Una volta sola e basta
la luce, come nomade che attende, s'addensa alla finestra
fumo negli occhi per la quiete dei coperchi
e quando li chiudi l'immagine che resta è un abito da sposa
che non scappa dagli altari a fare festa con il canto schiuso in gola
di chi l'indossa, dorso nudo come foglia, di ringhiera, quando è sera
e l'aria fresca nella stanza ricorda dei sorrisi lungo il fiume
di ragazze premurose e sorelle d'adozione.
L'umiltà d'una premessa a stagionare l'equazione dove l'acqua non si tocca.
Per saper nuotare quanto basta, la carezza dei tuoi fianchi a onde.
Grano bruno di foresta che si piega quando piove, poi risorge
quando il Sole lo inghirlanda, poco prima sia mietuto
dalla mano che credette che la falce facesse cenno di un saluto
oppure ombra alle dita circoscritte ad ogni ciocca.
Dei capelli, dei seni così belli, fuorilegge come gli occhi.
Che riapri e alla finestra solo il vento sa a memoria.
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