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Raccolta di poesie di Salvatore Pizzo
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Ineffabile

"Ineffabile" è il sentir delle pietre,

intanto che la pioggia le arrotonda

ed alliscia al tatto che le accarezza,

prima di lanciarle a pelo d'acqua:

 

ecco il vorticare di giorno e notte,

ch'è vibrar d'aria turbata da massa

d'un sasso che più e più volte rimbalza 

su specchio, infine andando per abissi.

*

Carne da macello

A occhi chiusi e labbra dischiuse al sole

ridevo in faccia al cielo oggi: è arroganza

di chi pensa di saperne di più, 

lo so. Ma che dir della teoria

più stupida che ci sia? Paranoica

teorizza la sostituzione etnica,

(cioè che faccian venire da altrove

disgraziati senza alcun dove e illusi

per sostituir noi disgraziati e frusti)

ignorando il fatto che la macchina

già ci ha sostituiti noi genti tutte:

dopo averci risucchiato ogni cosa,

nozione o ricordo dall'intelletto.

Sol carne da macello ci han concesso

d'essere: prede in trincea dei droni. 

*

Masticando petali di miele***

Vendi fiori con sorriso di vento,
tristezza recisa rivendi appesa.
Con labbra umbratili dispensi baci:
carnalità d’un soffio intenso vibra
d’animale stretto in spelonca d’ossa.

 

A masticarne lo stelo d’asprigno
a mordicchiarne i petali di miele
la tua bocca d’ombra è un bacio che sfiora
la fronte con febbre diffusa fiamma.
Carne disciolta forse sei l’inferno;

 

forse il paradiso: fa che le stelle
rimangano lì, c’erano già prima
e volevo già comprarti fulgore
fiore che tra dita scintilli azzurro
con tremori e gemiti dilagando  

 

dolore maledetto che giunge urlo
fino a smorzare d’ogni altro domani
i versi goduti. E sai già anima mia
l’evocare che non verrà mai meno
felicità per il tuo essermi esperia.

 

Nubi appena levigate saremo
nello spazio l’aggrovigliarsi strenuo
d’instabile gassosità che ottunde
nebulosa dalla bellezza algida
necessitante anche e solo favilla

 

woodenship  28/05/2012 (riletta)

*

Non solo l_otto di marzo

Quel che m’intriga tosto
è una pietra non scritta
apposta tra virgole:
inciso, inciampo inviso
che non si ha che dirne altro.

Donna, bersaglio in preci
fiondate contro i lumi.
Un tempo mai avrei detto
che potesse far pioggia,
in giornate  dal cielo
terso, astratta mestizia.

Seppure l’ingiustizia
in lacrime ti sciogle
che te ne viene ruga,
tu donna, che dell’acqua
hai la forza di goccia,
dal dolore trai  forza.

A un uomo, è negazione
di beltà, a dargli forza
ch’è morte all’altro da sè.

Non è natura, donna
guarda: non è natura
che ti si neghi vita.

*

Ghiaccia pure la voglia

Oggi aria gelida ancora sui poggi:

in giro solo miraggi d'un qualche

raggio fugace tra nidi deserti

ove ancor di nidiata non vi è traccia

si che ghiaccia pure voglia d'andare

in cerca di primavera precoce.

*

In eredità rancorosa messe

Sono attimi di sgomento e sconforto ,

quelli che in versi ci consegnan stanchi

all'orrore inscritto al muro del pianto:

 

prosciugato d' umanità è da un pezzo

sebbene ancora in molti, un tanto al chilo,

ci facciano lamentazioni accese.

 

In fondo coloni sono del nulla:

son chi assilla e s'arrovella ch'è sacra

l'eredità  d'un fazzoletto in terra

 

steso tra mare e Giordano, con odio

arati i campi e col sangue irrigati

si da sopravviverci male bestie.

 

Ma quale dio, anche esistesse maligno,

potrebbe mai concedere patrigno

in eredità rancorosa messe?

*

Casa è parola

Casa è parola di due sillabe e piana,

lettere accusate d'essersi accasate

le sillabe: fonemi che fanno linguaggio

domestico, tanto in cucina ai fornelli

che sul divano in tinello dinanzi alla tv.

Dicasi muri portanti, tramezzi, pavimenti...

e travi: vene in cui ci scorre armato il cemento,

perchè dovrebbe cementarci individui sotto il tetto,

come pure in camera da letto tra i guanciali;

vita dalle geometrie imaginate nel disegno del progetto.

L'architetto ha solidificato il sangue in calce,

pensandolo forma stabile dai balconi sul mondo:

condivisibile di sentimenti e apprezzabile,

nelle ragionate finestre aperte e negli angoli in squadra

per muratori consci della necessaria compattezza

di mattoni linguistici, come per i pilastri la logica...

La poesia è amore per quella parola 

che si fa casa di un sentimento

intanto che il cuore la distilla.

*

Par mare l’inverno

Par mare l'inverno! Lo sento

così algido nella sua danza

che s'avanza fosca movenza

volteggiando bassa di nubi. 

È brezza che s'avvita e sprizza

onde d'aria che esonda e frange 

distratta, risucchiando foglie, 

sterpaglie e orme stinte da zolle.

Anche quando t'abbaglia freddo

ch' è viscido il sole tra nebbie

e i merli sgusciano via lesti,

ha un senso l'inverno a esser mare:

chiedi ai rapaci che, di becco, 

si tuffano dai rami nudi

alti, sognandosi gabbiani.

*

Dimmi ch’ è ancor giovane la notte

Grazie mia cara, ora ch’è avvento e ghiaccia

a poco dal solstizio, per avermi

rimboccato le coperte ieri notte:

ho dormito davvero bene in terra

madre. Tanto che non intendevo storie,

per uscirne fuori da quelle coltri.

Si che il giorno fosse ormai fatto pieno.

Per il resto non ho le competenze,

ma nemmeno gli strumenti che vorrei

per dar vita ad un simile connubio.

Il lavoro di scrittura richiede

solitudine,  riflessione, amore,

silente esaltazione: sofferenza!

Il dolore dell’esistenza ti apre

a sentire tutto, il rantolo pure;

come anche dir d’adrenalina, prima

che ci si schianti contro il muro vero.

Spesso la scrittura è questo: lavoro,

note oscure che, nell’inconscio a fondo

rimangono a pender dalle palpebre,

come sipari rei d’obliare, calati

sulla tragedia dell’esserci…forse

potremmo partire da qui: raddoppia

verdi i miei occhi con i tuoi. Lavoriamo

come tu dici a quattro occhi: dimmelo

se possiamo trarne versi da questo

grezzo scriver dello stato dell’arte.

Dimmi che ancora è giovane la notte!

*

Con d’intorno l’ignoto

È pieno di gente che non conosco

il mondo: ci cammino tutti i giorni

e me ne do di conto molto spesso

che non c'è nessuno ch'io possa dire

a me noto. Hanno tutti facce ignote

coloro che mi incrociano per strada.

Certamente lo sono anch'io per loro

pur quando mi aggiro alieno per casa:

oggi, volevo darci fuoco al mondo,

tanto mi era sì estraneo e distante

avvolto in polveri che luccicano

d'un dicembre che s'intona male,

come abito scuro gessato liso  

indossato al cenone di fine anno.

*

Digiti panico

Il cielo stellato è un friggere d'astri

infinito: ti schizza fuori in feedback 

dalle pagine web, si che di pace

digiti nel panico l'utopia,

dando la stura al frizzar di faville

lassù, nell'universo virtuale

ove un tappeto si fa firmamento, sul quale appellarsi senza tempo: ti sfuggono fuori, dalle mani giunte, galassie rutilanti d'intenti, infiammando volute di scintille sui palmi.

Vola celeste, unico e al tempo stesso

molteplice: ti scorre fuori in vampe

dai polpastrelli, intanto che strisciando

s'allunga scintillando il vorticare

di onde lassù, tra i fiochi echi flottanti

dell'imbrunire d'astri in buchi neri.

*

L’anno che va

già gli alberi si stremano  di loro

tra richiami e voli di ramo in ramo

che poi è col vento che si stordiscono,

ed ancora è piacevole sentirli.

 

Il loro si fa grido quando sorda 

ne morde il tronco la sega o ne scheggia

il legno l'accetta. Oppure ne incide

corteccia mano d'amante che non ama

 

e ha un cuore che neanche bomba sbreccia

tanto si è perso tra ruderi e ceppi

che pare di granito persino ora

che il solstizio ridonda di mestizia

 

... ne ho sentito tante grida di alberi.

Come anche di uno stormire sui tetti

all'aria che sapeva di neve e fumo

crepitio di tronchi nel camino arsi. 

*

... un verso altro, per non dir nuovo***

Il passato è una parola sfuggita

stupida aria data ai denti e rimpianta.

Talvolta occasione perduta resta

come marchio d'infamia impresso a fuoco.

 

Il presente è  parola che non trovo.

Mi dilania perché ce l'ho nel cuore

 che fuma, sfuma e offusca senza uscirne

a conforto per quel che tanto duole.

 

Il futuro è parola ancor non detta:

nel buio dell'altrove giace non vista

inaudita perché ignoto fonema

d'un verso che si suppone diverso.

 

Forgiato chissà dove a guisa d'ali

lo si vorrebbe tanto per viaggiare

per oscuri flutti di un mondo nuovo

senz'altro migliore per un verso altro.

 

***Un augurio un inizio dei migliori.

Di cuore

E che serenità sia ancor più per l'anno che s'avvicina nuovo: possa essa calar le ali sui nostri cuori, acquietandone travagli e dolori.

                                   ......w......

*

Era di giugno***

Erano questi gli arbusti, sicuro

ne sono: sapevan tanto di morte,

così vizze le foglie sui rami stecchiti,

avvolti in sudario candido e denso

di ragnatele. Poco più in là stava

l'uomo in pietra sotto il ginko biloba:

stanco e sordo agli schiamazzi di fine

scuola, in quell'andare di gavettoni

nel viavai di sole e luna di giugno.

Ora, che il solstizio s'appressa inverno

e le pupille tornano a spandersi,

verdi li trovo che brillan radiosi

come non fossero mai morti invero.

 

Mi direte: che c'entra giugno con dicembre e le festività in divenire? Nulla all'apparenza, ma se si tiene conto della circolarità delle stagioni, ecco che può sembrare fulmineo andare da giugno a dicembre in un batter di ciglia, ritrovandosi a farsi gli auguri di buone feste.

Auguri tanti e di cuore: possano queste festività essere occasione di rinascita e serenità.

Un abbraccio a stretto giro d'orizzonte

........w..... 

*

Se di altro o di nulla

 

 

I luoghi riesco a fermarli in memoria,

sempre. Si che ci arrivo a primo colpo

senza attardarmi per vie tortuose.

 

Come tornarci, è il rebus che mi assilla:

finisce che prendo strade mai viste 

prima, perdendomi in giri viziosi. 

 

Tutto perché ho labile nella mente

il tragitto già vissuto e sofferto

tanto d'assomigliare a un cimitero.

 

Da ragazzino andavo al cimitero.

Dicevano che c'erano le tombe

dei miei nonni da quelle parti. Sotto

 

i cipressi cercai a lungo e senza esito

I miei nonni al cimitero. Una sera

che ci fui in processione, a messa

 

vespro di maggio e calda era la sera,

scoprii piuttosto l'ossario. Mi chiesi

tra un rosario e l'altro, tra ombre di fede

 

e fiammelle di ceri penitenti

cosa ci facessero lì tante ossa

confuse: un bailamme di crani in sonno;

 

toraci deprivati di costole

cuori e speranze; trincee di tibie

dai clamori azzittiti di mascelle

 

cadenti e rotule tremanti; sterni

scarniti  d'amori in dimenar d'anche

pur gravanti femori opachi e rotti.

 

Domicilio ultimo, ove tutto torna

fonte d'origine e sospesa meta

luogo ch'è caos  d'indistinti resti.

 

Eppur convinto d'esserci già stato,

sono, sebbene della strada fatta

ormai senza averne contezza

 

alcuna, tale che mi permetta ora

e sempre, d'andare e venire integro

per dirne a voi se è luogo di altro o nulla.

*

Non lo sanno gli stolti

Anche l'acqua quest'anno è virtuale

immateriale coscienza selvaggia

s'acquatta nel web rifonda e rimuove:

per certi luoghi ha cascate di pixel

 

; per altri, diverse contrade, si enfia,

correndo sui marciapiedi e, sbattendo

contro porte, s'infila in letti e sogni,

fangosi incubi esondando reali...

 

che grandini, grossi chicchi impietosi,

sui gradini del sagrato del tempio

all'accidia, non lo sanno gli stolti

ch'è  segno dalla fonte delle nubi:

 

ove arde regno dei venti perversi 

a parte di un cielo senza ritegno

volontà non si rassegna che, a terra

si specchino individui indigenti.

*

A venir, saranno ancor tali

Son da conservare gelosi i carmi

ci vengono ariosi incensi celesti

dallo scrigno in fondo all'arcobaleno.

 

Non lasciamo che si disperdano odio

se ora altro non sono che cinerei

voli. Ma,a venir, saranno ancor tali:

 

così li colgo, ossianiche epopee;

così mi riveston del tuo profumo;

così li leggo con le mani a tentoni

 

sul tuo petto, indiscrete tra le gambe.

Le guida ansimo, il tuo, intenso di pelle

tremito ch'è nudità del desìo.

*

Indietro non si torna

Segni del degrado sono le gocce

gialle di piscio sul bordo del cesso:

non c'erano mai state prima d'ora

su tazza incrostazioni di calcare;

 

nemmeno cacche di uccelli sull'orlo

del parapetto del balcone stinto

che guarda pozzanghere tra gli alberi

nel prato ammollo. D'un mare di fango 

 

ne osservi apatico chiazze tra rose

intanto che altri ci annegano ignavi.

Scorrono vittime in questo degrado

inarrestabile or ch' è tratto il dado.

*

Cieca e sorda

 

 

Delizian d'hallowen le zucche accese

ghignano da filari di finestre

viticci usando a guisa di capelli

ricci su teste contenenti lumi.

Brillan per l'ironia in sintonia algida

con scheletri che digrignano denti 

tinnanti al buio porose ossa vuote

tra risate di santi a crepapelle.

Non so se la festa, nel grande libro

dei morti, sia scritta come scherzetto

oppure dolcetto. Però so spuria

ogni maschera che celebri strage

nel segno di vendetta cieca e sorda.

 

*

Valentino di rosso tessuto***

 

 

Olimpiche ci filano le Parche,

sai, Valentino di rosso tessuto: 

da sempre torcendo vite col fuso,

il filo intendono che sia contorto.

 

Al nuovo tiro tra denti rimasti

in bocca che solo amaro mastica

sarà in premio un bacio intessuto fine

impreziosito di corteccia a scaglie

velluto di muschio e perle di fiume.

 

A loro discrezione lungo quanto

basti, si da stirarlo con dovizia

a ogni tiro, sia filo che saetti

a bocca aperta, per cavità orale

intrecciando palato con olfatto:

 

salma a futura memoria in sfilacci

una volta reciso, epiche, il filo

oh Valentino di rosso la barba.

 

Insettivore discussioni opache,

troppe le sigarette a stender carte
moschicide di fumo nella stanza

oh Valentino di rosso le guance!

 

Pensieri d'intellettuale son mosche

tu grafico che gratis le disegni

oh Valentino che ti rassegni aria.

Le sigarette ai denti fanno male

ingialliti li vedi certe sere;

 

l'ignori, altre, perché non li distingui 

straniato da sintassi e periodi.

Delle mosche è di ronzii il linguaggio

oh Valentino vibrante d'accenti 

perchè dei verbi non si trova il tempo!

 

Analisi è impazzire del soggetto

in matassa aperta a garbuglio serio

d'imbroglio dal piglio dell'arroganza:

non saper legger senso nel groviglio

è come non veder vittime in spoglie; 

 

è come non sentirne le ragioni

Valentino che ragioni non vedi.

 

Mondo ansioso che rivaleggia ratto

frustrata ha anima messa in trama al telaio

dalle Parche: annodata, ordita folle

confusa, tradotta in tela sdrucita

a che ceda a scomporsi nell'inedia.

 

(Come fu la tua, Valentino, vero?           

Fu lisa prima del tempo, dismessa

che restò con capo e coda di vento.)

16/01/2013 (dedicata)

*** riletta 

*

Poi mi sorprende

Sono fogli di diario non scritto

da me, quelle rigirate dal vento

noioso e freddo dianzi a cielo terso

come fossi innanzi a scartoffie vecchie.

 

Ma più ne scorro righe storte e vaghe

più son certo che di mio non c'è nulla.

Già lo so che l'autunno è così: studia

che non mi orizzonto, poi mi sorprende

 

con caratteri che più miei non vedo

tanto da confonder vie un tempo note

con trame d'intrighi tra funghi marci:

vesce che, peste, sprizzan spore nere. 

 

Si che è anche tutt'altra vita narrata

ventosa, per fogli a dirne volteggi

giravolte, spasmi e pieghe a commento,

rendendole illeggibili cartacce.

 

Sebbene brillino grafica incerta

e lessico dubbio, sappilo bene:

ad ogni raffica ne cambia nesso.

Pur quando senti di afferrarne senso,

solo furia è che ne fa cartastraccia.

*

Impalpabile in aria

Di tutti quei baci che mai ti diedi

ho la bocca piena. Ancora tra i denti

li trattengo come resti di cibo

di cui non si voglia perdere gusto.

 

Mi affiorano talvolta sulle labbra

quando mi illudo che tu abbia sostanza

si che poi si ritraggono delusi

nel constatarti impalpabile in aria.

 

Allora amari mi gonfian le guance

come acqua residua di amori persi

che passino per la gola d'inferno

senza per questo svaporar miraggi.

*

A valle echeggia il vaglio

Gira che ti rigira

sole tra i girasoli

anima ci si aggira

improvvisando assoli.

 

Rivolti al sole in coro

col vento è che alzan voce:

già aman ciarla di loro

che al mattino non nuoce.

 

Tra cielo e terra d'ambra

graffi colan d'umori

fuor d'afa: sfuman l'ombra  

In dissolvenza d'ori

 

a far di sangue l'astro

sui crateri di bombe: 

tra girasoli è il disastro

a giudizio di trombe.

 

Or tacciono i girasoli

più non s'aggira abbaglio:

è pestar di zoccoli

a valle, agir di vaglio.

*

Qualcosa di rosso***

Flutto d'amore dalle mille paure

mi risvegliò, da una delle finestre

entrando spumeggiando nella stanza,

si allargò per ogni dove riflesso.

 

Dall'altra in primavera si era sempre 

ma tu ancora dormivi: viva, certo,

sognavi in rosso galleggiando nuda

sinuosa naufraga tra relitti.

 

Fino nell'incavo tra scogli, al verde

d'alghe Nettuno d'occhi fulminanti

chiesi ragione. E pure alla nereide

di bragia che incendiò l'intrigo di onde,

chiesi ove fiorivan vampe di vetro.

 

Tornato al fremere di rosso in stanza,

al muggire di risacca, al respiro

assente come d'assopita schiuma,

mi diedi a trovare conchiglie intere:

 

dal suono d'oboe quelle sincere

quelle di piacere arrossanti guance

quelle dal rossore perché assolate

custodi ingenue d'alati risvegli.

 10/03/2012

***riletta

*

Aspirarti essenza è follia

Estasiato ti leggo nelle pieghe

dell'abito e fin sulla pelle di raso

di gamba esposta sfrontata alla vista.

Ego che musicale si spande dal rigo

nel fissarti: armonia di curve ti accorda

flessuosa nota dallo strumento 

dall'ancia vibrante. E morbida ne esci

romanza diffusa: ansante melodia 

contesa  ventre a ventre, da diaframma 

a diaframma, aspirarti essenza è follia.

*

Orizzonte le tue labbra

C’è la luna, sulla spiaggia che brilla

C’è il mare che reclama la sua luce

Ci sei tu amor che ti rincorro abisso

Ci sono io che senza requie divago.

 

Poi che mi fermo sull’acqua mi allungo,

sull’onda mi dilungo, in un autoscatto

ch'è ben oltre: orizzonte le tue labbra,

lì è che affondo, ultima lingua di sole.

*

L’alba è bianca di panna

Movimenti lesti e precisi: ad arte

muove le mani, allungando le braccia.

Del barista, vi è certezza nei gesti, 

tanto che tira su e giù leve e tazze

come ragno con le zampe la tela

intento a tesserne pennacchi blandi.

D'altro non si cura, se non del fluire

d'aroma di caffè prima  che, il latte,

lo stemperi in cappuccio sul banco

rischiumando poi su labbra di cliente

tra fragranze di croissant e crostate

guarnite a forza di discorsi frolli:

dopo averli rimasticati in sonno

li si avvalla a colazione al mattino

annegandoci pur sbadigli in creme 

con yogurt, granola,  e d'arancia il succo.

Dimmelo ch'è dai nervi questa fame

e che tra torte, tramezzini e cialde

oltre i vetri l'alba è bianca di panna.

*

Segmento valgo

Forse che, quando ridi o piangi,

in endecasillabi non sai?

Forse che, quando soffri e gridi,

tra senari non venga smorfia?

 

La gran pena che si ha nel cuore

tremor di mani ch'è l'angoscia

lo sbigottir che storce bocca

stanno già in versi settenari.

 

Tanto più che in strofe m'alberga

un dolore per nulla vago:

solipsismo è segmento valgo

d'un novenario, devia e duole.

*

Per linee d’arcano

Mi svolazzi d'intorno ch'è buio pesto.

Ma io le vedo le tue ali angelo perso:

fredde mi sfiorano lucide e nere

 che mi riverso a tentoni in avanti.

 

A che mi diano pienezza di volo

cerco lemmi flottanti in aria lievi

come carezze di petali e brezza

dalle tue mani d'angelo caduto.

 

Ombre scorrono le tue dita lente

sul ventre tracciando esili lettere:

van fedeli per linee d'arcano

dizionario dal lessico obliato.

*

L’orrore sfuma in tedio

Non ti chiedo se saresti rimasta

al mio posto. Pur sottoterra, ognuno

è quel che è: frutto dal guscio smarrito

col nascere. E resto in ultima fila

ch'è grande la sala e c'è tanto posto

per fissare oltre la vetrata il nulla.

Mi capita così spesso di farlo

che, ormai, quasi non ci faccio più caso.

Come oggi che non sto a scrivere: il cielo

minaccia pioggia sui poggi ad oltranza; 

in radio si viaggia con cinghiali e orsi;

nell'aria saettan strali di fuoco;

sottotraccia l'orrore sfuma in tedio.

*

In fondo

prima che, incogniti, in oltre si vada 

refolo d'aria si è che mai s'estingue:

vivo, almeno fino ad un istante prima

che sia relegato in fondo ai pensieri

(sussurro di tenerezza sfumata),

sta sempre vibrante nel gesto teso

a carpire segreti nei sorrisi

ed ansie, planando su labbra in cima

sul vetro della finestra sul mare.

 

Figure si è strie di dita su vetro

della finestra che ride su giorni

d'egual consistenza d'alito sparso:

sostanza mai estranea di natura,

alla natura giacchè non si è estranei.

Disegni si è tracce nella noia di urla

sul vetro della finestra sui giorni.

Almeno fino ad un rantolo prima

di restare inani oltre ogni pensiero

 

... così tu che ala sfiori le mie labbra

corallina di sorriso madreperla,

soffio mi rubi vibrando di valve

sempre viva nel gesto: mi eri perla

tu, calante, fino a quel punto in cielo

quando, prima che mi restassi in fondo

ai pensieri, ebbi a fermarti in un verso.

Ché, così, neppure si muore in sogno

fremito che mai a spegnersi va in oltre

08/07/2016 18:21:32

*

Per ogni dove

... ovunque balenii: vispi in cielo;

sul mare, espansi, ondeggiano oleosi;

sulla battigia è sfavillio d'ori

al lento ritrarsi di veli . Incanto

è seguirne brulichio d'intensi

puntillismi in pigolii fugaci.

*

D’acqua ed altro ancora

 

La puntualità di un ricalcolo altro

resta connessa alla tempestività 

con cui, corrente di piena, trascini

con sè letto ed amanti via, lontano

cullandoli nella speranza sorda

che vaneggia prossimo il capolinea,

pronto ad accoglierne libero amarsi.

Si che scorrere verso una fine acquea

sia salvezza che spiova alba dal cielo.

*

Oltre il segno mi perdo

L'amore fosse un campo,

pur mare sconosciuto,

mi ci rotolerei urlo:

 

vana speme nel giorno!

Tanta è passione in rosso

nei papaveri al vento

 

che io sogno che mai imparo

e oltre il segno mi perdo

fuori campo svanendo.

 

L’amore fosse un campo,

pur vanescente amore,

mi ci rotolerei usto.

 

Tanta passione alluma

fantasia, avvampante aria

di papaveri in fiamme.

*

Come già l’avessi rimossi

L'onda s'accende, s'avanza, recede

acquista forza, rilancia, rincorre

rintuzza, schiuma e infine ai piedi crolla

rimbalzando col fragore di schiaffo...

 

È qui che mi hai lasciato d'aria salsa

e qui sono ancora adesso che l'acqua

mi scivola tra gli alluci: qui, dove

tutto è cominciato in un botto d'onda.

 

Ed è qui che vorrei dirtelo: in sacca

non ho che dolore. Di quei cristalli

che avrei dovuto riportarti integri

null' altro resta che frammenti aguzzi.

 

Tu fai come già l'avessi rimossi

da ferite che or vedi cicatrici.

Guardaci attraverso pure se sporchi:

amaro e denso, è mio il sangue rappreso.

 

Fai che raffigurino integrità 

di quanto da te affidatomi un giorno

nella carne viva luccichio, invero

sfavillare d'una stella d'agosto.

*

Ascolto

Sonnecchio e nemmeno rispondo verbo

al sole che già mi arroventa faccia

tanto si alza come urlo all'orizzonte.

 

Socchiudo gli occhi e, a bassa voce: vorrei

tu mi raccontassi ancora altro di te, cara,

qua su questa panchina al parco. Ascolto.

 

Sai che neppure rispondo più al vento:

soave insiste nel mostrarmi traccia

d'un sentiero incerto tra i rami a nuovo.

*

L’albero dei morti***

Luna, luna bella, dove t'involi 

tu? Cenere nell’urna scaldando,

al mese risorgi tonda e rinsaldi

legami in sbilancio di vita. I saldi

nel mondo degenere ignori e torni

piatta sul tronco a stazionarci brilla.

 

Eppure sai ch’è non di poco conto

l’albero dei morti. Morenti, in viso

stillan sudore dal vivere strenuo,

spingendo su per la schiena, fino e oltre

la nuca: in mente fluviale clamore

in accordo  alla vastità delle tempie

 

… Che prenderci dalle parole sorde,

cosa vuoi che ci prenda che non sento?

Le chiacchiere scorrendo in gola fiele

fanno male. Altra verità alla buona

forse l’ultima, me l’hai suggerita:

è per la testa che ce ne usciam fuori

dal corpo ormai inerte giacente ghiaccio

 

… Ora che ti allontani algida luna

luna bella, dove in breve mi porti 

tu, colombella? Perché si fa tanto 

strepito per un rantolo dal fondo

dell’abisso, già che riluci anima

stilla infine, appena fuori dal cranio?

18/08/2017 

*** rivista e corretta

*

Fu

Fu stanza sospesa in cui senza tempo

mi vedevi arrotare angoli retti

guardingo rigirando su me stesso

impaziente, occhi ad un punto di svolta.

 

Di cose ingombra, era stanza da giorno

vissuta al limite sempre di corsa:

soggiorno dedito alle fughe vane

pensavo,  andando alla volta del punto.

 

Sarà stanza a notte invasa da sogni,

mi dicevo tra me e me, come in spiaggia,

viso avvolto in un punto tra i tuoi seni.

Ma, appunto: i tuoi seni erano di sabbia!

*

Sarebbe meglio che non finisse

Sarebbe un gran bene, se ora l'inverno
aspettasse a finire, troppe cose
sono qui che lascerebbe in sospeso:

 

la neve che tuttavia non si è vista
gli eventi incongrui di sangue irrisolti
dell'acanto la fioritura moscia...

 

potrei travestirmi da foglia secca
fingermi avvizzito per terra sterpo
spegner gli occhi e guardarti nuda ancora;

 

si da non vedere fiori quest'anno:
fanno male vederli macchie esangui!
Meglio che ancor non finisca l'inverno.

*

Luciferina***

Cosa mai non ho fatto
per non assomigliarti,
tanto che mi camuffai
pur nel sopore astioso
e nell’arrocco livido.
 
Naturale che pensassi
a non diventar vecchio:
eri tu sempre vecchio
mio, nell'immaginario
di bimbo in fuga eterna.
 
Per non esserti pari
negli anni, prima che anno
passasse, ero ubriaco:
mai somigliarti, a costo
di bermi pur lo specchio.
 
È così che arrivammo
e che tu rimanesti
sulla poltrona fermo
studiarmi: curiose
rughe vistose hai visto.
 
Perché a portar non è 
il tempo, avrai pensato, 
ma il passo, a farsi più 
a tempo. E cibo a letto
da me non l'accettasti.
 
Perché a tua immagine
non volevo sognarmi
stantio al volger dell'ora,
sì da non somigliarti
strascicando di piedi.
 
***05 Maggio 2018 rivista e corretta

*

A morire non sono loro

 

...e chissà quante altre schifezze in pasto

mischiate ancora a verità ci danno:

che vogliano vederci come porci

grassi grufolare tra fango e sangue? 

 

Lo dicano che è trama vecchia in scena 

da un pezzo. Lo dicessero forte assai

e chiaro: questi che muoiono in campo

non sono loro. Ma non lo diranno:

 

mangime è  propaganda di regime

a piene mani ne sparge ovunque a iosa

e chiunque può esserne preda conscia

o inconscia, curiosa di niente o meno.

*

Scherzo di carnevale

Si, sono giornate strane per strada

anche l'aria è strana: sa del dolciastro

del sangue in bocca dopo un cazzotto

che il labbro spacchi e, dritto, pure il dente.

 

Corrotto il tepore d'un raggio a riva:

lucore è biancore che si fa largo 

appassito di calle a scena aperta,

prostrate dal vento che ne fa strame.

 

Triste, oggi guardo le gemme travestite

da boccioli: paiono di  già sciupati...

maschere, non è la loro stagione.

Che sia mero scherzo di carnevale?

*

Dal nulla al punto

 

"Un verso di passaggio si è talvolta:

dal nulla al punto soltanto una frase, 

a volte lasciata cadere così, 

come per caso una carta dal mazzo." 

 

Questo mi cantava voce sincera

dal pozzo fondo verità nascosta. 

Prima che l'azzittisse aurora in cielo

ricacciandola rauca in arsa gola. 

 

... ma quanto vorrei che avesse detto altro:

d'oltre quel punto, d'universo in ombra, 

ove delle carte si fondono i semi

e del passaggio si scopre l'imbocco!

*

Addii in punta di spilli

Ah quegli accordi a spiover nelle orecchie!

Eran gocce gli arpeggi

stillanti malinconica dolcezza:

addii in punta di spilli

vibranti. Giusto come quegli spruzzi

che sull'acqua si allargano in ampli cerchi

per poi svanire in onde,

riflesse da un cielo in stato di grazia.

*

Il bubbone

Pulsione innata, il sentirla dentro:

naturale come tocco di raso

di cui non indovini provenienza certa

tanto ognuno ci va intorno confuso;

 

ignaro o illuso che non gli riguardi

quel bubbone di pus rigonfio e sangue

all'orizzonte, che alcuni sognano far West

pur trovandosi ad est dei giorni nostri.

 

Un est depistante per lasciare ignavi,

sordi ai sibili delle bombe tonte,

cieche alle ragioni e ai torti: vecchie

o nuove logiche che all'est ci legano.

 

Non so se riesco a spiegarmi, sai,

è un po'come chiedersi quando

arriverà la morte, domandarsi in guerra

dell'allinearsi del possibile nel reale

 

a che accada l'improbabile pace.

Ne leggi su qualche faccia e speri,

su tante altre non azzecchi traccia

e non ti resta che una pulsione innata

 

a voler leggerci curioso ciò che non è 

e cosa tanto va storto ad alcuni. 

Eppur si direbbe tutto già in riga

ma cosi non è per chi agisce il bubbone.

*

Bluescenza***

 

 

 

… ch’era di blu gennaio, blu di fumi, 

grigio di sterpi e aleatorio di vie.

Di fortuna e vita andavano a picco

linee, tra calli di blu sul palmo

di mano protesa, a stringerlo in pugno

il giorno, ormai tra sibili bagliore

sfuggente a ovest con rimbalzi nei voli

alti, ch’era blu il sogno di gennaio.

Faccia affilata di falce la luna,

intravista sul discrimine a sera,

sospesa restando luceva di noi:

blu fosforescenti aliene presenze,

rossetto blu sui denti opalescenti,

crepate di blu labbra desertiche,

le guance bluescenti dune notturne.

Più su vibrava blu l’attesa: le ali

blu ci erano promesse di rondine. 

D’un tratto, che si era entrambi a mezz’aria

iniziammo a rincorrerci fiocchi blu

tra arazzi vecchi come nuovi pazzi!

 

***22 febbraio 2016 

rivista e riscritta

*

Ciò che ci resta indietro***

Ugualmente, ciò che indietro ci resta,

fa tremare le vene ai polsi: acquista

un riflesso  liquoroso di luce

al tramonto, inebriando d'ambra e mosto

che pare quasi di leggerci cenno:

oltre d'ogni cellula "per me si va"

seppure venendo al mondo per sbaglio.

Moto per luogo il dire"per me si va":

per esso ci si avvia ad uscir di senno

monologo recitando, sorpresi

da tutto ciò che di noi resta indietro.

Pian piano che  "per me si va" colore

oltre aurora, sulla soglia ci spoglia

natura a dir: "per me si va", oltre il velo

d'un viaggio che  s'attende in solitaria

attraverso nonluogo immaginario.

Moto per luogo lungo un sogno: il volo

del transire refrattario all'ordinario,

è che "per me si va"  al di là del segno,

vuoti di quanto ha da restarci indietro.

 

*** Auguri per un nuovo anno che ci porti fuori dall'attuale bolgia dantesca, in cui imperversano crisi climatica, pandemia, guerre, ignoranza, oscurantismo e troppa stupidità. 

*

Metrica ha l’incenso***

Che piacere, che goduria, il chinarsi

laggiù di chiome argentee di pioppi!

Sembrano carezze sbuffi di brezza,

come fossero su pelle le sento:

 

alitar sinuoso ed inebriante, s'espande

denso d'un profumo intenso di rito,

prendendo forme fragili e fumose 

d'un sè, sfuggente metrica d'incenso.

 

 

 

 

***Auguri e di cuore per delle festività serene per tutti voi, amici carissimi e passanti più o meno distratti. Possano queste festività esservi fonte inesauribile di gioia, circondati dall'affetto dei vostri cari.

*

Gli occhi del poeta

Negli  universi fuor d'ogni logica,        

tra le dita palmate d'esseri orbi,

deambulanti per spirali strambe,

ci stanno gli occhi fari del poeta.

Glieli han strappati mentre moriva

nel sonno viaggiando da quelle parti,

per tenersi vive stelle i suoi versi.

Già che, tornare indietro non possono

anch'essi, ne traggono luce avita

che rammenti loro trionfali ludi

altri, in cui vincer nudi lui li ha visti.

*

L’asociale

Dovrei imparare a lasciare le cose

per come cadono, per come stanno

e per quel che valgono: se le querce

insistono nel parlarmi, con fruscii

sputacchiando per ogni dove ghiande,

non mi resta che accender sigaretta 

e con tossicità dei miei dilemmi

affumicarle. Si che, se tossendo

scuotono ramaglie a pormi in ambasce,

sono use poi tacere tolleranti:

loro sanno. Io me lo dico sempre

che sono un inguaribile asociale

e non sopporto ciarle, pur di vento 

che mi distraggano  dal decomporsi

d'armonia d'organo nel bosco .

*

Ricolmi di stupore

Indietro non ci è concesso tornare:

quando curiosi si rinunciò alle ali,

esse non ci crebbero più sul corpo;

quando strisciando fuor dall'acqua

si abdicò alle branchie per un sospiro,

esse non crebbero più all'aria; quando

dagli alberi si andò giù e posa eretta

si assunse, costretti tra l'erbe folte, 

d'allora essi più non furono casa.

Dunque, perché voler tornare indietro?

Non tutti i pesci possono di loro

sprofondare in certi abissi; le scimmie

tra i rami non sanno di antinomie;

sai che tutti gli uccelli non possono

volare più in alto dei cieli lassù.

Si che, seguitando a cambiare forme,

pur non sapendo cosa cambia cosa

o in cosa ci si cambia, di sicuro

si arriverà ricolmi di stupore

dove, chiunque, non si sarebbe mai 

sognato d'essere tanto cambiato.

*

Un verso il futuro

 

 

Una pennellata lassù di bianco

scarmigliati capelli tra cime erte;

un'altra poco più in là a cielo aperto

ed eccomi servito quaggiù, a naso 

in su,  d'un bel cono di nubi ricce

svaporanti di zucchero filato.

Un giorno davvero crederò serio

di esser salito su un treno per caso.

E, scendendo ad una stazione non mia

sul marciapiede sconnesso avanzerò.

Vedrò allora un cane venirmi incontro

che accanto mi si ferma e l'orlo

dei calzoni mi piglia coi denti

a volermi tirare verso un luogo

chissà dove, oltre quel binario morto.

Al mio essere reticente, vedrò altri

passanti con al guinzaglio cani.

Tutti andranno fuori mano tranne uno.

A lui chiederò come ricostruir

vaso con frasi ed oro fuso in vene.

Allontanandosi, alla mia domanda

risponderà un sorriso a fil di labbra

zucchero filato volgendo al rosso.

 

 

 

 

 

 

*

Presagio

Dal buio d'un sospirare notturno

d'incanto eri apparsa eterea a fianco:

presagio sulla soglia di casa eri

brivido per me, in preda ad un disagio.

 

Avrei voluto mi sedessi accanto 

miraggio d'un possibile conforto

a brillarmi sul palmo della mano

su quel gradino sospeso nel vuoto.

*

Fragile coccio all’incrocio

questa croce di strade sotto casa

è come se, addosso, ci stesse fissa

sotto un cielo così nero e pesante

che meglio ci risaltano lampioni

sui volti di chi si lascia all'angolo:

per un lato orgogliosa lei di sguardo 

che s'allontana sicura e pur triste;

per l'altro c'è lui in disperato incanto

che le mani porta ai capelli biondi

incredulo ch'è rotto il giocattolo

fragile coccio di mezzo all'incrocio

con in spalla la croce d'infinito

che s'è frantumata in pochi secondi.

*

Se si è vivi o morti

 

Se qualcosa vibra per aria

non è detto che è perché sia viva.

Una foglia che volteggia tremula

e, avventata, si libra alta,

non è farfalla che s'invola vispa:

a terra va l'una morta

rinsecchita col suo fardello;

più in là vira l'altra, fremendo

vitale e variopinta di mantello,

ove il sole sorride ancora ai fiori.

Non dovresti sempre dirmi di non girarmi

al pur minimo alito o movimento falso.

Invero, c'è necessità a questo mondo

di discernere se si è vivi o morti.

*

Haiku e fango

Pioggia di fango

 

il cammino è tormento

 

ci sarà altra via.

*

Un lupo è un lupo

Un lupo è un lupo e di ciò  non si duole

se di egli si ha paura: lui non è un cane.

Invisibile ai più,  libero nasce

e mani che lo nutrano non cerca 

sebbene sia  atavica  la sua fame.

Se lo allisci, attenta: preda potresti

essere tu; tua la mano che morde;

tua l'anima da straziare feroce.

Resta nuda d'ogni veste di seta

vedrai che ti lecchera' il collo,  il  viso...

selvaggia è natura oscura di lupo.

*

Ivi

Da qualche parte devo averlo scritto

non ricordo dove, o soltanto letto.

Forse in un angolo remoto d'azzurro

magari su righe di nubi laggiù 

dove l'indaco si stempera in lillà. 

Oppure all'opposto, ivi che è precoce

l'abbozzo di luna a luce ancor vaga.

Ah la memoria: convince d'un verso

per l'altro incapriccia e non mi dà modo!

Si che, a guardar volta, non so la chiave:

tutto appar così vacuo a mente fredda

da svanire all'orizzonte in dissolvenza

come parole d'amore che, scritte 

su labbra, poi si smarriscano nel blu.

*

Lavacro

Mai l'avrei immaginate così fisse

d'avercele a strapiombo nella mente

In un rimbombo continuo di nubi

agostane che si squarciano in lampi

tuoni e turbinare atro d'impazzite 

fronzute  alme, fiondanti rami cionchi.

E pioggia, tanta pioggia: un diluvio e più 

a lavar delirio  d'ogni lordume

in quell' oltre settembre in mille piazze

dalle folle incarognite assassine.

*

Polvere di conchiglie

... ma che tu sappia: cosa rimugina

il mare, quando risacca che quasi

pare distratto, arrivando a lambirti,

I piedi sprofondando nella rena,

languido di sospiri in trasparenza?

