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Raccolta di recensioni scritte da Maurizio Morelli
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Giuseppina Torregrossa - Romanzo - Mondadori

Il conto delle minne

 

La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti

J. Lennon

 

 

Conobbi lembi di Trinacria durante gli anni dell’Università quando la curiosità che è propria della giovinezza si univa ai corsi di letteratura italiana che il vecchio ordinamento imponeva obbligatori per le matricole come me, allora. L’amore per quest’isola nacque  “ascoltando” Verga, Pirandello e Sciascia. Da allora la Sicilia, i suoi colori, le sue maledette contraddizioni  hanno fatto parte di me tanto da spingermi a visitarla per lungo tempo durante le estati che mi hanno accompagnato dalla giovinezza alla maturità. Ora manco da qualche anno e cominciavo pian piano a scordarmi di Lei, dei suoi tratti. Per questo ringrazio Giuseppina Torregrossa. Perché “Il conto delle minne” mi ha fatto incontrare nuovamente la Sicilia, le sue bellezze ed i suoi tormenti. Romanzo di compenetrazioni ideali e carnali con, sullo sfondo, i colori, gli odori e la meravigliosa gente di questa terra. “Il conto delle minne” incarna quell’idea di Sicilia che è propria di chi è nato e ha vissuto e respirato la storia e “l’aria che tira da quelle parti” di cielo. Dicevamo terra di contraddizioni  perché nel racconto che è biografia fantasiosa  della famiglia Badalamenti sono presenti un distillato secolare di vera e propria cultura siciliana che convive  tra “sacro e profano”. La presenza eterea della “santuzza” Agata fa da cornice ad una storia al femminile, dove le protagoniste combattono la propria guerra per una “sopravvivenza in quanto tale”che è accettazione di identità e orgoglio in una terra soggiogata dall’elemento maschile “insensibile alla loro sensibilità”. Vi sono poi le vere protagoniste del romanzo della Torregrossa: le “minne” nella loro accezione dualistica: squisite cassatelle siciliane che animano la vita di più di un secolo della famiglia Badalamenti e rappresentano il simbolo del martirio di Sant’Agata, e l’elemento più rappresentativo e seducente dell’universo femminile: il seno. Le minne rappresentano la bontà sensuale, irresistibile per ogni “masculo” che si rispetti, ma sono la perfetta crasi ideale tra sesso e dolcezza, carne e maternità, passione ed amore. Le minne nutrono, saziano, patiscono e muovono gioie e tragedie familiari: sono il significato primordiale della superiorità femminile sull’uomo che non può sottrarsi ad esse. In questa duplice essenza scorre la vita delle protagoniste del racconto: la nonna Agata, custode dei ricordi familiari e della ricetta esclusiva delle “minne di sant’Agata”(e quindi custode di vita) e la dottoressa Agata Badalamenti, nipote di quest’ultima e narratore onnisciente del racconto. Il romanzo si “scioglie” parallelamente nelle vicende di queste due eroine a loro modo legate da una  fitta rete di “flashback familiari” e “nuove vite” fatte di amori e tormenti familiari, “andate e ritorni violenti”, che sono poi il percorso di ognuno di noi. Il tutto ambientato in una Palermo che è stata prima vissuta e poi descritta dalla Torregrossa, capace di incantare il lettore attraverso “paesaggi dipinti con le parole” per poi condurlo nei meandri più bui dell’animo umano, fatto di violenze e dolore. Tutto in questo romanzo è in qualche modo “duplice”. D’altronde, come raccontava la nonna di Agata preparando “il conto delle minne”, non bisogna “sparigliare mai”.

 

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Antonio Piscitelli - Romanzo - Guida Editori

Zacinto mia

 

Ovunque posi il mio cappello, quella è casa mia

Marvin Gaye

 

Ho appena terminato di sfogliare “Zacinto mia”, l’ultimo romanzo di Antonio Piscitelli. E’ difficile abbandonare questo libro che pian piano mi ha conquistato e che adesso rimpiango sia finito troppo presto. La sensazione è quella di chi, leggendo, si sia rispecchiato in questo viaggio narrativo che è un po’ la storia di tutti noi. Sì perché di vero e proprio viaggio nella storia e nelle passioni umane si tratta. Un viaggio a “doppio senso” nell’animo umano e nei tormenti che si celano in ogni vita passata che meriti di essere vissuta. Scorrere le pagine di “Zacinto mia” significa innanzitutto rivivere nei panni del protagonista, Arturo Niccolis, una parte fondamentale della storia patria: dal secondo dopoguerra, in una Napoli (che è Italia tutta) devastata dalle macerie prima, poi speranzosa e assetata di vita durante il boom economico, fino agli anni bui del terrorismo e delle morti causate dal colera. Napoli e la sua gente che è specchio di tragedie e sublime bellezza; ossimoro d’amore e morte dove il protagonista, insegnante idealista, si scontrerà drammaticamente (proprio di duello si tratta) contro i suoi più grandi amori: quello politico, sulle orme dell’esperienza dell’amato padre, e quello sentimentale, del tutto totalitario e dirompente che sconvolgerà le certezze del protagonista. Da un lato l’esperienza politica maturata da Arturo si dimostrerà fallimentare nonostante l’adesione cieca del personaggio ai dettami dell’ideologia comunista “più ostinata delle religioni… succedanea dei senzadio”. Per questa passione vissuta e bruciata al sole, Arturo rinuncerà persino al suo primo amore, divenuto nel tempo consumato e sbiadito sodalizio umano. Con l’arrivo di Marella, (altro personaggio fondamentale del romanzo che nasconde un tragico passato), Arturo sperimenterà per la prima volta l’amore totalizzante, libero (l’amore è un sentimento gratuito che non richiede di essere ricambiato) e ustorio che lo dilanierà ma lo libererà, seppur dolorosamente, da una vita “senza nome”, ispirandone la nuova, fondamentale rinascita umana. “Zacinto mia” rappresenta un “romanzo di romanzi”, costituito da tante esperienze di vita, che ruotano per forza centripeta intorno al personaggio principale come un canone infinito, un preludio bachiano, dove ad ogni azione del protagonista fanno riferimento le storie, le reazioni dei personaggi secondari, che si concatenano, si compenetrano attraverso il fulcro principale, Arturo. L’amicizia che legherà il protagonista con i personaggi secondari (non certo per importanza) rappresenta la sua salvazione spirituale poiché essa si fonda non “dal vincolo di sangue, ma dall’elezione, dalla generosità senza riserve su cui un gruppo fonda la solidarietà”. “Zacinto mia” è inoltre un romanzo in cui il tema del “viaggio”, inteso come liberazione spirituale, approda ad un nuovo stato, ad un “oltre”anelato dai personaggi che, attraverso esso, incrociano nel cammino nuovi orizzonti, terre, pietre e cieli capaci di nuove rinascite e dove Zacinto, nel continuo ricordo, continuamente rivive.