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Raccolta di poesie di Alessandro Macciò
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Il conto

E' breve il fremito che mi persuade

a spalancare gli occhi in piena notte,

e mi denuda senza sollevare

le coperte dell'incubo ammainato:

 

riflusso di amarezze tracannate

nel mosto dei propositi incompiuti,

che tornano per presentare il conto

e non nascondono quant'è salato.

 

M'invitano a spogliarmi,

e docile obbedisco.

*

Sabotaggio

Le palpebre socchiudono un diorama

che si spalanca ai piedi del mio letto

e sfreccia su autostrade senza casco

se non lo indosso è perché assisto

e chiamo "ribellione" i manifesti

appiccicati ai margini del tutto

impressi nel mio lento scivolare

sopra superfici già battute

- sopra, sì, ma con l'idea del sotto -

e l'idea non dissotterra i vermi

mi appaga già saperli nelle viscere

ignaro che capire dà una mano

a immaginare ma concretamente

a scegliere nemici imprevedibili

e imporre loro una belligeranza

che non è un velleitario contropiede

è un sabotaggio delle condutture

e la convalida è della ragione

*

Mi trovo a ripensare

Hanno piantato gli alberi

così celando il treno

e il suo sferragliamento

hanno tagliato gli alberi

il treno che ti porta

lontana eternamente

che penetrava i muri

perfino a non passare

che c'era onnipresente

nei giorni alla finestra

lo sguardo fisso ai monti

fumando interamente

hanno piantato gli alberi

malate sigarette

inverosimilmente

gettate di nascosto

per non dover ammettere

che si erano già spente

ben prima delle lacrime

hanno piantato gli alberi

adesso che non abito

è meglio poi che mai

che mai ritroverò

sparito l'orizzonte

non vedo più le trote

non sento più i binari

hanno piantato gli alberi

la prospettiva squadrano

squadrare è un po' schiarirsi

e formano una siepe

lo sguardo escluso come

volessero proteggermi

dal sordo imperversare

hanno piantato gli alberi

e nel silenzio pieno

di questa fissità

mi trovo a ripensare

senz'ombra di rimorso

che tu hai piantato me.

*

Un’altra bicicletta

Non sono stati pochi i danni

né i dilemmi, sul tuo telaio

che mi reggeva da tre anni:

il copertone è sceso a terra,

il parafanghi s'è inclinato

e s'è scalfita la forcella.

 

Malgrado i segni dell'usura,

ti ho sempre fatta riparare

con amorevole premura:

sono problemi passeggeri,

mi dicevo, per poi tornare

al tuo sellino volentieri.

 

Ma quando ti hanno tamponata,

ci ho messo un attimo a capire

che la tua sorte era segnata:

la ruota non girava più,

così ti ho presa e ti ho posata

accanto al cassonetto blu.

 

Ora dovrò guardarmi attorno,

cercando un'altra bicicletta:

sarà una lunga pedalata,

in rapidissima salita.

*

L’interruttore

Abbasso piano la serranda

sul box che custodisce l'auto

e sulla nostra storia esangue,

che lentamente va spegnendosi:

si spegne pure, all'improvviso,

la luce a tempo del garage,

precipitandomi nel buio

di solitudini rimosse.

 

Avanzo cauto a braccia tese

per incontrare qualche appiglio,

tra i muri un tempo familiari

dell'infanzia - e rassicuranti:

ci si giocava tutti i giorni

e li sapevo palmo a palmo,

con le lamiere come reti

e i labirinti immaginari.

 

Appoggio il dito sopra al tasto

con incredibile aderenza,

e mi stupisce indovinarlo

ancora adesso al primo colpo:

lo premo per intravedere

remoti aspetti di me stesso,

per ritrovare confidenza

con la mia intatta identità.

 

Illumina l'interruttore

il mio cammino nel futuro:

e lascia in ombra il nostro amore,

mentre rasento il vecchio muro.

 

 

*

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