 

Forse che ti voglia, ego, tutta per sé

in spregio all'alba generosa e vasta

o al tramonto prodigo di luci e ombre?

Allora vorrei tanto che sapesse:

 

del suo moto acquoso farò mio modo

di professarti il mio amore liquido.

Si che, nell'esser tu di giugno aria

in fiore, sciolga fremiti e sussurri 

s'un talamo di conchiglie in polvere. 

*

Al pesce discente

Questa poesia è vecchia, ti giuro!

Sebbene all'oscuro si possa credere che,

appena adesso, mi si sia appresa addosso,

questa poesia di rosso che è più che una fisima,

è nata già vecchia di rima. E, in tempi non sospetti,

ne studiavo giochetti allo specchio, nell'andarsene dei giorni

che già, da uno spicchio di tetto, mi girava nei dintorni: nelle travi

s'udiva tarli rosicare e segatura d'ignavi sotto i piedi;

vedevo crepe, muffe e iattura di pavimenti sconnessi.

Parimenti non lo avrei mai creduto che, con me

potesse invecchiare. E, come me sperduto,

un di morirà tra ragnatele spesse,  ne sono sicuro .

È nell'ordine delle cose che sia così. E tu lo sai:

dopo un po' non ne ricorderai che le ondine dei tremori,

I calcinacci, i crolli, il demolirla di un piccone;

lo sfarinarsi di emozione nel farsi polvere,

presto soffiata via dal vento degenere del nuovo.

Infine che non avrà più nulla di me è certo

e la scaccerai fastidiosa sensazione dalla culla.

Dimmi, cosa più degradante di neuroni

che s'atrofizzino protrusioni, sì da esser tale pappa

da non rispondere ciccia a domanda che strippa?

Umilianti questi acciacchi alle piastrelle;

in bagno i rubinetti incrostati di pianti

dalla ruggine corrosi; come dagli scarichi

gli strascichi di calcare dalle perdite. Credimi:

deprime la poesia che invecchia fuor di "Dite". 

Dopo tanti anni mi capita rileggerla fantasia

che mi sento ancor giovane. E incanutita la penso

 la vedo, la interpreto attutita: calva ad inseguire carovane

che lente sfilano verso mete esotiche lontane.

Mi sfinisce in tutta la smemoratezza che mostra

per sentimenti fattisi strisce decrepite d'intonaci,

per gli infissi che spifferano arie di mattanze

per versi sofferte istanze dagli eremi di monaci,

per le strofe appese alle finestre dai vetri opachi

per metafore che guardano ad un mondo privo d'attese

per assonanze affettivamente di rivo ormai così distante...

dovrai promettermelo: quando muoio sul serio,  

devi bruciarla d'imperio con la mia carcassa

e ne illustri ceneri di miserie e lucori per abissi lacustri.

Chissà che, un pesce di lago nel suo essere discente,

arrivi a ricordarne, silente, il mio averla agognata immortale

per tutta la vita e più, ravvisandola pur nel gesto brutale. 

*

Nel nero di pece

Basta rimuginare in greppie

lo sguardo torni  agli sfilacci

nubi che nuotan come seppie

simili in rimandi ai brogliacci!

 

Or ch'eventi  volgono al peggio

grosse gocce di pioggia

bucano asfalto nel meriggio

sfoggiando in strada arte dell' uggia:

 

basta rimuginare in greppie

meglio non voti altri tipacci,

tipi da pescar come seppie

tanto buoni a imitar pagliacci!

 

Garbuglio brutto che non dico

s'è fatto tempi che non  scrivo:

cespuglio non certo ludico

dalla fogna sbuca abusivo.

*

Tredici miliardi e mezzo di anni luce

 

 

Mi pare assai strano che, per dire di me,

tu debba parlarmi d'altro.

È un po'come se mi mostrassi una foto,

densa di quei baluginii di galassie poste

a tredici miliardi e mezzo di anni luce da noi,

invitandomi ad ascoltarne il pulsare degli astri

attraverso le ere. Eppure dovresti saperlo 

che io più non sono in vena

e i corpi celesti forse languono già spenti  

al pari del ruggito silente, eco antica,

dal mio cuore che si è  fatto buco nero.

Così lontano è ormai dalla nebulosa

che scintilla  vitale  l'accese stella

in questo e non in un'altro universo d'una vita diversa.

Ti prego, allora, non parlarmi d'altro

se vuoi dirmi di me: piuttosto taci.

Guardandoti negli occhi potrò vederci di me

parabola di cometa che va e che torna.

*

Poesia che s’accoscia

Vero è amore che non prescinda dal modo poetico con cui lo si approccia. 

Così amorosa è poesia che s'accoscia:

un dolore

un sollievo

un delirio

una prova di forza

un latrare alla luna

un amare pietre che ti macinano il cuore

un dimenare di fianchi 

un incollarsi di labbra ad un fiocco di farina sputato nella notte.

*

Inspiegabilmente

 

Ci sono persone che, apparentemente, riaffiorano alla mente

solo per morire. Per anni son rimaste in un cantuccio

nella memoria,  obliate nell'abisso in fondo ai pensieri.

Poi, d'un tratto, eccole rifarsi a galla ad aprirti il cuore

con parole che evocano condoglianze e pur speranze

rinnovando di sé un volto empatico

che tale rimarrà per un pezzo e più. 

Fino a quando, inspiegabilmente, sprofondando di nuovo

dove stavano, ci resteranno per sempre, inspiegabilmente.

*

Haiku di luglio

Volger di luna

 

non è lucciola un lume

 

di luglio è inerzia.

*

z

 

Non è che non avrei nulla da dire.

Da dire ne avrei di cose, aspre o dolci.

Ma è che  affatica stare al suolo

per farti capire quanto sia arido.

Allora resto qui: guardo e ci penso

come ossuti siano i rami di quercia

che ci vortica d'intorno calura

velo invitante a giocarselo un ruolo

sudati sul panno brullo del parco:

non è che il diavolo ci meni serio

per perderci indefesso a carte con noi.

Sentilo come scrocchia mazzi di foglie:

solo ci gioca, con stoppie e picche,

lasciandoci a essicare che la mano

sia buona e la scommessa gli renda.

*

Deglutendo viscere

Ha un che di ferale il pasto

la bestia lo consuma sul campo

con ingorda bramosia:

la senti uggiolante che strazia

che strappa, mastica, oscena deglutendo viscere.

Madri di stessa lingua li hanno partoriti

gemelli un tempo fratelli

crescendoli a latte e vodka.

Ora è la bestia a farne cibo

dopo che, l'uno contro l'altro messi

si sono cavati gli occhi.

*

Haiku mora

S'affaccian more

 

ωωωωωωωωωω

 

Nere tra foglie e spine

 

ωωωωωωωωωωωω

 

Selvaggio il rovo

 

ωωωωωωωωω

*

Riverberi a notte

Non averci niente da fare d'altro 

che dispute tra ghibellini e guelfi:

gente di cui non ricordo che i nomi

così lontani nei corridoi di scuola.

 

Si che borbotto qualcosa infelice

più simile a smorfia d'ignoto: ma tu

non farti derubare degli occhi dal sole

potrebbe farne riverbero fatuo

miraggio che perduri nella notte.

*

Dai sogni trasudano ombre

 

Tra brande aleggia come fosse a messa

rincorsa al rosario che esonda in vocio

ipnotico brusio: non si è in chiesa

e scricchiola il sudario tra le dita

pur se è forte il dolore e non si grida

nel rinvenire  per alcuni istanti .

Odore d'incenso si spande in corsia

suggestione dalla smorfia di luce:

da tele trasudano ombre intessute

a lutto. Prima ancora ch'è morte

già è un brulicare di vermi a ricamo

degli zigomi sporgenti dal muro

grigio di labbra e feritoie gli occhi.

Coro dolente dall'altoparlante

zittisce astanti, ghirlande e corone.

Nella camera che non arde a vita

una vita ondeggia flebile e goffa

fiammella di cero danzante al gelo:

è il canto che viola agonia e sconforta

già che nella  mente ogni lume spegne

come fosse meno atroce andarsene

nenia oscura a denti stretti nel buio. 

*

È fola

 

 

È fola che la natura sia buona

e l'essere umano cattivo. A desco

si hanno i quattro cavalieri dismessi.

Qual nesso possa esister, tra tal fatta

d'ospiti bizzarri, non sarà certo

un disquisirne ad animar convivio:

a tavola, l'uno seduto accanto

all'altro, si tacciono spunti e offese.

Ci sta la morte impudica assisa ad est;

ai quattro canti presiede la peste;

la guerra gigioneggia punto e a capo;

campeggia carestia a centro tavola;

si brinda col sangue e a ovest ci si blinda...

È fola che la natura sia buona:

in questo universo che sa di zolfo

pure le anatre han da essere cattive!

Vedi femmine stuprate da maschi 

che, Infoiati, voglion sopravvivere 

germani reali accecati, al punto

da sacrificare nidiata che, trascurata,

pigola esposta ad ogni pericolo

*

Eneide(transumanze abissali)***

 

 
 


Schiuma d'onde senza più patria è mare
che risacca, senza pace muggendo

di fame: flusso che rifugge guerra
è sospinta marea che evade e invade 
con un passato in cerca di un futuro.
In livore grigio perla si scioglie
da atomo essenziale a unità monade
ed infine ad umanità nomade:

stenta galleggia sospesa e, in fondali

stivata nell'angustia di identità,

alla deriva va appesa a relitti.

E, pensosa, si fa il ventre rigonfio

d'attese e acqua di mare. Eccentrica aria
da disperso per deserti, sbarca Enea

il figlioletto per mano, su spalle
ha il padre: corrente che avvolge e allenta,

 dischiude i capelli e li volge al bianco

lungo gli argini, dove stanno i vecchi

dando spettacolo che sa d'antico.

 

02 Aprile 2012 woodenship

***riletta

*

Insistenti

Stinto il verde degli unicorni alati

ben s'addice alla luce stenta in basso.

Essa fioca s'allenta nel tramonto

giocando a che s'allunghino avventate

 

criniere di finti destrieri in corsa:

c'è una giostra che rigira nei tuoi occhi

anche i cigni ci girano insistenti

li vedi a tratti ombre,  a tratti candore.

 

E cerco di ricordare una frase

un verso che mi pressava ieri sera:

espansosi a macchia d'olio nel sonno,

s'estinse rumore al primo chiarore. 

 

Un verso che ti faceva sì grande

come quel palazzo di nubi pazze

che spande guglie sontuose e antenne

ardite, maestose di trame e ordito.

 

Un verso musicalmente celeste

 costruito così ampio da ritrarti 

con sfondo color glicine orizzonte 

che ti effondi nota elevata a prece.

*

Posa ch’è dubbiosa

Così, almeno, speranza ho di vederti

pur tra cento spettatori confusa,

 nel gran teatro dalle vene aperte

a sipario aereo strappato d'imperio,

 

già con una sceneggiatura  per me

inscritta con inchiostro, irraggiato oro

fasullo, dai mille soli infernali:

quelli invernali tanto freddi e vaghi

 

avvolti dalle nebbie delle logge;

mescolati assieme, quelli d'estate

marchianti a fuoco la cute con raggi

d'acute sinfonie irritanti i pori

 

che, a darci spago, sprigionano rossi

sfoghi, ad ogni appuntamento puntuali.

Come la morte di scena che sbotti

e a ogni battuta rimbrotti precisa 

 

posti a sedere assegnando casuali.

Si che, feroci, ci si gratti a sangue

peggio d'aver d'una guerra la rogna

e alla gogna si mettesse la pace. 

 

Così, almeno, speranza ho di vederti,

ma tu dimmi, ora che ti vedo seria

fissarmi aria di rovine fumanti,

che parte mi spetta in commedia ad oggi?

 

Sai già che sul proscenio  taccio incerto:

rifuggo dal dar seguito a commento

soltanto assumo posa ch'è dubbiosa.

Così, almeno, speranza ho di vederti.

*

Addenta come I cingoli l’aiuola

 

 

che sto scrivendo sotto il tetto, mi par

sulle tegole che piova: scendo

nei miei desideri di un piano. E guardo,

deluso, le piante in difetto d'acqua.

 

Della siccità par sadico il morso:

addenta come i cingoli l'aiuola

Il prato lasciando scarnito d'erbe.

In ciuffo afasico, la viola ha sete.

*

Frammenti d’altri tempi

Frange sommesso il rivo,

infuso argenteo ondeggia,

cullando  antichi legni.

 

Tremolio è all'orizzonte

 d'astro scintillio quieto:

si fa latteo alla vista

 

salendo. A riva guida

derelitti indolenti

frammenti d'altri tempi.  

*

Mercenarie attitudini

 

L' espandersi di spire è nelle linee

di solitudini sul palmo amare, 

nello scuotere di sonagli algidi,

nelle armonie di nenie svaporanti;

 

è in simboli morti inflitti alle membra;

in passanti dileguantisi in armi

tra laghi di fuoco fatuo: perfetti

nell' esser stati ignoti attori muti,

 

come esseri pedestri esondanti  odio

dagli abissi ribollenti nel  ventre.

Restano palazzi orgogliosi e stelle

a miliardi: ne ho catturato vive

 

paginate chimeriche da libri

ora virtuali, ora d' alee cartacee 

d' improntitudini a calcare scena  

con piglio e mercenarie attitudini.  

 

Su stagni  nell'infinito divenir        

son  fronde di salici a fare cieca

l'anima, tuffandosi nello specchio    

crespo di brezza  dal  cupo principio.

*

Pietosa bugia

Ma, la vita, è di suo già un punto

per chi viene alla luce e piange

a dirotto che pare incanto

perché è interrogativo il punto.

 

Giacché  la fine, sai, giunge

al limite del semicerchio

mostrando che non c'e risposta

al quesito covato in petto,

si che inventi espediente in poesia:

 

non c'è altra risposta alla vita

che quella lacrima in condensa

sul vetro della finestra. Mai

avresti pensato vitali 

le lacrime: sgorgano in cielo

 

dagli occhi offuscati di nubi

dissetando giardini incolti.

Sì che ci crescano a conforto 

fiori che non temano sorte.

 

Però sai ch'è pietosa bugia!

*

In video tanto tristi li vedo

Per quei luoghi tanto tristi li vedo

stretti in mimetiche, armati sui carri

che ci si aggirano ripresi in video

come non sapessero cosa farci

come in attesa dal regista un cenno

come attori impettiti dal copione.

 

Desolante, immensa, tristezza umana

tutta quella terra per cui ammazzare

o farsi ammazzare spenti di gloria

sotto un cielo di cenere e lapilli

per quei luoghi ove altro non si potrebbe

che morir di malinconia e tedio:

 

l'ulivo non ci sfoggia foglie d'argento

novello dai rami contorti al sole

attorcigliantisi ai raggi tinnanti;

il mandorlo non ci si spande rosa

di fiori che ancora non è primavera

nell'aria fragrante di campanule;

 

non ci albergano pacifiche palme

da agitare le domeniche al vento

osannando resurrezione del dio

in terra. O, se tutto ciò esiste roseo,

però non lo danno a vedere in video

perché in chi guarda s'instilli vero odio.

 

Si che ci si allunga litania uggiosa

di sangue anch'essa più grigia d'un tono

di terra che uggioli sotto i cingoli

come fosse vanga che scavi fossa

come fosse tonfo che in cuore echeggi

come fosse speranza fattasi ossa.

*

...’ vuolsi così colà...’

 

Di quando l'azzurro del cielo è lago

bordato di nubi e verde di brame

si che gli uccelli ci nuotano pesci

in cerchi sfuggenti tracciando rotte.

Invano ad occhio nudo le ricerchi

smarrendoti compassato viandante:

troppo lontane vedi vie celesti

che, con agio, possano condurre oltre

questo mondo di esseri decomposti.

Anime degradate, da ominidi

nella savana curvi, a uomini eretti

ma incerti e distratti. Senza coscienza

alcuna che persista, in essi, istinto

assassino d'antenati straniti.

*

Sibilo

Scrivere di  certi giorni è cosa ardua

tanto doloroso ne senti vacuo

l'andar per strade con pensiero innocuo.

 

E questo pare proprio uno di quelli:

c'è il sole ch'è tiepido sulla pelle,

sì luminoso t' abbacina gli occhi.

 

Ma rimorde al cuore esserne felici,

sorridendo nel viavai di piccioni

o nel prender parte di bacche in sboccio:           

 

c' è come un sibilo nell'aria tersa

che rasenta e schizza a fil di profilo.

Forse è uno scompenso all'udito;

 

 oppure, dalla lama di una falce,

Il sibilo minaccioso per campi

vuoti di messi, dall'oblio sommersi

 

per come ancora giacciono assetati,

che te lo chiedo che ragione a mietere

abbia il contadino. Mi guardi seria:

 

 magari è solo  aria gelida dall'est,

falciare anime è usa nei tempi lunghi

d'assenze ed essenzialità dissolte.

 

17/04/2014 ***aggiornata e corretta

*

Haiku дощовий***

 

nubi gravide

se ne attende già pioggia

non ho riparo

 

***Ucraino дощовий = piovoso

*

Fuori il deserto dentro

È un vento che impazza e spazza

confonde acceca e sconvolge

rimestando dune vecchie

negli occhi a gettarci sabbia.

 

Lì dove a nuovo s'avvolge,

muraglia d'aspro declivio,

ancora non se ne aveva

pur traccia, ma era nell'aria:

 

già s'indovinava arida,

non conforme alla stagione,

l'epifania del deserto

che è dell' anima più vasto.

*

Gemme di braci

... a dirlo chissà cosa mai sia poesia.

So soltanto che, in alcuni momenti,

guardo il cielo che s'agghinda da sera

con diadema dalle gemme di braci.

 

E vorrei tanto esser così  lampante

da poter scegliere se esser baleno

di astro che illumini con estro raro

o seme che spanda radici in terra.

 

 

ps: ricorda che non si sfugge a quel che si è:

            poeti o apprendisti stregoni, sempre

            si fa scelta che, prima o poi, denuda.

*

Incipit

... sconcertati che sia l'inizio

a mancarci sempre: scava e scava 

con fede e senza fede,

con e senza vanga

ché "Sia fatta luce" non ci salva.

Luce che è, quando mai non fu?

Luce che sarà,  perché non più 

sarà per noi se non lumino,

flebile faro per chi più non torna?

A non mancarci è la fine:

sempre ci sta addosso scimmia

mimando incipit d'un vagito sopra

l'ineccepibile rantolo d'orologio.

*

Neve brilla

Io sono neve e sono così brilla 

da recitare poesia senza posa

lungo la strada infiocchettando rami.

 

Già  che cado a notte per ogni dove

non datemi retta per come danzo

in aria e tutto intorno che si guida.

 

Si badi che sterzo risponda e freno

non si tocchi: facile è che si sbandi

su me, lastra ghiaccia in versi ai rintocchi.

 

Scarlingando qui e là a fil di sonetto

sono neve che fa anima più  nera

che un ceffo da galera sbronzo al banco.

*

Il respiro del melo selvatico

Similitudini sono nei solchi

In fronte infinitudini di rughe:

Il respiro selvatico del melo

è groppo in gola di mela bacata.    

 

Strisciante tra fil di ferro  è il peccato                                   

Vedilo serpe  che striscia e sibila

 dalle travi che ti viene d'incontro

mellifluo  morso che desideravi.

 

E scrostati  ruggini dalle mani:               

gocciolano  a render cose lontane

con finitudini malinconiche

per le mani inarrivabili utopie!            

 

Di religioni, dimmi dei miei peccati

fiore; di ideologie brusio  nel vento   

che d' inquietudini le ammassa morte                         

anche per te, segmento piccolo

 

d' eterna linea bruciante chimica.

È un capriccio il desiderio  alchemico:         

lavora nelle menti, si che nasca

qualcosa  che indelebile rimanga.

*

Sbocciare mattutino

... sovente, è battito ansioso al risveglio

il pulsare in petto ancora degli astri

inesausti, sebbene non più notte.

Solo si placa col mescer di raggi

dal sole nascente sul muro a fronte:

illuminano virtuosi e  languidi

sinuosi avviluppando il tuo giardino

lubrica offerta di  boccioli turgidi

sul prato assolato al primo mattino.

*

Dritti dritti***

Perché dritti si arriva al sole

Perché, dritti, gli ultimi raggi

ci arrivano a iosa come baci.

 

Sì dritti l'orgoglio impettisce

già che come gli aghi si svetta

E le nuvole alte si punge.

 

*** Auguri per un 2022 che possa vederci più dritti che mai

arrivare dritti alle vette più alte dei nostri desideri

realizzandoli in un  contesto che rispetti di ognuno i diritti.

*

Haiku marcescente

Son foglie marce

 

sotto i piedi poltiglia

 

animo in pena

*

Mi piacerebbe***

Mi piacerebbe che lo si dicesse: stanotte si vola
e, seppure distesi, sul letto aggomitolati
si lievitasse al proferire di parola:
si voli senz'ali!
Nell'aria inebriante di profumi volteggiando lievi
sarebbe bello
se, come di fronde
le sarabande di tende alle finestre
nel vento di giugno
d'intorno si profondessero in sussurri ammirati
e dalle serrande di cielo
discendessero sensorialità diffuse
nel chiacchiericcio di grilli ubriachi tra tigli

 ... mi piacerebbe
il nostro avventarci tra nuvole
pieni l'uno dell'altra
divoratori di spazi... Mi piacerebbe
che si volasse stanotte

woodenship - Lun, 29/06/2015 - 15:53

*

Cipressi di palude

 

Vorrei illudermi  che barca ci passi

lì,  dove è a pochi centimetri il fondo.

E insisto, come non sapessi verbo

che sta nei riflessi l'inganno invero:

 

si fan tremuli sullo specchio d'acqua

il fondale azzurrandone  di cielo

si che lo diresti di abissi veri.

Verrebbe voglia andarci alla ventura

 

non fosse per il guizzare di tinche

viscide e sfuggenti come sogni

tra cipressi rossi di fronde, dove

restarci  in secca sa d'autunno in fieri.

 

*

Musica di strada sei

Con linguaggio desueto è che mi parli

mentre immagino universi in palpiti 

di note espanse all'orecchio, d'un fiato

tatuate su pelle esposta alla luna

in questa serata ch'è cosa rara,

tanto ti si diffonde per la piazza

che è idea pazza non sentirti e svanire.

Questo  sei per me: musica di strada,

mi dico, che mi fai spazio d'intorno,

di quella che mi arresta lì di colpo 

dove sono,  ad ascoltarti rapito.

Quando ti acquieti e mi ridesto, scopro

che sei stata solo un lampo insolito

e resto in un intervallo infinito

bagliore aspettando d'un nuovo lampo.

Prima che arrivi pioggia e via mi porti .

*

Haiku e miele

Fiore odoroso

 

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labbra ha che san di miele.

 

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D'incanto il bacio

 

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Tanti ingressi una sola uscita

A scuola di presente

è qui ed ora l'appello.

Ogni aula ha ingressi vari,

sempre una sola uscita.

Per ogni accesso un muro

a stabilire in fronte

orizzonte d' eventi.

Prima dell' uscirsene

ci si guardi alle spalle

per terra e anche a mezz'aria

a che nulla ci resti

nella stanza in sospeso.

*

Vita favola amorale

D'un colpo eccoti svelata la nostra

natura grottesca pur sempre reale:

non appena acquietiamo le mascelle

e all'occhio vien languida la scintilla,

eccoci a speculare strambi, dando

pure senso d' esserci all'ignobile

istinto che introietta la discutibile

libertà dell' ego  contrapposta al noi. 

Formulando fonemi da scrivere,

ci si cimenta a declamarli arbitrio

libero, da chi o cosa non è dato.

Individui diabolici noi umani:

ci si sbizzarrisce in modo umorale

nel perseguire pedagogia fine,  

sì da insegnare che la vita amara

pure essendo favola amorale, anche

si potrebbe chiudere con morale.

*

Un gran tacere intorno

Tutto un gran tacere è ora per i boschi

parlano solo i colori dai rami

e dai prati. E quando c'è,  non resta altro

se ancor voglia si ha d'un tepore alle ossa

che rincorrere il sole che s'abbassa.

 

Chissà  cosa mai ci si aspetta nuovo

nell'appender verso alla sua bacheca

mirandolo dritto negli occhi in cielo

tra fraseggi a volo di uccelli muti

Con strisce bianche parallele e fisse.

 

La cosa fa un po' puttane per la via

che nude si offrano alla vista in poesie

speranzose di commenti a gloria ovvia.

Sonanti brillano  di attese grandi

spegnendosi appena oltre la pagina.

 

Qualche volatile c'è  che si ferma

in aria, frullando talvolta strano:

una critica contratta o una lode.

Poi va, l'orizzonte lasciando sgombro

nel pieno d' un grande  tacere intorno. 

*

A nascondino

Abbracciare il tronco mi sta bene, sai

ma non saprei contare fino a cento:

i lupi non sanno contare, è noto.

E nel bosco usciamo a sera che affonda.

Se vuoi giocare a nascondino, vieni

di notte sotto al dirupo e stai fuori

dal mondo. Li vedremo come che sia

possibile l'arte dell'incontrarsi:

io che non conto, tu che ti nascondi,

la mezza luna che è su, tu che ridi

le ombre che danzano, io che non ti scopro

... si, siamo dei fruscii che si cercano:

in pegno dai il tuo sorriso al ruscello.

Se ti trovo, lo berrò a mani giunte.

*

Rimando del tempo lo scricchiolio di rimbalzo

Son io, son io che giro

da ieri ad oggi sospiro

nella mente molesto

ronzio  che do di resto.

 

Son tempo che va a rate

per le balze d’ingrate

genti ridotte all’oblio

ché non odon scricchiolio.

 

Or che è estremo il rimbalzo

d’orgoglio non son scalzo

ne’  restio a dar consigli:

badino più ai lor figli!

 

Gualciti i fogli bianchi

saranno saltimbanchi;

incendi suscitando

saran poeti rimando.

 

Son essi  vento e  fuoco;

son essi fine e gioco:

di pancia rasoterra 

con pugni a batter guerra.

*

Del mare

Tutto quel che so del mare

è che mi manca non poco

alto volgere di spume.

 

Poi quando ne sento voce

sangue mi bolle risacca

e onda è  nostalgia che impazza.

 

Che più non abbia a vederne

spruzzi, fitta buca a spillo

otre che ne serba sale.

 

Si che posso solo dirlo

di non essere più in grado

di definire cosa sia

 

salsedine vecchia in poesia.

Memo  che, in certi momenti,

ce l'ho a vista come cielo:

 

nubi a vela. E vorrei tanto

In plenilunio, montare

delfini tra flutti argentei.

*

Primo bacio

Ah il bacio: quando è stato il primo
è successo che è sorto il sole
sebbene fosse notte fonda.
Desistette ombra  e pervenne alba
tersa a gioia e mi sfiorò mestizia.
Sentii brividi sulle labbra
come ci avessero incontrato
davvero  bocca di corallo
sul leggio a pagina dischiusa
leggendoci sopra i tuoi versi: 
quell' impastar  lemmi e stupore
che regge aulico sulla pelle,
a significare diletto
sulle tue labbra,  a prima vista
meraviglia d'amore in foglia.

*

Diserzioni

Tanti si chiedono di questa fine

estate di vuoti a rendere invano; 

anche di pioggia così scialba e uggiosa

perché insistente di paure ataviche.

Io solo dissento e mi domando ora

nel silenzio sul prato, dove siano

finiti i cinguettii dei passeracci

disputanti croste a piccioni e merli

fulminei nei voli dai rami alla ghiaia

per i viali lungo il giorno sbiadito.

D'un colpo mi accorgo del vuoto intorno:

anatre e corvidi non lo colmano;

più morte son le foglie e senza appello

prive dei loro saltelli a scuoterle. 

In troppi si chiedono di questa aria

di fine estate dagli uscì socchiusi,

dai fiori assetati nella polvere

nulla trovandoci di che ridire

senza per questo farsene la colpa

se questa assenza passa per radici

desolate affioranti diserzione.

*

Nuvole son di passaggio

 

 

Il vento ne fa stracci

Il sole le modella

desiderio le sfrangia. 

Nuvole son di passo.

Fan di petto un tragitto:

che sarà volarsene

com'esse alte per cieli?

*

L’estraneo

L'estraneo ha, come sola amica, lassù

la nuvola: di essa, se c'è, si fa schermo

per sfuggire allo scherno di chi aggrega e

di famiglia vive inchino di giunchi

nella palude dei"qui so che è patria".

 

L'estraneo sta dall'altra parte in strada,

a valle, oltre le transenne di fronte;

si che non ti dà retta se lo chiami.

O, se risponde, è solo perchè è assente:

 

cos'è la morte per un estraneo in vita

se non estetizzazione dell'estremo

pensiero che si fa carne? Sente

soltanto se lo si osserva curiosi.

 

Perchè, vedere come si è animali,

gli dà modo di ritener l'istinto,

un riflesso del verme sotterraneo

che è nervo scoperto d'ogni vivente.

 

Non pensar mai d'essergli conterraneo:

egli va spesso per ritrarre nubi,

poi finisce per riprender d'un giorno

la stella come lui pulsante aliena.

*

Ostaggi senza riscatto

Non c'è riscatto, sappi,

pur se rimorso brucia

per l'oggi che si è ostaggi

di ciò che si è fatto ieri. 

 

In terra di misfatti

ove ingiustizia è legge

solo c'è d'andare oltre

vita con altra morte.

 

Si che non nasciamo a che

resti immutata cosa

il mondo sotto i piedi,

 

com'era prima che occhi

aprissimo al sorriso

sole di madre all'alba. 

*

La fine di un ghiacciaio

 

 

stanno perlopiù silenti sull'orlo

pure nei giorni in cui scommessa è starci

lì, in attesa che tocco d'evento, oltre,

con furia acquea eccezionale, le spinga

ad animarsi frementi nel greto

furiose e devastanti ogni ostacolo,

creature di un torrente d'alta quota

che della morena accoglie ghiaie ed acqua.

Del resto sarebbe sciocco negarlo:

certe pietre pare non aspettino

che risuonar canti di morte a valle.

*

Haiku cadente

spiovono raggi

¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥

perle attizzan sublimi

¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥

Occhi ha la notte

¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥

*

Transitano per gli occhi

Passano molte meno parole oggi

per le orecchie. Di più ne transitano

per gli occhi: affollando la mente mute

penetrano inebrianti come sorsi

di vino che spingano fianchi al ballo.

Ma non che siano in veritas per questo,

s'avviluppano anzi bugiarde ai bulbi.

Sì che quando le vedi agli zigomi

che ti risalgono su per le iridi

te lo chiedi se per caso sia follia

in commenti depressa e manifesta.


*

Haiku aulente

Perso, nel vento

rosa annuso purpurea:

per casa ho un filo.

*

Oltre le sbarre

Tempi strani son questi qui: li sento

sui denti battere senza alcun senso.

Non è per paura e l'hai sempre saputo:

nemmeno faville da fuoco, quelle

 

che ne sprizzan come da incenso acceso.

Fiato sospeso resto alla finestra

in tempi in cui, più conveniente pare

respiro appendere in condensa al vetro.

 

E sperare che evada oltre il riflesso

di quel che ricordo di essere stato

in cerca di quel che son diventato

perchè ancora mi sto chiedendo chi io sia.

*

Haiku celeste

E' quel ch'è cielo
 
@@@@@@@@
 
limpido o tenebroso
 
@@@@@@@@@
 
ribollir d’ali.
 
@@@@@

*

Vera come non mai primavera

Una primavera che, ancora adesso,

saluta inevitabile con sbocci,

cinguettii e voli che sanno del fiele

di quei giorni: ci stava sotto gli occhi

in buchi e, non lontana, in prati stenti

periferia a lato d'alberi stinti.

Primaverili cristalli zuccherini

nei cucchiaini diluita polvere blu

poi che brillava di bolle limpide,

pur se non meno tragiche dell'oggi.

Stagioni che si alternano, diresti

nel loro disputarsi cuori e menti.

Come varie mafie in piazza lo spaccio

alle idi di marzo ogni anno, d'ogni età.

Ma noi lo sappiamo, vero, che non c'è:

non si è mai avuto momento migliore.

Ci sono solo attimi in cui si è così,

perchè più giovani e fluenti, azzardati

da bagnarsi in un fiume che sottende

canzone di primavera e di morte.

*

Haiku

Verso s'avventa

 

><><><><><><><><><>

 

nel gran fuoco al tramonto

 

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gabbiano vola.

 

><><><><><><><><><>

 

 

*

Notturno

 Sono venuto sulle vostre tombe

tra l'altro per abbozzare due righe

ancora che possano dirmi di voi.

Certo, cosa assai singolare questa:

che tanti chilometri abbia percorso

per poi scrivervi in piedi sul marmo

che fa da tetto ai vostri sogni in gelo

al sole impedendo di scioglierli acqua.

E' che ad ispirarmi sono ossa spoglie

le vostre che un dì ho abbracciato e accudito

rivestite da sembianze ancor care

dai tendini contratti in compassione.

Vero che la grafia è quel che è: diffuso

errore di tratti, confuso intreccio

come la mia vita frusta un furore.

Mi vedo come riflesso allo specchio

oltre andando senza prefisso alcuno

non rilasciando di me che immagini

presto da occhi e da vetrine svanite

quintessenze del nulla: si va frame

senz'altra fame che uno scatto a vuoto

prima del buio, all'accorrer di latrati

dall'orecchio inquadrati nel notturno.

*

Ecco come mi rimorde

 
Con occhi rivolti al cielo superbo

ti lasciai sola e radiosa nell'alba.

Anelli tinnavano una romanza

frugando l'aria:aspettavi la luce

mia promessa d'una nota a passione.

Ecco come mi rimorde nel cuore

che ti lasciai falena tra gli specchi

in posa e senza altro sole a ghirlanda

se non quello di una lanterna cieca.

Ecco da dove il mio travaglio in nuce

ebbe la meglio:a partire da dietro

un albero, improvvisato rifugio verde

in grado di nascondermi a te ignara

ma non ai voli d'incubo sull'erba

grigia. Ove alla fine fu scintillìo:

diamante grezzo di stella fu l'odio

a bucar le nubi spezzando il sasso.

Due le metà che restarono in mano

due le metà che partorirono ombra

errante d'alieno. Ego, vaneggiante

discosto, confuse nel bosco in sonno

le tracce ovvie dei sentieri interrotti.

Udìi risuonar l'eco di una danza:

la tua, ma non seppi dire da dove.

*

Il vuoto in petto

Temo che mi stia tutto nella mente

questo tuo balenarmi idea balenga

fissa che si riproponga ogni notte

quando stanco mi adagio sul letto

stupito poi che mi ritrovi preda

del vuoto che mi raggela astro in petto

e tu in testa ossessiva che mi strazi

feroce attizzandomi con un dubbio

a che cero livido bruci insonne.

*

Tramontana e ghiro

Si aggira dispotica e grave, brezza

malandrina, che dal nord ti rigira

a gomito e, per dispetto, ghiaccia

punge in viso. Di nulla ti riveste

animale in fiore con frange d'amore

che s'inventa fola intorno alle creste.

Storia di ghiro che dal sonno si desta:

sa della fame, avanzo del letargo

ma non sa se oggi sarà sazio e vivo

felice d'un nulla a perdita d'occhio

nel fremito che va largo per boschi

e d'ansia sui campi si scioglie in pioggia.

*

Cigolando

Non era incubo: davvero alle porte

ci bussavo. Queste si aprivano oltre

cigolando uguale sberleffo rauco

per poi rinchiudersi impietosa bugia.

Oggi così vedo inarcarsi messe

rigogliose nel levarmi in alto e poi,

come onde, relitto gettarmi a riva.

D'essere senza scampo è il vero dramma

spiaggiati che dal verbo non c'è fuga

dall'orbita in secca al palpito d'occhio:

unico sollievo nel vibrar ciglia

è il cadere di gocce di collirio

fresco scintillio da te tanto amato

con sollievo da me accolto in delirio.

*

Nina Cassian

... Chè, a toccarcisi bui la testa a mane,

ci pare di riviverci anche  ardore

in quel gesto che rassetta capelli

sogni... con una ruga di più in fronte

al confine con la tempia che pulsa.

Così è un dubbio d'amore:"Mi sarò mai

dissolta nelle vene dell'altro?"Lei:

al mattino può capitar, doppiato

"Capo di Cattiva Speranza." Senza

nemmeno più chiedercelo se ronza

dentro o vispa ci gira intorno "mosca"

*

Un attimo che non vedi

Di arrestarlo cerco sempre l'attimo

si che non mi si faccia ruga in fronte

e raggrinzi l'ansa in gola, sul petto

lasso istante assottigliandosi osceno;

oppure che decori gambe e braccia

memento, affiorando intrichi venosi

a che non lo consideri neppure,

dai capillari bluastri sparsi, assente.

Ma io insisto e inesistente lo dichiaro;

dicendolo leggenda non lo colgo:

fiato dai denti è, di poeti ed amanti

finanzieri, militari, corsari...

che sempre lo declamano fortuna

reclamandolo per sé a proprio amore.

Un attimo è per legarcisi eterni

e sognarsi immortali. Ma l'attimo

non ci sta, non esiste, anzi: è già andato

tant'è fuggente che manco lo vedi.

*

Ti allontani vela

Mi manchi la notte, amica mia,

mi manchi la notte: mi guardo

intorno vedo solo un muro;

 

tendo le orecchie a coglier l'onda

ma da lì non giungon rumori:

muro di silenzio è ormai a notte.

 

Di noi due restan solo sogni:

crescono arborei chissà dove

gemmando d'aurore boreali;

 

oltre quel dove è sempre amore

fantasma che si gonfia vela

con a poppa amica la luna.

 

 

*

A lezione dal ciliegio

Messo in verticale e a picco sul mare

basaltica suggestione tombale

il colle: tra olivi e fiori di salvia,

ho appreso del rosmarino l'odore,

dei pollini fluttuanti il farsi vita.

 

A lezione, illustrante  dovizie altre,

ci sono stato: perigliosa danza

per balze frementi, rimbalza densa

di petali bianchi, fragranza aulente

nel dì morente, d' un ciliegio in fiore.

*

Per immagini vorrei

Parlar per immagini ai tuoi occhi amore

per averne delirio al brillio acido

dei paradossi degli amori al mondo

vorrei. Si che tu, leggendone linee

ne abbia linguaggio visivo alle iridi

e sensoriale tremolio alla mano

quasi fosse di sensazione nota

che ti arrivi sensuale fin sul palmo

come brivido di emozione calda

...

Ah, farci l'amore come vorrei ora

per verso, ritagliandomi uno spazio

tra i tuoi seni! Esserci lì nudo, vorrei

fosse spiaggia, dove ci sto tra sabbie

perso, conchiglia e onde rasenti membra

a suggerir di te da ogni fessura

che rimbalzi mugolii da risacca

giungendoti per immagini agli occhi.

*

... ci comprenda il mondo

Prova tu, diversa la pelle, a starci

sul filo. Dì come ti sentiresti

sul filo, a pendere dalle labbra altrui

che non combaciano sapori o linee:

sillabe bocca a bocca, scandalose

dir poco. Ti parrebbe giusto, vero

avere lasciato casa, parenti

ed amici, attraversato deserti

e mari: morte a destra senza tregua

per starci infine a sinistra, all'angolo

pensoso, cappello in mano per questua

vittima ennesima in luoghi comuni?

Recinto è il luogo comune: ci cadi

che nemmeno ci credi, solo ci sei.

E lì, convinto e sicuro, ci resti

comodo che occhio ci "comprenda" il mondo.

*

Che vira

 

Umore che vira a stupore

quando tra foglie si fa largo

una viola: timida prega

a che non le si calpesti erba.

Confidando bontà in un giorno

che prende avido per quel che

*

Ci manca***

 
Ci manca***
  


Potrebbe essere un'immagine raffigurante cielo, grattacielo e il seguente testo

 

Ci manca qualcosa se ci fai caso
sempre, quando pur ponendosi in posa

si sorride umbratili che si mima

cane alla parete a caccia di lepre.

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante grattacielo e cielo

 

Per interstizi fugge dita agili,

suggestione inarrivabile, ordunque

tra intercapedini inafferrabile;
si che, stanche, sul  muro si fan cigno
d'ombre cinesi fantasie di mani.

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante cielo e grattacielo

 

Facci caso allora, di certi stili,
alle bizze: architetture slanciate

sferzate dalle correnti, efficienti

sembrano celare intenti assassini
nel costringer l'incauto a torcer collo
,

sedotto dall'idea di fuga, sguardo

verso l'alto da mantenere in linea

ai profili zigrinati dei terrazzi
di grattacieli zavorrati al cielo.

 

 

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante grattacielo e cielo

 

Se dovessi farci caso dal basso

da sotto i balconi di fiori e verde

decollanti, nota bene che manca

sempre qualcosa, fosse anche il frullare

d'ali, nello slargo tra le piante desio;

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante grattacielo

 


che poi, quando si va a veder la foto
l'antenna lampeggiante persa in cima
lungi dal far da candela su torta
s'arcigna realtà maligna, infissa aspra
volontà, pungente mucosa azzurra

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante grattacielo

 

nell'incistarsi gravità, ignava è essa
nel tempio del culto del nontempo atro.
In ciò, se ci fai caso, si fa dramma
non riuscire a dire cosa ci manchi.

