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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Tributo alla mia generazione.

di Stefano Saccinto
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Pubblicato il 14/02/2012 07:41:47

 Dicevano di metteresempre tutto in discussione. L'hanno chiamato spirito critico, comese loro ne avessero. Ci consigliavano di essere sempre noi stessi,come se loro si conoscessero veramente. Ci indicavano di seguire inostri sogni, come se fossero i loro. Dicevano che così le cosesarebbero andate bene. Che non c'era da preoccuparsi. Se glielochiedeste oggi, che cosa è andato storto, affermerebbero che nonsiamo stati capaci di mettere in pratica i loro insegnamenti.

Invece l'abbiamo fatto.

A scuola insegnavano lastoria e la geografia. Dicevano che l'Italia era uno stivale.Raccontavano che aveva spontaneamente deciso di unirsi. Che l'avevanofondata sul lavoro. E che il periodo del fascismo e della dittaturasi concludeva nel 1945.

Da grandi abbiamoscoperto che il Nord non ha mai sopportato il Sud e che il Sud hasempre creduto che il Nord l'abbia solo sfruttato. Abbiamo scopertoche l'Italia è fondata sul lavoro nero. Che nessuno ha avvisato chiscrive i libri di storia che il fascismo e la dittatura si sonoconcessi a loro arbitrio i tempi supplementari. E che lo stivale dicui parlavano è uno stivale da donna, con il bordo superiore dipelliccia ed un vertiginoso tacco a spillo.

Alla scuola elementareinsegnavano l'educazione civica. Spiegavano che la democrazia è unsistema in cui tutti partecipano alle decisioni. Lo fanno tramite ilvoto e il voto è libero. Sembrava una cosa bella. Ciò che è liberonon si può comprare.

Da grandi abbiamoscoperto che la democrazia è un sistema in cui decide chi haconsenso, che il consenso è legato al potere, che il potere èlegato al denaro e che il voto ha un suo mercato. E si puòliberamente acquistare. Anche direttamente in parlamento.

A scuola insegnavano lamusica e l'arte. Dicevano che erano quasi certamente le cose piùbelle che avevamo in Italia. Quanta passione ci mettevano adillustrarci la grandezza di Michelangelo, di Dante e di Verdi.Dicevano che eravamo un popolo di poeti. E che il mondo si inchinavadavanti al valore della nostra cultura.

Da grandi abbiamoscoperto che le grandi case editrici e le più importanti etichettediscografiche sono le uniche in grado di diffondere cultura. Che gliscrittori sono i vip e i comici di successo che hanno facile accessoalle pubblicazioni. Che i veri musicisti sono quelli che vincono iconcorsi in televisione. Abbiamo scoperto che le radio libereandavano chiuse perché era scandaloso che fossero libere. E che lacultura non è quella che acquisisci piratando sulla rete. Quello sichiama furto. Èun'altra cosa. La cultura è soltanto quella che paghiprofumatamente. E se non puoi permetterla dovrai farne a meno. Midispiace.

A scuola insegnavano lescienze. Dicevano che alcune menti geniali erano state in grado discoprire cose che avevano cambiato per sempre il mondo. Le piùgrandi intuizioni avevano riguardato il campo farmaceutico e quelloenergetico. Ed erano nate dal sacrificio e dalla passione deglispiriti geniali.

Da grandi abbiamoscoperto che sono le multinazionali a permettere le scoperte.Soprattutto quelle farmaceutiche ed energetiche. Ed è per questo chei governi devono impostare guerre per tutelarle. Abbiamo scoperto chesenza di loro non avremmo scoperto neppure il fuoco. E siamo tutti inattesa che le più grandi menti dell'università di Roma riescano asuperarsi, creando finalmente il deodorante ascellare che possaresistere a ben settantadue ore di sudore. Adesso che ve ne parlopotrebbero anche averlo già scoperto.

