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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Michela Duce Castellazzo

Argomento: Intervista

Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 26/09/2008 21:17:38



DOMANDA. Chi è Michela Duce Castellazzo?

RISPOSTA.
Una che ha imparato ad amare la vita e ad apprezzare se stessa soprattutto grazie alla scrittura.

DOMANDA. Quali sono le letture, i libri e gli autori che da sempre l’accompagnano?

RISPOSTA.
Montale, V. Woolf, Nietzsche, Dostoewskij, E. Dikinson; poi anche le letture in ambito psicologico e filosofico (J. Hillmann; P. Waztlawick; D. Demetrio).

DOMANDA. Quando ha iniziato a scrivere e perché?

RISPOSTA.
Le prime poesie risalgono al 1980; credo che il motivo scatenante, perlomeno all’epoca, fosse tentare di convertire il pessimismo e le energie negative che sentivo e per esorcizzare una radicale insofferenza nei confronti di me stessa.

DOMANDA. La conosciamo come scrittrice di poesia; su larecherche.it il suo ‘Ambliopìe’ è stato recensito e proposto come libro consigliato. Ci racconta la sua attività come scrittrice? Prima di Ambliopìe, pubblicato nel 2003 dalle Edizioni del Leone, ha fatto altre pubblicazioni? E dopo? Si è cimentata in altri generi oltre la poesia?

RISPOSTA.
Ambliopie è la mia prima pubblicazione, e per ora è anche l’unica. Prima del 2003 ho conseguito menzioni di merito e d’onore a vari concorsi nazionali di poesia e sono arrivata in finale al premio David di Carrara sempre in quell’anno. Nel frattempo, dal 1999 mi sono dedicata maggiormente alla prosa e fino ad oggi ho scritto 5 romanzi e una dozzina di racconti, di cui 9 contenuti nel mio primo romanzo, Terapia di gruppo.
All’attivo ho anche un saggio inedito su Nietzsche, che dovrebbe essere pubblicato prossimamente in una collana curata da Giorgio Barberi Squarotti che, tra l’altro, ha recensito in bozza tutti i miei romanzi inediti oltre a Paolo Ruffilli.

DOMANDA. Perché, ad un certo punto, ha deciso di pubblicare i suoi testi? Non bastava scriverli e leggerli a pochi intimi?

RISPOSTA.
Pubblicare credo sia un’ambizione legittima e forse anche necessaria, se la scrittura rappresenta un’autentica esigenza esistenziale. Chi sostiene di scrivere soltanto per se stesso forse non ha davvero bisogno di scrivere per vivere.

DOMANDA. Quando scrive che cosa la ispira? Scrive di getto? Rivede e corregge i suoi testi?

RISPOSTA.
Inizialmente m’ispiravano soprattutto le emozioni e i sentimenti forti, estremi, viscerali. In particolare quelli distruttivi, disgreganti e paralizzanti. Allora la scrittura diventava un po’ una medicina, cosa che comunque in parte è ancora adesso. Poi, quando ho deciso di provare a scrivere in prosa, ad ispirarmi è stata soprattutto la vita nei suoi aspetti meno evidenti: il senso mistico delle cose e la sua ricerca nel quotidiano; la complessità delle dinamiche relazionali fra le persone; il problema della costruzione dell’identità personale, dell’autenticità e delle scelte esistenziali.

DOMANDA. Per uno scrittore quale è la parte più importante da non sottovalutare, a suo avviso, nel “mestiere” dello scrivere?

RISPOSTA.
Il metodo e i mezzi utilizzati. Intendo con questo un insieme di cose quali: la regolarità nell’attività quotidiana; la curiosità; l’amore per la verità e per i particolari; il coraggio di raccontare proprio ciò che non conosciamo ma vorremmo scoprire, resistendo alla tentazione di manipolare i personaggi e la storia secondo i nostri schemi rassicuranti e ansiolitici.

DOMANDA. Che riscontri ha avuto dalla critica?

