rami e sulle cose.

 

*

Rimane tra noi

Rimane tra noi, a sera,

quel congedo ad ora incerta,

l’ultimo pensiero prima del sonno,

l’esitante tenerezza di un saluto

e un tremore inquieto 

che vede il nulla della notte 

a cui ci consegniamo,

che teme l’assenza

delle nostre voci, degli occhi

e forse del ricordo.

 

*

Estate

È tutta in questi cieli lisci

nella luce netta gettata sulle cose

nel profumo caldo dei fieni stesi

nel canto infinito dei grilli

nel verde più scuro dei boschi

la temporanea immortalità dell’estate.

 

E in quel sapore asprigno dell’uva spina

che resta sulle labbra ormai rosse

le mie labbra che preparano la forma

delle mie parole per te.

 

*

Quando l’alba

Quando l’alba viene a chiamarmi

con la sua garza di luce 

che si adagia sul mondo,

con i suoi suoni chiari

– l’aria fuori ha canti di rondini –

diventa preghiera ogni sguardo

e io non ho più nulla da aggiungere.

 

*

Notte-assenza

La notte è una forma d’assenza

in cui nulla più è chiaro,

non i ricordi e neppure i pensieri.

Solo un abbaiare di cani, giù, lungo il torrente.

Nessuna voce d’uccelli

e passi che non riconosco sulla via di casa.

 

*

Un cielo così chiaro

Poche semplici righe perché ormai è giorno

perché potevo dire le parole e non l’ho fatto

perché certe felicità sono inaccessibili.

Perché è struggente la bellezza di un cielo

fattosi così chiaro da non meritarlo.

 

*

Non so dove

Svolto la curva dell’alba,

lì, dove già ha ceduto la notte

coi suoi flebili sogni.

E c’è silenzio

dalla parte da cui viene la luce.

Davvero non so dove 

il Tutto ricrea il tessuto del giorno,

dove, non visto, fa la bellezza

a nostra insaputa.

 

*

Qui ha piovuto

Qui ha piovuto un’ora, stanotte,

ma poche tracce della pioggia.

Sai, il non pensiero è un disamore.

Vedo le gocce scorrere sui vetri.

Dopo la finestra solo il cielo

e null’altro se non immaginarti.

 

*

Frammento d’estate

Piccoli orti persi 

lungo la campagna

i girasoli ritti

a guardia dei ricordi

e il cielo fino in fondo.

 

*

Dimmi dove

Dimmi dove hai trascorso la notte,
se è stata solitudine
o avuto amore,
se hai ripetuto la domanda
sospesa d’attesa
che dal buio arrivi un cenno,
s’insinui il barlume di un’alba d’estate
– chiarore di luce
e il suo infinito mutarsi in giorno –

Dimmi se come me senti la nostalgia
di un’ora che ancora nasca nuova.

 

 

*

Oggi la curvatura dei rami

oggi la curvatura dei rami
del salice è il garbo del collo
chino sulle pagine

quando il cielo ha un chiaro
solo sussurrato e scriverti
qualcosa di necessario

ma forse nessuno
legge poesie a quest'ora
sul pendio della malinconia

di un vento assente
in un'aria che appassisce
e manca qualcuno che ti voglia

 

*

Strettamente confidenziale

Nulla sanno gli alti steli della malvarosa 
dell’adagio delle mani sulla pelle
e dei 
respiri caldi, del doppio battito
nell’abbraccio dei corpi.

Di ogni singola solitudine.

Nulla sanno di noi

di questo nostro scrivere poesie d’amore.

 

*

Tramonto

Il cielo rosso acceso ancora
in quest’aria di sera allargata

e il sole 
che dilegua rapidamente
come mai la malinconia
.

 

*

Appunto minimo

La nascosta bellezza del silenzio
è questo somigliare allo sguardo,
così ti scrivo della pioggia di oggi:
fuori vedresti le rose disfatte
e un arco di cielo senza l’azzurro.

Dentro un pensiero mai trascurato
e lo scavo della mancanza.

 

*

Se l’amore è un discorso

Basterà dire le parole dell’alba
– suoni d’aria, voci d’uccelli –
per allontanare la notte,
per colmare la solitudine del cielo,
perché la luce s’insinui chiara
e ci bagni la rugiada?

Servirà a qualcosa
ripetere tutto l’alfabeto del giorno,
se si spegne questa brezza
– alito inquieto delle nostre anime
che ci sposta, ci solleva –
e noi moriamo con lei?

Cosa sarà di noi, se l’amore
è un discorso e non un destino?

 

*

Parti da qui

Parti da qui.
Dalle nuvole, dalla pioggia della notte,
fine e scarsa
– già finita –
che ha aggiunto umidità all’afa.

E non stupirti del mistero
fatto di fango:
come potremmo comprenderlo, altrimenti,
noi,
che ugualmente siamo sabbia
mischiata a lacrime?

Come potrei raccontarti della viola
selvatica
– cresciuta nuova per quei pochi
rigagnoli d’acqua scura –
quando il cielo sarà cosa leggera,
ancora?

 

*

Più azzurro

La domanda
si fa più vera all’alba
– o forse appena prima della notte –
 
cercare (o trovare?) un destino alla vita
trattarne il prezzo
per poi accorgerti che ciò che aspettavi
l’hai avuto senza debito
– la dispiegata bellezza delle cose –
 
Se fosse per me
aggiungerei più azzurro.

 

*

Lontananze

Non ti aspetti tanta distanza 

tutto questo rosa in fondo d’orizzonte

tagli di luce e voci d’assenze.

 

Adesso che tornano le ore del tempo

vengo a cercarti, 

ti vorrei raggiungere

dalla lontananza dei pensieri, 

verrei scalza da luoghi sperduti.

O forse basterebbe un’assiduità di sguardo

e un punto comune da fissare.

 

Ma quest’aria mi trema dentro.

Se poi guardo il cielo mi germogliano ali.

 

*

È buio

È buio, del buio della notte, 

questo nostro camminare incerto.

Non ci specchia il cielo profondo.

Possiamo solo immaginarci.

Raccogliamo pochi frantumi di stelle

– fredde, forse già spente –

e la luna non è mai al solito posto.

 

*

Oggi il cielo

Oggi il cielo lascia il segno: 

il suo splendore

sotto il rivestimento delle ore,

la luce dell’estate

che s’impiglia tra le folte frange dell’edera

e un mare d’erba alta,

con gli uccelli padroni del giorno

nell’aperto respiro dell’aria.

 

L’amore non è frutto che si raccoglie da terra

è impresa da rami alti 

– è volo, salita continua –

e se della sua bellezza ci viene concessa 

anche solo qualche sillaba

so che saremo salvi.

 

*

Le parole dell’alba

Sono parole ancora acerbe
quelle dell’alba, verdi, 
un dettato per prime elementari
. 
Così, anch’io mi faccio piccola
– una piccola cosa –
per comprendere la lingua 
semplice e nuova dell’Amore
.

I
l bene ha il tempo
silenzioso e lento dell’edera
 pare immobile, ma è già oltre 
ha tralci che s’arrampicano 
fino al 
cielo.
Fuori il giardino è fiorito
senza che ne avessi coltivato i semi.

