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Il serpente come metafora del male nel mito della Genesi di

Argomento: Letteratura

di Annalisa Scialpi
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Pubblicato il 14/06/2016 10:43:30

 

   Nella narrazione del libro della Genesi il serpente viene indicato come l’ ’astuto tentatore’. E’ narrato infatti che, dopo la creazione del primo uomo e della prima donna (Adamo ed Eva), esso… “disse alla donna: “Perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del Paradiso?”. E la donna gli rispose: “Del frutto delle piante che sono nel Paradiso ne mangiamo; ma del frutto dell’albero che è nel mezzo del Paradiso Dio ci ordinò di non mangiarne, e di non toccarlo, ché forse non s’abbia a morire”[1]. Ma il serpente disse alla donna: “No, voi non morrete. Anzi, Dio sa bene che, in qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e sarete come Dei, avendo la conoscenza del bene e del male.

     E’ evidente, nel ‘mito’ biblico, che il serpente è considerato come ‘natura maligna’ (addirittura  ‘il maligno’) anche se, paradossalmente, la sua funzione sembra quella di “aprire gli occhi” dei due ingenui, conferendo loro la possibilità di conoscere ‘il bene e il male’. Un’altra considerazione riguarda il ‘posizionamento’ dello stesso serpente e dell’albero della ‘scienza’. In poche parole, chi ha collocato il serpente nel paradiso? E come mai un dio creatore ha sentito la necessità di far spuntare nel ‘paradiso di delizie’ l’albero della ‘scienza del bene e del male’ dicendo, per giunta, all’uomo ‘NON… Mangerai…’. Doveva essere un dio abbastanza perfido, oltre che ingenuo, assolutamente ignorante in merito alla psicologia. E’ risaputo infatti che ogni divieto sortisce l’effetto contrario. E’ come dire ad un bambino: corri pure nel cortile, salta, divertiti ma ‘non’ arrampicarti sull’inferriata. Si può stare certi che il bambino farà ESATTAMENTE quello: si arrampicherà sull’inferriata! La perfidia e, se vogliamo, il sadismo del dio creatore della Genesi, è quello di collocare l’albero nel giardino per tentare le sue creature che, poco prima, aveva creato ‘dal fango della terra’ e, quindi, estremamente vulnerabili. Ciò che scaturisce da queste riflessioni è che:

-       Il serpente ha natura divina (chi lo ha messo nel Paradiso se dio è l’unico creatore?)

-       Il serpente è l’antagonista di dio (Dio vuole l’innocenza e la subordinazione delle creature, lui ‘la scienza’) ma, nello stesso tempo, sembra il suo alleato (dio ha fatto spuntare, assieme agli altri alberi, quello della ‘scienza del bene e del male’ e il serpente ha fatto il resto);

-       L’istinto della conoscenza è umano e, in particolare, appartiene al femminile (se i due piccioncini non avessero avuto questo istinto, la tentazione non avrebbe sortito alcun effetto);

-       La costola con cui dio, attingendo da Adamo, forgiò la donna, ha vari significati in ebraico, tra cui quello di ‘lato’ ma anche di ‘ombra’. Dio, conferendo all’uomo la donna, gli ha offerto anche la possibilità di un’autonomia di cui la coscienza adamica, sostanzialmente androgina, non aveva bisogno. La beatitudine del primo Adamo è situata, infatti, in una sorta di ‘non luogo’, atemporale, costituito da un eterno presente.

-       Conclusione: bene e male, luce e ombra non sono opposti, ma condizioni ‘essenziali’ per lo stesso processo evolutivo dell’uomo.  



[1] La Sacra Bibbia, Editrice Saie, Torino, 1969, pag.13.


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