A scuola ci dicevano chele droghe facevano male. E che non era permesso usarle. Noi questonon l'avevamo capito bene. Poi, da grandi, ce l'abbiamo fatta. Lamarjuana è una droga. L'acool non lo è. L'hashish è una droga. Imedicinali non lo sono. Tutti i miliardari possono fare uso dicocaina. Questo è permesso. Ci dicevano di usare il preservativo perevitare contagi. Poi abbiamo scoperto che usandolo potevamo finireall'inferno. Ci chiedevano quale lavoro volevamo fare da grandi. Enoi, come i deficienti, ci impegnavamo a disegnarlo sulle paginettedei quaderni. Ai colloqui, davanti ai nostri genitori, cercavano diconvincerci che potevamo fare di più e che l'impegno ci avrebbegarantito il futuro che volevamo. Proprio quello che avevamodisegnato. Da grandi ci siamo detti – Quattro colloqui all'anno pernon so quanti anni e hanno sempre dimenticato di avvisare mio padredi cominciare a fare delle conoscenze importanti -. Ci dicevano cheil mondo stava soffrendo a causa dell'inquinamento e poi abbiamoscoperto che qualcuno doveva essersi sbagliato mentre faceva lerilevazioni. L'abbiamo scoperto, cosa credevate? Se fosse stata solola Somalia a contravvenire al protocollo di Kyoto forse non cisaremmo arrivati.

Ci hanno detto tantecose. Alcune erano interessanti. Soprattutto quella del preservativo.Ma la maggiorparte erano storie che si aveva davvero difficoltà acredere. Quella che comportava i maggiori dubbi, quella per cuicominciavi a grattarti una tempia snocciolando un – Mah... non loso – muovendo la testa per deframmentare il cervello e trovarefinalmente uno spazio a cui destinarla, era la storia che larivoluzione francese e la stesura dei diritti universali dell'uomoavevano messo le basi per la modernità e per un mondo di veraconvivenza. Bisognava compiere uno sforzo di immaginazioneparagonabile agli slanci di Magritte per crederlo possibile. Eppurenoi ci abbiamo creduto. Abbiamo sforzato fino al limite la nostravolontà e anche quella storia è rientrata in quello che ci siriempiva la bocca a definire – Il nostro bagaglio culturale -. Esapete che cosa abbiamo scoperto da grandi? Non ci credereste. Nonvoglio dirvelo. Non ci credereste. Va bene, ve lo dirò con un volumedella voce bassissimo, così quando avrò finito sarete liberi dipensare che io non l'abbia mai detto. Abbiamo scoperto che il paeseconsiderato più civile del mondo erano gli Stati Uniti: il paese piùricco. Può già bastare. Tutte quelle storie di illuminismi edichiarazioni di uguaglianza e di libertà, tutta quella assurdaimportanza che ci hanno detto che avevano i diritti. - I diritti! -si infervoravano – Il voto è un diritto. Il lavoro è un diritto.La cultura, la libertà d'opinione sono un diritto. Non sonod'accordo con te, ma mi batterò fino alla morte perché tu possaesprimerti – dicevano. Le facevano passare per cose importanti. Checazzo di attori.

Noi abbiamo scoperto,sempre da grandi, che l'unico diritto concesso è la ricchezza. Daquello derivano tutti gli altri. Negli Stati Uniti, il paeseconsiderato più civile, neppure la sanità era considerata undiritto per tutti. Di cosa dovremmo parlare? Dell'altro grande paesecontrapposto agli Stati Uniti come simbolo di civiltà: della Russiacomunista? Della più grande ascesa degli ultimi tempi: della Cina?Quando diventerà il paese più ricco, fra non molto, il mondooccidentale sarà costretto a imparare le nuove regole. Nel futuropaese più civile, i diritti non esistono proprio. Ma l'occidente stagià riformando il sistema per adattarsi al modello.