 

*

Come una lacrima

C’è questa sera, che scivola
come una lacrima scura
sopra il giorno, si allunga piano
sui miei fianchi e io vorrei
accogliere sulle mie labbra
le parole che hai perduto,
acquietare l’anima in un cielo
che ha i colori del perdono.
 
La notte poi ci bagnerà gli occhi,
sarà come un’intima carezza,
come un tenero bacio
dato al palmo della mano
– forse è così che viene la Poesia –

 

*

D’improvviso nostalgia

   a mia madre

 

D’improvviso nostalgia
nel passare di ore canoniche
– liturgia del tempo –
desiderio di qualcosa che è già stato
e forse ora è accanto alla mano che scrive
è negli occhi che guardano
i tuoi fiori a cui parlo sottovoce
come fanno le api d’estate.

È sbocciato intenso il gelsomino
a cui pazientemente districavi i rami
e ricordo ancora le tue mani
– memoria e distanza –
quando mi intrecciavano i capelli
o quando invece mi stavano lasciando.

 

*

Nuvole

Nuvole bianche passano

sulla terra, indecifrabili.

Sopra il folto degli alberi, 

l’esuberanza delle acacie, lassù, 

corpi erranti tra i nodi del vento.

 

Oh, fossimo come nuvole

nei cieli bruciati dell’estate, 

trafitti dalla chiarità, 

feriti da tanta bellezza!

La vita reclama misure più alte.

 

*

Verranno le parole

Ogni silenzio forse mi condurrà
a una voce che mi specchi
e verranno infine le parole
cercate dalla mia bocca
per dire il tuo nome
per formare la sillaba pura
il sussurro atteso come un balsamo.

Sorgeranno – come tra i rami
i fiori di magnolia –
chiare della verginità che fa l’alba
della luce che s’incurva lieve
sulle foglie e cresce
e dal sonno e dalla notte
la vita ridesta in cerca d’amore.

 

*

Uccelli

ad Amina Narimi 

 

Amo quelli di Braque.
Bianchi, neri, sovrapposti
all’azzurro.
Poi le rondini e i loro annunci
di piogge e primavere
e le allodole che spingono la luce
fino agli occhi.

 

Sarà che hanno voci di risa
e con leggerezza di piume
toccano l’infinito, lo navigano
– le remiganti mai stanche –
lo cercano come un destino.
Si slanciano in alto
– circolarità del volo –
sagome nell’aria come parole
sul foglio.
E le nostre mani accostate
fanno nidi d’uccelli.

 

Senza sarebbe vuoto il cielo.

 

*

Perché piove

Perché piove
e non so dare un nome
a questo affanno
e vorrei leggere i tuoi silenzi
come parole nuove

perché questo tempo
fatto d’aria e d’acqua
dissemina nell’erba splendori
che non so più vedere

alla tua mano voglio chiedere
la carezza che manca
– il gesto che toglie la distanza –
alla voce il suono che mi desta.

Se non si spegne il canto
– il desiderio che spinge
alle cose volute –
questa grazia iniziata con l’alba
è già profondo respiro.

 

*

Ti ho detto amore

Ti ho detto amore con la lingua
dell’alba – la semprevergine
quella che sanno le piccole erbe
di un abbaglio che stupisce.
Mi sono fatta attesa e desiderio
nel silenzio che svela cose
impossibili alle parole.

Ma tu non sei rimasto
per quella sfumatura negli occhi
che ricorda le piume degli uccelli
e racconta l'infinità del cielo.
Mi hai lasciato la solitudine
come l'acqua amara della notte
tra i petali di una rosa.

 

*

Mentre tutto accade

piove – una pioggia fine –
cresceranno i fiumi
nel corso instancabile dell’acqua

silenzio nel vasto segreto fluire
nel movimento arcuato
dei rami del caprifoglio

nella sorpresa della rosa
una spirale di petali stillanti
– la sua offerta –

e questo modo per risarcire
il giorno: essere lì
mentre tutto accade.

 

*

Se non conosci

Se non conosci il dolore della ferita
– l
a sua condizione di solitudine –

non saprai che le mie lacrime
cadono ad ogni scomparire dell’alba
e per il silenzio che si disfa,

per la mancata devozione alle rose
e per l’incurabile bisogno di bellezza
 l’immeritata meraviglia –

Per la mia parte degna e per l’indegna.

 

*

Le parole nascoste

Le parole nascoste attendo 

 rugiada del mattino –
la tua 
voce che percorre le vie conosciute
senza più distanze.

 

Fugge il tempo
come uccello di passo

e già affollano i giardini 
larghi respiri d’erbe.
Come noi la parietaria
inquieta 
si abbraccia ai muri e non sa cosa vuole.

Basterebbe sporgersi dalle certezze
– essere nuvole affidate al vento 
e amarsi anche se non è tempo
dai luoghi soliti o da più alti precipizi.

 

Ma a me basta appena questa tua voce
che viene a bagnare i miei sentieri
e sapere che tutto è nulla senza amore.

 

*

La memoria ha stanze

Calma statica
su ombrosi acquitrini
di verde limo

e lenti i profumi
delle rose galliche
in esuberanza di petali
 
La memoria
ha stanze e stanze
infinite da ripercorrere

mentre attendo
l’alta fioritura dei tigli
e resto sulla soglia

di giorni ricadenti
tra bordure d’astri
avvolta da lievi consonanze.

 

*

Conosci la voce?

Conosci la voce delle cose?
Dell’acqua che scorre, del vento,
delle piante: mormorii sommessi
frammenti tra silenzi.
È ancora stupirsi
del seme nascosto e dell’albero alto
e della parola che è germoglio
unico della nostra sostanza
suono e dell’anima respiro
instancabile che muove le pagine
come l’aria quando attraversa le foglie
o quando la mano le tocca e le inclina
mostrando l’invisibile.

E di me, terra che tu hai seminato,
conosci la vera voce?

 

*

Largo, il vento

Largo, il vento.
Apro la finestra.
Oggi sono due giorni che piove fitto.
I pruni carichi di rosa,
il cielo scuro nei rami, la luce chiara nei fiori,
e più cielo ancora, là in lontananza.
Tu non ci sei.
La casa è vuota.
Nella stanza mi attraversa il silenzio.
Come il vento,
respira qui, al mio fianco.

 

*

Scrivo di mattina presto

Fuori le azalee in fiore...
scrivo di mattina presto
per sciogliere i nodi della notte
per rialzare le parole supine

la vita scema e rinviene
ogni giorno come l’orizzonte
e va avanti per grandi aperture
o piccole rivelazioni

scrivo per dirmi ancora
che i gesti dell’amore
hanno un destino eterno
nonostante l’ordinario

e la vita non è obbligo
da festa comandata ma respiro
veduta in campo lungo
il pensiero solca la pochezza
e ci sospinge all’infinito...

 

*

Sto in ascolto

Sto in ascolto del silenzio
– voce muta delle cose –

Odo l’acqua piovere sul verde
sulla rosa rampicante che al graticcio
forte s’aggrappa
come saldo il cuore stringe in petto
il continuo pulsare della vita
– le radici che mi tengono –

Gocce mi brillano dentro lo sguardo.

 

*

Duole il silenzio

Non so altro di te e duole 

il silenzio caduto tra le righe

quasi una spina sotto pelle

 

come se il tacere

potesse annullare il pensiero

o impedire al cuore di bruciare

 

e si resta inquieti

col fiato appeso all’attesa 

di un qualche sussurro sentito*

 

 

* con il mio grazie per il “sentito“ a Robert W.P.