 

06/05/2017

*** 01/03/2018 rivista e fotografata

*

A tempo perso

… è che mai L’ho capito cosa possa

o non possa significare il tempo;

non so “avanzarne”cosa voglia dire.

Più facile è che ne perda da ozioso

peggio che sangue da una vena aperta.

Spesso mi ci accomodo frustro e lasso

e imperterrito a dissanguarmi resto.

Poi, dopo nulla facere apatico,

già che la pigrizia mi ha roso carni,

mi dispero, mi specchio ebbro e capisco:

di tempo ogni cosa ha il suo. Così sono

pure io, essendo ancora nel mio di tempo,

fiore fatuo che ritarda a sfiorire.

*

D’oro un fiume*

Di oro ce ne viene tanto dal cielo

e più lo si cerca tra terra e mare

delirio più si spande fiume agli occhi.

Ascoltami come scricchiolan croste

sono molliche rafferme le anime

sotto i piedi. A quel che vedi, sul piano

di quel tavolo scrostato, fende aria

grido dismesso: povertà in via è donna,

accasciata a sognarci un conforto

ci sta. Seppur nuda verità in legno

insonne che consoli con passione,

non dà concretezza altra, che d'un velo

cedevole come tenebre all'alba.

 

* Per un 8 marzo di 365 giorni all'anno, AUGURI!

*

Il tramonto è bugia

Di tra i rami si finge bugia a fuoco
 
si che, bruciando bassa e fumosa, ombre
 
manda in scena da consumate attrici
 
 
nel vespro incerto improvvisando a freddo
 
monologhi sotto astri ancora vaghi
 
sul confine, ove sbadiglia già luna.

*

Intelligenza artificiale

...una volta che mi sei sotto pelle

lì ti effondi adrenalinica e sgusci

nervosa, diffusa, filamentosa...

Sensore sottotraccia vibri bassa

captando asperità e temperie vaste

d'interni. Così metallica tranci

arterie e vene confuse coi nervi,

che ti sento pietosa a mente fredda:

infissa, affondi nella carne, sonda

cauterizzi già che operi suture

sì che si trascenda a volo l'umano.

*

Insetto in volo distratto

A sprazzi l'azzurro è finestra

in cielo attraverso ci guardo:

va e vieni è di sogni tra grigi.

 

Per aria gli intrecci d'arazzi

preziosi di ricami e perle

di ragnatela hanno la trama.

 

Si che invischiato mi ci sento

come insetto in volo distratto

a cuore che altri disegni abbia.

*

Canto d’inverno

 

La sua voce mi insegue inesausta ode

echeggia per viali ampi e tronchi scheggia;

a sera, sai, ombra che s'acquieti pare

prima d'azzannare perfida il cuore.

 

È un intrico di note l'inverno, sai?

con torsioni invisibili di accordi

effonde intensi brividi alla schiena
si che t'immagini orchestri l'avvento.
 
 
E siedi a sentirne sferza tra rami
che contorce e smorza pur tenui cromie
allumando emozioni che sanno aria
dell' eterno ritorno aureo di un canto.

*

Linee di contagio

Mi rimanda dentro ad un guscio

tutto questo buio nella stanza:

compassato ci sto in silenzio

quasi chiededomi se, ancora

ci sarà qualcosa di vuoto

da riempire oltre le persiane.

Quando, attraverso le fessure

in sonno tornerò nel mondo.

*

Ricorre

Ricorre cordoglio notturno, greve

flautare cinereo, cellule in aria

di morte sospesa. Gelido e spesso

sul tavolaccio è il cubo: argenteo luce

fulcro asettico e tragico di leva.

Opaco l'universo ci si pesa

a sbilanci d'amalgama ristretto

come i "sommersi" in cuccetta di lager

subendo la metrica di baracca:

che alluda alla combustione dei corpi

poi che il fuoco li dilata in fumo acre?

Mesto s'apprende rammarico all'osso

ch'è a tappeto il russare stanco: verso

costante, s'allarga d'orrore a bocca

fino ai pidocchi tra coperte e nasi

in collottola imbucandosi sozzo.

Storia che, come granchio, corre a mare:

che indietreggi, pare, eppure s'avanza

ai gabbiani sfuggendo tra gli scogli.

*

Odori e sapori

Molti sono i sapori non più tali

perchè adesso al palato alieni, come

gli odori un tempo di casa all’olfatto

… e che non hanno più da essere, insinua

gracchiando corvo. Ch’io già non rammenti

nemmeno quello del tuo corpo, insiste:

sapore che ho perso oltre ogni limite

lo dà. Ignaro che, pur se infinito

ci provai a delimitarlo con baci.

Eh si che tanto prezioso mi è ognora

l’odore del tuo sesso sulle dita:

da lì giunge ancora ingenuo alle nari.

E non dica che è perché si cincischia

nel tramonto, in cui null’altro si aspetta

che astro si abbassi per prenderci a bordo

(arca di un giorno dalle molte vite

solitarie a filo di mezze lune)

che in bocca non abbia più il gusto di te.

E’ che ora ci siamo solo io e la marea

che riva più non bagna con saliva

di un piacere che si è perso nel tempo.

Mi è più facile il punger di ginepri

argomento di un isolotto in Grecia,

acquattato non lontano da Creta:

più cappellette erano che abitanti.

Le vidi punteggiar fianchi scoscesi

in giù, fino quasi a picco sul mare

volte al vanire di odori e sapori

con monotonia acida salsedine

e versificare alto di gabbiani…

*

Cipressi

E' nebbia a velarne profili

è luce a modellarli stilo

si che è oltre la rete, ove tutto

s'apprende, il dire di cipressi:

scuro di fronde giunge, come

ombre che freman tra le tombe,

scrivendo in un cielo ch'è cera

di membra che nutron radici.

*

Gramigna ti direi

 

Ti chiamassi"erba", già che irta mi fissi

irridente ad ogni affondo di vanga,

gramigna avrei a dirti: infesti dal fosso

reticolare di radici fitto.

 

Soffochi il pure minimo sussulto

di un timido improbabile raccolto,

groviglio greve di steli accentati

dal vento ed ingialliti dalla brina.

*

Scosse nell’animo

Sono vite e foglie severe,
vivono di luce riflessa
d'incanti arricchendo le sere.
 
Nel plenilunio acconciano arie:
stormendo faglie di pensiero
vibrano scosse nell'animo.

*

Un nuovo e aureo inizio*

Su per l'arco ci si sta in un baleno,

di risalirlo ben attenti si badi:

mano a mano che dal petto se ne esce

aria, come d'un sibilo a sciogliersi vago,

si colga d'un lampo il volo cieco,

prima che cessi il botto da scoperchio,

se la pignatta di gnomo alla base

si vuol vedere. Dicono ci tenga

tanto oro dentro: sì che, quando avido

la scopre ed un raggio di sole dentro

ci cade, l'arco se ne indori vanesio

reiterandosi nella mente imperio

in scia al rito di luce del solstizio

d'inverno, a che sia nuovo  e aureo l'inizio.

 

*Con i miei migliori auguri a tutti per delle festività serene almeno.

*

Il volo è come una ciliegia

 
 Il volo può esser dolce
 
ciliegia di cui non esser sazi
 
già che la gravità si sfida
 
 
... e io ho ancora un solo passo

a poco dall'abisso

che insiste al gusto amaro.

 

Flemma:

se ciliegia non è un passo

un passo non può dirsi volo.

 

Dilemma:

come volare oltre l' abisso

se si ha appena un passo?

 

Occorrono ali per volare.

Flemma:

 pure un cuore che non tema l'abisso.

 

*11/09/2013 rivista

*

Incipiente l’inverno

E' da qualche giorno che nolente urla
l'occhio, ogni tanto puntando su stormi 
migranti più discreti del solito:
fanno in sordina acrobazie ai margini
a corollario di questo disastro
affliggente un quotidiano distorto.
Che sia già inverno? E' domanda che in gola
si strozza: la ragione è da un pezzo aria
che lo sussurra. Anche a vista gli alberi
lo dicono. Alla pelle incontro  è voce
fredda e acuta di brezza a suggerirlo
pure alle ossa. A orecchio stento: balbettii
son giorni ch'è improbo dir ch'io cogito,
più penoso ancora aggiungerci ergo sum
or che mi inarco e sfrego con dolore
le mani ora ghiacce tra querce smunte.

*

Accordi azzardati

... e quella stella che ci sta a fare qua

ti chiedi che le mani sono fredde

in quel crogiolo in cui ci stai ristretto.

 

E tu che la guardi strano, non è che

le vorresti in te brillante e calda, sì

da farne lume in queste tue sere buie?

 

L'amore è una fantasia che pulsa a ore

senza costrinzione alcuna ammanetta

a una nota rarefatta e siderea:

 

t' avventa e azzarda per l'etere spoglia

come fosse d'autunno accordo in tinta

per una sinfonia composta arborea.

*

Un cruccio l’ispira

 

Che fare per non  sentirlo più cruccio?

Ne parlo, ne scrivo, poi ne straparlo

indi con occhio curioso lo seguo

a che impatti a senso sul foglio in nero.

 

Sulla scala delle note, mio cruccio

attento l'accompagno con orecchio

nell'intento di coglierlo che stecchi

strabordando alfine dal rigo d'altri

 

si da schiantarsi al muro e, non più cruccio,

determinando tregua nel mio animo

... m'illudo, già che sono nudo in terra

e alla stregua d'un verme mi ci struscio.

*

L’uomo nero

 

erano paesaggio vivace i bimbi

dagli scivoli agli altri giochi lesti

s'avvolgevano in risa e strilli acuti.

E lui, nero e alto, in piedi dritto e fisso

dinanzi ci stava, guardando assente

oltre l'orizzonte: forse un riflesso

d'infanzia derubata di parola

infisso l'attestava a terra e muto.

*

Non è merce la speranza

...siamo fatti col tempo e nel tempo: in esso

ci si aggrega e in esso ci si disgrega.

Dalla consapevolezza di quanto

trascorso, come da un bicchiere inverso,

ne discende che siamo stati vivi;

da quella del presente che ancor siamo;

da quella incerta dei giorni a venire

è l'esserci, sebbene non più uguali

saremo. E non è merce la speranza:

è nel nostro dna la memoria vera

quella che provvede a far sì che nulla

vada perduto. E che tutto si proietti

in sequenze, evolvendosi col tempo

diramazioni in linee sotterranee,

superficiali affioranti all'occaso.

*

Arpicorda il cuore

Incastonata tra il sogno e la veglia

messa lì, gemma nel frutto ci stavi

incarnata stretta, come rubino

da melograno che golosi si apra. 

 

Ora, che sgranati hai gli occhi di stelle

eterea passione brilli purpurea, 

alle labbra succosa mi sei in gola

deliziosa al palato ch'è notte alta.

 

ricordi che avevo sul palmo della mano  un dente

spezzatosi nel masticare arilli di melagrana

poi gettato a sera nell'Egeo, all'addio

dalla nave al porto di Hiraklion?

'Stasera mi manca molto quel dente

lo ricerco con la lingua che tasta

smarrendosi per la gengiva vuota.

Mi manca al punto da averne

immagine nitida: io che lo tengo tra dita

fluorescente frammento lunare

soppesandolo, prima di gettarlo a Nettuno.

Era buio pesto, sul porto di Creta

c'era la pioggia sui tetti e sull'acqua

di rubini granati ammollanti di piacere

A bocca aperta li accoglievo succhiandoli

capezzoli. Ma a bocca chiusa dormii la notte

sul ponte. Accanto a te che, di melograni

avevi il profumo sulla pelle(ipocrita la pelle)

e del succo il sapore tra le gambe: 

 

Al gran ballo indossando livrea

oltre i veli vado nel sogno

in trasparenza. D' arpicorda

il cuore, agili note ne trae

 

il vento: strimpella con dita

sottili, come cime all'aria

cascanti  dall'albero maestro

vil chioma avventata di pioggia.

*

Il già vissuto

 

Il vuoto nello spazio è il vuoto espanso

nelle stanze ampie: ci galleggi grave

in assenza di gravità. Ne senti

vive palpitare le ombre, ne vedi

nel tremolio di quadri alle pareti

in dissolvenza, affetti affaccendati

nelle incombenze compresi dal giorno.

Autore per un istante sei pittore

instancabile, immaginando come

e quando ci sarà riempito il nulla

di camere dai lampadari muffi. 

Echeggiare nuovi passi ci ascolti

non più i miei, i tuoi, i nostri: anonimi loro

per questi luoghi ancora in divenire

che qualcosa di noi l'avranno sempre:

le finestre san sussurrare a orecchio

di chi, in certi giorni che ci si affacci

e respiri, il vissuto sottotraccia

sui davanzali impresso con gomiti.

*

A garganella le ore

 

mi consola, quando mi sento perso

sapermi al momento seduto e fermo

al tavolo, scrivendo a garganella.

Ma solo per poco ciò mi conforta:

poi che mi vedo commosso che è notte.

Oddio, realizzo: ma ci siamo mossi!

La Terra sta andando d'intorno al Sole

e noi con essa che su se stessa ala.

Si che la Luna non ci confonda oltre

ci si contorce per non averla storta.

A pensarci meglio, ci proverei  sai

ad immaginarmi che, come tutti

gravitando pianeti intorno al Sole

così anch'io stia ammoinando, Orfeo incorporeo

adesso che per me scocca ora astrale

a farmi già svanito: ci penso, sai?

Nemmeno nel sonno riesco ad esserlo

sicuro di stare fermo a letto: a me

svaporano insonni comete intorno.

*

Come cercarci l’oro

Vero che non si è cercatori d’ oro

lì, dove di oro ce n’è solo in versi.

Si è solo esseri che setaccian fango.

E questa non è di certo fortuna

che affiori facile: ci vuole sorte

a che pagliuzza fantastica brilli,

gemendo accorata tra sassi, in fondo

al vaglio. Oltre ogni possibile coltre

è questa febbre ch’ è gentildonna, 

benigna custode da mane a sera, 

in barlumi a coprire con tegole

(luminose fette di mele argentate

sbucciate a regola a furor di luna

stese coperture dolci passite)

pietose sul nostro vivere amaro

chè, sotto, a seccare ci stanno sogni.

*

Il profumo delle viole

 

 
 

Ideale sarebbe averci uno sguardo

atto ad'ampliare orizzonte asfittico

di eventi che ci comprimano fatui. 

E, a misura inzuppandoci acquerelli, 

ci aggiunga amanti al quadro in itinere, 

a conforto dell' essere prossimi

di specie che saprà farsi d'energia:

potenza del profumo delle viole

dai petali stuzzicati da brezza

leggiadra coscienza d'essere luce. 

*

Folate affilate


Una folata di vento, alle volte,

può salvare la vita; può rapirla

come in estate una foglia per sbaglio;

può costringerci in noi abbrutiti al gelo

sferzandoci veritiera la faccia;

insistente può bussarci alla porta

per rubarci lacrima seccandola;

può infonderci coraggio a fil di rasoio

in nodo scorsoio serrandoci gola.

*

Goccia a goccia panica

 Langue rubinetto guasto da sempre

ampio sgocciola lampi di rigetto,

musicando la tragedia ogni giorno

degli attori recitanti a soggetto

sul campo, dallo sfondo e senza slancio

altro, che quello della costanza acquea:

azzardo tra più variegate lingue

 

dello spettro che batte in testa ossesso.

Sì che caldi scorrono litri d'acqua

giù per lo scarico sfuggendo Storia

come sangue da ferite del mondo

nelle ore indolenti assumendo forme

di catarsi atta a lenire tormenti

ustioni da vampa che mai s'estingue

 

... se me lo chiedi, non potrei che dirti

ch'emorragia di testa non distingue

che altra nel cuore non ce n'è di fiaba

non tanto per aver perso maschera

ma per averla trovata  commedia,

recita in gocce che avvita panica

pur se nel vizio di un copione esangue.

*

Coviddi non c’è

 Arrovellarsi, sai, tra tutto e nulla
ci fa apparire distratti alla guida
concorrenti alla fine della fiera
che ristiano con in mano un bel nulla
bamboli d'un quiz farabutto e losco.
È quel nulla che ti fa fesso e fatuo
per le vie del web, incrocio del tutto,
che nega agili contagi virali
e assegna meriti e seguaci a migliaia:
verticali in aria, orizzontali in terra;
oppure in quel sobillare di curve
pandemiche, ora date piatte e morte
che, in realtà, fanatiche s'avvitano
verso l'alto, seguendo ancor più in alto
come nulla spiega un tutto a complotto.
 
 
 
 
 

Coviddi non c'è

Post n°572 pubblicato il 14 Settembre 2020 da woodenship
 
Arrovellarsi, sai, tra tutto e nullaci fa apparire distratti alla guida
 
 

Coviddi non c'è

Post n°572 pubblicato il 14 Settembre 2020 da woodenship
 
 
 

*

Un attimo fa, oggi, già ieri

 

Giusto qualche attimo fa

era il tuono brontolio forte

insistito come minaccia di sfratto

e le nuvole si accalcavano grigie

nel vento che ne sollevava pure le gonne

ma solo qualche attimo fa. 

 

Dopo, al tuono, s'è aggiunta la pioggia

al deliquio alcoolico il turpiloquio;

alla tristezza, un cielo in frantumi

spiovente spezzoni d'azzurri taglienti

a conficcarsi nelle pozzanghere

a cordoglio d'anima ferita.

 

Corteo si era involato fulminio

tra scrosci e raffiche a scoppio di risa

di foglie che erano smeraldi: appena ieri

la dolcezza dell'essere cirri

sull'altalena rapiti da un su e giù

alla gioia, mai l'avresti detto tempesta

*

Misericordia per i narcisi

 

Misericordia s'invochi accorati:

sì materna ci rapisca cenere

poi ialinica ci diluisca tra l'erba

a filtrarci nel regno delle talpe.

 

Già che potere ha di assumere forma

di ciò che l'accoglie, ci animi saggia;

già che cambia forma di ciò che è o non è

imbevendolo, da noi esca zampillo

 

assumendosi onere d'alleviar sete

come pure di decomporre i corpi:

al disgregarne sostanze, dei morti

ce ne faccia nuovi incarnati affetti.

 

Femminea ed eterea, volesse in fine

d'universo, partorirne ancor stelle

sulla battigia all'infinito lattea

ne saremmo lucenti di essa in stille:

 

acqua, comunque si declini vasta

è anima liquida del mondo: d'acqua

siamo fatti, dall'acqua siamo usciti

e in essa si fa ritorno a specchiarsi.

*

dell’inizio e della fine

 
 

Sulla panchina ci si piglia

incipiente estate di chiappe

all'aria rutilanti chiare

sfacciate nel mostrarsi vere

nelle notti d'ombre severe.

 

Ch'è sempre sulla panchina, uste

di sole a fine estate nere

ma tanto accorate le sere

tiepide ancor, seppur più fruste,

il  dovere dirsi addio acciglia.

*

A non

 

E'a non averci orecchie ed occhi

sentenza alla miseria nera

pronunciata bestemmia piana

nei pensieri così asfittica

compressa pena nella testa.

 

Della morte anima più arida

già che finta sei da un pezzo

e ad aspettare stai sul molo

dimmi cosa scruti lontano

faccia dilagante di piaghe.

 

E'immediato leggerci tedio

ostico afferrarci senso altro

in quel tuo sguardo fisso e vuoto

oggi ch'è volubile il clima:

ora conforta, ora sentenzia.

 

E senza sconti è la condanna:

risuona inaudita sotto archi

scorticati di patii antichi

da una fede all'altra cecità

peccaminoso sentimento.

*

D’acciaio ed altiforni

Quante costole mi chiedo ha la Terra

questo grande polmone ch'è paziente:

inspira luce, riflettendo azzurro

di bimbo inconscio che graviti serio.

 

E siamo noi tanti piccoli corpi

sericità minuscole: microbi

dall'ego maiuscolo e senz'altro fine

che truci infettargli, operosi, i bronchi

 

All'apparenza, per quanto le conti

e riconti, sufficienti non paiono

a contenerci escrementi e veleni

prodotti di un agire strafottente.

 

Spurga catarro il pianeta ch'è nero

sempre più dalle ciminiere muco

cola ardente da nari d'altiforni

minimo starnuto a bruciarci vivi.

*

Il sole sulla testa che scotta

 ...ma in fondo, una scottatura solare

cos'è? Si chiedesse a Rimbaud, direbbe

lui: botta di sole che cambia vita

da poeta alto a mercante di armi e schiavi.

Io che di poesia intendo solo arsura

la so lunga su scottatura e affine:

gli arrossamenti dolorosi a gambe

il gonfiarsi delle papule a schiena

il vaneggio d'insolazione a mente;

di derma in strati elevarsi annerito

bicolore a farti la faccia pesta...

si che avrei potuto scriverci poema.

L'avrei vergato su altre foglie morte

dalla cute involantesi ombre a notte:

lucciole rabbuiate dell'esistenza

per ogni dove a incutere rispetto

pure alla folle congrega dei grilli 

nel compiacersi su e giù per la pancia

di enigmatiche montuosità, dure

da ignorare, scendendo a bagnomaria

sudati del primo albore di luglio.

Sì perchè certe cose si può solo

dirle in solitaria, assente la luna

che possa delare eventuali viltà

nel giorno bruciante infimo di sale

... ma io non sono Rimbaud: sono più basso

e nemmeno ebbro, soltanto più cotto.

*

A darci un dito al dio della poesia

 

Nulla di più dispettoso e irrispettoso

oltre che perditempo e ritardatario

del dio della poesia: un giorno ti svegli

e te lo vedi che ti sembra stia a tenerti

palpebre aperte, lasciandoti credere

che ti stia baciando pupilla, opaca

ancora del sogno, con l'ispirazione.

Repentino, indi assente si rende e celia

asserendo dal cielo che, di lui,

non c'è di che fidarsi a dargli un dito

già che ti prende braccio e stanza

con destrezza annullandoti estro.

Chè, la vera poesia, sostiene perfido

sia quella di quando non ci si è più

e resta tazza deposta sul porfido

a distanza ancora fumante d'orzo.

*

Lockdown

 

Siamo, siamo, strabilianti lo siamo:

decisa che la partita è per censo

e che intenso è il pathos, si resta a lato

nell'inferno degli umiliati stretti.

seri ci chiniamo a guardarci i piedi:

instabili e sconosciuti i piedi. Stanchi

ci portano da una stanza all'altra

regioni d'un tratto sconosciute.

E sempre ci bruciano di loro

,per farci sentire che ci sono,

che ci siamo ancora per un viaggio

per una passeggiata lungo la riva

di quel fiume che ci scorre sangue:

Goccia a goccia che ci sfila in vena

miraggio tra un universo e l'altro

per rivangar terre esaurite di frutti

assediati da qualche parassita di troppo

... Con qualche affetto di meno.

 

*

Collassiamo stelle

 

Della vanità è la fiera

l'ostinarsi nella recita

invano aprendo un frigo

fuori uso da sempre.

E'vacuità del gesto

tu che lucidi la stufa

che casa più non scalda;

tu che cucina sgrassi

che pietanza più non cuoce;

ch'è lucida follia lo sai

pulire la lavatrice

pur se guasta da due vite

le nostre. E nemmeno lo ricordi

l'ultimo lavaggio fatto.

Ma lo ripeto:non c'è nulla

per cui farmi sentire.

Ci si trovasse qualcosa

oltre la mera sopravvivenza

in queste nostre teste di legno

scolpito, sai che canzone

ne verrebbe percuotendole:

logica legnosa la loro

al pari di quella di una stella

che collassi ostinata e silente

pulsante di tronchi percossi

con monotonia da spazio profondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Della vanità è la fiera

l'ostinarsi nella recita

invano aprendo un frigo

fuori uso da sempre.

E'vacuità del gesto

tu che lucidi la stufa

che casa più non scalda;

tu che cucina sgrassi

che pietanza più non cuoce;

ch'è lucida follia lo sai

pulire la lavatrice

pur se guasta da due vite

le nostre. E nemmeno lo ricordi

l'ultimo lavaggio fatto.

Ma lo ripeto:non c'è nulla

per cui farmi sentire.

Ci si trovasse qualcosa

oltre la mera sopravvivenza

in queste nostre teste di legno

scolpito, sai che canzone

ne verrebbe percuotendole:

logica legnosa la loro

al pari di quella di una stella

che collassi ostinata e silente

pulsante di tronchi percossi

con monotonia da spazio profondo.

 
 

Della vanità è la fiera

l'ostinarsi nella recita

invano aprendo un frigo

fuori uso da sempre.

E'vacuità del gesto

tu che lucidi la stufa

che casa più non scalda;

tu che cucina sgrassi

che pietanza più non cuoce;

ch'è lucida follia lo sai

pulire la lavatrice

pur se guasta da due vite

le nostre. E nemmeno lo ricordi

l'ultimo lavaggio fatto.

Ma lo ripeto:non c'è nulla

per cui farmi sentire.

Ci si trovasse qualcosa

oltre la mera sopravvivenza

in queste nostre teste di legno

scolpito, sai che canzone

ne verrebbe percuotendole:

logica legnosa la loro

al pari di quella di una stella

che collassi ostinata e silente

pulsante di tronchi percossi

con monotonia da spazio profondo.

 
 

Della vanità è la fiera

l'ostinarsi nella recita

invano aprendo un frigo

fuori uso da sempre.

E'vacuità del gesto

tu che lucidi la stufa

che casa più non scalda;

tu che cucina sgrassi

che pietanza più non cuoce;

ch'è lucida follia lo sai

pulire la lavatrice

pur se guasta da due vite

le nostre. E nemmeno lo ricordi

l'ultimo lavaggio fatto.

Ma lo ripeto:non c'è nulla

per cui farmi sentire.

Ci si trovasse qualcosa

oltre la mera sopravvivenza

in queste nostre teste di legno

scolpito, sai che canzone

ne verrebbe percuotendole:

logica legnosa la loro

al pari di quella di una stella

che collassi ostinata e silente

pulsante di tronchi percossi

con monotonia da spazio profondo.

 
 

*

Pace, pace, Gesù!

"Pace, pace", gridando, "Gesù!"

Manco ci avessi fatto guerra

per una vita intera contro:

afflitto corpo a corpo, infine

"pace, pace", gridando, "Gesù!"

Ribelle ti ascoltavi così

senza mai darti prigioniero

con rabbia, come dio fosse odio

dei tormenti inflitti con ira

a intender resa senza indugio

... e tu che stavi ormai sconfitto

"pace, pace", gridando, "Gesù!"

 

Ma quale divinità accorda

nel baleno, quanto negato

sorda, nell'arco di una vita?

*

Della nudità nei luoghi

 

Certi luoghi hanno il potere di denudarci:

ispirano, spogliando degli abiti mentali,

lasciandoci nudi a scriverne. Presi d'incanto

da febbre, ci si attarda a descriverne parti

tratteggiando quarti per mente spoglia

a farne geografie anatomiche di pensiero

sì da apporci attributi provocanti

alle zone erogene che san di fantasie.

E chi, per ventura, si ritrovasse a leggerne tratti

per tracciati erti dalla sparsa simbologia

ci farebbe felici se finisse, empatico, 

immantinente anch'esso sulla soglia

ignudo, disquisendo di nuovi continenti.

*

Compenetrazioni

 La flessuosità ha l'ardire esile di un tronco
che non t'immagini: bianco di betulla fronzuta
che danzi perlacea nel blu, elegante di livrea
presa in prestito alle nubi di passo.
Brezza l'accompagna a che impazzi
avvolto d'elitre frenetiche di libellule
pazze: ha naturalità, ha vita,
è compenetrazione
tra i vari esseri viventi un complesso
in comunione di respiro;
introspezione pur sotto le zolle erbose,
radici di pensiero che ci sprofondano,
diramandosi ad assorbire nutrimento.
Tutti,  nessuno escluso, ci si nutre l'uno dell'altro,
perchè è dall'assimilarsi che si sprigiona energia
Vitalità d'un masticar di truccioli sputando cellulosa
a fluire chiome serpentine su carta:
onnivori esseri dalla codificata grafia,
emozione nervosamente espressa ramificata.

 

 



*

Di quando non si vuole morire

che stava lì lì per sfuggirti vita
e a stento l'hai trattenuta con sforzo
sì che ti è costato molto, coi denti
mordendola, a farla rientrare in petto
con colpetto di tosse a dir ch'è nulla.

Corre in me un dubbio che mi alletta pianto
mi scorre domanda nel sangue freddo
d'un colpetto si tosse a dir ch'è nulla
si che hai ripreso dondolii di gamba
col piede incastrato tra rete e sponda.

Ma ho visto e sentito: il tumulto in culla
la tentata evasione. Incurante eri.
Ed io che pensavo solo a svanire:
la morte mette le ali ai piedi dei vivi.
Ora che è come niente fosse stato

ormai che mi sei soltanto negli occhi
col piede incastrato tra rete e sponda
me lo chiedo che non ci stai più a letto
come tu sia riuscito a convincermi
a liberartelo il piede sì freddo.

Si finisce con la morte nel cuore
perchè non si vorrebbe morire mai
pur se di essa se ne sente puzza
ed il compattarsi degli arti ghiacci
e tu sentivi essere agli sfilacci.

E'perchè magari si è vista smorfia
contrarsi in faccia, increduli al dolore
che era lì per sfuggire. E non par vero
senza sconcerto esista dipartita
così di altro si preferisce dire

Non parli chi non sa cosa riflette
in sè guardi l'acqua specchio tremulo:
quando si è fratelli di stessa pelle
curiosi si scrutano i nei a vicenda
chiedendo all'altro di non avere paura.

*

Fine ricreazione

Sento come se la ricreazione stia per finire.
E, nemmeno essendo così vecchio
sia di già arrivata l'ora di rientrare in lui.
Lo sento che quasi mi pare di averci
al mattino nel lavarmi la faccia, le sue braccia
in quel movimento che getta l'acqua sul viso
: così: a palmi di mano congiunti ad incavo.
E pure lo stesso sibilo pronunciato di sterno
dagli anni, scoccati a freccia, di tra ciglia rade
sul grande bersaglio riflesso allo specchio.
Ma non si creda che, come dovuto, rientri
a fine ricreazione nella sua testa
piuttosto mi sento assorbito nei suoi lombi
prigioniero rassegnato in un corpo non mio.
Se i corpi possono anche dirsi parenti lungi da scherno
si che un DNA non rinneghi l'altro, la mente no:
estranea deambula nello sconcerto, foranea
accennando ripulse generazionali e non solo.
Del resto, come riconoscersi parenti
se alieni si è a mente come figli mai nati?
Quando poi, finita ricreazione, si fa luce:
la risposta alla domanda sta in quelle grinze di pelle
a guisa di cicatrici, sullo scroto paterno.
Consapevolezza corrugata d'aver vissuto risuona
tra sconosciuti che, solo alla fine, si son conosciuti.
Si che, supino, stringendo convulso un pugno di terra
con la campanella che mi sta risucchiando
per come insiste, tra gli steli campanula
dal vento scossa e riscossa, sento l'umido
ed il freddo che, un giorno, mi avrà ristretto in lui
come un sogno che l'abbia accompagnato in vita
già morto, perchè in definitiva abortito.

*

La carpa

La carpa è nel torpore del suo stagno
che ci vede brillare il suo universo:
da riva a riva, placida e torbida
la noti a dar di coda a pelo d'acqua
nell'arrossir di ninfee smosse appena.

Ma tu che è da qua che cominci algido
chiudendo gli occhi, ad avere visione
di veste limpida di madre prima:
dei soli urlanti inconsci di tra i nembi
cosa riuscirai a insegnarmi da lassù?

*

Vecchio condor (ritratti)

Ruffo di capo infine ci si posa

nel recinto restando bolso e goffo

gobbo con occhio rivolto alle righe

neretto su rosa sporco del foglio

giornale di un dì rarefatto e fulvo

scuro oltre la vetrina a specchio. Opaco

diletto dagli strani effetti, a darci

lo sguardo: orgoglio ricaccia nel petto

nero di piume a fumo, gerla gli anni

piste sono le rughe in fronte fonde.

E lui che, fatto, si dilunga piano

nari dilatate inseguendone ombre

sul ripiano del tavolo a capofitto

pure aspirandone rumore di passi

a notte che, intanto, s'accoscia goffa

come fosse anch'essa di pongo

impasto che dà forma ad incubi di strada.

 

*

Non questo

A verità dovrei ammetterlo sul serio

che solo questo m'appiglia cinico:

la crudeltà non è che un lampo

la scommessa riposta nello stampo

a che illuminarsi una mente possa

elettricamente brillando come lampa.

 

Ma il cervello non necessita, son sicuro

d'essere illuminato: micragna in neuroni

piuttosto, latitando nello sforzo di pensarsi

brancola di bestemmie in grani di rosario

incespicandoci orrido e guercio.

E' per trovarci un equilibrio che si abbarbica al sè

: tra chiari e scuri

come in un rosaio asperso

dove fiori, foglie e spine

acute s'alternano

cerimoniosamente conformiste

nel concedersi sprazzi di sole

a turno

in ciò assistiti dalla brezza

sussurrante dannazione tra i rami agiti

... perfezione

è che non esiste

una rosa uguale ad un'altra.

 

*

Come fosse

Siamo eterni e non ne cogliamo nesso

fragili ed impudenti eleviamo torri

sempre più virtuali fabbriche vuote

espressioni algide di algoritmi ardui

sommessi al dominio della tecnica

come ad ogni istante non si fosse altro.

 

E non captiamo che la nostra morte

non è: solo ci si evolve ossa dismesse

il tutto per restarci in uno sguardo

nel labirinto di un sorriso in salvo

che ben ci si sta nelle borse agli occhi

come non si tornasse più alle stelle.

 

In eterno rimaniamo noi sempre

frammentati per faglie di memoria

diluiti per lacrima sulle guance

ad ogni nascita impiccati a nuovo

sedimentati in versi di animali

come non fosse mai esistito un Darwin:

 

come ancora non fossimo allunati

come a girarci attorno fosse il sole

come fossimo sovrani di cosa

...

...

come non fossimo mai stati vivi

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Il richiamo

Mi manca il richiamo in queste notti:

s'allungano stinte fintanto che è l'alba

perversa e silente, come fosse troppo presto

a che si faccia sentire pure il merlo

in giardino saltellando con fruscio.

Trovo fosse un bene che la notte

fosse la notte. Ed avesse un richiamo

sebbene non ancora estiva.

Trovo che sia un bene che la notte

torni presto ad essere la notte

poeticamente viva e fracassona.

Trovo che sia lungo, estenuante

questo intervallo con passaggio di ovini

che si fanno contare scheletrici

pur di non dare il conforto del sonno.

 

Vorrei che si capisse una volta per tutte

che è tutto in questo non sfiorarsi di ombre

che sprizzano schiume di solitudini

fermentando nel contenitore in cui, il tempo

si fa monorotaia per manie e fissità

in deliquio privo d'interruttore

 

... vorrei

vorrei tanto che così fosse

 

 

*

Di rugiada fregiando erbe

 

Melodia soave nella notte sale

onda, note da un gemere di fronde

come d'amanti i sospiri scosse arie.

 

Quando sicuri di non essere visti

sapere d'essere sentiti a mente

eccita, di rugiada fregiando erbe.

 

Fluttua piacere in incanto alla fonda

fuoco che sta rapita orda tra gambe

al venire nude al tocco di ronda.

*

Ridondanza

In costanza di segnali, come da una stella

ghignante cadaverica dagli anni luce,

percepita non sazia è la pandemia

 

... ancora al presente ridonda piatta

sirene d'ambulanze dirompenti

silenzio che socialmente distanzia

 

*

Sintassi ha l’assenza

Ci ho scavato solco

con passo di fiele

su quella via brulla

che a te porta

intinta di miele.

 

Solco è tra noi fondo

sotto luna tonda

d'ululati bianca

ricolma di paura

fin dentro i crateri.

 

Tra un passaggio e l'altro

tra te e me ora è abisso:

non c'era altro modo

se non darmi assente

per esserti accanto.

 

Sintassi ha l'assenza

grafica sottile

quasi invisibile

pochi la vedono

altri la sentono.

*

Nell’irreversibilità di un rantolo

Osservo accortezza nelle rondini

che vanno e che vengono, la dolcezza

rimuovendone, poi che inebria curva

glicemica. Difficile, sfreccianti,

convincerle a non stare tali e quali:

conservando mestizia delle cose

non sanno che farsene del proprio ego.

Specchio bugiardo prova a esserne il poeta

astraendosi a fare se stesso guitto

in parti esternamente estranee, mimo

dissociato e acrobata flessibile:

spazialità accomunando a qualcosa

che gli appartenga certo, ma per questo

non suo oro. (possedere non è essere)

Così nessun rispetto per se stessi

(autolesionista da sempre il mare

frange e rifrange al medesimo altare)

figuriamoci per altri: a dir poco

solo un"crocifisso"usto da donargli

(fede ch'è supporto ma non conforto)

per incendiargli il fiato con passione

misteriosa d'un cordolo di miccia

innesco ingiurioso all'ultima carica.

 

... d'un rantolo

il mistero sta nell'irreversibilità

di una pronuncia dal diaframma

a spegnere il cervello.

*

Colori inodori

Persino facile annusarla tersa

che ancora rinversava umore freddo

a febbraio, pur figurandone inizio

nell'aria già crocchiante fragranze di gemme

per me nel sangue come su ramo.

Ora pensi che io stia invecchiando?

A stretto giro vedo banali prati in fiore

e luce solita all'orizzonte fino a tardi.

Però i profumi latitano: del tutto

sguscianti, non si lasciano afferrare.

Alle nari non mi arriva altro odore

che quello di legno tinto di fresco:

è pungente ed ossessivo, un furore

di cadaveri scomposti nelle bare!

Altro odore non ha primavera, ti dico

perchè bisestile forse lesina olezzi

sì che non s'avverte, a naso, di fate

sbocciarne sorrisi: felpati i passi

come ladra s'avanza sulle punte

furtiva stagione inodore e trista.

 

 

 

*

Graffi

Soltanto naviga fuscello in cielo

ruvido foglio da disegno vola

color carta di zucchero ha le vele

il vento le gonfia e sospinge in quota

buffe a giocare con baffi di nubi.

 

Di temperie mesta vira vascello

alto s'impenna che s'incontra sole

a bordo ha disegni che sono graffi

graffi sono i segni del lutto appreso

per facciate vistose rughe estese.

 

*

Non pura

Per caso non vista

solo ignorata, non negletta:

fuor d'ogni logica

la senti che non ti difetta;

 

nell'aria preziosa

così come te d'ametista

s'impone radiosa

sul collo niveo, mia diletta:

 

poesia non di rime

che si bacino intenso amore

poesia non di fretta

che già s'acconci permalosa;

 

sol poesia aspra affetta

passione che  digrigna lime:

sulle labbra sale

un bel sorso poi di tequila.

*

... mi piacerebbe che tu sapessi

Vorrei tanto dirti che va a momenti

che solo di momenti trattasi: vedi

tutto intorno sfiorire. Ma tu pensa

convinciti che ci stai a bordo

sul treno che sferraglia oltre di grigi

su binari di rami screziati di rame

con alle spalle l'inverno bianco di giglio.

Per conoscere, bisogna anche

in certo modo toccare: la terra

ci trasmette attraverso le mani

la sua saggezza. Ecco perchè

camminare sulle mani, è un punto

a favore: si va via in punta di dita

quasi accarezzando la vita

... ma che passerà lo sapevi, lo sanno

si sa, ma non si ammette: non si muore

se dicendolo si sorride, magari.

E, in primavera, ci saranno i fiori

di nuovo a suggerirti vivi sgargianti

quel che non riesco a dirti ora.

*

Archeologicamente (8)

 

Magmatico il baciarci, quando venimmo;

l'abbracciarci carni, quando cademmo:

proietti disegnando arcate brucianti.

Infine fumanti a terra esplosi

ci fecero inerti, ruvidi corpi

carbonizzati.

 

Noi pur svanendo poi, dalla memoria

uscendo fumo, perchè decomposti

a calde membra di fuoco, fummo

cavo nella pietra. Fino a quando

 

dal futuro, non ci cadde seta:

biancore liquido d'un desiderio

in fiotti nelle viscere fluendo

gesso pronto turgido

 

a richiamarci. Presto fummo forme

dalla custodia gelida uscenti ancor calde

di sentimento, commuovendo folle

ed anche il sole: emozionalità di noi, anime

rinvenute statue, da archeologi

strabiliati...

*

Via delle acacie

... e l'aria serena gravida senti

in brillii gelidi tinnare brusii

diamanti a cascata sul cranio. A vespro

tremito scuote e ti si spande vasto

 

alla schiena brivido: vibra di ventre

tocco di campana che rammenti alto

dell'inverno i riti elusivi di ombre

vanescenze che più non hanno nome.

 

Brezza c'è pure: arriccia loro a specchio

pozza in cui s'approccian riflessi tenui

sbirciando barlume che in strada porti

lontano dalle acacie tristi e spoglie.

*

La coda di Satana (vilsonetto)

Animo mite, che dirti dell'oggi

già che a me, ninfa languida, ti appoggi?

Di cielo terso sarebbe mia indole

come dicessi delle bianche isole;

 

di Satana la coda, dura sferza

potrei dirti solo fino alla terza

fila di rose all'inchino costrette

al corteo di streghe facendo alette.

