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Raccolta di poesie di Valentina Corbani
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Qualcosa resta

Sì, il tempo cura ogni ferita, e la rabbia alla fine sparisce –

Sì, forse l’amore può anche passare, e un cuore dolente si può curare –

Qualcuno che è partito può ritornare –

Ma qualcosa resta.

Resta la ferita aperta, il dolore originario, la pena, la solitudine,

il formicolio alla punta delle dita.

Resta la porta aperta, spalancata e vuota per cui qualcuno se ne è andato.

*

L’amore e basta

E se si amasse e basta?

Se non ci fossero condizioni

previsioni

momenti buoni o no.

Se si amasse come ci si alza il mattino,

come di notte ci si corica.

Se si amasse come si prega,

come si saluta un amico per strada,

come volano i colombi in cielo;

se, amando poi, si sentisse che la vita è facile,

che l’amore è semplice.

Se si amasse e basta,

senza pretendere nulla,

senza venir amati in cambio.

E’ l’unico amore riconosciuto:

l’amore condizionale,

l’amore senza ritorno.

*

La luce è attraverso te

Se tu brilli –

perché è così: brilli –

non c’è buio, né tempesta

                       o infermità

che possano condannare la tua luce all’oscurità

cui

solo chi non è oro,

chi non è perla preziosa

come tu sei,

è condannato.

                                                                                     You gather the light against you.

Ascolta, ascoltami:

è bello volare,

ma non lasciare che le nubi ti si richiudano sotto,

passale in tempo,

sii pronto,

anche a un’impennata di cinquanta metri.

Sotto le nubi c’è l’eternità –

e si muore.

 

Le serbo rancore,

ma seguito a scrivere. Per lei.

Usted è una delusione continua –

in un certo senso –

ma non posso non amarla.

Basta un “Buongiorno”,

                                           Io la guardo e la amo

                                                            e io perdo –

non le abbandono, ma perdo – ogni difesa.

 

*

Non parlo di te

Non parlo più di te.

Non pronunzio ad alta voce,

in faccia agli altri il tuo nome.

Non parlo mai di te.

Non mi metto in bocca quello che sei stato,

fingo di non averti conosciuto.

Non parlo di te,

perché il cuore è colmo: e un cuore colmo è muto.

Non parlo,

ma se parlo non ti lascio mai con gli occhi,

sempre ti vedo,

vedo te,

e sono sicura che non uno dei tuoi gesti,

non una tua parola,

andrà perduta.

*

Io sono gli altri

Io sono gli altri: quelli che non conosci e che salvi.

Sono quelli che non hai mai visto e che ti vogliono bene.

Sono quelli a cui hai mostrato un giardino fiorito: si semina insieme ma i fiori crescono da soli. Non serve stare lì ad aspettare.

Io sono quegli altri per cui tu hai scritto, se mai hai scritto per qualcuno.

Sono quelli che si girano e rigirano nel letto per trenta pagine;

sono quelli da cui l’amore fugge.

Si ama soli perché non si viene amati in cambio. Non serve stare lì ad aspettare.

Io sono quelli:

quegli altri che starebbero male se non ci fossi stato

                                                    e non avessi scritto.

*

Sotto i ponti di Abelardo

E la bellezza sola è prodotta dalla letteratura che è il risultato della sofferenza. E la bellezza sola può contenere l’esplodere, lo sciamare della sofferenza che fluisce nella letteratura.

“E una sola cosa è necessaria alla nostra società.

Ed è che ci sia da qualche parte un’opera d’arte

[o qualcuno che produce un’opera d’arte,

che ogni volta che la visiti susciterà infallibilmente in te

delle emozioni”.

Perché cantando l’amore, a volte lo si trova,

[ma

scrivendo della sofferenza che da esso,

una volta che lo si è trovato,

inevitabilmente deriva,

non si trova conforto? –

canta la sottile voce degli uccelli che non dà pace.