 

*

Erbario vivente (o la liberazione del verde)

Non serve uno sguardo allenato

per cogliere l’eccedenza dei petali

il rigoglio dei prati ricolmi

non occorre un senso ulteriore

la torsione del collo del gufo

o la vista laterale dei sauri

non si può ignorare l’apparizione

 

è ovunque il groviglio d’erbe

l’accalcarsi infinito di ciò che rivive

tutto è un sovrappiù di meraviglia

trafigge gli occhi la variegata bellezza

 

lascio che mi sorprenda ancora

la liberazione delle cose verde acceso

la perseveranza nel ritornare 

che ha la primavera.

 

*

Le parole del canto

D’improvviso
una larghezza d’orizzonte
– sorpresa d’infinito –
vasta chiarità, oltre le ortensie
e il tempo,
che reclama uno sguardo
fuori misura.
Diciamo le parole del canto:
alba e notte, fiore e foglia.
Gioia, dolore,
amore.
E siamo più di questo,
noi, consanguinei delle nubi
e delle rondini.
Da quale alto cielo viene
la nostra vera voce e il silenzio?

 

*

A primavera

Guardi traboccare ovunque, smagliante
sui rami scuri, il rosa-viola degli alberi di Giuda

ed è come una celata consapevolezza
divenuta improvvisamente evidente.

 

*

Primavera attardata

Sei stagione di pruni rosati
primavera attardata
mentre ancora esita il giorno
e il cuneo di cielo tra i tetti
vira verso un che d’ombra e di luce.

Mi rifugio nei segni
che nascondono e svelano
la parola miracolo da preservare
– forse soltanto un frammento –
il Suo nome che io non so dire.

 

*

Stando qui

Essere qui dove siamo,
con il glicine d’aprile aggrappato
e contorto, spiovente di grappoli viola
lungo il muro e il cancello,
e tra le malerbe 
l’edera scura che si sparge
fino alla soglia di casa,
è una consuetudine senza catene.
Un privilegio.

Perché, vedi, solo noi lo possiamo dire:
cosa brilla dovunque
fin dentro gli angoli più nascosti,
cosa splende che ci fa lucidi gli occhi,
che ci chiama
in questo tempo a metà della strada
per l’infinito.
Solo noi lo possiamo sapere. Stando qui
dove già siamo.

 

*

Le tue parole

Caro, non lo sai? Questo giorno
che si apre come rosa, fragile ancora
di luce e suoni, sono io che vengo
a bussare alla tua porta. Vengo
a mendicare le parole dell’amore.

Le mie sono poco più che aria,
piccole onde dai riflessi d’iride
che scivolano a riva e subito svaniscono.

Ma le tue – ah, le tue calde, forti parole! –
hanno l’impeto d’ogni nuova cosa,
segnano la pelle e poi la curano
con la saliva lucente della poesia.
Sono l’abito da indossare
nei giorni e svestire nelle notti
quando solo bastano i respiri.
Sono l’immagine che si fissa sulla retina
– memoria incancellabile –
il canto che ritorna nella mente
e occupa i pensieri e i desideri accende.

*

Come il mare

Uomo libero, sempre amerai il mare!
É il tuo specchio il mare…
                – Charles Baudelaire –

 

Un labirinto 
il mare.
Principio 
acqua madre
senza forma, senza ombra.
Voce che grida nel cuore
delle conchiglie.
Infinito
senza tempo, senza dimora.

Siamo come il mare.
Abbiamo un abisso
dentro 
un’onda che ci muove
che sempre
incessantemente
torna a lambire 
salmastra 
la vita.

*

È in ogni cosa

Non deciderà per me 
questa debole pioggia d’aprile
né poche schegge di luce
o il bordo scuro delle nuvole.

Io coltivo un pensiero di bene
che addolcisce la pena del buio: 
l’amore è già in ogni cosa.

Chmi perda in questo giorno

di non-primavera; e poi ritorni.

So che bianco fiorirà il ciliegio.

 

*

Getsèmani

Arazzo vegetale.
Trama fitta di rami
– pochi i varchi –
ad amorevole protezione
della memoria.
La luce svela
nell’intreccio
una ad una le foglie.
Inciso nel silenzio afflitto
degli ulivi
il gemito del mondo.

 

*

Certi giorni c’è silenzio

Certi giorni c’è silenzio e quiete.

Tra le cose usuali  – le nostre,

le amate – s’è sparso 

l’aroma della carta d’Eritrea.

Il chiaro di marzo, ormai, 

ha sciolto l’amaro del mondo.

Guardo gli alberi già in travaglio 

di foglie e di fiori.

Questa vocazione delle gemme

– docili al tepore, strenue nella pioggia –

fedeli all’inevitabile, 

questa loro attitudine a fiorire

nonostante tutto, penso,

è simile alla coscienza della vita

che noi, forse, appena intuiamo.

 

*

I segni

Eccoli i segni,
appena confusi tra i passi assopiti 
del mattino.
Il chiaro dilatarsi del giorno
– più terso –
ha il senso inafferrabile ed eterno
di ogni cosa che muta e ritorna.
Il giallo nascere dei fiori,
la vita che s'approssima, 
calda.


Scorci di cielo tra le nuvole.

 

Tutto cerca il varco oltre l’inverno
– il passaggio –
tutto è pronto a tornare allo stupore,
al grido.
Odi i rintocchi del vento?
Già si spargono gli alati semi.
Non dovremo più immaginare.
Diremo primavera,
ancora.

 

*

Presto, stamattina

Presto, stamattina

gli occhi ancora fissi

nella notte

la luce che tarda a venire

la pioggia fitta

il silenzio

– solo le piccole viole

a farmi compagnia –

e il pensiero

che sempre insiste sulla vita

e non dimentica

l’azzurro.

 

Se per sapere 

basta la memoria 

allora domandami della primavera.

In giardino trema la mimosa.

 

*

Malinconica

Credevo ti saresti ricordato di me.
Che sciocca pretesa infantile!
Accarezzavo in segreto l’idea
che al mattino cercassi i miei versi
come fa l’erba quando attende la pioggia.
Ma non ho mai attraversato il tuo cielo
e tu non hai mai passeggiato sulla mia terra.
Ora so che non sfoglierai le mie pagine
e una malinconia mi prende, triste
come un pensiero mai davvero pensato.

 

*

Dalla finestra

Dalla finestra il mio spicchio di prato

– l’erba lucidata a nuovo dalla pioggia 

negli spacchi della stagione

dice qualcosa di vero sulla vita.

Le lacrime dall’alto – o tra le ciglia 

sono una consegna di acqua trasparente

per pulire gli occhi e il verde 

cresce anche se nessuno veglia.

Anche se manca l’attenzione al poco, 

al quasi niente delle cose, al marginale

– i chicchi rimasti nel campo

per i quali solo Dio si prende la briga 

l’impensabile verrà alla luce.

E a me pure, che sono nulla nell’universo,

è stato dato il riguardo, lo spazio 

che si deve all’ospite nel mio passaggio

su questa terra ancora buona.

 

*

Dunque la neve

Dunque la neve. 

Un premio di bianco per la nudità del mondo.

Ma le gemme 

– ah le precoci, incaute gemme! –

ancora tutte chiuse in quella preghiera 

chiara di vita, cadranno.