 

Forte sento quanto mi bruci linea

Sfilando fortuna accesa sul palmo

calda inibendomi il sonno fulminea:

 

infiora il ramo del lago d'un salmo

ignea saltella sul filo apollinea

come d'un remo che sfugga lo scalmo.

 

*

Calzini folli

Un giorno, ti svegli in un modo tale

che i calzini li metti spaiati ai piedi

incurante che, diversi i colori

siano fuor di finestra, in altro senso

 

ad impregnare gli incroci di odori

correndo spavaldi dietro ai passanti.

Te lo chiedi come mai rimangan gualci

evitando d'esser stirati in strada.

 

Tutta colpa del giorno insano, pensi

della sveglia che trilla a lato avversa

di palpebra che reproba non si alza

e sei già in ritardo di anni sul letto.

 

tra paralleli e meridiani perso

in conflitto, spalmato sulle vigne

all'orizzonte, con tralci inesplosi

viticci, nodosi inverni irrisolti.

*

Inversi a restarci nudi

sul possedere, possedersi è la via
 
vestirsi o spogliarsi declinando versi per bottoni,
cravatte, polsini ormai in disuso...
e le mutande? E le calze? I pantaloni o le gonne ci stanno sul letto e noi in piedi a lasciarci proclamare nudi,
manco fossimo re e nudi.
Oppure soltanto ribelli, resistenti all'arrembaggio d'abbigliamenti e pelletterie pirata che vorrebbero vederci soccombere materialisti.
Esser piromani, alle volte, non è un crimine ma solo attaccamento patologico alle parole che volano schegge incendiarie. Queste le si ricerca, le si scava, a mani nude, tra i carboni della coscienza, pur tra mille scintille e scottature:
 
un fuoco tra pioggia e sesso
sotto la pioggia un fuoco è il sesso
le faville scoppiettando pioggia
sulle braci, le stille, nell'aria
sono miagolii a spegnersi goccia;
 
tra pioggia e sesso:
sesso sotto la pioggia
e pioggia sotto il sesso
che la penetra turgido
gocciolante freddo piacere
d'un coito acquoso.
 
Siamo d'acqua nudi spioventi amore
scorriamo di pelle per gli scarichi dell'anima
limacciosi, tortuosi, passionali: nudità di sangue
nel viaggio carnale incontro al mare
per poi tornare, anche e solo,
 
acquerugiola uggiosa. 

*

Che ci stai a fare? (ritratti)

Ti dice di te qualcosa di strano

che vorresti capire. Così pressi

l'auricolare contro l'orecchio

con forza che quasi duole

più forte a sentire più chiaro.

Sai che ti sta parlando di te

un aspetto di te che ti sfugge

che ancora non conosci.

C'è aria ch'è la stessa

la canzone di sempre

che a noia non ti viene.

Non che tu non abbia capito:

è che non sai se sei vecchia

e, se lo sei, quanto vale

di te il corpo che senti non vecchio

già che son tutti vecchi

intorno a te. E tu, stupita

te lo chiedi che ci stai a fare

lì, sul confine, da dove ogni giorno

qualcuno in silenzio va oltre

e nemmeno un saluto ti lascia.

*

Furie

Stranisce l'agitarsi di querce, del giallo

sfogliate dagli scrosci a diluvio: secche

ch'è pure il vento a spezzarne i rami

stecchi

 

... ripreso stizzoso a lanciarli con sprezzo

sberciando pozzanghere ai piedi

come scodelle ricolme malriposte: forti

le folate a briglia sciolta, scalciando furie

squassano mosaici di piante

intrigando con ciance d'infusa tempesta.

*

Futuro anteriore

 

Discanto, ch'è lingua, lecca la luce

al muro danzante raggio su rigo

in calce;

 

ch'è nota, risuona, accordata nell'aria

gesto nobile dalla larga eco

polifonica falce;

 

ch'è profumo, dal calicanto, inebria

nell'inverno per travi e tarli

un tono sopra pur sopra la pulce;

 

ch'è tela, variopinta, d'intensa laude

vola strusciando sguardi lignei

dai cori incisi a furori d'incensi.

 

Sì che penetra nell'anima discanto

e si fa già nuovo anno: speranza

nelle menti. Infinita armonia instilla

lampeggiando possibili scenari

 

testi  li vedi d'un futuro anteriore

fuori tempo:

piano pianissimo che vada, era già ieri

 

... sarà stato solo oggi che s'è alzato di tono

il domani ch'è già anteriore

nel canto.

 

*

Nebbia a fine festa

 

Freme oltre gli alberi la nebbia

teme dalla ribalta

sciami ronzanti luminaria.

 

Lì ci rimane dubbiosa alta

fumosa sopra il greto

fissa tra sassi d'arenaria.

 

 

Rimuginii pensosi trebbia

ansiosa, in gran segreto

di nuova magica plenaria

 

 

sommessa intrecciante per tetti

involute in balletti

dall'aria per niente bonaria.

*

Sbornie di Capodanno***

 

Per 'stasera e per quest'anno, che possa

bastare credo: di parole inutili

ne ho strappate abbastanza, con pazienza

e metodo, in minuscoli pezzetti; 

sì che, un bel bicchiere, ho riempito all'orlo

di straccetti inchiostrati fitti e male.

Ed anche se non son volate risa

serie non le ho bevute. Non per sfizio

neanche per scherzo ci ho brindato: vero

le ho solo riciclate. Poi nuove, oltre

tornano, magari buone, si dice.

 

*** Un felice 2020 a tutti voi amici, poeti  e lettori, non solo scritti

ma anche sentiti.

Un augurio affinchè possiate strappare, all'avarizia del tempo,

sempre più momenti felici.

Di cuore

.............W............

*

D’equinozi e solstizi

Giorno e notte, sulla Terra, l'ira è un moto

che affatica: al momento dato per lo scoppio

notte e giorno, finiscono per l'equivalersi

nello snervare. Alle volte, quando l'una

sembra trionfi sull'altro, in certi periodi

all'anno, che ci stai distratto alla finestra

e ti mangi le unghia, finisce che implori

lo spazio profondo. E come ha da esser buio

già che nel giorno ci affoghi d'ira o di noia

per quanto è breve ma intenso e lento

oppure a scatto e carpiato come un tuffo

ed ancora più teso ti fa in viso.

Sì che la notte abbia la meglio, speri:

non esiste ira, la pace è abisso

che non rimpalla altra luce

che quella di radiazioni fuggevoli

rilascianti sprazzi flebili. Sai che non tedia

il buio:

ci si sta infungati tra pareti di muffe

saprofiti d'ariose romanze al muschio;

funghi rifuggenti la solarità del giorno

chè ci scaverebbe fossa

in eterno e furibondo chiarore diurno.

E senza ombre, senza scuri

cosa saremmo mai

senza quell'oscurità quieta

regno dei crimini non detti?

Così: è nel muro del frettoloso giorno

ben lontano dall'equinozio

in pieno solstizio d'inverno

che ci farei un bel buco

a farne scaturire raggio

di sole nero che ne divori alba.

*

Un bacio è un verso

 

Assorta, ci passeggi nel mio cuore

metafora d' assolato languore

...

...

 

poesia che sa del tuo profumo

dell'incanto del tuo dire

della magia del tuo tocco

del magnetismo dei tuoi occhi.

 

Ipnosi poetica sei, estasi

naturale in te, l'unirsi di sillabe

in connubbio sensuale, accesa

carnalità sublime d'un testo:

 

... un bacio è solo un verso,

semplice ed immediato

non posso non scriverlo

appassionate labbra.

 

Potrà sembrar banale

un bacio come verso,

ma non certo lo sarà

letale come gesto...

 

*

Di corsa

 

 
 

Imparare a scrivere di buon passo

dovrei, chè, se aspetto d'essere fermo

magari seduto comodo a mensa

pronto di penna, bianca tu mi resti

pagina che mi sgomenti, tacendo

d'essenza echi col dileguarsi lesta

dell'idea in capo: emozione di strada

come sbocciata dal grembo di gemma

fosse precoce e intirizzita, terrea

pur se tardiva e di colore priva.

Sì che, impressione, più non la diresti

già che stringerla bavero non riesci.

Tu lo senti che labile mi sei alea:

rischio mortale nel guardarti fermo

femminilità da descrivere ardua.

Perchè ci si ridesta vuoti, quando

allo specchio ti si riscopre donna

furtiva amante fuggente per la via

con appresso, d'un istante, la memoria.

*

Vorrei dirti che son tornato

Perdersi per imparare a prendersi

parola mi insiste e tracima in gola

quando assolato mi disperdo fruscìo

avventato. Intorno fiamma spaesata

viaggio: mi richiama all'ordine alito

di te che, tanto contrastato, accende

sofferenza di braci mai morenti.

Sì che, cancellare del tuo passaggio

le tracce, sia come errare, rotondo

dimenticatoio di patrie. A memoria

come fo, mi rassegno fitto in mente

a dirti d'essere tornato, penso

guardandoti che s'addormono le braccia

se persiste in testa un percorso vago

se non si è più in grado di ricostruire

quell'intrico mentale ch'è tornare?

Ecco un problema serio per le foglie

a primavera: si tenere e perse

verdi come un libro per le mani

partono per smarrirsi tra le righe

scolorite d'inchiostro e spazientite

che, sicure, s'apprenda ingiallendosi

coniugando allo stesso tempo l'arte

di prendersi per poi tornare vive

a perdersi. Perseverano loro

ch'è tutto un vibrare oblivio ostinato.

Poi che devono ammettere e smettere

presto, stormendo, s'infervorano alte.

Perchè sempre più confusa ombra

viaggio ora solo per strisce di panna

in cielo: la mano è nervosa, sbaglia

frequenza; prova più sicura non ho

per dirti che sono tornato e stanco

sussurro a pelle, tu così leziosa

... che credo sia servito a poco

perdersi per riprendersi in loco

ti dico inerte alfine: appena basta

sorriderti, sopravvivendo viso

nel gelo condensa incollata al vetro.

 

*

Letterariamente (7)

Epico il baciarci quando verremo

un poema sarà quando ci riverseremo

in versi recitando un carme a teatro

sulla scena noi attori nella parte

sbilanciati, emozionalmente tesi

ma appassionati.

 

Chiedesti del tremore delle mani

che ero intento a seguirti, attento alunno

scrivendo sul quaderno del tuo corpo

quanto tu mi dettavi con mugolii.

Screanzato io che, come non mai, con schizzi

ti scarabocchiai sul costato frasi

intriganti oscene di desiderio

d'averti argomento per una tesi:

manzoniana, aperta sulla cattedra

alla pagina perversa offrendoti

di scontare, monaca di Monza, il fio

dei peccati. Ma tu, con" Dei delitti

e delle pene", ti opponevi nuda

per l' eccitazione rossa di seta. Nulla

di male, solo di una tesi, dissi

che l'ascelle esploravo, avrei voluto

come soggetto averti partecipe:

 

a dimostrare quanto letterariamente si brilli

romantici e tragici, quando si abbia a cadere

ebbri, dopo aver spinto fogli e fogli, in prosa

a sbuffi in foglie, profumate tra noi e nelle

vene infiorate ipotesi, da esaltare post mortem

una volta sceneggiati.

*

Un dì in corsia

 

Sono qua seduto da ore ed ore, qua:
sulla penna puntando inchiostro denso
ritagli agnostici pensando, non atei.
Senso cerco al lercio che sfugge e stona
calando sudario su decomposta carne.
Banale si dirà: ma cosa più assilla
di un tacere che sà di eterno?
Ciò sempre mi rilascia nella mente
viva del rosso di una tuta, una scena.
Non un sogno: appena un dì per corsie
ruzzolava portantina con su un vecchio;
ceruleo l'incarnito, eppur teschio vivo
scolpito e tondo, a capo d'ossa aguzze
gli zigomi e fosse gli occhi vitrei;
appena sotto i crateri delle guance
altro abisso è bocca: spalanca sul nulla.
Eppur vivo, è d'un verso sdentato e buio
d'universo, ch'è meraviglia non ghiacci.
Seppure ancora vivo, sebbene stento,
coprendo senile oscenità col conforto
d'una risposta, non farebbe opera buona
Essa
donandogli del degrado e del sipario calante
la ratio?
Copricapi avulsi ci si montano idee strane
in testa e che ci si avvitano in quota al punto
da non starci più in vita, anche se sorride
Ella
...  sì, la Morte sorride, anche fosse a bocca asciutta
bella e giovane, sempre
Lei
sorride.
_
Attirandone a sè il lettuccio, per l'ospedale lo mena
spoglie esibendone ancor vive, non appassite del tutto.
Giovane e bionda
Lei:
radioso il sorriso
volontario narciso, sembra dirlo senza farsi beffe
quanto sia bella e giovane
Lei
al confronto con lui: vecchio, allo stremo
ormai solo ricordo per l'eremo d'un loculo.

*

Crampi d’autunno

 

Tra sfarzi di luci e sbalzi di stormi

migrante fortuito è il colore: anch' esso

ballerino, danza per aria spoglia

avvizzito sfuma di foglia in foglia

sfrigolio andando a sfarinarsi in terra.

Cromaticamente deformi i passi

come crampi che contraggano nervi

pittando polpacci con acuti spasmi .

*

Perchè non parli?

 

Se ti è impossibile perdonare oltre

il mio silenzio d'accigliato vecchio

che s'allarghino sfavillii a cascata

magmatici di sovrumana pietà.

 

Ma ciò dovesse esserti impossibile

allora, come mi hai spremuto, pensa:

brezza d'anima urlante grezza, estratta

dal marmo  passione, mito ispirante.

 

Riducendomi in frammenti spigoli

imprigionanti, così ti sei reso

merito: a memoria, giustizia in sogno

sillabando, mi hai vissuto e lisciato;

 

sibili di vento auscultando in petto;

di tra le vesti, con scalpello, sferza

hai mutato in carezza, scroscio in raggio;

sentite emozioni in incavi ad arte

 

selvaggia, sì che mi hai scolpito integro

ingrigito senza pari di beltà

in mano le tavole delle leggi.

Scultore, ordunque non colpirmi ancora!

 

Paradosso dell'artista in tumulto:

nei comandamenti scritti col sangue

è che il non esserci dovrebbe esserlo

più sconvolgente dell'esserci. Quando

 

scalfenti di lingua ferrea, tra i denti

alterne, ci schizzano frasi appese

restando, perchè mai giungono a verbo

da lapidi quindi svaporii mai incisi.

 

Allora hanno da essere dirimenti, pensa

le parole che abbiano a caderci di bocca

marmo da plasmare. Lo sai, però mi chiedi

ugualmente di farti eco alla tua coscienza

 

... è che tu, così intento nel creare con scienza

hai fatto sì che altro rumore o urlo di gola

 mi uscisse, se non dal ferro a filo di vene

voce inibente nell'inseguire candore.

*

Confessione

 

 
 

Esiste il buio perchè esiste il reato

esistiamo in chiaro perchè c'è legge.

Siamo in pena perchè, per un senso alto

l'etica ci sparge per tanti versi.

 

Si che mai ti dissi di quella volta

in verità, nemmeno adesso ne avrei

ragione a farmi reo confesso agli occhi

ammettendo qualcosa che mi rode.

 

E' colpa, sai, che non ritengo tale

ma va così in certi giorni balordi

che ti ci senti in dovere di aprirti

e fustigarti serio a più non posso.

 

Dunque ora ti dico di quella volta:

ero giovane e libera la strada;

a tarda ora lui sembrò freccia, prima

poi un sasso sotto la ruota. Con altri

 

era che si inseguiva: stagione sua

ma anche mia. Ci rimase sull'asfalto

lui, metafora di metastasi oggi.

Fu strale il gatto nero attraversando

 

sotto il giogo di un'estrazione a sorte

mi pose, come autore di misfatto.

Devi sapere, anima mia, che la vita stessa

all'occasione sa farti criminale

 

dalla pena inconfessabile: capita

a tempo, di coincidere punto a punto

diventandoci l'uno sull'altro grumo

inscindibile e di logica privo.

*

Cantilena

 

Indefinita sul quadrante è l'ora

all'orizzonte affaccia luna smilza

falce affila distanze in linee scisse

chè, l'allontanarsi solo, è aria certa:

 
partitura per aghi di pino ieri

così discreti nello sfuggire note
quanto resinosi scoccati dardi

infissi amori a cuori aperti e nudi.



Adesso insiste mormorio di rivo
cantilena dal motivo pietroso
che la corrente ruzzolante porta:
non mi lasciare, non mi lasciare alma!

 
Riverbera col tono altro dei prati

nenia sommessa al chinarsi di steli

prima di sfocare passi nel bosco
che sfumino lo spezzarsi di rami.

*

Testamento

 

Ci sono stato messo

al mondo, credetemi

e quando vedo un altro

farci festa al posto mio

vorrei non restarci oltre

non mi interessa esserci

e condivider cosa.

 

Starci al mondo affatica

di più ancor se si è in dubbio

se frutto d'uno sbaglio:

succede averci frutti

che non si vorrebbero

che fan torcer budella

quando ne mangi abbaglio.

 

Così, quando vedo altri

sempre al posto mio, assiso

prima che possa farlo io,

mi piglia il non esister

sì che fuggirei lesto

verso il mare profondo

come granchio a ritroso.

 

Ma ci sono e qui resto

pur sempre fuori posto

ringhiante e sospettoso

irrituale e molesto

pronto a pagarne il costo

sulla linea scontroso.

 

Sappiate che la veste

non ci tengo sia rossa

nè che il vento reciti

de profundis pietoso

che non verrò a far parte

della vostra confusa

d'ossa accrocchiata d'estri.

 

Sappiate che son ricco

d'ogni palmo di nulla

d'ogni striscia di niente

che vi intesterò tutto

anche queste nuvole

adesso in cielo grasse

e pure il girasole

 

dalla radice in aria

lì dove siete adesso

lì dove non sentite

lì dove non vedete.

Vado via e senza un cenno

di croce, perchè, a spalla

ho già a galla una croce.

*

Alle volte, altre vite

 

... no, non separarti dalle mie ali.

restami avvinta come sognassimo vortici

e fossimo frutto di un sogno: amanti

strattonati dalle correnti in quota

plananti speranzosi di quiete

nel sonno profondo delle vette

...

alle volte me lo chiedo, sai, se siamo

noi stessi un sogno d'altri

Qualcuno che apra gli occhi quando noi

li chiudiamo, realizzando ciò che noi non

realizziamo; riflettendo una luce che noi

non percepiamo. Se non quando, infastiditi

spalanchiamo le palpebre stupendoci

per una natura che non conoscevamo,

ovvero quella di chi ci ha sognati

poi facendo sì che divenissimo realtà

che ci abbia di loro tutti gli amori

e di noi i ritorni forse avvenuti

di loro gli addii senza rimpianti

di noi le lacrime inconsolabili

di loro la secchezza straniante

per noi assassina in grani di sabbia

in loro uggia di brillanti che imperla la guancia

...

Al risveglio che mi resti tra le ali

orizzonte mi sei che ti abbraccio.

*

Col sole negli occhi

 

Vero è che al supermercato fa freddo
nel corridoio dei surgelati stando.
Sono freddi in gastronomia anche i piatti
pronti: indigesti, li senti con dita
raggelate rapprese ai vassoi, freddi
come i sorrisi alle casse. Lo so
sembrerà bizzarro: sì di fragile
salute, amarlo pure se letale
questo freddo, brivido impersonale
che ti si arrampica su per la schiena;
fa sì che, suggerendo brina, arrivi
alito condensato alle tue labbra.
Alla cassa tu che digiti perle
lumìe dai codici a barre di merci.
Tra te e me, uno scontrino salta in lungo
correndo parallelo nastro bianco
fin sulla mia mano incoerente estrema:
il conto ha saldato col cuore vivo
tingendoti di rosso sangue le unghia
già sapendo che non esiste resto.
L'amore spicciolo non si concede
più di tanto: latitando nicchia
rincantucciato, acconciandosi serio
alla bisogna, per quanto ci riesca
miope, nel mantenere distanza
mai a sufficienza giusta, con la vita
vissuta amore col sole negli occhi.

*

Un cozzo che rintuzza (ritratti)

Tanto ilare e giovane la si nota

e poi lo scatto dritto a testa bassa

contro parete: un casco le hanno messo

in testa, sì che l'impatto è di piuma

ed è tutto da rifare. D'andare ha

e lei ci va: una smorfia, poi di corsa

sgangherata fino allo schianto. Forse

che con livide risa a fior di labbra

e la botta di fronte, anche il dolore

si spenga lì a mente, in materia grigia.

Allora galileiana ci riprova

che s'è persa a monte; e a saperla di chi

la colpa per non averci più un figlio

di qua dal muro con sè, come pure

un marito. Convinta più non chiede

se oltre il muro ci stanno loro, così

compatti al cozzo che rintuzza bolla

dura di silenzi. Solo ci va, aspra

contro tramezzo, rimbalzando molla.

*

Vilsonetto lisergico (shakespeariano)

 

Di giraffe mi dicevi ad Amsterdam

e dei tanti hare Krishna in Vondelpark

sorridenti e di vesti non certo dark

per strada così eleganti, in Piazza Dam;

 

di anche non dare retta ad elefanti

nè di fare banda con corvi matti

dalle piume in fiamme avvampanti a scatti

pur se rosa sono tutti lestofanti.

 

Ma dell'essere o non essere a tema

secondo il tuo dire e senza ignominia

sorridendo amaro pel tuo anatema

 

Foca saggia mi reciti litania:

cosa si vuole che sia per stilema

l'essere o non essere, se non ironia?

*

Ippisadicamente (6)

 

.. .impennandoti, imb.izzarrita furia

per assurdo fiammeggiante di sguardi,

mi accusasti di esserti biecamente

nell'anima entrato, per iscrivermi

magister al tuo registro segreto

degli istinti, quello in cui ammanettata

sei schiava. Ma io che "Venere in pelliccia"

leggevo compreso: percuotendoti

glutei, ingiurioso sadico, sul collo

linguistica insufflavo a denti stretti

serio suggerendo arie da dressage

estetica asserivo del bondage.

Perfezione di nodi, in ardui modi

raffigurandoli in seta frusciante

raffinati nel proporre motivi

sulla pelle tanto eccitanti, come

nella psiche così rasserenanti

da ricomporre con mano i capelli

all'indietro tirandoli briglie oro:

trovavi eccitante che ti frustassi

che ti strizzassi, del seno inebriante

fieri di vento, i rizzi capezzoli. 

Percepir piacere dal vizio umilia:

più umiliati fa dissennato orgasmo

d'un tanto di sesso per verso alterno.

Così a furore di mente scalciasti

che ci abbracciavamo; sì che, zoccoli

su barriera incespicando, cademmo

all'ultima siepe ostacolo, in aria

sospese lasciando fluttuare voglie

di un "noi", emozionalmente finito oltre,

dalla morbosità disarcionato.

*

Da nord a sud

Dicono che il permafrost bruci

a nord, raccontando di come

fiamme alte come palazzi

divorino foreste a nord

e ceneri come da vulcano

disegnino di nuvole svolazzi.

 

Dicono di come, fumando

si sciolgano catene di ghiaccio

dalle constrinzioni liberando i morti

dopo millenni all'addiaccio

dormienti nel permafrost

ora desti siano spietati.

 

E che tornino questi, di nero

investiti, per uccidere i vivi

da nord a sud e da sud

verso nord: impazzite le correnti

giù fino all'Amazzonia cattivi

perseguendo dell'odio il mood.

*

Sessantatrevolte a tappeto

si dà un concerto nella sala grande

a cielo aperto si sgola alto il coro.

Assolo sei tu, fitta che risali

lungo scaglie d'ossa e su per i nervi.

Grilli e cicale accompagnano solerti

l'acuto vibrante mestizia.

A tappeto sonoro, le foglie a tempo

crocchiando, ci stanno passo passo:

del tempo trascorso riassumono sentimento.

Ti si dice che sei giovane.

Ma, a sessantatre anni compiuti

come si fa ad esserlo ancora

quando già con l'ali pure cabrando

sessantatre volte s'è sfiorato il tappeto?

Sulla rocca

Un lampione tra tanti s'alluna

come allora ci provi a spegnerlo

a sassate nel corso della notte:

per viali portatore luminoso d'intenti

che ancora li vedo tali

col buio che già si è spento

sessantatre volte.


*

Riandando

Andando d'intorno con lieve passo

da radici a stagno delle derive

e vedersi nei tanti cerchi di un sasso

dileguantisi onde incontro alle rive.

 

E' un po' come andasse, su ognuno di essi

della propria vita un giorno a traguardo.

Di quando i propri assilli dismessi

di una vita, non resta che uno sguardo

 

acceso stupore, incredulo assenso

nel cuore di chi, compunto nel petto

lo vedrà accomiatarsi, plauso intenso

concentrico diramarsi d'affetto.

*

Sardon_ica

... eppure è tutto così normale: i merli

intorno con passeracci e corvidi

saltellanti per ogni dove intenti

ch'è tempo di paglie per i nidi

 

e i bambini sulla giostra istoriata

di musichette tra risa assolate

che gira, che gira, che gira... dolci

le ragazze discinte a strappar baci

 

al sole eburnee col verde negli occhi

tanto che pare opzione assurda angoscia

l'insistere in video di strega bionda

come anche il brivido per la schiena

 

al percuotere aria a martello di voce

sua pneumatica che, intonaci antichi

sbriciola certezza in calcinacci acri

al gusto che ci fa della sua fobia:

 

invasioni paventando di massa

fantasiose di sbarchi sponsorizzati

profetizza l'Italia agli islamici

e gli Italiani infelici su Marte.

 

A destra guardandola, orrida smorfia

pasionaria, pro domo sua far d'ansia

lucrosa industria, stuprando verità

di cielo appare donna misera assai.

 

*

Di luglio

E fa caldo, ma di un fottuto caldo
che nemmeno il ghiaccio nel rum ci riesce
ad averne ragione: urlo si scioglie
sudore, pur sotto le zampe d'orso
bianco su al polo, sfinito nel nuoto
chè la caccia non gli si addice in acqua
se non in faccia alla propria di morte
... e che traffico e che vita la notte:
nemici si accampano sotto il culo
rompendo nude bottiglie tra i piedi.
Sì che, sorrisi sgocciolando in viso
protervia, sembran dire di noi
timidezza innata e incerti limiti
taglienti di vetro: lo sfregio di schegge
di un dormitorio a cielo aperto è umana
miseria in strada. Prova per il gregge
che, sotto assedio in piazza, si è da un pezzo.

*

Melodia d’evento estremo

 

La danza dei secoli è spettacolo

di boschi, di piante abbarbicate ai colli;

all'apparenza immobile, ogni giorno

si offre godimento alla vista, draghi

vaporosi sfilacciando in cielo, fiammanti

vespri a che, il  cuore, ne senta ritmo

ed il cervello a crederci si ingegni

ch'è miracolo.

 

Ma il turbinare d'ambizioni duole

come e più che sempre accecando: teso

vortice dallo strider di lama, oltre

esilità di rami denudante,

a vuoto va d'intese in aria ferma

denti digrignando vanesia. Agita

dal boscaiolo, ceppi gli acconsente

nell' affannarsi a potare, a tagliare

infliggendo moncherini pure al ciliegio.

Chè  poi meglio ricrescono, si dice,

fioritura aspettando e ronzii d'api

 

...a meno che non sia furia scriteriata

di bufera a scritturarne a tappeto gli alberi

per la messa in scena di una tragedia.

Letale arrangiandoci melodia coi tronchi scossi

e divelti: già che, sgrossandoli, infine ululando

rincorre a diffonderci deserto dilavato per monti

dalle rotte di vento sibilanti d'oracolo.

 

*

A tema

al tuo essermi conforto nella notte

vorrei cullarmi come su creste

crogiolandomi nel tuo dire ondoso

d'adrenalina lungo la schiena

disquisendo con me del piacere
e tra le tue gambe d'amore

visione del caos universale

tra i peli arruffati
goccianti sfiziosi

umori profumati di te

fiore dai petali di stelle:

*

beta 1

 

 

pur tra mille clamori d'inarresa

fortezza sospesa su faraglioni

in te fammi entrare: dalle tue spiagge

cantano persino conchiglie vaghe;

 

pur col tuffo nel secco di scirocco

di gabbiano che trafori con schiocco

superficie di raso mare. Anima

corallina lasciati penetrare 

 

anelito di bellezza nell’aria

a che possa cibarmene smodato:

fino dalle viscere vulcaniche

canto aleggia ch'è della madreperla.

 

 

Libero e impavido, non tralasciando

squame magmatiche di preda vinta

lucente a morte nel becco, emergendo

urlo lussurioso in cielo fondente

 

radioso, poserò la spoglia intinta

negli ultimi guizzi di sole a spruzzo

su scogli di zigomi prospicienti

mondi alla deriva, carezza  mi sarà

 

salsedine, brezza dolce commiato

d'alghe immaginifiche: lampo umano

sii all’imbrunire, a che orgasmi libertà

morta estate naufragante d'ignavia.

 

*

Fluenti

 

Vorresti che in me ti portassi dentro

sempre con me, pieno di te come otre

d'acqua buona, attraversando la landa

folta di diatribe d'erbe spinose

sulle sabbie mobili. Noi confessi

rei d'amarci senza costrutto: così

vorresti dai miei occhi affacciarti specchio

riflettendomi dardo sibilante;

o come quella brezza frusciante alta

all'orecchio anima dolente terra;

ch’ è da terra che nasciamo solidi

ma è dai sogni che svaporiamo eterei

affluendo alla volta celeste, chiome  

come fluenti emozioni, agite nubi.

 

*

Frenesia

Così ricca di mistero, questa ch'è di vita cenno

fa che sia poesia: frema vibrando pel diaframma

emozioni. Modulandone respiro per strofe

ne decori stanze con frastagli e finzioni

interpunzioni ad estro d'aperta malinconia.

 

Sì che, il cantarla, possa levarla forte

della realtà scongiurandone il già scritto

d'essa, come d'impassibile pergamena

ai posteri letta e descritta di noi priva

pure del ricordo di una mai doma frenesia.

 

*

Tardo l’affondo

Tardo l'affondo non perchè lenta

la bracciata. E' che, spesso, le cose

un ritardo richiedono: soffuse

tanto sono fonde, più che nel cuore

 

l'abisso. A seconda, ci vuole il tempo

giusto, per allacciarci zavorra ai piedi

per arrivarci a stringerle nitide

ove uniche s'attardano sommerse:

 

si da non essere meno oniriche

di quelle vere immaginate a notte

e che, verosimili, ci restano

cicatrici arse sul corpo che affonda.

 

 

*

Autoeutanasica (vilsonetto)

Or che feroci m'han spolpato l'ossa

avrò anche diritto d'andare dritta

ove stella fissa l'orbita infossa

ingoiando svelta la minima fitta.

 

Giovane, crudo m'han strappato il cuore

con dardi di fuoco anima trafitta

ebbi stuprato sesso con livore

a mente linea anoressica scritta.

 

Prova di quanto la vita è tumore

codardi mi scavarono la fossa

della vita rubandomi colore.

 

Or che degrado quieta in terra smossa

m'accorgo che vivere fu rumore

assordante di me cellula scossa.

*

Vedimi oltre

Lo so che mi vedi e folle mi studi

zitto. Ma è che faccio finta di nulla:

con quell'occhio vitreo mi vai ben oltre

il muro bianco. Del soffitto dico io

lo sbrego, luminoso, tra sagome

falsanti agonia del giorno. Tu dimmi:

Ti vedi? Standotene con socchiusa

mente in quella cannuccia che ti stilla

trasparente goccia in vena... mi senti?

Puoi sentirmi? Oppure sei troppo intento

a raccogliere forze per uscirtene

dalla testa? E chissà cosa ci vedrai

mai, fuor di quella tua testa che premi

febbrile contro la sponda del letto

 

... a pensarci bene: ne ero sicuro

che ci saresti stato: era da tanto

che non ti ci vedevo. Ho immaginato

così, che ti ci saresti impegnato

allo spasimo, per esserci ancora

lì, con lei e nonostante lei, più che mai

sfuggente, figlia velata di nero

per startene sul ballatoio seduto

fumando e berciando di contro il mondo:

dirimpettaio irrispettoso ringhiante

rissoso meglio che te. Come un tempo

quando più che scarnificato d'ironia

provetto nei tempi ed algido nei temi

nuotavi nel cortile tra una birra e l'altra.

*

Lunaticamente (5)

 

 

Fummo nubi, poi fummo gocce al tuono

e ci baciavamo quando piovemmo

e ci abbracciavamo, quando scorremmo

veli d'acqua fluendo in fili di seta

viluppo orgiastico d'accorrenti onde

nel greto  impetuose, tra sassi con noi

rotolati.

 

Rosea s'accese l'alba in petto scosso

dal desiderio riarso pur nel sorso

da un capezzolo dall'areola sole

illuminante radioso dal seno.

 

Fosti luna, fui sole, fummo eterei

...che m' illuse quando cedetti vinto

dentro albeggiandomi, quando scivolai

lungo e disteso di vene mai arrese

all'astro, in bagliori colando a notte

lucori dai lumi emozionalmente

irraggiati

 

...

 

Alea ascese l'alba sui nostri visi

labbra scosse prive del gusto a fonte

rimasti pallidi i baci notturni

brucianti le carezze presto spente:

 

Fummo di sole e luna  tra nuvole

per la volta inseguendoci per gioco

dietro ruga all'orizzonte svanendo

nell'abbraccio in mare, tenui barlumi

reminiscenze allegoriche in cieli

purpurei,  veli residuali di noi

tramontati.

*

Europa come non mai

 

 

E' l'unico di cui si abbia notizia

questo mondo. L'unico che si possa

calpestarne opulenza e felci, affermi

dovizia. Il solo di cui travisarne

certi della redenzione, nequizia

d'alluvione sanguinosa in siccità

o scossa di terremoto in guerra aspra

come frutto di orgogliosa eredità

da una generazione all'altra astrusa.

E pure di tenersi sempre pronti

al prossimo terremoto a cambiarsi

casacca: ma tu fammelo sapere

dall'angolo di piazza a braccio teso

pure con aria dimessa e confusa

se domani ci sarà ancora Europa.

Oppure se, i muri nuovi, acclamato

filo spinato, urlo dalle piccole

patrie, populista furbizia bieca...

l'avranno fatta trista: barricati

in casa orchi, afasici e psicotici

armati tutti, chiusi i porti e sbocchi

già tutti prigionieri a cielo aperto.

*

Andar per farfalle

 

 

E'solo andar per farfalle mi dissi
giulivo che le correvo appresso
ma solo con gli occhi, chè
con le mani, non sapevo cosa farci
o come l'avrei presa.
Lei di certo mi aveva preso
e come: un tremore alle ginocchia
m'impediva di lasciare la presa;
la sentivo che mi scorreva veloce 
nel sangue pulsandomi alle tempie.

Poi, che la spogliavo, mi accorsi
d'esser già nudo.

*

Similsonetto jazz

 

Può un sonetto averci d'agro un etto

liquido di lucciole, alto e contorto

d'anima di jazz, se del clarinetto

il trillo si fa agrodolce a conforto.

 

 

Sì che, sussurrar di spazzole, raschiar

nel feeling della melodia sottesi

suoni nella mente: il lasciarsi andar

sinuosi, nell'ancheggiare compresi.

 

 

Chè densa ed espansa ne salga voce

di Lady Day*, stella in cielo, canto

mestizia appesa a strani frutti: atroce

 

nella notte vecchia grattugia pianto

secco, con l'assolo di sax feroce

che s'aggomitola stormir d'elianto.

 

 

*Billie Holiday, cantante jazz tra le più grandi.

*

In ultima (ritratti)

 

Non è darsi schiava a risolver pena,

offrendosi a svalutarsi con tanta

forza; poi che, convinti, ci si vanta

di tenercelo lercio e prono il beccaio

domo in quell'alcova ch'è la mente.

 

Sola tinna carillon alle orecchie.

 

Culla di sogni perversi fuggenti

tra parentesi rincorsi, senz'altro

esito che un coma: stato d'animo

sospeso, diversamente impiccato

ad un chiodo sul giaciglio in testa.

 

Sola canticchia una ninna di vecchie.

 

Ci si potrebbe intuire un dolore altro

e di qualche perla d'orgasmo il cambio:

subìto uno scambio per qualche dose,

spenta andando in solitario, oltre

d'ogni pensiero svuotata e svenduta.

 

Sola sussurra d'una gerla in spalla.

 

Lasciando di sè orma drogata, prima

di tornarsene zitta oltre cortina,

un trafiletto arduo solo in ultima

di cronaca: pure stuprato in scena,

ormai d'innocente fuori pagina.

 

Sola dice che non ha più dolore.

*

è

Una guerra è una guerra: come vaso

di Pandora che, appena scoperchiato

ci vomiti addosso tutto l'orrore

che ci alberga compresso furore

retorica d'onore e merda, così

il conflitto n'esce urlante dai cuori

razionalizzato urto nelle menti

menzogna. Ed hai voglia a trovarci chiare

responsabilità: torti o ragioni, tutto

finisce in un vortice di sangue

accecante ognuno, giusti o non giusti.

Ma non per questo dobbiamo stancarci

di trovarci le parti: dei liberi

che ci hanno trovato la morte

pugnando per le altrui libertà a teatro

e degli ingiusti che ci hanno portato

in recita, fuori fogna, fascismo.

 

*

Impavidi a prua

 

Salti di delfini sul raso bronzeo

son schizzi d'argentee arrasate sbrizze

su foglio mare. Ondulante allungarsi

della scia del legno, rilascia spuma

ribollente ardore in smeraldi; corteo

son le meduse tremule di segno

al seguito con contegno nel nuoto

 

agile e urticante, come l' imperio

del turgore d'un desiderio, al tatto

donante l'alito enfiante vele vanesie:

appassiona, con gemiti strimpellando

sartìe, ordendo intrecci di coralli

anelanti a giocar di liquido piacere

refrigerio colar di spruzzi in viso

 

... d'orgasmo color cobalto è brezza che

avventa e sormonta, frange, sgusciando

poi d'incontro alla prora: lingua avida

su scoglio rovente, ch'è piena la luna

vista mai così gravida, lucente

rossa sorgente generosa, come

da fornace celeste estratta brace

d'antico desio pulsante bramosia.

 

woodenship 10/02/2012

***riletta

*

Sull’aria di una sarabanda

 

Bimbi ci sorridono dalla riva

castelli costruiscono con sabbia ocra

incubi seppellendoci ch'è l'alba.

Un fortunale aspro ne avranno a sera

che la nebbia più non si fa chiacchiera

e ragione saranno le gambe a che

almeno un po' ci si fermi sul filo

d'una sigaretta. Già che si sappia:

il fumo, a guisa d'orco, si dirada

paura, vorticando come noi avorio

d'anime, ronzanti storie nell'arnia

sull'aria d'una sarabanda. Oltre ogni

dir salendo, con l'assunto che, appesi

all'orlo, non si può più stare: andare

si deve. L'abisso ci attende prima;

la corrente ascensionale poi, impulso

dagli astri, slanciandoci verso l'alto

che mai avremmo immaginato più folle

energia, volando senz'ali e senza razzi.

*

Invettiva

 

... e quante volte

hai anche tu ucciso

giunti al tramonto

appena prima di sparire

lasciando delusi

dolenti, trafitti

sulla sabbia tonante di risacca?

Sì che, quasi, non si vorrebbe

più sorgessi in cielo

tu, "sol dell'avvenire"

che tanto illudi 

promettendo nuovi giorni

cinico e beffardo!

 

 

*

Vampirizzati a primavera

 

Rasente io, flottante svuotata spoglia

morsa sul collo, indosso voglia estrema

d'oblio, derivante nel rutilare di gorghi

pel greto sassoso dal gorgoglìo fluente

 

d'un livido incubo funereo. In esso

è cinereo il vagabondare insonne;

come pure della corrente la furia

cerulea ingiuria, esondante liquame.

 

M'appartiene anche l'intrico venoso

sovrastato e sommerso: infiltrato

d'inquinamenti ambientali, torbido

nell'esangue paesaggio umorale

 

mesto di pire a ridosso incombenti

schizzanti calde faville a paradosso

d'aghi ghiacciati e schegge, da Zefiro

nell'occhi soffiate accecanti minuzie

 

tra bacche occhieggianti inquiete nell'ombra

scosse da brezza screpolante ispida

come baci da bocche scarnite che

apposti su labbra, annuncino tregua.

*

Magicamente (4)

 

...a che ti baciassi furono, quando

ombre ci allungammo sottili braccia

incrociandoci sottotraccia oscuri

di nodi,

            gli influssi che, dal tramonto

sguscianti di soppiatto, stranianti

scaturirono misteriosi

                                  nell'impatto

di luci, tingendo con sorrisi ambrati

i volti di noi, dal desiderio alterati.

 

Sì che pronto t'accarezzassi, furono

lascivi gli stessi influssi arcani: estro

dal piglio a carboncino, labbra a labbra

nere di sfrigolii. 

                         Ansante di ronzii

ape fosti nel volo, ape che sfiorò

cespuglio odoroso di rosso fiore

suggendone nettare, aspra regina.

 

Consenziente magia fu vibrar d'ali

a che ti baciassi, quando mi sfiorasti.