RISPOSTA.
Devo dire ottimi, sia per quanto riguarda la poesia che per la prosa. Come dicevo prima, nomi come Barberi Squarotti e Ruffilli hanno recensito in bozza i miei romanzi incoraggiandomi con entusiasmo a proseguire nel mio percorso. Gioanola, Depetro, Nisticò, Nanni e numerosi altri esperti altrettanto autorevoli, hanno dimostrato di apprezzare molto le mie poesie.

DOMANDA. Ha avuto difficoltà a trovare un editore che la pubblichi?

RISPOSTA.
Per quanto riguarda la poesia non direi. Paradossalmente, in questi anni ne ho avuti di più con la narrativa.

DOMANDA. Paolo Ruffilli, nella sua introduzione ad Ambliopìe, afferma: “…C’è molta sofferenza sotto questi versi, un allarmato e ferito rapporto con la realtà, il senso di una ‘inferiorità’ malinconica che cerca appagamento e sfogo nella scrittura …”, che cosa ci dice al riguardo?

RISPOSTA.
In realtà sono parole di Elio Gioanola, noto critico letterario d’ispirazione psicanalitica e mio professore all’Università di Genova. Credo di aver in parte già risposto più sopra. In ogni caso ribadisco che il senso di insufficienza esistenziale, almeno nel mio caso, è stata la molla principale che mi ha portato a ricercare risposte, equilibrio e serenità proprio nella scrittura.

DOMANDA. Ecco alcuni versi, dal suo Ambliopìe, che mi hanno incuriosito: “Come far emergere / le parole e i suoni / gli echi magici e le memorie sommerse / custoditi con tanta inutile gelosia? // […]”. Che cosa significano questi versi?

RISPOSTA.
Sono versi di una poesia composta molti anni fa. Riletti oggi, potrebbero riportare al mondo infinito che ciascuno di noi custodisce dentro di sé e di cui spesso non ha consapevolezza. Il riferimento non è soltanto al passato ricordato, dimenticato o rimosso che appartiene alla memoria di ogni uomo, ma anche – e ne sono più che convinta -, alle molte vite precedenti che abbiamo già vissuto e che costituiscono il nostro karma - o se si preferisce il nostro destino – , da cui possiamo imparare a diventare sempre di più quello che siamo, vale a dire noi stessi.

DOMANDA. Quali saranno le sue scritture e attività future?

RISPOSTA.
Come dicevo prima, ho appena terminato di scrivere il mio quinto romanzo. Appena avrò completato la revisione definitiva lo proporrò al mercato, in quanto ritengo che abbia maggiori possibilità di ottenere una proposta editoriale rispetto agli altri miei lavori precedenti.
Per il resto, sto portando in giro dei reading-concerto in collaborazione con un gruppo musicale di Lucca, che si chiama ‘Progetto in la minore’. Proponiamo uno spettacolo che prevede l’esecuzione di molti brani di De Andrè alternati a letture recitate di alcune poesie tratte da Ambliopie e altre inedite lette da me personalmente. E’ un progetto che trovo interessante sotto molti profili; non ultimo perché a mio avviso la poesia in particolare ha bisogno di essere letta, recitata e assaporata insieme alla musica; se poi questo avviene attraverso la viva voce di chi l’ha scritta, direi che è l’ideale.

DOMANDA. Vorrebbe dire qualcosa agli autori de larecherche.it che la leggono?

RISPOSTA.
Molto volentieri. Mi rivolgo a chi scrive: spesso si sente dire che per scrivere occorre leggere moltissimo. Io però vorrei lanciare una provocazione; a mio avviso s’impara a scrivere soprattutto scrivendo tanto e non lasciandosi scoraggiare da questo tipo di affermazioni. E’ chiaro che leggere molto aiuta, ma l’aiuto più efficace credo stia nella determinazione a continuare a scrivere nonostante i rifiuti, i silenzi e gli eventuali insuccessi, lasciando che sia proprio l’incessante desiderio di comprendere la nostra vita attraverso la scrittura ad insegnarci come fare e come perfezionare il nostro modo di farlo.


(Intervista a cura di Roberto Maggiani)

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