Per il gelo. Per lo stesso soffice manto

che fa belli i profili delle cose.

Per il freddo che mi arrossa gli occhi.

Cadranno. Una perdita immensa.

 

*

Anche l’inverno

Anche l’inverno va detto.

La desolazione della neve
e la fame dei randagi.
Lo sfregio che il gelo fa alle piante.
Il freddo nelle mani 
l’aria rappresa attorno alla voce.
Ovunque considerevoli silenzi.

La vita smagrita che vedi perdersi
lungo una via in discesa
aggrappandosi ai ricordi
come fossero il suo mondo.

La nostra lontananza
e neppure un pasto caldo.

 

*

D’azzurro i prati

D’azzurro i prati hanno una vena

– prime corolle aperte 

La primavera inizia il rito.

Riprende la terra 

il soffio, il respiro 

– il nostro stesso fiato 

Tornano disseminati i colori

che l’occhio scorge

in una trama di luce nuova,

con meraviglia 

per noi che nulla sappiamo

e non conosciamo

dove il vento ha sparso i semi.

 

*

Se sapessi guardare

Se sapessi guardare come guarda Dio
nulla sfuggirebbe all’abbraccio.
Avrei la meraviglia dentro gli occhi,
come quando le nuvole sembrano chiome d’alberi
e gli alberi nuvole rosa.


Vedrei la linfa calda scorrere
fino a gonfiare una gravidanza di gemme,
o la goccia liberatoria che comincia il disgelo.
Potrei contare tutti i fili d’erba pronti a spuntare
e anche le miriadi d’ali
di ritorno nella filigrana del cielo.


Se fossi capace d’uno sguardo così
rimarrei immobile a contemplare l’istante
dove tutte le cose per la prima volta accadono.
E non mi chiederei più cos’è l’infinito.

 

*

Come un nido

Come il vuoto di un nido
voglio ospitare l’attesa
– tempo umano –
senza sapere se ancora verrà
alta sui tetti
la rondine

 

sperare il senso
– lingua segreta dell’invisibile –
senza pretesa
di un definitivo arrivo

 

essere fedele al giorno
– preghiera che sale
dentro agli occhi –
fino a trovare una verità
resa chiara
da un fiore bianco.

 

*

Dove trovare

dove trovare il prodigio
la bellezza da svelare
– che rivela –
dentro la ruga
il solco
la ferita delle cortecce

 

dove la scintilla
l’improvviso lampo
abbagliante
– pur se scompare –
la parola
il segno che toglie il dubbio

 

sostare un istante e guardare

 

si fa acuta la domanda

 

*

C’è tanto cielo

C’è tanto cielo tra i rami
che ancora vivono di assenze.

 

Non spicca il giallo delle forsizie.
Ancora lontananza.
Pochi voli nell’aria fredda
e la sopravvissuta speranza
dei passeri.
Nel primo chiaro d’orizzonte
c’è tutta l’attesa dei nidi.

 

L'invernale nudità è cosa
che spinge oltre il pensiero.
Ma non è compito mio
l’accadere della primavera.
Io so solo desiderare.

 

C’è ancora così tanto cielo
da guardare, prima del verde.

 

*

Chiedo più luce

Chiedo più luce a questa finestra

che la notte ancora tiene 

le redini dell’alba.

 

Non posso scrivere sul foglio.

Serve più luce

chiarità nella quale tutto entra –

e un silenzio appropriato

dove sono pensate le cose.

Luce e silenzio per vegliare l’istante,

l’attimo che mi sfiora.

 

Forse una rosa 

nel vaso sul tavolo

lascia cadere i petali appassiti.

 

*

Ricordare

Oltrepasso la soglia
che confonde
la memoria con la cenere.
La tua immagine è una bambina
col grembiulino bianco,
da tenere per mano
perché non si perda.

Tu continui a esistere
– in un tempo d’infanzia –
oltre quel varco.
A me, qui, resta
questo lungo destino di ricordare
le tue mani,
fino a invecchiare.

 

alla piccola Cecilia, mia madre

 

*

Parola (Come un fiato d’aria)

Come un fiato d’aria

– respiro inumidito sulle labbra –

sali attraverso il mio corpo,

quasi un altro sangue, 

più caldo,

una piena di fiume che irrompe.

Tu sola, 

umana, 

urgente parola, 

sei voce della mia anima nuda

– l’inedito, il mai detto prima –

eco delle infinite cose verdi,

genesi di quelle nascoste

tra nebbie, polvere e ricordi.

 

*

Breve

C’è un senso di azzurro
racchiuso nei fiori
che fa chiari gli occhi
come il cielo al mattino.

      Innocente segreta bellezza.

 

*

Si supera l’inverno

Usciamo dalla rassegnazione di gennaio.
Bisogna prepararsi,
essere pronti a salutare la gemma
esplosa sui rami flessi della betulla
– le minuscole erbe in crescendo –

Dopo i silenzi gravati d’ombre
tornano le miti risonanze, 
cenni lievi di risvegli attesi e voci
di chi non è mai andato via.

Ho imparato a vedere a occhi chiusi,
tra le ciglia, il ritorno del sole,
attendendo la ricompensa del verde
– l’altissima grazia dei fiori –
Si supera l’inverno con forme di speranza.

 

*

Sono qui a domandare

È stato un istante, stamane,
alzare lo sguardo al tuo balcone,
tra il vuoto del cuore
e una strana nevicata di petali.
Questo pianto d’albero lo dice:
abitiamo una breve eternità,
come i fiori a primavera.
Uno stretto corridoio di tempo
e tutto accade
– nascere, fiorire, restare –
fino al distacco, fino al vento
che porterà lontano la voce.


Io sono qui,
nella fragilità di un volo,
a domandare la giusta razione di vita.

 

*

Dicono che l’inverno

Dicono che l’inverno non è tempo 

per la Poesia,

con quella luce di mezza età

e il sole ombra già di se stesso. 

Ma oggi è un giorno di tenui presagi, 

di cose nuove dentro cose secche.

Nella notte è piovuta un’acqua feconda.

Ci sono parole che balbettano in petto, 

assillano, premono per uscire.

Non importa se il mondo è in stallo

e noi non sappiamo tutti i modi del canto.

È ora di rompere digiuni e silenzi, 

di rivelare il segreto celato 

dentro le cortecce, fino alla rinascita

che non si può mai dire quando accadrà.

 

*

Insiste la grave notte

Insiste la grave notte

oltre il davanzale disabitato.

Tra qui e il cielo si è smarrita la neve.

Allora dal cuore chiamo forte: 

– Venite! Luce, uccelli, gemme, 

iniziate il canto, fate la danza! 

Voglio toccare le cose invisibili! –

Qualcosa manca sempre

nell’inverno che ti portò via allora.

Questo grido domanda una visita, 

– la parola chiara, la voce sognata –

o un pianto di lacrime 

che bagni la povertà degli occhi.

Tutto è ancora soltanto mancanza.

La rosa ha solo spine.