E ci abbracciassimo, quando cademmo

in fiotti

             dalla bacchetta magica fluendo

sortilegi, persistenti nel luogo

e nel tempo, pur scomposte aleggianti

immagini vive di noi incantati.

*

Marley, oh Marley (vilsonetto reggae)

 

 
 

Tutta lustrini, l'amava anche Marley

lucida e cromata, potente Harley

ruggente nelle corde di serio rasta

che, dal palco,  a guerra urlava basta.

 

Sull'ali di "No woman no cry" ascolti

cascata di note per campi incolti

fino a Montego Bay seguendo il sole

sulla spiaggia infinita e senza prole:

 

 

Polsi d'acciaio dal Reggae sunsplash

lance brucianti in cielo e ovunque vampe

accese e flottanti in folgoranti flash.

 

E quanta ganja arsa su per le rampe

abbastanza da sballarci pure il trash

patinato di sorridenti stampe!

 

*

Di questi tanti (ritratti)

... e non saper più che dirne dei tanti

esseri per versi ritratti: a vita

tornano spontanei, confusi tratti

come gramigna infestanti, groviglio

sul foglio rivendicante l'orgoglio.

Dalla penna poi delineate genti

tripudio rauco di umanità: basso

tono di chi, indugiando in dissolvenza

passo fantasma dei senza passato

rassegnato segna, un fuori pagina

dai margini rigidi a capo chino:

sfilata lenta, spiritica, cicche

studiando in posacenere bisunti

ch'è l'ora di chiusura a fioca luce

pur nel non saper che dirsi in faccia

a faccia, tra cartoni che s'è tanti.

*

Pseudosonetto hard (rock)

 

Come tutti coloro che, sul verde

puntato abbiano la loro fortuna,

dei cani schivando le fresche merde,

semafori si sta a mollo di luna:

 

gialli selvaggi ballando da schiavi

connessi in rete e rossi di dolori,

d'altro algoritmo a soluzione ignavi

tanto sfatti d'eccitati tremori.

 

Sì che tu dici frizzi di decibel

la notte: ardendo rotoli di note

alte dall'ultimo concerto di Axel.

 

Visto gracchiante, rude in redingote

ribaldo dialogar con Slash, in pixel

di piacere arrossandoti le gote.

 

***Modestissimo omaggio ai Guns N' Roses, se mai mi potrà esser perdonato...

*

Note e noci

Adesso vuote

...non avrei mai immaginato cosa 
potessero significare piene 
già che ci si fanno note: un po'
ovunque rancide rancorose 

e agli incroci ridondanze vocianti

ghermenti rimanescenze grezze

malinconiche
consunte.

Note:

sono ispido vociare di fondo
 malevoli voci.
Irrompono nelle tempie
pulsando folle brusio sinistro:
quante ne schiaccerei, voce a voce
di queste teste vocianti noci!

... datemi un po' di silenzio

in croce ve ne prego due note

di piano a requiem:
non ne posso più dei pixel

sgranantisi pipistrelli

dei giga ratti come topi

delle icone di scarafaggi tra le crepe

spiaccicate macchie

alle pareti
sbrecciate dei miei giorni!

*

Fragili di_versi

Di cristallo i fiocchi, vuoti

li guardi cadere

fragili, l'uno sull'altro

 

cumulo di spettri

nel clangore interiore

di una cristalleria in frantumi.

*

Candelora

E' quando, rasenti, l'ultimi raggi

sfumando dal grigio al bronzeo, che vanno

vele in superficie, tolti ancoraggi

a principiare ricce onde dell'anno.

 

E che dai monti dell'anima, lattea

a contorno s'affila l'aura: vello

di capro indossa a ruvido mantello

di Fauno Luperco, rituale livrea.

 

Vagando insonne ingrassata di sugna

cinerea illanguidente nell'orbite

d'astro lucidante la terra a spugna:

 

triste abissale paesaggio inospite

fa vivo di fuochi. E a ridosso impugna

fiammelle guizze e sementi incognite.

 

 

*

Memoria che sia (a Primo Levi)***

Ist das zu Mensh?/ Se questo è un uomo
cosa da nulla ha da essere/ was aus nichts sein muss
 
Come filo spinato vibra
mantra dell'oggi:
profilandosi costante
tra comignoli si defila
sull'orlo del futile.
 
Ci sono conti da comporre/ sempre
eco metallica/ di tetto in tetto sbilenca:
bilancio da quadrare/ banalità pelosa
contabilità spietata/ sfiora le tegole marroni
straripa di aculei in cielo d'azzurri fumosi.
 
Del male la memoria si sa
ridondando in volute fin sul muro
anche se per un giorno solo, nell'anno
scolpisce l'intonaco in crepe
quello del vicolo cieco(di solito in ombra).
 
Si vorrebbe fosse vivo, il ricordo
saldato al presente con più che uno sguardo
o qualche pugno di cenere: non solo
memoria di un giorno, ma di ogni giorno.
Mi ci sono trovato assorto, non lontano
 
appena fuori di casa: saliva per il davanti
verso l'alto, anonimo come solo certe emozioni
fumo nero dolciastro di carni/ nauseante.
odore da non rimuovere/ mi son detto
che resti a monito:
 
nicht ein nichts

                                 nulla è niente.

 ***24/01/2014 woodenship(rivista)

*

Squame

Getto i tuoi versi sul letto per gioco

spogliandoli a scomporli e ricomporli

tra le lenzuola di bianco che san

di lavanda:

 

brillano perle

brillano stelle

brillano del fulgore diamantino

d'un mattino assolato.

 

Narrando d'incantate frequenze

dicono di te scintillio di squame

rugginose di sirena inguainanti

fianchi sinuosi

 

... tempia sul tuo petto sognante la mia:

non c'è fondale che non conosca buio

come del tuo cuore ne ho un pulsare

d'essere fantastico in itinere.

*

Sopprimibili resti

sopprimibili resti umani sono

solubili in poca acqua: quella giusta

e misera d'un rigagnolo di fogna:

e qui è la sufficienza a che si diano

trasformandosi letteralmente in vittime.

Eccoveli: anime compresse al suolo

finzione d'innocenza fine, in pochi attimi

sgonfiandosi come palloni

sibilare ricordi.

Forse colpevoli o solo di non-vita

puniti e smunti

che di male anch'essi ne fanno e subiscono:

carnefici al punto dimessi

da rimettersi in mano ai generali: paciosi

costoro, ravananti l'impasto d'essi fragili

fortunosità remote desposte a riva

in scalpiccio brulicante scomposto

dalla battigia muovendolo a battaglia

da vallo Adriano,  a vallo Atlantico

                     a Kursk!

A Kursk: obliata l'arancia sanguinella

cruenta, tumultuante, rossa nel trascendere

fraterni cadaveri, motili perchè galleggianti

della stessa sostanza messa a purgatorio

 

d'essi umili della certezza privati e fragili

d'essi arroganti seppure dai corpi deboli

le menti succubi ottenebrate tumide:

sottomesse alla famiglia

alla patria

ad un credo e ad un sè

e dal sè dirette imbattibili alla morte

pur nel credo: per essi nulla più

che una tappa, una pezza, già che non sanno

perplessi, oltre che risibili nel gran darsi a marcire

                             vaganti

opponenti determinati, sibilando urlo che frusta

verso al vento chè meta non hanno

per forza maggiore:" vili coloro che già vinti

                                 valgono meno che foglie

                               perchè  cedono liquidi vili

                                 svolazzanti a spiovente

                                 sì da affermare fedeltà

                                alla miracolosità dell'accidente

                                ... nuvole di essi son futili

                                 ignobili ceneri, per spocchia diamanti

                                  chimicamente carbonio "

*

Disegni

Campane risuonano a distesa festa

metalliche raffigurando disegni per l'aere

metafore vibranti di note a matita

squillante rito di nature poetiche

presto da voli d'uccelli scompigliato

e dal silenzio serale ricomposto

tombale, restituendo natura assorta.

Non più intronanti le blasfeme odi bronzee

s'afferma, taciturna, quella fede malefica

ridisegnante il mondo ogni notte

con la lentezza che si sofferma sul tratto

incline alla sopravvivenza;

giusto come silenti varani nel fango

che sul fiuto confidino orridi

tutto il loro bene per una carcassa

da strisciare di lingua e di coda

con impellente fame atavica.

 

*

Un po’alla volta si fa l’anno (ritratti)***

Oscenamente spinte avanti, nude

le gambe bianche, secche più che

rami, d'un brivido arcuate, a reggere

il nulla di quanto ti faccia spirito

l'aria stranita: oggi hai solo camminato

lo scherno d'altri sul gobbo e lo sterno

mostrando, con quel gusto raro

dell'uccidersi un po' alla volta, sapore

dissennato, per papille non avvezze.

Sì che non è bello sapere di avercela

che ti strani ondeggiando piumino

testa che ti si curva di ghiandole gonfie

al collo: non di una corda o una pallottola

ma segno d'un pizzico di veleno, follia

disciolta linfa in gocce, come di collirio

donanti scintillante nitore a sollievo

per il non visto, però sentito nel delirio

del giorno per giorno, vicino al tropico

degli allucinati amori. Eppre ce l' avrai

sempre lì le stille: in punta di lingua

brillanti, come in una vetrina che in faccia

ci spiaccichi il Natale, spiazzando che

più non è

... meglio che non ti si arrivi a fronte

sfiorandotela

non la bacia fortuna: soltanto ci corra soffio

lungo le rughe, corrusche di nervi

avanti sospinte inconsciamente brusche

anch'esse follie all'anno inscenanti.

 

***Uno scoppiettante Capodanno per un felicissimo anno a venire: buon 2019. E che in esso possano trovare realizzazione i vostri sogni.

.........................W..................

 

*

Lettera non lettera mai scritta nè***letta

I lucidi riflessi e gli oscuri passi

alle vetrine in movimenti sparsi

dalle barbe finte ghiacce

alle renne perplesse e smunte

dinoccolati sanno di noia.

 

Attimi d'incanti prima, poi lesti

che ci sfuggono di tra le dita

in sfere luminose: è allentando i fili

di luminarie, redini vibranti, che si va

 

oltre i confini volanti tra buio e buio

e che avvengono, ovattati nella barbarie

abbandoni alle radici d'alberi

dei destini scartati doni.

 

Vuoti a perdere nelle intemperie

d'un Babbo in slitta distratto

al quale mai ho scritto e mai scriverò.

 

***Auguri e di cuore per delle festività che possano esservi fonte di gioia e serenità, oltre che di sana distrazione.

........W......

*

Propositi

... sanno di fiori ordinari di prato

le screziate increspature

infurianti fino a sciogliersi

lacunoso segno di naturali rigori

sputati in spezzoni consunti. Questi

si frantumano in cenere

ch'è quel che resta dei corpi: il sangue

svaporato, ha lasciato i tessuti

... un po' come averci polvere al posto

del sangue: la si bandisce, la si spolvera

via.

Ed essa è lì, caparbia, che solidifica

veleno nelle venature di marmorei

propositi, incrinandone lastre.

*

Perizomicalgebricamente (3)

... ci scottiamo quando veniamo colti

pelle a pelle, quando cadiamo bragia

evaporando goccia a goccia in aria

surreali stille sospese tra banchi;

 

plateali nel gingillarci balocchi;

esibizionisti, quando planiamo

dalla membrana in fiotti tracimando

algebra impossibile di noi eccitati

 

... intanto che, sotto, immagino a gioco

che strusciandole t'accavalli cosce

a sprizzarne incendiarie scintille alte

suscitandomi esiziale domanda

 

se tu l'abbia messo oggi a pizzico su

rosella perizoma. Mi chiedo incauto

che non c'è lavagna più a muro, dici

da dove con gesso grande e turgido

 

potrei risolverti equazione amore

a più incognite, rappresentandoci

suscettibili di più soluzioni

ammesse dalla passione e promosse:

 

sì che arditi in funzione venendo

incogniti ci si baci liceali

irrazionali nell'abbraccio, quando

dalla matrice svolazzando in fiotti

 

fuori con i nostri corpi insceniamo

copie ideali di noi: timidamente

avvinte eccitate, emozionalmente

nella lussuria riviste e stampate.

*

Necessità e vizio(ritratti)

E' il bisogno a scioglierti luce agli occhi

e la lingua: senza tema che, stantie

s'allarghino braccia, nel non avercela

sconsolati una moneta, o increduli

non a te si voglia darla, rarefatta

che senza casa ti dici, a colletta

sul filo spericolata del vizio

non querula, certa che possa farsi

casa una moneta. Sebbene gridi

la ragione: non bastano sorriso

forza e costanza, sollecitandola

ad ogni incontro. Sicura che non c'è

soluzione: è necessità che aguzza

e su pagliuzza non sottilizzi oltre.

*

Guardia scorre lancetta

Gli Spartani?

anch'essi decomposti:

come son venuti, sono andati

tacendo

 

... ma tu parla, su: cos'hai da scrivere

ancora?

 

Dillo adesso o mai più: lo sai

che la guardia scorre infame

lancetta

sul quadrante delle ore infette.

 

Non resta molto e i fiori languono

secchi: l'attesa linfa più vita

non dona

 

... e non si è più in mare aperto:

 

in mare le tempeste confondono in viso

gli spruzzi dalle onde con le lacrime

dagli occhi;

l'agitarsi degli elementi in cuore

 

con quel morder di bufera in aria

si che s'intenda

quanto di umano c'è nella forma

esplosiva di un tuono

 

... ma non si è più in mare aperto.

 

Sulla mappa degli occhi

è che i tuoni dovrebbero farsi genio

evolversi di lampi; illuminazioni

a tormento

vita oltre la morte

 

... e dire che pur l'ilota

dovrebbe più non esserci

invece d'accorrere servile

a cucir bocca.

*

suineide in twitter

Così lenti sono da non saper

viver nemmeno come porci

però furbi quel tanto da studiar

come sorci il rosicar di cacio

 

: nullatenenti d'intelletto

da Circe fatti suini sonnolenti

assordanti nel grufolare: poi

d'Ulisse compagni resi sordi al canto

 

delle sirene come si conviene

ad ignoranti forzato del remo

predestinati all'irrilevanza

e dell'evanescenza il fremito

 

gemito di dolore e ribellione

alla sconnessione: umana dissolvenza

su e giù per la spina dorsale

teatrale proscenio per brividi di scena

:

l'equivalenza d'un battito di ciglia

di certo poco amabile ragion d'esserci

nel riversar fanghiglia in twitter

di molto più lerci d'ingenui porci.

*

Oralmente(2)

E ci bevevamo quando venimmo

sorsate dissennate da cascate

cadenti scrosci per noi discenti

in fiotti, nel cervello fluendo visione:

orgiastica reminiscenza, riversi

a terra poemi alluvionati di noi

allucinati:

 

è virtuale la cattedra alla quale

rizzarmi per darti conto a lezione

dritto negli occhi fissandoti io foglia

addentellata imperlata di sudore

nel mattino che appena riesco a starti

su spalla: in amore vellutata tu

docente di me allievo

 

che ti stava baciando, quando fu lo strappo

dalle cime frondose, a farci lievitare

in vortici dai rami, incespicando

rumoroso cantico per le vie fruscianti

brulichio ventoso pel costato asfaltato

d'abrasivi sussurri, nostri i corpi

trascinati.

*

Canto di cigno(ritratti)

L'insalata atterrata a piene mani

contro il grugno strusciata e, appena sotto

gli zigomi, impastata sulle guance

a lavarcisi la faccia: allo stato

animalesca nei modi anomala

dipinge paesaggio umano col corpo

mimando smorfie del colore delle

polpette biascicate, ristraziate

poi con patate ristampandole fritte

a sostegno di pieghe di labbra

tristi e sottili lembi di ferita

come chi, ricco da schifo, è fatto assai

al punto che non ci avrei mai creduto

non l'avessi vista sballarsi co i miei

di occhi, il cibo azzannando ingorda cagna

persino ingurgitando tovagliolo

di carta, tranne poi sputarlo pasta

per poi riprenderlo carne. Ingioiellata

lei, senza pensiero altro che la propria

di disperazione: quella che abbassa

grigia le ciglia d'eroina tirata

a naso; le palpebre appesantendone

a piombo d'ironia lama affilata

galante a ghigliottina d'egotico

torpore di cigno morente grido

dolore quantico decapitato

bulimico.

*

Solo ci accoglie

... che ci si voglia dire

o che ci si possa fare

ne è un pulsare indipendente:

qualcuno vuol farsi novità

 

incendio che illumini le menti

a giorno. E come ci possa riuscire

ti chiedi, così odioso lui

nel seminare rancore conscio

 

pure di raggiungere lo scopo.

ma taci perplesso ascoltandone

sicumera nella narrazione

dall'abside pulsare pandemica

 

sull'ara un tempo pagana

ritualizzandola con piume di corvide

tra incensi e fumi di ceri

predicando d'invasioni e congiure.

 

Lui così brutto dentro che

a guardarsi in giro, se ne scoprono

segni appestanti su tutti i volti

intorno clamanti: gracchiare

 

che mi svela del momento folle

del perchè non c'è risposta al male

quando banale ci accoglie esiziale

follia prendendoci febbre.

 

 

 

*

Avvizzendo di stagione

E' con insonnia e senz'ali

o temporali, che nelle gronde

giù s'affonda in grappoli la stagione

come pigiata, frusciando succo aspro

 

frutto che al battito spremuto in gola

si corrompe, come pure la nostra verità

ogni anno manifesta e vizza

d'un pezzetto in polvere finito

 

capovolgendosi: pietosa bugia

si respira, d'illusione lievitando

leggera come nota d'arpa che sappia

della terra dissodata l'assenza di requie.

*

Ludicamente(1)

... e ci baciavamo quando venimmo

e ci abbracciavamo, quando cademmo

in fiotti nella membrana fluendo urlo:

reminiscenza atavica di ludi

a terra scudi emozionali di noi

frammentati.

 

Ma questo ardente amarci in aula spoglia

non ha che noi d'arredo: vivi camei

appoggiati al muro che ci si fruga

frenetici avidi di quel piacere. Pure

estraendone dalle tasche l'un l'altro

piene mani spalmandone sui corpi

e fin sul soffitto dilungandoci

di concerto folli e consapevoli

 

che ci si baciava quando venimmo

e ci abbracciavamo, quando cademmo

in fiotti nella membrana, orgiastica

fluendo reminiscenza in cieli ardesia

a terra veli emozionali di noi

bagnati.

*

Ombra assassina

Di verde intenso screziato di giallo

è girasole pregiato, questo tuo

frammento dallo spazio autunno

caduto sulla Terra. S'apre seme

 

luminoso all'anima poetica

dandole rifugio. chè ci sono grigi

d'ombra assassina

ad azzannarle calcagni

 

avanti spingendola

Cerbero che mura

latrando, le smorfie di dolore

per gli affanni silenziando.

 

E' così che si arriva alla sera

che i morsi sembrano

affondare peggio nella carne

enigmatici come certi rimorsi

 

... ma di cosa mai doversi pentire:

forse delle rughe o degli acciacchi

degli schiocchi cattivi delle dita

intorpidite perchè artrosiche?

 

*

Lunammare

Capita che la luna vesta a giorno

del sole indossando su pelle di seta

fantasie di bianche e di nere stille

spioventi conturbanti infiorescenze.

 

Poi restandosene in cielo, come fosse

in spiaggia, seduta sulla sdraio

sorridente di creme solari

 

che mai l'ho vista così flessuosa

luminosa ammiccare da dietro occhiali di nubi

rubandoti gli occhi.

 

 

 

*

Fibrillar di neri

... è quel fibrillar di nero

mefitico d'acque acide

in pancia e di pancia

a risucchiarci e spolparci

Umanità

 

pavidi e pasciuti

si viene frollati

incarogniti

convinti ch'è vincente

lo sbotto. Poi che si è

 

restituiti in strofinacci

filtranti gas esilarante

dagli spifferi alle viscere

verdi di vomito con

assopita coscienza

*

Stracci d’agosto (ritratti)

Così piccolo a significare agosto

di stracci uno scricciolo in nero

all'angolo rannicchiato senza

la sua età.

 

E che ci ha già un bel coraggio lui

nel chiederti come stai tu

mentre lui pare più di là

che di qua.

 

Eppure la voce

a filo lo tradisce: flebile e seria

sottile ch'è quasi infantile

per quanto confidenziale ed ossuto

 

...ti sorprende al punto che ti domandi

come faccia ad esserci ancora lì

in strada, piagato e sdentato

col suo mezzo litro immancabile

pessimo vino.

 

E ti sorride franco

a conforto ch'è tutto chiuso

tranne il suo cuore; ch'è cattivo

il vino, ma nobile l'uomo

pur se ti muore non visto a fianco.

*

Spill_ando umori (vietata ai minori)

Se mi sogni, allora saprai che sogno

mi sei e che s'incontrano i sogni nostri

in un punto erogeno nello spazio

di asimmetrie sintomatiche segno.

 

Se mi assaggi, saprai che il gusto di me

sa di te stessa: in sogno te lo rubo

tra le tue cosce inoltrandomi quatto

ed allargandoti la vulva piano

 

con colpetti di lingua sapienti, poi

rigirando attorno al tuo clitoride

lappandolo manco fosse un gelato

... Se mi assaggi, quando risalgo saprai

 

che m'impossesso delle tue labbra nel

baciarti con bocca ampia, inventandomi

di penetrarle lingua irrispettosa

a ricordarti il sapore unico: noi.

 

04/09/2018 woodenship

 

 

 

 

*

Navigando d’intenti

... Ma il mozzo intendeva"Labalera" forse:

isola famosa per le sue onde alte e tanghere

nell'andare a riva e per i venti

salseri nel far ballare vascelli svelati...

El capitano la mirò nello spampinare di sole

tra le viti dai tralci ondosi di spume ad ovest

vedendola brumosa dai tratti.

Per la vita, in parte donna, la colse

grappolo succoso e rosato, generosa nella

stagione entrante d'incanti sottotraccia

dicendole:

"Bentornata scherzo di nuvole, moza*

che al cuore doni palpiti;

bentornata sirena che l'anima

sai scuotere, vibrando cosmo marino;

i frutti sono versi flottanti accorati marosi

narranti del tuo sfrecciare per oceani

lontani.

Mi è mancata la tua carezza di coda

per giocare allo schiaffo del marinaio

pel tuo  canto ubriaco..." Oltretutto loco**

el capitan si pose a riverir la sera

apprestantesi a far di foschie miraggi

si che non si dica che, d'autunno, non si abbia

ad incontrare sirena per mare: abbacinante

di seni e coseni, natante per la tangente

curve intersecantisi da urlo

per vecchio lupo di mare.

Così el capitan diede di scappellotto

al mozzo"Tu eres demasiado jovene

para tomar tequila!"***

Sospirando manco fosse alla fonda

ancor giovanotto in porto di ronda.

 

 

*ragazza

**pazzo

***sei troppo giovane per bere tequila

 

*

Fulminea

Arbusto mi sento

che tu, fulminea

ispirazione, incendi

perversa

 

Aromatici

i rametti arroventati

in fumo

accartoccio crepitando

faville

*

Macerie

Mi arrendo al trillare acceso dei grilli

tra cespugli smagriti dalla sete;

nel divampare d'un segnale orrido

mi arrendo; all'opalescenza che zitta

s'è spenta la brezza, mi arrendo: fatua

non frusta più, con schiaffi rimestando

l'averno. Sedendo nel buio criptico

dubbioso degli scricchiolii mi arrendo

alla terra rendendo la sua pace

pur scomposta d'ossa e fragili nervi

di cigolii arsa, fino nei sommessi

giunti rugginosi, a notte di brusii

lamentosi. Alle macerie del caso

non mi arrendo: connessione imperfetta

di storie convergenti nel baratro

facente che esista sequenzialità

degli errori, colpevoli più o meno

comunque atti propedeutici al dramma.

*

Di spalle

Ah, a saperti leggere che mi stai

di spalle sul letto sfatto, con tutto

ciò che delle parole dette resta!

Perchè qualcosa sempre ne rimane

 

di quelle anche sedimentate, spese

in delirio o mute in gola... ch'è vero

che dell'immaginario possibile

sono configurazione; lo sono

 

pure quelle parole che ci stanno

segretate nella mente gelosa;

vere al punto da renderlo esigenza

straordinaria, poterle recitare

 

con chiara voce nel vento di sguardi

nei  vortici degli ascolti, affacciati

alla finestra, svuotati di seme

oniricamente spersi nel sonno

 

sopravviventi, ammanettati ai letti

amanti nel soffio dell'alba alanti

stanchi, aerei immaginifici relitti

d'arcobaleniche civiltà estinte.

*

Abisso mare

... mi viene da pensarlo, mia cara, che

alle volte questo smaniare in versi

piuttosto non sia che impulso all'arte

velleità di svuotare abissalità

con un recipiente dai fori d'un vaglio:

la sabbia, le alghe, quei muscoli vivi

frammenti di coralli, di conchiglie

... quelle poche brulicanti pagliuzze

che ci restano baluginii a fondo

ecco mi dico: queste forse sono

poesia. In esse fibrillare ci sento

il"noi", appagante il "sè" furente d'ogni

alba trascorsa, con tutt'altri azzurri

fumosi occhi tra spalanchi di nubi.

*

Fratelli

1

Demiurghi arriveranno da altri mondi

pietosi manipolatori astrusi

scintillanti ed enormi le astronavi.

Con esse giungeranno in volo a viso

per salvarci, afferrandoci sull'orlo

del tavolo in cucina, dove la

memoria, al solito, ci precipita

a picco sfracellandoci. Fraterni

ci renderanno i nostri debiti, sì

da poterli rendere noialtri ai nostri

debitori.

 

2

Intanto che noi si parla

del più e del meno, ebefreniche sono

pause da visioni, le tue: svapori

Anima ritrovata tra pentola

e tegame, tra bollire ascetico

e discente nel borbottio di sugo.

Ormai spazi sguarniti d'assenze

questi, così d'ombre e punti: a distanza

dalla chiazza di sole, sempiterno

luogo di incontri scontri familiari

nondetti d'amori, di odi ed affetti.

 

3

Nel mentre che parliamo del più e meno

inconsulto il tuo gesto: repentino

con presa curiosa prendi da terra

resti di semi, polvere e formiche

depositandone indicibilità

 

sul tavolo con dita meccaniche

tra te e me: come ci fosse in essere

ancora tutto ciò in cui hai creduto

potersi desiderare un tempo;

 

tutto in quello ch'è ora schifo, risulta

dalla gabbia al muro del canarino;

un tutto che s'è spento schizofrenia

d'ambizioni monche del più e del meno

tra me e te condividenti sussulti.

 

4

Rigirando per cocci, è perplesso il mio

guardarci dentro i tuoi di squarci vivi

tentando di operarci suture. E tu

che sembri cercarci ostinato ancora.

 Ma cosa ci avrai mai visto per terra

in quello schifo ch'è dirsi vita tra

te e me, quella vita che pure hai avuto

lasciandotela poi sfuggire di tra

le dita?

 

5

Bizzarro il passato quando

 impazzendo ti attrae formicolando

spaesamenti. Tra croste, spurghi e scarti

banalizzando: che ormai ci viviamo

 

del più e meno, requie invocando dalle

fitte lancinanti, a che i nostri volti

siano assunti distesi sul ripiano

sudicio tra noi di briciole, alieni

riverberi in immagini.

 

6

E'qui, prima

il loro profilarsi "visisonor"*

dallo spazio sempre più nitidi nei

nostri morti, infine trasfiguranti

 

nei nostri profili: fratelli tu ed io

con ialiniche e pressanti sembianze

connotanti somiglianze a dirci che

nulla mai muore, in noi tutto ritorna.

 

 

*visisonor=sorta di supervisore galattico, delegato dal gran consiglio stellare alla gestione del pianeta Terra e dei suoi abitanti: almeno, così mi fu raccontato in epoca non sospetta da persona cara.

 

 

 

*

Si dice che così si muore***

Si dice che così si muoia, si dice

tacendo, usignolo intorno al rosaio che

ci si gira ch'è spoglio rimando, laio

d'ampia cognizione del tempo che fu

colata d'incandescente sipario.

Frangia serica, da pietra a pietra, la

veglia funebre dei guerrieri saggi: quelli

che non temono insonnia; quelli che han

voce ma non dicono; si dice che

così uomini si muoia, si dice: gnomi

schiavi nel regno del tragico, a teatro

la scena calcano sullo sperone

del colle galleggiante nella nebbia.

Per esserci si ha da saltare alto

gli abissi sfidando con balzi certi

di cervo che distanzino la fine

e col balenio ingannino la morte

per uno scampolo di tempo ancora:

il singulto del gigante dai piedi

d'argilla e andatura lenta. Si dice

che muoia, si dice sussurrando, mesta

eco sincera risalente rupe

indietro raschiando cespugli a goccia

di linfa calda dai fiori di pelle

essenze determinanti il sublime.

 

29/11/2012 woodenship

***rivista

*

Federico

Federico s'è perso ch'era notte

al bar s'è perso che scodinzolava

annusando sotto i tavoli pista.

 

Appresso alla fragranza di cagnetta

s'è perso, seguendone batuffoli

sbuffi allettanti di nuvole a cielo

 a cielo aperto: smarrimenti animaleschi.

 

E'stato come se avesse inspirato

nel giorno un arcobaleno di botto

con tutte le goccioline dal sole

 

accese calando, soffiandole poi

nell'ancia notturna a farla vibrare

con policromia di suoni a cascata

 

dall'anima fin lì sul marciapiede

lasciandosene portare nel cavo

al centro della sezione del tronco

 

d'un morto albero tagliato da poco

e da qui ancora rinascere a vita

uggiolante essenza, alla brezza talea.

*

Errante

Di sicuro un errore, forse

un artista deluso, chissà

o un bicchiere di troppo

 

pennellato in gola

a

soggetto recitato;

                            

                  però

un'ala di farfalla

pur se perfetta

 

perchè variopinta a talco

non sarà mai ruvida tela

vela di vento rigonfia seria

 

solo motrice

potrà essere viaggio

d'un vascello fantasma

 

in volo errante

nella mente un quadro

fluttuante nube

*

Resilienza

Stai urlando così forte

da spaccare i timpani alla notte

perchè senti l'alone impossessarsi del tuo dolore

penetrando, come odore, nelle nari del mondo

depositandoci nel suo polmone il degrado

anomalia d'un chiacchiericcio rancoroso.

 

Di fuggire ti direi ci avessi l'ali

ma troppo è il torpore: ci si è

restiamoci.

 

Nostro è il fazzoletto di cielo

ci si sta piegati in due

la fronte a toccare le scarpe

nella stanza delle spazzole fruscianti

è di Chet la tromba tra le stelle

di raso su raso l'annotazione.

*

Indolore

E'come se mi si rubasse il tempo

a fior di labbra, di sfuggenti battute

in certi momenti, quando la stanca

graffia, abulica ruota dentata

 

striando il palato. Allora sento

un vuoto nel petto: abissalità

che non vorrei mai dire estasi

immaginosa denuncia.

 

E'come se il vento, specioso

brigante mi sfilasse di tra i denti

il pur singolo fonema

il tuo nome scandente

 

flusso vitale; e io, sebbene sveglio

nel giorno mi ritrovassi intorno chi

dicendomi che sono morto

 

solo perchè non più in grado

di modulare sillaba, del silenzio

mi mostrasse la valenza

 

dell'assenza insegnandomi qualità

e importanza, nell'abbrivio

di verità lacera dileguantesi

indolore.

 

23/06/2018 woodenship

 

 

*

Solletici

... piantala che mi solletichi il cuore

e se mi tocchi sinuosa in questo modo

finirai per farmi piangere dalle risa!

... a parte gli scherzi: non smettere

 

che mi piace quando mi sfiori

come a voler scoprire chi io sia

e me lo dici pure, magari correndomi

con le dita lungo la schiena

 

intanto che mi sospiri all'orecchio

che muori dalla voglia di fare l'amore

...

già, ma con chi fai l'amore? Capisco

 

che non ti basti far conoscenza per lingua

col mio glande, giocandoci a misurarne

l'ampiezza

...

 

scivolando per l'asta a farla vibrare

delizia. E quando ti ci siedi sopra

cavalcandola, possa risultarti aliena

e scevra, al punto

 

da sfuggirti il motivo per cui

io perda quel ritegno che mi impedisce

in genere, di darti della puttana

della cagna in calore

 

mentre delicato cerco di cavarti sospiri.

Capisco che la mia di lingua rigirando

sul tuo clitoride non ti dica molto di chi io sia

se non qualche sospiro di goduria.

 

Ma nemmeno le mani che ti strizzano

mammelle come mungessero quelle

di una vacca

ricolme di latte.

 

E neanche gli odori

di sperma, ciprigno o sudori, credo

possano

servire poi a molto

 

per dirti di me.

Come per i sapori: anche ti leccassi

all'infinito

le labbra gentili e calde di cioccolato

 

penetrandole carnose

a cercarci la ciliegia che tu ci hai nascosto

in vagina

gelosa che ben so

 

non so se sarebbe sufficiente

a non farmi sembrare uno sconosciuto,

magari pure timido

nell'ombra livido d'insidia

 

...compiaciuto

ti confesso che ci ho aggiunto

della panna:

potrebbe spiegarti più cose

 

di me

che solo con un goccio di rum

sfregato appena e leccato

sul collo

 

... ed ora...

 

sappi che, qualsiasi cosa possa dirti

di me, non sarà mai più vera

di quanto già scritto voglioso di te

in una sera noiosa di suo ...

 

22/06/2018 woodenship

*

Autoasfissiandosi


... è inevitabile: che ci puoi fare

quando ogni goccia di sangue è frazione

di fiume corrente, se non mollare

frizione oltre alla foce e gli orizzonti

roboando urlo per le vene, in attesa

della scossa che spogli propaggini?

Ecco perchè anche la canea di fango

ascendente paura non potrà, amorfa

che diluirsi in borbottii sordi di suo

d'abito appestata, claustrofobica

umanità asfittica. E dirlo forte

vorresti: apri gli occhi fottuta Europa

che stai muorendo in quei porti chiusi

che anche l'acqua ci marcisce vana!

*

Sogno è

Non esistono distanze insuperabili

quando ad incontrarsi preme desiderio

il piacere d'una carezza data

e ricevuta.

 

Non esistono distanze

quando ideale è compenetrarsi con tale

sensualità da farsi carnalità

infine spiritualità:

 

una spinta di reni ed eccoci affiorare

nell'etere, rigirandoci tra vapori

e nubi, cercandoci bocche

e sfiorandoci sessi:

 

nuda la pelle sa

dei baci l'ardore, dei sensi il languore.

Così nei tuoi occhi mi abbandono

cullandomi: sogno sei

 

...

 

ma se mi chiedi chi io sia:

parole, ti risponderò.

Se le sentirai

mi dirai che sono poesia.

 

 

 

 

*

Presagi***

Anche tra cocci

d'un presagio se ne

leggono  tracce:

frammenti di vetro

d'un boccale

d'un tanto addietro

ed un sacco a pelo

quello vecchio

ch'è mai di meno

sul pavimento

lastricato dal disagio

a tormento

e del rimpianto

per l'ultimo calice

non scolato

perchè in trance

infranto

a che lo si dicesse

mai più.

Randagio laser l'occhio

rosso e venefico da cyborg

presagio

vaga lotteria di bersaglio

in bersaglio

vincita assegnando morte

per contagio ch'è broglio

dell'umore facente scempio

e dei corpi supporti

pure tra i passanti

e più sotto

nelle stazioni tra i viaggiatori

nel ventre dei sottoscala

e nei corridoi

in metropolitana

... Adagio

a freno il panico:

è lento il veleno

e sarà antidoto il viaggio

se mai si torna.

 

21/11/2011 woodenship

***riletta

*

Canone per verso

                       ... più in là

nel gran recinto delle facce

ci stanno bestie: furenti rognose

latranti biliose come non mai

alla catena aspettando che ci si butti

clandestino osso, per uggiolare a festa

strattonando per darci di morso.

                            Tu fidati:

lo so che non ci metteresti un cent

però le cose cambiano, anche i leoni

da tastiera pure ruggenti

un poco alla volta cambiano

giusto per non sentirsi fermi di fauci

al punto che, dire

morto, parrebbe eufemismo.

                           A molti

piacerebbe che fosse così

solo che tale non è

credimi

intanto che il fiume scruti

fluente

in ogni piega

senza che alcun cadavere passi.

                           Sappi che

guardare

è anche sciogliersi

nel tempo.

*

Sibilo***

impossibile scrivere qualcosa

certi giorni. E oggi così và: c'è sole

non fa caldo, ma rimorde al cuore

dirsene felici, sorridendo del viavai

 

dei passeracci, saltellanti palmo

a palmo per briciola; dei colori

strabordanti dai fiori occhieggianti

sui volti distesi a prato e di verde accesi;

 

dei corpi dalle morbidezze candide

adagiate armonie ostentate

esibenti ombra bronzea pur vaga

illanguidente sospiro di pelle

 

... c'è come un sibilo nell'aria tersa

forse uno scompenso all'udito

acufene d'un ego, implosa melodia

in scarabocchi erbosi fratta;

 

oppure sibilo dalla lama d'una falce

perchè agita a vuoto, minacciosa

più che vento freddo dall'est: raggelante

se l'ascolti, stelo lasciato a maggese

 

***riletta

17/04/2014 woodenship

*

Follia

perchè mai dovremmo elogiarla

forse che non se ne sia avvinti

in una lucente pellicola di nonverità

sin dal venire alla luce?

 

La follia

la ricordo come un gran dolore:

il mondo tutto ti si precipita addosso

comprimendoti a soffocarti

 

... e tu l'uccidi non sentendoti in colpa

ilmondo

 

*

Di maggio

E'quel ch'è cielo

limpido o tenebroso di grandine

disfarsi d'ali in argentei voli.

 

Così l'annuso trepido

campo  di fiori occhiuti

stellanti

etereo desio d'immenso

 

di sfilacci celesti

con aspersi lampi

di  livore pronto sommmersi.

*

Luciferina

Cosa mai non ho fatto

per non somigliarti più

di tanto nel sopore

dell'arrocco livido.

 

Inevitabile che

ad invecchiare pensassi

in vino prima che orco

passandoti strappassi

 

con artigli brandello

di fegato sputando:

mai somigliarti, a costo

di masticarmi soma.

 

Ho così provveduto

a che tu rimanessi

sulla poltrona fermo

lì a studiarmi, frattanto

 

che si tatuasse fronte

mia vistosa di  rughe;

perchè a passare non è

il tempo persistente

 

ma il passo nel farsi più

a tempo. E a tua immagine

non volevo sognarti

sì da non somigliarti

 

strascicando di piedi.

*

Unta traccia di maggio

Come ci si disabitua alla strada

al freddo brivido della folata

in faccia, una volta girato angolo

e già di maggio, pensai, non più al chiuso

dell'abitacolo, focaccia in mano

unta, seguendo traccia lungo il viale

aperto dei tigli. Che è qua che capisci

dei numeri alchimia: dalla quantità

e dalla lunghezza dei passi dati

calcolo di quanto il raggio, nel tempo

si riduca, della circonferenza

abituale limitando visuale.

Sintomo regressivo, più simile

pensai, allo stato vegetativo alto

fermandomi all'ostacolo tuonante

d'un oracolo comiziante arboreo

improvvisato ma non imprevisto.

Non è che lo stessi cercando: solo

divagando a mente andavo, lo sguardo

libero a vento, quando andò salendo

di tono la voce dell'oratore

unico pruno frondoso, tra i molti

tigli schierati. Diverso lui, forse

perciò a disagio, tanto che la voglia

mi venne di capire cosa avesse

a lagnarsi il tizio, piglio deciso

di viaggiatore certo della meta

ma pur sempre albero. E di andare dove

può decidere un albero, per quanto

offeso? Pensai: ed io, una volta in terra

anch'io piantato, ove scegliere potrà

mai d'involarsi anima, che immortale

mi si dice, sebbene anch'essa offesa?

*

Macchia

macchia come plenilunia notte velata d'organza

che lattea si riversi in spiaggia

come che qualcuno l'avesse scagliata macchia

a stagliarsi sulla rena sensuale ancheggiando

per poi darci la caccia bianca sulla battigia nuda

che d'onda carezza non ne dilava freschezza

così libera corre scostumata dai fiorellini rosa in mano

così come che qualcuno stesse impiastricciandole i seni

sversandoci liquore posticcio appresso al bacio appiccicaticcio

membra immacolate macchiando con libidine

così sembra correndo macchia sorridente

impregnando l'aria con profumo di sesso e frutto di mare

tanto forte il desiderio di macchia che onda non intacca

perlacea veloce sfugge macchia di luce per le ascelle tra scogli

addosso avventandosi sudaticcia al collo

arrossata in volto fino alle labbra accese

di macchia lattiginosa in cielo sorella

e sulla pelle d'orgasmo il gusto alla bava

seme disperso macchia di speme

del pene d'ombra macchia di piacere

amor mio macchia rovente garbuglio

goderti quaggiù bene in vista e senza spocchia

in postura plastica bianchiccia

collosa macchia interrogativa

gomma nella mente mai ti potrà cancellare

vita e morte nel tuo candore convergono

macchia

 

*

Candidati e canditi

Perfetti e putrefatti come da banchetto

per volpi: candidandosi

c'è chi promette il mare;

chi i monti canditi:

chi il cielo e le nuvole

di zucchero filato;

chi le stelle a braccetto.

