Pubblicato il 13/07/2011 09:50:17
Per le strade del centro Milano s’affrettava nel natalizio viavai, luminarie accese, nell’aria il profumo dei forni le consegne dei prestinai.
Già dalle prime mattutine ore Milano al lavoro correva quel 12 dicembre dell’alta marea putrida e nera che viscida fatalmente avanzava nell’ombra dell’agguato del terrore cieco incombeva.
Non posavo ancora su questa terra fanciulleschi i primi passi nel cammino pellegrino, ancora lontano lo sbocciare del mio sorriso bambino.
Ma del tuo racconto Padre la cronaca di quel giorno, uno scenario di sangue l’odore di morte e polvere da sparo scenario d’un massacro della guerra metropolitana sull’asfalto nello sguardo indifferente d’un cielo cobalto porto indelebile il ricordo.
E gli anni settanta con passo frenetico e appassionato dei cortei, i cineforum, le assemblee, i collettivi lo sventolio di scarlatte bandiere nei ricordi fan ritorno rondini di Vita e di speranza in trionfante stormo.
Troppo giovani allora i miei occhi, ancora infantili, riluceva la giovane calda estate dei tuoi ventenni, non ancora i miei persi nel gioco di luci e ombre nella guerra dei bottoni dei cortili.
E la Memoria erra lontana.
Gettava quel giorno l’ultimo raggio il dicembrino sole a Milano nel frenetico viavai, dalla Pirelli alla Falk laboriosa la Milano operaia che non riposava mai.
Quasi al termine la giornata di lavoro un bimbo per mano al papà verso la banca nella vigilia del Natale che avanza.
Il baluginare delle luminarie il sorriso infantile d’una gita nella vivace città.
E gli occhi fanciulleschi bramano la vetrina a rimirare il bel trenino elettrico che entrava nel plastico in galleria, lucente e rossa l’allegra e laccata carrozzeria.
Un bimbo col naso appiccicato gli occhi golosi e anelanti alla vetrina, Milano madre abbandonata che lacrime amare avrebbe pianto al crepuscolo dietro le nubi dalla plumbea cortina.
Il sorriso del padre, la carezza antica “Te lo porterà in dono Gesù Bambino. Ora andiamo via, la banca ci aspetta”.
Ed il bimbo nel sincrono sorriso il passo vivace e speranzoso affretta.
E mentre il giorno dell’ultimo barlume di Vita e speme il meriggio imbianca il bimbo ed il padre entrano in Piazza Fontana nella sede della Banca dell’Agricoltura.
Una borsa di pelle nera sotto il tavolo ignara ed assassina giace.
Una lunga fila, l’attesa, il chiacchiericcio I progetti per l’imminente festa di Natale e poi il bagliore d’una folgore l’inferno, la tenebra, il fiume rosso d’un dilagante dolore inarrestabile sale.
Poco dopo le sedici la deflagrazione le urla lo sconcerto il blasfemo scempio.
L’infamia del terrore cieco, colpire gli indifesi con bestiale fendente cinico e bieco.
Un fulgore di morte non la nascita nel fuoco d’una stella feriva al cuore nell’oltraggio della strategia della tensione nell’empio massacro la Milano bella.
La piovra nera infame ed eversiva soffocava il sogno della Capitale Morale, la Milano della Resistenza sfregiata come sovrana naufraga alla deriva.
La ferale violenza nel sangue e nella morte annegava il sogno d’un bambino…
Dietro la vetrina dei sogni in cenere sarebbe restato l’allegro trenino….
Mai più per mano al padre a casa avrebbe fatto ritorno.
Il bimbo si sarebbe risvegliato dopo giorni di coma confinato per sempre nell’esilio d’un limbo sordo nel bianco lettino d’ospedale.
Il padre non l’avrebbe più riabbracciato quel tragico Natale, nel bacio di brina dell’orfano mattino.
Le bandiere nello sventolio di rabbia in Piazza Fontana, la folla visi di muto sconcerto assiepata nel soffio della tramontana.
Bianchi lenzuoli fra le macerie le vittime mietute dai Campi Elisi con mesto sguardo osservavano le umane miserie.
Nel cielo s’accendeva una nuova stella, piangeva colpita al cuore Milano bella.
Dissolvenza.
Piazza Fontana, una tragedia nella tragedia. Quella di Enrico, un bambino di 10 anni a cui l'esplosione dell'ordigno portò via una gamba, l'udito ed il padre. Per non dimenticare le vittime innocenti ed i loro familiari.
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