 

*

Nell’ora d’alba, quando la luce

Nell’ora d’alba, quando la luce
appare e ha senso dire resurrezione,
l’inverno lascia ancora il suo gesto di stanchezza.
Allora io raccolgo con le mani
anche questo giorno di pioggia
che tratteggia sul grigio il suo cipiglio.
E mi sgomenta la bellezza che pure in ogni cosa vive
unica:
nella goccia lucida che fa lucida l’aria col bianco
e col celeste – con l’iride tutta –
e ovunque è riflesso il cielo.
E l’edera sempreverde del balcone insegna
al ramo nudo il rifiorire.
Dal silenzio germoglia il canto dei primi uccelli,
mormora il significato nascosto
– una preferenza –
e fa tremare il respiro per ogni piccolo dono.

 

*

Mattutino

Profumo intenso nella stanza.

Silenzio in pulviscolo d’oro.

 

Sul tavolo spoglio 

- terreno altare -

dal suo trono d’acqua e luce

il Giglio regna. Altissimo.

 

Un’epifania.

 

*

Che cos’è un seme

                                                                        A chi sa immaginare la primavera ancora
                                                                        durante l’inverno.

 

Un seme in terra è talmente piccolo. Un nonnulla
silenzioso e forte, promette non una o due, ma infinite cose.
Si sa del fiore e del frutto.
Ma vedi questo: la gemma appuntita che buca la scorza,
i primi petali sciupati come piume
di neonati nel nido, la delicatezza cresciuta fino alla mano. Il fiore
perfetto e i suoi colori, col profumo che parla 
in nome del verde e sprigiona qualcosa di irresistibile.
Dice “vieni e sarà per sempre”
e le api gli ronzano attorno e non smettono fino allo stremo 
ubriache d’amore.
Vedi il gonfiarsi lento del cuore che si fa bacca
per la gola del merlo e frutto bello 
pieno di Dio fino a scoppiare
a deflagrare vita in mille e più frantumi di bene
che il vento col suo braccio sparge
nei suoi domini di cielo, per il suo regno d’aria, su territori infiniti
fin dentro la cova oscura del solco e l’immobile attesa.

Ci penserà poi la pioggia e dopo il sole, e la speranza: sarà materia loro
esaudire il desiderio. Ripetere i passi della danza. Mantenere le promesse.

 

*

Non togliere mistero

Non togliere mistero
alla gracile erba o all’albero nudo,
alle soffici piume del passero,
– al suo vagare spaurito – né al cielo
che si colma di luce. Non dire:
il fiore è solo un fiore. C’è bellezza.
Del tipo che nessuno di noi può dare.
Chi ha fatto il tutto così graziosamente
– l’Ognibene che continuamente dona –
ha voluto anche abitarlo.
Inginocchiati e tocca
con le mani la terra. Vedi l’Altro
dentro questo mondo, l’Infinito
racchiuso nel palmo della mano.
Non togliere il Mistero. Contempla.

 

 

* il corsivo è di Clemente Rebora

 

*

Piove sull’anno

Piove sull’anno venuto.

Il mondo secco avrà di nuovo vita.

Una salute d’acqua scende in chiare gocce 

a ristorare. A fecondare. Penetra

fino alle radici. Fino all’anima.

E spero,

spero. Sì, spero.

Sarà erba verde che bucherà

il terreno, un vigore spingerà fuori gli steli

teneri. Il turgido delle gemme

tempesterà i rami.

Nella terra è già piantato un bene.

A maggio dirò delle rose.

 

*

Col freddo i viburni

Col freddo i viburni

soltanto hanno fiori,

indifesi, bianchi

della castità di gennaio.

Altrove è miseria.

Pochi bisbigli

e un dolore nascosto

che preme 

nelle nude cortecce, 

un grido tenuto

nella gola d’inverno.

Parole inespresse

dimorano in margini

a pagine, 

spazi sacri non scritti,

pazienti,

attendono segni.

Senza, si resta smarriti: 

provare mancanza

è universale materia.

 

*

Tu vieni con silenzi d’albe

Tu vieni con silenzi d’albe luminose, 

giorno, che tutto restituisci allo sguardo

e insegni la meraviglia.
Si spalancano gli occhi
sui doni del tuo apparire

ma per noi è tempo ancora d’attesa.

Manca la semina della neve.
Mancano i fiori.
Nell’inverno che tesse trame di brina

manca il loro impercettibile germogliare.

 

*

L’inverno scrive

 (Immagine dal web)

 

L’inverno scrive le sue parole

in margini bianchi, 

sulle siepi e sugli abeti, 

lungo le rive spoglie 

di un lungo desiderare.

Cade la neve

in cristalli perfetti

in cui si specchia lo sguardo

e la terra risplende

come il firmamento lontano.

Una luce si posa

sul miracolo di Dio:

la Parola finalmente detta

redime nel silenzio le cose,

trasforma l’oscurità del mondo

in chiara bellezza.

 

 

Che sia un Natale di Amore e di Pace e che ci doni le migliori qualità delle pecore di Betlemme: l’umiltà e la presenza nel Presepe. Poi la lana, il formaggio, i paesaggi innevati, le fiabe... E sempre nuovi giorni, come a Natale.

Tanti cari auguri a tutti!

 

*

Il vaso e la rosa

"Chi si stupisce regnerà"
(Agraphon tradotto da Clemente Alessandrino)

 

Io parto da qui
da questo primo riflesso di luce
non ancora guardato
che ha il senso di un appello.

 

Nel vaso la rosa
porta in sé un canto
e danza
il suo movimento d'amore
- un'incarnazione quotidiana -
e gli spazi che il sole rivela
tra le cose
sono corridoi per l'ascesa.

 

Coltivo lo stupore
come amo questa rosa
che regna incontrastata sul mio mattino.

 

 

*

Birdwatching

Nel mio inverno nascosto
allevo passeri e pettirossi.

Li nutro di baci e pagliuzze
grani di riso e stelle di neve
in cambio della loro danza alata
– un’antica magia.

 

*

Bianco silenzio

Il cielo e la neve
consegnano il silenzio
ai rami spogli
– sillabe smarrite tra noi e la sera –
 
Sola resta
la meraviglia:
la tessitura del bianco.

 

(Ieri pomeriggio - la neve a Milano)

 

*

Io parlo dell’amore

Io ti parlo dell’amore.

Di quello che conosco,

di carne e di terra

- forse è poco, a volte nulla -

ma oggi è lo splendore

di quest’alba che sorge nuova,

è il raggio vivo

che attraversa la pace del mattino,

la carnagione più accesa del giorno.

È mani e braccia, è albero e foglia.

Prato e pioggia e neve.

Io parlo dell’amore

che non ho dovuto cercare,

l’amore

che mostra il mistero della rosa.

Io ti parlo dell’amore:

ho solo la parola per dirlo.

Io canto l’amore

che sta al centro della voce.

 

*

Verrà la neve

Verrà con l’inverno 

la neve

a coprire i nostri atti incerti

a cancellare i nostri passi falsi.

Annullerà i confini conosciuti

i segni delle presenze.

Sono sfioriti gli alberi

poi sarà nuda la terra.

Di tutto ci priva il tempo

perché impariamo la mendicanza.

Nei giardini dismessi

i passeri vanno in cerca

di semi nascosti

- la rasserenante fiducia dei piccoli -

Io adagio la mia debolezza

dentro questa sera di dicembre

fatta di cielo e d’attesa.

 

*

La cura del ricordo

Ho udito il grido delle foglie
il loro schianto
il fragore della caduta
– lo strappo, la ferita –
e ora ascolto il suono
di ciò che manca
la voce nascosta di ciò che tace.