 

Tra tutti c'è il deserto

sabbia che scorre dune

nei gangli granelli

non più che poche effrazioni

al sistema democratico

allo stesso tempo populistico

a concerto.

 

Disadorno

semplicismo: in mano

ad alcuni lascia pepite;

in quelle dei più

solo di che non morire

di rischio in rischio

sul contorno.

 

*

Tra un salto e l’altro

Sempre sull'orlo

saltando lesto

di cengia in cengia

 

distaccantesi

frana: equilibrio

immaturo

 

mi hai sempre considerato

vittima di voragine

vorace

 

nello spalancarsi

famelica nell'ingoiarmi

al pur minimo

 

passo falso

tra un salto e l'altro

casualità.

 

 Però in fondo

io ci sono già: puntami

dritta lanterna

 

e mi sentirai

zampillo

se di me avrai sete

 

vedendomi

in fondo

limpido.

*

Tirati controvento

Di bivacchi tirati controvento

s'infervora ai lati la via

ch'è periferia ovvia e fonda

 

d'un nero controsenso

fra i trittici controversi

tutti occhi neri e bianchi

 

sfumanti di falò

dai rutti stentorei

icastici

 

 a notte

nere anche le siepi

di fumo da pneumatici.

 

Ardendo

dì acre impregnano

pur sesso ratto

 

per gli anfratti di cantico

dall'epicità ancestrale

per verso rito misterico.

 

Ossessi da smorfie

si fa mercato

schiavitù della carne

 

per le mani all'oggi

pedaggi come ieri

in fieri ancor domani.

*

L’intarsio

Di risponderne in solido non s'avrebbe ragione

ognuno ha la cognizione del proprio dissesto

non fosse per quella richiesta solita

 

(chi mai ci vede sempre richiede appena ci vede)

 

intrinseca nel dire che si ha una bella cera

sorta di intimazione a confermare

di come si stia bene in salute.

 

Quando invece le scollature a noi ci appaiono evidenti

distacchi di elementi dai lineamenti del soma

sintomo di decomposizioni e sfarinamenti

 

ricomposte alla meglio e con giudizio:

è saltato e va bene così/ ci si dice

che ancora ci si riconosce allo specchio.

 

Sebbene l'ennesimo tassello cadendo si sia diluito

con l'acqua infognandosi nello scarico

sempre più illeggibile lasciando l'intarsio del viso.

 

Per altri che non siano i nostri occhi

altri che non notano e non sanno dei tratti mancanti

molti e d'un fiato talvolta

e poco dicono della conservazione del tutto.

 

Ad essi in solido ci si ripete mostrando menomazioni

ch'è ad ogni risciacquo

che viene meno almeno una tessera

al solo contatto del getto dal rubinetto:

 

seconda fitta

subito dopo quella del risveglio

ignobile perdita, irrimediabile

sconfitta.

 

 

*

Le nuvole*

... che importa seguirle vanto

sono esse avvenenti

nuvole civettuole

 

tanto

negli occhi si specchiano

poi che vanno

 

*riletta

14/08/2012 woodenship

*

Disturba

Abbacinante si riversa luce

bianca di neve riflessa nel treno

in corsa, tra i sedili stagliandosi

irreale rivela candore

 

agghiacciante: disturba lasciva

come la morte nel suo bacio

migliore.

In silenzio così odiosa riluce

ogni tremito acquietando:

accorsa è a soffocare impietosa

col bacio, ogni tremito

 

prosciugando goccia a goccia

in fronte sudore stillato

terrore.

*

Dedalus*

E' da lì che sempre dal sogno

ricomincia, nel labirinto

confuso di sensi

 

una volta chiusi gli occhi

affidandosi all'apriscatole

per incider l'osso.

 

Scoperchiato il cranio

nel rigirare all'infinito

a partire dai corpi callosi:

 

"vieni, seguimi per i reticoli

che al centro degli assoni

ci sono ancora io..."

 

Sognando

androgina dormiente: la visione

vorrebbe dell'uscita inguainata

 

di mielina

ancor crede sia utile scoprirla

meditando.

 

06/10/2011 woodenship

*rivista

 

*

Corvazzi neri razzi

Per Giuseppe all'esame di carta alta

un compitino roseo di prospettive

lui, d'istinto, senza troppe pretese

o svolazzi: la vita di vegetali a mazzi

 

nell'animo cardi pungenti

 

espressi a capo di una

o più righe poi omesse

perchè sempre le stesse spighe

povere di chicche.

 

Poi un mattino

eccolo Giuseppe tra le biche e privo

d'un destino, nemmeno lustro di attese

solo corvazzi neri razzi volanti

 

corpacci controvento

d'abitudine a caccia

di nidi.

 

Giuseppe che ci vede maturità

nella corsa di nubi in cielo

 

bighe avventate furiose

succubi d'aurighe seriose e grigie

tanto da venirci voglia di rubare un raggio

in più al sole, per scriverci un fiore:

 

un papavero saggio

un inciso dal paradiso

nel dì rossore

narciso nell'indaco

 

tra l'erba smeralda sul poggio

a chiusa d'un brano di norma curvato

al peggio.

 

 

*

Tango delle foglie cadenti*

Obnubila a confondere la vista

fine accento di fisarmonica

all'orecchio di ballerina pronto

archiviato. Inizia tentacolare

della coscia il movimento

 

nuda

milonga, lascivo e crescente abbraccio

nell'ebrezza intreccio: godersi

che già ci si è al ballo e che le bolle

scoppiano di piacere in sospiri;

 

godersi, erotizzante panoramica

visualizzazione d'ombelico senza

età al mondo.

Il solista sa mantenere la nota

e senza contrarietà è la sua smorfia:

 

è certo del suo strumento e lo strizza

l'accarezza che la luna è blu e piena;

milonga sulla tastiera brilla

sbolle e ribolle/ fraseggio di gambe

saettanti giravolte tra frammenti

 

di nuvole, di mano in mano sfere

ondulanti estatiche sfericità di sguardi

dagli intenti sottaciuti, accennati solo

nelle pose tanghere, codificate

a sbrodolarsi come gelati.

 

Tra uno scrosciare e l'altro di suole

nevrotiche, le scintille

dal pavimento di fontana a schizzo

fuoco di getto e spruzzo di rosso

dritto bruciante diretto al cuore:

 

... sabba

la strega danza un tango

straniante il vento

compagna avventa

a foglia.

 

26 ottobre 2015 woodenship

*riletta

*

Come da copione

Come da copione i rami sono spogli

lasciando ogni cosa per quel che è:

scheletri in attesa di veste nuova

pelle vistosa.

 

Tutto quel che era da accadere

è accaduto o quasi, quel nulla

che ancora può succedere, è di là

da venire. Noi, sulla soglia di casa

 

diciamo ch'è il buio

a farci sparire oltre

la porta non appena

richiusa alle spalle;

 

diciamo ch'è la notte

a fagocitarci alla vista

adombrandoci figure

alla stregua di miraggi;

 

diciamo che ci siamo adagiati

sedotti dai fiori di gelo intorno

per poi volare in sonno

ammaliante la quiescenza;

 

diciamo che c'eravamo sbagliati

entrambi tra gli sbreghi, ombre

abbagliate nel richiudersi alle spalle

la porta ch'è inverno

 

come da copione.

*

Randagio e ginestra

Lassa sta' la luna pelagia lassa

ch'è alta troppo e le nubi plagia

sfilaccia, orla, arrasa ch'è disgrazia

lassa sta';

 

l'elegia alla sera lassa sta'

che l'ombra dal colle plana veloce

a valle: silente divora con bocca vorace

la gramigna;

 

lassa sta' brezza e fragranza

lassa sta' che, col naso all'aria, forti

si fanno assai timo, salvia e rosmarino;

lassa sta'

 

la salsedine che sono vecchia

già strada c'avvolge e stravolge lassa sta'

inebriante malìa tortuosa di curve

lassa sta' che ad ogni svolta è una stretta

 

talvolta una casa

un muretto a secco

un prato alle volte

più spesso uno strapiombo...

 

ma lassa sta' che non è storia

che per me ginestra è scelta obbligata

starmene qua abbarbicata ripida

che più giù c'è il mare in piano.

 

Lassa sta' c'a tè randagio non si chiede 

radice, ma solo frenata in verticale

o tuffo come stella cadente:

lassa sta' che a me ginestra poco appiglio

mi resta.

 

15/06/ 2015 woodenship

*

Al vento il commento

Accorata di sentimenti brezza

sentitamente afflitta tra i rami

e dagli spifferi agli infissi

 

commenta, danzando e ghiacciando

come solo da un meditare solingo

che, del divenire, indaghi senso

 

nel dissentire del tempo: la solitudine

è dell'uomo, come anche l'interrogarsi

sul senso di questo ritrovarcisi

 

stantii genuflessi

dal sè distanti.

*

Verità è

... verità è

vivido fascio di luce viscida

animatrice d'ogni sorta di pagliacci

vesce laide più che abili giocolieri

 

verità è

di rinnegare prima che il gallo canti

tre volte gettando il sasso

quattro volte guardando in basso l'inferno

 

verità è

inafferrabilità di un sentimento

tradimento d'una pugnalata

di un momento l'indifferibilità del gesto

 

verità è

mani sui comandi rilassate

occhi fissi oltre lo schianto

alito ancora presente alla decisione

 

verità è

che in fondo al tunnel ci sia la luce

che all'ombra succeda la luce

che la luce si dissolva nell'oblio

 

verità è

di prima che il gelo ghiacci la zolla

rotto il cilindro delle tortore bianche

il volo di farfalle cineree

 

29/03/2015 woodenship

 

 

*

Questioni

                                    di trame

visive lo sfilacciarsi, nel friggere

sonoro sotto un capannello

di stelle sul limitare del decorso

abituale e solitario: di qua è

che ci si sta aggrovigliati di stenti.

 

Di là ci sta il non esserci.

 

Tra qua e là solo una membrana

a frapporsi sottile di domande, quasi

impalpabili

stupefacendo che ci vengano

a tavola

pranzando; stupide, a ben vedere

anche quando, stupiti, a ispirarcele

è un cespuglio in gran spolvero:

 

gialle, purpuree, ocra, screziate...

le sue foglie lisergiche, ipnotiche

che sembrano far festa

in gara cadendo

invidia suscitano in chi si ruga

 

ingrigisce e degrada di qua

nel segno del perchè di tanta

lussuriosità di veste variopinta

assunta a poco dal disseccarsi

delle vene atterrando

di là.

 

E su per le cime spoglie

volando alto si chiede

cosa ci stiano a fare spurghi

pur dai nodi legnosi di livree

arboree, resinosi di grigi merletti

resi servili, perciò infelici tra qua

e là

*

Come zucchero di canna*

... ma all'inferno!

Sbottai

nel profluvio che mi chiedevi

dove fossi stato

 

... veloce

la lancia

scorreva, intanto

il pescatore

squarciando il pescato

al vento gettava le viscere

 

e la gara tra rondini marine

gabbiani ed albatrros

esplodeva selvaggia

di picchiate e cabrate

 

feroce sopravvivenza all'inferno

 

a mezz'aria, a pelo d'acqua

con l'avanzare dell'urlo

dal ventre al cervello, mulinando

vortici

 

così da arrivarti orgasmo

ruotavo frenetico di fianchi

sì da venire a te

sì che tu mi vedessi come zucchero

di canna

disciogliermi nel caffè dei tuoi occhi

 

... dove fossi stato stavi chiedendomi

che dagli abissi risalivo

d'umori intriso

ricordo

 

19/09/2011 woodenship

*rivista

 

 

*

A lato

Ci ho già vissuto abbastanza a lato

di questo paesaggio sordido, tronfio

cittadino d'un senso di brunezza.

All'ancoraggio sempre a lato sono

stata nel parcheggio, aspettando l'ora

che me lo si sottraesse alla vista. Le ruspe

dovrebbero devastarlo, i connotati

mutandone. Dal volto decomposto

dai vermi divorato, ne ho presagio

come d'altre vie il diramarsi, oltre

i muri d'abbattere in polvere;

delle rovine da cospargere di sale

dandomi il sentore: città vetrina infame

d'umano derelitto sfavillio di schiuma

quella d'una bottiglia di birra

contro un braccio polverizzata:

my vida de perrita rubia

calleyera*.

 

*La mia vita di cagnetta bionda di strada

*

Amour Lunaire(3fine)

(3)

 

                       ...rubo un sospiro al tuo seno

caldo ed invitante palpitare/ ci annego

il mio piacere

in fiotti di luce dalla ribalta/ che stai riversa

                      sulle mie gambe

che t'insegno i giusti modi/ a suon

               di sculacciate t'imparo.

Eccitatata ti sento dal brivido dell'inganno

                        le mani nascondi dietro la schiena

ti stai offrendo per essere giocata

                         e sei così bagnata... generosa.

Un rivolo ha preso a scorrere/ pronto mi fletto

provo a far diga con le dita/ risalendo l'interno delle cosce

mi stai donando l'inchiostro./ Sceneggiatura di noi

roteando

                      scrivo tra le tue labbra:

pur se immoto/ madre d'ogni odio l'amore mare

              distesa tranquilla lambisce e tormenta.

Ammiro il candore

della tua pelle/ la perfezione delle curve:

imperfetto è il nostro amarci;

              non dovremmo mai ricorrere al dolore

... è che sei così morbida e aperta

               un fulgore che mi consuma

sfacciato tremore./ Delatrici cadono stelle

                      per ogni dove

baluginii rubati alle pietre/ schegge

sotto i nostri corpi madidi

              da meteoriti sfiorati.

                        A guardare la Terra

lontana ed azzurra/ per nulla ci manca:

ci troveremo lo stesso un finale

sipario che cali sereno.

*

Amour Lunaire(2)

(2)

                  Ladra ammanettata nel cratere

ho i baffi arricciati/ a manubrio: si, faccio il gendarme

ti hanno denunciata che rubi il senno

               ed ora ho i baffi finti a lambirti la gola

solleticandola per quanto s'abbandona.

                       Mi incanti Amour Lunaire

che ti sto perquisendo/ dalle ascelle alle scapole

con metodo le vertebre conto/ le costole sfioro

                   dallo sterno al ventre cerco il carattere

il tratto eclatante

                     ... Ti dimeni negando ogni addebito

già sai della punizione/ stringi i denti

              digrignando un rifiuto

ti guardo in faccia/ non più tenera e rilassata

troppo liscia comunque la guancia/ un graffio

                         sarebbe appropriato

sul cerone compatto del volto/ giusto sotto

la lacrima accennata

segno d'un tonfo/ amplificato spasmo

 

                                    i tuoi occhi ora furenti

 

21 gennaio 2015 woodenship

*

Amour lunaire(1)

                                 (1)

                   bruci di ginepro in gola

                aromatica mi esplodi nella mente

 

mi ti afflosci dinanzi/ tra un braccio e l'altro

pronto a sostenerti ti abbraccio/ consumata attrice

ti strusci

come da canovaccio/ mimica dei corpi nudi

crudi di gesti sulla scena: sei di scena

Amour Lunaire

lo sono anch'io e brillo/ privo di senno

/ falso e leggero

come solo un personaggio in commedia:

             non esiste se non in ciò che declama

non è sincero se non nei sentimenti che suscita

                    Palcoscenico la luna

mari di roccia e polvere/ tu triste

Amour Lunaire

con alle calcagna l'onda amniotica

            io folle alla ricerca della ragione

e nessun motivo per incontrarsi/ così ci ritroviamo

allunati

che si leva con orgoglio alta/ ridotta a straccio

sipario strappato

la Terra

 

21/ 01/ 2015 woodenship

*

In_tinta d’aurora

Ti aspetterò fino a che il vento sarà

a sgretolarmi roccia.

Ti aspetterò fino a che sarò

fine polvere sollevata

in volo nube.

E tu, vedendomi all'orizzonte

antracitico frinire, in crescendo

sprigionerai il tuo canto di fronde

silvestri note

d'innamorata delle pulsanti

polveri che mai riposano

sempre in attesa di scintilla

che astri le faccia

esplosione d'amore.

Negli occhi insonni della notte

certo

ti aspetterò: tu, in petto

battimi

prima d'avvilupparmi in_tinta

d'aurora.

*

Quintessenza della finzione

Incandescenza di lampada, è finto

il fuoco: fisso tra cunei di fiamme artificiali

tentacoli cartacei ventilati

nel caminetto dalla consistenza di cartapesta.

Iriflessi sul viso sono pura finzione

quell'emozione sul tuo viso un'esagerazione:

il truccatore è accorso e le tue guance ritocca attento;

il tecnico ci sta provvedendo alle luci

... ma perchè fosse vera, quanto pagherei!

Ti confesserei i segreti del mappamondo

quell'ardere di soli nel giorno astrale

il profondersi d'azzurri tra cielo e mare

l'ardere di magma pure negli abissi più stranianti.

Domanda il vento in certi momenti

struscia e comanda in punta di lingua 

imponendosi tagliente di raffiche

svolazzi impossibili da dimenticare;

fruscii da vene aperte rispondono:

 

chi è fatto di sole

di brezza respira

nell'ombra sempre risplende

 

... nelle tue pupille amami

odiami con misura senza finzioni

rigando di piacere l'orizzonte sul proscenio

seppure buio saprò farmi d'aurora

al canto del gallo che si leva sipario.

*

Mcworld war (globalismi)

Del mio spazio vitale3 biascichi sì da

non strozzartene in gola: tu abbronzata 

di blu, dilatata per quattro

...(quattro?)

Qua, prospiciente il tavolo, sul muro

c'è la presa, indichi radiosa in viso:

per ricaricarti il telefonino vecchio

altro modo non c'è, neanche a ficcarci

due dita su per il naso.

Non per questo si è sposi, assicuri suadente

a volo inibito ed orizzonte oscurato

per me, nel panico, sospinto ad allontanarti

invasora armata d'hamburger: è mio

questo posto, tu mi rubi l'aria ed io

ti annuso ostile, sezionandoti con sguardi

le mascelle masticanti fishburger.

Tu che mostri unghia viola, affilate

a contendere offese; e che non vai

ma resti col tuo chickenburger, già che

ci si disputa punto: se un luogo è solo

un luogo, dunque di tutti; oppure

di chi lo vive pure mero possesso

confini slabrandone ideali, fino

ed oltre il Sinai, terra promessa

in bocche altrui riciclata; terra

e sangue, impasto sofferto; terra

deglutita speranza, come la tua:

sprofondata che il tè rigiravi quieta

viaggiando, vero Eddy occhi

d'Africa?

Non si può possederla, non ci è dato:

soltanto morirci si può, lasciandola

alla fine infetta eredità. Partire è un po'

morire, dicono da che s'è taciuta l'upupa.

A darci retta non vale tarlo

che rosichi ramo: io e te ci stiamo

a cavalcioni; tu sbocconcelli cheesburger

... E se acconsentissi a promessa un fiore

vorresti che ti facessi un ritratto, no

non un dipinto o un ritratto, bensì

un romanzo della tua vita: da Massaua

a Londra, passando per lo Stivale...

io, scrittore sotto dettatura, io, d'un verso

claustrofobico prigioniero!

*

Scatti cittadini***

... e poi la deriva

ipnotica

morbida, rassicurante

spettegolante follìa:

 

galleggiando frammenti oleosi

frettolosi si va

tra la folla uggiosa

 

in galleria gocciante

d'assilli ed assillati

allo struscio smaniosi.

 

Smunti

nella chiazza stinta

furtivi noi

 

in posa scomposta

con alle spalle un duomo

impavesato aleatorio;

 

così anche in diapositiva

liquidi e sguscianti

risultiamo

 

inconsciamente

non necessitanti di tempo:

già ne bruciano

 

rintocchi vani di campana

dall'infruttuoso frangere

che tantomeno rimotiva

 

in sequenza i marmi corrodendo

con iattura inquinante

melodia opaca dagl'inferi

sorgiva.

 

woodenship 02/ 04/ 2015

***rivista

 

 

*

Diversamente pazzi

Siedo che già l'ora mi guarda

svuotandomi mesta

e svogliandomi:

la verità?

E'che non sai cosa

scrivere, mi dice

a compasso dall'orologio

compassionevole.

Non c'è dubbio

annoto: se sono seduto

però qualcosa riuscirò

a scriverla di ragionevole.

Ma non è certo, dunque la scruto

come se l'avanzare delle lancette

possa trascinarci, loro malgrado

fiume d'inchiostro in ghirlande

fin sul foglio gualcito

 

affinchè finzione si faccia con festoni

e che in ghingheri sia cespuglio di sbuffi

dal bosco a chiazze e marcire di ghiande

rosse le bacche all'odore della festa

solstizio d'inverno...

Cosa vergarci d'altro

a farci figura empatica

sulla pagina intrisa

ma ancor non scritta

non saprei.

Potrei accennarci passo di danza

al suono di nacchere un flamenco

per brughiere zingareggiando

tra le pozzanghere popolose di pupazzi

di creta e paglia:

 

che ci hanno le antenne

pazzi, questi spiano: sensibili

emettono schizzi di fango

paranoica curiosità

...Oppure basterebbe annotarci di una burla

anche e solo l'eco di una risata calda

saturante ogni angolo di vuota

stanza gelida d'anima

al dì di festa

potrei.

Però è scontato che restino solo impronte

sulla carta: le mie, presto vanificate

nel tritacarte;

perchè vanno così le cose

talvolta.

*

Memoria che sia***

Ist das zu mensh?

/ Se questo è un uomo

cosa da nulla (ha da essere)

/ sache zu nichts...

 

Come filo spinato ammatassato

vibra il mantra dell'oggi

profilandosi costante

tra comignoli andando a defilarsi

 

fumo:

 

ci sono conti da comporre

bilanci da quadrare/ senza onore

la banalità di una

contabilità spietata

 

da ricondurre

sfiorando le regole

straripanti d'aculei

nel cielo d'azzurri fumosi.

 

Del male, la memoria

ridondando in volute fin sul muro

anche se solo per un giorno

nell'anno

 

scolpisce l'intonaco in crepe

quello del vicolo cieco(di solito in ombra);

si vorrebbe fosse sempre viva/ saldata al presente

memoria di un giorno/ di ogni giorno:

 

mi ci sono trovato assorto/ davanti

e dentro, con nelle nari

fumo nero dolciastro

di carni bruciate/ nauseante

 

organolettica da non rimuovere

mi sono detto

che resti a monito

/ nicht ein nichts

nulla è niente.

 

***A Primo Levi(rivista)

 

woodenship, ven, 24/ 01/ 2014

 

*

Ditemelo

Ditemi di fermarmi, di sedermi

che tanto è una serata buttata via

tra un sinistro ed un peccato di gola

spento contro il parabrezza di un auto

 

l'effetto ne è una ragnatela di fili

che sono crepe intessute su vetro

con al centro il colpo di testa, addome

del ragno che s'è divorato il cervello

il mio cervello a screziarne le trame.

Alle volte s'è come le mosche e non

si sentono le ossa: se ce le si aprissero

le si scoprirebbero prive del midollo

e di senso.

Allora ditemi di sedermi

all'angolo, dove l'urto mi ha scagliato

insetto stordito e divelto di zampe

chissà che una ragione ce la trovi

a tutto ciò.

*

Nella fiamma d’una candela

Forse è tutta colpa del fumo hashish

quando maligno s'attorciglia filo

in gola attorno all'albero, offrendone

il pomo; o forse della morte esplicitata:

invito a tacitare testimoni e prove;

sta di fatto che noi ci si arrangia

sulla via del delitto perfetto

gli assassinati gettando nei pozzi.

Poi girandoci in tondo, le mascelle

arrotando, con i denti a sghimbescio

da squali che ci addentino le ore

cotte al sangue sulla brace dei piedi

stanchi: rotando greve, mondo

dalle ascelle stillanti alcool, tutti

lascia gravi, sdraiati giù per terra

nel piscio livido di cera d'una candela

volitiva fiammella votiva

espiatoria a un tempo ipocrita

d'ogni crimine.

*

Stupito

Ad un certo punto

neanche te lo si dice più

che non hai più bisogno

di nulla: sei tu

a sentirlo.

 

Non potendo attraversarti

chè tuttavia non è il momento

tutto ti passa oltre

ignorandoti nell'aggirarti

 

oppure scavalcandoti lieve

come nel gioco della cavallina

senza sfiorarti però.

 

Ed è qui che ti spiaggi

 

delfino

 

i guizzi nell'acqua tralasciando

 

al bimbo che di testa

se ne esce

affiorando

stupito: qualcosa ha fermo

 

in gola, forse una lisca

o una squama argentea

residuo d'un tempo

che fu.

*

Risibili rimordono***

Nell'alba radiosa di gelo

con occhi sfuggenti cielo di giada

flagellante di prima luce: ecco

come mi rimorde

a terra e senza sole ancora

se non quello di una lanterna;

ecco da dove è il mio travaglio

a partire da dietro il tronco

nel rimorso rappreso alla nuca

che reclina il capo con il suo peso.

Volano incubo d'erba grigia

volatili diamanti di stella

bucanti la mano

spezzanti il sasso: due le metà

partorienti l'ombra strisciante

a recriminare discosta

 

... ecco da dove

dal fluido essere insonne

rimorde eco di danza: passi

risibili tra specchi ostinati

opacizzanti restii

d'ogni solarità

l'avvento.

 

woodenship 01/03/2012

***riletta

 

*

Qui

A ribadirlo sono

qui

 

nell'eco d'un tonfo

sono irriverente

nell'anima

il tuffarsi di un'onda

 

qui

scuotendola cieca

con dita liquide protese

sono

 

frugandoti fino

nei recessi più riposti

qui desiderio

delle mani sul petto

 

ad auscultarne i palpiti aurei

sono

sotto di te

che mi stai penetrando

 

che ti posseggo, possedendoci qui

ricchezza di_vento un verso

qui

che spettino, arriccio, sfrangio

 

convergendo a vespro

sono nel tuo cielo

sul tuo letto

tra i fiori alti brezzati

 

senziente tormento

in sillabe sudario ondulante

fantasma sono

qui fruscio sensuale

 

ingiallendo suadente

sono amante

qui

irriverente

*

Alito***

Alito c'è ch'è condensa su vetro

segni ci si additano come d'acquosa

formula alchemica, a che lieviti entità

dal lessico oscuro, ovattante

 

l'impellenza d'un conforto.

E' alito ch'è fremito frangente

fin giù per la dorsale atlantica

eruttante vulcanica magma e batteri

 

alimento goloso per gamberetti

zelanti, dal vivere azzardato

su faglia abissale. E' alito sfuggente

aggrovigliarsi di correnti aeree

 

cavernose nel vibrare in orchestra

di vertebre antiche e zufolii da tibie

aliene dissepolte, esibentesi

nella sonata del tempio sul monte

 

eroso. Alito è per noi moto ardito

che gemito solve in petto avvampando

tale a fornace atomica ventre espirante

mai estinta pulsione vitale:

 

anelito d'accesso remoto spira

ad ambito ignoto.

 

***Con i miei migliori auguri per un 2018 dal vasto respiro e di felici realizzazioni.

*

In hoc signo (fermi al cancello)***

Agonia in segni di croce brevi

da questuanti accenni ripetuti fulminei

data l'ora tarda al cancello

alle falde del cielo: distesa crociata

d'ombre, chiusa tra rose in ferro battuto

d'espansi cirri per l'inferno celeste.

Oltre va la bramosia di pace

così disegna la mano sul corpo

la croce: da una spalla all'altra

alla fronte, al petto adesso

alle labbra poi; bacio insistito

della bocca che sa di miseria

ed elemosina annerente e screpolante;

bacio iperbolico ch'è masticare di santi

negazione e dannazione in terra.

Parabolica trasmissione di fede ingenua

messaggio criptico per l'etere:

ammissione di fede nulla, fin dai giacigli

quando raggelati ci si rannicchia

cuori tempestati fuori d'aghi di ghiaccio

ora

e nell'ora della nostra morte

quotidiana.

 

29/04/2013 woodenship

***rivista

*

Sfuggendo

E' aggirando l'oleandro sfuggendo squittii

disperati, che s'incappa nel Mazzini

accigliato: nel lezzo di piscio

ammorbante sul sentiero di granito

che a nulla l'ha preservato dall'oblio.

Scolpiti a contorno stanno i nomi di coloro

che appresso alle sue idee ci hanno

rimesso le penne, restandoci stampati

sul marmo tra cespuglio e lampione:

tutta qua la repubblica ad essi concessa.

Si dovesse provare il pur minimo

rimpianto, vedendo la statua in tanto

degrado, sempre sfuggendo l'adescante

squittio di puttana, esile stretta nel velo

miserrima, è da ricordarsi ch'è per accidia

se non ci si ritrova morti in gloria repubblicana.

Come Platone, ognuno dovrebbe cercarsi

la propria di repubblica. Anche se la notte

non è più notte e, nel mondo delle idee

il fuoco insiste virtuale: con toni cavernosi

recita tuttavia incubi in spregio al libero

pensiero.

*

Fiammella

Febbre d'oscura vergogna senso:

non saper mai da dove divenire

se non da un'accozzaglia di relitti

legname che più non fascia barcaccia.

 

Malanimo s'impone allo spillar di grani

dall'arenile degli anni improvvisi:

il vento, come dardi, li scaglia bizzoso

... da un piover di roventi proietti

 

di quelli che il viso fan purpureo

improvvisa pure la mia di fiammella.

Da un pertugio allo specchio

in strada me la vedo in fronte che brilla

 

tempo:

 

è rossa e risalta sul giallo della febbre

nel giallo dell'attesa s'affievolisce

e coll'argento di luna fa socchiudere gli occhi

con bagliori resi itterici sfibrati.

 

Fiammella che a stemperarsi va

diventando mare d'abbagli la sera, all'ora

quando a lambire giunge murmure

d'ombre rinate

 

e noi con esse, avventate

rinascendo

ombre traforanti drammi sui muri

d'insistiti falsi movimenti

 

... anch'essi si fanno dementi la sera

prima che mano rigiri clessidra.

*

Così van le cose al mondo

Non si può, certo

che non si può darsene

sempre le stesse cose:

sgusci di qua e di là

che poi scopri si che dici

ma sempre le stesse cose

nell'identico modo

alle medesime persone

che no, non si può

nel dato giorno di gennaio

averci la memoria arrangiata

per date, più non attecchisce.

Nemmeno a pedate ci si crede più

che renda giustizia.

Rimarrà che le stavo osservando

quando ho sbroccato

e non lo meritavano: in cielo

vittime, spiragliavano umbratili

funambole su filo verde fiele

a disdoro dei vivi, residue nel pallore

che col fumo involve in parole

poi solo nuvole color caramello...

Che non se ne abbiano a male

s'è tragica ironia: loro di ieri

alibi dei carnefici dell'oggi

pur fregiantisi di segni divine patrie

usi a trar profitto dalla memoria

al pari di coloro che reclamano martiri

scorniciandoli a renderli affini

ideologicamente fruibili

... Non se ne abbiano a male le vittime

così van le cose al mondo.

*

Solstizio d’inverno***

Oltre il precipizio è l'indistinto

nè l'eco da lì giunge

riflessa a squarciarne sipario

caligine sul limitare del bosco:

 

senza pregiudizio, alla base

degli abeti spogli, degli ancor

vivi si depongano le spoglie

ivi impregnandole di resine

ed essenze

 

profumanti le visioni ovattate

di fantasie dorate/ desiderio

di pronta aurora: fino all'ultima ora

ed in silenzio, fino all'intenerirsi

degli astri, raggelati pigolii.

Non appena l'aria si fa algida

immobile in petto, s'attenda

all'avvio, alle nevi sospese dando

lo strappo con corde tese di fumo.

In equilibrio precario 

                          rimanga l'angelo

                                e penda dannato

               sul trapezio dondolando

        solstizio d'inverno

vivida luce breve che ridia voce.

 

***17/12/2011 woodenship

*

Rosso mal_verso

Sul mento la barba, a darci retta

sventola di qua e di là, bandiera

di cui andar fieri tra le teste intorno

tutte sorrette da sorriso a pilastro

appoggiato disgusto al tetto, nel vederselo

sfilare prepotente sotto il naso che si è

in fila alla cassa, così basso e tozzo

lui, come solo una tinozza rollante

che del maglio tema il cozzo. Dunque

meglio far finta di niente: lui lo sa

che manco lo si vede, se non ha almeno

rubato qualcosa, ci conta. Ancor più

chè riccia la barba inanellantesi

rossiccia fin sul petto, cadente grappolo

di peli da faccia di melone, così

incede miracolo nell'apparire irrilevante

e restarci, dedicandosi alle bottiglie:

quella dal genio sfrattato; quella

che non s'è ancora scolato; oppure

l'altra dal messaggio mai giunto

perchè non c'è spiaggia nei paraggi.

Annottante

barcolla come lui

soltanto il filo d'aqua dalla fontana

tuffandosi nella notte

a picco.

*

Un tiro una vita

Giochi vita

             sorriso di vento

vendi tristezza recisa

appesa/ gardenia all'occhiello

tiro speranzoso ad occhio

cosa saresti mai se non un fiore?

A masticarne lo stelo asprigno

a mordicchiarne i petali di miele

alla bocca sei delizia e mestizia.

Lascia che le spine rimangano lì

c'erano già prima

e volevo vincerti

prima che ti si ravvisasse/ sensuale arresa

                                       falsa perdente

bagnata e tremante maga ancella

stellata la mantella/ scossa di voglia

il mio delirio ti culla:

                               chi sei mai?

Sei nell'esistente

                    sei nell'incubo

                                   sei nel gioco

                   sei nella terra fino al collo

        sei sotto un tetto di nubi

sei solo sogno e non hai più iridi.

                 Bulbi oculari accesi

spiando

flottar di cubi rapita

che sempre dicono ch'è sei

                              rotolano

ma chi sei non fermano

... Il pugno stringe un sasso

poi due/ poi cinque ne agita

dadi per un tiro solo: la vita

tappeto verde la pelle

                    un bluff chi sei.

 

07/12/2012 woodenship

 

*

Onirica

... eran solo sbuffi di vento

ai denti sfuggenti di pioggia...

             Uno schiarirsi di gola

tossicchiando nudo imbarazzo

scroscio appena velato da nivee

venature ampie e pulsanti: trame marine

sospese nel nontempo ceruleo

di bastimenti salpanti eterei

 

... a perderci nello spazio d'un sogno

anime notturne noi.

*

Haiku(di novembre)

Da qualche parte

 

risplendono discrete

   

pallide rose

*

Lunatico l’assassino

Gelida e distaccata icona in cielo

così malmostosa non ti ho mai vista

eppure non ti ho mai giurato eterno amore

mai: non ho che me stesso ti dissi

a pallina ferma sul rosso e pari

che mi stavi addosso umbratile

palpito di brezza, alle nari profumo

di muschio bianco a sera

che chiamarla sera assurge a immaginario

distopico con quel vorticare di luci

prima afflosciantesi sudario, poi

sprigionantesi stroboscopici aculei

dolorosi agli occhi questuanti oblio.

Te lo dissi che di senno non mi era

ancora uscito un verso: ogni scheggia

folle s'inerpicava per l'erta del colle

ignoto, senza venirmene nulla

indietro, a parte una flebile

appena percettibile eco.

                  Ora che i versi

sono tanti, un labirinto indecifrabile

che non mi ci raccapezzo più, sempre

non ho altro che me stesso, balbettante

piombo di tra i denti, una poesia

sul ponte tra morte e morte, da scrivere

dalla finestra in alto e mirando in basso

bene nel mucchio: a che non ci sia

nessuno che insegua le mie ceneri

dicendo di loro che non sanno di piombo

anch'esse letali, negando altro motivo

se non l'assurdo ai tuoi occhi

distanti.

*

Mannara

... è proprio sotto quella tondeggiante buccia

smozzicata e mannara che te li senti

lì: appiccicati alla corteccia, neri

che manco un forcipe riuscirebbe a districarli

dal cervello abortendoli, tanto sono ostici.

Sgorbi, cuneiformi, si ostinano per nulla astratti

bizzarria cerebrale di grafia contorta

ululati dai tratti indecifrabili

a volerli leggere, che ci hanno accenti sguaiati:

versi di lupi nel profondo di valli ascosi

di certo mi abitano metastasi raggrumate

poesia di fantasmi che si fan forza

inebriando d'intenti col brillare di pennacchi

lucenti appena sopra un tetto di roccia

nella mente dissociata

sbriciolata d'artigli licantropi:

 

18/09/2016 woodenship 

*

Haiku(di confine)

Sentiero inviso

 

frusto il fogliame rado

 

inverno stinge

 

13/12/2015 woodenship

*

Novembrite***

raggio di sole alla nebbia

sfuggito: d'alterati segnali

focolaio, magnetico

vibra sanguigni rubini

in risonanza

... poi che si fa vespro

in ruggini sparse

di viticci cerebrali

dissolvenza

 

25/11/2013 woodenship

***rivista

*

Dicono gli altri di loro due

Ci vengono già plasmati i giorni

inchiavardati per immagini

cementati con l'incuria

ingiuria del già visto:

banalità d'una cicca

bruciata come fosse ritualità

la magia dello starsene barricati

ad un naso dalla follia

a raso

in posa fumosa.

*

Woodenship

urlo che non mi sento

... neanche nell'attimo della discesa a picco

nell'intervallo tra un flutto e l'altro d'attesa

dell'abisso che non restituisce voce

quando s'acconcia il cuore

come al vento vela tesa

schioccante dello schiaffo di raffica

che contro lo scafo traffica bufera

percuotendolo con l'onda ad aprirci falle

disalberando e spazzandone i ponti

 

... così tu mi sei che non mi senti

così affondo

urlo

e non mi sento

 

29/05/2016 woodenship

*

Immemori dei muri scrostati

 Tra margherite e roselline bianche

svaporante d'essenze è l'altare

ligneo a mollo di lacrime perniciose

e già destinato alla fonda del rito.

In sonno ci si sta ai piedi

immemori celebrati sognatori

enigmatici all'apparenza sereni

subito dopo il varo con il mare

in fronte.

Leggera increspatura il sorriso

alle labbra: di goderselo giocosi

sembra suggerire di questo giorno

raggiante di roghi nell'indaco

in cielo, per ogni dove radiosi

ravvivanti persino le rughe

sui muri della vecchia casa

scrostati perchè mondati di sangue

e sudore.

*

Haiku (avventatezze)

Libeccio sferza

 

sfuma creste di spuma

 

sdrucite anime

*

Dice lei di lui

Ne era convinto che non vedere

non significasse non sentire.

Così, tra i molti non so

s'ingegnava di sentirmi

stella alle sue spalle

sulla testa elettrizzata vegliante

sommesso sciorinare di brezza al cuore

melodia di una nenia al verde

a che mi percepisse non vanescente

carezza

nella sera

sfumare di passione

fino a notte fonda: lui errante rosso

ad un semaforo affisso meditabondo

ed io stella

buona e bella amante.

*

Per nulla altezzosi

…lui di rimando: io con i fiori

di campo sul campo ci faccio

l’amore, rotolandomi per il prato

fino al mattino, assaporandone i silenzi

per nulla altezzosi, ricchi di profumi

e morbidezze sconosciute alle rose…

*

a ragione

hai voglia ad incantare la fiera

con quel fare di pura ciarla

provandoci con ruffianeria

a spogliarla

lasciandola visibile ed urlante

muta di vesti sul piedistallo

additata

ch'è fatica vana direbbe qualcuno

avveduto che tra uomo e bestia

si discerne appena lo scarto

compresso fraseggio di ciglia

in una manciata d'istanti in tutto

feroci d'inauduta violenza gratuita

prima che l'uno umano inabissi l'altra

disumana nella stanza insonorizzata

priva di finestre tra un polmone e l'altro

nel mediastino mettendola a tacere

ch'è consuetudine conformarsi

quando irraggia a giorno ragione

dai neuroni superstiti a mente

e non c'è ruggito che non si voglia

dalla quiete proverbiale d'un cimitero

silenziato

*

Dice lui di lei

Bellezza chiama bellezza

vorrei tanto dirti studiandoti

per gli occhi entrandoti nell'anima

così da ritrovarci quelle morbidezze

che di te mi dicono nei sogni

parole tatuate nell'inconscio simboliche...

Si può essere gelosi delle mere parole

delle nuvole che ci cingono le spalle

quando ci arrampichiamo in cielo

cercando di spremerne un verso

che una lacrima o un sorriso estorca

al viso che tanto si vorrebbe intriso di noi?

Ecco, allora: se tu sei poesia e poesia di te

sento, allora non avrò bisogno di chiamarti

per nome, perchè nei miei versi eri, sei e sarai

ossessione seducente e passionale

amore in poche parole

di cui non esser gelosi ma solo parte in causa

poesia...

*

Lacrima ultima

Di soppiatto

di sopra i tetti

discreta m'accompagni

resinando il cielo sereno

d'aroma d'abete spandendo effluvio

già che lucida all'iride ti stampi

tracimando con angolatura sghemba

... Anche tu

ancorchè strabuzzando l'occhio

discendi viluppo d'intenti e patemi

umilianti doglianze

sulla guancia sfuggendo anelito sferico

ansito di disincanto.

