Questa processione di cosmonauti che sono le tue parole
impigliate nel processo devozionale della carta
che si trasforma in pagine mi assicura una defibrillazione di assimilazioni
che parte dagli occhi mentre si appesantiscono i polsi
sotto il peso delle leggi di straordinaria fallibilità di certi costrutti
aspetto lo slancio il percorso a vuoto del cane
preda delle scie odorose il fulmine che squarcia in due
l'albero della conoscenza del bene del male
il pulsare degli atomi nella vena che batte
la freddezza composta poco si addice alle mie corde sfilacciate
nemmeno un bacio tra fuggiaschi destinati a separarsi
sono facile come un diapason oppure lo scorrere del sangue mi cattura
niente filastrocche o bugie meravigliose
una radura senza menzione degli alberi è poca cosa anche quando
la parola d'ordine è destrutturare ad ogni costo
certo l'incarnato di qualche parete all'interno del labirinto
puo lasciar pensare a un'anima
ma io preferisco gli occhi per far raffronti tra i destini
la calce ai muratori che Dio li benedica
siamo così lontani da non sentire le nostre rispettive voci che si chiamano
e mi stanco e a tratti sto zitto e alla fine muoio e chiudo il libro
senza rispetto mi assumo la colpa della mia debolezza
a fare la figura del cretino dell'ignorante ho una certa dimestichezza
un abito che mi cade a pennello anche se non più alla moda
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