Se tutto si incrina
si consuma
si perde
in congedi irrevocabili
– se tutto diviene silenzio-assenza –
sarà compito la cura del ricordo.

 

*

Sul ciglio

Gli occhi fissi
sulla linea d’orizzonte,
nel punto da cui viene
il presagio della luce,
estremo limite
tra il nulla e l’inizio.

Siamo a un posto di frontiera.
Siamo sullo spartiacque,
curvi sulle pagine
come steli d’erba
gravati dal peso della neve.

Su quel ciglio di terra e di cielo
noi scriviamo poesie
e attendiamo
l’unica possibile sorpresa.

Solo Dio fa nascere la rosa.

 

*

Fa notte

                                             …se l’anima
                                             scende dal suo gradino, la terra muore.

                                                                         Amelia Rosselli

 

Fa notte.
Si spalanca la porta del silenzio
ne nascono stelle.
È lì che mi ricordo di te
mia anima.
È passato un altro giorno
sono cadute nuove foglie
semi sparsi incautamente
e andati perduti.

Quando mi senti sussurrare piano
la notte
dico per te preghiere fitte
perché tutto torni nuovo domani
torni la rosa sul ramo.

Ti affido a questa culla di bellezza
– cielo infinito che mi chiama –
per salvarti
per salvarmi.
So che ti riavrò in volo
bianca colomba
e canterai ancora
canterai con voce di bambina.

 

*

Non è mio

È mio e non è mio
questo canto
che l’alba ha ridestato
puro come la neve
che fa del mondo una distesa 
intatta.

Estuario di fiume
che entra nel mare
dove l’acqua con altra acqua
si confonde.

Vieni da me.
Metti la mano
e senti
tocca il mio polso e senti
il meridiano del cuore.
Senti
l’intermittenza dell’amore
il battito che è mio
e non è mio.

 

*

Saprai che sono venuta a cercarti

Se il rame dei miei capelli
si confonderà col fulvo degli alberi
in combinazioni di colori,
saprai che sono venuta a cercarti.

Mi farò strada passo dopo passo
nell’intrico dei tuoi versi,

tra le pagine dimenticate 
e quelle ancora da scrivere.


Vivo è il pensiero di noi
sotto cieli percorsi da sciami di stelle,
ma non sono più incline alla notte:
troppi sono i rimpianti.
Dai passeri ho imparato
la fragilità come stato dell’anima,
 
ad accettare l’incertezza dell’amore
e la solitudine che spaventa.


Se non ti troverò, 
continuerò ad aspettare 
paziente
che la tua voce mi chiami 
da una terra appianata

e non tarderò neppure un istante:
correrò scalza tra le rose,

perché certo
 più ancora dell’alba
è questo mio esserti pertinente.

 

*

Gli alberi sanno

Gli alberi sanno che è autunno.
Mutano il verde in giallo

e in ocra scuro
quasi avessero una notizia
o la memoria.
L’aria inventa un mulinello
e solleva le foglie cadute
profezia
 di una rinascita
che fino al blu si innalza
.
Si consuma il cuore
in un desiderio di eterno.

 

*

Sarà questo l’inverno

Guardare la foglia che cade.
Immaginare l’assenza.

L’inverno sarà questo
incerto
paesaggio incolore
di alberi spogliati dal tempo.
Giorni come notti
e notti
tutte senza sogni.
Nessun suono.
Una mancanza che ti afferra
dentro.

Solo l’attesa di un segno.

 

*

Come foglie nel vento

Voglio annotare la bellezza 
di quest
’ora.
Il mattino apre le sue porte, 
l’autunno canta 
nel rosso 
degli aceri
infiamma il cielo.
So da sempre della luce
– e della Grazia –

eppure ogni volta è stupore: 
fin qui la
 notte, da qui
la verità
 delle cose.
Mentre si dispiega l’alba
voglio segnarlo nediario, 
perché la dimenticanza
è un fiume nascosto
che dilava i giorni,
loggi ci sfugge dalle mani 
come 
foglie trascinate dal vento.

 

*

Da sempre

Da sempre,
all'inizio, c’è un grembo. 
Una madre, un luogo, un tempo.
È grembo questo cielo,
ventre eterno
che dalle doglie della notte
partorisce il giorno.
Vedi,
mon ami,
tutto nasce da un travaglio,
da una ferita,
la perla
dalla valva violata dell’ostrica.
Senza crepa non filtra la luce.
Matura la vita nella zolla spaccata,
nel mistero di solchi dorati
come piaghe lucenti *
che generano bellezza.

 

 

* espressione mutuata dalla raccolta poetica di Giovanni Baldaccini,
   per gentile concessione dell'Autore

 

*

Silenziosamente

Tra il carminio delle foglie

si scioglie il tempo

e torna splendido il ricordo: 

cammino lungo l’autunno

cercandoti

con gli occhi feriti 

da un incendio di colori.

Presto sarà nebbia il respiro

degli alberi.

Raccolgo memorie 

dai luoghi lasciati 

quando tutti vanno via.

Amore e pietà affiorano

e il segreto piacere della nostalgia.

Silenziosamente 

mi arrendo al suo venire.

 

*

Sempre nuova

Il tramonto d’autunno

ha un frastuono di colori.

Poi tacerà il cielo

in un unico mare 

portando la sera

con la sua malinconia.

Un silenzio pieno sale

e mi somiglia.

Ma bisogna restare 

dentro la parola

che non rinuncia a dire

lo splendore.

In giardino gli alberi 

sono gli stessi

sempre nuova la meraviglia.

 

*

Solamente questo

Anima mia

vorrei 

tu fossi un gesto semplice

un bagaglio leggero

il respiro lieve

che dà l'abbrivio al giorno

l'istante in cui passo 

la frontiera

tra una pioggia di foglie

in un cielo terso

che anche gli uccelli

preferiscono guardarlo

capace di ricongiungere

assolte

tutte le storie del mondo.

Vorrei tu fossi preghiera

un canto piano

o una sola nota breve

una semiminima

sul pentagramma immenso

di un cielo così.

Solamente questo.

 

 

 

*

Sul finire del giorno

Ottobre a Chapaize

ha il rame nei capelli

e la gioia dell’oro 

sulla campagna -

c'è sempre

la pietra su cui sedemmo

e quella nostalgia 

che lega ogni cosa.

Ci sarà ancora

il riflesso di noi

nelle vetrate

e l’eco delle voci

tra le volte antiche?

Dimmi,

il ricordo è solo

l’ombra allungata 

d’un tempo felice?

Sarà il rimpianto 

tutto ciò che resta?

Eppure l’autunno ci sfiora

e noi ancora ci apparteniamo

mentre mi parli

sul finire del giorno.

 

*

Fra la notte e l’alba

                                    A tutti è dovuto il mattino, ad alcuni la notte. 
                                    A solo pochi eletti la luce dell'aurora. 

                                                                         Emily Dickinson

 

Fra la notte e l’alba
è l’istante in cui nasco.
Attendo il suo venire
pur se il cuore sospira per le stelle
di cui nessuno dirà
 più il nome
per l’apparire di ore chiare.
Dove apre la sua ruota il giorno
inizia
 la musica del mio respiro
e si illumina 
l’aria.
Tutto è essere in questo 
splendere.
Nulla più mi manca:
beve luce la terra,
aperti, i calici dispensano balsami.