Rotolando sul labbro screpolato

sai farti ostica

tensione dell'accentuazione

asterisco brillante.

Infine di nuovo in cielo

preda che rifulge siderea

sopravvivi libera

districata perla

alle valve ribelle

... Eri l'ultima

non ne rimangono altre

*

... a saperci prendere il buono

Bisogna saperci prendere il buono

dalle cose, lo so: molte volte l'hai detto.

Magari che si stava sulla soletta, pronta

armata in ferro per la gettata. Ricordo

del mio orrore per il vuoto tra le assi

sotto di noi seduti su quel vuoto. Anche

la paura prendeva sostanza, appesantendo

il fiato ed ammollando le ginocchia.

Ecco perchè la testa si rifiutava di pensare:

uno sternuto e sarei finito a volare. Cosa

non buona diceva una vocina dal fondo:

non si vuol più sapere dei rami spinosi

d'arance o del profumo delle zagare?

Così ci si rimaneva lì, su quelle assi

inchiodate ad armare un solaio

che ci permettesse di ripartire

magari al riparo d'un tetto o fuori

sul balcone, pronti a decollare.

Ma sai che angoscia ti dà il fatto

che davvero non riesci più a tornarci

al punto di partenza? Ogni volta parti

vai con la certezza che ce la farai.

Allora giri e rigiri tra sagome metalliche.

Una volta stanco pensi a ciò che ti aspetta

lì, in quel medesimo punto in cui

l'hai lasciato. Credi di poterci arrivare.

Ne sei sicuro. E non hai capito che

tutto con te si muove: quando vai

ogni cosa ti segue come ombra

standoti appresso.

*

Schiocchi d’alghe

... ad atterrarci sulle tue labbra, anche

per scommessa, come gabbiano rapace

rubarti bacio nel risucchio di sabbia

d'onda di risacca. Sconnessa bramosia

bocca a bocca respirarti sacerdotessa

d'amore celebrante orgasmo:

                                            roteando

i fianchi, di volta in volta, d'un mezzo

tono più a fondo, concorrerei soffice

di piume a strapparti gemiti tra gli schiocchi

d'alghe sui fondali bassi nel ventre

scossi da tremiti di voglie

 

... così, l'uno dentro l'altra

                                        calarti

all'orizzonte come fossi sole

                                         nel mare

vibrando di raggi guizzanti, lascerei

che imbruniscano con i seni pure

i sospiri: disegnate sagome di noi

aggrovigliantisi in abbracci sazi di luna

occhieggianti perle sulla rena annerita 

che senti desiderio

                            cogente

ad ammararci sulle tue labbra, anche

per scommessa, ritrovandomi in te

laguna che mi schiaffi in volto i tuoi

                                                  flutti

*

Doppiorum (Della meccanica della memoria)***

C'è un passero nell'ingranaggio-favola

che s'inceppa e poi riparte: persino

ne rammento il piumaggio marroncino

con screzi di giallo.

                                      Ordinario

anonimo ma caldo, come i pampini

costumi d'arlecchini, festanti foglie

in autunno: altra favola che muore

e rinasce

con pure una briciola sul davanzale

quello dei gerani discreti

nel giorno del mosto d'uve pigiate

                                zampettando

cinguettii in un giorno di sole.

Lettore

malinconico amante di odori

il profumo è di pomodori messi a bollire

a salsa, nel pentolone sul fuoco allegro

scoppiettante di ceppi.

Su tutto è

                                      Doppiorum:

con zampette storte, ch'è ostinazione

dire ch'è passato,

passeraccio che con noi divide croste

cinguettante ch'è l'ora sempre

ch'è giorno di scuola svegliandoci

                                         querulo

passato che non passa

meccanismo che s'inceppa

però poi riparte.

 

29/08/2014

***riveduta

*

Haiku (tonalità)

Tra leccio e faggio

 

vellutato carminio

 

sfoggio d'acero

 

10/10/2014 woodenship

*

Ad un incollo dalla scollatura

Qualcosa sembra sfuggirti non meno

non alle labbra e nemmeno agli occhiali

forse quello sfarfallio sul reggiseno

sfacciato di segno

O, magari, ciò che esso a fatica contiene

e con ali imbarazzate raddrizzi di stoffa

intorno ai seni sfuggenti:

reggiseno di parole dette e sorrise

non meno.

*

Promesse

Promesse al sole sbiadite

sfumano vele

fantasma all'orizzonte...

 

Promesse al tempo rimesse

e dal vento compromesse

le labbra screpolano di sale

 

Promesse che solo la notte

sa del loro essere

negli occhi stelle riflesse

*

Haiku (volatilità)

Melanconica

 

d'affogliata fragranza

 

evanescenza

*

L’albero dei morti

Luna

luna bella

dove mi porti tu

colombella?

La cenere nell'urna

scaldando, al mese

risorgi; del bilancio

ignorando i saldi

nel mondo degenere

torni piena su moncherino

a stazionarci.

Eppure sai ch'è di poco conto

l'albero dei morti: morenti

stillano sudore estremo

dal vivere, su per la schiena

alla nuca: fluviale clamore

di voci fino alla vastità

delle tempie, depauperata

intelligenza

... Che prenderci dalle parole

cosa vuoi che ci prenda?

Le chiacchiere scorrono in gola

fanno male e sanno di fiele

come una birra di poco prezzo

o una pizza di poco prezzo

che, se ogni cosa ha un prezzo

ben poca ha da esere quello

umano. Un'altra cosa alla buona

forse l'ultima, me l'hai

insegnata: è per la testa

che ci se ne vien fuori

... Ora che t'allontani algida

luna

luna bella

dove vai tu

colombella: perchè

tanto strepito, rantolo

soffocato

dal fondo dell'abbraccio

già che brilli infine appena fuori

dal cranio?

*

Haiku(lunare)

Piena si specchia

 

dallo stagno la beve

 

rana narcisa

 

23/08/2015 woodenship

*

Albinedia

Albina la stagione da griot*: troppa

la calura e da troppo non beve, come

solo un'albina dall'Uganda fuggente

rabdomando prostrata, ch'è da lungo

tempo che si va solo a tratti, boccheggiando

goccia a goccia mendicando, che non 

s'intende se non ragione astratta ormai

al peregrinare. Nata precoce e già piena

di crepe è nella sua stagione: avida leviga

arida velata di sabbia atavica, bella di giornate

d'alabastri e creta essicata; donna

tra donne dai capelli crespi di spighe

bruciate, escissi vaneggi dal vento recitati

ch'è luglio e non dovrebbe cader foglia

ma queste s'ammonticchiano lo stesso

fradice. Domani ch'è agosto, il merlo

suonerà la sveglia: secco sarà ancora il verso

un ciack per la diva di sabbia fluente

di miti. Forse così deciderà di defilarsi

da depositaria: rapida ed ispida recitando

in sequenza breve commiato alle stirpi

in campo lungo svanendo prima

dei titoli di coda. A meno che, oltre ogni

intelletto, quando le foglie cadranno

questa volta storia di stagione

non ce la si ritrovi rammaricati noi:

come incantesimo asciutta nel narrare

col piglio sicuro della leggenda nel canto

che da lontano viene magia.

E non più in grado noi di stare lì

e contarle nell'aria novembrina

le storie morte: anche noi rabdomando

per letti di fiume e laghi essicati

di fiabe d'acqua.

 

*Griot: cantastorie nella tradizione dell'Africa centro occidentale

*

Colui che scrive senza dire niente

Oggi le nuvole hanno digerito anche il sole

spero che almeno domani ne restituiscano qualche raggio

un po' di tepore ci vorrebbe che dica della stagione

il capriccio

 

... così non fosse andrò a caccia delle nuvole

stesse

so anche nutrirmi di nuvole io

 

vivere le nuvole è come vivere d'aria

vivere d'aria è vivere d'amore

e ci ho fame come pure sete

in mancanza del sole che sciolga nubi nella coppa

mescendone vaporosi viluppi...

 

Sì

sono io: mi dicono colui che scrive senza dire niente

solo perchè nel buio risultano oscuri

nel dì sostengono che sono troppo chiari

biancore su pagina bianca

del resto non uso inchiostro simpatico nè succo di limone

 

E'tutto lì

vapori grafici che conquistano il cuore riempiendo la pancia

freddi stilisticamente che si fanno luminaria

gelidi candelabri arborei/ fisse le gemme

bitorzoli per braccia legnose

non ancora esplose in fioriture

 

Lontana ancora è la primavera

a dominare sono coltri di foschia

divoratrici di remoti fasci di luce solare

sono a dirmi del tuo dormire di questi giorni

 

Natura che attendi nervosa al risveglio

che non sei morta è palese: dormi soltanto

che nemmeno io morirò anche: dormirò pure io

ne sono sicuro: ridestandomi come te mi rivestirò a festa

 

... altrettanto facile deve essere

come per te ogni anno rinascere

 

è solo che a me sfuggono le guide

confusamente luminose nel giorno

intrinsecamente oscure nella notte

 

17/ 02/ 2015 woodenship

*

Ferali convivi per zanza conviviali***

Ignoranza crassa e lassa

punge zanzara

ronza fanfara

rimbrottando bassa bassa

 

in cerca di sangue

trova cultura pingue

tenzone intellettuale

incrocio di sapere letale.

 

Muro d'assonnata statura

il pubblico trasuda plasma d'altura

poetico gaudio assodato

dal potere sentirsi assoldato.

 

Povera la zanza Fanfulla

a languire resta rossa satolla

tra chiacchiere d'asporto

spiaccicata di riporto.

 

23/07/2013 woodenship 

***Tanto per provare a sorridere ronzando...

*

Che agosto non è alla fine

Con te sto che vorrei scrivere di noi

in contesto vacanziero/ mi sarebbe

piaciuto: scrivendone come solo sa il vento

quando sfrangia le nubi

con grafia nervosa e fine

dando loro forma animata, persino

con l'impertinenza d'un sussurro all'orecchio

brezza che sa rendere manifesto l'umore.

Così ci provo lo stesso: semplicemente

inchiostrando un foglio malinconico

ch'esplodente trema di te, pur lontana 

comunque assente; al boato

spostando un'emozione/ mobile

orpello di costruzione sovraccarica

d'un amore. Alla parete, invece

rimane poco esposto

e lacero, manifesto invito: flutti

sovrastanti con spruzzi le torri

dagli esotici lapislazzuli color pastello

nello sbiadito blu cobalto del mare

come pure il tetto di palme intrecciate

della capanna senza pareti

...che agosto non è alla fine

e con te sto che vorrei scrivere di noi

nel composto furore

che non ha fine.

26/08/2014 woodenship

*

Pleiadi(stelle de_cadenti 8)

inebriati e convinti dalle sirene:

ricchezza facile per tutti

ma per tutti non è mai facile

per pochi sì

mai per tutti

ricchezza non per l'oggi

domani forse la ricchezza

in paradiso la ricchezza di sicuro

basta averci la fede nella ricchezza

 

pur nella povertà di speranze

 

...però, speranza, può fare rima con

ricchezza?

*

Pleiadi(stelle de_cadenti 7)

... ma è che lor signori dei mercati

il mercato si sono rubati

lo spirito

si sono rubati

del mercato e a buon mercato

 

l'hanno sottratto che si era distratti

avvitati a pulegge e ponteggi

con bielle e pistoni a stantuffare

battendo in testa il più delle volte

convinti della bontà del sistema

 

complici attivi e golosi

infimamente

stupidi in panciolle

a godersi il massacro

degli altri: che tanto

non ci riguarda

*

Pleiadi(stelle de_cadenti)

Pancia e polmoni 

urlo d'insieme

afasico

*

Perseidi(pensieri cadenti5)

... non si consumasse si sarebbe più poveri

e poveri fa brutti sporchi e cattivi:

 

"ricchi fa belli"

 

direbbe l'Odisseo del Volturno all'Iro di turno

prime d'infilzarlo con dardo di rimessa

*

Perseidi(pensieri cadenti4)

... funesta che rimorda sotto traccia

a tratti remota impercettibile

e che poi riviva improvvisa

inaspettata sete di sangue

 

rigurgito sbotta vapori

sfuggente follia purpurea

sul campo svuotati

lascia perdenti:

 

che all'infinito non ci si incroci

restando paralleli?

*

Perseidi(pensieri cadenti3)

... tanti i fantasmi d'intorno

consistenti di nebbia

 

ad essi di tanto in tanto

un baluginio sfugge

sull'acqua concorrendo:

 

gioca di riflessi

sul mare reso rancido

glauco miraggio

*

Perseidi(pensieri cadenti2)

... ed è al confine che ci s'incrocia

fantasmatica imprenditorialità al semaforo

giusto a lavarci il parabrezza per un euro

(ad andar bene alla volta che ci si sta).

 

Piovono stelle anche di giorno:

all'incrocio ci sta il vigile

per indirizzarle su Marte

 

ma noi alla zattera

già diretti al confine, sappiamo

che è lì che ci si incrocia

sul confine

*

Perseidi (pensieri cadenti)

...i predoni in suv sfrecciano

vecchia la strada, nuovo il totem

a rotelle, da riasfaltare

come sandali bucati:

 

Perseidi sono granelli d'universo

a contatto con l'atmosfera

s'incendiano pulviscolo

stelle cadendo

 

...i desideri espressi inseguono

paralleli

 

 

*

Gocce in_volute***

Tra cielo e cielo ci sta la cornice

limitare pesante d'intagli di nuvole

A cascata infiorescenze ne scrosciano fuori

esseri annacquate essenze

dalle molecole a tratti mutanti: d'acqua

Creature alate volubili

migranti e confuse alle correnti

verso un dove che non è terra

 

woodenship 08/04/2013

***rivisitata

*

Festa e festa

...Come ad una festa

io ci andavo incontro

Chè ognuno si diverte

come può e crede meglio:

per me era infuocata

esaltante movida

quel tramonto.

*

Ci ripensi

Ci ripensi ch'è forse poca cosa

che non varrebbe nemmeno la pena

starci su un momento di più

giusto il lampo d'una spia

rossa non già di pericolo, ti dici

bensì di vergogna per lo spreco:

tempo sottrattto al sonno delizia

l'inezia d'un sogno

del noceto dalle piante brumose

folte le fronde fumose di frutti

ovali nequizie esiziali da percuotere

malli da spezzare brunite corazze

una volta frante liberanti blatte

non gheriglio, a frotte nere ed infestanti

incubo disperso ritornante broglio.

Frantumio senza costrutto, ci ripensi

pullulescente da guscio marcio

ti convinci.

*

Relitti galleggianti

Ondeggianti

pare che la risacca li culli pure

ed invece è perchè sei vivo

spettatore

osservi la morte intorno:

molto bella la marina oggi

quasi come la morte

allo stesso tempo è oscena e forte

te lo dice il sole a decoro.

 

Per un solo istante il frangersi dell'onda

azzittisce la piccolezza e l'ipocrisia.

 

Respiri, non è un singulto

se te lo si chiede

respiri anche per chi non può più.

*

Sviolinando tra le nuvole

Ascolta come risuonano

violino/ puntura lancinante

d'archetto e corde/ le fusa feline

 

Così amavi esserci virgola d'uno zero

leggiadra giocavi che eri accento

strapuntino puntuale

 

Colombina trascinavi le ali

per riquadri in iscacco argentino

passione virtuale in fregi di fuoco

 

Era il sole la posta in gioco

l'armonia dei suoi raggi l'azzardo

l'infingimento tra i vapori

muoveva viaggi fin nella stratosfera

 

Nudi i sentimenti tra due punti

retta sopra un tappeto di paglia

mi sei rimasta apostrofo che tronca

sbuffo d'un genitivo sassone alieno

 

 

09/09/2014 woodenship

*

Alla fermata del bus

Come darne colore dell'aria tersa

imbrunescente tra costole di gru

bascullanti su palazzi dalle luci

moltiplicantesi nell'accendersi contagio?

Tanto si carica di tonalità

da opacizzare anche i sensi

con quella stanchezza di testa

ottundente a sottintendere il perdersi

nel correrle sempre appresso

magari mescolandone sfumature

col gracchiare oscuro di corvidi

chè, alla notte, essa resta legata

pur con ali di latta annerita

faccia inchiodata alle radici

indecifrabile tinta da discernere

... Così, se doveste vedermi intento

alla fermata del bus ch'è 'l vespro

seduto che scrivo: non tediatemi

con cosa o chi mai arriva

sto solo cercando di mescere terre

dandoci un volto e linguaggio

ad un colore primo sfuggente.

*

Haiku (musicalità)

Sol che sia nota

 

accorda luce in volto

 

aurora intona

*

Asimmetrie

Esalati dalle nari paura e odio

nel fango si resta afflosciati

deprivati del sangue d'un botto.

Verità oscena manifesta si diventa

cavata dalle orbite oscure cavità

realtà esplosa da occhi fuggiaschi

ramazzati per le strade

nei campi ammucchiati

autobomba dopo autobomba

rappresaglia dopo rappresaglia

in scomposta guisa impietriti

pedine d'asimmetriche strategie.

Negative l'una dell'altra

in fotocopie sbiadite dimenticate

a loro volta dimentiche del sermone

della sura, del dollaro, dello struscio

sul corso, dei profili sul web

di testa martiri arruolati

allucinate e perse

ancorchè la chiamassero

"Guerra infinita"

la verità

e le vittime civili

effetti collaterali

... Ma il bello è che alla fine si perde

il motivo si perde: amici o nemici

ci si perde, restando lì

ognuno nel proprio angolo

sepolti e basta.

08/07/2017 woodenship

*

Haiku (Note musicali)

Ance vibranti

 

partitura per steli

 

musicalità

*

La barba che ti arrossa la pelle

Lasciami essere in vino

gli occhi che ti fanno l'amore

le labbra a suggello dell'imbarazzo

le dita che ti slacciano il reggiseno

la barba che ti arrossa la pelle...

Lasciami essere schizzi solari

liquorosa verve annotante

un dipinto: di te le guance

diafane discinte di nubi

di te Venere, Puttana divina sorgente

virginea dal mare inguainata d'umori

marini di noi diluiti amanti

in veritas.

*

Haiku (policromie)

Toni d'arancio

 

ribes, mora, lampone

 

nuvole a vespro

*

... A suo tempo

... e chissà cosa mai ci dice lo specchio

al mattino, quando lo si interroga

con occhi che non ammettono bugie.

Se poi, durante l'arco della giornata

è un'atteggiarsi, un incapricciarsi

di una giovinezza che fu

ingannando lo specchio, noi stessi

e pure gli sguardi invidiosi di chi non sa 

che, a suo tempo, si ritroverà anch'esso

a vivere giocando d'illusionismi e trucchi

se non proprio da baro

magari meditando di fuggirsene...

Come i grani di sabbia

di una clessidra dal vetro infranto:

fuggirsene senza tempo per le spiagge

di un mondo fuori da ogni tempo.

*

Haiku (note musicali)

Raggi anarchici

 

free jazz improvvisano

 

lisergicromie

*

Sei, siete...

Siete nel verso d'un gabbiano

che dalla costa voli fino a me;

nelle foglie d'ulivo mi siete

che la corrente blanda

a pelo d'acqua culla

incantandomi con l'essermi voi

terra promessa: ci penserete

mi penserete alata, fremente

donandomi tremiti sulla coffa

che mi danzate intorno riflesso

d'un sole auspicato lucore

 

... Come si fa che vorrei darti del"tu"

ed invece mi ritrovo a darti del "voi"?

 

Sprofondato nell'abisso, romantico

distacco, costretto ad impormelo 

mi vedo quel "tu"non sentito

ch'è notte di plenilunio e sapere vorrei

cosa vorrebbe sentirsi dire da me

che già truccioli di plancton

carboni sfavillanti sull'oceano

sdrucciolante lumescenza non le dicano

fino a lei volando, luna in cielo rossa

rugata di nubi narcisa.

 

Forse, anche tu querula, vorresti

estorcermi quelle due parole due

messe in croce e portate in spalla

per mille vite: via crucis sempiterno

pur di non pronunciarle

se non nel segreto d'una lacrima

per quanto arrotato a dura ammissione

di una resa inammissibile per bocca

che sappia d'acqua salata

dell'annegare d'ogni giorno

 

... Ma tu non sei la luna, vero?

 

Anzi d'un gabbiano mi sei nel verso

che dalla costa voli fino a me:

nelle foglie d'ulivo mi sei

l'argento novello librante sul mare

a pelle incanto d'essermi tu

terra promessa. Ci penserai

mi penserai con ali sfarfallante

clamore intorno, riflesso

d'un faro agognato nitore.

*

Haiku (Vanescenze)

Via del glicine

 

da un pezzo che non passo

 

orme sfumate

*

Di circostanza

Di circostanza i sorrisi

smorfie di visi sprecate

formalità/ criticità dell'oggi

estivo: passi pesanti d'afa

vestiti appiccicati francobolli

filatelia succinta

sudata stampa del sè carnale.

Oltre non c'è nulla di cui parlare

di cosa pensare.

E così lontani si è

dal render l'anima alla Terra

... con alle spalle il buio

del cono d'ombra

e senza contare i passi

il disco lanciando allumato

di salti, di giravolte eclissanti

dalle prese d'atto: d'istinto un dì.

 

All'oggi

chissà se non riusciranno a risaltare

mera circostanza 

ancora.

*

Haiku (Vanescenza)

Grisaille ostenta

 

nuvola di conchiglie

 

barbagli affoglia

*

Poesia

... d'un attimo

istillandone sul foglio

vaga la grafia allucinata

che sappia di visione

il profumo inebriante

assorbito prima che 

appassito

dolce d'uva passa

quasi come fosse

amore

*

Haiku (Vanescenze)

Mani di fumo

 

sfuggenti le carezze

 

alita brezza

 

*

Ci giochi

Ne hai brividi perchè

ti sfidi ad averne

immagine. E, come

i bambini, ci giochi

con la paura: ti vedi

che più non ci sei.

Ma quando veramente

non ci sarai più

quando davvero

le palpebre saranno

calate sipario e per

sempre, allora non ci

sarà più specchio

a rifletterti. Nemmeno

gli occhi allumati

di lacrime ancor vivi

avranno per te riflessi.

Ridotto in cenere, opaco

nel vento ti allontanerai

consunta passione.

Ecco perchè non proverai

brividi nè dispiaceri

tantomeno dolore o gioia;

di tutto ciò avrai lasciato

perle ai viventi. Ogni cosa

rimandando fuori dal tuo

ambito rinsecchito

a tal punto ristretto

da esser più simile

al seno di molecola spersa

vagabonda.

 

27/05/2017 woodenship

*

Lacrima ultima

di soppiaTTo

di sopra i TeTTi

discreTa m'accompagni

resinando il cielo sereno

d'aroma d'abeTe spandendo effluvio

già all'iride lucida Ti sTampi

Tracimando con angolaTura sghemba

... anche Tu

ancorchè strabuzzando l'occhio

discendi viluppo d'inTenti e paTemi

umilianTi doglianze

sulla guancia sfuggendo aneliTo sferico

ansito di disincanTo

roTolando sul labbro screpolaTo

sai farTi osTica

Tensione dell'accenTuazione

asTerisco brillanTe

infine di nuovo in cielo

preda che rifulge siderea di sale

sopravvivi libera

disTricata perla

alle valve ribelle

...eri l'ulTima

non ne rimagono alTre

 

17/03/2015 woodenship

*

Smottante sassi

Apice ne è una pietra

cuore lavico levigato da stenti

del cumulo che ostruisce la linea

frana di ogni veridico sbocco:

non è come schiacciare bottiglie

plastica da riciclo, rimuoverla.

Occorre tatto per farlo, ripartendo

con i prossimi fiocchi a favore

che c'è da ricordarlo sempre

che questa non è che una pausa

un battito cardiaco arreso

sistole epifanico frame.

Poi si ricomincia

complice lussuria d'uno sguardo

supplice che sa dell'anice di bacio

fresco, aromatico, estorcente un sorriso

sbalzante

da un sedile all'altro

 

in treno, ch'è giorno cupo

smottante sassi

sui binari.

 

20/05/2017 woodenship

*

Haiku (Una notte sul fiume: l’alba)

Fluttuano braci

 

mantici i polmoni

 

cenere l'alba

*

Ridotti a talpe

D'appena sopra lo spigolo

degli scuri, lo zigomo

sfiorando, ingiuria

filtra raggio/ sputo

di sole. Stordisce

 

che pure decapitati

dello spunto, ci si stia

storti nella tana: mille

e mille volte svuotata

di crucci e radici

 

come vassoio dalle

cibarie; ma da Helios

sempre rimpiazzate

con vermi e lo sgarbo

d'un mancato colpo

 

di grazia. Marchiati

lasciando, per ogni

dove feriti: negletti

visionari prede d'ombre

ridotti a talpe

 

sfioriti stretti all'angolo

ch'è con i forti il sole.

Ingiusto con i deboli

per contrafforti balugina

accecandone verità.

 

13/05/2017 woodenship

*

Haiku (una notte sul fiume 10)

Giochi di lingue

 

lambiscono vivaci

 

vibrano steli

*

Ci manca...

Ci manca sempre qualcosa se ci fai caso

quando pur ponendosi in posa ombre

si sorride umbratili che si mima un cane

in caccia d'una lepre fuggitiva

per interstizi ed intercapedini

irrangiungibile perciò inafferrabile

infine disegnantesi sul muro cigno

d'ombre cinesi fantasia.

Facci caso allora alla bizzarria di certi stili

architettonicamente slanciati

sferzati dalle correnti, nell'equilibrio efficienti

sembrano celare intenti assassini

nel costringere a torcere il collo

all'incauto che provasse, sedotto dall'idea

di sfuggire con lo sguardo verso l'alto

seguendo profili zigrinati da balconi

di grattacieli zavorrati in cielo.

Dovessi farci caso dal basso dei cespugli

da sotto le terrazze decollanti di sempreverdi

nota bene che ci manca sempre qualcosa

fosse pure uno scatto d'ali nello slargo tra nubi;

che poi, quando si va a vedere la foto:

l'antenne lampeggianti in cima

lungi dall'apparire candeline su torta

s'arcignano selve d'aghi infissi maligni

volontà pungenti le mucose d'orizzonte arrossate

dal vespro nell'incistarsi d'ignava gravità

di una realtà fattasi tempio del culto del nontempo.

In essa, se ci fai caso, si fa dramma

non riuscire a dire cosa ci manchi.

 

06/05/2017 woodenship

 

 

*

Haiku (Una notte sul fiume 9)

Perle vermiglie

 

pegni contro faville

 

pelle su pelle

*

Sosta selvaggia

... per questo sto a perder tempo

e le strappo minuzioso

che poi i pezzetti li metto tutti lì

nel bicchiere di carta del caffè.

No, non per berle

solo per confonderle col buio

all'oscurità restituendole

che sono sue queste storie

pazze, annotate seguendo pagliuzze

di zucchero filato in piazza

su questa piazza in cui è vietata la sosta

... allora che ci stanno a fare

tutte queste auto ferme?

Non si dovrebbe.

Arrampicate per ogni dove stanno

tirate a lucido, nuove di pacca

costose: un mondo di vernici

brillanti fuorilegge, inciampi

per i passanti... oggi, del resto

non corro e non volo

non faccio che incespicare

in ogni pagina, stracciandola:

va così selvaggiamente

in certi giorni

 

29/04/2017woodenship

*

Haiku(Una notte sul fiume 8)

Fiore di bragia

 

scoppiettare del rovo

 

rossi i petali

*

Dal gran libro delle fiabe

"C'era una volta..." in genere così

si comincia all'orecchio del bimbo

snocciolando favola a che cali palpebra

il sonno conciliando col fantastico.

"C'era una volta..." ti sto narrando

bimba al ruolo ribelle: favola tra le

fiabe la più bella del reame degli

scacchi liquidi viventi.

Già sapevo di te e ti aspettavo regina

pronto ad accoglierti tra gli stracci

di luce, magia del"C'era una volta..."

per dirti ch'è disdicevole lo stallo

da sotto le coltri, con il naso alla pagina

a giocarci l'amore, amanti

gli schemi seguendo dal gran libro

delle favole. Descritta in esso

è facile la minaccia del libeccio:

innalza un cavallone riccio

sulla cresta schiaffandoci il naufrago

illudendolo che sia questo lo stallo

eterno"C'era una volta..."ma sai anche tu

ch'è momentaneo, vero?

Ti dico: sai? Duole che ci sia solo

bianco e nero nel sentirselo dire

e buchi sulle suole di un pedone

sulla scacchiera di corallo.

Ove era inciso il tuo nome ho letto

di te, regina dalle braccia di sabbia

cingenti marea. E che la mia bambina

saresti stata: donna e bambina, curiosità

espungente fascinosa, follia

che il vento non disperde

troppo intento coi marosi nel disimpegnarli

per gioco muovendoli incontro alle torri 

delle nuvole, sibilando all'arrocco per darti scacco

mia regina. Tu che giochi con i lacci, le spalline

lasciando cadere, abbacinandomi

nudità. Io pedone che vorrebbe

assimilarsi all'oscuro richiamo

facentesi vento: chiama

e richiama per onde che appaiono

quasi d'una campana eco bronzea

riportandone ch'è l'ora

di scorrere all'orizzonte liberi

e senza rimandi o comandi. Bensì il nuovo.

Di quel mai udito di cui è sì forte il bisogno

come per l'affamato il pane, per l'assetato l'acqua

... Certo avresti preferito di Biancaneve la

fiaba. Ma sono io il principe

Azzurro della Bella addormentata

nel bosco atro dei sogni: orsù

dovrai ridestarti al mio bacio.

Il pubblico bambino se lo aspetta

fai finta di dormire felice

sul tuo letto guarnita di rose nella teca

adesso.

Poi ci sarà tempo

a partire dagli sbreghi sui jeans

a che s'allarghi lo sconforto sul viso

sorriso mesto tagliuzzato di noi

che riallacci le spalline. Rivestita

non rinunciando all'abbraccio

ristagno lasci di te sul palato. Sai

di melograno rosso rubino generoso

del succo di"C'era una volta..."

dal gran libro delle favole

dei tristi addii

amorali.

 

 

*

Haiku (Una notte sul fiume 7)

Capelli d'ombra

 

frenetici danzano

 

fuoco divampa

*

A che ti ascolti

T'ascolto fiaba

 

narra discosta

d'ombre la fiorescenza

essenza rara

 

T'ascolto fiaba

 

apri al segreto

fiore notturno sole

aere apollineo

 

T'ascolto fiaba

 

effondi sogno

irraggiando tepore

racconta amore

 

T'ascolto fiaba

 

prece marmorea

arte atavico grido

predichi arsura

 

T'ascolto fiaba

 

provochi sete

d'oralità remota

infliggi fede

 

T'ascolto fiaba

 

già che t'innalzi

polline vai nel mondo

fa che sia poesia

 

T'ascolto fiaba

 

*

Haiku (Una notte sul fiume 6)

Tra fiori ascosa

 

approdo profumato

 

veste di seta

*

L’inverno sulla pelle

la senti che ti prende

formicolio in corpo la senti

che ti rende inverno 'stasera

la senti che ti lecca prima

poi secca di tremiti d'averno

che ti si infilza nelle ossa

svuotandole del midollo

la senti

che non c'è scampo capisci

dal carosello

delle foglie intorno

morte

portami su

implori raggelato

con te

lassù

 

08/04/2017 woodenship

*

Haiku (una notte sul fiume 5)

Di ninfa canto

 

ipnotica melodia

 

opalescenza

*

Iridea

Fuori bolla la coppola sul cranio

incollata per un nulla ai capelli crespi

che basterebbe meno d'una scoppola

a vederla volare trottola vorticante

subdola... Ma che c'entra Capo Verde?

Di quelle isole immagino spiagge nere.

Vulcaniche, onde ne stringono al collo le coste

di morna strangolandole con saudade

E'qui ch'è nata Iris: indolenza nel passo

sulla sabbia scura luna luccicante ebano.

Iris che affonda il coltello nella pancia

nuda e cruda del pensionato; che volesse lui

stuprarla, lei lo ha sostenuto; Iris che rigira

gli spaghetti in padella, nel salto

rovesciandoli per terra, che così i vermi

ci si ingrassano. Poi avrà anche pianto.

Di certo rideva, intanto che bruciava la cipolla.

Pure che bevesse lo dicevano. Io so solo

che questa è la prima sera: l'autunno

nelle orecchie ronza trapanando

con strazi e balbuzie fino al cervello.

Senza requie gli acuti assillanti risucchiano

che ci pensi a Capo Verde, al sole, al ritmo lento

del vivere e ad Iris che galleggia vittima

improvvida assassina inebetita

che persino la morte rallenta

dietro le sbarre.

 

 

*

Haiku (Una notte sul fiume 4)

Tralci di vite

 

aggrovigliate membra

 

fatua la riva

*

Quando il cielo era il cielo

Il massimo era andarsene per muschio

in giro per boschi e colline quelle mattine

in cui il cielo era il cielo

ed il sole il sole: rispetto alla Terra, ognuno

si tracciava il suo confine netto;

noi ci giocavamo spensierati.

... E di strade e persone era solcato mondo:

arancia incisa con piedi dalle orme taglienti

sbuccianti paesaggi determinanti differenze

conferenze, raggi e diametri fuor d'ogni apparenza.

Il coraggio era sposo dell'incoscienza

entrambi convolavano per potere esistere

ancora: un sussulto nel rigirarsi di pianeti

... che se ne vede il rosso tuttora accecante

di quella ruggine da muschio

persino dai polsi della notte

schizzarne sangue

sugli occhi.

 

03/01/2017 woodenship

 

 

 

*

Haiku (una notte sul fiume 3)

Scia di lucciole

 

oscurità s'accende

 

a velo scorre

*

Siepi di nuvole

Temperato contegno

ha quest'inverno

dallo sterno privo

del gelo abituale

e dalle costole di

marcite non più

salde sbarre

di cassa toracica.

Nel polmone di campo

le sementi perplesse

germogli hanno nei

bronchi, già pronte

alla messe, sono

cognizione avvolgente:

che già subissi, onda

d'intemerata fantasia

rimuginando, palmo

a palmo traspirando

moltitudine verde

senz'altro confine

che siepi, grovigli

di nuvole incolte

promesse.

 

11/03/2017 woodenship

*

Haiku(Una notte sul fiume 2)

Frusciar di giunchi

 

trasfigura la quiete

 

nota che sfuma

 

 

 

*

Inquisendo l’8 marzo

Scarti discerni dai toni scarni

lai di frati incappucciati nei

sai, incatenati nella cripta custodia

da secoli d'un torto, al femminino

furto di grazia. D'ossa svuotate

nei chiostri risuona cauto dai teschi

asterischi bruni minaccianti il visibile

nell'impossibile d'una domanda:

"Ce  l'avresti mai visto, Nostro Signore

di questo rigoglìo di fede

simile degrado?"

... Ossessiva demanda all'eco

che nell'edicole affonda stupore

ricercandone traccia

dell'orrore: orgoglio che fu

inquisendo

 

04/03/2017 woodenship

*

Big bang

Fu bocca che si spalancò al rutto

il big bang: sconfinamento fuori dai denti

d'una poesia/ porta aprentesi logaritmica

dalla metrica caotica materia oscura

strofe di passaggio da inerte a vitale

stanza poetica/ sfintere dilatantesi

flatulenza/ Lirica astrale dalle viscere

uscente dalla quiete di nebulosa

non più satolla ma desta alla necessità

del salto: dall'oscuro

connettendoci vita a stillare

conoscenza; per poi diluirci intelligenza

al fine di instillare consapevolezza

che si è umani perchè si ha estro

energia per la riproduzione estetica

dimensione etica fantastica informa

universi conformandoli in versi.

 

25/02/2017 woodenship

*

Haiku(Una notte sul fiume 1)

Ansa selvaggia

 

notte fonda disseta

 

trepidi sorsi

*

Vanescendo silenzia

Quando poi, fuori, così caldo è il sole

ci si può anche credere che perduri l'estate

fulgore mattutino d'orgoglio pulviscolare

che c'è un bel tepore in sala d'attesa

tra sedie e numeri a contarcela

alla volta rifacendo gli stucchi in lattosio.

Ma non appena chiamati

allo sportello a render conto

no che non si può più ignorarlo

che poggi giallognola una fogliolina

sul nero della borsa guarnizione

linguina più fredda che l'aria affilata

finitaci chissà come tra le dita

rigirata meraviglia tra i presenti

figlia d'un ciclo che non lascia scampo:

smunta di clorofilla esangue

vanescendo silenzia.

 

18/02/2017 woodenship

 

*

Haiku (Una notte sul fiume)

Stupito sguardo

 

prua scivola silente

 

fender di bruma

*

Senza più rimorsi

Danza immobile si fa dalle stelle

con sferze di cera la pelle arrossando:

brucianti d'amore strusciano

spasmodiche lambendo in sospiri

strianti, travestimenti e fiammelle

sangue d'accesso in valzer di corpi

sospensioni tremule nel vento solare

... e senza più peso

eppure vanno lontano

allontanantisi

lo stesso danzando

 

20/10/2011 woodenship

 

*

Sarà

E' un pretesto la poesia, mi dico

e te lo dico: una volta tanto vorrei fosse chiaro

così da poterla mettere da parte

con espedienti ed artifici

in modo da riuscire sincero del tutto.

Sarà che a bruciarmi sono i palmi delle mani

con i polpastrelli che li sento cerini accesi;

sarà che le piante dei piedi brucino anch'esse

come da passaggio su carboni ardenti;

sarà l'ipocrisia che passeggia sfrontata

a braccetto col cinismo compiacente; sarà

la goliardia del cazzeggio: sfarzo

d'un selfie prima dello schianto

... Ma io mi sento un po' lucertola

assuefatta al silenzio sul muro

di sale il profilo esitante sul filo

tra luce ed ombra

da dimenticare

 

11/07/2016

 

*

Coda in gola

Cosa mi instilla in cuore paura

scollinando ultimo raggio di sole

che ci sto sulla scaletta poggiata al fienile

preda di umori svaporanti?

I richiami vicini lo dicono

delle bestie rientrate

delle fatiche spese

del sudore raffreddatosi sotto le ascelle

e intorno al collo, fin giù per la schiena

le membra afflosciando.

Ma essi non dicono del buio

perchè debba inquietare peggio

che nella lotta, il fuoco, tra formiche rosse

e scorpione: scadenza imposta;

non dicono se, a sottoporre a tale prova

siano mani fanciulle incuranti

intente all'innocenza d'un passatempo.

Perchè mi piacerebbe saperlo, scrivo

perchè mi sento spesso di morire.

Allora cerco di sgattaiolare fino al tetto

nello scadermi di fronte e di terga

d'ultimi baluginii che ci sto già sulla scaletta

rapito dalle svisate di pipistrelli

badando bene di disorientare la morte.

Perchè dicono di lei che senta la puzza

di chi ha paura.

E chi ha paura, per lei, è già morto.

Dunque mi sforzo di raccontare un lemma

punta di un iceberg linguistico

infestonato di luci, allontanantesi lemme

lemme, incastonato di boria

algido come si conviene, così candido

quasi un pupazzo di neve

terribile nei sogni nel cozzare di parti

sommerse e mai espresse, se non capovolte

di senso: urticanti prese di coscienza

negli urti

... e mi pare d'aver detto tutto

anche del pur minimo desiderio

del suo squassare il petto con colpi di tosse

in quel vuoto opprimente

alienante come uno strisciare di coda

in gola

paura.

 

28/01/2017 woodenship

*

Sopravvivere

... ricordo dei tuffi il fragore

gli spruzzi/ il timore nei tuoi occhi

che più a galla non tornassimo vivi

se non privi del sentimento

 

30/ 11/ 2013 woodenship

*

Come zucchero di canna

"Ma all'inferno!" Sbottai.

Nel profluvio, che mi chiedevi

dove fossi stato: veloce

la lancia scorreva. Il pescatore

squarciava le prede, al vento

gettando le viscere. E la gara

tra rondini marine, gabbiani

ed albatros, esplodeva selvaggia

di picchiate e cabrate: feroce

sopravvivenza all'inferno.

A mezz'aria, a pelo d'acqua

con l'avanzare dell'urlo

dal ventre al cervello

così da dilungarti orgasmo

ruotavo costante di fianchi

così da arrivare a te

lento rimbombo dagli scogli

così che tu mi vedessi

come zucchero di canna

diluirmi nel caffè dei tuoi occhi

... Dove fossi stato

stavi chiedendomi

che dagli abissi risalivo

tra le tue gambe

umore d'agave.

 

19/09/2011 woodenship

*

L’inafferrabile

Con noncuranza e lubrica scienza

gettata su quel divano smossa e studiata

quello in similpelle bianca

s'addolciva delle mollezze di forme

del fluire morbido di ore natura morta:

modella mai vista se non in sogno.

Lei attrice di fiabe d'amore e sesso

di ciò che si muove non visto

e lacrime trasparenti di luna.

Lui cercava di fissarla su tela

nella mente insistendo nel farla propria

con mano scorrendone nudità

con pennello abbozzando profilo

psiche sfuggente dai colori e sfondo d'inverno

espressioni dileguantisi fumo dai camini

sentimenti retrattili in spine sui rami

... Alla fine sospese di frullare

guardando lei messa a nudo nivea

poi il ritratto

poi lo specchio

restando con braccio in aria, pensoso

come merlo sul manto perplesso e nero

dove stesse

non capendo ancora.

