Prima di vedermi sdraiato, nel mio sonno senza fine, sotto i riflettori della modernità,
fenomeno da baraccone del teatro della morte, del teatro della cultura,
camminavo all’ombra delle mie valli, tra Verrucchio e Castelfranco,
camminavo, e ridevo, camminavo e vivevo.
Prima di vedermi accucciato come feto in una nicchia di museo,
nudo ai vostri occhi indiscreti, reperto archeologico,
catalogato dalle vostre manie di schedatura,
camminavo al fresco dei miei mattini non ancora etruschi,
camminavo, e ridevo, ammirando i monti.
Ma adesso che m’avete messo sotto chiave,
vi scruto dalla mia strana tomba,
vuota di dèi celesti o vittime sacrificali,
studiarmi, carichi di catene,
e rido, a non vedervi camminare,
e rido, a non vedervi vivere.
[Scarti di magazzino, 2013]
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