 

*

Ha mutato i giorni

Ha mutato i giorni 

settembre

con richiami di pioggia

e l'estate scomparsa dalle città 

e dai volti.

I passeri si confondono

in un cielo che ha perso il colore.

Le stelle svuotano la notte

lasciando brividi d'abbandono.

Si fanno avanti

forti

i ricordi 

a rendere più acute le assenze.

E’ stato un sogno breve

come questo tempo che passa

e sempre toglie qualcosa.

E c'è una solitudine

del mondo 

e nostra 

a cui ancora non siamo giunti.

 

*

Natale era ieri

Per tutto agosto
non ho fatto caso all’edera
e lei si è seccata.
Ma del resto
anche le rose muoiono
irrimediabilmente
nonostante la pioggia.
L’estate è venuta
e se ne è andata
senza grandi proclami
bruciando un falò
di giorni tutti uguali.
Siamo partiti
per le mete agognate
e mai un pensiero
che andasse più in là
della porta di casa.
Se trascorriamo la vita
senza stupirci di nulla
cosa faremo
quando poche sommarie notizie
ci diranno
che Natale era ieri?

 

*

Divenire altro

Il cielo ha ormai segni evidenti.
Indizi via via più chiari.
Progressioni di luce
che sbiadiscono le impronte dei sogni.
Da questa terra spaccata
in attesa di benedizioni d’acqua,
come in un offertorio nasce il sole,
materia di fuoco che forgia le cose,
le trasfigura
prima ancora che lo facciano gli occhi.
Niente è più come nella notte,
tutto è già altro.
Noi siamo un continuo divenire altro.

 

*

Come una piega

Vivrà ancora della memoria
questa sera che ci trova
su rive diverse?
L’estate indolente
ha lasciato cadere la vita
tra le cose assopite,
persino le rose
non alzano il capo.
Dove sei
in questo istante
ardente e sottile
che si consuma rapido
come l’ultimo lampo di luce?
Scende l’ombra
e come ombra è il ricordo,
senza tratti il tuo viso.
E il tempo
piano sfuma i pensieri.
È come una piega su una pagina
che nasconde il tuo nome.

 

*

Il tempo del ritorno

Dal tuo perduto esilio, 
dal distacco che sbiadisce la memoria,
vedi il tempo del ritorno? 
To
rnare è sempre riconoscere una strada,
è tornare a sentire il profumo delle rose.
Nulla può crescere senza una terra
tu non sai più cosa hai dimenticato.
Il giardino è ancora lo stesso,
il luogo dove ho piantato il tuo seme:
 è sempre primavera.
Che ne è stato, cuore, 
del tuo desiderio di fiorire?

 

*

Occaso

Nel tramonto
il cielo
 sparge
la fiammeggiante porpora
acceso negli occhi
si va spegnendo il giorno
e dall’ultima rovente cenere
sale
 alto
il grido indomato della terra
l’urlo che preme
nelle vene del tempo
il battito continuo
che dentro la notte
coverà
 per noi
la domanda ineliminabile
della luce.
 

*

Starò muta

                                  L’infelicità è muta. (Simone Weil)

 

Ho pensato: starò muta,
nessun suono dalla mia bocca.
Relazione interrotta, censurata.
Dire non è di precetto.
Passo e chiudo.

Ma l'uomo è parola,
il suo esistere è dalla Parola
– Verbo all'origine –
soffio, respiro, voce
e il taciuto, l’omesso, il negato,
è silenzio-inferno.
Pesi morti le cose
senza chi ne dica il nome,
scogli nella nebbia
su cui naufragano i pensieri
come navi alla deriva.

Così, non tace il punto
in mezzo al petto,
incendiato.
Come il grido dell’aquila,
chiama a raccolta i venti
perché si levi ancora
il canto antico e nuovo
e l'ultima parola udibile
non sia mai "nulla".

 

*

Estate di nuovo

Estate di nuovo
sempre uguale a ogni altra:
calda
e densa come sciroppo.
Ore infinite
un vuoto da riempire
e nessuno a presidiare
il quotidiano.
Piovesse
sarebbe un diversivo
un appiglio
una scusa per la tristezza.
Ma un cielo piatto
e indifferente
non lascia scampo.
Rimane lo smarrimento
e una segreta pena
per i fiori che appassiscono.

 

*

Profili

Bordi.
Pure linee. Volumi ignorati.
Eleganza di forme senza sostanza.
In distanza
le curve di un corpo
lo skyline di una città:
labili contorni che la luce disegna.
Margini. Periferie.
Estremi confini
custodi d’un unico punto di vista.
Sagome.
Solo immagini parziali, in fondo.


Dov'è l’essenza vera delle cose?

 

*

Nessuno mi assicura

Almeno mi consola
il profumo carico dei gelsomini
ora che si afferma l’estate
quando l’azzurro è ovvio
e le infestanti affollano il giardino.
Avrei voluto durasse la primavera
coi suoi cieli incostanti
i rapidi passaggi di nuvole
il primitivo fiorire dei semi
e il verde che eccede lo sguardo.

Nessuno mi assicura mai che tornerà.

 

*

Tutto è accaduto

Stare sugli spalti di sentinella al giorno
per spiare il chiarore che colma l'orizzonte.
Tra l'intrico del caprifoglio scavare
per cogliere la parola non mia
l’unica da far risuonare
da portare in dono al tempo presente.
E quando la macchia
ancora soltanto promette la rosa
credere ai raccolti futuri
a cancelli inebriati di gelsomino e di miele.
Attendere desta fino a quando viene la sera
e scoprire che tutto è accaduto.

 

*

In maggio, la pioggia

In maggio, la pioggia
su viole scomposte
e ciliegi sfioriti,
sul giorno che passa
senza clemenza,
e la sera è già scesa
nell’ora sprecata,
quando, non sai.
Affoga la luce
dentro strati di grigio,
nei rovesci d’umore.
Il cielo è più su.

 

*

Al mattino

La madreperla del cielo
ha cresciuto il giorno
non c’è più distanza
diventano parole i sogni.
Il sublime è lì
nell’erba folta di maggio
eppure ti sembra tutto trascurabile
un da qui a lì ripetuto mille volte
a occhi chiusi
a memoria
un dovere.
Ma non si può negare la bellezza
che appare a tua insaputa
come l'amore
e questo istante da niente
è prezioso
tutto l'effimero che ti circonda
confina con Dio.

 

*

La rondine

Cielo liscio e trasparente
e io non sono la rondine
- la straniera -
alta sui confini
del giorno e della notte
pronta a varcare il mare
perché duri la primavera.
Un volo incompiuto il mio.
Senza ali di piuma
resto ancora incatenata
al mio desiderio
alle siepi di biancospino
alle nuove rose di questo maggio.

 

*

Ti scrivo

Ti scrivo da questa primavera
acerba e mutevole
come il battere del vento.
Le foglie mormorano,
riempiono ogni fessura
attraverso cui si mostrava ieri
il cielo bianco dell'inverno.
È un passato così vicino
eppure sembra già lontano,
scivolato via con il freddo.
Ora di bordura in bordura
viole, trifogli e margherite.
Il sole al tramonto
combina la sua luce sulle cose
e sul ricordo di noi due.
Vedo dileguarsi il giorno
mentre il cielo scolora lentamente
per trattenere, come la memoria,
l’ultimo bagliore dello sguardo.