La mia generazione nonli vuole più sentire i consigli di quella precedente. I consigli deipropri genitori. La mia generazione non li vuole più sentire. Perchéla mia generazione ha avuto la pazienza che le altre generazioni nonhanno avuto. La mia generazione ha protestato contro laglobalizazzione ed è stata demonizzata, portata a paragone colterrorismo degli anni di piombo di quelli che buttavano le molotov,di quelli che gambizzavano i giornalisti e i giudici, di quelli cherapivano ed uccidevano i presidenti del consiglio, di quelli cheabbandonavano le bombe nelle piazze senza neppure sapere chiavrebbero ucciso. La mia generazione ha lanciato un estintore ed èstata sparata in fronte. La mia generazione ha studiato. Ha vintodefinitivamente la lotta contro l'analfabetismo e ha fatto di più:si è laureata per andare a lavorare nei call center. La miagenerazione è stata la prima ad imparare ad usare il computer. Quelli della mia generazione decompattavano i file in arj sul promptdi dos prima ancora di avere il primo rapporto sessuale. Per finirenelle inutili file degli uffici di collocamento a vedere vecchi senzaun diploma mirare con un dito la lettera della tastiera di uncomputer e premerlo. E poi mirarne un'altra dall'altra parte delmondo e cominciare a puntarla con lo stesso dito. La mia generazioneha chiuso per sempre con le ideologie. Èinutile farsi dire da qualcuno cosa pensare quando un cervellol'hanno dato a tutti. E ha risolto per sempre tutti i conflitti conla religione: non ci crede più. Punto e basta. Perché è troppofacile fare del bene quando sai che alla fine ci sarà un premio. Lamia generazione non vuole premi. Non sa che farsene. La miagenerazione ha accettato per sempre l'omosessualità. Ha accettato lecoppie di fatto e le adozioni. Perché l'amore nessuno sa da dovearriva e non può essere giudicato. Lo conosce soltanto chi ama.

Lamia generazione sa tutto. Ha capito tutto quello che gli avete fatto.Sa che le istuzioni servono soltanto a garantire protezione eprosperità alle mafie, sa che non esiste più un patto sociale e chenon avete mai avuto intenzione di rispettare i diritti. Quelli liavete concessi solo a voi stessi. Sa che quando avete lottato,l'avete fatto solo per voi e sa che avete lottato soltanto perconquistare il lungomare di Rimini. E pensavate che noi saremmopartiti all'assalto della costa Smeralda. Sa che volevate tutto pervoi. E ve l'ha lasciato. La mia generazione non ha bisogno didiritti. Non sa che farsene.

Voidella vecchia generazione dovreste ringraziare la mia generazioneperché non si è sporcata le mani quando avrebbe potuto. Perché èrestata in silenzio lasciandovi enfatizzare le vostre cazzate pertutto questo tempo. Perché vi ha visti anziani rifarvi le guance, lelabbra e il seno o cercare avanzamenti di carriera preparandoviancora al futuro. Quando il suo futuro non esiste più. Dovresteringraziarla perché cresce i propri figli, che sono i vostri nipoti,con un sorriso di giorno, davanti ai loro occhi e una lacrima dinotte, mentre stanno dormendo. E nonostante tutto ha avuto ilcoraggio di averli. Dovreste ringraziarla perché ha capito che ilpotere non si combatte cercando o creando un potere più forte. Macreando una nuova cultura. Condividendo un'idea alla volta.

Lamia generazione non parla dai giornali, dalle televisioni, dalleradio. La mia generazione, quando parla, parla da un sito internet.Non impone un pensiero, ma lo esprime. E tutta questa civiltà,quella che voi non siete mai riusciti a raggiungere, voi l'aveteimprigionata con i monopoli, con le multinazionali, con il mercato econ le crisi. Le vostre leggi non sono servite a proteggerla. Equando le leggi di uno Stato non proteggono chi devono, vuol dire chequelle leggi non servono. Che quello Stato non esiste. La miagenerazione non ha bisogno di leggi. Né di uno Stato. Non sa chefarsene.


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