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Cineuropa - intervista a Claudio Giovannesi

Argomento: Cinema

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 21/05/2016 07:46:18

www.cineuropa.org

Claudio Giovannesi • Regista
di Camillo De Marco
18/05/2016 - CANNES 2016: La love story adolescenziale Fiore di Claudio Giovannesi è stato presentata alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes

E' una storia d'amore adolescenziale dietro le sbarre il nuovo film di Claudio Giovannesi, "Fiore", applaudito con calore alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes. Fiore sarà in sala con BIM dal 25 maggio a Roma e Milano, e dal 1° giugno nel resto d'Italia.

Dopo "Alì ha gli occhi azzurri" e "Fratelli d'Italia", esplora ancora il mondo giovanile più ai margini.

Claudio Giovannesi: Quello che davvero ci interessava era mostrare il carcere come luogo che oltre alla libertà finisce per privare di molte altre cose. Nel caso specifico parliamo di adolescenti colpevoli di fronte alla legge, ma pur sempre innocenti per quello che riguarda la loro esistenza ancora genuina. Ed è solo così che possono pensare di portare avanti l'amore reciproco, pensando a quel momento, senza curarsi delle conseguenze come potremmo fare noi adulti.

Come è nata l'idea del film?

Ho scoperto che al carcere di minorile di Roma, a Casal del Marmo, c'erano due palazzine, una per i detenuti maschi, l'altra per le femmine. Hanno il divieto assoluto di incontrarsi e non possono avere scambi di nessun tipo. Poi un seminario di quattro mesi nel carcere minorile, in cui regista e sceneggiatori, Filippo Gravino e Antonella Lattanzi, hanno prestato servizio come insegnanti volontari.
Molto di quello che c'è nel film, circostanze e dialoghi, viene da quell'esperienza. Anche le tante assurde proibizioni a cui questi giovanissimi sono sottoposti, come quella che nega alle ragazze di poter usare il rossetto. Il carcere non serve a niente se non a tenerli segregati: sbarre, celle di isolamento, si fanno tentativi di recupero con i laboratori ma è più che altro uno spreco di soldi pubblici. I minorenni sono colpevoli di fronte alla legge ma hanno l'innocenza degli adolescenti.

Da che esperienze arrivano i due giovani protagonisti, attori non professionisti?

Per i due protagonisti abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca. Alla fine, Josh lo abbiamo trovato perché già impegnato in alcune rappresentazioni teatrali organizzate nel carcere Beccaria di Milano, mentre Daphne l'abbiamo scoperta in un ristorante di Roma, a Monteverde, dove serviva ai tavoli.
Valerio Mastandrea è il padre della ragazza, unico professionista, assieme a Laura Vasiliu (4 mesi, 3 settimane, 2 giorni), e Aniello Arena (Reality).
Abbiamo pensato subito a Mastandrea perché serviva un attore capace di garantire quel grado di verità altissimo da portare nel film.
Carcere minorile. Daphne, detenuta per rapina, si innamora di Josh, anche lui giovane rapinatore. In carcere i maschi e le femmine non si possono incontrare e l’amore è vietato: la relazione di Daphne e Josh vive solo di sguardi da una cella all’altra, brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Il carcere non è più solo privazione della libertà ma diventa anche mancanza d’amore. Fiore è il racconto del desiderio d’amore di una ragazza adolescente e della forza di un sentimento che infrange ogni legge.

Titolo originale: "Fiore"
anno: 2016
genere: fiction
regia: Claudio Giovannesi
sceneggiatura: Claudio Giovannesi
cast: Valerio Mastandrea, Filippo Gravino, Antonella Lattanzi, Daphne Scoccia, Josciua Algeri
fotografia: Daniele Ciprì
produzione: Pupkin Production, IBC Movie, 3B Productions, Rai Cinema
supporto: MiBACT
distributori: BIM Distribuzione

CANNES 2016 Quinzaine des Réalisateurs

Un 'Fiore' sboccia nella cella di un carcere minorile
di Camillo De Marco

17/05/2016 - CANNES 2016: Il quarto lungometraggio di Claudio Giovannesi emoziona con la storia di due adolescenti "criminali" che si innamorano in carcere

Daphne Scoccia in 'Fiore'
Un padre appena uscito di prigione, una figlia che entra in cella. Si gioca tutto su questo rapporto familiare forte, a corrente alternata, il quarto lungometraggio di Claudio Giovannesi, "Fiore", selezionato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes come "Fai bei sogni" di Marco Bellocchio.

I primissimi minuti del film ci introducono alla protagonista Daphne (Daphne Scoccia), e alla sua attività principale, puntare un coltello alla gola della gente e rapinare gli smartphone nelle fermate meno frequentate della metropolitana di Roma. Arrestata dalla polizia, Daphne finisce in un carcere minorile misto, in cui la sezione femminile è separata ma contigua a quella dei ragazzi. Anche se nessun contatto è permesso, ci si può parlare furtivamente attraverso le sbarre delle finestre sul cortile o durante l'unico momento comune, la messa domenicale. Daphne così fa la conoscenza con un ospite maschile, un ragazzo di Milano chiamato Josh (Josciua Algeri). L'amicizia si consolida attraverso delle lettere che i due giovani si scambiano attraverso uno stratagemma (i carrelli della mensa).

Il punto di vista scelto dal regista è quello della protagonista e verrà mantenuto fino alla fine. Uno sguardo mobilissimo, come quello di un animale in gabbia. Daphne è una ribelle, insofferente alla cella, si scontra con le altre giovani detenute, anche se una trasformazione emotiva è già in atto. Il padre (Valerio Mastandrea) tarda a farle visita (lui stesso sta uscendo da un periodo di detenzione) e quando finalmente arriva è accompagnato dalla sua nuova donna (Laura Vasiliu).

Fiore è in definitiva una storia d'amore a ostacoli, come tutte le storie d'amore. Un amore doppio. Quello di una adolescente per il padre (Daphne ha il suo nome tatuato sul braccio), un uomo dal passato criminale che si muove spaesato nel mondo libero e trascura la figlia soprattutto perché deve ricomporre i pezzi di se stesso. E l'amore nascente tra i due ragazzi. Nata in carcere, la love story si svilupperà fuori, ma da braccati.
Giovannesi viene dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e ha iniziato la sua carriera da documentarista. Questa impostazione si riflette nel suo approccio al lungometraggio di finzione. Già in Alì ha gli occhi azzurri l'obiettivo era mostrare un aspetto della società italiana, quello delle periferie.

Senza esprimere giudizi ma raccontando. Per realizzare Fiore, il regista e i suoi co-sceneggiatori Filippo Gravino e Antonella Lattanzi hanno frequentato per 6 mesi il carcere minorile di Roma. Dove ha scoperto che il carcere è spesso "ereditario": la maggior parte dei giovani detenuti ha i genitori che sono stati condannati a loro volta. In Fiore mostra tutta l'innocenza che può nascondersi in questi adolescenti "criminali", che la società vuol tenere sotto chiave. La scelta dei due giovani attori non professionisti (lei è una cameriera nella vita, il ragazzo ha seguito un corso di teatro all'interno del carcere minorile di Milano) non fa altro che accorciare le distanze tra finzione e realtà, con la fotografia magistrale di Daniele Ciprì.

Ogni film italiano ha la sua canzone. In questo caso è 'Maledetta primavera', cantata in carcere da una star del programma tv "Amici", suggerita al regista dalla collega Alice Rorhwacher. "Fiore", venduto all’estero da Rai Com, esce il 25 maggio a Roma e Milano e a partire dal 1° giugno nelle sale di tutta Italia con BIM.


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