 

*

Dove hai fatto il nido (2)

                        (in omaggio a Leonora, con gratitudine)

 

È svanita la mia voce
come un seme di fiore
soffiato nell’aria.
Le parole sono cadute
oltremare
dove non ho casa
né memoria.
Potrà un canto
riportarti a me?
Sosto nel sogno
dove ancora posso
lasciare il dolore
tenerti per mano
su una via immaginata
e sul pendio del tempo
trovare il tetto
dove hai fatto il nido.

 

*

Dove hai fatto il nido

È svanita la mia voce
come un seme di fiore
soffiato nell’aria.
Le parole sono cadute
oltremare
dove non ho casa
né memoria.
Potesse un canto
riportarti a me!
Sosto nel sogno
dove ancora posso
lasciare il dolore
tenerti per mano
su una via immaginata
e sul pendio del tempo
trovare il posto
dove hai fatto il nido.

 

*

Ricordo in aprile

Nella solitudine di questa sera d’aprile

la memoria è un passaggio obbligato.

Torna quella sospensione, la distanza,

il vuoto che hai lasciato.

Tutto fiorisce con l’acqua di questa primavera

e se tu fossi ancora qui vedresti l’edera

verdissima aggrapparsi al quotidiano

come facevamo noi, chiedendo tempo

quanto più possibile da strappare al dolore.

Ma i giorni sono regalati uno per uno,

da recitare sui grani d’un rosario sacro.

In lontananza già sfumano le luci del tramonto

e i tralci abbandonati del glicine

sono imperlati di lacrime viola.

 

*

Oggi un’aria

Oggi un’aria
di nuovo aspra e irregolare
mi ricorda
che la primavera avanza a tratti.
Punti di luce
e ancora momenti di buio.
Non mi rassegno, però.
Cerco indizi,
tracce al margine
del terreno praticabile
che affermino la speranza.
Anzi no, il miracolo.
Presto ci inonderanno
i caprifogli.

 

*

Le api e i gigli

Metti un giorno di primavera
l’invadenza dei convolvoli
e le api dalle ali di vetro
che vibrano nell’imbuto dei fiori
bevendone i succhi preziosi
e ti chiedi ragione dell’affanno del fare
mentre i gigli immobili al sole
hanno in dono vesti regali.

 

*

Sillaba unica

Soffio
sillaba unica
libertà umana
che accorda all’Essere
d’essere
dentro la carne
a redenzione.

 

*

Resta solo il cielo

Resta solo il cielo
quando la sera scende,
anfiteatro immenso
nell’ombra che viene lieve,
mentre scompare il sole
e con lui il mondo,
giù, oltre la cesura
che ci separa dall’infinito.
Dal suo grembo umido
sorgono i ricordi
e la speranza
di questo giorno alla fine.
Poi affioreranno i sogni
e la notte sarà un solco
che germina stelle.

 

*

In febbraio

Certi pomeriggi in febbraio
hanno una luce sfumata
pallida e tiepida
come il ricordo di una carezza.
Gli alberi portano in grembo
una voce rara
da ricercare con pazienza
o un presagio da considerare.
Io cammino lenta tra i viali
lasciando cadere
le mie briciole d’attesa
e l’infinita nostalgia dei fiori.

 

*

Cambia l’orizzonte

Cambia l'orizzonte
dei pioppi cedui
lungo i confini:
cielo di pianura
incostante
al passaggio di nubi
e vento che spoglia.
Muta il punto di fuga
e il paesaggio
mancano i segni
saputi.
Ma lungo i fossi
in margini di brina
credere ancora
che nascano viole.

 

*

Non è un’illusione

                                         a Ferdinando

 

Non è un'illusione quest'alba
di incontrovertibile luce
sorta a far chiaro il buio fondo
della notte.
Dapprima solo un accenno
poi bagliore che nomina le cose
e le descrive per noi.
Gli occhi ci dicono la verità
di quell'orizzonte di cielo
di quella striscia d'iride
che segna ormai un inizio nuovo.
Gli occhi non mentono.
Gli occhi sanno del dono
che strappa l'esistere al nulla.

 

*

Navigazione a vista

Si cancellano i segni quotidiani nella nebbia.
Camminiamo come ombre
procediamo a memoria per vie invisibili
guidati da luci appena accennate
che scompaiono un istante dopo
e rami d'alberi che sbucano improvvisi
nel grigiore del giorno
come puri cenni
apparsi a indicare una direzione misteriosa.

È così la vita, talvolta.
Pochi punti di riferimento intermittenti
e navigazione a vista
verso una meta che fatichiamo a riconoscere.

 

*

Midwinter

E’ freddo e profondo il cuore dell’inverno.
Ho sentito il suo silenzio farsi mantello
proprio di quella stoffa di cui è fatto il sogno
di cui si cuce la memoria con refe d’argento.
Ma è difficile tornare ai giorni verdi e d’oro.
La rosa rampicante è riversa sul muro di selce
nuda mostra solo bacche vermiglie
come piccoli grani di preghiera.
Ci vuole tempo per ricordare e pace.
Si appannano i vetri col fiato
e si possono scrivere col dito i nomi passati.
Passerà anche l’inverno
marcirà la neve sul ciglio dei fossi
si scioglierà il ghiaccio che imprigiona la vita
il suo declino sarà come la fine di un regno.

 

*

Fa così freddo

                                                    a mia madre

                                                    nei giorni che precedono il Natale

 

Fa così freddo qui.
Raccolgo le ultime foglie
sul terrazzo
per far spazio all'albero.
Vorrei appendere
le conchiglie del mare,
bianche, di madreperla,
che mi ricordino
il suono dolce dell'estate.
Ma fa freddo qui
e il Natale sarà senza di te.
Alla fine
non cambierò gli addobbi.
Sono quelli che ti piacevano.
Non mancheranno le luci.


Lo sai, aspetto sempre qualcuno

che ami sul serio i miei versi.
Fa freddo.
In cima metterò l'angelo d'oro.

 

*

Forse annuvola

Si ostina il caldo
lungo i fianchi insonni della città
come un tarlo del pensiero
che arrovella la mente.
Nessuna via di fuga
poche le speranze rimaste
a scrutare un cielo monotono.
Svolto l’angolo
inseguendo un refolo di vento -
anche i merli cercano ristoro.
Si implora un temporale estivo.
Forse oggi annuvola.

 

*

Il petalo vuole la rosa

Il petalo vuole la rosa,
il chicco gioisce solo della spiga,
promessa di pane.
Il suono grida la parola.
La goccia che cade dal cielo
si fa fiume sopra la terra,
un diluvio d’acqua.
Non basta all’ape
il nettare di un solo fiore.
Il minimo chiede il tutto,
il frammento l’intero.
E l’attimo domanda l’eterno.

 

*

Comunione

Il venire nuovo del giorno

è incontro con le cose
strumenti di domanda:
chi sei Tu che cerchi me
in quest'aria strana e fresca,
che chiami e mi corrispondi
con la tua voce delicata
fatta di un risveglio di vento
o del suono della pioggia sottile?
Potrò, forse, negarti oggi
se sento dire limpido il mio nome
tra le ramaglie dei boschi,
se mi è dato di incontrarti
in quest'ora inattesa e buona,
che fa di me e delle cose
un solo battito?