E dove trovare la pace se non ce l’hai? –

“quegli alberi elisi

per il sereno

sotto i ponti di Abelardo

quegli alberi sono serenità”.

πάυτα ‘ ρεϊ

*

Ti scrivo con gli occhi

Ti scrivo con gli occhi

(a mia madre)

                                         

Non so più parlare e ti scrivo con gli occhi quello che ho da dire.

Voglio dire “ti amo”, “ti voglio bene” e “perdono” –

te lo dico con gli occhi perché non so più parlare.

 

Non so camminare e ti scrivo con gli occhi:

“accompagnami in bagno”, “lavami” e “vestimi” –

te lo dico con gli occhi perché non so più parlare.

 

Non so respirare e ti scrivo con gli occhi:

“aiutami, soffoco, non mi lasciare” –

te lo dico con gli occhi perché non so più parlare.

 

Te lo chiedo con gli occhi di ritornare,

di fare silenzio,

di starmi a sentire –

te lo chiedo con gli occhi:

io non so più parlare ma se taci un momento e mi ascolti,

sentirai cosa voglio dire.

 

*

L’amore siamo noi

L'utilità e il senso,
se ammettiamo che un senso ci sia,
l'utilità dell'amore sta tutta nel fatto che esso non è in noi:
esso è noi.
Giacché io credo che non sia l'amore ad essere paziente e caritatevole,
buono, dolce e forte: siamo noi.
Noi siamo pazienti e caritatevoli,
siamo buoni, dolci e forti;
e l'amore in noi lo diventa -
come un riflesso.
Cosicché solo amando sempre possiamo vedere chi davvero siamo.

*

Che cos’è la vanità

Anche ai giovani un po’ di quiete e non solo lasciare che un vecchio l’abbia, poiché “ciascheduno dall’Amor è percosso” –
Così ognuno, più che d’altro, ha bisogno di quiete, di pace, di un luogo tranquillo dove sedersi e,
finalmente,
riposare. Riposarsi da tutte le fatiche, da tutte le amarezze e dai ricordi.
Ma tu: non ci credere.
Non cercare questo luogo nella voce o nelle mani di qualcuno perché non lo troverai:
non bisogna confidare negli uomini. Mai.

Bisogna aver camminato molto – soli;
bisogna aver avuta molta paura;
bisogna aver pianto molto e molto sofferto – soli.
Essersi soli abbracciati la notte,
soli essersi dato un bacio e posato, piano, la propria mano sulla propria guancia,
essersi carezzati piano – perché si è più belli se ci si carezza il viso,
mentre – soli – ci si diceva: “Sei bella”, “Sei buona”.
Essersi, malati, curati – soli;
non essersi perdonati mai –
Aver visto la pioggia e il sereno a una finestra – soli, in una grande casa vuota.
Bisogna aver fatto tutte le cose più belle –
soli,
per conoscere la sofferenza e sapere che è reale.
E conoscere che cosa è e che cosa non è
[Vanità.


“Avere fatto in luogo di non avere fatto,
questa non è vanità”.


Ti senti solo,
e lo sei –
sei a baby in the woods.

*

Ci sarà sempre un soffio di vento

Ma poi

ci sarà sempre un soffio di vento,

un odore,

un colore,

una scritta scolorita appena

che te lo renderà presente un’altra volta.

E ancora

e ancora

per sempre quel momento di eterno dolore,

quell’unico amore da cui tutti gli altri dipendono.

*

Bisognerebbe sedere calmi

Bisognerebbe sedere,

sedere calmi

e guardare fissi le mani che si uniscono in preghiera.

 

Bisognerebbe,

seduti calmi,

fissare come i muscoli della gamba si tirano appena

impercettibilmente

quando le ginocchia si piegano,

quando le mani sono unite in preghiera.

 

Bisognerebbe sedere calmi

a fissare mille teste che si abbassano

a toccare mille mani unite in preghiera

su mille ginocchi che toccano terra.

