Pubblicato il 22/07/2014 13:09:36
Shortcuts on poetry : alcune brevi riflessioni sulla poesia La poesia aiuta a non essere invadenti e dirige verso un linguaggio privo di eccessivo gonfiore (dell’io). Come però non scadere nel vezzo dell’ingenuità o, al suo opposto, nella tentazione di stupire con effetti speciali e di far girare ogni virgola entro il proprio mondo? O come non peccare di eccessivo vittimismo che relega la poesia nei grigi corridoi dei soli problemi con immancabile chiuse di crisi ecc.? Inappagata allora rischia di permanere la riflessione sul dolore proprio e altrui, umano, animale e perché no? vegetale e sulla inconsapevole indifferenza (Leopardi, Auden...) di chi non vede o non sa come l’aratore nel quadro di Brueghel nel Museo reso ancor più famoso dalla poesia di W.H. Auden. Neppure s'indulga nell' eccessivo vittimismo a pacificare la buona coscienza del proprio io cedendo a una soffusa armonia che pretenda ottundere le spine dell’insensatezza e della colpa della non azione scappando nell’oasi della bella scrittura. Offrire la poesia ai ragazzi, a scuola per esempio, nel puro testo ben tradotto, se è straniero, letto senza enfasi, se in italiano, sottraendosi anche qui a clamori inutili di sottintesi troppo sentimentalistici o di esagerata astrazione, di spericolate acrobazie tra figure retoriche. Alcuni grandi poeti e poetesse, forse quelli aperti al mondo e disposti a conoscere e ascoltare le idee altrui, sono/sono stati ottimi traduttori. Tradurre insegna il rigore e la fedeltà alla parola e al significato, al ragionamento del pensiero che è sotteso. Ascoltare è importante, cogliere il ritmo o aritmo e le pause, rispettare le domande e le incertezze del poeta, l’agnosticismo o la fede e apprezzare il coraggio che l'autore trova di consegnarsi, ben usando la sua sapienza. Alcuni poeti , da Baudelaire a Celan o Mandel’stam, ritengono che la poesia sia una specie di messaggio in una bottiglia, non tanto per riaffermare solo l’isolamento dell’io naufrago ma anche per accorgersi dell’isola e aprirsi ad essa e dunque al mondo ('No Man is an Island...' , John Donne). C’è un tentativo nei versi di riscoprire ogni volta una dignità dell’uomo, di dissotterrarla e questo può in parte recare conforto nella solitudine o nella paura. Pare che Mandel’stam declamasse Petrarca nel gulag dove morì così come Bonhoeffer declamasse i Salmi per trovare forza per sé e per gli altri. I versi dei poeti sostengono la possibilità che l’umano buono e bello riaffiori come hanno cercato di fare uomini illustri con le loro grandi intuizioni e ricerche, o i santi.
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