 

*

Chi resisterà al nuovo anno?***

... Bisognerà chiederlo a quelli di Gaza

o ad Aleppo, tra le mille opposte fazioni

magari anche nel Kurdistan siriano

nel Congo, in Etiopia, in Somalia...

E perchè no nelle Filippine o in Nigeria?

Nelle favelas forse è già primavera a Rio o San Paolo.

Ma ci sono primavere che sono già autunno

ed autunno ch'è festa colorata chimera

per Haiti dilavata o Kunduz assediata:

chi resiste all'autunno eritreo

solo l'inverno lo deciderà

coronando le salme con fiocchi di segale

cornuta sfarinatura di bombe per i resistenti

impolverati dall'autunno impallinati

dimenticati anche dal nuovo anno

a Ramallah.

 

***Spero che i tanti botti non vi abbiano spaventati. Tuttavia sono certo di averne dimenticati molti altri. In ogni caso credo che siano già sufficienti per festeggiare l'arrivo del nuovo anno con la consapevolezza che il mondo è sempre in guerra, nonostante la falsa certezza di molti, di poter vivere in pace quando tutto intorno è uno strepitare di armi e di lamenti, di fuggitivi, di morti e di feriti...

Per quanto mi riguarda vi abbraccio tutti augurandovi il meglio per l'anno a venire, affinchè possano vedersi realizzati i sogni di tutti e la pace per ognuno......

 

*

Natale sotto un giornale***

Dove lo fai se non hai dove farlo

certe volte che te le senti dolere

e ci stai male se non lo fai, animale

colare livido sperma come la cera

calda dalle sfoglie di pelle. Nesso

lacera, che per un coito non si abbia luogo altro

nè rogo su cui immolarsi, se non in piazza

ai piedi dell'edicola non paghi di sesso

percepiti amanti

tra aiuola e ferro concependo

strato su strato ruotando i fianchi

scatola l'amore racchiude le spinte

scatola di cartone anonimo:

vela ansima, silenzia gemiti

il palpitare delle giugulari celando alla vista.

Scarabocchi i corpi ingarbugliati agli occhi

che li smembrano dipanando il buio dai ventri.

Convinti d'aver visto

e magari non è stato.

Ora che la miseria non s'è spenta

che la voglia s'è appassita

che il borbottio di pancia lo dice dando peso

all'allontanarsi nella notte

percepiti per come s'è stati concepiti:

figlio cadente foglio

creatura di cartone.

 

22/12/2016 woodenship

 

***L'ho scritta che non era ancora Natale, anzi si era d'estate. Ma, non appena finito e deposta la penna, mi sono chiesto se non poteva rappresentare un Natale diverso. Un Natale sul quale potere riflettere da un'angolatura differente dal solito. 

 

In ogni caso, è da questo luogo"altro" che voglio ringraziarvi tutti, miei carissimi amici. E, ringraziandovi, farvi i miei più sentiti e sinceri auguri per le festività a venire, affinchè possano esservi ricolme d'affetto e serenità

 

Un carissimo saluto scoppiettante di stima.

 

...................W...........

 

 

 

*

Dicembr_algia

Festa di solstizio

il dì è più breve

qua si ricomincia:

come la caccia

abolire addobbi

balenii di luminarie

vetrine fugaci

spari

giorni crudeli...

 

11/12/2013 woodenship

*

D’onde

... a sera, nessuna manca

e gioisco una volta di più che vengano

onde a salutarmi risaccando bianche di spume

con svolazzi di gabbiani

echeggianti delle sirene il canto

(mai l'avessi chiamate a riva

anch'esse: m'illudono ancora

sebbene langua spiaggiato)

... e ci sono proprio tutte: onde

che mi impaurivano perchè sconosciute

a me che non sapevo nuotare;

quelle dell'oceano che sfidai

non appena fattomi più esperto;

quelle che mi lappavano con sabbia

e ghiaie incestuose, viscide di risucchi

lambenti con alghe voluttuose, fautrici

delle derive di relitti di passioni esotiche

 

psichedelia d'impatto straniante: adesso

che tutto mi scorre incontro moto

ondulatorio ch'è l'ora

di dormire

 

16/10/2016 woodenship

 

*

Se hai fretta

... qua pigre si sciolgono le ossa

sbiancando come calici di giglio

ma tu vai oltre il vuoto

oltre ogni possibile vuoto

se hai fretta

io oramai un tavolo non ce l'avrò più

almeno fino a domani sera

non potrò colorarti come vorrei

allora lasciamelo dire: notevoli le chiappe

di vergine callipigia adagiate sulla sedia

come le cosce tornite accavallate sode

che fan pensare che non siano d'un viso

ch'è così di bimba quel viso

testolina dai capelli raccolti in coda di cavallo 

qualcosa vorrei dirtela perchè mi piaci

pure se suonerebbe banale

già che ti stanno sulle guancia

le mie dita sfiorandoti quanto sei bella

chè sei giovane ci vorrebbe essere immortali

o forse solo indistruttibili e così sfidare lo spazio 

una volta fuori dall'atmosfera e viaggianti nel tempo

si potrebbe sognare di Marte

ma come resistere ai suoi vanti

se la più soffice delle brezze terrestri già mi atterra?

Dovrei possedere la tua costanza

nell'apporre un prezzo ad ogni cosa

anche a questo viaggio su Marte

del costo di una carezza mi dici

a giro per i canali

passando per l'interno delle tue gambe

fino alla frattura composta

epicentro fremente d'orgasmi tellurici

di te marziana dai piccoli seni puntuti

tuo è l'odore delle polveri rosse

dei mari consunti tra purpuree costole

dolce mi è galleggiarci in quel punto

erogeno tra cielo e mare ramato

ive s'immerge talvolta anche il sole

rilasciando ultimo scampolo di bagliore

fuggevole miagolio dal balenio ingannevole

di felino schizzante su pattini d'argento

incontro alle lune marziane

seguilo se vuoi che t'appartiene

senza fermarti oltre la china vai dritto

del gatto di stelle seguendo la coda

ondeggia invitante

ma tu non incurvare già le spalle

non cedere già all'affanno

che tanto non lo raggiungi

e che per morire c'è tempo

non fermarti allora se hai fretta

 

11/11/2016 woodenship

 

*

Haiku

Roteano in aria

 

fantastiche planano

 

note di vento

*

Ceppi stellanti

Tosto insceno la notte ed imposto la voce:

"Di certo non tu

che ti dici riccio..."

Affumicato canticchio che rigiro castagne

annuncuando un cambio:"Braci

per il tuo corpo appetibile

polpa da sfarinare sul palato.

L'anima già la bevo dagli occhi

incandescente brusta fumante crosta."

Perciò ti chiedo

chi resista al pungere dei tuoi aculei

nel ventre molle dell'Ippocampo.

Non lasciare che sia il primo gelo

a dirmelo, tra colpi di tosse, traspirando

vapori dalla bocca, pur io ansante

faccia al cielo, rinsecchita buccia

tarlata di vermi lunari

tosto che s'inscena la notte: onde radianti

nell'universo quantico, si è e non si è

allo stesso tempo e in ogni luogo;

non il destino

e nemmeno la fede o il caos ci guidano

bensì l'apparire-scomparire nostro

prima e dopo le curve spazio-temporali

che più non ci si vede ma ci si sente

presenza: respiro cosmico delle galassie.

Così insceno la notte con braci

impostando la voce:"Di certo

non tu, disillusa, che ti dici riccio

all'abbraccio resterai chiusa:

carne universale ti aprirai

fragranza"

... Intanto rigiro castagne

sogno non-sogno

intrecciantisi membra

scoppiettanti ceppi stellanti.

 

 

27/11/2016 woodenship

 

 

*

Coscenziosa

Della coscienza si noti

quando in silenzio s'acquatta:

sul viso è come si disegnasse gioco d'ombre

di foglie d'acanto incrinate da crepe

deturpanti gote cerulee, non in gran salute.

Esse sono opera di un demone

le ha dipinte in gran segreto

sulla tela che dovremmo guardare

di tanto in tanto: gente distratta

rollata di qua e di là

... Fosse anche al rantolo

prima di assolverci umanamente.

 

17/02/2011 woodenship

*

Una lunga estate di s.Martino

... ha posato cappello la notte

sui marmi ha deposto velo di brina

opali di luna sulle ciglia dei colli

impatta all'occhio filo di fumo

errabondo

 

... c'è qualcuno nel bosco

il bagliore è d'un bivacco...

 

folletti novembrini

riluttanti al letargo

frammentano faville di storie

 

08/11/2015 woodenship

 

 

*

Dimmi

Già che t'argenti ricciolo di spuma, dimmi:

ti ho mai parlato degli sbuffi di fumo

delle boccate aspirate senza fretta

dalla sigaretta poi rese pensose al cielo

e del mio volarci appresso?

 

Così lontano vanno a spinta di polmoni

modellati in cerchi dalle labbra.

Una volta espulsi, ectoplasmi li dico:

estromesse entità dal fuoco di me

 

d'inseguirle mi vanto pur se irreali

profonde di viluppi intangibili

avvincono lo sguardo con sofismi incerti

riflessioni concentriche impaginate

di notturno le amo.

 

Perchè mi piacerebbe tanto te ne parlo

a che tu provassi a sfogliarle aneliti d'ansimi

composizioni dai miei quaderni d'amore.

Perciò ti prego: spogliale

un sospiro dopo l'altro

 

le volute scorrendone strato a strato.

Sarà allettante come intrecciare serti d'alloro

con folate di desiderio che infiorino foglie

nei diari arborei incollando pagine fumose

dissolutezze tra cipressi e querce

 

... Non te ne parlassi

tra una boccata e l'altra

che ti ho tra le braccia rannicchiata

tra querce e cipressi verrebbe meno

dell'abbandono

l'irrinunciabile fascino.

06/11/2016 woodenship

 

*

Ceneri di novembre

Cerco sempre di essere retto

di rispondere acuto e mai piatto

così da riflettere convesso nel concavo

luce di lenti non deformanti:

convergere è il vero problema

a divergere c'è sempre tempo

il tempo di un valzer

volteggiare di polveri reclamate dagli angoli

di cratere in cratere ballerine

le rimugino nell'aria viaggiatrici

ceneri nembi di magma

piccole cose di me ceneri sparse.

 

Ci sono angoli ed angoli di terra

alcuni trincerati e spinati

minati/ altri in pace tra loculi e muri

assolati o all'ombra angoli di cimitero

pretese resurrezioni permangono in essi

adiacenze di casse toraciche in vasi

inconsce spoglie comunicanti immaginario

terra sul palato e sotto terra i piedi 

affondati all'umido o al secco

nel fegato le ragioni dell'angolatura

direttrice per conosciuta via

a stretto giro rigiro vizioso

sarà per questo che non vado più al cimitero

 

Ci sono spigoli di marmi ed angoli ottusi di terra

al cimitero promettono silenzi di pancia

acquietarsi di affanni licenziosi

ma io non vado più al cimitero

 

27/11/2014 woodenship

*

... sarebbe come se

... schiocchi dalle vele strattonate brusche

dal vento sibilante tra gomene e sartie:

beccheggi e scricchiolii dal ponte

potrebbero dirti molto di me;

 

che anche potrei abitare un libro

come pure un audiodramma...

e fosse tua la scelta in che punto aprirlo

o in quale momento ascoltarlo...

 

... sarebbe come se, dalle pagine

rampini ne schizzassero fuori

e le parole scritte

corsare, venissero all'abbordaggio

 

sarebbe come se, l'ascolto di esse

favorisse l'incontrarci personaggi

di favola tra i meandri dell'udito:

 

converresti, allora, che mai lettura

mai udita avventura, ben scandita

dizione tra rollii e spruzzi

 

potrebbe sortire effetti di carezze

di brezza più ipnoticamente suadenti...

 

tua la scelta

 

30/10/2016 woodenship

 

 

 

 

*

N’goro n’goro

... bisognerebbe dirlo

non solo delle barricate,

ma anche dei barbecue. Esibiti

in video belli fumanti e friggenti

di carni stuzzicanti: in faccia

che si fa festa e rivolta

che anche questa è spocchia fiera

in faccia a chi da tempo non ne odorava

di così buone, umane

e miserabili.

 

*

In fondo

prima che in fondo

fremiti d'aria si è

che non si muore mai

almeno fino ad un istante prima

che ci si fermi in fondo ai pensieri

(sussurro di tenerezza sfumata)

ma sempre vivi nel gesto

a carpire segreti

nei sorrisi

planando su labbra di sabbia

in cima alle emozioni

sul vetro della finestra sul mare

condensa si è di vapore sostanza

mai estranei di natura

giacchè alla natura non si è estranei:

... ali sfuggite di gola siamo

sul vetro della finestra dei giorni

mai estranei alla vita dovremmo sentirci

poichè non si è estranei alla vita

condensa d'alito consistenza

in cima alle emozioni

almeno fino ad un rantolo prima

di restare in fondo ai pensieri:

... così tu che plani sulle mie labbra

nel sorriso

a carpirmi soffio vibrando crisalide

sempre viva nel gesto mi sei

tu

fino ad un attimo prima

quando ti ho fermata

prima che mi restassi in fondo ai pensieri

che così non si muore mai

neppure in sogno

fremito

mai a spegnersi

in fondo

 

04/07/2016 woodenship

*

Usati e gettati

Svolazza leggero, anima di carta

giocando a prendersi con un bicchiere

ruzzolante plastica scalciata; pare

il tovagliolo un gabbiano nel gran mare

piazza realmente virtuale procellosa

col bicchiere bramoso di berselo d'un fiato.

Fredda l'aria s'arresta tra i denti

a catturare gemiti fantasma, stretti

circoscritti allo scenario di rapporti

inscenati, ispirati e stampati

ascritti da una raffica agli schermi

mugolanti faville vaghe

chè nel giro d'orizzonte si socializza

pazzia. Viralità d'un fantasma

gli occhi buca, infilzando spiedini

di neuroni alle orecchie: "Vorresti/

Vuoi/ Stai girando un video?

/ Bravo/ Bene/ Fallo che mi si faccia

un sarcofago virtuale: malevola l'orazione

l'erezione/ l'interpunzione/

che ci si stracci di pelle spogliati

quelò tanto da morirne: senza circonvenzione

d'incapace: l'ordalia sugli accendini

accesi dei social: che si fa come al concerto:

euforica star: rabbia a dilatarti il sesso: eccita:

: Sì: porca per me: per te: per gli altri: per tutti:

... Per sempre?... Comunica che ci sono ora:

poi non più: una volta bevuta".

Strania che un fazzolettino bianco di carta

si rincorra con un bicchiere di plastica

nella solitudine della piazza girando

in tondo realmente solitari. Il bicchiere

stride trasparente, strusciando rumoroso

la gioia stupida per il gioco feroce.

Il foglietto prende il volo elegante

annichilente la filata

il bicchiere lasciando in bonaccia

inchiodato ad un fermoiimagine.

 

9/10/2016 woodenship

*

Prima che sia sera

Oggi c'erano stracci di sole

aleggianti veli laceri di nebbia.

 

Ma era strano l'umore

come di chi vede l'anno già sfumare

eppure era solo il giorno

a digradare verso sera...

 

Ora ch'è fonda

quasi notte

qualcosa carezza e sfugge.

*

Ti addento

... ti addento, sai

che sai di mela

i tuoi glutei sanno di mela

già che ti atteggi prona

flessa al piacere fruttante

il succo dall'esserti sciolta

me ne viene per le dita

che ti lecco che ci si aggroviglia

e mi lecchi colla al collo

come francobollo appiccicandomi al petto

perchè mi vorresti con te anche domani

domani... (anch'io ti vorrei sempre)

senz'altro per le mani

spogliato di lingua e di bocca

tra i tuoi seni imbustato

non imbucato ma tra le tue mani

pendente come un peccato

di quell'inclinazione perversa

che ci faccia rollare raggianti

dall'ansimare mimetizzati

 

irreprensibile delirio

che ti morda che sai di mela

che la tua pelle sappia di mela

peccaminosa

 

25/09/2016 woodenship

*

Ottobre

D'acqua piovana i ristagni

slarghi di cielo 

per rigiri viziosi in terra

mani affondate nelle tasche

formicolii agli arti

punture di ricci alle dita

che ci si gira attorno

il cuore stretto in pugno

oggi

ch'è autunno da un pezzo

e ancora gremiti di foglie i rami

 

28/10/2013

 

*

Il perchè del brutto anatroccolo

trovarla, seppure enfia vescia

una ragione purchessia

nello stagno le rane l'aspettano

interrogandosi dell'oca tronfia

del rutilare di virgole d'inciso

memento e patema nel pantano

chè, ora, vi si vorrebbe accedere al non-detto

con quel che gelosamente vi si intrattiene

di curva in parabola ascendente

ovvero significato fuor di misura

a motivo che s'impenni bizzarro non-detto

... è come farsi rapire dal mutismo

in barba all'autistico rimbrotto dell'airone

sfuggendo il significato reale di tanto saettare di sguardi

ma i batraci sanno che in tutto questo non c'è amore

solo tesoro di dinieghi, di non domande

 

i rospi non hanno obbligo di risposta

null'altro che smuovere frasche

con libellule a schizzare proclami

su e giù per terreno fradicio

 

La verità ultima è che ci siamo solo io e te, anima mia

nel canneto, foss'anche nella melma

che per nulla si lascia rovistare

noi, con egual costanza del saltafosso

elegante nel rivoltare sassi

e rapido nel far suo il verme

noi, così inclini a debordare

 

21/05/2012 woodenship

 

 

*

Amore di fine estate

... ch'è finita l'estate

fredde lo asplicano le stelle

in condensa alle labbra sfuggita

talvolta bianca e preziosa

cade a foglia percezione di pelle

sfumata di spezie essenza

rilucente presenza in stilla di resina

sei tu incontenibile fiorescenza su raso

scaturente non più prigioniera dell'ambra

ora viva e palpitante

tu che dall'ambra fuoriesci scompenso

tu che di tenebra mi assali

(di tra il fogliame) che miri la gola

più accendi visioni

canini alla gola più arroventi l'orgasmo

graffio alla tela stellata

universo basso addensato nell'urlo

grido scrosciante di vetri

bottiglia in frantumi la fine

 

23/10/2014 woodenship

*

Eos che di verde si fa marcia

... più fluido lo scorrere da mente a mano

da lì al quaderno: nero su bianco, lo sento

come ti arrivassi volando sguardo marino

atterrandoti onda d'ebrezza

pronto a fondermi al tuo tocco di seta

 

in gara con i fiori ad appagarti sgargiante:

al vento che domanda

fruscii rispondono

ovattati dalla notte calda

forse che evochi flutti dorati d'aurora

il prossimo ammutolirsi delle ombre?

 

Naturale ed eccitante attrarti freschezza

cercandoti in ogni riverbero.

E'più che un desiderio ritrovarti Eos

carezza dalla più fievole delle luci

d'un tuo sorriso di rugiada

 

chè c'è verde per ogni dove

come pozza marcia è di verde il mondo

colando dalla pupilla

fino in fondo al cervello

lì dove è ancor più rovente

e più decomposto il verde stagnante

 

... calura d'un giorno in più a venire

mi aspetto

aspettandoti refrigerio.

 

04/09/2016 woodenship

 

*

Settembre

Pagliuzze dorate

ramate di pampini

sminuzzi d'azzurro

di tra le verzure alte

confusi sfilacci di risulta

dai campi mietuti

pulviscolo bisunto alone

occhio non più limpido del sole

ora reso polveroso d'afa

velo

impalpabile

di settembre

25/09/2013 woodenship

*

Eppure trema

... chè ci pare asservita sempre più spesso

tanto ch'è la Terra stessa

a dovercelo ricordare d'essere viva

quando con tremiti e boati

abbracciando con macerie

pone al vaglio anime in sonno

per noi senza risveglio

 

26/08/2016 woodenship

*

Infine evapora

Andremo

dove avremo da andare

ora appannati

ora lustri

in grande spolvero di brillanti

 

... come pioggia sull'asfalto

prima punteggia

poi lucida

infine evapora

 

16/11/ 2015 woodenship

*

Avara

Rara non tanto

una notte così avara

che nemmeno dona pegno

d'un sogno la promessa

 

Solo nei movimenti d'un gatto

centellina emozioni

di soppiatto col vento

che va e che viene

 

 

03/ 08/ 2015 woodenship

*

Discendenze VI

(Innata la violenza)

...dei miasmi dei corpi soluti

all'aguzzino poco importa:

"tra le mangrovie restino i fantasmi

sul confine tra terra e mare"sembra dire

tra uno sforar di bisturi ed un tocco d'eletrodo.

Accanto a sè ha la vittima

l'aguzzino la tortura con sapienza

(quasi amore si direbbe)

alle volte, il polso tastando, esamina l'occhio

e se sta per mancare sosta

col moribondo tirando il fiato.

Poi riprende.

Macabra la costanza nei secoli:

sadico e meschino

si direbbe amore che divori con odio.

Orde vedono la luce dei roghi feroci divampare

dopo aver ferito e stuprato

per poi perire a loro volta.

Ma l'aguzzino dell'incubo

che sulle nevi rosse scia glaciale

alla fine se ne torna dalla sposa quieta

e, dopo un bacio al figlio della notte

a tal punto si disperde nella vastità del nulla

che par che dorma il sonno atavico del giusto

25/08/2010 woodenship

 

 

*

Discendenze V (dal mito alla storia)

Scrosci da un raccontare incantato*

 

Siedi ch'è tardi/stanche le gambe

che l'aria gela. Ad un po' di calore pensi

che ti sovviene l'inferno: il diavolo ne sbuca serio,

Parlando piano e costante, di Creso e di Mida ti dice

dice di Colei che scroscia, dice che piove

ch'è logica fragile volerla imbrigliata:

quando di Colei è tempo

che nel greto si enfi fiumana

assassina furente

libera di tracimare esondi... Facendosi madre

al diluvio corrispondendole saetta

che già squarci il sudario nel buio/ atterrendo

sul petto umano acquattandosi, Ella impudica/ illividendo

chè della vittima è ultimo il rantolo/ illuminando

rilasciando fiele dai seni di torba/ lampi da tregenda

al suo cospetto risalti il pallore/ nell'orrore svelando

l'inganno: già che gli angeli sono mortali

/ sono deperibili gli angeli.../

E vecchio il diavolo, di Erodoto indossa il chitone

ti si avvicina tutto vestito di bianco

che la notte è fresca ti dice

Della testa di Ciro il grande affogata nel sangue sussurra

dice dell'artigiano imbalsamatore di Luxor

dell'anima ti dice

dice degli angeli che presto s'appannano

poi che degradando restano ossa

segnando della vita il confine:

a tanto dalla culla ancora lì

saranno; alla struscia del vento

assoli di fischi e brusii

canzone nel vuoto tra costole

pettinatura d'erbe e fiori di campo.

Della dipartita tutto il cordoglio

della solitudine non allevia l'orgiastica

vicenda umana: è l'enigma/ falso enigma l'anima

riproposto sempre nuovo/ opera del mercante di Tuscia

che pare sentirlo estenuante/ etrusco vagabondo solitario

incessante prorompere dal rigore/ esule per le steppe di Scitia

irrevocabile di morte/ artista di atomi e molecole in angeli.

Se un'anima in corpo c'è/ plagio ha da essere l'anima

dove possa o in che riparo irrompa/ già nel riverbero risalta

o se mai dalla carcassa se ne sia/ spettro dell'astro che fu

distaccata, convolando inconscia/ stella riducibile

sull'onda cullata via dalla melodia/ luccichio labile

Oltre Aldebaran e più lontano/ arrivata in vena è Colei ch'è d'Acqua

oltre l'ultima galassia/ che già muta geografia astrale

in comunione arcana di energie/ con dita di ghiaccio fruga

celesti e misteriose motrici astrali/ annacqua sino al midollo...

Rimuovendo: dice del sogno/ dice del mito/ dice della ragione

sul confine tra sogno e follia t'inganna che pensi

che credi che ti stia parlando

ma è solo senescenza

malattia che fa latrare alla notte

arringando le ombre

 

*Dedicata ad Erodoto

24/08/2010 woodenship

 

 

 

 

 

 

*

Discendenze (la parola)

Si apre funerea la palude, gorgoglio smorto

filtrando tra le foglie morte, guida

consapevolezza che non stagna

l'esistenza: filo contorto

inebria e illude, però mai immobile

pur non compresa nel senso mai langue

ne sa colei ch'è d'Acqua

e della favella possiede il canto

delle conchiglie all'orecchio il muggire dei marosi

lo sgorgare di fonte nelle gole tra monti

la sferza fischiante dai bacini travolti dalla pena...

E'così che possiamo dire di averlo fatto nostro

il suo linguaggio di passione piena

come anche la paura che ci venga tolto.

Noi che temiamo di ammollarci nell'angoscia muta

ch'è condanna all'afasia: che, esplicare

soltanto adesso si possa, e mai più

e che rimanga indicibile, infine

l'atavico rimbombo per geni

vibrare del messaggio dallo sprofondo dei tempi

che la parola sia possibile e sufficiente

a noi viventi per condurci oltre le stelle

complessa materia onirica fino ed oltre

del chiarore il tormento e delle stesse il collasso.

 

23/08/2010 woodenship

*

Discendenze III

D'acqua in sangue e lacrime

 

... scorrendo frenetica nelle vene

Acqua

intride, pervade, invade

sangue

 

dando impulso alla genesi

per discendenza infame: sangue

torbido di passionali diluvi

sfascia, esondando nell'animo

recondito da dietro ogni volto

capillare e fondante d'un soma

della struttura dell'architrave

genetica dalle linee sinuose

in anse fluviali rilasciando pensiero

divelto annegato in effluvi

di sangue succo d'agave. Appreso ai rami

inebriante

ai tronchi

alle rocce appresso

tra gli umori nel bosco folto

rappresa traccia del desio dissolto

muschio vellutato residuo di contatto

vestigia

d'un essere dalle origini sconnesse

ardito, nel riproporsi cangiante

evolvendosi espressione di progresso

e sentimento liquido

umano: la lacrima

23/ 08/ 2010  woodenship

 

*

Discendenze II

Da allora Colei è sovrana: piove

scroscia, spreme, spiove

frangendo creste in nuovi deliri

brulichii depositantisi a battigia.

Sovrana e maestra d'ascia ne fa cantiere:

avvia/ brutale tronca/ addrizza/ pialla

alliscia... spettro, infine sovrintende

il battello varando di coralli:

veliero andante, la polena dilavando con procelle

il molo dei mondi di cristallo strisciando di morte

prima del mare fondo tra Scilla e Cariddi

ove l'enigma persiste: l'orrore

come si cattura di Colei, forse

con la grigia grafite nell'anima

il colore del sangue addensando?

Come resisterle

quando scrosciando piscia spore

da una matura vescia

strappando vermi alle salme

sfatte?...

 

Ci manca l'equilibrio sul ponte

da tempo immemore

tanto che, umida, ci fa lacrimare

tempesta.

 

23/ 08/ 2010 woodenship

 

 

*

Discendenze

Della quiete, passo a passo

la narcosi si rese evidente: delle polveri sospese

la noia e l'impellenza che scrollasse dalla stasi

nelle molecole instillando il moto verso una stella

forma volta a crear sostanza.

Chissà quante volte di quell'equilibrio precario

e quante volte la matematica della casualità

l'aveva rotto

nelle nebulose provocando la favilla

sprigionando il fuoco della fissione:

nevrosi ed amori nacquero

assieme ad esse la gelosia.

Al fuoco alla terra ed all'aria

l'acqua s'aggiunse.

All'inizio come pioggia che pigola

poi in vapore sfrigola.

Infine come Colei che d'acqua si fece

e negli abissi generò la vita

... favilla anch'essa.

 

23/08/2010 woodenship

 

 

*

Taeste

Setate le ore canicolari

 

tediose scorrono esatte

 

irreali saette indolenti

 

che neppure ghiribizzi d'esteta

 

anagrammando l'estate faceti

 

ne movimentano attese nell'aria.

 

 

19/06/2014 woodenship

*

Un punto e nulla più

Un discorso mai iniziato

per questo mai finito

a maggior ragione anelito reciso

rimasto solo un neo

un'efelide introduttiva

 

... realtà puntillista

il tuo viso già scarno

un punto e nulla più.

 

18/11/2011 woodenship

*

Volti asimmetrici per una sola maschera

Il bacio che rimorde sa di gesso

spiove di rosso sulle labbra

sterzando nel buio. E' mistero

di chi sia: il Potere ha tanti volti

ma solo una maschera, rigida, ossessiva.

E'folle e non solo apparenza;

la freccia di luce che sprigiona dagli occhi

abbagliando, ammalia effimera

mentre, avviluppando di corde, assassina

il coltello d'osso rituale affondando alla schiena

così da fare della vittima un arlecchino

colori melma di fosso

con indosso il vecchio costume

dalle nuove macchie di sangue

petrolio e fango

all'occasione pronto suicida

 

11/03/2011 woodenship

 

*

Il pesco dai fiori negati

Sensuale risuonare ritmico/ i tuoi passi intorno al sole

corsa tra i rami fitti col fiato grosso del pesco in festa

l'albero tuo cuore atomico gemello astrale

all'unisono vibrava con gemme e boccioli allo sguardo

 

Studioso io del tuo essere unica

forma di vita nello spazio

ora svanita

come un canto dell'estate alle prime foglie cadenti

 

Ma so che ancora esso splende

so che il tuo sorriso tuttavia illumina:

è rimasto caldo, seppure lontano

invisibile per tutto l'inverno

 

stagione lunga d'assenza

delimitante vuoto ch'è ancor tale.

Pallore che si dilata freddo

è il tuo pesco a negarmi ora

 

la vita: lo sbocciare di tra le stoffe

della tua pelle ai baci di vento

sfrangiarsi di vampe

dal raggiare di corona solare

 

30/04/2012 woodenship

*

In fondo

prima che in fondo

fremiti d'aria si è

che non si muore mai

almeno fino ad un istante prima

che ci si fermi in fondo ai pensieri

(sussurro di tenerezza sfumata)

ma sempre vivi nel gesto

a carpire segreti

nei sorrisi

planando su labbra di sabbia

in cima alle emozioni

sul vetro della finestra sul mare

condensa si è di vapore sostanza

mai estranei di natura

giacchè alla natura non si è estranei

ali sfuggite di gola siamo

sul vetro della finestra sui giorni

mai estranei alla vita dovremmo sentirci

poichè non si è estranei alla vita

condensa d'alito consistenza

in cima alle emozioni

almeno fino ad un rantolo prima

di restare in fondo ai pensieri

... così tu che plani ala sulle mie labbra

nel sorriso

a carpirmi soffio vibrando crisalide

sempre viva nel gesto mi sei

tu

fino ad un attimo prima

quando ti ho fermata

prima che mi restassi in fondo ai pensieri

che così non si muore mai

neppure in sogno

fremito

mai a spegnersi

in fondo

 

03/07/2016 woodenship

 

*

Disgelo ed ombre

Alla mensa imbandita di bianco

su porcellane scheggiate è la cena

nella radura delle bacche turchesi

d'ombre di pioppi è il cerchio

magici di plenilunio i raggi.

 

Serve il genio silvestre:

son libagioni vivide

riversate in calici d'avorio

ribollono con stille di rugiada

e vapori d'insonnia febrile.

 

E'appena l'ora del desinare

che sibila il bricco con aroma

che nulla è sacro se non la cena

la nostra, amore che sbocci

 

al fiorir d'aconito

allo svaporar del genio

amore che rivivi d'orgoglio

tra una portata e l'altra

il venir meno delle ore di ghiaccio.

 

18/06/2012 woodenship

 

 

 

 

 

*

L’altra estate

Grandine di ghiaia scivola sotto i passi

declama dell'estate nuvole di tabacco profumate

scaturite dalle sagome prigioniere della penombra

sulle panchine sull'orlo dell'ignoto assise.

 

E'il crocchiare per i passi incerti di sconosciuti

ad arroventare i rossi bracieri

di sigarette interminabili

accelerando gli sbuffi delle attese

fumose d'ansia nell'aria inquieta:

è quel calcare la scena di passanti

promesse bianche di polvere

sfrigolanti di sassolini che s'allontanano

svanendo senza un gesto o una parola

a render molesto tra i vialetti

persino il gracidio e tra l'erba il frinire

 

Tutto sembra fermarsi

nel parco antico al calpestìo

persino l'annusare affamato

dei ratti giovani dai saltelli agili

pare arrestarsi al chiocciare in versi

della Divina e misera

assordante della solitudine

Commedia tragica.

 

18/07/2014 woodenship

*

Teaste

Il senno in tanta afa

è succo d'anguria che cola

dal mento alla gola fin sulle pere dei seni

semi da suggere i capezzoli

rosse le guance più che le nuvole

pure scarlatte dell'ultimo sole

laggiù

 

 

23/06/2014 woodenship

*

Plenilunio di luglio(3)

Brillante e liquorosa

incastonata nel giro d'orizzonte

scintilla di stelle nel nero corallo

 

all'anulare l'ammiro preziosa

sulle tue labbra assaggiandola

notturna passione

 

Melodia mi è 

 

dalla polifonia delle scosse

ghermite cime sfuggenti

 

Policromiche astratte

scriteriate ne volano foglie

 

sproloquiando avventate:

c'è Orlando sulla luna

'stanotte lo vedi

 

                        innamorato

 

 

14/07/2014 woodenship

 

 

*

Otello post moderno

Di rimbalzo

da spigolo a spigolo/ di testa geloso

alla follia

gradino dopo gradino/ di testa nell'ascesa...

 

L'innocenza dei tuoi occhi imploranti

vorrei espellere dal mio cuore: donna

dispersa sul talamo ti sospetto

avvinta tra le vesti non mie/ ossesso

in preda a false certezze soffoco ogni singulto

guardando il pubblico che s'attende

che amanti si muoia per tempo

dai diamanti dei sentimenti incantati e traditi

 

dall'amianto delle certezze avvelenati

 

... Rantolo tra un bus e l'altro

un convoglio ed una pedalata

 

sferragliare

giù per la torre centrale:

piazza post moderna l'arrivo

 

Forse è troppo chiederti comprensione

ipocrita spettatore maniacale

tu che silente mi sei d'intorno/ avaro d'applausi

vetrificato passante

t'apprende ratto riflesso sanguigno:

 

nel ridotto all'ammutolito orchestrale

spaziosi i prismi musicali a strumento

dalle note sovrapposte a moduli abitativi

per linee arrampicantisi slanciati

addobbi bilanciati in cielo

che la brezza l'abbraccia prore

solcare d'architettura spaziale

 

Sogno

arenato dallo strangolamento dell'innocente

Otello

 

alla base/ in dissolvenza

ne studio le luci di scena

pensiero piramidale sofisma

nell'ampiezza d'uno sguardo

vorrei contenerci il mondo:

l'appartiene l'apoteosi omicida...

 

Non mi resta che fare tre passi

e così attore presentarmi sul ciglio

sottostando a giudizio

 

20/11/2014 woodenship

 

 

 

*

La lettera gialla

Gialla di paglia sulla neve

testa che affiora tra le cannucce

sfilacciate e monche di granoturco

capelli intirizziti sul manto

saccheggiati e beccati dai corvi

 

teppaglia, frastaglia il corpo tra solchi

rimasugli di spaventapasseri:

il colletto sdrucito di giacca frustra

lontano a penzolare dall'acacia;

il cappellaccio poco più in là

 

a cavallo del cespuglio del vischio;

diversa ha preso il volo la camicia

fluttuando serica e frusciante

lacera. Arte povera stilizzata

è ciò che ha svelato del tronco

filiforme introverso e stento.

 

Fa buffo dire che fa inverno

odore di legna bruciata

della neve ghoacciata il sapore

un pupazzo di fiocchi con al collo un cencio

chiacchiericcio con occhi turchesi

delle nebbie il ratto del rivo alla vista.

 

E che non si dica degli sprazzi

dell'avvicendarsi degli spasmi di luce

delle identità curiose che sfidano il silenzio

con contese a sbalzi tra merli e fringuelli:

grame la temperie per nari di carote

smozzicate e pendule al raggio impietoso.

 

E'buffo che tu non sia con me

accanto al vecchi faggio ci sono sempre

la strada ci passa vicina ora asfaltata.

Tra sbarre d'ombra serro il bavero

dolorosi e a fasci m'inquisiscono i fari

 

che ne è di te sembrano chiedere

dei festoni, della slitta, dei cenoni...

Poi passano oltre, senza più nulla farsene

delle risposte tralasciate sull'asfalto

e tra i campi nel chiarore di neve.

 

20/ 12/ 2012 woodenship

 

 

 

*

Del mondo di fuori(4)

Non sempre c'è un motivo a che si scenda nell'ade

quando accade repentino

capita talvolta  che a rifulgere sia l'anello d'Anubi:

di rosso vespertino all'orizzonte si tinge il cielo

tra linea continua di nubi incombenti

e il monte sottostante cremagliera

è il sole pietra dai raggi sanguigna

concorrente a dar vita ad abbraccio di luce

a guisa di circolare squarcio vivo

 

Allora è che si scende sebbene ancor fanciulli

mentre il convoglio s'allontana silente

E se scodinzolando s'avvicina una guida

accogliendo benevola

è perchè soli non rimangano a scrutare

l'inferno immeritato oscuro

bimbe vaganti nel vuoto incolpevoli

 

Doveva arrivare la fine ineluttabile

ma l'anticipo rimane sempre indigesto

mostruoso come un terremoto

come un'onda anomala

o un assassino malato pedofilo

e schivo pur se pater familias

 

17/11/2011 woodenship

 

 

*

Della Vergine rossa e del conte del Castagno

Arrivare al cuore

sanguigno

pulsante

e non capirci nulla di tanta ostinazione:

un cane dallo sguardo maligno

rognoso e degenere

fauci d'assassino in itinere

una notte s'affaccia in camera dalla soglia

rimirando la donna

Vergine Rossa la mia donna

quella che non m'appartiene nè figlia mi è

ma tuttavia nel mio sangue è presente

dose massiccia d'alcaloide allucinogeno

Fisso rimase al cospetto della stanza spoglia

d'allora dandosi a mutare con febbre

ogni tremolare di ciglia o parola

con pazienza e costanza

si da rimodellare socialità e fibre

correndo con brivido d'occhio per tessuti

la linfa avvelenando a che non ci si ristorasse

... E pagine su pagine non bastano più

a dir della Vergine che le gambe più non la reggono

che più non è la visione ispecchiantesi di vitalità

nella pozza cristallina di ghiaccio vanitoso

A fronte di simile strazio

stillante perle dal languore torbido

il male seguita ad aggrumarsi incolore

e neppure da uno stuolo di suore l'embrione

d'una pietà riscuote una ragione rimandandola

in più al trauma di una luna sbranata

cangiante e sulla magione  sfumante

al Conte del Castagno

nel digradare della bruna menzione

dell'infierire insano nella notte

della bestia dall'incessante accanirsi

pur con quieto furore

 

20/01/2011 woodenship

*

Salomè

D'aromi speziati nell'aria frizza

flette e volteggia Salomè

aggraziata dai polsi ingioiellati

si flette e volteggia Salomè

nell'aria frizza d'aromi speziati

prima vera danza intorno al pozzo

da torcia a torcia e di ventre ruotando

al vento sventolando i veli/ da filo a filo

speziata d'aromi l'aria frizza

tra cuscini al vento sventolando i veli

 

Promessa turpe il primo d'amore

all'occhio agito con tinnar di monili

lieve dai boccioli scolpiti vola

Infantile la noncuranza del secondo a cadere

intanto che con il mondo ruota bacino

Cupio dissolvi il terzo in sguardi di vino

da torcia a torcia veli di fumo squarcia

Incestuoso il quarto già scopre più pelle

volteggia Salomè con le fiamme del braciere

Seduce il quinto vibrante d'abbozzi di seni

scambio d'un bacio per una testa

Color pastello rosso il sesto alimenta bramosie in volto

da torcia a torcia/ di calice in calice

Il settimo lo fa paonazzo il patrigno

sdegnoso l'urlo d'insanabile fanatismo ch'è morte

dal pozzo un fremito/ dal braciere scintille

inflessibile e visionario lo sguardo/ eppure non spento

del Battista vien deposta sul vassoio la testa

tenerezza oscena/ rigore estremo

trofeo sul piatto guarnito dell'argento d'ulivo

novello trapuntato su velo di nero sudario

Ottavo ed ultimo a calare ch'è notte vecchia

subìta aria che frizza d'aromi speziati/ guizza lama

che ancor lampeggia rossa affilata/ prima vera danza

passi accennati su lago di sangue

 

02/06/2014 woodenship

 

*

Parlando di fiorile

...che si cominci dalla fine

mai è un buon inizio

ma come dimenticare quel vestito

fiori di ciliegio in campo azzurro scollato?

Azzurra pure la spallina cadente

di nuvole la noncuranza del gesto

sapeva di fragole l'indolenza sensuale

parlando di Fiorile

calamita per petali di mandorlo

carezzevole pioggia vellutata

febbrile allora che si dicesse

tutto d'intorno ch'era aprile

che già la fine fosse nell'aria

catturata dalle labbra

resa con un soffio

bacio di mandorla amara

 

23/04/2014 woodenship

*

Qualcosa

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