 

Bisognerebbe calmi sedere

e guardare quei mille occhi

e tra quei mille trovare il pensiero

il filo di dolore o di speranza

l'assoluta nostalgia

la perpetua assenza di chi si sa che non può tornare

e calmi notare come tutto si mescola

e in quale misura si crede a quel "sia fatta la Tua volontà".

*

La verità

La verità è per i pazzi,

per i bambini,

per gente allegra e forte.

La verità con tutto il suo peso

è per quelli che sanno di essere amati,

e di esserlo comunque,

qualunque peso abbia la verità,

qualunque essa sia,

qualunque cosa porti,

da chiunque ci separi

sapendo che non è per sempre.

Bisogna avere delle spalle molto larghe per tutto questo.

*

Padre Nostro

Padre Nostro, è questo il Tuo problema: che stai nei cieli, e noi quaggiù, sulla terra, sotto i Tuoi cieli.
E' difficile, sai, santificare il Tuo nome, quando ci si sente disprezzati da tutte le parti, eppure, Padre Nostro, sono questi - i disprezzati - loro sono quelli che Ti lodano di più.
Padre Nostro, sì: venga il Tuo Regno, ma troverai ben triste governare qui: piedi stanchi, facce tristi, cuori colmi; e come fare la Tua imperscrutabile volontà, quando si chiede e non si ottiene nulla oltre il Tuo silenzio? Mai nulla. Solo silenzio.
Padre Nostro, lo sai? Com'è in cielo non è in terra.
E' questo il Tuo problema: prova a tornare quaggiù, e vedrai che, qui, non basta mai il pane quotidiano.
Padre Nostro, noi, qui, non abbiamo debiti né debitori; non ci sono domeniche né riposo né sollievo dalle fatiche.
Qui non pecchiamo di troppa felicità, dunque lasciacela una tentazione a sentirci un pò vivi.
Padre Nostro, se davvero vuoi liberarci dal male, torna. Verremo a prenderti, se necessario.
E' questo il Tuo problema, lo sai?

*

Attaccare il cuore al cielo

Agganciatelo al cielo, questo vostro cuore,
o a un prato,
a una montagna,
a un fiore -

Agganciatelo a un ricordo breve di frescura estiva.

Attaccatelo saldamente all'odore di cera,
a una candela appena soffiata -

Legatelo, questo vostro cuore, all'urlo di gioia
o allo stridore del pianto.

Agganciatelo al cielo.

Attaccate il vostro cuore al sapore della cioccolata
o all'odore dell'erba appena tagliata.

Legatelo, con nastri sottili, a una stella che più delle altre splende -

Agganciatelo vigorosamente a un quadro,
alla scrittura,
alla musica.

Agganciatelo al cielo.
A qualsiasi cosa che non sia umana.

*

C’è ancora speranza

Stare attenti a non perdere mai la propria presa sulle stelle:
è tutto qui.
Girarsi al ritmo dei girasoli,
piangere come fosse pioggia capaci di ridere subito dopo.
Essere seri nella vita come lancette di un orologio non dimenticando che il tempo è soggettivo:
è tutto qui.
Non perdere di vista il cielo,
non perdere la propria presa sulle stelle,
inchinandosi come i girasoli si inchinano con umiltà al sole:
è tutto qui.

*

POESIA I

Io sono gli altri: quelli che non conosci e che salvi.

Sono quelli che non hai mai visto e che ti vogliono bene.

Sono quelli a cui hai mostrato un giardino fiorito: si semina insieme ma i fiori crescono da soli. Non serve stare lì ad aspettare.

Io sono quegli altri per cui tu hai scritto, se mai hai scritto per qualcuno.

Sono quelli che si girano e rigirano nel letto per trenta pagine;

sono quelli da cui l’amore fugge.

Si ama soli perché non si viene amati in cambio. Non serve stare lì ad aspettare.

Io sono quelli:

quegli altri che starebbero male se non ci fossi stato

                                                    e non avessi scritto.